La felicità è lo stato d'animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. L'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" ( prefisso indoeuropeo) significa abbondanza, ricchezza, tanto che i latini parlavano di “terra felix” quando la stagione era stata fertile.. La nozione di felicità, intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di rilievo nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche (dal greco eudaimonìa= buon demone, una buona sorte) solitamente tradotto come "felicità". Essa quando è presente associa la percezione di essere eterna al timore che essa finisca. La felicità è quell'insieme di emozioni e sensazioni del corpo e dell'intelletto che procurano benessere e gioia in un momento più o meno lungo della nostra vita. Se l'uomo è felice, subentrano anche la soddisfazione e l'appagamento. Il raggiungimento di un obiettivo è dettato da un bisogno che procura gioia e quindi felicità. In questo conteso la felicità era strettamente legata alla fortuna e questo originario significato è ancora presente nelle lingue anglosassoni come il tedesco. In particolare nell’accezione utilizzata da Aristotele nell’ Etica Nicomachea, indica un processo di interazione e mutua influenza tra ben-essere personale e ben-essere collettivo, tale per cui la felicità individuale si realizza nello spazio sociale ; in seguito, questa parola prima con Socrate, poi con Platone e infine con Aristotele è legata alle libere scelte dell’uomo che può diventare felice.
La “FELICITà” e quello che significa vivere una buona vita rappresenta da una centinaia di anni la base del dibattito filosofico, religioso ed educativo, tanto che, nelle culture contemporanee le persone stanno cercando degli espedienti sempre più utili per essere felici. Solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato in modo sistematico a studiare il concetto di felicità. Maslow, attraverso la gerarchia dei bisogni, stabilisce che il più alto grado di bisogni, come l’autostima e l’attualizzazione sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni di ordine più basso come la sopravvivenza, la sicurezza e l’appartenenza. In modo particolare, il movimento della psicologia positiva ha indirizzato l’indagine psicologica verso gli aspetti positivi dell’esperienza umana. La felicità studiata sotto il profilo dei bisogni (primari, secondari, ecc) porta a valutazioni e definizioni non solo psicologiche e filosofiche diverse, ma anche materiali, per questo motivo la felicità è stato ed è studio di ogni scienza umanistica. Nettle opera una distinzione tra “felicità di primo livello”,( quando una persona afferma di essere felice nella propria vita non significa che prova piacere per tutto il tempo ma semplicemente che , dopo aver fatto un bilancio tra piaceri e dolori, tra emozioni positive e negative, percepisce che nel lungo termine ha sperimentato più sensazioni positive piuttosto che negative), “felicità di secondo livello”,( la felicità ha come sinonimi appagamento e soddisfazione e comprende processi cognitivi più complessi quali il paragone con possibili risultati alternativi), e “felicità di terzo livello” ,dove misurare la felicità non è semplice e valutarla implica esprimere un giudizio su che cosa sia vivere bene e in che misura lo si realizzi nella propria vita. La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità di secondo livello; come crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente e franchezza con se stessi , cosi come gli elementi di piacere e di assenza di dolore. Rimane chiaro che la divisione è fatta per chiarire le varie componenti di quello che è lo stato della felicità della persona, ma essendo l'uomo una unità indissolubile di psiche-corpo-spirito è chiaro che si parla sempre di tutte le componenti che si influenzano tra di loro. Se mi fa male un piede è molto più facile che io sia triste piuttosto che allegro e felice. Seligman, invece, afferma che una persona può avere emozioni positive verso il passato, come la soddisfazione, e emozioni positive circa il futuro come la speranza e l’ottimismo e le chiama “vita piacevole”. Sostiene che esiste una forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati o nel “flusso”. Il concetto di flusso comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che esattamente mettono alla prova le nostre abilità, riceviamo feedback, abbiamo senso del controllo, emozioni limitate e perdiamo traccia del tempo.
Watterman afferma che la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori, che risultano in un senso di autenticità e vivacità definita “espressività personale”. Gli esseri viventi cercano di attribuire senso, significato agli eventi, comportamenti, agli stati interni e intenzioni sociali il cui significato è funzionale alle nostre categorie e ai valori di riferimento, poiché l’individuo nasce con un corredo genetico, culturale specifici in relazione alla realtà sociale di appartenenza.
Canevaro a questo proposito afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale autarchica ma a ciò che si definisce “capitale sociale”, cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie all’influenza dei fattori ambientali che lo circondano, poiché dal punto di vista educativo tutti abbiamo la potenzialità di decidere di essere ciò che vogliamo. Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso di complessità e condivisione, ad usare efficacemente i propri talenti e punti di forza.
Il benessere in quanto fenomeno soggettivo,è l’essenza della qualità della vita ed è caratterizzato da diverse componenti: cognitiva, affettiva, individuale, contestuale, fisiche, psichiche, sociali, emozionali, psicologiche. Il benessere, quindi, è uno stato complesso perché multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale. (Iavarone) Oggi si sente sempre più spesso parlare di qualità della vita, in riferimento al diritto di ogni persona di vivere in modo soddisfacente, senza ansie e problemi di vario genere. Certamente lo sviluppo industriale e tecnologico ha reso la vita di ciascuno più comoda e confortevole di quanto lo fosse stata per le passate generazioni, soprattutto all’interno della propria casa dove, ad esempio, con un computer collegato ad Internet e standosene tranquillamente seduti su una sedia, si possono svolgere delle attività professionali, studiare, compiere delle ricerche, ottenere delle informazioni, prenotare dei viaggi o degli spettacoli o, ancora, acquistare dei prodotti. La nostra società ricca offre tanti piaceri che velocemente diventano effimeri. Infatti, non appena cala la stimolazione che ha portato al piacere, quest’ultimo sparisce del tutto. Ma molti altri elementi rientrano nel concetto di qualità della vita, a cominciare dallo svolgere un lavoro soddisfacente e gratificante come, purtroppo, non sempre avviene oggi nel nostro Paese, in quanto in tanti trovano difficoltà ad impegnarsi o devono accontentarsi di un lavoro temporaneo, talvolta precario o senza garanzie contrattuali. La buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni e nel tempo libero. Quindi la buona vita si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù.
Iavarone sostiene che il ben-essere segue più direzioni e la sua percezione, da parte del soggetto, cambia sia in senso verticale, nei diversi “tempi” della vita, che in senso orizzontale, nei diversi “luoghi”. Il ben-essere possiede più dimensioni dato che il suo desiderio si trasforma sia sincronicamente che diacronicamente; di conseguenza il ben-essere è caratterizzato dall’integrazione tra i sistemi biologico, psichico e sociale e dipende dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti.
Approfondire la conoscenza sul benessere tenta di prevenire e alleviare la sofferenza attraverso la promozione di una buona salute, resilienza e crescita psicologica. In questa prospettiva gli individui posso usare le loro forze per superare le sfide della vita, come abbiamo visto con Simona Azoti, Pistorius e la signora Tina. I cittadini, quindi, hanno il diritto di fruire dei servizi sociali efficienti, come la scuola,la sanità, i trasporti pubblici ecc.. Vivere in un luogo dove tutto funzioni alla perfezione migliora certamente la qualità della vita. Quest’ ultima però, non è qualcosa soltanto che ci spetta di diritto, ma bisogna pure sapersela conquistare: i comportamenti individuali ispirati all’altruismo, alla operazione, alla tolleranza, al rispetto per l’ambiente, all’impegno quotidiano nel lavoro favoriscono il raggiungimento di un livello di vita qualitativamente alto. La questione ambientale coincide non poco sulla qualità di vita. Si sa che la salute viene prima di ogni cosa, ma essa viene messa a rischio respirando aria sempre meno salubre a causa dell’ inquinamento atmosferico. Pertanto lo Stato in ambito politico-istituzionale, ma anche la gente comune, deve salvaguardare gli equilibri della natura dai quali dipende la vita del Pianeta. Anche l’ambiente familiare coincide sulla qualità della vita, influenzando lo sviluppo di un bambino, soprattutto, con disabilità. Un atteggiamento negativo verso la disabilità da parte dei membri della famiglia può influire sul bambino ma anche aggiungersi all’esistente livello di stress della famiglia. Quando in una famiglia nasce un bambino con disabilità il fatto si trasforma in un evento traumatico , angoscioso e luttuoso. Le madri passano attraverso stadi di shock,disorganizzazione emotiva e riorganizzazione , dopo essersi adattate al trauma. Essi ,rispetto agli altri genitori,passano attraverso periodi prolungati di stress ed è importante che vivano in un ambiente familiare ,sociale che accetti e rispetti quella specifica disabilità. Ciò che si dovrebbe fare è andare oltre questi fattori stressanti e pensare ad un modo per aiutare queste famiglie ad essere coinvolte in diverse situazioni di successo. Inoltre, non molto tempo fa, purtroppo, molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli. A tal proposito Seguin, un medico francese che nella metà del 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili, affermo che i bambini con disabilità potessero essere appropriatamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società, con la constatazione che queste strutture non favorivano il ritorno del soggetto nella società. Negli anni Cinquanta e Sessanta divenne ampiamente condiviso dalle famiglie il concetto di “normalizzazione” e in seguito ci si è mostrati interessati anche nell’offrire un supporto tecnico e psicologico alle famiglie con un figlio disabile. Infine, qualità della vita significa dedicare qualche ora del proprio tempo libero a se stessi, alle proprie passioni e divertimenti, evitando almeno per un po’ lo stress quotidiano. Distendere la mente aprendola ai pensieri positivi ed allo svago, fa bene alla salute psicofisica di ognuno e può aiutare a vivere meglio. La pedagogia perciò ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione e della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale. L’uomo, per dirla con Aristotele, è un “animale sociale”, per cui ha bisogno di vivere in una comunità, organizzando la sua vita insieme ai suoi simili. La vita di ognuno di noi è infatti determinata, per una parte, dalla comunità in cui si è inseriti, per il resto dall’iniziativa personale.
Nella società il diritto a star bene è divenuto qualcosa di legittimo e facilmente attendibile. Diritto che può essere esercitato quanto più le persone vengono aiutate a sviluppare la capacità di acquisire forza e potere nel determinare il proprio stato di benessere.
“Fornire risposte”, “ prendersi carico”, “risolvere i problemi” apparentemente aiutano il soggetto in difficoltà mentre, in realtà, lo impoveriscono.
È l’educazione che deve aiutare ognuno di noi a trovare il suo modo originale e personale di valorizzare la propria iniziativa nella piena integrazione con gli altri. Infatti lo scopo di educazione autentica non dovrebbe essere di rendere uguali tutti gli uomini, ma di abituarli a sapere scegliere quello che ritengono più opportuno a valorizzare se stessi nell’ambito del rapporto con gli altri. La spinta del vivere sociale è data anche da fattori psicologici, in quanto un individuo non può non riconoscersi in una comunità di cui condivide ideali , costumi e valori. L’alternativa sarebbe la solitudine spirituale ed intellettuale, oltre che l’immobilismo fisico. Sempre secondo quanto sostiene Iavarone il ben-essere non è uno stato individuale ma un progetto dinamico da condividere con gli altri ed è costituta da tappe intermedie e di modificazioni in una costante tensione al cambiamento e al riadattamento esistenziale; dunque, nel caso di disabili è necessario costruire partendo dai soggetti e dalla forza che esprimono, dalle loro potenzialità piuttosto che dalle loro debolezze siccome non basta insegnargli a mangiare, a bere, a vestirsi risolvendo i loro problemi ma aiutarli ad intraprendere relazioni personali, a promuovere di condurre una “buona vita”, vivere vite stimolanti e soddisfacenti, coltivando ciò che è meglio per se stessi, perchè l’essere umano ha bisogno di sfide, ha bisogno di mettersi alla prova, di rinforzare le proprie potenzialità e capacità. Ogni uomo, condividendo un sistema di valori comuni, dà significato e orientamento alla propria vita, evitando quindi di cadere in un insignificanza che lo condannerebbe ad una mortificazione esistenziale. Sostanzialmente non c è separazione netta e radicale tra individuo e società, perché la società non è altro che un complesso di individui che interagiscono positivamente tra di loro. Ora analizziamo le ricerche che si sono sviluppate sui soggetti con ritardo mentale. Dopo numerose ricerche si è giunti ad affermare che il ben-essere emozionale è quello più vicino alla felicità e i ricercatori nel campo della qualità della vita hanno paradossalmente fatto un grande lavoro di misurazione quantitativa ,chiedendo quanto soddisfatte le persone fossero come consumatori di lavoro ,residenze e altri servizi.
Diener, Oishi e Lucas hanno concluso che una maggiore disponibilità di denaro o di altre circostanze di vita sono ben poca cosa in relazione con la felicità complessiva. La psicologia positiva ritiene che la felicità e il ben-essere siano molto di più che la semplice assenza di preoccupazione o psicopatologia e che le persone con ritardo mentale pur essendo a più alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi, sono vulnerabili agli stessi disordini dell’umore, malattie psichiatriche e difficoltà di adattamento incontrate dalla popolazione.
Negli anni Settanta del secolo scorso Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale non avevano solo un “basso QI”, ma avevano anche una personalità distintiva e stili motivazionali che parzialmente derivavano dai loro aumentati indici di esperienze fallimentari e avevano minori aspettativa di successo,bassa motivazione alle sfide e per risolvere i problemi si affidavano molto più agli altri che a se stessi .