Dottore, che sintomi ha la felicità?.. così canta jovanotti in “mi fido di te”. Domanda ,che in tanti ci poniamo continuamente e come essa sia possibile raggiungerla. Oggi, in tutte le culture, si sta cercando un modo per essere felici e solo da pochi decenni alcuni studiosi delle scienze sociali si sono dedicati a questo argomento.
Tutti la cercano, tutti la desiderano, tutti la sognano, ma quante persone possono dire di essere felici? E soprattutto cos’è la felicità? Come ho già affermato, in tutte le culture esiste il concetto di felicità, ma in ognuna c’è un modo di intenderla diversamente. In molte, culture, la felicità è un bisogno immediato da soddisfare, in altre è qualcosa di più duraturo come la compiacenza, il gradimento, l’appagamento.
L’etimologia fa derivare felicità da felix-icis , "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità,infatti, i latini chiamavano terra felix quando il raccolto era fertile. La nozione di felicità ,nelle dottrine morali dell’antichità classica, viene cambiato con il termine di eudaimonia e si inizia ad affermare, soprattutto con Socrate, Platone e Aristotele, che l’uomo grazie alle proprie e scelte e alla propria libertà può diventare un essere felice anche andando contro la sorte e la sfortuna.
Fin dalla sua comparsa, l’uomo, ha ricercato questo stato di benessere. Un benessere determinato da un misto di emozioni, sensazioni che procurano al corpo e alla mente uno stato di gioia per un periodo più o meno lungo della nostra vita. Molti sono gli usi del termine felicità, proprio per questo, Nettle fa una classificazione. Parla di una “felicità di primo livello” riferita al raggiungimento , spesso, inaspettato di uno stato desiderato. La “felicità di secondo livello” riguarda i momenti positivi ,sottraendo quelli negativi ,infine , Nettle parla della “felicità di terzo livello”. Quest’ultima è l’edaimonia , ovvero l’ideale del vivere bene, in una vita prospera e propizia per realizzare le proprie capacità e facoltà.
L’organizzazione mondiale della sanità, l’OMS, ha affermato che la condizione di salute è determinata da un benessere fisico ,psicologico e sociale.
Per Schafer, il ben-essere è stato definito come “il vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia temporanea o cronica” . Per benessere fisico o biologico, si può intendere, l’appagamento dei bisogni primari come mangiare, bere, dormire ecc. Essi sono parte integrante della felicità ma a loro volta possono produrre infelicità nel momento in cui non vengono appagati.
Per benessere psicologico, si può intendere, il raggiungimento di una meta o di un desiderio, anche, l’acquisto di un bene, o la soluzione ad un problema.
Per benessere sociale, si può intendere, quell’aspetto che riguarda l’individuo e le sue relazioni con gli altri, come le altre persone reagiscono nei suoi riguardi e come egli interagisce con le istituzioni sociali. A tal proposito, Canevaro, afferma che il ben-essere di una persona non è legato soltanto allo stato individuale ma anche cercare di adattarsi nei diversi contesti che lo circondano.
Un altro contributo importante proveniente dalla psicologia positiva fu quello di Csikszentmihalyi. Egli si chiese "Cosa rende la vita degna di essere vissuta?". Dopo aver notato che il denaro non ci rende felici, ha iniziato ad osservare che la felicità ottimale è raggiunta da coloro che trovano piacere e soddisfazione in un’ attività duratura, in un’esperienza, in un impegno. Tutto ciò viene chiamato teoria del flusso. Un’altra teoria importante, riguardante il ben-essere, è la teoria dell’equilibrio dinamico. Quest’ultima afferma che sebbene ci siano cambiamenti nelle circostanze di vita dell’individuo, i livelli di felicità sono persistenti nel tempo, ciò avviene quando l’uomo tende a ad adattarsi ai mutamenti dell’ambiente; questo processo può anche essere chiamato processo omeostatico. Nettle afferma le persone trascorrono troppo tempo della loro vita a pensare e riflettere sulla felicità e sul benessere. Credo, che in una società come la nostra, in molti credono in modo erroneo di essere felici, proprio perché l’errore che commettiamo è quello di rintracciare, inseguire, rincorrere la felicità e quando i nostri piaceri vengono soddisfatti in breve tempo diventano effimeri. La felicità c’è la creiamo noi, dipende esclusivamente da noi, e dal nostro atteggiamento con cui affrontiamo la vita di tutti i giorni , infatti , l’uomo deve vivere la sua vita in continua sfida ,prova per rinforzare se stesso e le proprie abilità. Secondo me la felicità non deve essere cercata nelle situazioni esterne come soldi, abiti, fama ecc ma deve essere il raggiungimento di uno stato interiore, naturale, vivendo le piccole cose quotidiane come eventi unici e mai ripetitivi.
Durante i laboratori svolti in aula , uno in particolare mi ha reso felice, il primo laboratorio sull’Atzori. In quel giorno, la visione di quei video, di questa donna straordinaria, mi hanno reso felice, perché sostengo che davvero in pochi sanno trasformare i propri handicap in qualcosa di assolutamente “Normale” e davvero in pochi riescono a capire il vero senso della vita ,proprio come l’Atzori.
Per quanto riguarda i disabili, promuovere il ben-essere, soprattutto inizialmente, non era un aspetto importante. Solo nel 1800, grazie a Edouard Seguin, si aprì la prima scuola per bambini disabili. Il modello formativo di questa scuola poneva in primo piano il ben-essere e l’educazione in modo che ogni bambino avesse avuto il proprio ruolo nella società. Questo modello di scuola si diffuse subito rapidamente.
Oggi giorno, quest’aspetto del ben-essere disabili, è cambiato. Oggi vengono creati programmi di educazione speciale, supporto alle famiglie, tutti programmi finalizzati per condurre una “buona vita”. Quindi L’obiettivo non è solo quello di far si che queste persone siano capaci di mangiare, lavarsi ecc, ma che sviluppano soprattutto le proprie capacità, abilità per vivere la vita che vogliono vivere. Per questo, la professoressa Iavarone, ha affermato che il ben-essere non è nulla di fisico o economico, ma è uno stato complesso perché è multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale. Infatti, per un disabile una buona qualità di vita è il raggiungimento di un qualcosa di interno e non di esterno, come instaurare relazioni personali, inclusione sociale ed avere i propri diritti.
Come ho detto prima alle famiglie si da supporto, perché alla nascita del proprio bambino ogni genitore ha delle grandi aspettative, ma quando nasce un bambino con disabilità l’evento si trasforma in un evento traumatico. Mullins, in un’analisi di 60 libri diversi scritti da genitori di disabili, ha affermato che lo stress e le preocuppazioni sono sempre maggiori. Vivere la propria vita in modo stressante non fa altro che influenzare il proprio bambino aggiungendosi allo stesso stress familiare.
Infine, esistono famiglie, che hanno preso in modo positivo la disabilità dei propri figli anzi riescono a sviluppare in modo maggiore le potenzialità dei propri figli. Proprio in un laboratorio ci fu la testimonianza di genitori di bambini autistici, genitori che conducevano una vita tranquillissima senza nessuna forma di stress, anzi sicuramente avevano aggiunto elementi positivi alla propria vita.