Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    Messaggio  Monica Miele Mar Mar 27, 2012 8:33 am

    1). COMMENTO RAGIONATO: L'opera che ha suscitato in me,attenzione particolare,è stata la venere di Willendorf, nella quale si notano parti del corpo molto pronunciate,ossia quelle parti le quali rappresentano la maturità collegata alla maternità, il tutto rappresentato con altre forme della bellezza, ossia il grottesco,il mostruoso ,considerato come l'ombra del bello. Là dove il bello non produceva più nessuna emozione, il brutto veniva prodotto per valorizzare la vera bellezza ,infatti nella scultura prevale l'abbondanza, il diverso dal prototipo ideale, e anche se nella venere vengono valorizzate le curve, le forme proporzionate ad un corpo ingombrante,per quel determinato periodo in cui veniva creata, poteva rappresentare grazia per il significato che veniva dato all'opera. L'arte è anche motivo di un ritorno al corpo che non ha più le sue attenzioni,per cui un'opera può suscitare emozioni alle quali non sappiamo dare risposte,per quello che dovrebbe trasmetterci ma volendo rimanere nel tema della disabilità, l'arte rappresenta il diverso, quel diverso che si riscontra nel quotidiano, e che noi come futuri educatori, dobbiamo o dovremmo interpretare nel modo giusto.

    2). COMMENTO EMOZIONALE: Emozioni forti. Cuore in gola. Brividi di freddo. Una lacrima che mi solca il viso. Le poesie non mi hanno mai toccata in questo modo. Forse avendo gli occhi bendati ero più attenta a ciò che stavo ascoltando e riuscivo a capire la vera essenza di quelle parole. E sembrava quasi di avere queste persone lì, davanti a me. Le mie braccia erano tese in avanti quasi come se volessi donare una carezza, un abbraccio ad ognuno di loro per fargli capire tutto ciò che fino a quel momento non avevo compreso....
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    Messaggio  daniela picascia Mar Mar 27, 2012 8:49 am

    Tra le varie opere che oggi abbiamo visto in classe…quella che mi ha colpito di più è stato “ritratto della ballerina Anita” questa donna “diversa” dalla consuetudine…che esce fuori dagli stereotipi di donna “normale”. Questa donna che viene ritratta come una vamp, vestita di rosso, labbra pronunciate…ma che in realtà era una donna malata. Per quanto riguarda l’esperimento fatto in classe non sono in grado di descrivere con precisione le emozioni che mi hanno colpita…Appena ho messo il foulard agli occhi e come se avessi un vuoto allo stomaco, ho avuto la sensazione di sentirmi imprigionata, inopportuna…Quando la professoressa ci ha detto di toglierlo mi sono sentita libera…viva!Sicuramente È stata una bellissima esperienza…piena di emozioni per me e le mie colleghe
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    Messaggio  angela32 Mar Mar 27, 2012 9:15 am

    Avete mai notato la disabilità in un opera d'arte???questa è stata la domanda della prof ieri al corso..beh sono stata per qualche minuto in silenzio..a dire la verità no!!!!abbiamo visto alcune opere che raffiguravano appunto la disabilità e tra tutte mi ha colpito il ragazzo zoppo un opera che risale al 1642 mi ha colpito il sorriso l'ingenuità e la semplicita...Le lezioni di questo corso sono sempre all'insegna della novita, oggi la prof ci ha chiesto di bendarci e lei leggeva delle poesie scritte da ragazzi ciechi...le parole piene di desiderio nell'essere impediti fare le cose più normale di questo mondo..un amore indescrivibile verso la vita...
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    Messaggio  Lùcia Pisapia Mar Mar 27, 2012 9:17 am

    Nella prima parte della lezione di ieri, abbiamo trattato alcuni argomenti di teoria. Abbiamo cominciato parlando ancora una volta di tecnologie integrative, in particolare di tecnologie come potenziamento e di tecnologie abilitanti. Abbiamo poi ripreso il tema della diversità e alla fine la professoressa ci ha parlato del tema della disabilità nell'arte, mostrandoci anche alcuni quadri. Tra questi, quello che mi ha colpito di più è stato il "Ragazzo zoppo" di Ribera. Il quadro ritrae un ragazzo povero, con una menomazione ad un piede ma il pittore lo ritrae con una posa simile a quella di una persona di alto rango e soprattutto con il sorriso. Proprio il suo sorriso mi ha colpito perchè mi ha dato l'impressione di una grande forza d'animo, di una forte accettazione di sè stesso nonostante la sua condizione e di un grande amore per la vita. Ho pensato a quante volte noi, invece, ci lasciamo abbattere dai problemi, dalle difficoltà che la vita ci riserva, non ci accettiamo e non sappiamo godere di quello che abbiamo, a quante volte, vedendo un povero mendicante o un disabile nelle nostre città, proviamo tristezza, compassione e non pensiamo invece a ciò che loro sono capaci di dare e a quanto è grande la loro voglia di vivere. Nella seconda parte della lezione, abbiamo affrontato una simulazione sulla cecità e lì mi sono sentita veramente messa alla prova. Sono una ragazza che tende ad avere tutto sotto controllo, una ragazza che non affronta con facilità situazioni nuove quindi per me non è stato semplice questo esercizio. Appena indossato il foulard ed essermi bendata, mi sono sentita persa, agitata, pensavo di togliermi la benda e scappare. C'era un gran silenzio in aula, interrotto quando la professoressa ha cominciato a leggere alcune poesie scritte da disabili e lì ho iniziato ad ascoltare. Nelle lezioni del corso, attraverso le spiegazioni teoriche ed i laboratori, ho imparato qualcosa sui disabili ma ascoltare le poesie è stata un'esperienza davvero toccante, perchè è stato come sentire dalla loro voce, direttamente, ciò che provano, il loro sentirsi soli, diversi, il loro pensare a ciò che non possono fare, il loro desiderio di essere considerati persone come noi, di annullare le distanze che ci dividono ed integrarsi nonostante le difficoltà che hanno. Dopo che la professoressa ci ha fatto togliere il foulard, per un attimo mi sono sentita spaesata ma poi lo smarrimento si è trasformato in felicità per essere riuscita a vivere fino in fondo un'esperienza come questa, dall'impatto emotivo veramente forte. L'essere bendata, anche solo per pochi minuti, mi ha permesso di immedesimarmi nella vita di un non vedente; è triste non poter vedere le bellezze della natura, le luci, i colori, i visi delle persone ma senza la vista si arriva a comprendere ciò che c'è nel mondo attraverso altri occhi, attraverso i suoni, il tatto, gli odori, i sapori, le emozioni. Quante volte noi, che abbiamo la fortuna di poter vedere, perdiamo tutto questo; presi dal nostro quotidiano, diamo per scontate certe cose e non ci soffermiamo a guardarle, non godiamo delle bellezze della natura, dei sorrisi di chi amiamo e di tutto quello che abbiamo intorno. Siamo ciechi anche di fronte agli altri, ai loro problemi, alle loro necessità, alle loro emozioni mentre gli altri possono darci tanto e farci amare ancora di più la nostra vita.
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    Messaggio  ilenia medici Mar Mar 27, 2012 9:23 am

    Anche stavolta, dopo la lezione si torna a casa con qualcosa in più nel bagaglio..
    Il quadro che ha catturato da subito la mia attenzione è stato quello di Ribera- "la donna barbuta" (una donna colpita da un evento che ne alterò totalmente l’aspetto ,l’improvvisa crescita di una folta barba) in quanto il concetto di donna rimanda spesso all’idea di bellezza, di sensualità, di femminilità che in questo quadro è invece abbastanza distorto.
    Quanto alla simulazione è difficile, difficilissimo poter descrivere a parole ciò che il suono di quella voce e la fortezza di quelle parole hanno provocato in me. Pur non avendo la possibilità di vedere ciò che accadeva sembrava che le cose pian piano prendessero forma, riuscivano comunque ad essere sotto il mio controllo; coprirsi gli occhi e lasciarsi andare all’ascolto , calarsi in un silenzio assordante hanno fatto si che le poesie andassero direttamente a toccare la coscienza, il cuore. Da questa esperienza mi porto tanto a casa, mi porto la consapevolezza che le cose belle della vita sono proprio lì, dietro l’angolo.. sono quelle piccole.. Le cose belle della vita sono il sapore del latte al mattino, il profumo del caffè; è sentire tua madre cantare inventando i testi delle canzoni solo per strapparti un sorriso perchè magari si è accorta che sei giù di morale.Le cose belle della vita è guardarsi attorno e sapere che niente è come sembra. Che dietro ad ogni facciata c’è sempre qualcosa che ti può stupire. Che dietro alle mie parole c’è un significato che va oltre a quello esplicito. È quel qualcosa in più in tutto. Che vedi solo tu: non con gli occhi ma col cuore..
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    Messaggio  erica caputo Mar Mar 27, 2012 9:31 am

    L' opera che più mi ha colpita è quella di Ribera " ragazzo zoppo", idea non stereotipata di un ragazzo che pur mutilato dalla guerra sorride, non è un mendicante, non è una persona triste ma un ragazzo che pur avendo un deficit sorride e guarda avanti. Altro esercizio con la prof è stato quello di bendarci gli occhi e ascoltare alcune poesie scritte da ragazzi ciechi. Il mio primo pensiero è stato... ma come fanno??? come fanno a non guardare le persone, i colori, il mare, il cielo. Avevo voglia di togliermi la sciarpa, una sensazione molto strana e il mio udito era molto più sviluppato. Ho sentito tanta tristezza, dolore, rabbia per choi descrimina i disabili. Tutte le poesie sono state emozionanti, tutte hanno un loro perchè ogni singola parole è entata nel cuore e raccontano la verità, la realtà che provano queste persone ogni giorno.

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    Messaggio  rossellamaiorano91 Mar Mar 27, 2012 9:50 am

    Devo ammettere che gia quando la professoressa ci chiese di portare dei foulars per la prossima lezione ho provato delle sensazioni di paura e di disorietamento infatti fin l ultimo minuto ero titubante nel cacciare il foulars e di fare questo nuovo esperimento pero fortunatamente la curiosita ha prevalso e ho affrontato la novita...Appena mi sono bendata mi sentivo disorientata avevo paura che potesse succedere qualcosa,ma ad un tratta quando la professoressa ha iniziato a leggere delle poesie mi sono tranquillizzata e mi sono concentrata nell ascoltare quelle parole per un attimo mi sono isolata mi sentivo fuori dal mondo...delle poesie mi sono rimaste nella mente queste parole,
    Per il mondo sono solo un “diversamente abile”
    persona debole, un fardello inutile…
    Per voi invece sono un fiore delicato
    nato segnato da un destino sciagurato.
    Infatti sono proprio state queste stesse parole a farmi provare un attimo di tristezza e ad emozionarmi...Successivamente la professoressa ci ha chiesto di alzarsi sembre bendate e qui sono davvero entrata nel panico piu assoluto eppure l aula la conoscevo la prima cosa che ho fatto e capire che non ero SOLA...Lo ammetto per la priva volta sono davvero riuscita ad immedesimarmi in un persona che non ha la mia stessa fortuna,infatti e proprio a questo che ho pensatao ovvero alla fortuna che abbiamo ognuno di NOI,fortuna che oggi non riscontriamo perche siamo ormai diventati egoisti...Fortuna che abbiamo degli occhi per guardare,delle orecchie per ascoltare,bocca per parlare e gambe per parlare che da oggi diventeranno bocca,orecchie,e gambe anche per coloro che hanno degli ostacoli...Dei quadri visti a lezioni mi ha colpito particolarmente quello della ballerina,per un attimo sono rimasta folgorata dal colore rosso un colore che caratterizza secondo me l intera opera,e stato proprio questo colore che ha permesso di non farmi notare le differenza di questa ballerina con le altre...E stata davvero una bellissima esperienza...Non canto
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    Messaggio  Maria Starace91 Mar Mar 27, 2012 10:06 am

    L'esperienza della simulazione in aula bendate, è stata molto toccante per me, in quel momento ho provato tanta angoscia ,tristezza, e per un attimo mi sono sentita soffocare..Ed ho provato ad immaginare come può sentirsi una persona non vedente, ma in realtà non ci sono riuscita, perchè non si può immaginare ciò che prova un non vedente, secondo me. La poesia che più mi ha colpita è stata l'ultima;" Chiamami per nome".
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    Messaggio  Alessandra Mavrokefalos Mar Mar 27, 2012 10:16 am

    BRIVIDI, BRIVIDI, BRIVIDI! Questa è la prima cosa che ho provato.
    Come spesso si dice, finche una situazione non la vivi sulla tua pelle non puoi capire cosa si prova; la simulazione di oggi mi ha aiutata tanto. Non si può dire che sia la stessa, vera, situazione che vive un non vedente, anzi, è una minima parte ma comunque significativa per capire ciò che si può vivere.
    Ho provato TRISTEZZA… non per la situazione vissuta dalle persone che si sono raccontate tramite le poesie lette in classe le quali, appunto, non vogliono essere viste con compassione, ma per l’indifferenza o il pietismo che prova la gente, me compresa, nei riguardi di queste persone.
    Provando per pochi minuti la situazione che può vivere un non vedente per tutta la vita, non posso che provare AMMIRAZIOE e INVIDIA per la grande forza di volontà che hanno queste persone, le quali riescono a vivere la vita in modo del tutto normale.
    Un’altra delle emozioni che ho provato è stata la PAURA; ho pensato che in quella situazione io non saprei vivere, in quei pochi minuti di simulazione avrei solo voluto strapparmi quella benda dagli occhi e la differenza tra me e un non vedente sta proprio nel fatto che io la benda l’ho potuta togliere ma coloro che per svariati motivi non vedono come fanno? Loro devono imparare a convivere con questo tipo di disabilità… e non è cosa facile.
    Come ha ribadito la professoressa in classe, noi siamo una società visiva, non a caso la televisione è in grado di orientare e condizionare i gusti e i comportamenti delle persone, e proprio per questo siamo poco inclini all’ascolto. Io parlo di “ascolto” vero e proprio perché a “sentire” siamo tutti capaci. Questa simulazione ha aiutato, penso, tutti noi a capire bene cosa significa ASCOLTARE, perché forse senza benda quelle stesse parole non avrebbero prodotto le stesse emozioni.
    Ciechi siamo noi che non siamo in grado di vedere LA PERSONA in un disabile!!
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 3 Empty LA DISABILITA' VISTA COME TECNOLOGIA

    Messaggio  simona capasso Mar Mar 27, 2012 10:18 am

    Durante la lezione abbiamo affrontato l’argomento di tecnologia detta anche chimica, Naief Yehya ha condiviso l’idea che la tecnologia debba essere intesa come potenziamento, che consistono nell’inserimento di dispositivi e strumenti di controllo meccanici ed elettronici nel corpo, destinati a respirare, accrescere e migliorare il nostro fisico. Ma possiamo parlare anche di sostanze anaboliche come il doping, non solo per gare sportive, ma anche per il gusto estetico, in quanto le sostanze dopanti sono il frutto di un avanzamento della ricerca farmaceutica. Il doping si è fatto strada soprattutto
    nello sport, in quanto queste sostanze dopanti aiutano lo sportivo a migliorare sempre di più il suo rendimento, fino a diventare una vera e propria dipendenza, per poter aumentare sempre di più il rendimento fisico. Ma oltre alle tecnologie fisiche, ci sono anche le tecnologie abilitanti ossia sono alcune forme di integrazione uomo-macchina che riguardano le potenzialità delle tecnologie. Le tecnologie abilitanti si occupano di fornire un completamento elettronico/tecnico, ad una specifica abilità. Le tecnologie sono dette abilitanti in quanto sono in grado di abilitare nonostante la propria dis-abilità.

    DIVERSITA’……..
    La disabilità spesso viene confusa con la diversità, questi sono due termini profondamente carichi di molteplici significati, che molto spesso meritano una riflessione. SIAMO TUTTI DIVERSI…..E UNICI. Del diverso si ha paura, il diverso viene isolato, si ha timore, solo perché non lo conosciamo, ma sé invece lo conosciamo diventa Mario, Luca, Sofia. Il diverso non lo capiamo, e quasi sempre non ci proviamo neanche. La disabilità ha diversi aspetti e mille volti, nessuno è uguale siamo tutti diversi, noi stessi siamo diversi da “prima”, però sempre attraverso le esperienze che facciamo. Perché la diversità è la specificità da omologare e come diceva PIRANDELLO: Ogni cosa finche dura, porta con sé la pena della sua forma, la pena di esser così e di non poter essere altrimenti.

    ARTE E DISABILITA’ VISTA COME DIVERSITA’
    Parlando di arte le due tele che più mi hanno colpita sono quelle di Otto Dix. La prima è quella dei tre uomini tornati dalla guerra, che giocano a carte. Per me queste tre persone non rappresentano la diversità ma solo una forma di disabilità, loro hanno rischiato la vita per il paese, e anche se sono tornati privi di una parte del corpo sono felici di vivere. Mentre l’altra opera è quella della donna che si è autoindotta una forma di disabilità assumendo delle sostanze stupefacenti. Questi sono esempi di DISABILITA’ e di DIVERSITA’.

    L’EMOZIONE DELLA VITA
    Durante la lezione di ieri abbiamo fatto un esercizio molto bello e commovente, la professoressa ci ha fatto bendare tutte, e in aula si percepiva solo il silenzio. In quel momento mi sono impersonificata nelle vesti di un non vedente per capire tutto ciò che prova ogni giorno della sua vita, all’inizio ho provato una sensazione di isolamento, poi quando la professoressa ha iniziato a leggerci le poesie, ho provato una sensazione di angoscia e tristezza. La poesia di Rebecca mi ha molto colpita, e mi ha fatto anche riflettere tanto, e non nascondo che mi sono anche commossa. Ma nell’ascoltare la poesia mi sono sentita fragile nei confronti di questa ragazza, perché nonostante lei vive con una disabilità giorno dopo giorno, non si arrende, sa AMARE, SOGNA ma la cosa più importante “VIVE”. Fino ad oggi non ho mai avuto modo di soffermarmi a pensare tutto ciò, la vita viene presa con molta leggerezza, e si danno per scontato tante cose, si pensa di più alle cose futili che non alle cose importanti che ci circondano e che molto spesso non facciamo caso. Quei pochi minuti in aula ieri mattina, sono stati molto utili, perché mi hanno aiutata a riflettere di più sulla bellezza delle persone disabili e non.

    NON di Rebecca
    Non scrivo
    Non parlo
    Non cammino
    Non canto
    Non chatto
    Ma sogno
    E vivo
    Non scrivo
    Non parlo
    Non cammino
    Non canto
    Non chatto
    Ma amo
    Sogno e sono viva
    Non scrivo
    Non parlo
    Non cammino
    Non canto
    Non chatto
    Non amo
    Non sogno
    Sono viva
    E SOLA.
    carmela aversano 88
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    Messaggio  carmela aversano 88 Mar Mar 27, 2012 10:19 am

    Ieri è stata una lezione interessante e emozionante.Per prima cosa abbiamo analizzato il rapporto tra arte e disabilità: infatti la prof. Briganti ci ha fatto osservare dei dipinti che rappresentano la disabilità tra questi quello che mi ha maggiormente colpito è "la ballerina Anita" di Otto Dix.In questo dipinto, Dix sembra quasi rispecchiarsi nell'autoritratto della donna tisica e drogata.
    I toni rossi, dello sfondo e del vestito, le curve serpeggianti del corpo sottolineato dall'abito aderente, gli occhi fissi, le labbra segnate dagli eccessi più che dal rossetto, svelano nella sua falsità l'immagine della vamp, simbolo moderno dell'incontro tra Eros e Thanatos. Tra le due guerre mondiali però, con l'afflusso di nuove correnti, sono molti gli artisti che utilizzarono questo colore con una forza e un impeto nuovo. Se prima il rosso stava solo a “simboleggiare” la passione, ora è sangue fuori dal corpo, ma soprattutto diventa un turbinio di passione sessuale incontrollabile.
    Per quanto riguarda la simulazione sulla cecità è stata una bellissima esperienza ricca di emozioni, che mi ha fatto capire tante cose. La prof. Briganti ci ha fatto bendare e ha iniziato a leggere delle poesie, in aula è calato il silenzio. La poesia che mi ha fatto emozionare è "Il NON di Rebecca" Questa poesia ha suscitato in me tante emozioni vissute ancor più intensamente grazie alla benda. Questa bambina non svolge tutte le attività che normalmente svolgiamo senza pensarci eppure lei ama, sogna è viva... Riesce a volare in alto con la sua fantasia con la sua sensibilità, cosa che noi non riusciamo a fare, troppo presi da cose futili, inutili, noi poco sensibili nei loro confronti non li capiamo, non li ascoltiamo e loro si sentono soli....Un’altra cosa che mi ha fatto molto pensare di questa esperienza è stato che una persona non vedente non ha idea di come siamo noi esteticamente:Come pensi che io sia? Bello, brutto... . Loro cercano di immaginarci attraverso quello che sentono. Toccarsi senza vedersi implica un grande sforzo emotivo.Ti invadono paura, smarrimento, disorientamento, poi inizia a farsi strada l’angoscia: dove sono? ci sono pericoli? c’è qualcuno che mi guarda? Il bisogno di avere un punto di riferimento, una guida, diventa estremo, si ha la necessità di avere al fianco una persona che sappia trasmettere fiducia.In un certo senso si affida la propria incolumità ad un altro: la guida diventa sinonimo di fiducia.




    Ultima modifica di carmela aversano 88 il Mar Mar 27, 2012 1:09 pm - modificato 2 volte.
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    Messaggio  antonia petrella Mar Mar 27, 2012 10:21 am

    Il quadro che mi ha maggiormente colpito è quello di Ribera- La donna barbuta, mi ha colpito perchè comunque non è una cosa che si vede tutti i giorni. Un quadro dove vi è un marito, ormai rassegnato dalla virilità della sua donna e una moglie barbuta con il seno di fuori che allatta un bambino.

    Un'esperienza emozionante
    Mettendo la benda davanti agli occhi mi sono sentita disorientata, impaurita. Il vedere tutto nero è stato bruttissimo, mi sono sentita come se stessi in un tunnel senza uscita, senza luce. Mi sentivo spiazzata, non a mio agio. E allora mi domando: io ho vissuto la cecità per pochi minuti ieri durante la lezione, e mi sono sentita persa, allora mi chiedo ma come si può affrontare una vita senza poter guardare negli occhi, magari la propria mamma, il non sapere di che colore sia il cielo................................
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    Messaggio  Brusini Rosa Mar Mar 27, 2012 10:29 am

    Ieri abbiamo iniziato la lezione riprendendo un po’ la lezione precedente e affrontando in particolare il tema della diversità e, col passare delle lezione vediamo come questo termine sia (purtroppo) più volte ricollegato al tema della disabilità. In particolare abbiamo osservato la disabilità sotto il piano artistico, quindi il suo legame con l'arte. non conoscevo le opere viste in classe e non pensavo esistessero tante opere legate al tema disabilità. L'opera che più mi ha colpita è stata "Giocatori di skat" di Otto Dix che è la mera dimostrazione del fatto che l'arte non ha confini d'espressione e che rappresenta veramente ciò che si pensa. questi tre personaggi rappresentati nel dipinto sono raffigurati con tutte i loro deficit fisici, con le loro protesi ferree e lignee così evidenti. è come se Otto Dix volesse farci capire in questo modo così esaltato, la realtà dei fatti, ma dietro questo mero riportare una realtà per quella che è, a mio avviso è presente anche un piccolo messaggio sottointeso; ovvero i tre personaggi nonostante i vari deficit fisici sono lì a giocare a carte: c'è chi le regge con i piedi, chi con la bocca, chi con la protesi, segno che può essere visto come forza di volontà nel voler continuare a vivere al 100% e che a questo non ci sono limiti che tengano.
    Inoltre è stata molto forte l'esperienza di ieri: siamo stati bendati, abbiamo perso la vista anche noi, ma solo per pochi minuti! Un'esperienza che ripeto per la seconda volta, e per la seconda volta ho provato le stesse sensazioni; ho provato una sensazione di vuoto, ho perso completamente la concezione dello spazio intorno a me. Non avendo la certezza di ciò che mi circondava ho provato fastidio, volevo strapparmi la benda, mi sentivo oppressa, senza aria, e spaventata. Non è affatto una bella sensazione e pur essendone già consapevole, questa esperienza me lo ha fatto capire ancora di più! Inoltre con gli occhi bendati la poesia che più di tutte ha suscitato in me qualcosa è stata “In bilico” di Gennaro Morra, in particolare quando afferma: “Ho paura di cadere
    non tanto per il dolore che potrei avvertire
    ma per il peso dei loro occhi
    che sul quel pavimento
    mi potrebbero inchiodare.”
    Questi versi dimostrano quanto questa persona debba anche lottare per evitare di cadere per non essere deriso o umiliato.
    Proviamo più volte a metterci nei loro panni, così riusciremmo ad essere meno superficiali e più attenti a cogliere la bellezza della vita.

    vi invito a guardare questo video
    https://www.youtube.com/watch?v=uPdVIIQCK74
    Diana Autiello
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    Messaggio  Diana Autiello Mar Mar 27, 2012 10:30 am

    La lezione ieri si è svolta attraverso la riflessione della disabilità all'interno dell'arte, attraverso l'osservazione di alcuni quadri tra cui:
    . Il ragazzo zoppo, di Ribera, dove possiamo osservare che il suo volto è tracciato da un sorriso e non è turbato da nessuna smorfia di malinconia o tristezza;
    . La donna barbuta, di Ribera, dove possiamo notare una strana rappresentazione di una donna che allatta, in quanto a causa di problemi ormonali, aveva una barba molto folta;
    . Giocatori di skat, di Otto dix, mira a far trasparire i volti e i corpi sfigurati dalla guerra;
    . Ritratto della ballerina Anita Berber, di Otto dix, che rappresenta l'emblema della femminilità, purtroppo però la sua vita è segnata da tisi e droga.

    La lezione di ieri è stata la più toccante a livello emozionale, sia per l'argomento che abbiamo toccato e sia per la simulazione. Abbiamo provato per pochi minuti, tutto ciò che i non vedenti vivono continuamente. Vivere per quei pochi minuti la loro realtà è stato toccante. Ho provato diverse emozioni contrastanti, sia paura, che tristezza, che angoscia, ma mi sono sentita anche libera perchè guidata da un diverso tipo di sensazioni. L’occhio svanisce, e invece tutto il corpo inizia a vedere e così la percezione cambia, si presta una maggiore, se non una totale attenzione a tutto il resto. Infatti durante la lettura delle poesie, in aula non avevo mai sentito un tale silenzio. I miei complimenti Docente.
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 3 Empty "Prima di tutto, io sono"

    Messaggio  Maria Grande Mar Mar 27, 2012 10:34 am

    Quella di ieri è stata una delle lezioni più belle a cui abbia mai assistito. L’ altra volta quando la docente ci disse di portare un foulard avevo intuito a cosa fosse servito ma non avrei mai immaginato che una cosa del genere potesse suscitare in me tutte quelle emozioni. Con le parole sicuramente non riuscirò a spiegare tutte le sensazioni che ho provato perché era un qualcosa di talmente forte che è diventato quasi inspiegabile. Era un miscuglio tra gioia e dolore, mi sentivo inerme ma allo stesso tempo sentivo il bisogno di dover fare qualcosa per uscire da quella sorta di oscurità. Sembrava di essere in un tunnel senza luce e non avere nessuna via d’uscita. Ascoltare le poesie e tenere per mano le mie amiche mi ha dato una sensazione di sollievo, sentivo di non essere sola, di essere in un certo senso protetta. Ieri ho capito solo in minima parte cosa può provare una persona non vedente, ricordo che quando frequentavo la scuola media avevo una prof di musica che in seguito ad un incidente aveva perso la vista, la ammiravo più di qualsiasi altra persona perché nonostante le sue difficoltà aveva sempre il sorriso stampato sul volto e riusciva sempre a trasmetterci emozioni nuove attraverso la sua musica. Le sue lezioni non erano solo un insieme di nozioni riusciva a darci molto di più perché lei insegnava con il cuore. Quando ho ascoltato la poesia “Chiamatemi per nome” e in particolare la frase “prima di tutto, io sono” ho subito pensato a lei, a quant’ era bella in ogni minima cosa che facesse, non ha mai fatto pesare a nessuno le difficoltà che a volte riscontrava nella scuola, le parole di compassione che le persone stupidamente pronunciavano, non si è mai fatta fermare dagli ostacoli e ci ha sempre insegnato ad aprire il nostro cuore.
    Per quanto riguarda le opere d’arte mi hanno colpito un po’ tutte ma quella che mi è piaciuta di più è stata “Lo storpio “ di Ribera. Da qui emerge la bellezza del fanciullo che si manifesta attraverso il suo sorriso. L’ autore in questo quadro ha messo in evidenza ciò che spesso viene visto come diverso, quella parte di umanità che la società attraverso i suoi canoni e i suoi prototipi tende ad ignorare.
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    Messaggio  Laura polverino Mar Mar 27, 2012 11:02 am

    Oggi è stata una lezione particolarmente emozionante.Abbiamo affrontato il tema tra arte e disabilità.Il dipinto che mi ha colpita particolarmente è stato quello di Ribera "il ragazzo zoppo",questo giovane ragazzo viene ritratto con un bel sorriso nonostante la sua difficoltà,questo simboleggia la sua voglia di vivere,di lottare nonostante abbia una difficoltà fisica.Ma l'aspetto più interessante che mi ha lasciata davvero senza parole è stato il laboratorio con i foulard.Con il foulard agli occhi,la mia attenzione si è concentrata maggiormente su ogni singola parola delle poesie che la prof.ha letto.La poesia che maggiormente mi ha emozionata è stata il NON di Rebecca,ho avvertito una sensazione bellissima ,ho sentito dei brividi che mi hanno attraversato proprio il cuore e sono scappate anche le lacrime,perchè ho pensato che noi siamo proprio "ridicoli" nel vero senso della parola ,stiamo sempre a lamentarci ,a fissarci ,ad a vere paranoie per cose inutili,quando invece ci sono persone che non hanno tutto,ma riescono a trovare quel poco che li renda felici e li porta sempre a combattere per poter vivere !
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    Messaggio  maria rosaria russino Mar Mar 27, 2012 11:16 am

    Voglio iniziare questo mio commento dal concetto di disabilità nell'arte...una riflessione mai avvenuta prima di ieri grazie alla visualizzazione dei dipinti mostratici...già almeno io non ho mai pensato ad un quadro che potesse mostrare una disabilità qualsiasi,o meglio in che modo la si potesse rappresentare.Tra quelli visti in classe mi ha colpito quello di Ribera in cui sono raffigurati tre ragazzi superstiti alla guerra con le loro molteplici disabilità ,causategli in seguito al tragico evento...è davvero particolare il modo in cui sono espresse e raffigurate le diversità di ognuno di loro....Ciò che bisogna percepire è che la diversità ha molteplici facce...e SIAMO TUTTI DIVERSI E....UNICI!
    Per quanto riguarda,invece, la seconda parte della lezione è stata davvero unica e toccante....sono tante le emozioni provocate da un argomento così forte come la cecità....una simulazione significativa che ancora una volta ha portato me,ma credo anche tutte le mie colleghe in classe, ad andare oltre quella che può essere la visione e la nostra interpretazione di tale concetto e diversità..un problema che non appartenendo da vicino a noi non permette di cogliere realmente le difficoltà ,ma soprattutto le forti emozioni che una persona ceca può provare ...essì è stato proprio attraverso l'essere bendata che ho potuto percepire tutto ciò...in quell'istante sono state tante le preoccupazioni e i pensieri passati nella mia mente,ma ciò che mi preme di più è affermare come è stata grande la voglia di percepire quell'emozione ampliata poi dalla lettura delle poesie,tutte belle,ma quella che è stata a mio avviso più significativa è "chiamatemi per nome"...è da questa che voglio collegarmi al concetto di diverso visto come un semplice soggetto spesso definito come MOSTRO,ma che in realtà è solo definendolo come colui che è unico nel suo essere persona,portatore di un proprio NOME che si può riconoscere quanto in fondo quella diversità non esiste.....
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    Messaggio  Angela Ascanio Mar Mar 27, 2012 11:25 am


    La lezione di ieri è stata straordinaria,si è parlato del rapporto della disabilità con arte.Amo l'arte in ogni sua forma e manifestazione,da un dipinto a una scultura,dalla danza alla musica,e soprattutto per ogni profonda sensazione che è in grado di suscitarmi.Adoro osservare un dipinto perché da una semplice tela possono uscirne fuori una miriade di significati.Come ad esempio il dipinto di "Otto Dix,i giocatori di skat" che a primo impatto sembra del tutto normale ma guardandolo attentamente si osservano corpi deformati dalla guerra,dalla morte.Il quadro raffigura tre militari dopo il primo conflitto mondiale che giocano a carte. Si notano in modo evidente i segni della guerra.Il primo a sinistra ha il volto sfigurato, gli manca un occhio ed un orecchio sostituito da un impianto acustico che termina con una ‘trombetta’ poggiata sul tavolo, entrambe le braccia sostituite da una protesi in legno e dal piede, che svolge funzione di mano ed una delle gambe. L’uomo al centro non ha le gambe e le braccia perciò tiene le carte in bocca; ha parte del cranio ricucito con metallo.La mandibola e l’orecchio sostituita da parti in metallo e l’occhio con un occhio vitreo. Il terzo non ha più la parte inferiore del corpo, il braccio destro sostituito da una protesi in legno e la mandibola da una protesi in metallo.
    L'arte è sempre stata cosiderata come sinonimo di bello,(capito V-Nozioni)ad un certo punto soprattutto nell'arte moderna si modificano i canoni tradizionali del bello,producendo opere in cui la deformazione delle figure era predominante,il brutto diventa la vera bellezza,quindi l'arte si concentra sul corpo che sta soffrendo e che chiede attenzione.Secondo l'opinione di Romeo Boderi:"il brutto è sempre stato considerato come l’ombra del bello,il falso ed il cattivo,una mancanza,un'assenza di splendore e di bontà"..per comprendere il deforme dobbiamo recuperare l’idea di brutto soprattutto nell’arte".
    I dipinti che ci sono stati presentati propongono tutti l'immagine della disabilità/diversità nell'arte.Tutti i dipinti sono meravigliosi e ricchi di significati come la VENERE DI WILLENDORF, considerare il più antico capolavoro della storia della scultura.Infatti tra le prime manifestazioni artistiche a noi note vi sono appunto le figure in pietra raffiguranti figure femminili dette "Veneri",legate al culto della fertilità.Ciò che colpisce di più è la deformazione del corpo della donna,le forme del corpo sono molto esagerate soprattutto alcune parti, come il sesso, il seno, i glutei, il ventre. Altre parti sono trascurate o mancano del tutto: non ci sono i piedi, le braccia sono appena accennate e raccolte sopra al seno, le mani sono appena scalfite, manca la faccia.Si pensa che quello che viene rappresentato non è una donna ma un'immagine simbolica della maternità e quindi della fecondità.Come è scritto nel V capitolo-Nozioni,il corpo nudo diventa parola,simbolo di verità .... non è solotanto oggetto di fruizione estetica ma ciascun individuo lo guarda in base al periodo storico.

    Simulazione:
    Non avevo dubbi sulle forti sensazioni che questo corso mi avrebbe dato e,infatti,ieri ho avuto un'ulteriore conferma!!!!
    Quando mi sono bendata ho provato una forte sensazione di sofferenza,mi sudavano le mnai e stringevo forte la mano della compagna a fianco per paura,ho avuto una percezione di forte confusione e disorientamento..ero molta ansiosa e volevo liberarmi al più presto della benda.
    appena la prof.ha iniziato a leggere mi sono completamente isolata dalla stanza da ciò che mi circondava,ascoltavo le poesie con molta attenzione parola per parola. In quei momenti mi sono lasciata trasportare da mille emozioni.E' una sensazione strana da descrivere non so se di piacere o di timore.Tolta la benda tante domanade mi vagavano per la mente ...se sono cieco come faccio ad amirare un opera d'arte?come faccio ad osservare un tramonto? e i colori della primavera?
    In particolar modo mi hanno colpito due poesie:Non di Rebecca e Chiamatemi per nome.Due poesie ricche di significato e di speranza!!
    Anche loro hanno un nome come tutti noi..spesso però tali persone vengono etichettate chiamate "Handicappato"e a vote anche con termini peggiori e molto offensivi.Ma mi chiedo non si possono chiamare semplicemente per nome?Non siamo tutti uguali?

    Forse usate chiamare gli altri:

    “portatore di occhi castani” oppure “inabile a cantare”?

    o ancora: “miope” oppure “presbite”?

    Non posso fare a meno di dire ancora una volta quanto sono fortunata!questo corso mi sta sensibilizzando non solo come futura educatrice ma mi fa riflettere sul vero senso della vita.Che va amata e apprezzata ogni giorno!


    Ultima modifica di Angela Ascanio il Mar Mar 27, 2012 1:43 pm - modificato 1 volta.
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    Messaggio  Fortuna Di Mauro Mar Mar 27, 2012 11:51 am

    Oggi mi trovo di fronte a un laboratorio che mi lascia senza parole, è difficile a questo punto far capire agli altri ciò che ho provato … ma cercherò comunque di farlo,semplicemente!!
    Non sapendo di cosa si trattasse , inizialmente ero un po’ restia a partecipare … quando poi la professoressa ci ha spiegato cosa dovevamo fare, insieme ad una mia amica ho messo il foulard ed è stato come se all’improvviso tutto il mondo che mi circondava si fosse chiuso!! Come un lampo che nel bel mezzo della notte illumina il paesaggio e subito dopo lascia il vuoto, il nulla, la notte.
    Sono stati attimi di estremo silenzio ( mai ottenuto prima di questa lezione) forse perché oggi in alula è stata un’emozione un po’ per tutti, una lezione commuovente che ha lasciato molte emozioni sospese e … ancora una volta ci ha fatto riflettere , mettendo in pratica la teoria.
    Le emozioni sono aumentate nel momento in cui la professoressa ha iniziato a leggere le poesie, tutte bellissime … ma l’ultima in particolar modo mi ha toccato di più !! “Chiamatemi per nome “.
    Una ragazza che chiede di esser conosciuta per il suo nome, per la sua persona e non per la disabilità che ha, e mentre sentivo le parole di questa poesia in me calava una sensazione che nemmeno io saprei descrivere, forse era spavento, in equilibrio, paura e solitudine allo stesso tempo perché non avrei mai immaginato che un foulard potesse farmi sentire fuori dal mondo, non potevo riconoscere nulla se non il calore e la vicinanza della mia amica che in quel modo mi dava sicurezza, una sicurezza derivata dal solo fatto di averla vicina in quella situazione.
    Tolta la benda è stato come rivedere il sole dopo tanti giorni bui (eppure la simulazione è durata solo per pochi minuti) , è stato come ritrovare di nuovo me stessa … solo in quel momento mi sono sentita più sollevata .

    Ho capito la stupidità che molte volte prende il sopravvento su di noi, abbiamo tutto e diciamo spesso di non aver nulla !!
    Mentre ho notato la semplicità e la devozione che alcune persone disabili hanno nei confronti di qualcosa che è superiore a noi, accettando tutta la loro situazione e pensando che nonostante la loro disabilità hanno comunque un dono importante, IL DONO DELLA VITA! Proprio come viene descritto nei versi della poesia scritta da Rebecca “NON”: Non scrivo
    Non parlo
    Non cammino
    Non canto
    Non chatto
    Ma amo
    Sogno e sono viva
    Oggi ho capito che …
    FORSE è PROPRIO QUANDO NON SI HA TUTTO CHE SI HA QUALCOSA IN Più.

    Inoltre oggi in aula è stato affrontato il tema della diversità, con la quale abbiamo a che fare tutti i giorni … la diversità è spesso vista in chiave negativa, come “minaccia” della propria identità e per questo la presenza del “diverso” frequentemente genera sentimenti di paura ,ansia e sospetto.
    La professoressa ci ha mostrato una serie di immagini, opere d’arti che rappresentano a primo impatto una situazione normale, ma che in realtà raffigurano persone disabili.
    L’immagine che più mi ha colpita è stata la prima, il ragazzo zoppo di Ribera.
    La descrizione di uno spagnoletto disabile(mendicante) non disperato ma sorridente alla propria condizione e alla vita, un ragazzo che mostra la sua diversità mettendosi addirittura in posa.
    la bellezza di questo quadro traspare dal sorriso di un bambino, un sorriso che da valore all’esistenza, da gioia, serenità. Un quadro che non ci da l’impressione di una persona triste, bensì di una persona che dice SI alla vita, senza vergognarsi di ciò che è !!
    L’autore in questo quadro fa riconoscere alle persone che lo guardano che la persona con disabilità è una persona come tutti gli altri, una persona uguale a noi … dando l’opportunità di allontanarci da falsi pregiudizi !
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    Messaggio  Claudia Zuccoli Mar Mar 27, 2012 11:54 am

    Nella prima parte della lezione di ieri si è parlato del rapporto tra arte e disabilità. Tra le opere osservate, quella che più mi ha colpito è stata "ragazzo zoppo" di Ribera, in quanto nel quadro il ragazzo sorrideva e dal suo sguardo non trapelava alcuna tristezza né disperazione. La seconda parte è stata ancora più interessante ed emozionante nel momento in cui ci siamo bendati e abbiamo ascoltato alcune poesie, tra le quali "l angelo del signore" e "chiamatemi per nome".Non so descrivere con precisione ciò che ho provato quando avevo la benda sugli occhi,posso dire, però, che inizialmente mi sentivo persa e avvertivo un senso di angoscia, successivamente, invece, ho prestato maggiore attenzione e ed ho iniziato a percepire meglio ciò che mi accadeva intorno anche con gli altri sensi, tra i quali l udito: ho iniziato ad avvertire ogni minimo spostamento che gli altri facevano, poichè, non potendo osservare nulla, i rumori risultavano ancora più forti.
    E' stata davvero un'esperienza bellissima e spero, in futuro, di viverne altre ancora più emozionanti
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    Daniela D'urso


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    Messaggio  Daniela D'urso Mar Mar 27, 2012 12:07 pm

    L’esercizio svolto in aula mi ha emozionata tantissimo. L’essere bendata mi ha permesso di aumentare gli altri sensi e così ho potuto meglio concentrarmi sulle parole delle varie poesie lette,cogliendone meglio il senso ed il significato profondo che ogni singola parola racchiudeva dietro sé. La prima sensazione che ho provato indossando la benda è stata quella di smarrimento,era come se mi fossi ritrovata improvvisamente in un luogo sconosciuto,non sapevo più dove ero,con chi ero ..come catapultata in un altro spazio ,eppure invece era l’aula dove fino a pochi istanti prima ero intenta a seguire la lezione. L’assenza invece totale della vista,quel buio pesto, mi ha dato questa sensazione difficile da descrivere..era un po’ come se non ci fossi più in quella stanza.. ma come se fossi in un mondo tutto mio .. nascosto ,segreto.. lontano da tutto ..ed infatti al suono della voce della docente ho chiuso anche gli occhi, non ce ne sarebbe stato bisogno, il buio mi circondava già ma quel gesto di chiudere gli occhi serviva a rafforzare quell’emozione ,per imprimerla ancor meglio dentro me. Quelle parole infatti sono arrivare diritte al cuore, sulla pelle,taglienti come lame.. pronte a scardinare dentro me un misto di sensazioni.. dalla tristezza,alla malinconia,alla consapevolezza della fortuna che abbiamo e che spesso,anche troppo non concepiamo abbastanza..non ci convinciamo che abbiamo un DONO ENORME.. la possibilità di vedere il mondo.. di vedere le persone a cui vogliamo bene e non di essere costretti a immaginarne i tratti.. di immaginare le espressioni del loro viso..ed ultimo ma non meno importante la possibilità di vedere i colori,e una domanda mi sorge spontanea, per i non vedenti dalla nascita, difatti come sono i colori? Noi tutto ciò possiamo vederlo e quindi dobbiamo essere grati,perché quella della vista è uno dei regali più belli che possiamo ricevere dalla vita.
    Due sono state le poesie che più mi hanno colpito..ovvero “ chiamatemi per nome” .. in queste righe si “leggeva” tutta la voglia di essere considerata non portatrice di handicap ma PERSONA..”non voglio più essere conosciuta per ciò che non ho , ma per quello che sono , una persona come tante altre, chiamatemi per nome”. L’altra poesia invece è “non “ , sentendola mi attraversava il dolore della ragazza,” io sono viva” , solo tre parole ma che urlano tutta la disperazione,la voglia di farsi notare, di dire io ci sono, “ io son viva” , termini forti, decisi che racchiudevano tutto. Sono davvero contenta quindi di aver potuto prendere parte a questa esperienza anche se non era la prima volta, poiché al liceo ebbi la possibilità di confrontarmi con questo mondo, avendo la possibilità di camminare completamente bendata ( con l’ausilio di una persona vicino) per le strade di pozzuoli , rendendomi conto delle difficoltà cui vanno incontro quotidianamente i non vedenti. Nonostante quindi questa esperienza non è stata la prima mi ha lasciato comunque e nuovamente una grande emozione e spero di avere ancora la possibilità di vivere anzi rivivere queste sensazioni perchè ogni volta è come la prima.
    Il quadro invece " ragazzo zoppo" è quello che mi ha mostrato come la disabilità può essere vista da molto prospettive, anche se era solito in quegli anni raffigurla in maniera negativa, ovvero associare la figura dello zoppo a quella del mendicante, sotto una luce però negativa, in questo dipinto ho avuto la sensazione di come il ragazzo fosse visto sotto una luce diversa, innovativa rispetto alle consuetudini del momento.. una raffigurazione di (citando un titolo di un vecchio articolo del corriere della sera) un'EROICA miseria.

    Vorrei lasciare una frase che penso racchiuda un pò quello che l'esperimento di ieri abbia voluto trasmetterci..
    "Chiudi gli occhi e vedrai." Joseph Joubert


    Ultima modifica di Daniela D'urso il Mar Mar 27, 2012 12:45 pm - modificato 1 volta.
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    Messaggio  fabiola loffredo Mar Mar 27, 2012 12:10 pm

    Nella prima parte della lezione è stato affrontato il tema della disabilità nell'arte. Sono stati proposti diversi quadri al riguardo e quello che mi ha colpito di più è stato "La donna barbuta" di Ribera. A dire la verità prima non sapevo dell'esistenza di opere in grado di trasformare un ripugnante "caso clinico" in una splendida opera d'arte. Sulla tela è infatti rappresentata una donna "barbuta" a causa di un problema ormonale, intenta ad allattare suo figlio, pur munita di una faccia totalmente virile. Quest'opera ha suscitato il mio interesse proprio per l'opposto che rappresenta,perchè generalmente l'arte sta a simboleggiare il "bello",il fascino in primis della donna; invece qui quest'ultima viene rappresentata nella sua totale "diversità",tant è vero che la barba ha sempre rappresentato quella cosa che distingue i maschi dalle femmine,ma nonostante ciò,l'autore ha lo stesso messo in risalto un lato della sua femminilità attraverso l'allattamento al seno.
    Nella seconda parte della lezione è stata svolta una simulazione sulla cecità. La prof ci ha fatto bendare con dei foulard,consentendoci la possibilità di immedesimarci in quelle persone che purtroppo devono realmente combattere ogni giorno con quella sensazione di smarrimento che comporta il non vedere...Appena mi sono coperta gli occhi ho avvertito un senso di disorientamento,non riuscivo più ad avvertire una condizione nè di spazio e nè di tempo; è come se intorno a me non c'era più nulla,ma solo un vuoto enorme che però mi opprimeva. Da quel momento mi sono resa conto che l'unico modo che poteva tenermi legata alla realtà era la "voce" che sentivo delle persone che mi erano intorno; tant è vero che mi sono concentrata sulle poesie che la prof ad un certo punto ha letto. Queste mi hanno suscitato tutte molta tristezza,in particolare ho avvertito questo sentimento in "Non",la poesia di Rebecca...Dalle parole di questa grande donna emerge infatti la sua voglia di lottare e di andare avanti,perchè nonostante non parli,non cammini,non scriva e soprattutto si senta sola; è in grado di sognare,di amare e quindi di vivere....
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    Messaggio  Ilaria cozzolino Mar Mar 27, 2012 12:17 pm

    la lezione di ieri è stata interessante ed emozionante. Abbiamo parlato che la disabilità viene spesso confusa con la diversità ma sono due termini profondamente carichi di molteplici significati. il diverso non lo capiamo perchè non ci proviamo neanche oppure perchè proviamo vergogna. La disabilità la possiamo trovare anche nell'arte infatti la docente ci ha fatto vedere delle immagini di quadri. Quello più significativo per me è il ritratto della ballerina Anita Berber di Otto Dix. Anita Berber è stata una ballerina, attrice e scrittrice tedesca molto famosa in Germania ma il suo successo è dato soprattutto dalla sua bisessualità e dalla sua dipendenza dalla cocaina. é morta giovane a 29 anni
    Anita viene rappresentata con un lungo vestito rosso aderente che mostra le sue curve anche lo sfondo è rosse. L'attrice viene rappresentata in tutto il suo splendore come femme fatale ma in realtà il suo volto è segnato da una vita di eccessi e di vizi. L'arte è uno strumento utile perchè ogni singolo artista mostratoci dalla docente in aula ci ha lasciato un messaggio tramite il loro lavoro
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    Messaggio  Luisa Ratti Mar Mar 27, 2012 12:50 pm

    Ieri ero in aula ad ascoltare poesie con gli occhi bendati, a quante cose ho pensato, e dopo una prima sensazione di sgomento, mi sono chiesta ma come si fa a vivere in un mondo senza immagini? Forse chi è cieco dalla nascita vivrà meglio questa condizione, supplirà con altre risorse sensoriali alla mancanza della vista, e così mi viene in mente che ad esempio i colori avranno una consistenza, un sapore, un odore, persino una vibrazione particolare. Ma chi ha vissuto parte della sua vita in un mondo fatto di immagini prima che di suoni e di parole e improvvisamente si ritrova al buio, come fa a ritrovare i suoi punti di riferimento?.
    Per quanto mi riguarda durante l'esperimento,dopo un iniziale senso di smarrimento, ho sentito di più, ho sentito meglio, i rumori in sottofondo, perfino un soffio di vento che dalla finestra socchiusa mi accarezzava la pelle, tante emozioni mi esplodevano dentro ascoltando le parole delle poesie. Le persone rappresentate in quei brani me le figuravo tutte nella mente, il bambino disabile (che è poi un angelo del Signore) che parla dell’amore di cui lo circondano i suoi genitori; la ragazza che vuole volare per vedere il mondo dall’alto finalmente libera da un corpo che sente per lei troppo pesante; la ragazza che non fa ma è viva e sogna, e si sente sola; l’uomo che nel suo ondeggiare ha paura non di cadere ma degli occhi dei passanti che per pura curiosità restano a guardare, inchiodandolo a terra , compatendolo e non porgendogli la mano e il sorriso di cui ha bisogno per rialzarsi e percorrere la vita; il padre che facendosi lui stesso voce della sua bambina chiede la considerazione che le spetta quella di essere considerata innanzi tutto “persona”.

    L’arte emoziona, rivisita la realtà , fa riflettere, non la avevo di certo mai associata alla disabilità, mi è capitato di vedere le opere di Botero e i suoi caratteristici personaggi corpulenti, ma Ribera, lo Spagnoletto non lo conoscevo. Un pò mi sono documentata e ho letto che la volontà di Ribera era quella di far conoscere l'umanità emarginata , voleva forse far emergere quella che oggi chiameremmo coscienza sociale. In particolare mi ha colpito il dipinto detto Lo storpio, un ragazzo zoppo guarda l 'umanità sana con occhi ridenti, comunicando di non essere per quel piede torto che lo costringe a zoppicare triste e affranto, ma capace ,partecipe, e produttivo e soprattutto felice anche con quella sua peculiare caratteristica diversità.
    Rachele Di Tuccio
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 3 Empty Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita.

    Messaggio  Rachele Di Tuccio Mar Mar 27, 2012 1:06 pm

    “Cercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere, di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch'essa genera, dai suoni, dalle forme e dai colori, che sono le porte della prigione della nostra anima, un'immagine di quella bellezza che siamo giunti a comprendere: questo è l'arte. (James Joyce)

    L’arte ha la capacità di rappresentare il tutto senza distinzioni. Tra quelle viste oggi alla lezione, quella che mi ha colpito di più suscitando il mio interesse è stata la prima immagine, Il ragazzo zoppo di Ribera, che come ci suggeriva la Professoressa è un dipinto che esprime un idea di disabilità sopra le righe. Di tutte le cose che emergono, le più evidenti quali la miseria, il bastone, il foglio per chiedere l’elemosina, l’essere storpio, il mio sguardo si è concentrato su una cosa che ritengo eccezionale, IL SORRISO. Un viso sorridente che trasmette più di tutte le altre cose che lo circondano. Il sorriso di questo ragazzo ha la capacità di illuminare l’intero dipinto e soprattutto lo sguardo di coloro che l’osservano.

    Per quanto riguarda la simulazione sulla cecità, è stato un momento molto forte.

    Ascoltando quelle poesie con gli occhi bendati, ho sentito suscitare in me un susseguirsi di emozioni, una vera e propria tempesta di emozioni. Inizialmente paura, tristezza, rabbia ma ad un certo punto mentre la Professoressa leggeva attentamente le parole di quei ragazzi, li ho sentiti sempre più vicini e soprattutto d’improvviso non c’era più tristezza ma quel che riuscivo a percepire era il desiderio, la speranza, la pienezza, la gioia, la voglia di questi ragazzi di credere in qualcosa che va oltre il loro aspetto, il loro handicap, la straordinaria capacità di sentire il calore delle altre persone, qualcosa che aprisse il cuore, un cuore che batte, che è vivo, riscoprendo la bellezza della vita e la voglia di amare. Parlare, ascoltare, guardare, toccare, camminare si sono cose straordinariamente belle, ma ricordiamoci che tutto quel che attraversa il nostro cuore rende incredibilmente preziosa la nostra vita.

    Non voglio più essere conosciuta

    per ciò che non ho

    ma per quello che sono:

    una persona come tante altre.

    Chiamatemi per nome.

    Anch’io ho un volto, un sorriso, un pianto,

    una gioia da condividere.

    Anch’io ho pensieri, fantasia, voglia di volare.

    Chiamatemi per nome.

    Non più:

    portatrice di handicap, disabile,

    non vedente, non udente, cerebrolesa, tetraplegica.

    Forse usate chiamare gli altri:

    “portatore di occhi castani” oppure “inabile a cantare”?

    o ancora: “miope” oppure “presbite”?

    Per favore abbiate il coraggio della novità.

    Abbiate occhi nuovi per scoprire che,

    prima di tutto,

    io “sono”.

    Chiamatemi per nome.




    Ho avuto la fortuna di conoscere il Prof Palladino, poichè ho seguito il suo corso sulla scrittura Braille, è una persona meravigliosa, che attraverso il suo insegnamento fa trasparire il suo infinito amore, la sua passione verso la sua scrittura. Ancora oggi ci fa ascoltare tantissime poesie di ragazzi non vedenti, ci invita a far tante esperienze lasciandoci trasportare dalla loro immensa gioia, e attraverso il suo corso ci invoglia a rafforzare il nostro interesse per la scrittura come futuri educatori.

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