Si vive una vita intera,cercando di raggiungere l’ambita felicità.La si cerca disperatamente,in ogni luogo,occasione,possibilità.Voglio solo essere felice,questa è la risposta che solitamente si ha nel domandare:”ma tu cosa vuoi realmente della vita?”.La felicità,meta da raggiungere,percorso da attraversare,attimo sfuggente o infinito stato di benessere?In realtà cos’è la felicità?Domanda fatta e rifatta,in ogni epoca,in ogni piccolo angolo remoto del mondo.I filosofi,i poeti,gli intellettuali,hanno impiegato la loro vita nel tentativo cercare di definire il concetto di felicità,come raggiungerla,e come riuscire a matenere uno stato di felicità costante nel tempo.Aristotele afferma “la felicità è lo scopo ultimo della vita umana”,è senza dubbio l'obiettivo a cui ognuno di noi tende,ciò vuol dire che l’uomo è in continua ricerca,ricerca della felità.Il concetto di felicità però è molto complesso e sfuggente,esso compare in tutte le culture del mondo,visto sotto vari punti di vista.In primo luogo l’utilizzo di diverse parole per specificare vari stati d’animo ci fanno riflettere sul fatto che l’uomo ha voluto sottolineare l’importanza della distinzione tra un qualcosa di immediato come la gioia o il piacere,e un qualcosa di duraturo nel tempo come la soddisfazione e l’appagamento.Nel mondo pre-socratico,la felicità era strettamente legata alla sorte,alla fortuna,successivamente con la venuta di Socrate,poi di Platone e Aristotele,la concezione di felicità acquista un significato totalmente diverso,l’attenzione si sposta sul soggetto,è lui che con le sue scelte,può diventare felice,anche contro la sorte.Nettle ha distinto tre livelli di felicità,il primo livello è rappresentato della sensazione provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato,il secondo invece è una sorta di bilancio tra i piaceri e dolori provati nell’arco della propria vita,nel momento in cui ci si rende conto che le emozioni positive prevalgono su quelle negative,c’è la felicità di secondo livello,la felicità di terzo livello viene rappresentata da una vita in cui l’uomo realizza e prospera le proprie potenzialità.Il termine felicità viene spesso accostato a benessere,ancor più spesso a benessere soggettivo,quest’ultimo include sia una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita,sia una componente affettiva.Più in generale il benessere è stato definito come il vivere bene,sotto ogni punto di vista,mentale,spirituale,e fisico anche in presenza di una malattia che sia cronica o temporale,ed proprio il benessere in tutte lesue accezioni che diviene l’obiettivo principale da raggiungere della medicina.Le strade per il raggiungimento del benessere,della felicità e dello star bene,sono molteplici,una è quella scelta da Peterson ed è l’individualizzazione dei talenti personali e delle forze,la buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro,nelle relazioni,e nel tempo libero.La vita significativa,afferma Seligan,consiste nel usare le proprie forza al servizio di un qualcosa di più grande,trovare uno scopo,una meta da raggiungere.Infine Dykens denomina vita piacevole quella che massimizza le esperienze piacevoli e positive,la buona vita invece si ha quando gli individui sviluppano le loro capacità in attività da cui traggono piacere e a cui si appassionano e la vita significativa,è data dall’impegno delle proprie forze e virtù in attività che conducono al bene della comunità,degli altri.In questo percorso,l’educatore ha il compito di guidare l’individuo,di far si che riesca ad acquisire un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita,per riuscire ad affrontare scelte e adottare comportamenti consapevoli nella direzione della felicità.In tal modo sembra chiaro che ogni individuo può e deve raggiungere la felicità,ma se ciò è vero,perché non tutti sono felici?Canevaro afferma che il benessere dell’individuo dipende dal capitale sociale,ovvero l’insieme delle capacità che l’individuo ha di organizzarsi e adattarsi,grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano,con i contesti.Quindi non sono gli individui che sono di per sé svantaggiati ma lo diventano nell’ambiente sociale in cui vivono.Nell’ambito educativo è necessario far si che la persona riesca ad attivare il suo potenziale,e lo può fare solo attraverso la creazione di un ambiente che faciliti la messa in atto di tale potenziale.Chiarito questo punto,è doveroso per noi educatori impegnarci nel raggiungimento di tale obiettivo,con l’aiuto ovviamente del contesto sociale e culturale.Un mondo a cui ci stiamo avvicinando,che ci sta facendo maturare e che ci ha permesso di rivalutare la nostra visione della vita è quello disabile.Mi sto rendendo sempre più conto che quando si parla di un disabile,o della sua famiglia,è come se si parlasse di un’altra realtà,come se per loro esistesse un universo parallelo che non ci appartiene,lo vediamo distante,non vicino alla nostra di realtà.Spesso infatti l'idea di queste realtà "diverse", come si ama definire la famiglia con persona disabile e il disabile stesso, è accompagnata da molti aggettivi: persone speciali, eccezionali, forti, coraggiose... ma mai persone felici!Quindi sorge spontanea la domanda un disabile può essere felice?Bhe,la concezione di un disabile felice è lontana dal nostro immaginario comune,è come se dessimo per scontato il fatto che essere disali sia direttamente proporzionale all’essere infelici.A questo proposito ho voluto riportare un messaggio postato da un ragazzo disabile,su un forum,disabilifree.it che raccoglie sfoghi,testimonianze,e tanto altro.il titolo del messaggio è: “io,felice di essere disabile”susseguito da un messaggio toccante e dettato dal cuore:”Provocatorio, il titolo, vero? Però è proprio così.Sono diventato disabile due anni e mezzo fa in seguito ad un incidente stradale: paraplegia spastica incompleta a livello neurologico D5, è stato l'esito secondo i medici. Subito dopo l'incidente mi sono trovato in carrozzina: mia moglie mi ha lasciato e anche le amiche sono tutte sparite, era veramente un brutto periodo.Piano piano, però, grazie ai grandi e costanti progressi nella mia riabilitazione, sto provando quotidianamente dei momenti bellissimi che costelleranno la mia vita per sempre. Ma la cosa più importante è che ho conosciuto in rete una ragazza disabile come me e, dopo esserci incontrati varie volte, me ne sono innamorato. L'amore profondissimo e struggente che provo per lei mi ha portato a livelli di maturità, di consapevolezza e di felicità incredibili, mai provati prima. Non avrei mai creduto che sarei stato felice e sereno nelle mie condizioni. Se non avessi avuto l'incidente e non avessi conosciuto quella ragazza, certi aspetti della mia vita mi sarebbero stati preclusi per sempre ed io, privo di questa vastissima e inesplorata dimensione del mio essere che mi dà una forza incredibile e mi sta consentendo di vivere una vita felice piena di speranze per il futuro, sia riabilitativo che affettivo, avrei vissuto inutilmente.Per questo ringrazio ogni giorno di essere diventato disabile.”Dovevo riportare questa testimonianza,non solo di resilienza,ma di FELICITà allo stato puro.Qui non si parla di gioia,né di piacere momentaneo,si parla di felicità,la cosa che mi ha colpito ancor di più è che il suo amore non è ricambiato,come avevo pensato inzialmente,la “la sua lei” non vuole stare insieme a lui,perché non vuole accettare la sua di disabilità,parlarne le provoca sofferenza e ciò la ha portata alla rottura del rapporto,nonostante tutto lui è felice,perché è convinto che in qualche parte nel mondo ci sia il suo amore.Questa è la dimostrazione che la felicità non deriva da fattori esterni,né dal raggiungimento di un obiettivo,ma è una condizione che si raggiunge col tempo,ed è soggettiva.Inoltre è prova del fatto che tutti possono essere felici,anche gli straordinariamente-abili.Così è stato definito l’autore di questo messaggio,non diversamente abile,non disabile,né paraplegico,ma straordinariamente-abile,ed è così che d’ora in avanti li chiamerò. Benjamin Franklin aveva incastonato la felicità, come un gioiello, nell’Unanime Dichiarazione dei Tredici Stati Uniti d’America, dove si legge che a tutti gli uomini vanno riconosciuti il diritto «alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità».Il documento stabilisce che a ciascun individuo va garantita la possibilità di costruirsi la sua strada verso la felicità, mentre le Istituzioni Pubbliche si assumono il compito di tutelare la vita, la libertà e la sicurezza. Ed è giusto.Parlare di felicità nella società di oggi significa avventurarsi in un discorso molto complesso, e credo che tutte le persone abbiano la stessa tensione a realizzarla nella propria vita, indipendentemente dall’essere straordinariamente-abili o meno.Una disabilità può impedire a una persona di “fare qualcosa” ma non di “fare tutto” e questo ci rende tutti uguali, se consideriamo che ognuno di noi non sarà mai in grado di “fare tutto”.Si dice che i soldi non diano la felicità e in buona parte questo è vero, ma è anche vero che se a persone, in qualche modo svantaggiate dal punto di vista psico-fisico, andiamo a togliere anche le possibilità economiche, toglieremo loro automaticamente anche le pari opportunità a cui tutti abbiamo diritto, per intraprendere una vita dignitosa.Ma oggi tutti noi,dobbiamo riaffermare la priorità e il valore dell’inclusione sociale, le pari opportunità nell’accesso all’istruzione, alla formazione, all’occupazione, all’alloggio, ai servizi collettivi,all’assistenza sanitaria…per le persone straordinariamente-abili.Quello che conta nella vita è il benessere dell’individuo, la sua dignità e la soddisfazione del quotidiano, attraverso la creazione di situazioni il più possibile assimilabili a quelle in cui vivono le “persone normodotate”.In realtà ora si assiste alla riduzione dei diritti attualmente praticabili.Si parla molto di “qualità della vita” e sottolineo le parole “qualità” e “vita”: la prima fa pensare a valori come la relazione, il benessere e la salute; la seconda indica che si ha a che fare con gli aspetti prioritari dell’esistenza dell’uomo.La qualità della vita della persona straordinariamente-abile ,come quella di qualsiasi persona ,non dipende dalla sua condizione soggettiva, bensì dal livello di inclusione della società che la accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione (istruzione, ausili, servizi e così via), oltre naturalmente dai comportamenti, dai sostegni e dalle risorse della famiglia, dall’ambiente di vita.Nella maggioranza dei casi la persona con disabilità è svantaggiata perché la società non si preoccupa abbastanza che ci siano viaggiatori in sedia a rotelle, impiegati non vedenti, studenti sordi, persone autistiche,altre con enormi deficit:NON ABBIAMO ANCORA RISOLTO QUESTI ASPETTI.La felicità passa assolutamente dalla valorizzazione esistenziale della persona e dal diritto ad essere ciò che si è. Ieri disabili, oggi straordinariamente- abili e domani…normalmente felici,è questo quello a cui dobbiamo mirare,attraverso la motivazione,bisogna riuscire ad uscire dallo sconforto,dal senso di impotenza,e di inferiorità,che la società,lo sguardo delle persone,fanno si che prevalga sulla voglia di riscattarsi.Gli studi dimostrano che è la famiglia in primo luogo ad influenzare sullo sviluppo della persona straordinariamente-abile,in primis è la madre che aspettandosi un figlio “sano e bello”,resta scioccata nel vedere un figlio disabile.passa poi a una fase di accettazione e poi di rassegnazione,come se il bambino fosse destinato a non raggiungere chissà quali mete e peggio ancora a non essere “normale”.Ed proprio questo il primo ostacolo da superare,la famiglia è promotrice dell’autostima,dello sviluppo fisico e mentale del bambino,nel momento in cui è sfiduciata,questa sfiduacia si trasmette automaticamente al bambino stesso.Simona Atzori ad esempio ha più volte affermato che la famiglia le è sempre stata accanto,l’ha sempre sostenuta,spingendola a dare il meglio di sé,ed ora è una ballerina eccezionale,un’artista straordinaria,una donna di fede,una donna FELICE.Lo scopo della pedagogia è proprio quello di insegnare a stare bene,per questo vengono formati professionisti quali insegnanti,educatori,operatori sociali ecc che gestiscono relazioni di cura,aiuto e sostegno.Queste figure hanno lo scopo di promuore il benessere fisico e mentale dell’individuo,e sono coloro i quali lo accompagneranno nel cammino verso la felicità.