Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty ben-essere disabili.

    Messaggio  Annunziata Langella Ven Mag 18, 2012 5:58 pm

    La dottoressa Ghedin, nell'arco della sua carriera, ha affrontato numerose volte il tema della felicità, cercando di spiegare, prima a se stessa ed in seguito a tutti noi, cos'è e in che modo influenza la nostra esistenza. In particolare, in questo libro associa questo tema in relazione ad una situazione di disabilità, base sulla quale poggiare un discorso molto complesso e completo sul tema dell'educazione nella disabilità e l'influenza che il ben-essere ha su essa.
    In primo luogo, ha affrontato il termine “felicità”, la sua etimologia in diverse lingue, tutte portano più o meno alla buona sorte, a qualcosa che “accade”, dal latino invece si associa alla radice fe che ci riporta a fertile o femmina, tanto più che si parlava di terra felix (quando fertile). Nel senso più immediato, si tratta di un'emozione, una sensazione forte che procura gioia o piacere, anche se nell'insieme, “essere felice” nella vita è un po' frutto di un bilancio tra situazione positive e meno.
    Solo recentemente la psicologia si è interessata allo studio della relazione tra ben-essere e felicità. L'OMS, in merito, definisce la salute una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Ben-essere dal vivere bene, individuando talenti personali e traendone appagamento e soddisfazione, usando le proprie forza in modo proficuo, nel lavoro, nelle relazioni e nel tempo libero. In campo educativo, in buon uso della conoscenza della felicità, può significare adottare e favorire un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita, per poter gestire le proprie scelte ed adottare comportamenti più consapevoli. Ben-essere, quindi, equivale alla soddisfazione delle proprie esigenze.
    In quanto esserei viventi tendiamo alla complessità, quindi, la Ghedin, un po' come la Murdaca per il disagio, sottolinea l'importanza dell'ambiente, nello stato di soddisfazione personale. Per tanto, l'individuo non è svantaggiato di base, ma è l'ambiente che causa il suo disagio (o handicap) e quindi rende più complicato il raggiungimento di uno stato di ben-essere. Ognuno ha talenti e punti di forza che vanno evidenziati e rinforzati, l'educazione deve riattivare questa consapevolezza attraverso un ambiente facilitante.
    La società di oggi offre tanti piaceri, che risultano effimeri e tendono a svanire in fretta. Si prova piacere o felicità mentre si cerca di ottenere o si ottiene qualcosa, ma poi finisce. Quindi, è certamente utile vivere in un luogo adeguato o nutrirsi, ma possiamo definire la ricchezza un elemento non determinante per il raggiungimento della felicità, a dispetto del contesto relazionale ed a interazioni e condivisioni dei beni pubblici ed il rispetto dei propri simili, che invece hanno una notevole influenza sulla qualità della vita.
    Il ben-essere, in relazione alla specifica del testo, cioè nei disabili, ha subito molti sviluppi da metà del '900, quando uno studioso, Amartya Sen, propose l'apertura di centri di ospitalità per la reintegrazione dei disabili nella società. Purtroppo si rivelò un progetto mal sviluppato, visto che non ci fu reintegrazione e che queste scuole con il tempo vennero chiuse. Poi si svilupparono delle politiche educative speciali ed una rete di supporto alle famiglie, ma per promuovere il ben-essere nei disabili è necessario il senso di autonomia, unito alla capacità di fare le proprie scelte da poter condividere con gli altri, nella complessità relazionale.
    La felicità è dovuta sia a fattori interni che esterni, quindi buona parte della responsabilità va data ai genitori, che molto spesso non sono pronti alle condizioni di disabilità dei propri figli e sono molto più soggette allo stress, quindi incidendo notevolmente sul loro livello di autostima. I bambini con ritardo mentale, infatti, hanno anche una bassa autostima dovuta alle continue esperienze di fallimento. Bisognerebbe sviluppare percezioni positive per avere una migliore qualità della vita familiare ed avere come obbiettivo quello di sviluppare il potenziale del proprio figlio, come nel caso dell'Atzori, dove il sostegno della famiglia è stato determinante ai fini dello sviluppo di quello stato di resilienza, che le ha dato la possibilità di affrontare i problemi con estrema determinazione. Come già detto, ciò che rende “felice” il soggetto è poter usare le proprie risorse, essere competente nel proprio ambiente, bisogna favorire il suo SENSO DI AUTOEFFICACIA e renderlo autonomo nel gestire la propria vita.
    Con il tempo, anche lo Stato ha sviluppato un certo interesse nell'agevolare le condizioni di vita del disabile, con l'emanazione di leggi in merito, ad esempio in Italia, c'è la legge 104/92, che offre ai disabili gli stessi diritti di accesso ai posti pubblici.
    Nell'ambito delle ricerche sulla felicità, svolte dalla Dottoressa Ghedin, è molto forte la traccia delle considerazioni sugli scritti della Iavarone, che nel suo Educare al benessere, affronta il tema come strumento per educatori ed insegnanti. Prima, ci mostra la mutabilità della percezione di questa sensazione, sia in nei tempi che nei luoghi, per episodi specifici o per situazioni più durature. Quindi, ci riporta all'importanza dell'ambiente ed all'importanza del saperlo leggere ed interpretare, come pure saper interpretare i propri desideri, per poter costruire uno stato di ben-essere personale, sottolineando l'impossibilità di poter essere minimizzato allo stato fisico o economico, perché lo stato di ben-essere è multicomponenziale, multidirezionale, multidirezionale. Al giorno d'oggi, però, il possesso di "tutto" produce incapacità a desiderare "qualcosa" in particolare e, dal momento che l'identità di un individuo si struttura proprio a partire dalla capacità di desiderare, di avere obiettivi da raggiungere, di esprimere una progettualità propria, ecco che il processo di costruzione dell'identità personale viene esposto ad una potenziale crisi di crescita che può comprometterne lo sviluppo in maniera irreversibile. Allo scopo di prevenire tale rischio, l'impegno sul fronte educativo appare necessario, soprattutto allo sviluppo di progetti esistenziali dei singoli individui, alle programmazioni politiche ed economiche di interi paesi, sino ai piani di sviluppo di tutto il pianeta.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Nunzia D'Amore Ven Mag 18, 2012 6:46 pm

    Il tema della felicità ha rappresentato,per centinaia di anni,la base dei dibattito filosofico,religioso ed educativo.Il concetto di felicità è presente in ogni cultura;molte lingue distinguono tra qualcosa di immediati,come la gioia o il piacere,e qualcosa di più durevole come la soddisfazione o l'appagamento.Nella cultura mitica del mondo pre-socratico Eudaimonia derivava da "buon demone"(una buona sorte).In quel contesto la felicità era legata alla fortuna.Questo significato è stato mantenuto anche dalle moderne lingue anglosassoni:in tedesco "gluck" significa sia felicità che fortuna,in inglese "happiness" deriva da to happen che significa accadere-capitare.La radice della parola felicità deriva invece dal prefisso indoeuropeo "fe",da cui deriva fecundus tanto che i latini parlavano di terra felix quando il raccolto era stato fertile.Con Socrate,Platone e Aristotele,la parola eudaimonia prende un nuovo significato,e si inizia a sostenere che l'uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice,anche contro la sorte.In particolare in Aristotele essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto,ma la felicità è connessa al portare a compimento l'intera vita,ed è connessa all'etica e alla virtù.
    Nettle distingue la felicità in tre livelli:la felicità per aver ottenuto qualcosa di desiderato(Felicità di primo livello;la felicità che riguarda i giudizi sul bilancio delle sensazioni(felicità di secondo livello);felicità che si realizza per le vere potenzialità(felicità di terzo livello).
    Esiste poi una forma di felicità,sviluppata da Csìkszentmihàlyi,che passa attraverso esperienze in cui siamo impegnati e nel "flusso".Il concetto di flusso comprende quei momenti in cui siamo impegnati su compiti stimolanti che mettono alla prova le nostre abilità.Questo stato impegnato è stato esaminato come possibile sentiero verso la felicità ed espande il concetto di felicità e ben-essere al di la dello stato di piacere.Questo passaggio è molto significativo in particolare con riferimento alla prospettiva educativa perchè offre una riflessione sul possibile ruolo che gli insegnanti dovrebbero avere nell'educazione di tutti i bambini.Un educatore che crea le condizioni che rendono le persone in grado di scegliere di apprendere e che rende questo apprendimento un'esperienza piacevole e pone le basi per leggere il mondo con curiosità ed interesse.
    Spesso i termini felicità e ben-essere sono stati confusi;il ben-essere è stato definito "vivere bene",da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico,anche in presenta di una malattia.Canevaro afferma che in ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione ma al capitale sociale, cioè all'insieme di capacità che l'individuo ha di organizzarsi grazie a elementi e strutture che lo circondano.
    Nella metà del 1800 Edouard Seguin, medico francese, realizzò la prima scuola per bambini disabili.Seguin affermò che i bambini con disabilità potessero essere educati e assumere il loro giusto ruolo nella società.Questo modello di scuola si diffuse velocemente ma con il passare del tempo queste scuole cambiarono drasticamente obiettivo.Le scuole diventarono meno educative e più affidatarie e posti per tenere le persone lontane dalla società.
    Ecco allora che si cerca di promuovere il benessere delle persone disabili, considerandolo una persona determinata dalla capacità di autonomia, basti pensare alla domotica che è la tecnologia delle comodità e della sicurezza. Le case, gli edifici possono essere a misura delle persone che le vivono.Attraverso un sistema centralizzato di comandi,le persone disabili potranno impartire comandi, monitorare alcuni parametri ambientali, ad esempio rilevare la presenza di fumo, perdite d'acqua o di gas, ma anche utilizzare l'interfono, il videocitofono o il campanello d'allarme. Questo sistema è collegato all'ambiente esterno attraverso una rete informatica di messaggi telefonici preregistrati, sms, pagine web o mail che consente di monitorare il sistema e quindi lo stato dell'ambiente anche dall'esterno. Grazie a questa nuova tecnologia delle piccole comodità diventano grandi aiuti, fondamentali per i diversamente abili nel riconquistare l'autonomia e l'autostima.Tuttavia c'è da dire che nella determinazione dello stato di ben-essere di una persona l'aspetto relazionale risulta importante soprattutto al modo con cui si guarda alla vita e ai rapporti che si costruiscono,basti pensare alla relazione educativa.In questa prospettiva penso sia importante riportare ciò che afferma la prof. Iavarone "La capacità di saper leggere l'ambiente, di interpretare correttamente i propri bisogni, dare forma e nome ai propri desideri e saperli perseguire con una sana progettualità rappresentano,quindi, alcune delle condizioni per conseguire un progetto di ben-essere personale e sociale realistico e contestualizzato".
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty “Vivere per gli altri non è soltanto la legge del dovere, è anche la legge della felicità” .

    Messaggio  SERAFINA CILIENTO Ven Mag 18, 2012 6:49 pm

    Voglio partire proprio da questa frase di Auguste Comte perché credo che dedicare la vita a far del bene,ad aiutare faccia star bene e porti alla felicità. Il sorriso di un mio familiare o di una qualsiasi persona mi regala la felicità. Nelle culture contemporanee le persone stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici. Non c’è una definizione del temine “felicità” pur comparendo in ogni cultura e in ogni tempo. Cos’è la felicità? Eudaimonia originariamente derivava da “buon demone”,significava avere un buon demone,una buona sorte. Questo significato originario è stato mantenuto nelle moderne lingue anglosassoni: ”glück”= fortuna, felicità(tedesco);”happiness”= da “to happen” accadere, capitare(inglese). Con Socrate,Platone ed Aristotele la parola eudaimonia assume significati nuovi si inizia ad affermare ch l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice anche contro la fortuna.La felicità è connessa al portare a compimento l’intera vita. Nettle (2007) definisce il senso della felicità secondo tre livelli:a)il senso più immediato e diretto di felicità implica un emozione o una sensazione,qualcosa come gioia o piacere;b)quando le persone affermano di essere felici della loro vita ,intendono dire che facendo un bilancio percepiscono che hanno sperimentato più piaceri o emozioni positive che negative (soddisfazione per la propria vita);c) Esiste poi un senso di felicità più ampio che è l’ideale aristotelico del vivere bene,si intende una vita in cui la persona realizza le proprie potenzialità. Carol RYff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge una serie di elementi:felicità,crescita personale,finalità,padronanza del proprio ambente,franchezza con se stessi,elementi di piacere e di assenza di dolore. L’organizzazione mondiale della sanità(OMS) ha indicato come obiettivo principale della medicina la salute e ha affermato che la condizione di salute è determinata da un benessere fisico , psicologico e sociale. Spesso i termini “felicità” e “ben-essere” sono stati confusi. Il termine benessere ha una valenza scientifica. Il benessere soggettivo include:una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita e una componente affettiva che è suddivisa, a sua volta, nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo.Il benessere è stato definito “vivere bene, anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica”. Canevaro (2007)afferma che il ben-essere deriva dall’insieme di capacità di organizzarsi e adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano. Delle Fave afferma che è fondamentale che ciascun individuo venga visto come capace di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale per tutti i membri della comunità anche quelli più svantaggiati. Infatti ella afferma che queste persone diventano svantaggiate perché c’è qualche discrepanza rispetto alle aspettative e alle regole sociali. La professoressa Iavorone afferma che: <<Il benessere segue più direzioni e la sua percezione,da parte del soggetto,cambia sia nei diversi “tempi”della vita che nei suoi diversi ”luoghi”. Il ben-essere possiede più dimensioni in quanto il desiderio di ben-essere si trasforma sia sincronicamente,in concomitanza con un episodio particolare in un determinato momento dell’esistenza di un individuo,sia diacronicamente se il processo di tensione al ben-essere lo si riduce a una fase o a un intervallo di tempo più lungo della vita di un soggetto>>.Inoltre afferma che il benessere si regge sul convincimento che “imparare a star bene” possa essere insegnato affinché i soggetti acquistino la capacità di costruire da se stessi il proprio personale benessere favorendo una buona salute,resilienza,crescita psicologica e particolari processi di comunicazione tesi a sviluppare l’autonomia delle persone coinvolte. La formazione al benessere deve consistere in una sensibilizzazione di tutti al benessere, basata sull’idea che tutti possiamo imparare a star meglio e che il benessere non è soltanto una questione di quantità di risorse ma soprattutto di qualità di scelte, individuali e sociali. Nell’800 Edouard Seguin guidò la prima scuola per bambini disabili per far sì che anche loro potessero assumere il giusto ruolo nella società. Purtroppo nel corso del tempo queste scuole hanno modificato il loro obiettivo,trasformandosi in luoghi meno educativi e più affidatari. Invece che favorire l’integrazione, isolavano i disabili dalla società favorendo il sovraffollamento e l’abbandono. Dopo tanti anni queste istituzioni sono state chiuse e c’è stata la completa inclusione con servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie. In questa direzione si cerca di promuovere il ben-essere delle persone disabili. A partire dai soggetti e dalla forza che essi esprimono più che le loro debolezze cambia il modo di concepire l’intervento. L’obiettivo non è solo quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi, lavarsi, ma e soprattutto, possiamo attingere alle loro potenzialità e alle capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere. La professoressa Iavarone afferma che il ben-essere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale, multi direzionale, multidimensionale. Ci sono stati dei filoni di ricerca che hanno contribuito al benessere nella disabilità. Secondo gli esperti la qualità della vita comprenderebbe:ben-essere emozionale,relazioni interpersonali,ben-essere materiale,ben-essere fisico,autodeterminazione, inclusione sociale e diritti. Il ben-essere emozionale sembra quello più vicino alla felicità. Migliorare le condizioni di vita oggettive di vita delle persone con disabilità è la cosa giusta da fare in una società equa. Infatti i disabili che non hanno barriere architettoniche vivono di certo meglio dei paesi in cui non si fa attenzione a questo grosso problema. La stessa professoressa in aula ci ha raccontato di quando in un viaggio in Olanda(se non erro) si sia meravigliata del fatto che passavano circa cinque carrozzelle ogni dieci minuti,qui non potrebbero,hanno ostacoli dovunque. I ricercatori proprio per questo devono focalizzarsi sull’alleviare i problemi delle persone disabili. Negli anni settanta del secolo scorso Zigler scoprì che i bambini con ritardo mentale rispetto ai loro coetanei normodotati,avevano migliori aspettative di successo, bassa motivazione alle sfide e si affidavano molto di più agli altri invece che a se stessi per la soluzione di problemi. La famiglia ha il complesso compito di accompagnare il bambino con disabilità nel suo percorso di vita, aiutandolo a gestire la disabilità e ad integrarsi nei diversi contesti sociali e culturali quali l’ambiente scolastico e successivamente l’ambiente lavorativo. Dall’aiuto proveniente dalla famiglia e dai servizi socio-sanitari dipenderanno il grado di autonomia ed il livello di integrazione nel tessuto sociale che il bambino riuscirà a raggiungere nella crescita. In questo compito così impegnativo, le famiglie manifestano la necessità di occasioni di incontro e di confronto con gli operatori socio-sanitari, educatori e con altri familiari che condividono situazioni simili, per essere messi in condizione di affrontare con risorse maggiori le difficoltà connesse alla disabilità del loro figlio e di prendere le scelte necessarie con maggiore consapevolezza. Il vissuto emotivo di sofferenza manifestato dalle famiglie con figli disabili necessita di un accompagnamento e di strumenti di elaborazione in grado di aprire nuove possibilità e nuovi orizzonti per far fronte alle difficoltà. In aula abbiamo visto alcuni ausili come la casa domotica(fondamentale per l’autonomia di un soggetto disabile),le protesi,il computer di sostegno Fogarolo. In Italia è stata fondamentale la Legge 104 che offre alle persone disabili gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici dei normodotati,come il lavoro,i trasporti,l’educazione. Bisogna formare diversi professionisti che sappiano gestire relazioni di cura,sostegno e aiuto perché tutti abbiamo il diritto di star bene ed essere felici. Il diritto può essere esercitato quando le persone vengono aiutate a ricorrere alle proprie risorse e a sviluppare la capacità di acquisire forza e potere nel determinare il proprio stato di ben-essere. La Professoressa Iavarone afferma che la pedagogia,in particolare quella speciale,ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto,occupandosi della sua istruzione ed educazione,tutelando la salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale. Credo proprio che la gente non sia indifferente alla sofferenza altrui. Altrimenti perché ci sarebbero tante associazioni di volontariato, volontari, medici, infermieri,educatori che fanno il loro lavoro con passione? Per la società odierna la felicità sembra essere garantita solamente dal benessere materiale e dalla prestanza fisica,basti pensare all’ambito della cura del corpo. Io credo che la felicità sia una scelta,sia la scelta di vivere in primis,ma di farlo a colori(per colori intendo le emozioni)perché sono le emozioni che ci fanno gustare la vita. Ogni singola emozione ci fa sentire vivo,da esse traiamo gli stimoli che muovono le nostre giornate. L'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità .Vorrei portare tutte le persone che si lamentano del per cose futili in un ospedale,dove la gente si batte per vivere e non si lamenta. Credo che il ben-essere del disabile dipenda dalla resilienza e dalla pazienza,basti pensare alla Atzori o Pistorius.Consiglio a tutti di leggere una poesia per me molto bella,la leggo quando ho bisogno di forza."Lentamente muore"(P. Neruda)


    Ultima modifica di SERAFINA CILIENTO il Sab Mag 19, 2012 9:40 am - modificato 1 volta.
    Rossella Ascione
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Rossella Ascione Ven Mag 18, 2012 7:59 pm

    1 (se hai scelto il cap 1 Ben-essere nella disabilità)
    Parla del benessere, della felicità della soddisfazione rifacendoti agli autori e alle questioni proposte da Ghedin soffermandoti sul benessere per le persone con disabilità.
    Svolgi il tuo lavoro ricollegandoti ai lavori della prof. M.L. Iavarone
    e ad uno o più forum che hai svolto.


    La radice della parola felicità deriva dal prefisso indoeuropeo “fe” da cui deriva “fecundus” , “femina” , “felix” termine usato dai latini per indicare una stagione fertile . Ciò fa pensare che il termine felicità abbia a che fare con situazioni migliori e di prosperità.
    La felicità è connessa , in questi termini , al portare a compimento l’intera vita , non all’attimo fuggente in cui si prova piacere, e corrisponde al concetto aristoteliano ‘eudaimonia’.
    Nettle classifica il concetto di felicità in tre livelli:
    Primo- il termine felicità si identifica con la sensazione provocata dal raggiungimento di uno stato di desiderato che non coinvolge mota cognizione, e si identifica con i termini “appagamento” e soddisfazione.
    Secondo- la felicità è intesa a comprendere anche processi cognitivi più complessi , quale il paragone con i possibili risultati alternativi .
    Terzo-la felicità corrisponde alla vita in cui una persona prospera o realizza le proprie vere potenzialità.
    La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il benessere umano coinvolge un insieme di elementi , che comprende crescita personale , franchezza con se stessi , una sorta di felicità più ristretta .
    Spesso i termini felicità e benessere soggettivo sono stati utilizzati come intercambiabili .
    Da un punto di vista psicologico il benessere è stato definito ‘vivere bene’ , la vita buona consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo , usare le proprie forze al servizio di uno scopo più grande . Significativa il tal senso è la teoria di Seligman della felicità autentica rapportata alla buona vita, alla vita piacevole e significativa, che si costruisce sulle concezioni eudaimonica e edonica della felicità .
    Da un punto di vista edonistico la felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore , dal punto di vista eudaimonico corrisponde all’attualizzazione del potenziale dell’individuo e dal perseguimento del proprio sé.
    Altra teoria avvincente è quella del “flusso” di Csikszentmihalyi .Il flusso è lo stato di impegno , felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e intrinsecamente motivante . Questo stato è stato interpretato come un possibile sentiero verso la felicità . Questo passaggio è molto significativo in particolare con riferimento alla prospettiva educativa perché offre una riflessiva sul possibile ruolo che gli insegnati dovrebbero avere nell’educazione di tutti i bambini . Un educatore deve creare le condizioni che rendono le persone in grado di scegliere di apprendere e che rende questo apprendimento un’esperienza piacevole . L’obbiettivo prioritario è quello di favorire l’adozione di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita .
    Un’attenzione particolare va al ben-essere nell’ambito della disabilità .
    Già nella metà del 1800 gli interessi verso questa condizione di vita erano arrivata all’attenzione di molti pensatori tra cui Edouard Seguin .
    Seguin promosse la visione progressista che i bambini con disabilità potessero essere appropriatamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società .Tuttavia, invece di favorire il ritorno delle persone nella società e promuovere le istituzioni necessarie , si favorì l’allontanamento e l’isolamento dal contesto sociale.
    A partire dagli anni Cinquanta Sessanta si iniziò ad ampliare il concetto di normalizzazione ,soprattutto da parte delle famiglie interessate. Negli anni passati si è verificata una vera e propria inclusione nella società , grazie a nuovi programmi che si sono avvicinati al concetto di autodeterminazione, così da rendere le persone disabili capaci di compiere scelte inerenti la loro vita .Costruire a partire dalla forza dei soggetti e dalla forza che esprimono piuttosto che dalle debolezze , si conferma come una sostanziale inversione di tendenza rispetto al modo di concepire l’intervento in termini tradizionali .L’aiuto esterno dell’operatore deve consistere nel facilitare l’adempimento delle funzioni quotidiane il completa autonomia . Ma cosa significa per un disabile avere una buona qualità di vita? Essa comprende tutte le esperienze di vita esterne e oggettive vissute dalle persone con disabilità nei molteplici domini, ben-essere emozionale , relazioni interpersonali , autodeterminazione ecc.
    Di queste dimensioni il benessere emozionale sembra essere quello più visino alla felicità . Come sostengono autori come , Diener , Lyubomirsky e molti altri , migliorare le condizioni di vita oggettive delle persone con disabilità è la giusta cosa da fare in una società equa .
    Per buone ragioni i ricercatori si sono concentrati sull’alleviare i problemi in persone con disabilità , e non nel promuovere stati positivi. Dalle ricerche emerse tali stati potrebbero ,come l’attenuazione di sintomi negativi , aiutare le persone con disabilità al affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita di ogni giorno .
    L’immagine pubblica delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità di vita, non rendendosi conto che spesso ciò è dovuta alla totale assenza di strumenti di supporto da parte delle istituzioni.
    Tuttavia nella società occidentale il diritto a star bene sembra essere giustamente divenuto qualcosa di più legittimo e facilmente attingibile. La pedagogia ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto , tutelando la sua salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale.




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    maria.lancellotti


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  maria.lancellotti Ven Mag 18, 2012 8:54 pm

    capitolo 1:BEN-ESSERE NELLA DISABILITA'
    Tutti la cercano,la desiderano e la sognano ... ma che cos’è la felicità?
    Il concetto di felicità è sfuggente:ci sono culture che la stimano come qualcosa di immediato come la gioia e piacere,altre come qualcosa di più durevole e significativo e quindi soddisfazione e appagamento.C’è dunque una forte ambiguità intorno a questo termine,a partire dal mondo antico in cui da una parte c’era la mitologia che parlava di eudaimonia-felicità come buona sorte e quindi legata alla fortuna;dall’altra i filosofi dell’antica Grecia come Socrate,Aristotele e Platone che affidavano la possibilità di raggiungere la felicità all’uomo stesso,con le sue scelte e la sua libertà o meglio con l’etica e la virtù,non in senso moralistico, ma di azione.
    Oggi si è giunti a “classificare” la felicità in tre livelli:quella del primo livello riguarda le emozioni transitorie come appunto il piacere momentaneo;quella del secondo corrisponde a quei sentimenti di appagamento e soddisfazione che possono scaturire da un bilancio della propria vita ed infine la felicità di terzo livello che si connette con l’ideale Aristotelico del “vivere bene”.
    Un’altro interrogativo relativo alla felicità che spesso l’uomo si chiede è come raggiungerla;a riguardo la psicologia positiva ci ha suggerito la via che porta a quella felicità duratura e non fuggente:bisogna per essere sereni individuare talenti personali e forze,e sfruttare queste in modo proficuo nel lavoro,nelle relazioni e in generale in quelle attività da cui l’individuo trae piacere e di cui è appassionato.In tal modo con le passioni,si giunge a trovare significato e scopo nella vita,a dare un senso alla propria esistenza,raggiungendo uno stato di tranquillità ed equilibro.
    Spesso il termine felicità viene interscambiato con “ben-essere soggettivo” che è un concetto più scientifico e complesso.Infatti il ben-essere è stato definito come vivere bene dal punto di vista psicologico,spirituale e fisico,anche in presenza di una malattia temporanea o cronica.
    Per realizzare tale ben-essere il soggetto ha bisogno di soddisfare non solo i bisogni primari come nutrirsi,ma anche il suo essere sociale in quanto uomo, instaurando rapporti con l’altro e condividendo il bene pubblico.
    A questo proposito Canevaro afferma che il ben-essere dell’individuo non è legato alla sua condizione individuale,quanto a quello che oggi è chiamato il “capitale sociale”,cioè a quel bagaglio relazionale e valoriale che un soggetto costruisce nel corso della sua esistenza in una determinata società.
    Pertanto,il ben-essere scaturisce dalla risultante dell’integrazione tra i sistemi biologico,psichico e sociale,in quanto non dipende solo dal corretto funzionamento di organi,ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro,dal tempo libero e dalla condizione dell’ambiente.
    Tutti i membri della comunità hanno diritto a “costruirsi” e vivere il ben-essere, inclusi i gruppi svantaggiati come gli anziani, gli immigrati e le persone con disabilità. A quest’ultimi tale diritto è stato riconosciuto dopo un lungo iter,in quanto negli anni 50’,60’ del secolo scorso le istituzioni che assistevano i bambini e adulti con disabilità non avevano finalità educative,ma solo caritatevoli,poiché erano posti per tenere questi individui lontani da una società meno indulgente e accettante.
    Solo successivamente,o meglio negli ultimi anni, sono stati promossi programmi di inclusioni nella comunità,mirati a realizzare nel disabile l’autodeterminazione,cioè l’autonomia e la libertà personale.L’obiettivo era e rimane quello di far si che queste persone siano non solo in grado di mangiare, vestirsi,lavarsi ma soprattutto di attingere alle proprie potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere.In questa direzione si cerca di promuovere il ben-essere nella disabilità,un ben-essere non fisico-economico,legato alle condizioni esterne di vita,ma un ben-essere soprattutto interiore.
    Infatti diverse ricerche condotte su persone con ritardo mentali hanno dimostrato che migliorare gli indici esterni della vita possono non condurre ad uno stato durevole di felicità.
    Inoltre,altre indagini condotte sulle famiglie con figli disabili hanno messo in risalto come le percezioni positive di una madre e in generale della famiglia possono migliorare la qualità della vita familiare,in quanto sviluppano processi di coping(strategie)che permettono a queste persone di fronteggiare gli eventi traumatici e stressanti che la disabilità può comportare.
    Concludo affermando che il ben-essere può essere insegnato da diversi professionisti come insegnati ed educatori,in quanto come sostiene Iavone la pedagogia e in particolare quella sociale si concentra sulla qualità della vita del soggetto,sulla sua salute,istruzione e sviluppo non solo fisico ma soprattutto psicosociale.


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty c'è sempre un motivo per essere felici...

    Messaggio  cavagnuolo giuseppina91 Ven Mag 18, 2012 8:55 pm

    Tutti gli esseri umani vivono e lottano per il raggiungimento della felicità e del benessere,cioè del vivere una buona vita,e tutti noi siamo alla ricerca dei mezzi attraverso i quali possiamo raggiungerli.tra le varie discipline anche la psicologia si è occupata di essi,essa tradizionalmente si è focalizzata sul cercare di alleviare malattie mentali e patologie,oggi invece si incentra sugli aspetti positivi della vità,in particolare la psicologia positiva si è occupata delle situazioni che portano felicità agli individui,di cosa permette alle persone di essere felici e appagati.il concetto di felicità compare in ogni cultura,alcune lingue distinguono tra qualcosa di immediato,come la gioia e il piacere e qualcosa di più durevole come la soddisfazione.nella cultura mitica e nel mondo presocratico il termine eudaimonia derivava da buon demone,essere felice significava avere un buon demone,buona sorte ,quindi essa era legata alla fortuna,questo significato è tuttora mantenuto nelle lingue moderne anglosassoni,per esempio in tedesco il termine “gluck “significa sia felicità che fortuna.con socrate,platone e aristotele la parola eudaimonia assume nuovi significati e sta ad indicare che l’uomo con le sue scelte e con le sue abilità può diventare felice,la felicità infatti è collegata al portare a compimento la nostra vita non con il piacere che si prova in quel momento e non è duraturo ma con l’appagamento e la soddisfazione,per eudaimonia quindi si intende una vita in cui la persona realizza le sue potenzialità.la psicologa carol ryff sostiene che il benessere umano coinvolge un insieme di elementi che comprende la crescita personale,la padronanza del proprio ambiente e anche il piacere e l’assenza del dolore,l’oms(l’organizzazione mondiale della sanità) ha indicato la salute come una condizione di benessere fisico,psicologico e sociale,quindi comprende tutti gli aspetti della vita e il benessere generale dell’individuo.inoltre vi è il benessere soggettivo che include una componente cognitiva,la quale valuta l’intera soddisfazione di vita e una componente affettiva che dipende dalla presenza di affetto positivo e dall’assenza di affetto negativo,a livello individuale le caratteristiche positive personali,come il benessere soggettivo,l’ottimismo,la felicità e l’autodeterminazione sono elementi che contribuiscono al benessere,a livello contestuale,il supporto sociale,il senso di appartenenza e l’armonia con l’ambiente di vita sono i fattori esterni che contribuiscono al benessere,in generale il benessere è stato definito come il vivere bene che include gli aspetto psicologici,sociali,spirituali e fisici anche se si è affetti da una malattia croniaca o temporanea.gli studiosi hanno proposto diverse strade che conducono alla felicità,seligman per esempio afferma che una persona può avere emozioni positive riguardo al passato ,come la soddisfazione e emozioni positive riguardo al futuro,come la speranza e l’ottimismo,le emozioni positive nel presente sono basati su piaceri momentanei,come mangiare un gelato.la buona vita,quindi il benessere,consiste nell’usare le proprie doti e potenziarle in modo efficace nel lavoro,nelle relazioni e nel tempo libero per trovare significato e scopo nella vita.importante è la teoria della felicità di seligman che integra le concezioni eudaimonica ed edonica della felicità,per la concezionie edonica la vita piacevole è quella che massimizza le cose belle e si verifica quando queste sono maggiori rispetto alle esperienze dolorose,per la concezione eudaimonica la buona vita si ha quando gli individui riconoscono e sviluppano le loro forze in attività da cui l’individuo è appagato,quindi per questa concezione la felicità non risulta dalla ricerca del piacere ma dallo sviluppo delle caratteristiche individuali.molti studiosi ritengono che vi sia una relazione tra il benessere del singolo e lo sviluppo della collettività,importanti sono le risorse che il singolo e la collettività possiedono ma ancora più importante è soprattutto il contesto relazionale in cui le persone vivono,i rapporti che instaurano tra di loro,e la partecipazione alla vita sociale,l’individuo nel corso della vita costruisce il suo corredo culturale attraverso l’acquisizone di informazioni dall’ambiente esterno,quindi lo sviluppo individuale è legato a quello sociale.la Delle Fave ritiene che è indispensabile considerare che ogni individuo è un fattore di cambiamento e di sviluppo della comunità,questo però vale per tutti i membri di essa anche per le persone con disabilità,gli anziani e le minoranze,essi non sono di per sé svantaggiati ma lo diventano in un contesto sociale in cui la loro situazione porti conseguenze svantaggiose in quanto questi si discostano dalla norma.ogni individuo deve essere incoraggiato alla felicità,alla “buona vita”,deve essere aiutato dalla famiglia e dall’educatore che devono fargli individuare e a valorizzare le proprie potenzialità,ogni individuo è unico e irripetibile,come ho più volte ribadito nei miei commenti,con le sue caratteristiche,e per questo tutti abbiamo il diritto di diventare quello che vogliamo.per Iavarone la percezione del benessere cambia sia in senso verticale,cioè nei diversi tempi della vita,sia in senso orizzontale,cioè nei diversi luoghi in cui essa si svolge,il benessere è considerato sia in senso sincronico,cioè contemporaneamente ad un episodio particolare in uno specifico momento della vita e sia in senso diacronico,cioè se la ricerca del benessere si lega a un periodo di tempo più lungo della vita di un soggetto.per quanto riguarda il benessere delle persone con disabilità questo prima era preso poco in considerazione dalle varie istituzioni,molti bambini e adulti con disabilità prima venivano assistiti in istituzioni,le quali ritenevano che potessero essere educati in un modo specifico e diverso dalle persone normodotate e che potessero avere un ruolo nella società,però con il tempo queste scuole divennero meno educative e più affidatarie allontanando e isolando le persone con disabilità dalla società.fortunatamente con il tempo tutto questo è stato superato con politiche che integrano il soggetto nella società attraverso servizi di educazione speciale e supporto per le famiglie,sono stati introdotti dei programmi a favore dell’autodeterminazione che mira a dare autonomia alle persone con disabilità,gli educatori attraverso questi programmi e un costante lavoro evidenziano le potenzialità e non le debolezze del disabile,lo aiutano a relazionarsi con il mondo e a farlo realizzare i suoi desideri per il raggiungimento del benessere,la qualità della vita comprende le esperienze di vita esterne e oggettive vissute dai disabili ma anche i loro livelli soggettivi di soddisfazione con quelle esperienze.molti studiosi ritenevano che fossero maggiormente i fattori esterni a rendere felici le persone disabili ma in realtà è stato dimostrato che la felicità è dovuta all’interazione dei fattori interni e di quelli esterni e quindi la considerazione solo dei fattori esterni non indicava il sentimento di benessere della persona.però ci sono dei fattori che impediscono il raggiungimento del benessere come i sintomi di disadattamento psichiatrici,tra i quali troviamo i disordini dell’umore e le malattie psichiatriche, per cercare di superare questi ostacoli deve esserci la promozione di sentimenti positivi,molto spesso le persone con disabilità hanno una bassa autostima e tendono a sentirsi impotenti e a cadere in depressione e questo dovrebbe essere superato con l’aiuto degli educatori che dovrebbere far sviluppare il sentimento di potenza e dell’autoefficacia.la famiglia quando apprende che il suo bambino è nato con delle disabilità sprofonda nell’angoscia ma ci sono anche molte famiglie che dopo aver accettato la situazione hanno affermato che avere un figlio disabile ha arricchito le loro vite,quindi hanno assunto degli atteggiamenti positivi per fronteggiare i vari problemi influenzando così in senso positivo lo sviluppo del proprio bambino e quindi migliorando la qualità della sua vita.ovviamente i genitori avranno i loro momenti di stress ma è importante che questi cerchino di superarli proponendo sensazioni positive e aiutino in ogni modo il loro bambino a diventare felici.ma non solo i genitori,la società e lo stato devono impegnarsi per i disabili per migliorare la qualità della loro vita nell’ambito privato e sociale e anche in quello lavorativo.Iavarone a tal proposito è convinto che imparare a stare bene possa essere insegnato dalla famiglia ma anche e soprattutto dai professionisti che sostengono e curano il soggetto occupandosi della sua istruzione,ma anche della sua educazione,quindi in modo totale sia fisico che sociale.il tema riguardante la disabilità l’ho affrontato molte volte nei commenti che la professoressa ci ha fatto fare…questo tema ogni volta che l’abbiamo affrontato mi ha portato tanta tristezza,ogni persona che ho avuto il piacere di conoscere grazie al corso,ha problematiche davvero pesanti,come la cecità che ho avuto modo di conoscere attraverso l’incontro con il professore palladino,o con l’associazione u.n.i.vo.c o con la simulazione della benda che ho fatto in aula,come le gravi menomazioni di simona atzori o di oscar pistorius,come la paralisi della parte destra del corpo della dolce signora tina,o come il video che ci mostrava le molte,troppe barriere architettoniche che le persone disabili sono costrette ad afforontare ogni giorno,o come l’autismo che ho conosciuto grazie a nunzia giglio e l’associazione autism aid onlus,tutto questo come ho detto prima mi ha portato tanta angoscia,ogni volta ho provato a primo impatto un profondo senso di impotenza,ho pensato che non si potesse fare niente,che nulla li avrebbe reso felici o gli avrebbe dato benessere,ma questi pensieri sono svaniti quando li ho sentiti parlare o mi hanno descritto la loro storia,ho capito che le difficoltà ci sono e sono pesanti,che la società ad oggi non fa niente per aiutarli a migliorare la qualità della loro vita,ma ho poi avuto modo di capire con meraviglia e felicità che con tanto impegno e con tante persone buone,e un esempio per me sono state tutte le persone che ho incontrato durante questo corso,e anche con l’aiuto di professionisti ed educatori si può fare qualcosa,si può dare a loro la possibilità di condurre una buona vita,si può aiutarli a far crescere in loro l’autostima e la voglia di vivere,e a farli comprendere che la vita di ognuno di noi ha un senso e che tutti noi abbiamo uno scopo e che ci sarà sempre qualcosa per cui valga la pena di sorridere,di andare avanti e di apprezzare quello che si ha.


    Ultima modifica di cavagnuolo giuseppina91 il Ven Mag 18, 2012 9:28 pm - modificato 1 volta.
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    iolanda martino


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Cap 1: Ben-essere nella disabilità

    Messaggio  iolanda martino Ven Mag 18, 2012 9:15 pm

    Il tema della felicità appassiona da sempre l'umanità: scrittori, poeti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. I Greci chiamavano la felicità eudaimonìa, letteralmente la condizione di uno “spirito buono”(eu=bene, daimon=spirito), cioè di chi è posseduto da un buon demone, da una buona sorte che gli permette di prosperare: l’effetto è una tonalità dell’anima lieta, positiva e stabilmente piacevole. Ogni filosofo dava poi la sua ricetta per raggiungerla: chi per addizione (Aristotele: la felicità è la perfetta beatitudine della contemplazione teorica), chi per sottrazione (gli epicurei, gli stoici: la felicità è ataraxìa, imperturbabilità, specie nei confronti dei beni materiali che, per definizione, sono effimeri e transitori); Diogene la faceva coincidere con la libertà, Socrate con la virtù, gli scettici pensavano fosse illusoria.
    L'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in una parola è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità. Quest'ultima è data da un senso di appagamento generale e la sua intensità varia a seconda del numero e della forza delle emozioni positive che un individuo sperimenta.
    Per tentare di definire questa condizione alcuni studiosi hanno posto l'accento sulla componente emozionale , come il sentirsi di buon umore, altri sottolineano l'aspetto cognitivo e riflessivo, come il considerarsi soddisfatti della propria vita.
    Se rifletto sulle parole di Simona Atzori quanto dice: “ …il signore mi ha disegnato così, che Simona doveva essere così…” penso che sia un grande esempio di felicità poiché nella sua vita non sente di aver dei limiti, conduce una vita normale grazie all’aiuto dei piedi, ed esprime tutto il suo amore, la sua felicità, il suo essere comunque grata a Dio attraverso il ballo, la pittura, lei pensa solo che le difficoltà possano provenire dall’esterno che i limiti sono in chi ci guarda non in noi!
    Molto importante è la relazione tra ben-essere del singolo e sviluppo della collettività. L’uomo cerca di attribuire significato ai comportamenti e agli eventi sociali che sia funzionale a quei valori di riferimento legati alla cultura di appartenenza. Inoltre come ci spiega Ghedin noi tutti tendiamo alla complessità sia dal punto di vista biologico, che psicologico e sociale. A questo proposito Canevaro afferma che il ben-essere è legato non tanto alla condizione individuale di un soggetto ma al ” capitale sociale”, ossia a quelle capacità che l’uomo ha di adattarsi grazie alla relazione con i contesti che lo circondano. Quindi il ben-essere deriva dall’unione tra il sistema biologico, psicologico e sociale; infatti dipende non solo dal corretto funzionamento di organi vitali, ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, ecc. Per La Iavarone il ben-essere va definito come uno stato complesso perchè segue più direzioni e possiede più dimensioni in quanto il desiderio di ben-essere può trasformarsi sia sincronicamente ossia in corrispondenza con un particolare episodio in un determinato momento della vita di un soggetto, sia diacronicamente ossia quando il desiderio di ben-essere viene ricondotto a un intervallo di tempo più lungo.
    Lo studio del ben-essere ha importanti risultati per la vita degli individui. Obiettivo principale è quello di individuare dei metodi che possano aumentare il loro livello di ben-essere.
    Per quanto riguarda il benessere delle persone disabili viene considerato come determinato dalla capacità di autonomia. L’obiettivo però non è solo quello di rendere queste persone capaci di mangiare, vestirsi, lavarsi, ma soprattutto di avere la capacità di scegliere la propria vita e l’aiuto dell’operatore dovrebbe favorire soprattutto la relazione con gli altri, realizzare un progetto di benessere soprattutto sociale attraverso la capacità di interpretare i propri bisogni, dare nome ai propri desideri e saperli rincorrere.
    Il diritto a star bene e un diritto legittimo, che può essere esercitato quanto più le persone vengono aiutate a far leva sulle proprie potenzialità, a sviluppare la capacità di acquisire forza nel determinare il proprio stato di benessere. Solo grazie alla formazione di diversi professionisti (educatori, operatori socio assistenziali, insegnanti, ecc.) e attraverso i loro insegnamenti si può imparare a star bene. Secondo la Iavarone è la pedagogia speciale che si prende cura del benessere e della qualità di vita del soggetto occupandosi non solo della sua istruzione ma anche della sua educazione , tutelando la sua salute e il suo sviluppo sia fisico che psicosociale.
    Maria Pia Palvelli
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty cosa è realmente la felicità???

    Messaggio  Maria Pia Palvelli Ven Mag 18, 2012 9:15 pm

    Sarà che da qualche anno vivo una situazione familiare non delle migliori, dato che i miei genitori sono separati quindi decidere quale capitolo affrontare è stato semplicissimo. Avevo l’esigenza e la curiosità di capire cosa significasse realmente FELICITà . Il tema felicità è stato analizzato a lungo da tantissimi studiosi . Ma nel momento in cui ad una qualsiasi persone si pone la domanda cos è la felicità ,si inizia un interminabile discorso privo di definizione chiara e concisa.
    Il termine felicità potrebbe essere superficialmente riassunto nell’idea di ben-essere, pacatezza , ma andiamo alla fonte di questo termine. L'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa “abbondanza, ricchezza, prosperità”; spesso però il riferimento tradizionale va al termine “ EUDAJMONIA” cioè quando una persona realizza le sue potenzialità, quando può diventare felice.
    La Ghedin ci parla della mutazione con il passare del tempo del significato di felicità. Attraverso Platone, Socrate ed Aristotele , afferma che l’uomo con le sue scelte puo diventare felice .
    La felicità puo essere suddivisa in tre livelli:
    1.IMMEDIATA= Essa è data dal desiderio quindi sensazioni, emozioni : gioie , piaceri ….
    2.BILANCIO = Si esegue un bilancio dei successi e degli insuccessi , giungendo alla conclusione che siano avvenute più cose positive che negative.
    3.EUDAJMONIA = senso di tranquillità e piacere, riconducibile ad Aristotele
    Per lo studioso Carol Ryff la felicità risiede nella crescita personale, nella potenzialità di ogni individuo.
    La prof. Iavarone ci parla invece di EDUCAZIONE INCLUSIVA cioè si deve tener presente il ben-essere e la qualità della vita delle persone , tutelando la sua educazione oltre al suo sviluppo fisico e psicologico, per questo si necessita di figure professionali capaci di dar a tutti pari opportunità per affrontare una vita felice. Ci parla anche del termine Ben-essere (vivere bene) affermando che questo viene associato ad una buona vita sia sotto l’aspetto fisico che economico.
    Anche Zigar si impegnò a studiare il termine felicità , constatando che i disabili rispetto ai normodotati hanno molte più aspettative.
    Lo stesso studio della felicità fu fatto anche analizzando le FIGURE GENITORIALI , deducendo che spesso nella figura materna cè un senso di dispiacere- rimpanto verso le aspettative di un figlio PERFETTO.
    Di solito quando nasce un bambino disabile , il sentimento predominante è l’angoscia, ma non è sempre così , ci sono casi dove questo avvenimento non fa altro che accrescere nei genitori il senso di “apprezzamento della vita” nelle sue più ampie sfaccettature. Questo modo di affrontare la situazione di madri con figli disabili potrebbe creare un mito di felicità , anche perché il disabile è un cittadino a pieno titolo (proprio come afferma anche Anna Maria Murdaca ) e necessità di felicità e ben-essere proprio come ogni altro individuo. La felicità è di tuttiiiiiiiiiiiiiii (cit. prof. Iavarone)
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    Lorenza Baratta


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Tutti siamo alla ricerca di quello stato emotivo di ben-essere chiamato felicità...!!!

    Messaggio  Lorenza Baratta Ven Mag 18, 2012 9:30 pm

    Il tema della felicità appassiona da sempre l’umanità: scrittori, poeti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, cercare e descrivere questo stato.
    Il concetto di felicità compare in ogni cultura; con Socrate, Platone e Aristotele si inizia ad affermare che l’uomo può essere felice con le sue scelte e con la sua libertà, essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto.
    E’ possibile individuare tre livelli di felicità: il primo livello, dato da un sensazione di gioia o piacere, che possono essere transitorie; il secondo livello è dato dalla riflessione sul bilancio tra piaceri e dolori, con la prevalenza dei primi; mentre l’ultimo livello è dato dalla realizzazione dei propri obiettivi.
    La felicità è un percorso che dura tutta la vita, non solo un attimo, ma purtroppo nella maggior parte dei casi è il primo livello a prevalere, in quanto la felicità viene rappresentata come uno stato d’animo soggettivo, positivo e piacevole per la persona ma temporaneo.
    Spesso i termini FELICITA’ e BENESSERE SOGGETTIVO sono stati usati allo stesso modo, ma come afferma Canevaro “ la scelta della parole va fatta con ponderazione, perché sono molto importanti”.
    Il ben-ssere soggettivo include una componente cognitiva riguardante la condizione di vita dell’individuo, e una componente affettiva, data dalla presenza di affetto positivo e dall’assenza di affetto negativo.
    E’ importante a livello individuale l’ottimismo, la felicità e l’autodeterminazione, come a livello contestuale l’armonia con il proprio ambiente, per contribuire al ben-essere di un individuo, infatti Schaffer definisce ben-essere “ vivere bene da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia”.
    Rilevante il contributo di Seligman, il quale ha proposto diverse strade che conducono alla felicità, in primo luogo una persona può essere felice per emozioni circa il passato o la speranza e l’ottimismo per il futuro; un’altra strada è quella di individuare talenti personali e forze.
    Mi ritrovo molto con la teoria di Seligman della felicità autentica, riguardante la distinzione tra la vita piacevole, che da importanza alle esperienze positive, la buona vita che si ha quando gli individui sviluppano le loro forze in attività da cui traggono piacere e la vita significativa, quando quest’ultima ha un significato e uno scopo ben preciso.
    Le teorie contemporanee vedono la felicità da un punto di vista edonistico, che riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore, e si ha quando le esperienze positive sono maggiori di quelle negative, mentre la felicità da un punto di vista eudaimonico si ha con il raggiungimento del proprio sé.
    Importante a tal proposito anche il ruolo dell’educatore, in quanto l’obiettivo principale nel campo dell’educazione è proprio quello di far nascere un atteggiamento positivo riguardo alle esperienze di vita, per raggiungere la propria felicità.
    Ognuno di noi quando nasce ha la capacità di ben-essere e, come afferma Canevaro “ il ben-essere di un individuo non è solo soggettivo, ma riguarda anche la capacità di adattarsi con l’ambiente che lo circonda”; infatti gli individui possono diventare svantaggiati in un ambiente sociale svantaggioso, tutti possiamo decidere di essere ciò che vogliamo.
    Molti studi sul ben-essere affermano che le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono, l’essere umano quindi ha sempre bisogno di sfide e di rinforzare le proprie capacità.
    La professoressa Iavarone afferma che “ il desiderio di ben-essere si trasforma sia sincronicamente, con un particolare episodio, sia diacronicamente, ricondotto quindi ad un tempo più lungo della vita di un soggetto".
    La felicità è a mio avviso un “diritto” anche per i disabili. Molto tempo fa, verso la metà del 1800, un medico francese guidò una scuola per bambini disabili, con lo scopo di educarli e far assumere loro il giusto ruolo nella società, il suo modello di scuola si diffuse rapidamente, ma con il passare del tempo la scuola cambiò obiettivi, con la dimostrazione che gli studenti venivano poco curati, le scuole divennero sempre meno educative.
    Recentemente, infatti si sono sviluppati servizi di educazione sociale e supporto alle famiglie, per far fronte ai problemi emersi nelle scuole e per promuovere il ben-essere delle persone disabili.
    E come afferma la professoressa Iavarone è importante lo stato relazionale nella condizione di ben-essere per queste persone disabili, che non può essere assimilato ad una generale condizione di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato multicomponenziale, multidirezionale e mutidimensionale.
    Diversi filoni di ricerca hanno contribuito alla felicità al ben-essere nella disabilità:
    -il Movimento della qualità della vita riguarda l’analisi interna e non esterna di un individuo disabile, quindi le relazioni interpersonali, il ben-essere emozionale e fisico;
    -il Movimento della doppia diagnosi sostiene che le persone con ritardo mentale sono più a rischio di psicopatologia o doppia diagnosi e questi sintomi di disadattamento risultano ostacoli per la loro vita;
    -negli anni settanta del secolo scorso Zigler sostenne che bambini con ritardo mentale non avevano solo un basso quoziente intellettivo ma anche una personalità distintiva a causa delle loro esperienze di fallimento, infatti rispetto ai loro compagni della stessa età avevano minori aspettative di successo.
    Ma ciò che più ha attirato la mia attenzione è stata la ricerca sulle famiglie con bambini con ritardo mentale; purtroppo quando nasce un figlio con disabilità risulta essere sempre un evento tragico.
    A tal proposito Mullins ha condotto un’analisi di 60 libri scritti da genitori di figli disabili ed ha notato la presenza di stress emotivo e preoccupazioni ma in alcuni casi le vite di questi genitori sono diventate più ricche di significato.
    Quando si parla di un bambino disabile bisogna ricordare di trovarsi di fronte ad un “bambino” e va trattato come tutti gli altri. La disabilità non è una malattia ma una condizione che lo accompagnerà per tutta la vita e coinvolgerà tutti coloro che stanno intorno. È importante quindi l’ambiente circostante per lo sviluppo di un bambino disabile, in quanto un atteggiamento negativo verso la disabilità da parte della famiglia può avere un effetto negativo sia su quest’ultima che sul bambino stesso.
    Bisogna migliorare la qualità della vita di queste persone disabili, nel Regno Unito è stato emanato il DISABILITY DISCRIMINATION ACT, che promuove i diritti civili delle persone disabili e aiuta a superare la discriminazione, mentre in Italia con la legge 104/92 vengono garantiti alle persone con disabilità gli stessi diritti ai servizi pubblici delle persone non disabili.
    Purtroppo, come ho già riportato in un commento riguardante la lezione sull’emarginazione, spesso i soggetti disabili vengono discriminati, anche se meriterebbero di essere assistiti e aiutati.
    Come per tutte le persone, e in modo particolare per tali soggetti, la famiglia è il punto di riferimento essenziale per il loro percorso evolutivo…Negli affetti familiari tutti possiamo avere occasioni per essere felici.
    Non dobbiamo commettere l’errore di curare le persone con disabilità, facendole diventare normali, noi dobbiamo fargli scoprire la loro normalità…devono provare, sapere quali sono le loro potenzialità e le loro risorse per raggiungere il loro benessere e la loro felicità: questa è la normalità.
    Concludo e concordo con la professoressa Iavarone, la quale afferma che la pedagogia, in particolare la pedagogia speciale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma soprattutto psicosociale.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Capitolo 1: Ben-essere della disabilità

    Messaggio  Marfella Valeria Ven Mag 18, 2012 11:04 pm

    Per diversi anni la felicità è stata motivo di dibattito in campo filosofico,religioso e educativo ma solo recentemente le scienze sociali ne hanno fatto oggetto di studio. Il concetto di felicità compare in diverse culture: inizialmente si parlava di eudaimonia, la felicità era portata da un "buon demone" quindi strettamente legata alla fortuna. In seguito Aristotele utilizzerà lo stesso termine "eudaimonia" dandogli un significato legato all'etica e alla virtù, in quanto la felicità è il compimento di un'intera vita non è legata all'attimo fuggente.
    Neattle ha classificato la felicità in tre livelli: Il 1° livello è legato alle emozini del soggetto se questo afferma di essere felice dobbiamo ritenerlo vero, questo tipo di felicità è una sensazione immediata che non è durevole nel tempo. Il 2°livello è un resoconto che l'individuo fa sulla sua vita, un bilancio tra momenti di dolore e piacere, l'individuo si rende conto di essere felice se ha vissuto più emozioni positive rispetto a quelle negative. Il 3°livello è legato all'eudaimonia Aristotelica ed è più difficile da valutare in quanto bisogna esprimere un giudizio su cosa vuol dire vivere bene e realizzare le proprie potenzialità.
    Seligman ha proposto diverse strategie che portano alla felicità ma in modi differenti, una persona può avere emozioni positive riguardo il passato e lo stesso per il futuro, se le emozioni positive (ottimismo) per il futuro sono assenti esistono diverse tecniche per sollecitarle come la gratitudine, la comprensione e la messa in discussione dei pensieri negativi.
    Csikszentmihalyi ci parla del concetto di flusso, che consiste in quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che mettono alla prova le nostre abilità, grazie al senso del controllo perdiamo la consapevolezza del nostro stato emotivo. Ogni persona è diversa a seconda delle proprie capacità il flusso avviene quando cantiamo, guardiamo un tramonto, scriviamo,ecc
    Ryff e Keyes identificano sei aspetti che contribuiscono alla realizzazione della felicità: autonomia, crescita personale, auto-accettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale e relazioni positive.
    La Delle fave sostiene che tutti nasciamo con l'abilità fondamentale di raggiungere il benessere, tutti siamo agenti attivi di cambiamento, anche e soprattutto i gruppi definiti svantaggiati: immigrati, anziani, persone con disabilità, ecc. Gli individui non nascono svantaggiati ma lo diventano in un ambiente sociale o culturale che gli pone degli ostacoli, come ad esempio le barriere architettoniche ovvero tutte le difficoltà che una persona disabile incontra quando esce di casa. Emblematico è il video che ci ha mostrato l'Univoc, è l'ambiente che ostacola l'individuo nelle sue attività , non ci sono oppure funzionano male le attrezzature che permetterebbero ai disabili di essere autonomi.
    Secondo Iavarone il benessere si manifesta nei diversi tempi di vita e nei diversi luoghi, il benessere possiede più dimensioni, esso può mutare sia sincronicamente (per un episodio avvenuto in un determinato momento della vita) sia diacronicamente (se il benessere è dato da un arco di tempo più lungo nella vita). Viene data maggiore attenzione al benessere dei disabili con l'obiettivo di incentivare l'autodeterminazione, in modo che queste persone compiano scelte sulla propria vita al pari degli altri. Secondo Iavarone la capacità di leggere l'ambiente è un presupposto per perseguire i propri desideri con progettualità. Prendiamo ad esempio la domotica che è lo studio delle tecnologie volte a migliorare le qualita della vita e della sicurezza in casa. In aula abbiamo visto il caso di Andrea Ferrari che può vivere autonomamente nonostante la sua disabilità grazie a una casa domotica, la tecnologia in questo caso potenzia le capacità dell'individuo.
    Canevaro sostiene che il benessere dell'individuo sta nel capitale sociale, ovvero l'insieme delle capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi a tutto ciò che lo circonda nell'ambiente esterno. Al giorno d'oggi la qualità di vita di un disabile è piuttosto bassa, ma molti paesi stanno già attuando delle riforme per migliorare la situazione, come ad esempio il Regno Unito con DISABILITY DISCRIMINATION ACT grazie al quale le persone con disabilità possono accedere ai servizi pubblici come le persone non disabili. L'obiettivo è quello di "normalizzare" la vita delle persone affette da disabilità, migliorare il loro standard di vita e il loro ben-essere soggettivo. Spero che venga fatto molto di più per migliorare la qualità di vita di queste persone che hanno diritto a una vita normale e alla loro autonomia. TUTTI ABBIAMO DIRITTO AL BENESSERE!


    Ultima modifica di Marfella Valeria il Dom Mag 20, 2012 11:59 am - modificato 2 volte.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty ben-essere disabili (esercizio finale)-cap.1

    Messaggio  maria.vigna Sab Mag 19, 2012 7:34 am

    Essere felici e vivere una buona vita è quello che tutti vorrebbero vedere realizzarsi. Fin dai tempi dei più antichi filosofi ci si occupava di felicità e solo oggi le scienze sociali hanno iniziato ad occuparsene in maniera più scientifica, in particolare la psicologia positiva. La parola felicità deriva da: felicitas, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità. Il concetto di felicità è presente in diverse culture e con un significato diverso in ognuna di esse. Le varie lingue la distinguono da qualcosa di immediato, come la sensazione di gioia o di piacere e da qualcosa di più durevole, come la soddisfazione o l’appagamento. Nell’antichità si parlava di eudainomia che voleva dire avere un buon demone, cioè avere fortuna. Da Socrate fino ad Aristotele questa parola si riempie di nuovi significati e si inizia ad affermare che l’uomo attraverso le sue scelte può diventare felice anche andando contro la sorte. Molti sono gli studiosi che si sono occupati della felicità tra questi ritroviamo Nettle il quale afferma che le persone in generale per felicità intendono uno stato in cui si generano sensazioni positive e divide la felicità in tre livelli: il primo livello dove c’è il raggiungimento di uno stato inaspettato di gioia; il secondo livello dove c’è la somma di tutti i momenti positivi della vita e il terzo livello dove si parla proprio di eudaimonia cioè una vita in cui la persona cerca di realizzare tutti i suoi desideri. Un altro studioso è Seligman che ha proposto diverse strade che conducono al raggiungimento della felicità, una di queste è quella per la quale una persona può provare emozioni positive per il passato o per il futuro. Un’importante teoria di Seligman è quella della felicità autentica relativa alla vita piacevole, alla buona vita e alla vita significativa dove la prima è quella che massimizza le esperienze piacevoli, la seconda si ha quando gli individui sviluppano le loro forze grazie ad attività da cui l’individuo trae piacere e la terza si ha quando gli individui sviluppano le proprie forze in attività che lo conducono verso lo sviluppo di beni più grandi come l’amicizia. L’organizzazione mondiale della sanità ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Il ben-essere è un qualcosa di soggettivo, è l’essenza della qualità della vita, è il soddisfare le proprie esigenze. Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo è strettamente legato al “capitale sociale” cioè alle capacità che l’individuo possiede di organizzarsi e adattarsi nella società in cui vive grazie anche alle strutture che lo circondano. La Delle Fave sostiene a questo proposito, che è importante considerare ogni individuo come soggetto attivo nel cambiamento e nello sviluppo della società e questo vale anche per i soggetti svantaggiati come gli anziani, persone con disabilità, immigrati ecc.. Gli individui non sono di per sé svantaggiati ma lo diventano a causa della società in cui vivono per via di qualche differenza rispetto alle aspettative. Ogni essere umano è unico nel suo essere così com’è e ha un proprio potenziale e questo vuol dire costruirsi un proprio ben-essere. Tutto ciò dovrebbe essere incentivato anche dall’azione educativa che dovrebbe permettere l’attivarsi di questo potenziale. Il ben-essere è composto da fattori psichici , sociali, fisici, emozionali e psicologici. Quindi il ben-essere scaturisce dall’insieme di questi fattori; infatti non dipende solo dal buon funzionamento di organi e apparati vitali ma anche dallo stile di vita, dal tempo libero e dalle condizioni dell’ambiente. Lo studio del ben-essere ha condotto alla conclusione che la felicità non è legata solo al possesso di beni materiali e alla ricchezza e che dovrebbero essere riconsiderati gli indici di valutazione del ben-essere a livello nazionale. Infatti sono molti gli studiosi di psicologia positiva che ritengono che l’indice nazionale di ben-essere non dovrebbe essere calcolato solo in base alla quantità di beni e risorse materiali del paese ma anche e soprattutto in base al ben-essere psicologico e sociale dei cittadini. Per quanto riguarda le persone disabili a cui prima facevo riferimento, inizialmente il loro ben-essere non era importante. Prima molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni volute fortemente da un medico francese ,Seguin, che per primo promosse l’idea che i bambini disabili dovevano essere educati e inseriti nella società proprio come tutti gli altri. Col tempo però le cose cambiarono e cambiò anche il fine di queste istituzioni: invece di favorire l’inserimento di queste persone nella società divennero posti per tenere le persone lontane dalla società. Fortunatamente il concetto di “normalizzazione” si diffuse e venne condiviso anche dalle famiglie e dai sostenitori e così quelle istituzioni vennero chiuse. Nel tempo poi sono stati sviluppati dei programmi di educazione speciale, supporto alle famiglie e programmi basati sulle comunità per favorire l’indipendenza e il soddisfacimento dei bisogni materiali come cure mediche, cibo, vestiti ecc.. A tal proposito la professoressa Iavarone, ha affermato che il ben-essere non è nulla di fisico o economico, ma è uno stato complesso perché è multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale. I programmi di supporto alle famiglie sono fondamentali soprattutto quando, alla nascita di un figlio, la famiglia scopre che tutte le aspettative che aveva sono sfumate e si ritrova a dover affrontare tutt’altra realtà. L’evento piacevole della nascita di un figlio si trasforma così in un evento traumatico per la famiglia. Mullins ha condotto un’analisi di circa 60 libri scritti da genitori di bambini disabili e ha sottolineato la presenza di stress emotivo e di preoccupazioni ma ha anche concluso che la maggior parte di questi genitori affermava che i loro figli avevo aggiunto qualcosa di bello alle loro vite rendendole ancora più ricche di significato. Io credo che in fin dei conti la felicità sia qualcosa che solo noi possiamo crearci, tutto dipende da come affrontiamo la vita giorno dopo giorno…da quando apriamo gli occhi al mattino fino alla sera quando ci addormentiamo e pensiamo che un’altra giornata è passata. La felicità sta nelle piccole cose, nei piccoli gesti, nelle piccole attenzioni che qualcuno può darci…a volte non dobbiamo cercarla tanto lontano o nelle grandi cose, a volte è proprio sotto il nostro naso e noi non ce ne accorgiamo. La felicità l’ho sentita durante questo corso, dentro tutti i commenti emozionali che ho scritto, durante tutte le lezioni quando ho avuto la possibilità di riflettere su quanto la vita possa essere ingiusta e accanirsi verso certe persone ma che nonostante tutte le difficoltà sapevano rialzarsi e reagire come la Atzori e Pistorius per fare un esempio o durante tutti gli incontri fatti in classe con delle persone davvero speciali come il prof.Palladino o i membri dell’Associazione Autism Aid Onlus e ancora il dott.Ronga e la signora Tina. Voglio concludere con una frase di Francesco Alberoni che dice : “La felicità è sempre e soltanto un istante. La felicità non è una cosa che dura. Non è un tempo, è un istante o una serie di istanti. Un punto di contatto con qualche cosa di straordinario”.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Ben-essere nella disabilità

    Messaggio  Federica Marzano Sab Mag 19, 2012 7:38 am

    Ogni essere umano, quando viene al mondo persegue la felicità, pensa di costruirsi e vivere il ben-essere, partendo da un proprio potenziale di possibilità e di limiti. Il ben-essere deve essere come sostiene la professoressa IAVARONE: fisico, psichico, sociale, emozionale e psicologico, possiede più dimensioni in quanto il desiderio di benessere cambia durante lo scorrere della vita, quindi dipende non solo dal funzionamento di organi e apparati vitali, ma anche dagli stili di vita, dal lavoro, dal tempo libero e dalla condizione dell’ambiente. Oggi la ricerca sta ponendo attenzione al concetto di ben-essere e felicità per le persone con vari tipi di disabilità, con l’obiettivo di promuovere capacità di condurre una buona vita e potenziare ciò che è meglio per se stessi. Ma cosa significa per un disabile avere una buona qualità della vita? La risposta ci viene data da un team internazionale di esperti i quali identificano alcuni aspetti della qualità della vita, essa comprenderebbe benessere emozionale, relazioni interpersonali, benessere materiale, benessere fisico, autodeterminazione, inclusione sociale e diritti. Essere felici però non sempre costituisce uno stato assoluto, ma presuppone un compromesso con ciò che gli altri possiedono. Tra i vari autori che si sono soffermati sul concetto di felicità, c’è NETTLER che la definisce come una “felicità a tre livelli”, il primo livello è quando le persone affermano di essere felici della loro vita, di solito non intendono dire, che sono letteralmente piene di gioia,ma riconoscono di aver sperimentato più emozioni positive, che negative. Con il secondo livello, la felicità non viene calcolata sommando tutti i momenti positivi e sottraendo quelli negativi, ma comprende anche dei processi cognitivi più complessi. Il terzo livello invece, viene rappresentato da un senso di felicità ancora più ampio, che è quello della Eudaimonia, con ciò si intende una vita in cui la persona realizza le proprie vere potenzialità. Secondo la psicologa Carol Ryff il ben-essere umano riguarda un insieme di elementi che supera la felicità a più livelli, dato che questo insieme comprende crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente. Anche da un punto di vista sanitario grazie all’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la quale ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico,psicologico e sociale, dunque si può affermare,che il ben-essere soggettivo è l’essenza della qualità della vita. Esso comprende una componente cognitiva, che valuta la soddisfazione di vita e una componente affettiva suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo; mentre a livello individuale,le caratteristiche personali sono fattori che contribuiscono al ben-essere e a livello contestuale: il supporto sociale, il senso di appartenenza sono fattori esterni, che contribuiscono al ben-essere. Ma in sostanza, di che cosa hanno bisogno le persone per essere felici nella loro vita? La nostra società offre tanti piaceri, che diventano subito effimeri, ma l’essere umano ha bisogno di sfide, di mettersi alla prova… lo studio del ben-essere offre molti benefici per le attuali e future generazioni ,specialmente per una felicità non legata ai beni materiali. Infatti, il ben-essere non dovrebbe essere considerato solo in relazione alle risorse materiali, che un Paese possiede, ma in base al contesto relazionale in cui le persone vivono e come si rapportano tra loro. Per coloro che si occupano di disabilità l’interesse non è quello di sostenere il ben-essere delle persone disabili attraverso la ricchezza, ma bensì renderli felici con dei supporti essenziali, che gli permettono di raggiungere la piena autonomia e quindi la condivisione del bene pubblico. Nella metà del 1800 EDOUARD SEGUIN promosse la visione progressista che i bambini disabili potessero essere educati e quindi assumere il loro ruolo nella società. In questa direzione l’obbiettivo diventa quello di potenziare le capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere, quindi dare risposte, risolvere problemi, aiutare il soggetto in difficoltà, di dare forma e nome ai propri desideri e saperli perseguirli con una sana progettualità. Oggi, una scienza che si è espressa a favore del potenziamento e per il ben-essere delle persone disabili mi viene in mente, la scienza della domotica. Essa diventa di importanza fondamentale, per aiutare a rendere autonomi e a facilitare la vita di quest’ultime, proponendo dei gioielli futuristici di comodità e di impatto sociale, tali da toccare aspetti quali la sicurezza, la riduzione di barriere architettoniche, dei servizi per i disabili, che permettono di dare a loro autonomia e benessere fisico e mentale. Penso, quindi che una casa automatizzata sarebbe l’ideale per tutti coloro, che ne abbiano bisogno per soddisfare le proprie esigenze, senza avere bisogno di aiuto costante di persone vicine. Se tutto ciò potesse realizzarsi veramente, non ci sarebbero più persone infelici e sole, perché nella loro casa potrebbero vivere serenamente e sicure, ma credo che siamo ancora lontano da offrire dignità e diritti dovuti a queste persone, che hanno avuto il destino di essere considerati diversi.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Cos'è la felicità?

    Messaggio  Monica Miele Sab Mag 19, 2012 8:12 am

    - Capitolo 1: Ben-essere nella disabilità

    La parola felicità deriva etimologicamente da felix-icis, "felice", che significa abbondanza, ricchezza, prosperità, infatti, i latini parlavano di terra felix quando il raccolto era stato fertile. La nozione di felicità, solitamente, è intesa come una condizione di soddisfazione totale.
    Il concetto di felicità è sempre apparso in ogni cultura, fin dall'antichità, con significati diversi:
    per i filosofi greci antichi la felicità (da loro chiamata eudaimonia= buon demone) coincideva con il fine ultimo della vita, con la buona sorte. Non la percepivano, quindi, come una sorta di appagamento dei propri desideri.
    Per Democrito, ad esempio, la felicità coincideva con la “tranquillità d'animo”. Per Socrate, Platone, e Aristotele, invece, l'eudaimonia assume significati nuovi: l'uomo può essere felice quando è libero di fare le sue scelte, anche se esse sono contrarie alla buona sorte. Con Schopenhauer la felicità risiede nella ragione; l'uomo deve elaborare una serie di regole che lo aiuteranno a non “naufragare”. La massima felicità che si può ottenere, quindi, è una vita priva di mali possedendo una concezione della felicità totalmente passiva. Nietzsche, invece, affermava che è riduttivo concepire una visione passiva della felicità: l'uomo necessita di grandi dolori per potersi elevare. Nella prospettiva nitzscheana, quindi, il dolore è indispensabile per raggiungere la felicità.
    È difficile pensare, oggi, nella vita quotidiana di desiderare sofferenze e dolori per poter raggiungere la piena soddisfazione delle nostre gioie. Infatti, nell'epoca moderna, la felicità assume caratteristiche diverse, divenendo qualcosa di personale. Riguarda sempre più una soddisfazione dei propri desideri; un traguardo che, però, si presenta sempre più irraggiungibile, ma nonostante tutto, cerchiamo continuamente di raggiungerlo e lo riteniamo un nostro diritto.
    Per Carol Ryff il ben-essere umano coinvolge un insieme di fattori che vanno dalla crescita personale alla completa padronanza di se stessi nel proprio ambiente. Per Seligman, invece, ci sono diverse strade che portano alla felicità come ad esempio ricordare emozioni positive del passato, oppure fantasticare su emozioni positive riguardanti il nostro futuro. Secondo Waterman la felicità si raggiunge quando le attività quotidiane coincidono con i propri valori più profondi. Secondo Canevaro, invece, il benessere di un individuo non è legato a fattori individuali ma al capitale sociale cioè un insieme di capacità dell'individuo ad organizzare i propri elementi grazie alla mediazione con le strutture che lo circondano. Per la Delle Fave è importante riconoscere qualsiasi individuo come un soggetto attivo nello sviluppo della comunità.
    La Iavarone nel 2008 ha affermato che il benessere è un complesso fenomeno multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale formato da diverse componenti: fisiche, psichiche, sociali ecc..Il benessere, quindi, prosegue in diverse direzioni e varia a seconda dei tempi di vita del soggetto e dei luoghi. Il desiderio di benessere, inoltre, varia sincronicamente (con la variazione di un episodio particolare) e diacronicamente (quando la fase di benessere è in relazione con una fase più lunga della vita di un soggetto). Il benessere, quindi, non dipende soltanto dal corretto funzionamento degli organi, ma è un complesso apparato formato da lavoro, tempo libero, stili di vita. Inoltre, recenti studi hanno dimostrato che il benessere può portare tanti benefici per le attuali e future generazioni. Infatti, si è scoperto che la felicità non è legata alla ricchezza o a beni materiali e ciò dovrebbe far riflettere l'umanità cercando di cambiare gli indici di valutazione del benessere personale. Per questo si è cercato di approfondire questo studio individuando dei metodi che aumentano il livello di felicità degli individui.
    Riguardo i bambini e gli adulti con disabilità, fino a qualche tempo fa, ricevevano dei sostegni solo con finalità caritatevoli. Con l'aiuto di Seguin, però, verso il 1850, nacque la prima scuola per bambini disabili. Il suo obiettivo era quello di cercare di offrire dei luoghi ai bambini con disabilità in cui gli venisse donata educazione adeguata e un giusto ruolo all'interno della società. Questo modello si sviluppò velocemente ma, sfortunatamente, gli obiettivi mutarono: invece di favorire la coesione sociale, queste scuole (ubicate volutamente anche in zone isolate) divennero dei posti per tenere le persone con disabilità lontane dal popolo meno indulgente. Oggi, la condizione del disabile è mutata favorendo sempre più il benessere strettamente connesso alle sue capacità di autonomia. Questo approccio, inoltre, viene considerato in tutta la sua dinamicità in modo tale da condividerlo con gli altri. L'obiettivo, quindi, non riguarda solo la loro capacità di autonomia nel vestirsi o nel mangiare da soli ma comprende un aspetto più globale e riprende anche la capacità di poter vivere la vita che essi scelgono di vivere. L'aiuto dell'operatore, invece, consiste nel facilitare le relazioni di aiuto.
    Recenti studi hanno dimostrato che le persone con ritardo mentale sono quelle più a rischio perché hanno maggiori difficoltà di adattamento a causa dei loro disordini umorali. Zigler, inoltre, ha dimostrato che la personalità distintiva dei bambini con disturbi mentali derivava dalle loro numerose esperienze di fallimento anche con i loro coetanei. I genitori stessi, al momento della nascita, attraversano fasi di shock perché il bambino non coincide con le loro aspettative. Alcuni studi, però, hanno dimostrato che questo stress post-parto non sempre è connesso con la nascita di un figlio disabile. Mullins, infatti, ha dimostrato che per la maggior parte dei genitori, la disabilità dei loro figli ha donato qualcosa in più alle loro vite rendendole più ricche di significato.
    Per concludere, dunque, l'obiettivo politico è quello di rendere più autonome le vite delle persone disabili, facendo in modo che possano vivere a pieno il loro benessere e la loro felicità.
    Il compito dell'educatore, inoltre, è quello di rendere la vita un'esperienza piacevole facendo in modo che questa esperienza aiuti ad osservare il mondo con gli occhi della curiosità di apprendere sempre cose nuove. Tutti abbiamo le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo, l'educazione deve solo preoccuparsi di attivarle.
    A mio parere, quindi, la felicità è una conquista. È la realizzazione su tutti i campi. Non è solo stare bene con se stessi, ma è amarsi e amare. Amore e felicità sono strettamente collegate. La felicità, inoltre, risiede in noi, dobbiamo solo essere capaci di donare amore a chi ne ha bisogno, anche a chi non lo merita, in modo da farla uscire fuori strappando un vero sorriso dalla persona che abbiamo appena aiutato
    Gandhi diceva: "La vera forza non deriva dalle capacità fisiche, ma da una volontà indomabile".
    Personalmente mi ritrovo in queste parole.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty “verso un’ educazione inclusiva”

    Messaggio  ida errico Sab Mag 19, 2012 8:14 am

    I motivi della scelta di questo capitolo sono: 1) perché non possedevo una conoscenza approfondita dell’educazione inclusiva; 2)se ne parla molto poco.
    L’educazione inclusiva è importante, perché dà il benvenuto alla disabilità tra gli allievi; l’educazione è fondamentale per creare dei cambiamenti nelle persone e nella comunità, è un diritto di tutti essere educati.
    Per quanto riguarda l’educazione inclusiva è un processo che prevede la soddisfazione delle esigenze di tutti gli alunni (con o senza problematiche)nelle scuole. Lo scopo è quello di eliminare le minoranze etniche, le discriminazioni, insomma l’esclusione. Ciò è importante perché attraverso l’inclusione , i bambini possono inserirsi nell’ambito scolastico e fare in modo che il soggetto con disabilità diventi parte attiva della società.
    Tutto ebbe inizio in seguito ad una conferenza svolta nel Giugno del 1994, a Salamanca, la quale discuteva dei bisogni educativi speciali, questa conferenza dichiarava che, l’educazione deve essere concessa a tutti senza creare distinzioni, inoltre, si parla di un’educazione che agisce su tutti contemporaneamente, tutto ciò favorisce anche la riduzione dei costi.
    L’inserimento dei bambini disabili nelle scuole, si ha in seguito a una convenzione delle Nazioni Unite approvata dall’Assemblea Generale nel 2006, sottoscritta in Italia nel 2007, con lo scopo di dare diritto ai disabili di essere considerati cittadini a pieno titolo. Con questo evento si ha una nuova prospettiva verso i disabili, poiché si passa da una condizione di salute a una posizione dei diritti; in sintesi, questa convenzione riconosce il diritto d’istruzione alle persone con disabilità, con un sistema inclusivo, questo perché i soggetti disabili devono convivere con il loro handicap, in altre parole, deve superare degli ostacoli, delle barriere di apprendimento e sviluppare risorse.
    Per comprendere meglio, è stato creato un progetto chiamato “ index per l’inclusione”, il quale è un sostegno allo sviluppo inclusivo nelle scuole.
    L’index offre un lavoro per migliorare l’apprendimento, non è solo un modo per acquisire nuovi metodi scolastici, ma mette, anche, in condizione i soggetti con disabilità di superare molti ostacoli, facilitando l’apprendimento, e stimolando una partecipazione attiva.
    L’index propone un processo inclusivo, il quale si basa sulla trasmissione dei valori, emozioni, e l’insieme di un’attenta riflessione, analisi e progettazione. L’inclusione implica un cambiamento, è un percorso che vede la collaborazione da parte degli insegnanti e alunni.
    Gli insegnanti devono creare degli indicatori, ovvero delle domande che aiutino a definire il problema, insomma stimolano il soggetto al cambiamento.
    Quando si hanno di fronte dei soggetti che presentano delle difficoltà ad apprendere, si pensa che il problema sia nel bambino e si ignora che la colpa sia proprio dell’insegnante che non attua un’educazione adeguata; l’apprendimento è un processo che inizia automaticamente dalla nascita, il compito dell’insegnante è stimolare il bambino, creare delle situazioni creative, incoraggiare il confronto e l’autoanalisi.
    Le modalità d’insegnamento devono essere flessibili e adeguate alle loro diversità.
    Gli insegnanti efficaci cercano di valorizzare le abilità delle persone senza considerare le loro disabilità, non badano al tempo, si pongono il solo obiettivo di seguire il soggetto. Purtroppo, ci sono insegnanti che non credono nell’educazione inclusiva, e hanno la convinzione che i ragazzi che richiedono dei bisogni speciali, devono essere seguiti da insegnanti di sostegno, perché hanno bisogno di tempo. Questo, però, i bambini lo percepiscono , di conseguenza si sentono fuori luogo; inoltre, gli educatori sostengono che questo tipo di educazione pretende troppo da loro.
    Un altro aspetto importante dell’educazione è il ruolo della famiglia perché anche i genitori sono degli educatori, questo spesso viene dimenticato, invece si dovrebbe creare una collaborazione tra genitori , insegnante e la comunità, perché facilita l’inserimento del bambino nella società
    Quindi l’educazione inclusiva si ottiene con l’intervento di tutte le persone che circondano il soggetto, l’obiettivo è quello di permettere ai bambini di avere un proprio posto nella scuola e nella vita, bisogna non farli sentire inferiori solo perché sono dei disabili.
    miriam perrella
    miriam perrella


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty IL DIRITTO DI ESSERE FELICI

    Messaggio  miriam perrella Sab Mag 19, 2012 8:40 am

    il termine disabilità dal punto di vista semantico sembrerebbe essere contraddittorio rispetto al termine benessere. In realtà c è un paradosso da un lato, e una sfida dall'altro che si risolve in un'opera pedagogica improntata all'ottimismo,in grado di favorire processi di adattamento e accomodamento restituendo al termine dis anche il suo valore oppositivo. Emerge dunque l'importanza di far leva non solo sulle capacità,ma anche sulle facoltà riconosciute e garantite ad ogni persona. Insomma il diritto di essere felici,declinato al plurale per evidenziare come la felicità si realizza nell'interazione tra le persone e il contesto, tra le persone e le attese e i desideri che assumono valore e significato all'interno della cultura in cui si vive. Una felicità distribuita che deve trovare spazio in ogni individuo, e a proposito di disabilità ciò che può sembrare una foglia morta è in realtà un essere vivo, una farfalla “anomala,”le cui ali sembrano disegnare un sorriso che precede il volo nell'ambiente in cui è coevoluta. Riconoscere dunque il sorriso e la possibilità di agire ci aiuta a comprendere il significato del termine benessere. Strettamente associato al concetto di sviluppo e di crescita personale e sociale, è contenuto dei processi educativi. Quando si parla di benessere? Come dice l'OMS la salute è una condizione di benessere fisico, psicologico, sociale. A livello individuale l'ottimismo,la felicità,la perseveranza e l'autodeterminazione sono fattori che contribuiscono al benessere. A livello contestuale, il senso di appartenenza e di armonia con il proprio ambiente di vita. Secondo Schafer un “vivere bene”da un punto di vista psicologico, spirituale, fisico. Ma come si impara ad essere felice? La felicità deriva dal termine latino fecundus tanto che i latini parlavano di terra felix ossia stagione fertile. E'suddivisa in due stadi: gioia o piacere che sono effimeri e fuggenti(felicità di primo livello), soddisfazione o appagamento che sono più durevoli e significativi(felicità di secondo livello).E' associata al termine eudaimonia “buon demone” ossia buona sorte di livello semantico più ampio(felicità di terzo livello). In particolare Platone, Aristotele parlano di felicità connesse alle virtù e all'etica, Delle Fave parla di felicità che si realizza nell'ambito dello spazio sociale. Esiste poi una forma di felicità in cui noi siamo assorbiti nel”flusso”, ossia in quelle attività tanto da perdere la consapevolezza e Peterson e Seligman parlano di felicità connessa alla scoperta dei propri talenti e delle proprie forze. Sen invece ha parlato di funzionamenti che riflettono la libertà, l'autonomia di cui l'individuo gode nel proprio contesto di vita. Il benessere considera la soddisfazione delle proprie esigenze e il conseguimento di funzionamenti che variano anche prendendo in esame la cultura di riferimento. Una relazione tra benessere e sviluppo della comunità, tra individuo e sistema culturale. Ghedin ha parlato di complessità da un punto di vista biologico, psicologico, sociale deducendo che il nostro percorso di vita si costruisce attraverso l'acquisizione di informazioni provenienti dall'ambiente esterno, che a sua volta vengono selezionate dall'individuo in base alle risorse,punti di forza, abilità e in modo inscindibile il benessere deriva dall'interazione con il contesto sociale. Ogni individuo deve seguire il proprio originale percorso di complessità e condivisione, coltivare i propri talenti e le proprie forze, perseguire l'autodeterminazione e anelare alla libertà e responsabilità. Già la nascita ha la capacità di benessere, perchè ognuno di noi reca fin dalla nascita un originale modo di vedere, ascoltare, toccare, una mole inesauribile di possibilità e limiti. Questo permette di vivere il benessere, e attraverso l'aiuto degli educatori gli attori coinvolti potranno coevolvere nella direzione di uno sviluppo positivo. Secondo me la felicità è una sensazione profonda, autentica e duratura di benessere, e nasce dentro di noi, dipende esclusivamente da noi. Essere felici è una scelta, il modo in cui affrontiamo, viviamo la vita. A differenza della soddisfazione che finisce presto e dipende quasi sempre dall'esterno, la felicità dura e non può venirci sottratta. La sola felicità sta nell'amare in modo autentico e nel porre fine ad ogni pretesa. La felicità di esistere con la certezza di appartenere ad una storia più grande comprensiva di ogni unicità,felicità di amare e amarsi occupando uno spazio vitale, qualunque esso sia anche quello di una carrozzina. Il benessere dunque deriva dalla felicità e alcune questioni sollevate parlano di “controllo omeostatico”quando si verifica un tendenziale equilibrio tra i livelli di felicità che portano l'uomo ad adattarsi rapidamente
    ai cambiamenti dell'ambiente. Cogliere la felicità nella sua vera essenza è assumere una atteggiamento mentale positivo dove l'uomo non deve seguire il successo a tutti i costi, spinto da una spasmodica corsa all'apparire(piaceri futili e vacui) ma l'essere umano ha bisogno di sfide, di mettersi alla prova, rinforzare le proprie potenzialità e capacità. Penso che la vera sfida che crea il diritto ala felicità è scoprire nella diversità la propria unicità, accettare la diversità e non aver paura,imparando a penetrare lo spazio interiore dei sentimenti e dei pensieri. Altri studi condotti da Iavarone attestano la complessità del benessere, risultato dell'integrazione tra i sistemi biologico, psichico, sociale, e il benessere dipende non solo dal corretto funzionamento di organi e apparati, ma dagli stili di vita,dalla condizione dell'ambiente, dalle qualità umane dei contesti. Riflettere sul benessere significa non ignorare la sofferenza umana, ma alleviarla attraverso la promozione di una buona salute,resilienza, crescita psicologica. Alcuni studi hanno riflettuto sull'aspetto puramente materiale della felicità, giungendo alla conclusione che la felicità non si concretizza in virtù di quello che abbiamo o che possiamo ottenere, ma sono le circostanze esterne i principali predittori della felicità. E' il contesto relazionale, la partecipazione, la condivisone, le attività, il dare che ci consentono di vivere la felicità. Sen afferma che è necessario saper cogliere e attribuire il giusto valore a esperienze o situazioni e al di là della povertà, dell'eguaglianza, la felicità non si risolve soltanto nel nutrimento,ma nel rispetto e partecipazione alla vita della comunità. Parlare di felicità significa riaffermare la priorità e il valore dell'inclusione sociale. Quello che conta nella vita è il benessere dell'individuo, la sua dignità, la soddisfazione del quotidiano attraverso la creazione di situazioni assimilabili a quelle in cui vivono le “persone normodotate.” Si parla molto di “qualità della vita”ed io sottolineo le parole”qualità”e “vita”:la prima fa pensare a valori come la relazione, il benessere, la salute, la seconda ha a che fare con gli aspetti prioritari dell'esistenza dell'uomo. La qualità della vita della persona con disabilità non dipende dalla sua condizione soggettiva, ma dal livello di inclusione della società che la accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione. Ma come ci attestano gli studiosi in passato le persone con disabilità venivano assistite nelle istituzioni, ma questo processo di istituzionalizzazione delle persone, subiva la mancanza di progetti rivolti a migliorare la qualità della propria esistenza. Diventò dunque fondamentale procedere alla”normalizzazione”ossia a politiche che integrassero le persone con disabilità nella società. Ci si fa leva pertanto sulle capacità di autonomia,di indipendenza, di autodeterminazione perchè come sappiamo la forma più alta di cura è l'emancipazione. Attraverso la normalizzazione dunque si aumenta il livello della loro qualità di vita, perchè tutti abbiamo diritto alle pari opportunità per intraprendere una vita dignitosa(accesso all'istruzione, ai servizi collettivi, all'assistenza sanitaria). Un rilievo particolare meritano i bambini con ritardo mentale che come afferma Zigler sono vulnerabili ai disordini dell'umore, comportamenti disadattivi,Q.I basso,alti livelli di impotenza appresa cui deve essere favorito lo sviluppo di un sentimento globale di autoefficacia e le famiglie
    maggiormente in preda allo stress devono attivare emozioni positive e le percezioni positive giocano un ruolo centrale nei processi di coping. L'obiettivo è normalizzare le vite delle persone con disabilità .Io ritengo che a nessuno sia precluso di crescere e realizzarsi ed è per questo che io affermo con forza L'EDUCABILITA' come possibilità costitutiva di ogni persona. E' cio che afferma anche Iavarone la cui pedagogia promuove il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la salute e il suo sviluppo psicosociale,”Vivere bene” e quindi conseguire un progetto di benessere personale e sociale richiede la capacità di saper leggere l'ambiente, di interpretare rettamente i propri bisogni, dare forma e nome ai propri desideri e saperli perseguire con una sana progettualità. Nell'ambito della disabilità sono stati propinati in classe molti esempi di resilienza, di capacità di vincere le avversità del destino attraverso il sorriso. Esempi in ambito artistico sono il ritratto di ribera “ragazzo zoppo” portatore di un sorriso rivoluzionario, un sorriso che è l'esempio più atroce della miseria umana, il professore Vincenzo Palladino che ci insegna a vedere il sole li dove ci sono le nuvole e piove perchè la luce più brillante è quella che sale dal cuore,la signora tina, foriera di un sorriso che sembra cogliere un sogno, ossia la speranza di superare ostacoli insormontabili.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  antonia petrella Sab Mag 19, 2012 8:59 am

    CAPITOLO 1
    Nelle culture contemporanee le persone stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici.Il concetto di felicità compare in ogni cultura. Molte lingue distinguono la felicità tra qualcosa di immediato e qualcosa di più durevole e significativo. Molti usi del termine felicità possono essere classificati, e proprio Nettle classifica la felicità in tre livelli: il primo, la sensazione è provocato dal raggiungimento di ciò che si desidera; il secondo, non deriva solo dal risultato dei momenti negativi e positivi, ma comprende anche processi cognitivi più complessi; il terzo livello, la persona realizza le proprie potenzialità. Rompendo con la tradizione, in cui si valutava ciò che era sbagliato, la psicologia positiva invece si chiede che cosa permetta alle persona di fare bene, essere felici e soddisfatti. Gli esseri umani cercano continuamente di attribuire senso e significato agli eventi, e tale significato è funzionale alle nostre categorie e valori di riferimento che sono culturalmente costruiti. Canevaro afferma che il ben-essere di una persona è legato al capitale sociale, ovvero all'insieme di capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, con i contesti. Il fatto che il ben-essere sia concepito come un concetto soggettivo, ha fatto si che la psicologia, in quanto scienza, trascurasse la sua analisi per molti decenni. Il ben-essere è composto da diverse componenti: fisiche, psichiche, sociali, emozionali e psicologiche. Il ben-essere non dipende solo da corretto funzionamento degli organi vitali, ma soprattutto dagli stili di vita che una persona conduce. Non molto tempo fa, infatti, molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli. In parte queste istituzioni sono cresciute grazie al medico francese Edouard Seguin, che guidò la prime scuola per bambini disabili. Il modello formativo di scuola promosso da Seguin si diffuse rapidamente. Negli anni passati, si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie, e programmi basati sulla comunità che mirano a incontrare i bisogni materiali degli adulti. Questi programmi si avvicinano anche al concetto di autodeterminazione, che mira a rendere in grado le persone con disabilità di compiere scelte personali per la loro vita. Ecco allora perchè si cerca di promuovere il ben-essere delle persone disabili. L'obiettivo di questi programmi è quello di far si che queste persone siano in grado di mangiare, lavarsi, vestirsi, ma soprattutto, essere capaci di fare scelte per vivere la vita che essi scelgono di vivere. La qualità della vita comprende le esperienze di vita esterne e oggettive vissute dalle persone con disabilità. Migliorare le condizioni oggettivi di vita delle persone con disabilità è la giusta cosa da fare in una società equa. Una premessa di base della psicologia positiva è che la felicità e il benessere siano molto di più che la semplice assenza di preoccupazione o psicopatologia. Le persone con ritardo mentale sono a più alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi. Le persone con ritardo mentale sono vulnerabili agli stessi disordini dell'umore, malattie psichiatriche e difficoltà di adattamento incontrate dalla popolazione. La promozione degli stati positivi e quelli negativi potrebbero aiutare le persone con disabilità ad affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita di ogni giorno. Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale non avevano solo un basso QI, ma avevano anche una personalità distinta. Rispetto ai loro compagni della stessa età, bambini con ritardo mentale avevano minori aspettativi di successo, si affidavano molto di più agli altri invece che a se stessi per la soluzione di problemi. L'obiettivo infatti è quello di favorire lo sviluppo di un sentimento globale di autoefficacia fondato sulla possibilità di rendere potenti le persone nella gestione delle loro vite. Quando in una famiglia nasce un bambino con disabilità il fatto si trasforma in un evento angosciante e luttuoso. Inoltre recentemente l'attenzione si è spostata anche sui che differenziano le famiglie che superano la nascita di un figlio con disabilità. Si ritiene importante infatti, lo studio dell'impatto di una disabilità sull'efficacia delle strategie di coping dell'unità familiare e estendere il concetto delle percezioni positive come meccanismo di coping a livello della famiglia. Un atteggiamento negativo verso la disabilità da parte dei membri della famiglia, parenti, non influisce direttamente sul bambino ma può aggiungersi allo stress della famiglia. Proprio per questo motivo risulta importante approfondire i modi attraverso cui tali famiglie sono in grado di gestire lo stress e sviluppare percezioni positive che portano a una migliore qualità della vita. Dal momento che non si può negare che i genitori di bambini disabili abbiano a che fare con alti livelli di stress, ora diviene importante andare oltre alla descrizione di questi fattori stressanti e dei loro effetti avversi. E famiglie con un bambino con disabilità possono avere, e in effetti hanno, percezioni positive che li portano ad avere una migliore qualità della vita familiare e ad avere l'obiettivo di realizzare il pieno potenziale dei loro figli.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty felicità- disabilità....paradosso o realtà?

    Messaggio  raffaella piccolo Sab Mag 19, 2012 9:04 am

    Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, da esse, infatti, traiamo gli stimoli che muovono le nostre giornate .Anche se ogni singola emozione è importante e permette a chi la sperimenta di sentirsi vivo, l'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo fanno star bene e lo appagano, in una parola è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità . Quest'ultima è data da un senso di appagamento generale e la sua intensità varia a seconda del numero e della forza delle emozioni positive che un individuo sperimenta.
    Il tema della felicità appassiona da sempre l'umanità: scrittori, poeti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. Per tentare di definire questa condizione alcuni studiosi hanno posto l'accento sulla componente emozionale , come il sentirsi di buon umore, altri sottolineano l'aspetto cognitivo e riflessivo , come il considerarsi soddisfatti della propria vita. La felicità a volte viene descritta come contentezza, soddisfazione, tranquillità, appagamento a volte come gioia, piacere, divertimento.
    Nel periodo pre- socratico la felicità era strettamente legata alla fortuna (eudaimonia) ,ma con Socrate e con Aristotele si comincia ad affermare che l’uomo può essere felice grazie alle sue scelte e alla sua libertà ,anche contro la sorte.
    Nettle parla di felicità a tre livelli :
    • primo livello : è la sensazione data dal raggiungimento di uno stato voluto e desiderato e non coinvolge il ragionamento.
    • Secondo livello : la felicità è il risultato positivo nel bilancio tra piacere e dolore, tra emozioni positive e negative ;essa comprende dei processi cognitivi complessi come ad esempio il paragone con possibili risultati alternativi .
    • La felicità del terzo livello è più ampia e porta a riflettere su che cosa sia il vivere bene e in che misura esso viene realizzato .
    La felicità di terzo livello perciò non si può misurare facilmente come le altre due .
    Ryff sostiene che il ben-essere coinvolge una serie di elementi molto più complessi rispetto alla felicità di secondo livello quali: la crescita personale, la padronanza del proprio ambiente ,la franchezza con se stessi e l’assenza di dolore. Spesso i due termini, felicità e ben-essere, sono usati in modo intercambiabile, anche se il secondo ha una spiegazione più scientifica per cui esso è stato definito come “il vivere bene” da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico , anche in presenza di malattie temporanee o croniche (Schafer”).
    La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale, quest’ultimo, infatti, dipende non solo dal corretto funzionamento di organi o degli apparati vitali ma in particolar modo dagli stili di vita e di lavoro, dalla condizione dell’ ambiente e dalle relazioni umane; in pratica esso cambia sia nei” deversi tempi della vita che nei diversi luoghi”.
    IL ben-essere di ciascuno è strettamente legato allo sviluppo della collettività perché, come sostiene Ghedin , in quanto esseri viventi , noi tendiamo alla complessità :ognuno cerca di attribuire senso e significato agli eventi e tale significato è funzionale ai valori di riferimento che sono radicati nella nostra cultura; anche Canevaro afferma che il ben-essere di un soggetto non è legato solo alla sua condizione personale , ma al “capitale sociale” ovvero a tutte quelle capacità che l’individuo possiede e che gli permettono di organizzarsi e di adattarsi nel contesto in cui opera. Pertanto, ciascun individuo deve essere visto come “agente attivo” capace di cambiare in meglio la comunità in cui opera; questo, ovviamente vale per tutti gli appartenenti a tale comunità e in particolare per i cosiddetti svantaggiati e cioè i disabili, gli stranieri, gli anziani ecc.
    L’Icf afferma che la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole ;questo modello sostiene che la persona è la risultante dell’interazione tra diversi settori (biologico, personale, sociale ) e non può essere separata dal contesto in cui vive .
    Ognuno di noi ha un suo modo originale di vedere, ascoltare ,toccare pensare , ognuno ha un potenziale di “possibilità e limiti” :può essere creativo, produttivo ,espressivo in altre parole può costruirsi e vivere il ben-essere e decidere di essere quello che ha immaginato .Per agevolare questo percorso è fondamentale creare un ambiente positivo dove ogni individuo sia in grado di crescere con gli altri verso obiettivi comuni: questo compito è affidato all’educazione!
    EDUCARE è un termine che significa “tirare fuori” “condurre fuori da”.
    E l’etimologia presuppone che esista qualcosa in ogni uomo che deve essere scoperto: ogni uomo quindi è un mistero e un progetto da realizzare. Anche la persona disabile ha diritto a questo progetto di vita.
    Si parla molto di “qualità della vita” e io sottolineo le parole “qualità” e “vita”: la prima fa pensare a valori come la relazione, il benessere e la salute; la seconda indica che si ha a che fare con gli aspetti prioritari dell’esistenza dell’uomo.
    Come è stato detto fin qui la qualità della vita, della persona con disabilità - come quella di qualsiasi persona - non dipende dalla sua condizione soggettiva, bensì dal livello di inclusione della società che la accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione (istruzione, ausili, servizi e così via), oltre naturalmente dai comportamenti, dai sostegni e dalle risorse della famiglia, dall’ambiente di vita…Nell’800 Eduard Seguin medico francese, segui la prima scuola per i bambini disabili con l’intento di essere appropriatamente educati in modo da occupare un ruolo specifico all’interno della società ,ma questo tipo di scuola ben presto cambiò il suo obiettivo ,infatti, invece di farli ritornare all’interno della società li isolavano, diventando luoghi per tenere queste persone lontano da una società che diveniva sempre meno indulgente e più discriminante. Verso gli anni 60 queste istituzioni furono chiuse e si optò per l’inclusione di soggetti con handicap nella comunità ;furono sviluppati perciò servizi di educazione speciale e programmi di formazione per gli adulti il cui obiettivo era quello di portare le persone con disabilità a compiere scelte personali per la propria vita :attraverso lo sviluppo della capacità di autonomia si cerca di promuovere il benessere delle persone disabili partendo dai soggetti e dalla forza che essi esprimono piuttosto che dalle loro debolezze ; l’obiettivo non è solo quello di renderli autonomi nel mangiare ,vestirsi ,lavarsi ma anche e soprattutto tirare fuori le loro potenzialità e la capacità di scegliere la vita che essi desiderano ,tutto questo perché come sostiene Iavarone” il benessere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale , multidirezionale, multidimensionale”.
    Resta comunque la domanda : cosa occorre a una persona disabile per vivere una vita felice o almeno soddisfacente?
    Su questo argomento sono impegnati diversi filoni di ricerca i quali si sono concentrati soprattutto sui soggetti con ritardo mentale; in particolare” IL MOVIMENTO DELLA QUALITA’ DELLA VITA “ha analizzato la soddisfazione interna ,piuttosto che quella esterna, delle persone con disabilità mentale identificando alcune dimensioni chiave della qualità della vita quali: il benessere emozionale, le relazioni, il benessere fisico, e l’inclusione e , tra queste dimensioni, il benessere emozionale è quello più vicino alla felicità. Si sono chiesti se la soddisfazione interna migliora quando le persone con disabilità vivono in un ambiente soddisfacente dal punto di vista dei lavori, dei servizi; alcuni ricercatori hanno espresso parere negativo poiché hanno constatato che i fattori ambientali agiscono con una bassa percentuale sulla felicità complessiva . E’ pur vero, però, che migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità è la cosa più giusta da fare in una società che deve assicurare a tutti pari opportunità .In Italia la legge 104 offre alle persone disabili gli stessi diritti delle persone normodotate ;l’obiettivo è quello di normalizzare le vite di queste persone per portarle il più vicino possibile a quelle delle persone non disabili.
    Ma è sempre cosi?????? Nella teoria sicuramente , ma nella pratica ci sono molte cose da rivedere.
    Nella maggioranza dei casi la persona con disabilità è svantaggiata perché la società odierna non si preoccupa abbastanza che ci siano viaggiatori in sedia a rotelle, impiegati non vedenti, studenti sordi, persone autistiche, altre con enormi deficit a tutto campo, come hanno dimostrato i diversi video che abbiamo visionato (lab. sulle barriere architettoniche e incontro UNIVOC ) . Tutto questo non solo perché ci sono le barriere materiali ma perché perdurano le barriere psicologiche e la scarsa informazione sull’argomento.
    Per fortuna ci sono persone resilienti (Pistorius, Atzori e il Prof Palladino, per citarne solo alcuni) che armati di forza d’animo , di coraggio e di perseveranza hanno sfidato tutte le barriere raggiungendo il proprio stato di Ben-essere .

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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  roberta silvestro Sab Mag 19, 2012 9:12 am

    La felicità è stata al centro del dibattito filosofico,religioso ed educativo per centinaia di anni. Il concetto di felicità compare in ogni cultura,molti distinguono la gioia e il piacere che sono un qualcosa di più immediato, dalla soddisfazione o l’appagamento come qualcosa di durevole. Essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto,infatti la felicità è connessa al fatto di portare a compimento la propria vita. Nettle distingue la felicità in tre livelli: la felicità di primo livello ovvero quando le persone fanno un bilancio della propria vita e si rendono conto che hanno vissuto più momenti positivi che negativi,la felicità di secondo livello non viene calcolando sommando solo i singoli momenti,essa comprende anche paragoni con possibili risultati alternativi. Infine la felicità di terzo livello è rappresentata dall’ideale aristotelico del vivere bene,ovvero una vita in cui la persona realizza le vere potenzialità.
    L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Il ben-essere è stato definito vivere bene anche dinanzi a malattie temporanee o croniche. Seligmann afferma che la buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro,nelle relazioni e nel tempo libero. Waterman afferma che la felicità è massimizzata quando le attività di vita coincidono con i loro valori.
    La nostra società ricca offre tanti piaceri che velocemente diventano non più importanti,infatti quando inizia a calare la stimolazione che ha portato al piacere,quest’ultimo sparisce del tutto. Quindi l’essere umano ha bisogno di sfide,di rinforzare le proprie potenzialità e capacità.
    Il concetto di ben-essere è cambiato molto anche nella condizione dei disabili. Inizialmente chi si occupava di disabilità non si preoccupava di promuovere il ben-essere dei disabili come possibilità di vivere esperienze positive,ma venivano assistiti molto spesso con finalità caritatevoli. Seguin,medico francese,nell’800 guidò la prima scuola per bambini disabili,egli fece in modo che quest’ultimi dovevano essere appropriatamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. L’obiettivo non è unicamente quello di far si che queste persone siano in grado di mangiare,vestirsi,lavarsi ma soprattutto possano attingersi alle loro potenzialità per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Proprio come ha fatto la signora Tina,che a causa di una cattiva sanità ,a seguito di un intervento, è rimasta paralizzata la parte destra del suo corpo. Ella non si è abbattuta,anzi,ha ripreso a vivere la sua vita da capo. Ha imparato a fare l’uncinetto con una sola mano,a lavorare la ceramica,quindi nonostante la sua disabilità è riuscita a riprendersi la sua vita con un grande sorriso e grande forza di vivere. Questo è proprio l’esempio vivente di tutto ciò di cui si parla in ben-essere disabili,ovvero far si che i disabili vivano la propria vita a pieno,ed avere il diritto di scegliere come viverla. Come sostiene Iavarone il ben-essere è definito come uno stato complesso perché multicomponenziale,multidirezionale, multidimensionale. La pedagogia,infatti,ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del disabile,occupandosi dell’istruzione ma anche dell’educazione,tutelando il suo sviluppo non solo fisico ma anche psicologico.



    Giulia Marciano
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Quanto è bello essere felici!!!

    Messaggio  Giulia Marciano Sab Mag 19, 2012 9:17 am

    FELICITA’, che bella parola!!! Ma cos’è?!? Come si diventa felici?!?!?
    Un’emozione, una buona sorte, un piacere,una soddisfazione. Aristotele sostiene che l’uomo, con le sue abilità e le sue scelte può DIVENTARE FELICE, felicità di una vita non di un attimo. Nettle ci parla dell’esistenza di 3 livelli di felicità:
    PRIMO LIVELLO: l’affermazione della felicità, una felicità in fieri, si fa riferimento a piaceri ed emozioni positive.
    SECONDO LIVELLO: la fase di soddisfazione.
    TERZO LIVELLO: l’eudaimonia: la persona prospera o realizza le proprie potenzialità.

    Spesso la felicità diventa sinonimo di ben-essere, di vita piacevole, per me si è felici quando ci si realizza in ogni ambito cercando di fare del bene alle persone che mi circondano.
    Nel CAMPO EDUCATIVO, si è felici e si rende felici se si adotta un atteggiamento positivo nell’affrontare l’esperienza di vita, affrontando ogni singolo giorno con il sorriso!!!
    Il ben-essere del singolo è proprio quello della collettività, si è felici se si rende felici!!!
    Il BEN-ESSERE, facendo riferimento a Iavarone, si trasforma sia sincronicamente sia dia cronicamente, può essere un attimo e un’eternità, dipende dagli stili di vita, di lavoro, dal tempo libero, dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti.
    Parlando di ben-essere nell’ambito della disabilità, EDOUARD SAGUIN, medico francese, guidò la prima scuola per bambini disabili grazie alla quale, questi bambini trovarono il giusto ruolo nella società.
    In seguito alla nascita di alcuni servizi sociali ed educativi, le persone disabili scoprono la felicità, scoprono l’essere PERSONE non l’essere disabili, riescono a scegliere ciò che è più giusto per se stessi, a raggiungere un ben-essere MULTIDIMENSIONALE.
    Il ben-essere per una persona disabile è poter dire: anch’io posso, sono autonomo, sono fortunato.
    Confido molto nella società affinchè riesca ad abbattere le barriere architettoniche e contribuisca al ben-essere delle persone disabili, perché grazie alla lezione svoltasi in aula sulle barriere architettoniche, ho notato quando siamo ignoranti, menefreghisti, ma soprattutto quanto siamo arretrati!!!
    Diamo colore alla nostra vita, non facciamo gli egoisti, pensiamo alla felicità comune, perché LA FELICITA’ DEL SINGOLO E LA FELICITA’ DI MOLTI!!! Very Happy Very Happy Very Happy
    carmela clemente
    carmela clemente


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  carmela clemente Sab Mag 19, 2012 9:33 am

    Oggi nella nostra società si parla tanto di FELICITà però cercare una definizione assoluta e valida per tutti gli uomini sulla Terra è assai difficile. Il concetto di felicità infatti è presente in tutte le culture in modi diversi: alcuni la associano a qualcosa di estremamente immediato come la gioia o il piacere, altri a qualcosa di pìù durevole come la soddisfazione o l’appagamento. Nel mondo mitico e in quello presocratico la felicità era invece strettamente legata alla fortuna, alla sorte ma con i grandi filosofi Socrate, Platone, Aristotele si afferma che l’uomo può diventare felice con le sue scelte e con la sua libertà anche contro la sorte. Interessante è anche la classificazione fatta da Nettle che suddivide la felicità in tre livelli: la felicità di primo livello è dovuta dal senso immediato provocato da una sensazione o da un’emozione; la felicità di secondo livello riguarda non le sensazioni ma i giudizi dati dal bilancio delle sensazioni; la felicità di terzo livello si ha quando le persone realizzano le proprie vere potenzialità. Molto spesso la felicitò viene associata al ben-essere tanto che sono usati come sinonimi. Il ben-essere è sia una componente cognitiva che riguarda l’intera soddisfazione di vita sia una componente affettiva. Il ben- essere è stato definito “vivere bene sia da un punto psicologico, fisico, spirituale anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica". Lo stesso Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ma all’insieme di capacità che il soggetto ha di organizzarsi e adattarsi grazie alle strutture che lo circondano. Ghedin sostiene che gli esseri umani cercano continuamente di attribuire senso e significato agli eventi, ai comportamenti e ai valori di riferimento che sono culturalmente costruiti. La Delle Fave ritiene che bisogna considerare l’individuo come un soggetto attivo di cambiamento e di sviluppo della comunità. Gli individui non sono di per sé svantaggiati ma il loro svantaggio è determinato dall’ambiente sociale e culturale in cui vivono. Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso di complessità condivisione, ad usare i propri talenti e punti di forza. Ogni essere umano infatti è unico e irripetibile. Dal punto di vista educativo ciò significa che tutti abbiamo le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo e il ruolo dell’educazione è quello di permettere l’attivarsi di queste potenzialità attraverso un ambiente facilitante in cui i soggetti possono essere in grado di co-evolvere insieme in modo positivo. Proprio lo studio del ben-essere ha come obiettivo quello di individuare i metodi che possono aiutare l’individuo ad aumentare il suo livello di ben-essere. Inizialmente però il problema maggiore di coloro che si occupavano di disabilità non era certo quello di favorire il ben- essere dei disabili ma di aiutarli a inserirli nella società. E nel lontano 1800 Seguin guidò la prima scuola per disabili affinchè potessero essere educati e assumere il giusto ruolo nella società. Però successivamente le scuole invece di favorire il ritorno delle persone nella società, le istituzioni divennero posti per tenere le persone lontane dalla società meno indulgente e accettante. Subito dopo però gli anni 50 e 60 del secolo scorso il concetto di normalizzazione venne condiviso dalle famiglie e dagli operatori conducendo verso l’ inclusione delle persone con disabilità nelle scuole cercando di renderle autonome. L ‘obiettivo infatti di coloro che si occupano di disabilità non è solo quello di far in modo che queste persone siano in grado solo di vestirsi, mangiare ma soprattutto possano attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono. Vari sono stati i filoni di ricerca che hanno contribuito a indagare le dimensioni di felicità e ben-essere nella disabilità:
    il movimento della qualità della vita che comprende le esperienze esterne e oggettive vissute dalla persona con disabilità e associa il ben-essere emozionale alla felicità;
    il movimento della doppia diagnosi in cui i ricercatori cercano di alleviare i problemi in persone con disabilità e non nel promuovere stati positivi;
    personalità-motivazione e felicità, Zigler sostiene che i bambini con disabilità non solo hanno un QI basso ma che avevano personalità distintive e motivazionali che derivavano dai loro aumentati indici di fallimenti. Avevano minor aspettative di successo e invece di affidarsi a se stessi nella riuscita di un compito si affidavano agli altri. Ed è stato osservato che è importante migliorare la motivazione intrinseca per aumentare il comportamento e l apprendimento per bambini con deficit mentale;
    La ricerca sulla famiglia ha dimostrato che la madre rimpiange la perdita del bambino sano e bello e si riaccende a ogni fase dello sviluppo del bambino con disabilità
    L’obiettivo politico è quello di normalizzare le vite delle persone con disabilità attraverso la formazione di diversi professionisti che gestiscono azioni di cura,di sostegno. Le persone infatti con disabilità devono essere aiutate a sviluppare le loro potenzialità e acquisire forza e potere per determinare il proprio stato di ben-essere.La prof. Iavarone afferma che la pedagogia ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto occupandosi della sua istruzione,della sua educazione tutelando la sua salute e il suo sviluppo PSICOSOCIALE!!!
    Durante il corso abbiamo avuto l’opportunità di riflettere su alcune persone che nonostante la loro dsabilità riesco a essere felici, a sorridere di più di quanto facciamo noi “normali”come:
    Simona Atzori è una ragazza speciale che è riuscita a superare il suo limite fisico e a rendere la sua vita meravigliosa. È proprio vero ,come ha affermato lei stessa, che i limiti esistono solo negli occhi di chi guarda poichè la bellezza delle cose dipende da noi che osserviamo il mondo; Oscar Pistorius che è riuscito a vincere la sua situazione avversa in quanto fin da piccolissimo è stato costretto all’imputazione di parte delle gambe. Nonostante questa sua mancanza non si è mai arreso e fermato anzi è riuscito addirittura a partecipare a varie gare sportive utilizzando i flex foot cioè protesi in fibra di carbonio che sono un esempio di tecnologie integrative usate come completamento di una parte mancante del corpo; il grande prof Palladino che continua ad amare e a far amare la vita con il suo senso di umorismo pur essendo non vedente; e anche la signora Tina che è uscita vincitrice dalla sua battaglia personale nei confronti d coloro che le avevano rovinato la vita!!!


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    Carmen D'Alessio


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty L'educazione inclusiva...

    Messaggio  Carmen D'Alessio Sab Mag 19, 2012 10:36 am

    Ho letto entrambi i capitoli ma il sesto è quello che maggiormente mi ha colpito e ci tendo ad iniziare così: L’educazione inclusiva ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita della persona, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.( Iavarone,2008)

    Cos’è l’inclusione? Le definizioni sono molteplici e in molti paesi essa è ancora percepita come un approccio che si occupa di inserire i bambini con bisogni educativi speciali nelle classi ordinarie, ma sul piano internazionale tale concetto viene visto in un’ ottica più ampia: una riforma che sostiene e valorizza la diversità tra tutti gli alunni. L’educazione inclusiva quindi può essere intesa come un processo che comprende le trasformazioni di scuole e centri d’apprendimenti per favorire l’esigenza di tutti i bambini, quelli affetti da ADS, quelli con disabilità e quelli che presentano difficoltà nell’apprendimento, promuovendo un’ effettiva partecipazione dell’individuo nella società e il raggiungimento del suo pieno potenziale. L’UNESCO è tra le organizzazioni più impegnate nel concettualizzare l’educazione inclusiva a cominciare dai documenti della conferenza di Salamanca del 1994 e dal Forum mondiale dell’educazione svoltosi a Dakar nel 2000. In particolare quest’ultimo(il Forum) ha dichiarato che l’educazione per tutti deve prendere in considerazione la necessità dei poveri e svantaggiati (inclusi i bambini lavoratori, le minoranze etniche e linguistiche,bambini, giovani e adulti coinvolti in conflitti) vedendo quindi l’inclusione come un processo per indirizzare e rispondere alla diversità di bisogni di tutti i bambini, giovani e adulti attraverso l’aumento della partecipazione nell’apprendimento, nella cultura e nella comunità, riducendo ed eliminando l’esclusione da e nell’educazione.
    L’educazione inclusiva è essenziale per perseguire l’equità sociale ed è un elemento costitutivo dell’apprendimento per tutta la vita per tale motivo è importantissimo che tutti i bambini abbiano accesso all’inclusione. La realizzazione di un sistema educativo più inclusivo richiede un forte impegno ad operare per una società più giusta, equa e pacifica. Richiede l’adozione di politiche intersettoriali che eliminino i fattori sociali, economici, politici e culturali che producono esclusione sia dal sistema educativo che all’interno del sistema stesso. L’approccio dell’educazione inclusiva è caratterizzato da un ampio cambiamento nel modo in cui la disabilità viene compresa ed è stato formulato un nuovo modello sociale di disabilità nel tentativo da parte delle persone disabili di vedere riconosciuti i propri diritti alla completa partecipazione poiché l’ambiente sociale in cui essi vivono li esclude da essa. Le società sono organizzate per incontrare i bisogni della maggioranza delle persone non disabili rispetto alla minoranza delle persone disabili, pensiamo alle mille barriere architettoniche, se c’è chi ha difficoltà ad accedere al trasporto pubblico non è semplicemente perché ha una menomazione fisica, ma piuttosto perché esso non è costituito per essere sufficientemente accessibile( mancanza di pedane).
    L’inclusione viene supportata da attori quali insegnanti, genitori, comunità, istituti di formazione dalle cui relazioni dipende un ottimo ambiente di apprendimento per essa.
    C’è l’insegnante che ha la responsabilità per i bambini e per il loro apprendimento quotidiano, la famiglia e la comunità che se ben informate e preparate possono essere risorse molto importanti, insomma ognuno di loro ha un compito ma tutti gli educatori hanno lo stesso obiettivo: creare un discorso sulla differenza in cui tutti i bambini abbiano la possibilità di accesso, vengano considerati per le loro caratteristiche uniche e sostenuti con opportunità di apprendere e agire in molteplici modi che consentono di rispondere ai bisogni individuali e perseguire gli obiettivi personali. Ne consegue che una scuola inclusiva debba offrire possibilità e opportunità di un ampia gamma di metodi di lavoro e trattamento individuale per assicurare che nessun bambino sia escluso dalla socializzazione e dalla partecipazione nella scuola. In essa bisogna adottare e promuovere dei Curricula accessibili e flessibili per dare libero sfogo alle differenti abilità e necessità dei bambini, ma indipendentemente da queste, la scuola, per promuovere un’educazione inclusiva deve favorire una buona educazione a tutti loro. Gli insegnanti per intraprendere un insegnamento nell’educazione inclusiva devono conoscere i principi di tale educazione e implementarli, individuare gli studenti che hanno bisogno di educazione speciale, conoscere e essere capace di applicare i metodi e gli approcci nel campo dell’educazione inclusiva, valutare in un ambiente salutare. Inoltre essi devono possedere le attitudini, le abilità e le disposizioni che li renderanno in grado di essere insegnanti sicuri ed efficaci di studenti con abilità varie,con diversi livelli di apprendimento e con bambini disabili.
    E’ l’insegnante che si trova a dover affrontare un’ampia diversità interna alla classe e a dover adattare, o preparare, il curriculum in modo tale che tutti gli alunni,sia quelli con disabilità, sia i più bravi, trovino lo spazio sufficiente. A volte però un alunno disabile necessita di un aiuto specifico, del così detto “insegnante di sostegno”, ed è qui che entra in gioco il co-insegnamento e cioè la collaborazione tra insegnati che consente di attuare un programma che sia il più possibile collegato a quello della classe, evitando così l’emarginazione, che vorrei ricordare è lo scopo di tutto questo lavoro!
    I genitori posso essere collaboratori importanti nell’aiutare i loro bambini ad acquisire specifiche abilità, infatti coinvolgere i genitori nell’ambito scolastico non solo conduce allo sviluppo di relazioni positive tra casa e scuola ma rende anche più probabile che essi prendano un interesse attivo nell’educazione dei loro bambini. Questo può dare effetti benefici per i bambini quando vedono i propri genitori e gli insegnanti co-operare. Tutti i genitori hanno bisogno di informazioni riguardo i loro bambini, dovrebbero capire gli obiettivi di base della classe e avere informazioni circa le politiche della scuola, e dove possibile devono essere coinvolti nel processo di presa decisione, essere tenuti informati del progresso, delle forze e delle debolezze dei propri figli. I genitori devono essere visti come dei partner nell’educazione e l’UNESCO sostiene che a tal proposito è essenziale che i genitori siano visti come partecipanti attivi, che vengano ascoltati quando parlano dei propri figli. E’ fondamentale che nelle scuole ci siano buone relazioni sociali (tra genitori,insegnanti, scuola) poiché attraverso queste è possibile favorire i progressi educativi del bambino. Dell’inclusione si è occupato anche L’Index(per l’inclusione) proposta e realizzata da Tony Booth e Mel Ainscow per il Centre For Studies On Inclusive Education (CSIE), rappresenta uno dei primi tentativi operativi di caratterizzare il concetto di inclusione all’interno delle strutture scolastiche, il cui obiettivo è quello di trasformare cultura e pratiche per arrivare a essere una scuola per tutti. Infatti il termine “inclusione” prende in carico non solo i bambini disabili e quelli con bisogni educativi speciali ma l’insieme delle differenze (motore per il miglioramento e il progresso della scuola ) ,comprendendo anche gli alunni “normali” e quelli dotati. L’Index ha la funzione di accompagnare il processo di autoanalisi di un’istituzione scolastica con l’obiettivo di ridurre le barriere all’apprendimento e alla partecipazione, per favorire la realizzazione di ogni studente e per creare comunità solidali.
    Il Capability Approach ( l’approccio della Capability) invece è stato sviluppato da Amartya Sen ed è un approccio olistico, capace di considerare tutte le dimensioni del benessere individuale, superando così l’ottica ristretta della menomazione e delle condizioni invalidanti. Un approccio che restituisce dignità alla persona attraverso la centralità dell’essere umano. In questi ultimi anni l’approccio della Capability è stato considerato in ambito educativo, il quale considera l’educazione connessa con la libertà umana, libertà che viene espressa in termini di capabilities umane e funzionamenti. Essere ben educato implica l’espansione di altre capabilities ( espansione delle capacità o abilità e l’espansione nelle opportunità che il bambino ha).inoltre per Sen il tipo di educazione che meglio articola il concetto della Capability Approach è quello che rende le persone autonome e sviluppa la capacità di giudizio circa la capabilities e il loro esercizio. Tale approccio non è una teoria educativa ma è una struttura di pensiero ed apre la strada ad un innovativo modello per riesaminare l’educazione e in particolare l’educazione inclusiva infatti Caldin sostiene che l’inclusione deve essere una modalità esistenziale , un diritto di base che nessuno deve guadagnarsi è dovere dei governi e delle comunità rimuovere le barriere e gli ostacoli che impediscono l’inclusione sociale dando risorse adeguate affinché i bambini con disabilità possano crescere in ambienti inclusivi.

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    fabiola loffredo


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty FABIOLA LOFFREDO ESERCIZIO FINALE: "BENESSERE DISABILI" CAPITOLO 1: "BENESSERE NELLA DISABILITA'"

    Messaggio  fabiola loffredo Sab Mag 19, 2012 11:27 am

    Che cos'è la felicità?? Questa domanda ha rappresentato la base del dibattito filosofico,religioso ed educativo per centinaia di anni. Molte lingue distinguono tra qualcosa di immediato,come il piacere e qualcosa di più significativo,come la soddisfazione.
    Il termine "felicità" deriva da "EUDAMONIA",che sta a significare buona sorte. Con questo termine si intende,una vita in cui la persona realizza le proprie vere potenzialità. In questo senso quindi,la felicità è strettamente legata alla fortuna.
    Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità in modi differenti. Primo,una persona può avere emozioni positive circa il passato,come la soddisfazione e emozioni positive circa il futuro,come la speranza e l'ottimismo. Esiste poi una forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati,mettendo alla prova le nostre abilità. Un'altra strada,infine,è di individuare talenti personali e forze. Quindi la felicità risulta non dal perseguimento del piacere,ma dallo sviluppo delle forze e virtù individuali. Questo ha un ruolo significativo in campo educativo. L'obiettivo primario è quello di favorire un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria felicità.
    Canevaro afferma che il benessere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ma al cosidetto "capitale sociale",ossia l'insieme di capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi con i contesti. Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso di complessità e condivisione,ad usare efficacemente i propri talenti per costruirsi e vivere il ben-essere. L'essere umano ha bisogno di sfide,di mettersi alla prova,rinforzando le proprie potenzialità.
    Un medico francese,Edouard Seguin,sosteneva che i bambini con disabilità potessero essere educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. Si è cercato,allora, di promuovere il benessere delle persone disabili,affermando l'importanza di considerare il benessere non come uno stato individuale,ma come un progetto dinamico da condividere con gli altri; considerando anche gli avvenimenti negativi da un punto di vista positivo che ciascun evento reca in se stesso. L'obiettivo non è solo quello di far si che queste persone siano i n grado di vestirsi,di lavarsi e di mangiare; ma soprattutto possano attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Proprio per questo risulta importante sviluppare percezioni positive che portano ad una migliore qualità della vita.
    Molti paesi hanno adottato questa visione attraverso politiche ufficiali; ad esmpio in Italia si è cercato di offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili. L'obiettivo politico,appunto,è quello di "normalizzare" le vite delle persone con disabilità,per migliorare non solo il loro standard di vita ma anche il loro benessere soggettivo.
    E' necessario ricordare che le persone con deficit sono innanzitutto persone e cittadini a pieno titolo che necessitano dello stesso benessere e della stessa felicità delle persone normodotate. A tal proposito la prof. Iavarone sottolinea l'importanza del benessere e della qualità della vita del soggetto,occupandosi della sua educazione,ma soprattutto tutelando la sua salute e il suo sviluppo sia fisico che psicologico.
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    Antonella Leonetti


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Antonella Leonetti Sab Mag 19, 2012 11:33 am

    Elisabetta Ghedin nel testo “Ben-essere disabili” affronta nel primo capitolo un tema che da sempre caratterizza la vita di ogni individuo la felicità, ma che solo recentemente è diventato oggetto di studio delle scienze sociali. In particolar modo si è occupata di questo tema la psicologia positiva, indagando le esperienze umane e le situazioni che sono fonte di felicità per gli individui. Nonostante la felicità sia diventata solo in quest’ultimo periodo oggetto di studio, essa la ritroviamo in ogni cultura; “eudaimonia” derivante da buon demone, rappresentava nel mondo antico e presocratico la buona sorte e in questo contesto la felicità era legata alla fortuna. Il nesso felicità-fortuna è stato poi ripreso anche nelle lingue anglosassoni con il termine “happiness” e con quella tedesca attraverso la parola “gluck”. Successivamente con Socrate, Platone ed Aristotele la parola eudaimonia assume nuovi significati in quanto legata alla libertà del soggetto contro la sorte. Ghedin nel suo testo riprende le parole della psicologa Carol Ryff, secondo la quale il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi costituiti dalla crescita personale, dalla finalità, dal proprio ambiente, dal piacere e dall’assenza di dolore. Il ben-essere soggettivo è quindi costituito da una componente cognitiva ed una affettiva, in cui a livello individuale tra le caratteristiche che contribuiscono al ben-essere troviamo la felicità, l’ottimismo, la perseveranza, invece a livello sociale sono molto importanti il supporto sociale, il senso di appartenenza e di armonia con il proprio ambiente. In questa prospettiva il ben-essere viene definito da Schafer, come un“vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico”. Seligman e Peterson, studiosi della psicologia positiva, ritengono importante l’individuazione di talenti e punti di forza di ogni persona per raggiungere la felicità in ogni contesto da quello lavorativo a quello relazionale e del tempo libero. Molto importante risulta, in questa direzione, il ruolo dell’educatore il quale deve suscitare curiosità ed interesse in tutte le persone. L’obiettivo dell’educazione sarà favorire la crescita di atteggiamenti positivi nei confronti di tutte le esperienze, sia positive che negative, in modo tale da adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria e dell’altrui felicità. A tal proposito Canevaro afferma che il ben-essere di una persona non è legato solo alla sua condizione individuale, ma anche al “capitale sociale”, ossia alla capacità di ogni essere umano di adattarsi e organizzarsi con il contesto. Delle Fave afferma, inoltre, l’importanza di considerare ogni individuo, compresi i componenti dei cosiddetti gruppi svantaggiati (disabili, immigrati, anziani ed altre minoranze), come soggetto unico ed irripetibile, protagonista della società. Ciascun individuo deve essere incoraggiato ad usare i propri punti di forza, i propri talenti in un ambiente facilitante ed inclusivo in cui i gruppi svantaggiati non vengano emarginati dalla società perché lontani da canoni di “normalità”, ma vengano coinvolti attivamente. Nella metà del 1800 un medico francese Edouard Seguin guidò la prima scuola per bambini disabili. Seguin riteneva che i bambini con disabilità potessero essere educati e quindi assumere un ruolo attivo nella società; questo modello si diffuse rapidamente, ma successivamente queste scuole cambiarono in modo negativo il loro obiettivo, in quanto divennero meno educative e più affidatarie. Le nuove istituzioni, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, invece di favorire il ritorno dei disabili nelle città, si trasformarono in luoghi isolati in cui tenere lontane queste persone dalla comunità. Successivamente si è diffusa l’idea secondo cui anche i gruppi minoritari tra cui i disabili, essendo parte di una società, dovessero essere inclusi nella comunità. Contemporaneamente, sono stai sviluppati, come afferma la Iavarone, servizi di educazione speciale caratterizzati da programmi di supporto alle famiglie e alla comunità che hanno l’obiettivo di facilitare l’indipendenza e l’autonomia delle persone con disabilità. Tra questi programmi troviamo la domotica attraverso cui, come abbiamo visto nel video di Andrea Ferrari, la persona con disabilità può svolgere autonomamente qualsiasi attività quotidiana. L’educazione speciale si pone l’obiettivo di partire dai punti di forza di ogni soggetto, disabile o normodotato, e non dalle sue mancanze o debolezze, punti di forza presenti nella storia della signora Tina, la quale non si è arresa davanti alle difficoltà derivate da un intervanto riuscito male anzi la signora, un vero e proprio esempio di resilienza, è andata avanti, a testa alta . Il ben-essere, come afferma la Iavarone, non può essere collegato solo ad una condizione di ben-essere fisico o economico in quanto è complesso e costituito da diverse componenti. A tal proposito diversi filoni di ricerca, tra cui il Movimento della Qualità della vita, si sono occupati del ben-essere e della felicità nella disabilità. Recentemente un team di esperti ha identificato alcune dimensioni importanti della qualità della vita per i disabili come: il ben-essere emozionale, le relazioni interpersonali, il ben-essere materiale, l’inclusione sociale e i diritti. Tra le numerose ricerche svolte dagli studiosi della psicologia positiva, è stata condotta anche una sulle famiglie di bambini con disabilità. Da queste ricerche è emerso come siano connesse profonde aspettative di gratificazione personale e sociale alla nascita di un bambino. Quando invece il bambino non è né sano né bello, ma disabile questo momento si trasforma in un evento angosciante e luttuoso anche se ricerche recenti hanno dimostrato come altre famiglie superino la nascita di un figlio con disabilità: in questo caso la famiglia, come sostiene Visentin, diventa un “sistema interagente” in quanto sviluppa emozioni positive quali la creatività e la flessibilità nel pensiero e nella risoluzione di problemi. L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità, come ricorda la Ghedin nel suo testo, è una bassa qualità della vita che deve essere migliorata attraverso politiche ufficiali. Nel Regno Unito è stato emanato il Disability Discrimination Act e in Italia la Legge 104/92 per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili, facilitando l’accesso delle prime al mercato del lavoro, all’educazione e ai trasporti per stimolare la partecipazione sociale. La Iavarone sostiene, a tal proposito, che attraverso la pedagogia speciale ci si possa occupare non solo dell’istruzione delle persone con disabilità ma anche della loro educazione, tutelando la loro salute, lo sviluppo fisico e psicosociale attraverso la formazione di diversi professionisti che gestiscano relazioni di cura, sostegno, aiuto non solo ai disabili ma anche alle loro famiglie.

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    Palma Napolano


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Palma Napolano Sab Mag 19, 2012 12:16 pm

    L'educazione non è un privilegio per pochi ma un diritto per tutti.
    L'educazione inclusiva è un processo che comporta la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento per andare incontro a quelle che sono le esigenze di bambini con disabilità,bambini affetti da AIDS e HIV e di tutti quegli studenti che appartengono a minoranze etniche.L'educazione inclusiva non solo accompagna il bambino nel suo percorso di crescita ma tende alla realizzazione di una società inclusiva ossia di una società non discriminatoria. Lo scopo della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ,approvata dall' Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 3 dicembre 2006 ,è quello di promuovere e assicurare i diritti umani per le persone con disabilità e riconosce che i pregiudizi e le barriere sociali sono causa di disabilità. L'educazione inclusiva sostiene che quelle che noi chiamiamo barriere sociali possono essere rimosse mediante una collaborazione attiva tra politici,personale scolastico e i membri della comunità sociale, e ci offre una nuova visione della disabilità,non più incentrata sulle menomazioni della persona disabile e sulle difficoltà che essa provoca, sposta invece l'attenzione dalla tragedia personale dell'individuo all'ambiente socaile, un ambiente ostile a quelle che sono le esigenze di un disabile in quanto se una persona con disabilità non riesce ad usufluire di un servizio pubblico non è a causa di una sua menomazione fisica o sensoriale ma è perchè esso non è costruito per essere sufficintemente accessibile. Tuttò ciò ci fa comprendere come la società sia aperta ad incontrare i bisogni della maggioranza e non quelli delle persone disabili. Vivendo in una sociatà ostile a quelle che sono le problematiche del disabile, i bambini che presentano menomazioni possono trovare difficoltà nel sistema educativo.Nella creazione di una società inclusiva importantissime sono quelle relazioni che vengono a crearsi tra gli insegnanti,i genitori,altri studenti e la comunità. Ogni bambino deve essere considerato per le sue caratteristiche uniche. Molto spesso si crede che la causa delle difficoltà di apprendimento siano dovute a colui che apprende non considerando le influenze ambientali sull'apprendimento che comincia dai primi anni di vita ossia prima che il bambino vada a scuola. All'interno dell'ambito scolastico la figura chiave è l'insegnante,il quale deve conoscere i principi dell'educazione inclusiva,individuare gli studenti che hanno bisogno di educazione speciale,conoscere e essere in grado di applicare i metodi nel campo dell'educazione. Ainscow sostiene che una scuola efficace deve avere una leadership e un corpo docente che siano in grado di rispondere a tutti i bisogni degli studenti,in quanto il compito degli insegnanti è quello di stimolare le abilità di costoro e devono essere sicuri che ciascun bambino comprenda le istruzioni e le modalità di lavoro. Le princiapali barriere architettoniche all'inclusione sono gli atteggiamenti negativi dei dirigenti scolastici ,insegnanti e adulti. Secondo la maggior parte degli insegnanti l'inclusione dei bambini con disabilità nelle loro classi è destinata a fallire,questa concezione nasce poichè si crede che i bambini con disabilità tolgano tempo ai docenti che non potrebbero più dedicarsi agli studenti che non hanno nessuna difficoltà e perchè l'insegnamento a bambini con disabilità richiede delle abilità specializzate.Booth,Ainscow,Demeris e altri autori sostengono che i bambini con disabilità acquisiscono numerosi benefici più dalle classi regolari che da quelle speciali,inoltre si osserva che gli stessi studenti senza disabilità subiscono miglioramenti nelle classi in cui sono presenti bambini con disabilità.Secondo Ford tutti gli insegnanti devono avere una comprensione dei contesti politici,sociali e storici della disabilità,conoscere il sistema di educazione speciale ed essere preparati a lavorare in una struttura inclusiva e collaborativa.Molto spesso quando un docente non ha esperienza nei confronti di un bambino con disabilità si richiede un docente di sostegno con il quale il bambino potrà mettersi alla pari con gli altri.Gli insegnanti che hanno atteggiamenti meno disponibili verso l'inlusione tendono ad accusare gli studenti e i genitori del loro fallimento, a contrastare tale categoria vi sono i docenti che ritengono di avere responsabilità nell'istruzione di tutti i bambini e cercano di abbattere le barriere per tutti gli studenti con disabilità e con bisogni educativi speciali,creando rapporti collaborativi e di informazione con genitori e colleghi.Le scuole dovrebbero fornire conoscenze e abilità per proteggere i bambini da qualsiasi tipo di sfruttamento. Il docente deve essere anche in grado di creare dei legami con i suoi alunni,in cui vi è una relazione di dare e avere, e allo stesso tempo deve creare relazioni sociali tra gli alunni,in quanto tali relazioni sembrano beneficaire molto al bambino disabile che entra in comunicazione con l'altro.L'insegnante deve dar vita ad un curriculm ben preciso,in modo che tutti gli alunni possano seguirlo,e laddove persistano differenze chiedere supporto ad altri colleghi. L'obbiettivo principale è quello di eviatre l'emarginazione ed è per questo che oggi giorno si tende a creare un rapporto collaborativo tra insegnante specializzato e gli altri insegnanti della classe,tale pratica è detta co-insegnamento dove entrambi collaborano nella progettazione,valutazione e coordinamento dei programmi educativi.L'insegnante specializzato non solo svolge una funzione di sostegno per il bambino con disabilità ma cerca di migliorare la struttura scolastica nel superare le barriere per l'apprendimento e la partecipazione.Nella formazione del bambino fondamentale non è solo la figura dell'insegnante ma anche quella della famiglia,ed è per questo che è importante sottolineare il rapporto che viene a crearsi tra scuola-famiglia. La famiglia va aggiornata sull andamento del figlio,in quanto può contribuire nell'aiutare il prorpio figlio ad acquisire specifiche abilità. Allan afferma che diventare inclusivi significa diventare un pò come i politici,ossia predisporci all'ascolto dei bambini e dei loro genitori circa quello che significa per loro inclusione.Negli ultimi anni si è concentrata molto l'attenzione sull'approccio della capability che considera l'educazione fortementa connessa con la libertà umana;di conseguenza l'educazione deve fornire non solo competenze e abilità verso il mercato del lavoro ma abilità di vita,in quanto si deve essere in grado di conoscere,vivere e agire in un ambiente sociale.Esso rivolge lo sguardo a come il bambino interagisce con il suo ambiente scolastico e vede la disabilità come una ineguaglianza verticale o come differenza che deve essere superata quando viene messa a confronto con l'assenza di disabilità.La pubblicazione in Italia dell’Index per l’inclusione rappresenta un evento importante.Il volume di Booth e Ainscow, pubblicato nel2000 dal Centre for Studies on Inclusive Education, è diventato infatti nel corso degli anni un punto di riferimento in ambito internazionale per ciò che riguarda lo sviluppo della progettazione inclusiva nelle scuole.Durante gli anni ottanta nel Regno Unito il sistema scolastico era caratterizzato da una distinzione tra scuole ordinarie e scuole speciali,che erano destinate agli alunni che presentavano disabilità,successivamente quella che sembrava essere una naturale separazione tra due categorie è risultata essere sempre meno giustificabile sul piano etico ed educativo.La svolta decisiva si è avuta con la pubblicazione del Rapporto Wormak nel 1978,tale rapporto introduceva la nozione di Bisogni Educativi Speciali e sollecitava un cambiamento di strategie educative nei confronti degli alunni ''diversi'' attuando obbiettivi educativi uguali a tutti gli alunni indipendentemente dalla loro abilità o disabilità. Il rapporto prevedeva l'inclusione degli alunni speciali nelle scuole normali.Tale metodologia proposta dall' Index in Gran Bretagna richiede un adattamento per essere utilizzata nel nostro paese. L'Italia diversamente dalla Gran Bretagna ha abolito già da tempo le classi speciali,infatti con la legge 517 del 1977 si è aperta una nuova fase che ha visto la piena integrazione di tutti gli alunni nella scuola,che favorisce un miglioramento dal punto di vista delle relazioni sociali. L'idea di integrazione fa riferimento al paradigma ''assimilazionista'',fondato sull'adattamento dell'alunno disabile ad un organizzazione scolastica struttura in funzione degli alunni normali. All'interno di tale paradigma l'integrazione diventa un processo basato su strategie per portare l'alunno disabile ad essere più simile agli altri. E' nel superamento del concetto di integrazione verso una più ampia concezione dell'inclusione che viene a collocarsi l'Index.L'inclusione a differenza dell'integrazione non si basa sulla misurazione della distanza da un pretesto standard di adeguatezza ma sulla piena partecipazione alla vita scolastica da parte di tutti i soggetti. Come sottolinea il Centre for Studies on Inclusive Education,l'inclusione è ciò che avviene quando:''ognuno sente di essere apprezzato e che la sua paretecipazione è gradita.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 5 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  arianna annunziata Sab Mag 19, 2012 12:29 pm

    Si vive una vita intera,cercando di raggiungere l’ambita felicità.La si cerca disperatamente,in ogni luogo,occasione,possibilità.Voglio solo essere felice,questa è la risposta che solitamente si ha nel domandare:”ma tu cosa vuoi realmente della vita?”.La felicità,meta da raggiungere,percorso da attraversare,attimo sfuggente o infinito stato di benessere?In realtà cos’è la felicità?Domanda fatta e rifatta,in ogni epoca,in ogni piccolo angolo remoto del mondo.I filosofi,i poeti,gli intellettuali,hanno impiegato la loro vita nel tentativo cercare di definire il concetto di felicità,come raggiungerla,e come riuscire a matenere uno stato di felicità costante nel tempo.Aristotele afferma “la felicità è lo scopo ultimo della vita umana”,è senza dubbio l'obiettivo a cui ognuno di noi tende,ciò vuol dire che l’uomo è in continua ricerca,ricerca della felità.Il concetto di felicità però è molto complesso e sfuggente,esso compare in tutte le culture del mondo,visto sotto vari punti di vista.In primo luogo l’utilizzo di diverse parole per specificare vari stati d’animo ci fanno riflettere sul fatto che l’uomo ha voluto sottolineare l’importanza della distinzione tra un qualcosa di immediato come la gioia o il piacere,e un qualcosa di duraturo nel tempo come la soddisfazione e l’appagamento.Nel mondo pre-socratico,la felicità era strettamente legata alla sorte,alla fortuna,successivamente con la venuta di Socrate,poi di Platone e Aristotele,la concezione di felicità acquista un significato totalmente diverso,l’attenzione si sposta sul soggetto,è lui che con le sue scelte,può diventare felice,anche contro la sorte.Nettle ha distinto tre livelli di felicità,il primo livello è rappresentato della sensazione provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato,il secondo invece è una sorta di bilancio tra i piaceri e dolori provati nell’arco della propria vita,nel momento in cui ci si rende conto che le emozioni positive prevalgono su quelle negative,c’è la felicità di secondo livello,la felicità di terzo livello viene rappresentata da una vita in cui l’uomo realizza e prospera le proprie potenzialità.Il termine felicità viene spesso accostato a benessere,ancor più spesso a benessere soggettivo,quest’ultimo include sia una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita,sia una componente affettiva.Più in generale il benessere è stato definito come il vivere bene,sotto ogni punto di vista,mentale,spirituale,e fisico anche in presenza di una malattia che sia cronica o temporale,ed proprio il benessere in tutte lesue accezioni che diviene l’obiettivo principale da raggiungere della medicina.Le strade per il raggiungimento del benessere,della felicità e dello star bene,sono molteplici,una è quella scelta da Peterson ed è l’individualizzazione dei talenti personali e delle forze,la buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro,nelle relazioni,e nel tempo libero.La vita significativa,afferma Seligan,consiste nel usare le proprie forza al servizio di un qualcosa di più grande,trovare uno scopo,una meta da raggiungere.Infine Dykens denomina vita piacevole quella che massimizza le esperienze piacevoli e positive,la buona vita invece si ha quando gli individui sviluppano le loro capacità in attività da cui traggono piacere e a cui si appassionano e la vita significativa,è data dall’impegno delle proprie forze e virtù in attività che conducono al bene della comunità,degli altri.In questo percorso,l’educatore ha il compito di guidare l’individuo,di far si che riesca ad acquisire un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita,per riuscire ad affrontare scelte e adottare comportamenti consapevoli nella direzione della felicità.In tal modo sembra chiaro che ogni individuo può e deve raggiungere la felicità,ma se ciò è vero,perché non tutti sono felici?Canevaro afferma che il benessere dell’individuo dipende dal capitale sociale,ovvero l’insieme delle capacità che l’individuo ha di organizzarsi e adattarsi,grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano,con i contesti.Quindi non sono gli individui che sono di per sé svantaggiati ma lo diventano nell’ambiente sociale in cui vivono.Nell’ambito educativo è necessario far si che la persona riesca ad attivare il suo potenziale,e lo può fare solo attraverso la creazione di un ambiente che faciliti la messa in atto di tale potenziale.Chiarito questo punto,è doveroso per noi educatori impegnarci nel raggiungimento di tale obiettivo,con l’aiuto ovviamente del contesto sociale e culturale.Un mondo a cui ci stiamo avvicinando,che ci sta facendo maturare e che ci ha permesso di rivalutare la nostra visione della vita è quello disabile.Mi sto rendendo sempre più conto che quando si parla di un disabile,o della sua famiglia,è come se si parlasse di un’altra realtà,come se per loro esistesse un universo parallelo che non ci appartiene,lo vediamo distante,non vicino alla nostra di realtà.Spesso infatti l'idea di queste realtà "diverse", come si ama definire la famiglia con persona disabile e il disabile stesso, è accompagnata da molti aggettivi: persone speciali, eccezionali, forti, coraggiose... ma mai persone felici!Quindi sorge spontanea la domanda un disabile può essere felice?Bhe,la concezione di un disabile felice è lontana dal nostro immaginario comune,è come se dessimo per scontato il fatto che essere disali sia direttamente proporzionale all’essere infelici.A questo proposito ho voluto riportare un messaggio postato da un ragazzo disabile,su un forum,disabilifree.it che raccoglie sfoghi,testimonianze,e tanto altro.il titolo del messaggio è: “io,felice di essere disabile”susseguito da un messaggio toccante e dettato dal cuore:”Provocatorio, il titolo, vero? Però è proprio così.Sono diventato disabile due anni e mezzo fa in seguito ad un incidente stradale: paraplegia spastica incompleta a livello neurologico D5, è stato l'esito secondo i medici. Subito dopo l'incidente mi sono trovato in carrozzina: mia moglie mi ha lasciato e anche le amiche sono tutte sparite, era veramente un brutto periodo.Piano piano, però, grazie ai grandi e costanti progressi nella mia riabilitazione, sto provando quotidianamente dei momenti bellissimi che costelleranno la mia vita per sempre. Ma la cosa più importante è che ho conosciuto in rete una ragazza disabile come me e, dopo esserci incontrati varie volte, me ne sono innamorato. L'amore profondissimo e struggente che provo per lei mi ha portato a livelli di maturità, di consapevolezza e di felicità incredibili, mai provati prima. Non avrei mai creduto che sarei stato felice e sereno nelle mie condizioni. Se non avessi avuto l'incidente e non avessi conosciuto quella ragazza, certi aspetti della mia vita mi sarebbero stati preclusi per sempre ed io, privo di questa vastissima e inesplorata dimensione del mio essere che mi dà una forza incredibile e mi sta consentendo di vivere una vita felice piena di speranze per il futuro, sia riabilitativo che affettivo, avrei vissuto inutilmente.Per questo ringrazio ogni giorno di essere diventato disabile.”Dovevo riportare questa testimonianza,non solo di resilienza,ma di FELICITà allo stato puro.Qui non si parla di gioia,né di piacere momentaneo,si parla di felicità,la cosa che mi ha colpito ancor di più è che il suo amore non è ricambiato,come avevo pensato inzialmente,la “la sua lei” non vuole stare insieme a lui,perché non vuole accettare la sua di disabilità,parlarne le provoca sofferenza e ciò la ha portata alla rottura del rapporto,nonostante tutto lui è felice,perché è convinto che in qualche parte nel mondo ci sia il suo amore.Questa è la dimostrazione che la felicità non deriva da fattori esterni,né dal raggiungimento di un obiettivo,ma è una condizione che si raggiunge col tempo,ed è soggettiva.Inoltre è prova del fatto che tutti possono essere felici,anche gli straordinariamente-abili.Così è stato definito l’autore di questo messaggio,non diversamente abile,non disabile,né paraplegico,ma straordinariamente-abile,ed è così che d’ora in avanti li chiamerò. Benjamin Franklin aveva incastonato la felicità, come un gioiello, nell’Unanime Dichiarazione dei Tredici Stati Uniti d’America, dove si legge che a tutti gli uomini vanno riconosciuti il diritto «alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità».Il documento stabilisce che a ciascun individuo va garantita la possibilità di costruirsi la sua strada verso la felicità, mentre le Istituzioni Pubbliche si assumono il compito di tutelare la vita, la libertà e la sicurezza. Ed è giusto.Parlare di felicità nella società di oggi significa avventurarsi in un discorso molto complesso, e credo che tutte le persone abbiano la stessa tensione a realizzarla nella propria vita, indipendentemente dall’essere straordinariamente-abili o meno.Una disabilità può impedire a una persona di “fare qualcosa” ma non di “fare tutto” e questo ci rende tutti uguali, se consideriamo che ognuno di noi non sarà mai in grado di “fare tutto”.Si dice che i soldi non diano la felicità e in buona parte questo è vero, ma è anche vero che se a persone, in qualche modo svantaggiate dal punto di vista psico-fisico, andiamo a togliere anche le possibilità economiche, toglieremo loro automaticamente anche le pari opportunità a cui tutti abbiamo diritto, per intraprendere una vita dignitosa.Ma oggi tutti noi,dobbiamo riaffermare la priorità e il valore dell’inclusione sociale, le pari opportunità nell’accesso all’istruzione, alla formazione, all’occupazione, all’alloggio, ai servizi collettivi,all’assistenza sanitaria…per le persone straordinariamente-abili.Quello che conta nella vita è il benessere dell’individuo, la sua dignità e la soddisfazione del quotidiano, attraverso la creazione di situazioni il più possibile assimilabili a quelle in cui vivono le “persone normodotate”.In realtà ora si assiste alla riduzione dei diritti attualmente praticabili.Si parla molto di “qualità della vita” e sottolineo le parole “qualità” e “vita”: la prima fa pensare a valori come la relazione, il benessere e la salute; la seconda indica che si ha a che fare con gli aspetti prioritari dell’esistenza dell’uomo.La qualità della vita della persona straordinariamente-abile ,come quella di qualsiasi persona ,non dipende dalla sua condizione soggettiva, bensì dal livello di inclusione della società che la accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione (istruzione, ausili, servizi e così via), oltre naturalmente dai comportamenti, dai sostegni e dalle risorse della famiglia, dall’ambiente di vita.Nella maggioranza dei casi la persona con disabilità è svantaggiata perché la società non si preoccupa abbastanza che ci siano viaggiatori in sedia a rotelle, impiegati non vedenti, studenti sordi, persone autistiche,altre con enormi deficit:NON ABBIAMO ANCORA RISOLTO QUESTI ASPETTI.La felicità passa assolutamente dalla valorizzazione esistenziale della persona e dal diritto ad essere ciò che si è. Ieri disabili, oggi straordinariamente- abili e domani…normalmente felici,è questo quello a cui dobbiamo mirare,attraverso la motivazione,bisogna riuscire ad uscire dallo sconforto,dal senso di impotenza,e di inferiorità,che la società,lo sguardo delle persone,fanno si che prevalga sulla voglia di riscattarsi.Gli studi dimostrano che è la famiglia in primo luogo ad influenzare sullo sviluppo della persona straordinariamente-abile,in primis è la madre che aspettandosi un figlio “sano e bello”,resta scioccata nel vedere un figlio disabile.passa poi a una fase di accettazione e poi di rassegnazione,come se il bambino fosse destinato a non raggiungere chissà quali mete e peggio ancora a non essere “normale”.Ed proprio questo il primo ostacolo da superare,la famiglia è promotrice dell’autostima,dello sviluppo fisico e mentale del bambino,nel momento in cui è sfiduciata,questa sfiduacia si trasmette automaticamente al bambino stesso.Simona Atzori ad esempio ha più volte affermato che la famiglia le è sempre stata accanto,l’ha sempre sostenuta,spingendola a dare il meglio di sé,ed ora è una ballerina eccezionale,un’artista straordinaria,una donna di fede,una donna FELICE.Lo scopo della pedagogia è proprio quello di insegnare a stare bene,per questo vengono formati professionisti quali insegnanti,educatori,operatori sociali ecc che gestiscono relazioni di cura,aiuto e sostegno.Queste figure hanno lo scopo di promuore il benessere fisico e mentale dell’individuo,e sono coloro i quali lo accompagneranno nel cammino verso la felicità.

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