Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

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    Cinzia Guadagno


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty BEN- ESSERE DISABILI

    Messaggio  Cinzia Guadagno Sab Mag 19, 2012 1:20 pm


    Ho deciso di trattare il primo capitolo. Provando a rispondere a cosa può essere per me la felicità, posso dire che la felicità la ritrovo nella luce degli occhi delle persone che amo, quella luce che mi fa stare bene, che mi permette di svegliarmi la mattina e vivere le giornate senza rimpianti.
    Il concetto di felicità è motivo di dibattito da anni e varia da cultura a cultura, le uniche definizioni che l’accomunano sono divise in tre livelli:
    1) Primo livello è dato dal raggiungimento di uno stato desiderato;
    2) Secondo livello è dato dalla riflessione delle emozioni positive su quelle negative, cercando di capire quali sono quelle che prevalgono;
    3) Terzo livello si ha con la realizzazione delle proprie potenzialità.
    Da un punto di vista edoistico, felicità riguarda il raggiungereb al massimo e al rendere al minimo i dispiaceri, al contrario da un punto di vista eudoimonico la felicità è data dal raggiungimento di un proprio se. Canevaro dice che il ben-essere dellindividuo è legato al capitale sociale.
    Ghedin invece, afferma che , in quanto esseri viventi, tendiamo alla complessità di un’informazione da un punto di vista biologico, psicologico e sociale. Per questo è fondamentale analizzare quello che è significativo per l’individuo e per la società. Si occupa inoltre dell’influenza che la famiglia ha sul disabile, e non solo anche delle influenze che hanno le istituzioni , non occupandosi o occupandosi troppo poco dei disagi che non vengono fatti superare, per esempio, con l’eliminazione delle barriere architettoniche, negando la possibilità di rivendicare i loro diritti.
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    Martina Marotta


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Martina Marotta Sab Mag 19, 2012 1:33 pm

    “Crescendo impari che la felicità è fatta di cose piccole ma preziose…e impari che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felicità, impari che la felicità è fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore….”
    Chi di noi almeno una volta nella vita non si è chiesto cos’è la FELICITA’??
    Il tema della felicità ha rappresentato la base di vari dibattiti per centinaia di anni. Nelle varie culture le persone sono alla ricerca di sempre più metodi per diventare felici e recentemente vari studiosi si sono occupati di questo concetto, che tende ad assumere significati differenti.
    Alcuni definiscono la felicità come qualcosa di estremamente immediato ad esempio la gioia o il piacere, altri invece come qualcosa di più durevole e significativo. All’inizio si pensava che fosse esclusivamente legata alla fortuna, fino a quando con Socrate, Platone e Aristotele si inizia ad affermare che l uomo con le sue scelte può diventare felice, anche contro la sorte.
    Lo studioso Nettle elabora 3 livelli diversi di felicità: il primo implica un’emozione o una sensazione provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato; il secondo avviene quando, dopo aver riflettuto sul bilancio tra emozioni positive e quelle negative, si percepisce che sono stati sperimentati più emozioni positive; con il terzo livello viene raggiunta l’eudaimonia cioè l’ideale del vivere bene, in cui la persona realizza le proprie potenzialità.
    In relazione a ciò, la psicologa Carol Ryff ha affermato che il BEN-ESSERE umano coinvolge un insieme di elementi che vanno oltre la semplice felicità, come ad esempio la crescita personale, la padronanza del proprio ambiente. Ma il ben-essere come può essere definito? Non è altro che un vivere bene da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico anche in presenza di una malattia temporanea o cronica,
    Spetta alla psicologia positiva chiedersi cosa permette alle persone di essere felici e soddisfatti e individuare quali sono gli elementi che contribuiscono al miglioramento della vita.
    Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità. Una persona può avere emozioni positive circa il passato, come la soddisfazione e emozione positive circa il futuro come la speranza e l’ottimismo, mentre quelle nel presente sono basate su emozioni momentanee.
    Per Canevaro, il benessere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale, ma al capitale sociale cioè all’insieme di capacità che l individuo ha di organizzarsi e di adattarsi. Gli individui, quindi, non sono di per sé svantaggiati ma lo diventano in un ambiente sociale in cui le loro condizioni comportano conseguenze svantaggiose. Ognuno ha la capacità di BEN-ESSERE, tutto sta nel saper usare in modo efficace i propri talenti e perseguire l’autodeterminazione attraverso l’esercizio della libertà.
    Fino a non poco tempo fa molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli. Fu grazie a Seguin che si aprii la prima scuola per bambini disabili in modo che anche loro potessero essere educati e ognuno di esso avrebbe avuto un proprio ruolo nella società. Il suo progetto si è andato via via sviluppando e attualmente gli interventi educativi si pongono come obiettivo quello di far si che queste persone non siano solo capaci di mangiare, vestirsi e lavarsi ma che possono attingere alle loro potenzialità e di vivere la vita che scelgono di vivere.
    Ognuno di noi ha il diritto a star bene, e per far si che questo avvenga le persone devono essere aiutate a ricorrere le proprie risorse e essere aiutate a sviluppare la capacità di determinare il proprio stato di benessere.
    A tal proposito la Dott.ssa Iavarone ha affermato che il ben-essere non è nulla di fisico o economico, ma è uno stato complesso perché è multi componenziale e multi direzionale
    Le mie conclusioni al riguardo sono che, tutti desideriamo essere felici, eppure quando lo dovremo essere siamo scontenti e infelici. In relazione a questo argomento ho ripensato alla testimonianza del prof. Palladino che nonostante la sua disabilità non si è mai arreso. Ci ha trasmesso la sua forza e di saper affrontare sempre gli ostacoli che la vita ci riserva , facendoci riflettere sul fatto che spesso ci lamentiamo, siamo tristi quando in realtà abbiamo tutto!!!
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    francesca anello


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  francesca anello Sab Mag 19, 2012 1:54 pm

    “Chiedimi se sono felice”..è questo il titolo di un film comico di Aldo Giovanni e Giacomo. Se questa domanda mi venisse posta io non saprei in realtà cosa rispondere. Direi solamente che per me la felicità è quando trascorro del tempo con le persone che amo e che esse siano felici. La felicità e il ben-essere sono stati al centro del dibattito filosofico,educativo e religioso per centinaia di anni. Il concetto di felicità,infatti,compare in ogni cultura del mondo. Il termine felicità può essere classificato in tre sensi. Il primo implica una sensazione data dal raggiungimento di uno stato desiderato. Nettle definisce questo senso “felicità di primo livello”affermando che quando le persone dicono di essere felici della loro vita,intendono dire che,dopo aver fatto un bilancio tra piaceri e dolori,si rendono conto di aver avuto più emozioni positive. La “felicità di secondo livello” non comprende solo momenti postivi e negativi,ma anche processi cognitivi quali il paragone con possibili risultati alternativi. Esiste poi l’ideale aristotelico del vivere bene che viene spesso tradotto con il termine felicità. Qui si parla di eudaimonia e cioè una vita in cui la persona realizza le proprie potenzialità. È questa quindi la “felicità di terzo livello”. La psicologia positiva si chiede cosa fa si che le persone facciano bene e siano felici. Seligman propone alcune strade che portano alla felicità. Come prima,una persona può avere emozioni positive circa il passato. Una seconda strada è individuare forze e talenti personali. Secondo Waterman la felicità è massimizzata quando le attività coincidono con i loro valori. In modo simile,Ryff e Keyes elencano sei aspetti che per loro contribuiscono alla felicità e sono:autonomia,crescita personale,auto accettazione,obbiettivi di vita,padronanza ambientale e relazioni positive con gli altri. Anche la teoria dell’autodeterminazione di Ryan e Deci postula che la felicità e la crescita psicologica sono collegate al perseguimento dell’autonomia,della competenza e dei bisogni associati. Un altro contributo avuto dalla psicologia positiva deriva dalla teoria del flusso di Csikszentmihalyi. Il flusso è lo stato di impegno,felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorto in una sfida motivante e impegnativa. Lo stato del flusso è stato esaminato come possibile strada verso la felicità. Il ben-essere considera la soddisfazione delle proprie esigenze e il conseguimento di funzionamenti che variano a seconda della cultura e per questo differenti categorie di persone hanno la possibilità di accedere in modo diverso al ben-essere. Così viene portata in primo piano la relazione tra ben-essere del singolo e sviluppo della collettività. Canevaro a questo proposito dice che il ben-essere del singolo individuo è legato all’insieme di capacità che esso ha di organizzarsi e adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano. La Delle Fave afferma che ciascun individuo deve essere visto come soggetto attivo di sviluppo e di cambiamento della comunità in cui vive.
    Ogni essere umano nasce con qualcosa di nuovo,qualcosa di mai esistito prima e ha la capacità di ben-essere. Questa affermazione mi ha colpito molto,perché penso che ognuno di noi conservi in se qualcosa di unico e irripetibile. L’essere umano ha ,inoltre,bisogno di sfide ,di mettersi alla prova,di rinforzare le proprie capacità. Alcune analisi sul ben-essere presentano variazioni sul tema che le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono. In altri casi la felicità è data da un confronto tra la situazione attuale e il riferimento ad una situazione che è o migliore o peggiore dell’attuale. Inoltre lo studio del ben-essere ha benefici per le attuali e future generazioni perché la scoperta che la felicità non sia legata ai beni materiali,potrebbe permettere di riconsiderare gli indici di valutazione del ben-essere personale e anche nazionale. Sen propone di studiare la povertà,la qualità della vita e l’eguaglianza non solo attraverso i beni materiali,ma anche analizzando la possibilità di poter vivere esperienze cui l’individuo attribuisce valore positivo.
    Per quanto riguarda la disabilità,inizialmente la preoccupazione maggiore di chi si occupava dell’argomento,non era promuovere il ben-essere nei termini proposti da Sen. Infatti,qualche tempo fa,molti bambini e adulti disabili venivano assistiti in alcune istituzioni. Queste istituzioni erano,in parte,cresciute dagli sforzi di Eduard Seguin,un medico francese che nella meta del 1800 guidò la prima scuola per i bambini disabili. Egli promosse la visione che i bambini con disabilità potessero essere educati con un metodo appropriato e quindi anche avere un ruolo nella società. Questo tipo di progetto formativo si diffuse rapidamente,ma con il passare del tempo le scuole promosse da Seguin cambiarono il loro obbiettivo diventando meno educative e più affidatarie. Invece di favorire il ritorno in società da parte di persone disabili,le istituzioni divennero posti per tenere le persone lontane da una società poco indulgente. In seguito il concetto di “normalizzazione” divenne condiviso dalle famiglie e da sostenitori conducendo a politiche che integravano nella società le persone con disabilità. Questo ambito è stato caratterizzato dall’inclusione di queste persone in comunità. Contemporaneamente si sono sviluppati servizi di educazione e supporto per le famiglie. Così si cerca di promuovere il ben-essere delle persone disabili,considerandolo in una dimensione determinata dalla capacità di autonomia. L’obbiettivo non è solo rendere queste persone autonome,ma anche e soprattutto che esse possano attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che scelgono di vivere. Quindi,cosa significa per un disabile avere una buona qualità della vita?La buona qualità della vita è lo stesso che essere felice? Un team di studiosi ha identificato alcune dimensioni chiave della qualità della vita tra cui il benessere emozionale che sembra quello più vicino alla felicità. Alcuni studi hanno collegato il benessere emozionale dei disabili alla soddisfazione provata rispetto alle condizioni esterne di vita e cioè in termini di consumatori di beni materiali. Diener Oishi e Lucas hanno concluso che una maggiore disponibilità di denaro o di altre circostanze della vita hanno poco a che vedere con la felicità. Edgerton nel 1996 ha seguito adulti con ritardo mentale per trent’anni e ha rilevato che i fattori ambientali hanno poca relazione con la felicità.
    La psicologia positiva ha focalizzato l’attenzione sull’alleviare i problemi in persone con disabilità. La ricerca si è concentrata sui modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi di persone con ritardo mentale.
    N egli anni settanta del secolo scorso Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale non avevano solo un basso quoziente intellettivo, ma anche una personalità e stili motivazionali che derivavano dalle loro esperienze fallimentari. Rispetto ai compagni della loro età,i bambini con un ritardo mentale avevano minori aspettative di successo,bassa motivazione alle sfide e si affidavano agli altri invece che a se stessi per risolvere un problema.
    La ricerca sulle famiglie di bambini con ritardo ha seguito la direzione della psicopatologia. In letteratura,la figura materna è stata associata ad una madre che rimpiange la perdita del bambino perfetto. Di recente alcune indagini hanno dimostrato che lo stress può non essere una conseguenza dell’avere un figlio disabile. Mullins ha condotto una ricerca su circa 60 libri scritti da genitori di figli disabili e ha messo in evidenza la presenza di stress,ma ha anche concluso che per molti degli autori la disabilità dei loro figli ha aggiunto qualcosa alle loro vite rendendole anche più ricche di significato. Nell’ ambito della disabilità,la ricerca sulla famiglia sta anche procedendo in modo positivo infatti diverse famiglie hanno sviluppato percezioni positive relativamente alla crescita di un figlio con disabilità.
    In ogni caso,sul benessere dei disabili sono stati condotti studi che hanno portato a risultati significativi. Per esempio,in uno studio condotto da Cameron non sono state riscontrate differenze tra 190 persone disabili e 195 normodotati sulle valutazioni della soddisfazione di vita. In un altro studio condotto da Stensam ,test somministrati a 133 persone disabili non hanno evidenziato differenze significative tra queste persone e persone non disabili.
    Del resto,nella società occidentale il diritto al ben-essere è divenuto qualcosa di più legittimo e facilmente attingibile.
    La pedagogia ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto,tutelando la sua salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale.
    L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita. Questa affermazione ho voluto inserirla alla fine perché voglio discuterne. Personalmente non sono d’accordo,chi lo dice che i disabili non hanno una buona qualità della vita o che non siano felici. Attraverso varie discussioni e incontri avvenuti durante il corso di pedagogia della devianza mi sono resa conto che in realtà i disabili sono più felici delle persone normodotate. Ho avuto la possibilità di incontrare e sentir parlare persone con disabilità,attraverso l’ UNIVOC , parlare di loro come di Simona Atzori ,sentirmi come loro per qualche minuto attraverso una simulazione con la benda sugli occhi e la cosa più importante che ho capito è che probabilmente loro hanno una qualità della vita migliore perché hanno una grande voglia di vivere e danno alla vita un valore unico perché nonostante tutto ,loro combattono e ce la mettono tutta. Io li ammiro.

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    Messaggio  maddalena cacciapuoti Sab Mag 19, 2012 1:58 pm

    Se ci soffermiamo a riflettere su cosa sia la felicità ,credo che non possa esserci una risposta univoca per tutti e forse in fondo nessuno riuscirà mai a saperla descrivere,ma la scienza ha deciso di muoversi in questa direzione,verso gli aspetti positivi dell’esperienza umana. Il concetto di felicità è presente in ogni cultura,c’è chi identifica la felicità come qualcosa di immediato come la gioia o il piacere,e chi la interpreta come qualcosa di più duraturo come l’appagamento e la soddisfazione. La parola Eudaimonia che in origine derivava da”buon demone” ovvero buona sorte,con Socrate,Platone,e Aristotele cambia il significato e si afferma che l’uomo con la sua libertà e con le sue scelte può diventare felice. Felicità questa,che non è dettata dall’attimo fuggente ma intesa nel portare a compimento l’intera vita di un uomo. Nettle descrive tre sensi di felicità:uno,che definisce “felicità di primo livello”è lo stato più immediato che implica una sensazione come la gioia,sensazione questa avvenuta in seguito al raggiungimento di uno stato desiderato. Poi definisce una”felicità di secondo livello” quella che è normalmente studiata dagli psicologi,ed è basata sul bilancio che le persone fanno tra piaceri e dolori,tra sensazioni più positive che negative avute durante la propria vita. Esiste poi una”felicità di terzo livello”che rappresenta l’ideale aristotelico del vivere bene,in questa fase la felicità è intesa come una vita in cui una persona realizza le proprie potenzialità. Il ben-essere soggettivo è a livello individuale, qualcosa soggetto alle caratteristiche positive personali,ed a livello contestuale è soggetto a quei fattori esterni che possono influire in modo positivo o negativo,ovvero :.il senso di appartenenza,il supporto sociale.. Le teorie contemporanee sulla felicità includono una teoria eudonica secondo la quale la felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione dei dolori,e una teoria eudamonica secondo la quale la felicità sta per il raggiungimento del potenziale in un individuo. Secondo molte prospettive.,allo sviluppo delle forze e delle virtù in un individuo, consegue uno stato di ben-essere e felicità .Un ben-essere che Ghedin spiega in relazione allo sviluppo della collettività. Spiega infatti,come l’essere umano da un punto di vista biologico tende alla complessità e costruisce il suo corredo culturale attraverso in formazioni esterne,inoltre da un punto di vista psicologico l’essere umano seleziona,acquisisce e integra tutte le informazioni che incontra nella sua vita .Per questo è opportuno conoscere ciò che è possibile,desiderabile e significativo per il singolo e per la collettività. Il ben-essere è fatto di diverse componenti:fisiche,psichiche,sociali,emozionali e psicologiche. E’ un fenomeno complessivo,la prof. M. L Iavarone spiega come il benessere segue più direzioni,nei diversi tempi e luoghi della vita. Il desiderio di ben-essere si identifica sia in base ad uno specifico episodio di un determinato momento della vita di una persona,,sia in una fase di tempo più lunga. Dipende quindi dal sistema psichico e sociale… Ecco perché credo che per una persona diversamente abile la felicità possa essere racchiusa nelle piccole cose e troppo spesso calpestata a causa di un contesto che non permette a queste persone di viversi la propria felicità. Mi rifaccio alle barriere architettoniche che impediscono ad esempio ad un cieco o ad un paraplegico una semplice passeggiata quando magari è proprio quella semplice azione fatta in maniera autonoma che potrebbe rappresentare la loro felicità. Il disabile è una persona con tutti i diritti ,importante a riguardo è infatti la legge 107/92 approvata in Italia per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici,delle persone non disabili,perché l’obbiettivo è quello di normalizzare la vita di queste persone permettendo loro così di vivere il proprio ben-essere. Già nel 1800 un medico francese Eduard Seguin guardò alla disabilità in modo innovativo,guidò infatti la prima scuola per bambini disabili così che potessero essere educati ed avere il giusto ruolo nella società. Infatti,la pedagogia ed in particolare quella sociale,come afferma la prof. Iavarone,ha a cuore il ben-essere del soggetto e la qualità della vita,occupandosi dell’istruzione,dell’educazione,della salute e del suo sviluppo non solo fisico ma soprattutto psico sociale. Una pedagogia questa,che a mio parere dovrebbe aiutare tutti a rispettare la felicità di ognuno.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Valentina Paolillo Sab Mag 19, 2012 1:58 pm

    Capitolo 1 Ben-essere nella disabilità

    Cos’è la felicità??Indubbiamente questa è una domanda che un po’ tutti si sono posti nella loro vita,ma alla quale è molto difficile rispondere. Cercando su internet mi hanno colpito delle citazioni di alcuni autori che vorrei riportare qui:
    "La gioia non è nelle cose, è in noi."
    Richard Wagner.
    "Alcuni temono che la felicità sia un bene molto lontano,
    quasi irraggiungibile, motivo per cui corrono a più non posso
    nella speranza di avvicinarla, senza mai rendersi conto che
    più corrono e più se ne allontanano".
    Luciano De Crescenzo.
    "Il segreto della felicità non e' di far sempre cioè che si vuole,
    ma di voler sempre ciò che si fa"
    Lev Tolstoj.
    "La gioia più grande è quella che non era attesa."
    Sòfocle.
    "La felicità e' un bene vicinissimo, alla portata di tutti:
    basta fermarsi e raccoglierla"
    Seneca.
    "L'uomo saggio non cerca la felicità ma l'assenza del dolore."
    Aristotele.
    A proprio modo ognuno dice qualcosa di giusto. Per centinaia di anni molti studiosi si sono dibattuti su questo tema. Sicuramente la felicità varia da cultura a cultura ed è stata vista come qualcosa di estremamente immediato come può essere la gioia o come qualcosa di più durevole come la soddisfazione o l’appagamento. Nella cultura mitica e pre-socratica la felicità era avere un buon demone (eudaimonia) e quindi era strettamente legata alla fortuna. Con Socrate,Platone e Aristotele invece questo concetto assume un nuovo significato in quanto affermano che l’uomo può essere felice anche senza la sorte ma con la propria libertà e attraverso le sue scelte che compie nell’arco della sua vita.
    La felicità viene classificata da Nettle in tre livelli. Il primo livello è quello caratterizzato da un raggiungimento di gioia e piacere immediato che non coinvolge pienamente la cognizione. Il secondo livello invece si presenta quando si attua un bilancio delle sensazioni provate e cioè sia per quelle positive che per quelle negative e quindi si riflette su quanto la vita può essere soddisfacente e appagante. Infine il terzo livello rappresenta l’ideale aristotelico del vivere bene dove un uomo realizza le proprie capacità. Le teorie contemporanee sulla felicità includono la teoria edonica e la teoria eudaimonica, teorie sviluppate dal movimento della psicologia positiva: la prima la ricava dalla massimizzazione dei piaceri e dalla minimizzazione del dolore mentre la seconda dall’attuazione del potenziale dell’individuo e dal perseguimento del proprio vero sé. Oggi siamo sempre più rivolti verso le cose materiali..chi di noi può dire che nemmeno per una volta può aver pensato nella propria vita di aver collegato la felicità per esempio nel possedere una casa grande,tanti confort,tanto denaro??Ma durante tutto questo percorso svolto tra teoria e vari laboratori con la professoressa Briganti ho incominciato ad apprezzare le piccole cose e a cambiare opinioni rispetto ad alcune tematiche. Per esempio un esempio più recente è quello della testimonianza della signora Tina la quale attraverso tanti ostacoli ha avuto la forza ed il coraggio di andare avanti e di essere felice nonostante lei avesse tutte i motivi per potersela prendere con il mondo intero. Inoltre lei ci ha parlato di un amore e attenzione nuova verso la natura, gli animali e questo mi ha portata ad apprezzare quello che ho senza prestare attenzione verso solo i beni materiali. La stessa emozione mi è stata regalata dal professore Palladino che mi ha regalato tanta gioia e serenità e voglia di vivere. Ed è quando guardo queste persone che penso che la felicità la si può trovare in qualsiasi gesto,azione:la si può trovare per esempio in un sorriso di un bambino o in un abbraccio di una persona cara. Il benessere considera la soddisfazione delle proprie esigenze e il conseguimento di funzionamenti che variano anche prendendo in esame la cultura di riferimento. Una relazione tra benessere e sviluppo della comunità, tra individuo e sistema culturale. L’individuo infatti nasce con un corredo genetico e nel corso della sua vita costruisce il suo bagaglio culturale attraverso anche informazioni provenienti dall’ambiente esterno. Canevaro parla di “capitale sociale” cioè secondo l’autore il ben-essere di un individuo è legato all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi grazie ad alcuni elementi che possono essere delle strutture oppure il contesto che lo circonda. Ognuno di noi può decidere autonomamente quello che vuole essere e proprio a partire dalla nascita che acquisiamo la capacità di ben-essere e il ruolo dell’educatore sta nell’attivare questo potenziale e costruire un ambiente che faciliti uno sviluppo positivo dell’individuo. Come abbiamo osservato in un altro laboratorio svolto in aula,quello della relazione educativa, dove abbiamo visto attraverso anche dei setting,l’educatore deve fare attenzione a molteplici fattori ma deve essere soprattutto libero da pregiudizi e pronto all’ascolto al dialogo e al confronto infondendo fiducia e tanta serenità. Il ben-essere è composto da diverse componenti:fisiche,psichiche,sociali,emozionali e psicologiche. Come afferma Iavarone il ben-essere segue più direzioni e la sua percezione cambia sia nei diversi tempi della vita sia nei suoi diversi luoghi. Nell’800,Eduard Seguin,medico francese, seguì la prima scuola per i bambini disabili con l’intento di essere appropriatamente educati in modo da occupare un proprio ruolo specifico all’interno della società ,ma questo tipo di scuola ben presto cambiò il suo obiettivo. Infatti, invece di farli ritornare all’interno della società,li isolavano e li escludevano. Successivamente queste istituzioni furono chiuse e si optò per l’inclusione di soggetti con handicap nella comunità ;furono sviluppati perciò servizi di educazione speciale e programmi di formazione per gli adulti il cui obiettivo era quello di portare le persone con disabilità a compiere scelte personali per la propria vita: l’importante non è solo quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi, lavarsi, ma é soprattutto che essi possano attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Come sostiene la prof.ssa Iavarone il ben-essere non può essere assimilato ad una generale condizione di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato complesso perché multicomponenziale,multidirezionale, multidimensionale. Migliorare le condizioni oggettive di vita delle persone con disabilità è la giusta cosa da fare in una società equa. A questo proposito vorrei parlare anche di un altro laboratorio svolto e cioè quello riguardante la domotica:una “casa intelligente” che restituisce dignità e libertà ai disabili contribuendo l’uguaglianza con i normodotati. Secondo il mio parere un ottimo contributo fornito dalla tecnologia che rende autonomo un disabile e lo fa sentire meno escluso all’interno della società. La qualità della vita della persona con disabilità non dipende dalla sua condizione soggettiva, ma dal livello di inclusione della società che la accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione. Numerose ricerche sono state effettuate anche sul ruolo dei genitori con bambini disabili. Alla nascita di un figlio sono connesse delle aspettative di gratificazione soprattutto personale ma anche sociale. Quando però al posto di un bambino normodotato nasce un bambino con disabilità spesso questo diventa un evento angosciante e motivo quasi di lutto. Mullins ha però condotto una ricerca affermando che esistono delle madri nelle quali si sviluppa questo senso di angoscia, ma esistono anche altre madri che dalla disabilità dei loro figli hanno aggiunto qualcosa alle loro vite rendendole più ricche di significato. A mio parere è importante che i genitori sostengono i propri figli disabili in quanto quest’ultimi hanno bisogno più di chiunque altro dei propri familiari,del loro amore e dedizione. Anche perché spesso il bambino con disabilità fa appello ai meccanismi di coping dei membri della famiglia che influenzano il suo sviluppo. Anche la pedagogia si è interessata al ben-essere dei disabili e alla loro qualità della vita,la prof.ssa Iavarone,soprattutto, si è focalizzata sull’importanza del diritto all’istruzione e all’educazione dei soggetti disabili,tenendo conto non solo della salute ma anche dello sviluppo fisico e psicosociale.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Izzo Maria Teresa Sab Mag 19, 2012 2:31 pm

    “Ogni individuo ha una storia, una seria di esperienze in vari contesti con varie altre persone e nel tempo, e gli individui portano le loro storie in ciascuna nuova attività mentre allo stesso tempo essi stanno creando una nuova storia che continua”

    E’ stata questa frase principalmente che mi ha fatto scegliere e di conseguenza approfondire il 6° Capitolo e quindi il tema dell’Educazione Inclusiva e poi anche perché credo sia molto interessante come conclusione a tutti vari temi trattati durante il corso.

    “Le scuole inclusive possono cambiare gli atteggiamenti verso la diversità, educando insieme tutti i bambini, formando pertanto le basi per una società giusta e non discriminativa che incoraggi le persone a vivere insieme pacificamente”.

    L’educazione inclusiva significa che le scuole forniscano una buona educazione a tutti gli alunni indipendentemente dalla loro abilità che sono ognuna diversa dalle altre infatti, lo scopo di tutto il lavoro sarà quello di evitare l’esclusione e quindi l’emarginazione e con ciò promuovere i diritti umani ed abbattere i concetti di diversità e il superamento degli stereotipi.
    L’educazione inclusiva è un processo sempre crescente e comprende la trasformazioni di vari ambiti e figure: scuole, luoghi, ambienti di apprendimento, società, politica, insegnanti e famiglie.
    Quattro sono gli elementi chiave che caratterizzano concettualmente l’inclusione:
    -l’inclusione è processo. Quindi come tale deve ricercare sempre modi migliore per rispondere alle diversità.
    -l’inclusione ha a che vedere con l’identificazione e la rimozione delle barriere.
    -l’inclusione riguarda la presenza, la partecipazione e il successo di tutti gli studenti.
    - l’inclusione comprende una particolare attenzione a quei gruppi di studenti che possono essere a rischio di marginalizzazione, esclusione o insuccesso scolastico.

    Questo tipo di educazione cambia quindi, completamente il modo in cui viene vista la disabilità.
    Infatti, se un disabile non riesce ad utilizzare un mezzo pubblico, raggiungere un luogo o andare a fare una passeggiata non è per via della sua mancanza o disabilità ma è colpa della società che non è attrezzata a rispondere a questi bisogni e quindi ci sarebbe bisogno di ricostruire principalmente una cultura della diversità. Lo stesso vale anche per il sistema educativo e quindi se un alunno ha difficoltà di apprendimento a svolgere un tipo di attività non è una menomazione del bambino ma sono inappropriati o non idonei i vari strumenti educativi.
    Importante per l’inclusione è l’ambiente di apprendimento e la relazione tra insegnanti, genitori e comunità.
    L’apprendimento del bambino comincia già prima che vada a scuola infatti, la prima relazione educativa è quella tra Madre e Figlio per questo diventa di primaria importanza un’educazione precoce nell’infanzia.
    Successivamente c’è la relazione tra Insegnante e Alunno che porta all’apprendimento e quindi l’insegnante deve essere in grado di istaurare una relazione significativa soprattutto con gli alunni disabili e i loro genitori.
    La scuola inclusiva si occupa appunto di dare vari e vasti metodi di lavoro per garantire che non ci sia l’esclusione di nessun soggetto e quindi che si sia una buona educazione a tutti i bambini indipendentemente dalle loro abilità.
    Il Curriculum inclusivo si basa infatti su 4 pilastri dell’educazione: apprendere a conoscere, fare, essere e vivere insieme.
    Una scuola efficace e insegnanti con le idonee caratteristiche influenzano positivamente gli studenti ed i loro esiti scolastici.
    Spesso infatti, succede che gli insegnanti sappiano come accogliere gli studenti con disabilità ma mancano il coinvolgimento ai principi di inclusione e all’insegnamento degli studenti con disabilità.
    Le attività che rendono le scuole più efficaci includono: la preparazione alla scuola, formazione degli insegnanti su tecniche specifiche, assegnare i migliori insegnanti nei primi anni di scuola per assicurare una solida alfabetizzazione, migliorare la gestione della classe.
    La formazione idonea dell’insegnante è di cruciale importanza infatti spesso il bambino con disabilità ha bisogno di più tempo quindi dovrebbe essere aumentato il tempo a disposizione del docente e uso alternativo del tempo disponibile.
    Per questo molto interessante è l’uso del co-insegnamento e cioè l’accompagnamento all’insegnante specializzato curriculare di altri insegnanti definiti co-insegnanti.
    Il lavoro condiviso migliora l’insegnamento scolastico grazie al supporto reciproco e l’assistenza.
    L’insegnante poi deve coinvolgere i genitori infatti molti dimenticano che quest’ultimi hanno un ulteriore conoscenza del bambino e quindi anche loro devono essere visti come dei partner nell’educazione ed essere partecipanti attivi ciò comporterà anche un aiuto successivo come per esempio nell’aiuto di compiti specifici a casa, monitorare i progressi e partecipare alle uscite scolastiche.
    Negli ultimi anni si sta assistendo ad un crescente interesse del Capability Approach.
    Esso considera l’educazione come connessa con la libertà umana e di primaria importanza l’ambiente.
    Uno strumento che propone alle scuole un modo di fare autovalutazione sul tema dell’inclusione e di progettare strategie per migliorarsi è l’Index per l’inclusione.
    L’Index per l’Inclusione propone questionari attraverso cui la scuola può chiedere ad insegnanti, alunni e famiglie di valutare diversi aspetti dell’inclusione, al fine di identificare aspetti che possono essere migliorati. Da’ inoltre alcuni suggerimenti pratici su metodologie partecipative per progettare e pianificare strategie di cambiamento.
    È un approccio pratico che identifica ciò che l’inclusione viene a significare in tutti gli aspetti e gli spazi della scuola.
    L’inclusione quindi non riguarda solo gli alunni disabili, ma investe ogni forma di esclusione che può avere origine da
    differenze culturali, etniche, socioeconomiche, di genere. Disabile non è l’individuo, ma la situazione che, non tenendo conto della pluralità dei soggetti
    e delle loro caratteristiche specifiche, ne privilegia alcuni a scapito di altri. In
    questo caso l’aspetto che appare più interessante dell’Index è l’ampliamento
    di visuale consentito dalla ricollocazione dei bisogni del singolo nel quadro più
    ampio della pluralità delle differenze nel contesto scolastico.
    L’educazione Inclusiva è un tema di grande rilevanza anche per ciò che spesso comporta l’abbandono scolastico di alcuni soggetti.
    Questo accade però per via di insegnanti non preparati ad approcciarsi con la singolarità di ogni alunno.
    L’educazione inclusiva quindi, porta al concetto globale di scolarizzazione e cioè una SCUOLA PER TUTTI.

    “Tutti i bambini e i ragazzi del mondo,
    con i loro punti di forza e debolezza individuali,
    con le loro speranze e aspettative,
    hanno diritto all’educazione.
    Non spetta al sistema educativo decidere chi è adeguato e ne ha il diritto.
    Pertanto è il sistema scolastico che deve adeguarsi
    in modo da corrispondere alle necessità di tutti gli studenti”.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Lùcia Pisapia Sab Mag 19, 2012 2:40 pm

    Il termine "felicità" deriva dal prefisso indoeuropeo "fe" da cui derivano parole come "fecundus", "femina" e "felix", utilizzata dai latini per indicare la terra fertile. Il concetto di felicità negli anni è stato analizzato in ambito filosofico, religioso, educativo ma solo recentemente le scienze sociali hanno cominciato a studiarlo. Non è facile definire questo concetto anche se il termine compare in diverse culture. Alcuni lo associano a sensazioni immediate, come la gioia o il piacere, altri a qualcosa di duraturo come la soddisfazione o l'appagamento, altri ancora ad "eudaimonia" cioè "buon demone", una parola che nel periodo pre-socratico era associata alla buona sorte. Con Socrate, Platone ed Aristotele questo termine fu assunto con un diverso significato, in quanto si cominciò ad affermare che l'uomo può essere felice attraverso le sue scelte, indipendentemente dalla fortuna. Aristotele inoltre considerò la felicità uno stato connesso all'intera vita umana e quindi avvicinabile ai concetti di etica e virtù. Nettle, nel 2007, fece una classificazione, rilevando tre livelli di felicità:
    - il primo è quello più immediato, legato alla gioia ed al piacere.
    - il secondo deriva da un bilancio che le persone fanno della propria vita e attraverso cui capiscono di aver ricevuto maggiori soddisfazioni rispetto ai momenti negativi.
    - il terzo è quello della "felicità" vera e propria, che si ottiene quando le persone riescono a realizzarsi nella vita utilizzando le proprie potenzialità.
    Il termine "felicità" spesso è usato come sinonimo di "ben-essere" ma in realtà, come sostiene la psicologa Carol Ryff, il concetto di ben-essere è più ampio rispetto a quello di felicità perchè comprende anche elementi come crescita personale, padronanza del proprio ambiente, franchezza con sè stessi, ecc. Il ben-essere inoltre ha due componenti: una cognitiva, che valuta la soddisfazione di un'intera vita ed una affettiva che si divide in presenza di affetto positivo ed assenza di affetto negativo. Shaffer definisce il ben-essere come "vivere bene, dal punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica". Per Canevaro il ben-essere di un individuo è legato a ciò che lui definisce "capitale sociale", cioè alle capacità che portano l'individuo stesso ad organizzarsi in modo da adattarsi nei diversi contesti anche grazie alla mediazione con le strutture che li circondano. Per la Delle Fave ogni individuo deve essere considerato un membro attivo ed utile per lo sviluppo della società; questo è importante soprattutto per chi è in difficoltà come i disabili, gli anziani, gli immigrati e tutti coloro che vivono situazioni di disagio; inoltre la studiosa sostiene che le persone non sono svantaggiate di per sè, lo diventano quando la società considera la loro condizione uno svantaggio o quando li considera diversi rispetto ai propri canoni. Durante il corso questo aspetto è stato analizzato quando si è parlato di stereotipi, ossia di convinzioni forti presenti in una data società che portano a considerare certe categorie di persone come da evitare, allontanare perchè spaventano, creano imbarazzo o vergogna. Secondo la Iavarone, il ben-essere segue più direzioni e la sua percezione da parte dell'individuo cambia sia in senso verticale (ossia nell'arco della vita), sia in senso orizzontale (nei diversi luoghi). Il desiderio di ben-essere cambia sincronicamente (cioè comtemporaneamente ad un episodio particolare della vita) e diacronicamente (cioè in un intervallo di tempo più lungo). Il ben-essere non dipende solo dalle buone condizioni fisiche di un individuo ma anche dal suo stile di vita, dal suo lavoro, dalle condizioni ambientali e sociali. Lo studio sul ben-essere non ignora le sofferenze che gli uomini possono provare ma cerca di trovare un modo per alleviarle promuovendo concetti come buona salute, resilienza e crescita psicologica. Parlando di resilienza mi vengono in mente tanti esempi, che nel corso delle lezioni ho avuto modo di conoscere come quello di Simona Atzori, danzatrice senza braccia che nonostante la sua difficoltà, guida, dipinge, vive la sua vita sempre con il sorriso; quello di Oscar Pistorius, che con le protesi è riuscito a realizzare il suo sogno, quello di correre, vincendo anche gare alle Paraolimpiadi e quello della signora Tina, che ha il lato destro del corpo paralizzato a causa di un intervento andato male ma nonostante ciò ha lottato e con la sua testimonianza ci ha insegnato a non arrenderci, non lasciarci abbattere dai problemi ed a godere di tutto quello che la vita regala. Questi sono esempi di disabili che ce l'hanno fatta, che riescono a star bene nonostante le loro difficoltà ma non è stato sempre così. Andando indietro nel tempo infatti ci si rende conto che in passato non ci si preoccupava molto del loro ben-essere. Molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti da istituti con scopi caritatevoli. Queste istituzioni sono nate grazie ad Edouard Seguin, un medico francese, che a metà del 1800 fu a capo della prima scuola per bambini disabili. Seguin era convinto che questi bambini potessero ricevere una buona educazione e attraverso essa arrivare ad acquisire il proprio ruolo nella società. Il modello di scuola da lui creato si diffuse rapidamente ma con il tempo i suoi obiettivi mutarono in quanto si riteneva che gli studenti non venissero curati e questo portò al passaggio dal concetto di istituto educativo a quello di istituto affidatario. Non si favorì più l'integrazione di questi soggetti anzi gli istituti erano spesso situati in zone isolate e ciò portava ad una maggiore segregazione, al sovraffollamento e tra gli anni '50 e '60 gli istituti furono chiusi. In seguito molte famiglie e sostenitori delle politiche inclusive lottarono per una piena integrazione dei disabili nella società. Negli anni seguenti si sono sviluppate comunità per l'inserimento di queste persone, si sono sviluppati servizi di educazione speciale e di supporto alle famiglie e pian piano si è arrivati a comprendere che garantire il ben-essere dei disabili non significa solo dargli la possibilità di mangiare, vestirsi, lavarsi ma anche far si che questi soggetti possano esprimere le proprie potenzialità, possano scegliere cosa fare nella vita realizzando così quell'autonomia che permetta loro di non sentirsi diversi dai normodotati. Si è compreso che occuparsi di loro solo in termini di cura, di assistenza, considerando solo le loro debolezze non li aiuta anzi li fa sentire maggiormente inadeguati, bisogna invece dar loro tutti gli strumenti per permettergli di relazionarsi al meglio con l'ambiente che li circonda. E' in questa direzione che ci si sta muovendo per promuovere il ben-essere dei disabili, partendo dai loro punti di forza piuttosto che dalle loro debolezze. La Iavarone sostiene che saper interpretare i propri bisogni, saper esprimere i propri desideri e realizzarsi attraverso buoni progetti di vita sono condizioni indispensabili per raggiungere uno stato di ben-essere individuale e sociale. Tuttavia nei confronti dei disabili ci si è spesso focalizzati sul contesto esterno e non su quello che loro sentono dentro. Nel corso degli anni sono state svolte diverse ricerche sul ben-essere nella disabilità, focalizzate in particolare su soggetti affetti da ritardo mentale. Tra queste importante è quella che riguarda le famiglie con bambini affetti da questa patologia. Normalmente la nascita di un figlio è fonte di grande gioia ma quando nasce un bambino con una problematica del genere, tutto diventa angosciante e difficile da affrontare. Le madri spesso soffrono, vivono stati di shock prima di adattarsi all'evento. Mullins ha condotto degli studi su questo aspetto, analizzando 60 libri scritti da genitori con figli disabili e ha evidenziato che è vero, c'è un forte stress e grandi preoccupazioni in queste famiglie ma per molte di esse vivere con un figlio disabile è considerato un arricchimento per la propria vita. Lazarus e altri autori poi hanno compreso che quando le famiglie provano emozioni positive riescono a reagire più facilmente allo stress derivante dalla disabilità di un figlio, migliorando la qualità della vita familiare e lottando per far emergere pienamente le sue potenzialità. Non tutti però reagiscono allo stesso modo e si è visto che le famiglie che hanno un atteggiamento negativo nei confronti dei disabili rischiano di vivere con uno stress maggiore rispetto a quelle che riescono ad accettarlo. Nella società l'immagine che si ha di un disabile è quella di una persona che ha una bassa qualità della vita, che può e deve essere migliorata ed infatti da tempo le politiche di alcuni stati si stanno muovendo in questo senso, com'è accaduto in Inghilterra con il Disability Discrimination act o in Italia con la legge 104 del '92 che garantisce ai disabili gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici rispetto ai normodotati. Purtroppo le leggi non sempre sono applicate, ci sono ancora molte barriere che impediscono ai disabili di essere pienamente integrati nella società, ci sono quelle architettoniche ma soprattutto quelle culturali che portano alla loro emarginazione e che andrebbero eliminate perchè anche i disabili sono persone ed hanno gli stessi diritti che abbiamo noi normodotati. Solo attraverso l'educazione, come sostiene la Iavarone, si può arrivare a scuotere le coscienze e garantire ai disabili una migliore qualità della vita che gli faccia realizzare il vero ben-essere, non solo fisico ma anche psicosociale.
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    Messaggio  veronicagiordano Sab Mag 19, 2012 3:25 pm

    BEN-ESSERE DISABILE
    La felicità e quella che significa vivere una buona vita,ha rappresentato la base del dibattito filosofico,religioso,ed educativo x centinaia di anni.
    Nella cultura contemporanea,le persone stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici. Tuttavia solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato in modo sistematico a studiare il concetto di felicità.
    Il concetto di felicità compare in ogni cultura con significati diversi.
    Il ben-essere considera la soddisfazione della propria esigenza e anche il conseguimento di funzioni che variano anche considerando la cultura di riferimento.
    In questo caso allora viene portato in primo piano la relazione trà ben-essere del singolo e sviluppo della collettività .
    La DELLE FAVE afferma che è fondamentale ,considerare che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo,di cambiamenti è sviluppo della comunità e soprattutto per i cosi detti gruppi svantaggiati,persone con disabilità ,anziani,persone in condizioni di disagio psicosociale,immigrati,minoranza.
    Gli individui non sono di per se svantaggiati,lo diventano in un ambiente sociale o culturale in cui le loro condizioni comporti conseguenze svantaggiose ,a causa di qualche discrepanza rispetto alle aspettative e alle regole sociali .
    Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso di complessità,e di condivisione,ad usare efficacemente i propri talenti e punti di forza,,a coltivare attività che forniscono esperienze ottimali, a perseguire l’autodeterminazione attraverso l’esercizio della libertà e delle responsabilità.
    Ogni uno di noi nascendo a la capacità di ben-essere. Ogni uno ha un suo proprio potenziale irripetibile di possibilità e di limiti. Vivere il ben-essere significa COSTRUIRSI. Tutti abbiamo le potenzialità di decidere di essere ciò che vogliamo,e il ruolo dell’educazione e quello di promettere l’attivarsi di questo potenziale attraverso la creazione di un ambiente “facilitante”in cui gli attori coinvolti possono essere in grado di co-evolvere insieme nella direzione di uno sviluppo positivo.
    La nostra società ricca,offre tanti piaceri che velocemente diventano effimeri. Infatti non appena cala la stimolazione che ha portato al piacere ,quest’ultimo sparisce del tutto .l’essere umano ha bisogno di sfide,ha bisogno di mettersi alla prova,di rinforzare le proprie potenzialità e capacità.
    Inoltre lo studio del ben-essere ha benefici potenziali per le attuali e future generazioni..
    La scoperta che la felicità non sia strettamente associata con la ricchezza e con io beni materiali,,potrebbe permettere di riconoscere gli indicatori di valutazione del ben-essere.
    Inizialmente la preoccupazione maggiore di chi si occupava di disabilità non era certo promuovere il ben-essere delle persone con disabilità. Infatti non molto tempo fa ,i bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli. In parte queste istituzioni sono cresciute dagli sforzi di Edouard Seguin .Seguin promosse la visione che i bambini con disabilità potessere essere appropriatamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. Il modello formativo promosso da Seguin venne cambiata drasticamente,infatti con le constatazioni che i bambini non fossero curati, vennero create scuole adatte ,che invece di curarli in modo adeguato ,li allontanarono dalla società. In seguito ci fu il concetto di “normalizzazione”. Successivamente questo ambito è stato caratterizzato dalla de-istituzionalizzazione e dall’ inclusione nella comunità. Ecco che in questa direzione si cerca si cerca di promuovere il ben-essere della persona disabile,considerandolo una dimensione strettamente determinata dalla capacità di autonomia.
    Costruire a partire dai soggetti e dalla forza che essi esprimono ,piuttosto che dalle loro debolezze. L’obbiettivo non e solo e unicamente quello di far si che queste persone siano in grado di mangiare,vestirsi,lavarsi,ma e soprattutto possono attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere. La capacità di saper leggere l’ambiente,di interpretare correttamente i propri bisogni,dare forma a nomi ai propri desideri e saperli perseguire con una sana progettualità ,rappresentano quindi alcune delle condizioni per conseguire un progetto di ben-essere personale e sociale realistico e contestualizzato.
    Questo perché il ben-essere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico o economico,ma va definito come uno stato variamente complesso perche multicomponenziale,multi direzionale,multidimensionale.
    L’educazione inclusiva riguarda il ben-essere di tutti i bambini,e il fornire una cultura e una pratica in cui tutte le barriere alla partecipazione possono essere identificate e da ultimo rimosse,secondo MORIN bisogna insegnare a vivere “insegnare le regole del vivere e convivere”,e per le scuole è un compito oggi ancora più ineludibile rispetto al passato. Insegnare a stare bene sembra infatti una delle emergenze di questo millennio.
    Oggi sembra che chi vive nel ben-essere sia un vincente ,ma per vincente non intendono chi fa perdere gli altri,vincente e chi reagisce in modo autentico,chi è credibile,degno di fiducia,sensibilità,genuino sia come individuo che come parte della società. Il problema principale consiste nel fare apprendere ai soggetti progettare il proprio ben-essere,e di conseguenza a padroneggiare tutte le circostanze della propia vita collegate ai diversi stati sia di ben-essere che di mal-essere.
    Appare perseguibile l’idea di una pedagogia del be
    n-essere che attraverso lo sviluppo di specifiche relazioni educative, punti a generare negli individui atteggiamenti e comportamenti positivi e pro-attivi nei riguardi della vita e del proprio ben-essere esistenziale.
    Le life skills sostengono il perseguimento dello sviluppo personale di colui che apprende,lo aiuta a svelare il proprio potenziale,e godere di una vita personale,professionale è sociale realizzata.le life skills propongono la promozione della salute e del ben-essere come sviluppo delle potenzialità.
    Un accesso a una vita normale per poter crescere e svilupparsi,comprendere anche la possibilità di pensare al proprio ben –essere e di essere in grado di intraprendere scelte positive, per condurre la vita che si desidera vivere.
    Questo discorso vale per tutti i bambini,adolescenti adulti ,adolescenti bambini che si trovano in condizioni di disagio per una menomazione,ostacoli ecc. l’educazione al ben-essere può essere considerata allora la strada che permette di acquisire quel pensiero positivo che dovrebbe supportare la costruzione della vita che vogliamo. Tutto questo si declina poi in sensibilizzazione al ben-essere, basata sull’idea che tutti possono imparare a star meglio e che il ben-essere non è una questione di quantità di risorse,ma soprattutto un problema di qualità e di soddisfazioni dei propri desideri ed esigenze in termini ottimali e ottimizzabili,nella direzione di un superamento degli ostacoli,alla realizzazione della nostra identità.


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  DE STEFANO ANGELA Sab Mag 19, 2012 3:55 pm

    Che cos’è la felicità? Quasi tutti ci siamo posti questa domanda, ma per me una definizione vera e propria non c’è, come infatti la felicità ha costituito la base del dibattito filosofico, religioso ed educativo per centinaia di anni.
    La felicità può essere considerata come qualcosa di estremamente immediato, come il piacere o la gioia, e qualcosa di più durevole, come la soddisfazione o l’appagamento. Anticamente la felicità veniva anche chiamata eudaimonia ossia avere una buona sorte. Con Socrate, Platone ed Aristotele, la parola eudaimonia acquista nuovi significati, e si comincia ad affermare che l’uomo può diventare felice anche contro la sorte attraverso le sue scelte e con la sua libertà.
    Quando le persone parlano di felicità, generalmente intendono uno stato che comporta sensazioni positive oppure giudizi positivi sulle sensazioni. Possiamo dividere la felicità in tre livelli. Il primo livello di felicità è dovuto alla realizzazione della cosa desiderata, e quindi il senso più immediato e diretto di felicità. Quando le persone affermano di essere felici, intendono dire che, dopo aver riflettuto sul bilancio tra piaceri e dolori, tra emozioni positive ed emozioni negative, percepiscono che hanno sperimentato più piaceri o emozioni positive che negative, questa viene definita felicità di secondo livello. Esiste poi un senso di felicità ancora più ampio, in cui la persona realizza le proprie potenzialità, questo rappresenta la felicità di terzo livello.
    La psicologia positiva si chiede che cosa permette alle persone di essere felici, Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità. Primo, una persona può avere emozioni positive, per il passato, come la soddisfazione e emozioni positive per il futuro come la speranza e l’ottimismo. Le emozioni positive nel presente sono basate su piaceri sensoriali o emozioni momentanee che Seligman chiama “la vita piacevole”, è importante la teoria della felicità autentica relativamente alla vita piacevole, alla buona vita. La buona vita, la vita significativa si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù, dalle quali l’individuo trae piacere e contribuiscono a sviluppare amicizie o a servire la comunità.
    Ognuno di noi nascendo ha la capacità di benessere, ognuno può essere espressivo, pensante, consapevole, creativo, produttivo, in altre parole può costruirsi e vivere il benessere. Il benessere è stato definito “vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica. Le caratteristiche positive personali come il benessere soggettivo, l’ottimismo, la felicità, sono fattori che contribuiscono al benessere a livello individuale, mentre il senso di appartenenza, l’armonia con il proprio ambiente di vita sono fattori che contribuiscono al benessere al livello contestuale. Canevaro, afferma invece, che il benessere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ma all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi con le strutture che lo circondano, con i contesti. Il benessere, quindi, dipende non solo dal corretto funzionamento di organi e di apparati vitali, ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti.
    Non molto tempo fa, bambini e adulti con disabilità, venivano assistiti nelle istituzione con finalità caritatevoli. Queste istituzioni cambiarono grazie al medico francese Edouard Seguin, che promosse la visione progressista, che bambini con disabilità potessero essere educati ed assumere il giusto ruolo nella società. Ma nel corso del tempo le cose cambiarono, come infatti queste istituzioni invece di favorire il ritorno in società, divennero posti per tenere le persone disabili lontane. L’obiettivo principale per promuovere il benessere delle persone disabili è quello di sviluppare le proprie capacità e potenzialità, favorendo l’autonomia, facendo si che queste persone non siano solo in grado di vestirsi e lavarsi, ma possono fare leva sulle proprie potenzialità e capacità, per acquisire forza e potere per determinare il proprio stato di benessere. Di primaria importanza è la pedagogia, come afferma la professoressa Iavarone, poiché ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
    Per me le persone con disabilità, riescono a vivere lo stesso momenti di felicità, a volte anche più intensi, poiché focalizzano la loro attenzione sulle piccole cose della vita, le quali donano a loro dei veri momenti di gioia, e assaporano la vera essenza della vita, come nel caso della signora Tina, che è stata nostra ospite in classe, e inoltre riescono ad andare avanti con coraggio e determinazione, nonostante le grandi avversità della vita. Nel caso di Simona Atzori, vero esempio di resilienza, lei è riuscita a sviluppare le proprie capacità e potenzialità, come ad esempio nella danza, riuscendo a vivere dei veri momenti di gioia attraverso le proprie soddisfazioni personali.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  peluso cristina Sab Mag 19, 2012 4:14 pm

    Ho scelto di trattare il capitolo, BEN-ESSERE nella disabilità, perché tante volte mi sono chiesta dove e quando una persona si rende conto di essere felice, che cos’è la felicità? È un utopia o può essere raggiunta?
    Una domanda ardua, dove molti filosofi e psicologi hanno espresso una loro opinione.
    Secondo Aristotele la “ FELICITA E’IL BENE SOMMO PER L’ESSERE UMANO’’, oggi nel mondo globalizzato è sempre più virtuale.
    L’etimologia, fa derivare felicità da: felicitas, deriv.felix-icis, “felice’’, la cui radice “fe’’ significa abbondanza, ricchezza, prosperità, è lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i suoi desideri. Le sue caratteristiche sono variabili (serenità, ottimismo, bisogno di stare bene).
    Quando la felicità è presente,associa la percezione di essere eterna al timore che essa finisca.
    Per Epicuro la felicità e la conoscenza delle cose, fanno lo stato della felicità.
    Essa sviluppa sia in senso intellettuale, sia materiale , sia fisico , sia psichico , può cambiare anche in virtù della cultura e del contesto ambientale,la felicità può essere un sorriso di un bambino, può essere un matrimonio, per un povero un piatto caldo, per un disabile accompagnarlo ad una partita di pallone.
    La felicità è una sensazione profonda, autentica, nasce dentro di noi, indipendentemente da quello che ci accade, dipende solo esclusivamente da noi.
    Lo psicologo Nettle, distingue tre livelli di felicità : un primo livello, in cui la felicità indica un’emozione o una sensazione improvvisa e transitoria di gioia o di piacere, un secondo livello, in cui la felicità sta ad esprimere la consapevolezza di uno stato generale di benessere e di soddisfazione, ovvero derivante da un giudizio sul bilancio delle sensazioni, un terzo livello, in cui la felicità esprime la coscienza di una condizione di vita complessiva caratterizzata dalla realizzazione delle potenziali e delle aspirazione dell’individuo.
    Le teorie contemporanee sulla felicità includono la teoria eudonica e la teoria eudamonica, teorie sviluppate dal movimento della psicologia positiva:la prima la ricava dalla massimizzazione dei piaceri e dalla minimizzazione del dolore, mentre la seconda dalla attuazione del potenziale dell’individuo e dal perseguimento del proprio vero sé.
    Spesso i termini felicità e benessere, sono stati usati come sinonimi con il secondo che rappresenta il termine più scientifico dei due: il benessere da ( ben-essere= stare bene o esistere bene) è stato definito come uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano dal punto di vista psicologico, spirituale e fisico.
    La professoressa Ghedin afferma che , ognuno di noi ha la capacità di benessere e quindi di felicità: ognuno ha un suo modo di vedere, ascoltare, agire, ognuno è diverso dall’altro , ognuno ha il potenziale, la possibilità di decidere ciò che vuole, di costruirsi e di vivere il benessere.
    Il professor Canevaro dice che il benessere della persona, non è legato alla sua potenza, quanto a quello di qualcuno, oggi chiamato (capitale sociale), ovvero a quella capacita di organizzarsi e di adattarsi grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano. Nessun individuo è infatti svantaggiato, diventa tale in un ambiente sociale e culturale che non è pronto ad accoglierlo.
    Per la professoressa Iavarone , l’educazione inclusiva, ha a cuore il benessere e la qualità della vita della persona, occupandosi della sua istruzione, ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psico- sociale.
    Il benessere è un canale di accesso alla felicità , la contingenza, porta alla realizzazione delle nostre aspettative, sapersi adattarsi alla realtà trovando un equilibrio dinamico.
    Lo studio del benessere ha l’obbiettivo di individuare dei metodi che possono rendere la vita del disabile e migliorare il loro livello, quindi creare un’ ambiente dove il disabile si possa sentir libero di far tutto da solo(lavarsi, vestirsi) e tutto autonomamente.
    Ma purtroppo, questo concetto è ancora lontano, non è ancora arrivato alla società esiste ancora l’assistenzialismo , senza aperture e modifiche per i bisogni dei disabili!
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    Stefania Tufano


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    Messaggio  Stefania Tufano Sab Mag 19, 2012 4:19 pm

    Da sempre l'uomo ha cercato in tutti i modi di raggiungere e ottenere quello che una nutrita schiera di filosofi e poeti ha da sempre indicato come un bisogno insopprimibile dell'uomo e come scopo dell'esistenza umana: la Felicità
    Ma cos'è la felicità? Di cosa hanno bisogno le persone per essere felici nella loro vita? Che senso avrebbe essere felici per un attimo e per qualcosa di inconsistente che al minimo impatto con il vero si dissolve come se fosse nebbia? La felicità per essere tale deve poggiare su fondamenta sicure e certe e non sul ricordo e sulle illusioni, che sono del tutto vane. Già con Socrate, Platone e Aristotele si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice. Nettle ci parla di felicità attraverso tre livelli:
    -uno stato immediato che implica un emozione come la gioia o il piacere ,che è transitorio definito “felicità di primo livello”
    - un altro stato che riguarda il giudizio su queste sensazioni “felicità di secondo livello”
    - uno stato ancora più ampio in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità.
    La felicità non è la sommatoria di tutti i momenti di piacere ma è connessa al portare a compimento l'intera vita. Spesso i termini felicità e ben-essere sono stati usati in modo intercambiabile. Il ben-essere è stato definito “ vivere bene” da un punto di vista psicologico, fisico, anche in presenza di una malattia. Una persona può essere felice quando legge un libro, scrive, guarda un tramonto. Varie sono le teorie che si soffermano sulla felicità: la teoria eudonica( felicità come massimizzazione dei piacere e minimizzazione del dolore), la teoria eudamonica( felicità come attualizzazione delle potenzialità dell’individuo e perseguimento del proprio se) e le teorie della psicologia positiva,una di queste è quella di integrare la teoria del flusso,stato di impegno,felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante, conducendolo a una possibile felicità. Un ruolo fondamentale nel ben-essere lo svolge la cultura che tende ad influenzare la vita degli individui, infatti Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo è legato alla capacità che questo ha di organizzarsi e adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano. La Delle Fave a sua volta afferma che l'individuo, anche quello svantaggiato, deve essere visto come un agente di cambiamento, di sviluppo, ogni individuo deve seguire il proprio percorso usando i propri talenti, le proprie forze (ricordiamo l'Atzori, Pistorius). Ognuno ha un suo modo di vedere le cose, pensare, ascoltare, toccare quindi ognuno ha la capacità di costruirsi e vivere il ben-essere. Non molto tempo fa molti bambini con disabilità , venivano messi ai margini della società, proprio come i ragazzi del film “si può fare”, dei ragazzi che tutti consideravano inutili, perchè avevano problemi mentali, ma che invece si sono rivelati tutt'altro. Grazie a Seguin, che guidò nel 1800 la prima scuola per bambini, le cose sono cambiate, si sono sviluppati dei servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie e programmi basati sulla comunità che mirano a incontrare i bisogni materiali, questi programmi si avvicinano anche al concetto di autodeterminazione che mira a rendere le persone con disabilità in grado di compiere scelte personali per la loro vita, promuovendo il loro benessere. Affinchè vi sia ben-essere in una persona disabile è importante partire dal contesto familiare, spesso la nascita di un figlio con disabilità, si trasforma in un evento angosciante, portando i genitori a vivere periodi di stress, non rendendosi conto che possono influenzare lo sviluppo del proprio figlio in negativo, anziché aiutarlo. Per questo bisogna dare il giusto appoggio alle famiglie con soggetti disabili per una migliore convivenza con la disabilità. Diversamente ci sono famiglie che vedono la nascita di un figlio con disabilità come un arricchimento, aiutando così il bambino a raggiungere il proprio ben-essere. La felicità è un diritto di tutti anche dei disabili, perchè anch'essi sono cittadini a pieno titolo.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Micaela Crescenzo Sab Mag 19, 2012 4:40 pm

    La felicità è da sempre il soggetto dei dibattiti filosofico, religioso ed educativo. Per esempio nel mondo della psicologia esistono alcuni studiosi che sostengono l’esistenza di un ordine di importanza rispetto ad alcune questioni che essi dovrebbero affrontare. Altri credono che la tradizionale psicologia negativa debbe essere abbandonata per abbracciare la nuova psicologia positiva, che studia la felicità e gli aspetti positivi dell’esperienza umana.
    Il concetto di felicità appare in ogni cultura e in ogni tempo; la radice della parola deriva dal termine “eudaimonia” che significa “buon demone”, la felicità era avere un buon demone cioè una buona sorte e quindi era un concetto strettamente legato alla fortuna.
    Si è sempre pensato che l’uomo potesse raggiungere l’apice della felicità portando a compimento la propria vita.
    Gli usi del termine “felicità” possono essere classificati in 3 livelli:
    - felicità di primo livello
    - felicità di secondo livello
    - felicità di terzo livello
    Nel primo livello si verifica un senso di felicità immediato, scatenato da sensazioni come gioia o piacere e può essere misurato oggettivamente, perché ciò che le persone provano soggettivamente è indiscutibile. Nel secondo livello si parla di un senso di felicità che gli individui affermano di conseguenza ad un bilancio tra emozioni positive e negative della loro intera vita, e rispetto alla felicità di primo livello, questo tipo non prevede un termine di misura oggettivo, perché gli individui hanno, generalmente, differenti livelli di paragone per cui non si può generalizzare. Nell’ultimo livello, infine, ci ritroviamo davanti un tipo di felicità assoluta, di tipo aristotelico, cioè l’individuo raggiunge il culmine della gioia poichè soddisfatto interamente in tutta la sua vita; in questo caso non si può misurare in maniera altrettanto facile ma soprattutto oggettiva, poiché ci ritroviamo davanti ad individui che hanno obiettivi e scopi diversi nella loro vita.
    L’OMS ha definito la salute come uno stato di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Il ben-essere soggettivo è l’essenza della qualità della vita. Ben-essere soggettivo non è altro che il sinonimo scientifico del termine filosofico “felicità”.
    Il ben-essere soggettivo include due componenti: una cognitiva, che valuta l’intera soddisfazione di vita; e una componente affettiva, a sua volta suddivisa in presenza di affetto positivo e assenza di affetti negativi.
    A livello individuale, fattori positivi come l’ottimismo o la felicità contribuiscono al ben-essere; a livello contestuale, i fattori esterni che contribuiscono al ben-essere sono: il supporto sociale, il senso di appartenenza o armonia con l’ambiente.
    Il ben-essere considera la soddisfazione delle proprie esigenze e il conseguimento dei piaceri della società, quindi viene portata in primo piano la relazione tra il ben-essere del singolo e lo sviluppo della collettività. Alcuni autori approfondiscono questo argomento sostenendo che appunto il ben-essere individuale di una persona non è legata ad una condizione individuale autarchica ma al capitale sociale, cioè la capacità di un individuo di adattarsi e organizzarsi all’interno di una società. Altri sostengono che ogni membro di questa collettività è attivo e partecipe, compresi i cosidetti disabili, anziani , immigrati ecc…
    Gli individui non nascono svantaggiati ma è l’ambiente a comportare situazioni di disagio.
    Pochi anni fa, molti bambini o adulti con disabilità venivano assistiti dalle istituzioni con finalità caritatevoli. Grazie ad un medico franceso di nome Edouard Seguin, nella metà del 1800 nacque la prima scuola per bambini disabili. Egli sosteneva che i bambini con disabilità potessero anch’essi avere un educazione adeguata e diconseguenza assumere il loro giusto ruolo nella società. Questo modello educativo si diffuse velocemente però invece di favorire il ritorno delle persone nella società le istituzioni fungevano da posti in cui tenerle lontane dal resto della società. In seguito la situazione è cambiata portando pian piano all’inclusione di questi individui nella società, grazie a vari supporti statali. L’obiettivo di queste iniziative delle istituzioni non è solo quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi, lavarsi, ma soprattutto sviluppare le proprie capacità e potenzialità per decidere cosa fare della propria vita; l’aiuto esterno consisterebbe solo nel facilitare approccio relazionale degli individui disabili con il resto della società.
    I filoni di ricerca che hanno contribuito al ben-essere sono:
    - il movimento della qualità della vita; il quale sostiene che avere una buona qualità di vita è la somma delle esperienze di vita esterne e oggettive vissute. Un team di studiosi ha individuato 6 dimensioni chiave della qualità della vita, cioè:
    - ben-essere emozionale
    - relazioni interpersonali
    - ben-essere materiale
    - ben-essere fisico
    - autodeterminazione
    -inclusione sociale e diritti
    Di tutte queste dimensioni, il ben-essere emozionale sembra quello più vicino alla felicità.
    - il movimento della doppia diagnosi; crede che la felicità e il ben-essere siano molto più complessi di una semplice assenza di preoccupazione o psicopatologia. Infatti i ricercatori si sono focalizzati sull’alleviare i problemi dei disabili promuovendo in essi stati positivi. La promozione di questi stati e la repressione di quelli negativi, potrebbero aiutare i disabili ad affrontare con maggiore consapevolezza la vita giornaliera.
    - personalità-motivazione e felicità; negli anni settanta alcuni studiosi sostenevano che i bambini con ritardo mentale oltre ad avere un QI minore rispetto ad un normodotato, avevano personalità particolare caratterizzata dall’accumulo di esperienze di fallimento. Recentemente gli studiosi hanno focalizzato la loro attenzione sulla motivazione di questi bambini nel campo scolastico e nella vita in generale.
    - la ricerca sulla famiglia; gli studiosi hanno focalizzato la propria ricerca sulla figura materna.
    Nella letteratura la figura materna era vista come una donna distrutta dalla perdita del bambino perfetto e tanto desiderato, e questo dolore si riaccendeva in ogni fase della crescita del figlio.
    Secondo la ricerca le madri passano attraverso diversi stadi:
    - shock
    - disorganizzazione emotiva
    - riorganizzazione dopo l’adattamento al trauma di avere un bambino disabile.
    Le ricerche hanno inoltre dimostrato che le famiglie con un disabile sono più stressate di quelle normali e oltretutto esse passano attraverso periodi prolungati di stress dovuto soprattutto all’approccio che hanno con la societa, ma in particolare di come la società vede la disabilità. Nell’ambito della disabilità quindi la ricerca sulla famiglia si dirige verso la positività che migliora la qualità della vita.
    L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita, e questa idea è stata assunta anche da molte politiche ufficiali che promuovono l’inclusione dei disabili nella società, e questo non solo migliora la loro qualità di vita ma anche il loro ben-essere soggettivo.
    A tal proposito la Professoressa Maria Luisa Iavarone sostiene che nella società occidentale si è giunti alla consapevolezza che star bene è un diritto di tutti e può essere raggiungibile per tutti, e a questo scopo le persone devono essere aiutate a conquistare il ben-essere attraverso la formazione di diversi professionisti (insegnanti, educatori, operatori sociali ecc…). la pedagogia sociale ha a cuore il ben-essere degli individui inteso non solo come fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
    Giuseppina Chianese
    Giuseppina Chianese


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Giuseppina Chianese Sab Mag 19, 2012 4:56 pm

    Nonostante la felicità compare in ogni cultura,comprendere e spiegare il concetto felicità non è semplice.
    Sin dall'antichità gli uomini hanno parlato del concetto di felicità non dandosi una spiegazione vera e propria di questa sensazione che può durare anche per pochi attimi.
    Nel periodo pre-socratico essere felici significava avere una buona sorte ovvero significava essere fortunati. La felicità è quindi avere un "buon demone",ma secondo Socrate,Platone e Aristotele con la parola eudaimonia ovvero buon demone sostengono che l'uomo può,con la sua libertà,raggiungere la felicità anche contro la sorte.
    Nettle afferma che esistono tre livelli di felicità:
    -il primo livello si raggiunge dal momento in cui l'uomo ottiene ciò che ha sempre desiderato.
    -il secondo livello si ottiene dal momento in cui il soggetto fa un parallelismo tra le cose belle e quelle brutte,rendendosi conto che i momenti positivi prevalgono su quelli negativi.
    -il terzo livello ci espone il concetto di eudaimonia sottolineando che è il momento in cui l'uomo realizza le proprie potenzialità.
    Per raggiungere il ben-essere bisogna che l'uomo sia ottimista e felice e abbia un bel rapporto armonioso con il contesto sociale che lo circonda.
    Tra gli autori che si sono impegnati sul concetto di felicità troviamo Seligman il quale afferma che per raggiungere la felicità ci sono molteplici strade,usando l'ottimismo.Seligman ci parla anche di vita piacevole la quale si può vivere solo se la persona individua le proprie forze e i propri talenti.
    La scienza edonistica afferma che dal momento in cui si minimizza il dolore aumenta il piacere e quindi prevale la felicità.
    Gli esseri umani tendono continuamente a dare un significato agli eventi ai comportamenti e alle intenzioni sociali;alla base di ciò Ghedin afferma che l'individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della vita forma un ulteriore corredo ovvero quello culturale.L'uomo quindi per Ghedin acquisisce informazioni che provengono dall'ambiente e quindi è importante fare attenzioni a ciò che l'uomo desidera per se stesso e per la comunità.
    Canevaro sostiene che il ben.essere di un individuo proviene dall' insieme di capacità che l'individuo stesso ha di organizzarsi o di adattarsi all'ambiente.
    La Delle Fave ha un idea di uomo attivo,agente che può cambiare la società che lo circonda ciò vale soprattutto per i gruppi svantaggiati.
    Seguin nel 1800 si occupò del benessere per i disabili ideando una scuola proprio per i bimbi disabili in quanto sosteneva che questi bambini avessero il diritto di essere educati e integrati della società.Ci furono delle critiche all'apertura di queste scuole che fecero si che esse,uniche sedi di istruzione,diventassero meno educative e più affidatarie. Ciò portò ad un sopraffollamento o l'abbandono di questi ambiti educativi.Per fronteggiare questa crisi educativa,negli ultimi anni si sono sviluppati servizi di educazione speciale a supporto dellle famiglie dando la possibilità ai disabili di poter scegliere cosa fare nella loro vita soddisfando i bisogni primari.Ad occuparsi del benessere dei disabili è stato anche Zigler il quale sostenne che il bambino con ritardo mentale aveva più possibilità di successo rispetto ad un bambino normodotato.
    Molto spesso le madri dei bimbi disabili si trovano a non essere felici,a pentirsi per la scelta compiuta ovvero quella di mettere al mondo un bambino disabile,mentre ci sono alcune mamme che vivono pieni di gioia e amore da donare ai propri figli soprattutto se quest ultimi sono disabili.
    Secondo la prof. Iavarone tutti hanno diritto all’istruzione compreso coloro che sono diversamente abili,io appoggio in pieno qust’idea in quanto un bambino diversamente abile deve avere le pari opportunità e le stesse dei suoi coetani.Come ho già sostenuto in uno dei forum l'educazione può essere un riscatto sociale per il bambino con disabilità,la scuola può essere un luogo dove il fanciullo mette alla luce le sue capacità anche di relazione con i propri compagni.Un ruolo fondamentale oltre che i genitori per un bambino diversamente abile lo compiono appunto i docenti che devono trasmettere con amore un minimo di cultura che permettono alla persona di superare i limiti e non sentirsi inferiore a nessuno.
    [b][i][left]
    maria giovanna toriello
    maria giovanna toriello


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Ben-essere nella disabilità

    Messaggio  maria giovanna toriello Sab Mag 19, 2012 5:12 pm

    Che cos'è la felicità?? La domanda è abbastanza complicata... ogni individuo al mondo pensa in modo diverso, e quindi ciascuno di noi ha una percezione della felicità diversa dagli altri... c'è chi pensa che la felicità sia il fine ultimo della vita, e quindi si affanna in una rincorsa ad un qualcosa di indefinito, c'è chi crede che essere felici significa essere ricchi e non aver nessun problema, ma sappiamo bene che spesso proprio le persone ricche e famose sono infelici, c'è chi crede che la felicità sia uno stato duraturo e chi invece crede che sia composta di attimi. Io faccio parte di quest'ultima categoria, credo in primo luogo che per raggiungere la felicità non la si debba rincorrere, perchè più ci affanniamo a raggiungere un qualcosa di cui non conosciamo bene l'essenza e più ce ne allontaniamo, oltretutto in questo modo ci perdiamo quelle piccole cose che ci circondano e che rendono la nostra vita meravigliosa. La felicità secondo me è guardare la persona che ami negli occhi, saper di poter condividere le tue esperienze con un'amica, è poter abbracciare i tuoi genitori quando al mondo tante persone ne vengono private. “La felicità è sempre e soltanto un istante. La felicità non è una cosa che dura. Non è un tempo, è un istante o una serie di istanti. Un punto di contatto con qualche cosa di straordinario”, Francesco Alberoni.
    La felicità ha rappresentato la base del dibattito filosofico, religioso ed educativo per centinaia di anni.Partiamo dall'etimologia della parola felicità: la radice deriva dal prefisso indoeuropeo “fe”, da cui deriva “fecundus”, “femina” ( in quanto generante) tanto che si parlava di terra “felix” quando la stagione era stata fertile. Nella cultura mitica e nel mondo presocratico era frequente l'uso della parola “EUDAIMONIA” che significa “buon demone”; la felicità era avere un buon demone, ovvero una buona sorte. In quel contesto quindi la felicità era legata alla fortuna; ma in seguito, con Socrate, poi con Platone ed infine con Aristotele la parola eudaimonia assume significati nuovi, si inizia ad affermare l'idea che la felicità fosse legata alla libertà dell'uomo e alle sue scelte personali. Per questo in Aristotele la felicità è strettamente connessa all'etica e alla virtù, intese non in senso moralistico, ma di azione. Nettle divide la felicità in 3 livelli: il primo livello consiste consiste in una sorta di gioia o piacere provocate dal raggiungimento di un obiettivo, di uno stato desiderato. Il secondo livello di felicità consiste in un bilancio generale tra le emozioni positive e quelle negative in seguito al quale si dichiarano felici se hanno sperimentato più piaceri rispetto ai dolori. Tuttavia questa forma di felicità non viene calcolata solo sommando i momenti positivi e sottraendo quelli negativi, ma impiega anche processi cognitivi più complessi quali il paragone con possibili risultati alternativi. Esiste poi un ultimo livello di felicità, più ampio, che coincide con l'ideale aristotelico del vivere bene, nel quale per eudaimonia si intende una vita in cui la persona realizza le proprie vere potenzialità.
    Le teorie contemporanee sulla felicità includono:
    -la teoria eudonica: la felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore, e si verifica quando le esperienze piacevoli e le gratificazioni sensoriali hanno maggior peso delle esperienze dolorose;
    -la teoria eudamonica: la felicità risulta dall'attualizzazione del potenziale dell'individuo e dal perseguimento del proprio vero sé. Ryff e Keyes identificano sei aspetti dell'attualizzazione umana che contribuiscono alla felicità: crescita personale, autonomia, autoaccettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale e relazioni positive con gli altri. Anche la teoria dell'autodeterminazione afferma che la felicità e la crescita psicologica sono collegate al raggiungimento dell'autonomia, della competenza e dei bisogni associati. Alla base di queste teorie eudaimoniche vi è la credenza che la felicità non derivi dal perseguimento del piacere bensì dallo sviluppo delle forze e delle virtù.
    -le teorie sviluppate dalla psicologia positiva: si chiede cosa permetta alle persone di fare bene, essere felici e soddisfatti. A tal proposito Seligman ha proposto diverse strade per raggiungere la felicità, in modi differenti. Una persona può avere emozioni positive circa il passato quali la soddisfazione, e circa il futuro quali la speranza e l'ottimismo. Esiste inoltre una forma di felicità che si verifica nel momento in cui siamo impegnati in alcune azioni che ci assorbono completamente, facendoci perdere addirittura il senso del tempo, ad esempio quando leggiamo un libro , quando cantiamo o guardiamo un tramonto ecc.... questa è la teoria del flusso, le persone sono così assorbite nell'attività che perdono la consapevolezza, anche dopo l'azione essi possono provare emozioni positive come orgoglio, rilassamento, contentezza.
    Spesso il termine felicità è stato sostituito dal termine ben-essere; il ben-essere è stato definito “vivere bene”, da un punto di vista psicologico, fisico e spirituale, anche in presenza di malattie. A livello individuale i fattori che contribuiscono al ben-essere sono l'ottimismo, la perseveranza, l'autodeterminazione, la felicità; mentre a livello contestuale agiscono fattori quali il supporto sociale, il senso di appartenenza e l'armonia con il proprio ambiente. Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua sfera individuale, quanto a quello che è chiamato capitale sociale, cioè l'insieme di capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi al contesto in cui vive. La Iavarone afferma che il ben-essere non può ridursi ad una generale condizione di benessere fisico o economico, piuttosto va definito come uno stato complesso perchè, multidirezionale, multidimensionale e multicomponenziale, scaturisce infatti dall'integrazione tra i sistemi biologico, psichico, sociale, non dipende quindi soltanto dal corretto funzionamento di organi e di apparati vitali, ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero e dalle qualità umane dei contesti.
    Nel campo della disabilità assume particolare importanza il modello formativo di scuola promosso da Seguin; quest'ultimo nel 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili affermando che questi potessero essere adeguatamente educati e quindi assumere un proprio ruolo all'interno della società. Questo tipo di scuola si diffuse rapidamente ma nel corso del tempo cambiarono drasticamente il loro obiettivo, e quindi in seguito alla constatazione che gli studenti non venivano curati le scuole divennero meno educative e più affidatarie; divennero più che altro un luogo in cui tenere i bambini disabili lontani da una società meno indulgente e accettante. Oggi invece la situazione del disabile appare mutata, gli operatori non mirano unicamente a far raggiungere agli allievi disabili l'autonomia nel vestirsi, mangiare, lavarsi, ma soprattutto mirano a far sviluppare le potenzialità e le capacità dei ragazzi con disabilità, in modo tale da far raggiungere quella maturazione che gli consentirà di fare delle scelte autonomamente, e vivere quindi la vita che scelgono loro, indipendentemente dalle decisioni delle persone che li circondano. Si sta cercando di far assumere al disabile un ruolo attivo. Questo coincide con il pensiero di Delle Fave la quale afferma appunto che ogni individuo, anche quelli svantaggiati come persone con disabilità, anziani, immigrati ecc..., deve essere visto come un agente attivo in grado di cambiare e sviluppare la comunità. Quindi gli individui non partono svantaggiati ma lo diventano in un contesto sociale e culturale il quale etichetta come “diversi” le persone che non possono svolgere le azioni nel modo considerato “normale”. Questo è ciò che abbiamo potuto notare seguendo il corso, infatti attraverso vari video abbiamo notato come in Italia ci siano ancora le barriere architettoniche, che non permettono alle persone con disabilità di vivere una vita in piena autonomia. Questo però non è uguale in tutto il mondo infatti spesso la professoressa fa riferimento all'Olanda, affermando che lì non sono presenti le barriere e quindi anche le persone che camminano con la sedia a rotelle svolgono le normali attività e vivono una vita senza disagi. Tutto ciò evidenzia il fatto che non si deve perdere la speranza perchè prima o poi i miglioramenti si espanderanno in tutto il paese. È notevole anche il progresso fatto dalla scienza che ha permesso la costruzione delle cosiddette case domotiche che permettono alle persone con disabilità di vivere autonomamente sviluppando così anche un aumento dell'autostima in quanto si sentono liberate dal peso di dover dipendere dagli altri. È proprio questo il senso dell'educazione, ovvero ciascun individuo dovrebbe essere incoraggiato a sviluppare i propri punti di forza, a perseguire l'autodeterminazione attraverso l'esercizio della libertà e della responsabilità, a seguire il proprio persorso di complessità, in un ambiente facilitante in cui gli attori coinvolti possano essere in grado di co-evolvere insieme nella direzione di uno sviluppo positivo. Come afferma la Iavarone la pedagogia, e in particolare la pedagogia speciale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione tutelando la salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale. Un esempio di persona con disabilità che è riuscita a sviluppare le sue potenzialità è Simona Atzori che nonostante il suo deficit è risuscita a condurre una vita “normale”, infatti non potendo usufruire delle mani ha imparato ad usare i propri piedi con i quali riesce a fare tutto, a vivere autonomamente, a prendersi cura di se stessa, e non solo, infatti lei è diventata anche mamma!!!! Anche la legge ha maturato la convinzione che la qualità della vita delle persone con disabilità debba essere migliorata infatti in Italia è stata emanata la legge 104/92 per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili. L'obiettivo politico è quello di normalizzare le vite delle persone con disabilità. Concludo con la frase di una signora che abbiamo visto in un video in aula: “da 30 anni tante cose sono cambiate, ma quante ancora devono cambiare.” L'importante è non perdere mai la speranza!!!!
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Verso un'educazione inclusiva.

    Messaggio  LAURA BUONANNO89 Sab Mag 19, 2012 5:21 pm

    L’ educazione inclusiva è fondamentale per perseguire l’equità sociale e rappresenta l’elemento centrale per realizzare il valore di lifelong learning .
    L’inclusione è un processo da considerarsi come continuo “work in progress” affinché si possano trovare nuovi modi per rispondere alla diversità (caratteristica che contraddistingue il genere umano).
    Con l’adozione di un’educazione inclusiva s’intende abbattere le barriere e considerare tutti i soggetti presenti e partecipi al sistema educativo, e non solo.
    Prendendo in considerazione l’Idex per l’inclusione è opportuno,oggi più che mai,promuovere l’apprendimento e la partecipazione nella scuola,ciò è possibile attraverso un radicale cambiamento sia da parte dei docenti che delle famiglie;scuola e famiglia devono collaborare tra loro creando una sorta di ponte sul quale il bambino di oggi e l’adulto di domani, può raggiungere la strada della felicità,intesa come benessere personale/sociale/ambientale.
    La scuola inclusiva deve offrire la possibilità di utilizzare diversi approcci metodologici per individualizzare gli interventi educativi assicurando che nessun alunno sia escluso .L’esclusione,come sappiamo,può portare all’emarginazione che a sua volta può sfociare in condotte devianti nocive sia per il soggetto che le pratica che per la società in cui vive. L’intento dell’approccio inclusivo è anche quello di creare una vera e propria comunità di problem-solving , in cui anche e soprattutto, il disabile, l’emarginato si percepiscono parte integrante usufruendo del contributo altrui e ponendo il proprio essere come un arricchimento per gli altri.
    Nella nostra società complessa ,un curriculum inclusivo si basa su quattro pilastri dell’educazione :apprendere a conoscere, fare,essere e vivere insieme in modo che si favorisca lo sviluppo del bambino, a 360 gradi.
    Di qui, è fondamentale che i docenti partecipino attivamente ponendo in essere un co-insegnamento affinché si ripensi la nozione di diversità tra gli alunni, non più come un ostacolo da superare ma come una risorsa che favorisce l’apprendimento e lo sviluppo dell’ uno e del molteplice.
    L’inclusione non è da intendersi solo ed esclusivamente in ambito scolastico, deve partire dall’interazione scuola-famiglia ma si deve estendere ad ogni ambito della vita; al contempo il concetto di Bisogni Educativi Speciali si deve fondare su una rimodulazione della cultura facendo capo all’ICF che non parla di disabilità o di varie patologie ma di salute e di funzionamento globale.
    Bisogna,inoltre,tener presente un fondamentale contributo proposto da due studiose Martha Nussbaum e Amarthya Sen che mira ad un approccio (educativo) che tiene conto delle capacità dell’alunno (Capability Approauch).
    Questo intervento,l’ho inteso in continuità con la “Teoria delle intelligenze multiple” di Howard Gardner il quale asseriva che ognuno di noi possiede almeno nove intelligenze differenti,alcune maggiormente sviluppate altre meno. Di qui, è opportuno evidenziare come in ambito educativo sia importante un approccio mirato,che considera ogni soggetto un “caso “con i suoi punti di forza e di debolezza.
    Il Capability Approauch considera l’educazione strettamente connessa alla libertà umana, si deve mirare all’equilibrio delle capacità attraverso la rimozione degli ostacoli affinché il bambino abbia la possibilità di scelta e raggiunga l’autonomia,interagendo costantemente con l’ambiente circostante e quindi ampliando il suo orizzonte formativo-relazionale.
    La relazione educativa prevede ,inoltre, un aumento di fiducia verso gli altri ma soprattutto verso se stessi; l’uomo è tendenzialmente propenso al dialogo ,a quel logos(dal greco leghein: scegliere, raccontare…) attualmente troppo spesso dimenticato; se il sistema cambia,se si riesce a costruire una nuova cultura in cui si considera l’altro, uguale a noi nella sua diversità o meglio specificità ,allora sì che potremmo realmente definirci esseri umani a pieno titolo.

    “Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze”.
    Paul Valéry
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty VERSO UN’EDUCAZIONE INCLUSIVA

    Messaggio  Lucia Casaburo Sab Mag 19, 2012 5:51 pm

    Ho scelto di trattare l’argomento dell’inclusione perché trovo sia davvero un tema fondamentale per tutti coloro che come me in futuro vogliono essere educatori. L’educazione inclusiva è un processo di apprendimento che va incontro all’esigenze di tutti i bambini, studenti appartenenti a minoranze etniche e linguistiche, bambini con disabilità e difficoltà nell’apprendimento. L’educazione inclusiva è un processo che rafforza la capacità del sistema educativo ed è una strategia chiave per perseguire l’educazione per tutti. Il movimento verso l’inclusione è graduale. Le barriere all’inclusione possono essere ridotte attraverso la collaborazione attiva tra personale scolastico, politici e altri stakeholder. Per far ciò sono importanti alcuni passi: effettuare un’analisi della situazione locale; costruire consenso attorno ai concetti dell’educazione inclusiva e sviluppare modi di misurare l’impatto dell’educazione inclusiva e di qualità. Insegnanti, genitori, comunità, istituti di formazione sono tutti considerati come risorse valutabili a supporto dell’inclusione. L’apprendimento comincia prima che il bambino vada a scuola quindi l’educazione dell’infanzia è particolarmente importate e dunque la famiglia gioco un ruolo molto fondamentale. L’attenzione dovrebbe essere posta alla costruzione di scuole inclusive che coinvolgano ognuno assicurandone l’appartenenza, e offrendo un ampia gamma di metodi di lavoro e trattamento individuale per assicurare che nessun bambino sia escluso dalla socializzazione e dalla partecipazione nella scuola. Tutti i bambini saranno considerati con rispetto e assicurate loro le uguali opportunità per apprendere tutti insieme. Gli insegnanti devono avere ben chiaro i principi fondamentali per essere in grado di insegnare nell’educazione inclusiva, essi sono: conoscere i principi dell’educazione, individuare gli studenti che hanno bisogno di un educazione speciale, essere in grado di applicare i giusti metodi ecc…. gli insegnanti efficaci hanno il compito di stimolare le abilità degli studenti proponendo compiti di qualità, variando le strategie di apprendimento fornendo gli strumenti giusti. Il modo in cui si insegna ha un importanza cruciale per migliorare l’inclusione. È chiaro che il processo di inclusione dipende dalle attitudini degli insegnanti verso gli alunni con disabilità e da come considerano le differenze presenti nel gruppo-classe e dalla loro volontà di affrontarle. Inoltre per facilitare l’inclusione è fondamentale creare un ottimo ambiente di apprendimento così che tutti possano apprendere bene e raggiungere il loro potenziale. Coinvolgere i genitori nella scuola non solo conduce allo sviluppo di relazioni positive tra casa e scuola ma rende possibile che i genitori prendano un interesse attivo nell’educazione dei loro bambini. I genitori dovrebbero essere sempre tenuti informati del progresso fatto dal loro bambino e dalle forze e debolezze del proprio figlio. Essi apprezzano le informazioni date sul loro figlio in modo tale da poter prendere parte in futuro delle sue decisioni. Inoltre possono anche apprezzare incontrarsi con altri genitori che vivono nella loro stessa condizione. La famiglia è inefetti in grado di contribuire ad aiutare i loro bambini con compiti specifici a casa; capaci di monitorare il progresso del loro bambino, organizzare uscite ed eventi. In questi ultimi anni si sta assistendo ad un crescente interesse nel considerare l’approccio della Capability e il suo significato in ambito educativo. Tale approccio considera l’educazione connessa con la libertà umana, la quale può essere espressa in termini di capabilities umane. Il modello della capability riguarda come il bambino interagisce con l’ambiente scolastico e come egli utilizza le risorse messe a disposizione dall’ambiente. L’educazione può giocare un ruolo nell’espansione della capabilities le quali possono essere distinte in: espansione delle capacità o abilità di un bambino; espansione delle opportunità che il bambino ha. Un’altra ricerca che si sta occupando del sostegno allo sviluppo dell’inclusione scolastica è l’index. Il termine inclusione è spesso associato ad alunni che presentano problemi mentali o fisici o che hanno bisogni educativi speciali. Nell’index invece l’inclusione è l’educazione di tutti i bambini e ragazzi con bisogni educativi speciali e con apprendimento normale. L’index sostiene lo sviluppo inclusivo delle scuole in quanto porta l’attenzione ai valori e alle condizioni dell’insegnamento e dell’apprendimento.
    I contenuti dell’index sono:
    • concetti chiave (favoriscono le riflessioni sullo sviluppo inclusivo delle scuole)
    • cornice di analisi (organizza l’approccio alla valutazione e allo sviluppo della scuola)
    • materiali di analisi (permettono un analisi dettagliata di tutti gli aspetti della scuola)
    • processo inclusivo ( i processi di analisi e la progettazione siano inclusi)
    L’inclusione nell’educazione implica: valorizzare in modo equo di tutti gli alunni e il gruppo docenti; Accrescere la partecipazione degli alunni; ridurre gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di tutti; migliorare la scuola in funzione del gruppo docente e degli alunni. Inoltre l’index assume anche una nozione più ampia di sostegno interpretandolo come ogni attività che accresce la capacità da parte della scuola di rispondere alla diversità degli alunni. Viene fornito sostegno anche quando gli insegnanti progettano il lavoro di classe avendo in mente tutti gli alunni e riconoscendone i differenti punti di partenza.


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Serena Vivenzio Sab Mag 19, 2012 5:51 pm

    Ho scelto il capitolo Ben-essere nella disabilità perchè credo che la felicità e il benessere siano concetti di cui l'uomo è sempre alla ricerca. Essere alla ricerca della propria felicità... Non è così facile come sembra... Credo anche sia molto difficile riuscire a trovare una giusta definizione per poterli spiegare. La felicità è di tutti, e quindi anche persone come disabili devono avere il diritto di sentirsi felici !!!
    Recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico il concetto di felicità. Con lo studioso di psicologia sociale Myers, la psicologia è stata tradizionalmente una professione curativa che si è focalizzata sul cercare di alleviare malattie mentali, patologie e malfunzionamenti. Alcuni studiosi delle scienze sociali come Seligman, ritengono che studiare e approfondire la conoscenza delle emozioni positive sia un obiettivo superficiale rispetto alla necessità di comprendere la sofferenza umana, e che esiste un ordine di importanza relativamente alle questioni che gli psicologi dovrebbero affrontare. Maslow con la sua Gerarchia Dei Bisogni stabilisce che il più alto grado di bisogni come l'autostima e l'attualizzazione sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni di ordine più basso come la sopravvivenza, la sicurezza e l'appartenenza. I bisogni di ordine inferiore nella gerarchia dovrebbero avere la precedenza sui bisogni di ordine superiore.
    La Psicologia Positiva ha tentato di indirizzare la psicologia verso gli aspetti dell'esperienza umana e delle situazioni che sono fonte di felicità per gli individui. Rispondere alla domanda Cos'è la felicità?....non è semplice! Il concetto di felicità compare in ogni cultura. Molte lingue distinguono tra qualcosa di immediato, come la gioia o il piacere, e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione l'appagamento. Bisogna prestare attenzione al fatto che mentre può esserci molta gioia in uno stato di felicità, non si deve essere sempre gioiosi perchè lo stato più duraturo si possa considerare uno stato felice.
    EUDAIMONIA originariamente deriva da BUON DEMONE, la felicità era avere un buon demone, una buona sorte. La felicità è quindi strettamente legata alla fortuna. Con Socrate, Platone e Aristotele la parola eudimonia assume nuove significati, e si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice anche contro la sorte.
    Pertanto essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto, ma include un implicita comparazione con un aspettativa o con ciò che altri possiedono. La felicità infatti è connessa al portare a compimento l'intera vita, non con il piacere che si prova nell'attimo fuggente.
    Molti usi del termine felicità possono essere classificati in uno dei tre sensi che ne comprendono un numero crescente. Il senso più immediato e diretto di felicità implica un emozione o una sensazione, come gioia o piacere. La sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato. Nettle definisce questo senso di felicità, Felicità di primo livello. Quando le persone affermano di essere felici della loro vita, di solito non intendono dire che sono letteralmente pieni di gioia o che provano piacere per tutto il tempo. Esse intendono dire che dopo aver riflettuto sul bilancio tra piaceri e dolori, tra emozioni positive e negative, percepiscono che nel lungo termine hanno sperimentato più piacere positivi che negativi. Questa felicità non riguarda tanto le sensazione, ma i giudizi sul bilancio delle sensazioni,soddisfazione per la propria vita. I suoi sinonimi sono termini come appagamento e soddisfazione. Questa viene così definita Felicità di secondo livello. E' una forma di felicità che comprende anche i processi cognitivi più complessi come il paragone con possibili risultati alternativi. Esiste poi un senso di felicità ancora più ampio. L'ideale aristotelico del vivere bene, infatti l'eudaimonia, viene spesso tradotto con felicità. Per edaimonia si intende quindi una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie vere potenzialità. Si arriva così alla Felicità di terzo livello.
    La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità di secondo livello. Questo insieme comprende crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente e franchezza con se stessi, così come gli elementi di piacere e di assenza di dolore. Le componenti più ampie del concetto di ben-essere psicologico espresso dalla Ryff tendono ad essere correlate con una felicità più ristretta, ma le correlazioni sono deboli, il che significa che si possono trovare individui dotati di un alto livello di ben-essere psicologico, ma con poca felicità di secondo livello e viceversa.
    L'organizzazione mondiale della sanità, OMS ha indicato la promozione della salute come l'obiettivo principale della medicina, e ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. La psicologia positiva invece si chiede che cosa permetta alle persone di fare bene, essere felici e soddisfatti. Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità. Primo, una persona può avere emozioni positive circa il passato, come la soddisfazione e emozioni positive circa il futuro, come la speranza e l'ottimismo. Queste possono essere aumentate attraverso tecniche che sollecitano la gratitudine, la comprensione o che mettono in discussione i pensieri negativi. Seligman e Peterson hanno affermato inoltre che la felicità è anche individuare talenti personali e forze. Insieme hanno condotto una rassegna di religioni, culture e filosofie per proporre una serie di 6 virtù e 24 forze:
    - GIUDIZIO e CONOSCENZA (curiosità,amore per l'apprendimento,giudizio,ingenuità,intelligenza sociale,prospettiva)
    - CORAGGIO (integrità,valore,perseveranza)
    - UMANITA' (gentilezza,amare ed essere amato)
    - GIUSTIZIA (cittadinanza,equità,leadership)
    - TEMPERANZA (auto-regolazione,prudenza,umiltà)
    - TRASCENDENZA (apprezzamento della bellezza,gratitudine,speranza,spiritualità).
    La buona vita quindi consiste nell'usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni e nel tempo libero.
    Esiste poi un altra forma di felicità caratterizzata dal concetto di FLUSSO sviluppato da Csikzentmihalyi. Il concetto di flusso comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che mettono alla prova le nostre abilità, abbiamo senso del controllo, emozioni limitate, e perdiamo traccia del tempo. A seconda delle proprie forze le persone possono essere nel flusso quando leggono un libro, scrivono, guardano un tramonto, corrono, cantano. Il flusso è contrassegnato da una mancanza di emozioni positive, le persone sono così assorbite nell'attività, che perdono la consapevolezza. Anche dopo l'azione essi possono crogiolarsi in effetti positivi come orgoglio, contentezza e rilassamento.
    Gli esseri umani cercano continuamente di attribuire senso e significato agli eventi, ai comportamenti, alle intenzioni sociali, e secondo lo studioso Ghedin, noi in quanto esseri viventi tendiamo alla complessità da un punto di vista biologico, psicologico e sociale. Infatti l'individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce il suo corredo culturale attraverso l'acquisizione di informazioni dall'ambiente esterno.
    La teoria dell' Equilibrio Dinamico afferma che nonostante i cambiamenti nelle circostanze di vita dell'individuo, i livelli di felicità rimangono costanti nel corso del tempo. L'equilibrio dinamico si verifica in riferimento alla tendenza umana di adattarsi rapidamente ai cambiamenti dell'ambiente. Questo processo di adattamento è chiamato " controllo omeostatico ".
    Lo studio del ben-essere e della felicità sono parte della storia naturale degli esseri umani e pertanto meritano una giusta attenzione scientifica. Ma il ben-essere è di tutti, è importante quindi promuovere il ben-essere per le persone disabili.
    Le persone che vivono una condizione di disabilità sono capaci di provare ben-essere?
    E' possibile che le persone con disabilità anche gravi provino sentimenti quali felicità, gioia, ottimismo per la vita?
    Non molto tempo fa molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti con finalità caritatevoli. In parte queste istituzioni sono cresciute dagli sforzi di Edouard Seguin, un medico francese che nel 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili. Seguin affermava che i bambini con disabilità potessero essere educati quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. Il suo modello formativo di scuola si diffuse rapidamente, ma nel corso del tempo alcune scuole cambiarono drasticamente il loro obiettivo. Invece di favorire il ritorno delle persone nella società, le istituzioni divennero posto per tenere le persone lontane da una società meno indulgente e accettante. Molte istituzioni erano geograficamente isolate e questo favorì la segregazione, il sovraffollamento e l'abbandono. In seguito il concetto di " normalizzazione " divenne ampiamente condiviso dalle famiglie e dai sostenitori, conducendo a politiche che integravano le persone con disabilità nella società.
    Si cerca quindi di promuovere il benessere delle persone disabili considerandolo una dimensione determinata dalla capacità di autonomia. Nella determinazione dello stato di ben-essere di una persona l'aspetto relazionale risulta strategico soprattutto in rapporto al modo con cui si guarda alla vita. Quest' approccio afferma l'importanza di considerare il bene-essere non come uno stato individuale, ma come un progetto dinamico da condividere con gli altri. Più che una condizione stabile il ben-essere rappresenta una costruzione variabile fatta di tappe intermedie. In quest'ottica anche gli avvenimenti negativi vanno accolti cercando di trovare l'aspetto positivo che ciascun evento reca in noi stessi. L'obiettivo non è solo quello di far si che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi, lavarsi, ma soprattutto che possano attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Come afferma il Prof. M. L. Iavarone il ben-essere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato complesso, in quanto multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale. Egli inoltre ci dice che la pedagogia, in particolare la pedagogia speciale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche psicosociale.
    Cosa significa per un disabile avere una buona qualità della vita?
    La buona qualità della vita è lo stesso che essere felici?
    Recentemente un team internazionale di esperti ha identificato alcune dimensioni chiavi della qualità della vita: ben-essere emozionale, relazioni interpersonali, ben-essere materiale, ben-essere fisico, autodeterminazione, inclusione sociale e diritti. Di queste dimensioni il ben-essere emozionale sembra quello più vicino alla felicità.
    I ricercatori di Psicologia Positiva si sono focalizzati sull'alleviare i problemi in persone con disabilità, e non nel promuovere stati positivi. In confronto con la popolazione generale, le persone con ritardo mentale sono a più alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi (ritardo mentale e disordini psichiatrici). Le persone con ritardo mentale sono vulnerabili agli stessi disordini dell'umore, malattie psichiatriche e difficoltà di adattamento incontrate dalla popolazione generale. La ricerca si è focalizzata sui modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi. Queste analisi necessitano di essere condotte insieme all'indagine sul ben-essere delle persone con ritardo mentale, a come essi possano provare sentimenti di speranza, gratitudine e felicità. Forse la promozione di questi stati positivi potrebbe aiutare le persone con disabilità ad affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita di ogni giorno. E' stata inoltre effettuata la ricerca sulle famiglie di bambini con ritardo mentale. Alla nascita di un figlio sono connesse profonde aspettative di gratificazione personale e sociale. Quando invece di un bambino " sano " , nasce un figlio con disabilità il fatto si trasforma in un evento angosciante e luttuoso. Le madri passano anche attraverso diversi stadi: shock, disorganizzazione emotiva, poi riorganizzazione, dopo di che si adattano al trauma di avere un bambino con disabilità. Lo studioso Mullins ha condotto un analisi di circa 60 libri scritti da genitori di figli disabili, e ha messo in evidenza la presenza di stress emotivo, ma ha anche concluso che per la maggior parte degli autori, la disabilità dei loro figli ha aggiunto qualcosa alle loro vite rendendole più ricche di significato.
    L'immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita. Esiste consenso generale che la loro qualità della vita debba essere migliorata, infatti in molti paesi hanno adottato questa visione attraverso pratiche ufficiali. L'obiettivo politico quindi è quello di NORMALIZZARE le vite delle persone con disabilità.
    Sono stati inoltre condotti studi che hanno portato a risultati sorprendenti. Infatti non sono state riscontrate differenze tra 190 persone disabili e 195 persone normodotate sulle valutazioni della soddisfazione di vita, frustrazione e umore.

    Riguardo quindi al concetto di ben-essere nella disabilità ho ritenuto opportuno inserire il laboratorio " DOMOTICA ", in quanto è una delle principali tecnologie, se non l'unica a migliorare la vita di una persona disabile, e a dare loro la possibilità di essere FELICI !!!
    Ancora una volta durante la lezione ho imparato un argomento nuovo, la Domotica. Sapevo della sua esistenza come tecnologia in generale, ma non sapevo che questo fosse il suo termine esatto. Ho imparato a conoscere la domotica soprattutto grazie al programma EXTREME MAKEOVER HOME EDITION. Lo seguo da anni e ogni caso è sempre emozionante,e mi lascia senza parole. Vedere persone,famiglie distrutte da fenomeni naturali, soffrire per un lutto di un figlio, un marito, o vedere persone disabili che ritornano ad essere felici, ti fa capire quali sono i veri valori della vita. Pochi giorni fa in una puntata del programma è stata aiutata una famiglia con 5 figli affetti da autismo. Grazie a tutti quei lavoratori quei bambini potranno imparare cose nuove,potranno crescere serenamente, ma soprattutto migliorare, e magari un giorno dire freni alla loro malattia. Non credo che in Italia ci siano attrezzature così sviluppate..ma se ci fossero sarebbe una benedizione! Credo che in un modo o nell'altro si ritorni sempre allo stesso discorso..della tecnologia e dei suoi interessi primari, ma anche di costi. Queste famiglie americane hanno avuto la fortuna di essere aiutate a crescere i propri figli in condizioni migliori..ma in tutto il mondo ci sono famiglie che non hanno la possibilità economica per acquistare queste tecnologie..e allora come possiamo permetterci di credere che la vita di un bambino o di un disabile possa migliorare ?


    " UNA DISABILITA' PUO' IMPEDIRE AD UNA PERSONA DI " FARE QUALCOSA "...
    MA NON DI " FARE TUTTO ".
    E QUESTO CI RENDE TUTTI UGUALI SE CONSIDERIAMO CHE OGNUNO DI NOI
    NON SARA' MAI CAPACE DI " FARE TUTTO "...
    Iolanda Puca
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Alla ricerca della FELICITA'

    Messaggio  Iolanda Puca Sab Mag 19, 2012 6:01 pm

    Ho deciso di trattare il primo capitolo di ben-essere disabile perché parlare di felicità è stato sempre uno dei miei argomenti preferiti mi piace essere felice,insomma a chi è che non piace Smile. Tutti vorrebbero essere felici, ma cos’è la felicità? La felicità è quello che significa vivere una buona vita. E’ possibile individuare 3 livelli differenti di felicità. La “felicità di primo livello” definita cosi da Nettle è provocata dal raggiungimento,forse inaspettato, di uno stato desiderato, non coinvolge molta cognizione a parte il fatto che la cosa desiderata è avvenuta. La “felicità di secondo livello” è dovuta alla riflessione su un bilancio tra emozioni positive e negative. Quando le persone affermano di essere felici della loro vita, di solito non intendono dire che sono letteralmente piene di gioia ma intendono dire che dopo aver riflettuto sul bilancio tra piaceri e dolori, avvertono che hanno sperimentato più emozioni positive che negative. Risulta difficile invece valutare la “felicità di terzo livello” perché questo significherebbe esprimere un giudizio su che cosa sia vivere bene, si intende una vita con cui una persona prospera o realizza le proprie potenzialità. Le teorie contemporanee sulla felicità includono la teoria eudonica,la teoria eudamonica e le teorie sviluppate dal movimento della psicologia positiva. Eudomonia originariamente derivava da “buon demone”, cioè la felicità era avere un buon demone ,una buona sorte e in quel contesto la felicità era legata alla fortuna. Con Socrate,Platone e Aristotele la parola eudamonia si carica di significati e si inizia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice. Il senso più diretto di felicità implica un’emozione o una sensazione qualcosa come gioia e piacere. La psicologia positiva si chiede cosa permette alle persone di essere felici. Seligman ha proposto diverse strade che includono alla felicità: una persona può avere emozioni positive circa il passato, come le soddisfazioni ed emozioni positive circa il futuro come la speranza e l’ottimismo. Le emozioni positive si basano sulla “vita piacevole” ,emozioni che poi portano alla felicità. La buona vita si ha quando gli individui sviluppano le proprie forze in attività dove l’individuo trae piacere. Esiste un’altra forma di felicità quella del “flusso”, comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che mettono alla prova le nostre abilità. Il flusso è lo stato di impegno, felicità ottimale, esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa. Per quanto riguarda la felicità dal punto di vista eudonistico riguarda la massimizzazione dei piacere e la minimizzazione del dolore e si verifica quando le esperienze piacevoli hanno maggior peso delle esperienze dolorose. Ciò che accomuna la teria eudonica e la teoria eudamonica è che la felicità risulta non dal perseguimento del piacere ma dallo sviluppo delle forze dell’individuo, quindi per riuscire a vivere una vita significativa è importante che un individuo sfrutti a pieno le proprie forze per raggiungere i propri obiettivi.
    Un individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce il suo corredo attraverso l’acquisizione di informazioni dell’ambiente esterno. Ogni essere umano nasce con qualcosa di nuovo,qualcosa che mai c’è stato prima. Ognuno nascendo ha la capacità di ben-essere, ciascuno ha un suo modo originale di vedere,gustare,ascoltare e pensare, questo significa che siamo liberi di decidere di essere ciò che vogliamo. La teoria dell’equilibrio dinamico afferma che nonostante i cambiamenti nella vita di un individuo, i livelli di felicità rimangono stabili nel corso del tempo questo perché l’uomo è capace di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente. La nostra società offre tanti piaceri che velocemente diventano effimeri, infatti non appena cala la stimolazione che ha portato al piacere, quest’ultimo sparisce del tutto. L’essere umano ha bisogno di sfide, ha bisogno di mettersi alla prova di rinforzare le proprie potenzialità e capacità. Le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono. L’obiettivo del benessere è quello di far sì che le persone possano avere la capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere, cercare di soddisfare i propri desideri per vivere una “buona vita” e di coltivare ciò che è meglio per se stessi. Per quanto riguarda le persone con vari tipi di disabilità si è scoperto attraverso degli studi che le persone disabili alla nascita dimostrano di essere più felici rispetto alle persone che sono diventate disabili nel corso degli anni e sembra che il benessere emozionale sia quello più vicino alla felicità dei disabili. L’obiettivo fondamentale è quello di far condurre a queste persone una vita stimolante piena di felicità e di emozioni. Spesso i bambini con problemi hanno minore stimolazione alle sfide e si affidano molto più agli altri che a se stessi per la soluzione di problemi. Si è scoperto che le famiglie dei bambini disabili rimpiangono la perdita del bambino perfetto soprattutto la figura materna. Quando invece del bambino “sano e bello” nasce un figlio con disabilità il fatto si trasforma in un evento angosciante spesso le madri passano anche attraverso diversi stadi come shock,disorganizzazione emotiva e poi riorganizzazione dopo che si adattano al trauma di avere un bambino con disabilità. Nella famiglia di un bambino con disabilità è importante stabilire positività in modo tale da non influire il bambino, per una futura qualità di vita insomma sono pur sempre persone e meritano di essere felici come qualunque altro individuo e di vivere la vita al meglio. La felicità spetta a tutti.
    Dicono che la felicità sia un tratto transitorio e mentre aspetto di essere felice,sono felice! Smile
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    Noemi Martuccelli


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Noemi Martuccelli Sab Mag 19, 2012 7:08 pm


    L’UNESCO nel 2009 affermò che l’educazione inclusiva è una riforma che supporta e dà il benvenuto alla diversità tra tutti gli alunni.
    Il termine «inclusione» spesso viene ridotto ed associato ad alunni che
    presentano problemi fisici o mentali, o che abbiano Bisogni Educativi Speciali; ma, l’educazione è un diritto per tutti e non un privilegio per pochi!!!
    L’educazione inclusiva è un processo che tende ad eliminare le disuguaglianze tra gli alunni andando incontro alle esigenze di tutti i bambini, tutti, comunque, diversi tra loro, fornendo un’opportunità di apprendimento che elimini le diversità viste come danno per il resto della classe (l’alunno con disabilità, spesso e purtroppo, viene visto dagli insegnanti come “fastidio” rispetto alla classe, fonte di disturbo per gli altri alunni).
    L’inclusione prevede cambiamenti radicali nei contenuti, nelle strategie e dei rapporti tra docente-allievo, affinché tutti gli alunni abbiamo la possibilità di sviluppare le proprie abilità e i propri talenti all’interno della classe in cui si trova.
    Al fine di raggiungere un ottimo ambiente di apprendimento per l’inclusione risultano fondamentali i rapporti tra insegnanti, genitori, comunità, e altri studenti.
    La normale educazione prevede che tutti i bambini apprendano le stesse cose, nello stesso tempo, con gli stessi metodi e gli stessi mezzi, non tenendo conto che ogni bambino è differente che possiede delle proprie necessità e delle proprie abilità. Importante risulta essere, di conseguenza, che i curriculum educativi siano flessibili affinché ad ogni bambino sia offerta la possibilità di apprendere attraverso i propri bisogni, stimolando così gli insegnanti a cercare soluzioni adatte alle esigenze di ogni bambino.
    Il ruolo degli insegnanti è fondamentale nello sviluppo di ogni bambino; essi devono essere sicuri che ogni bambino abbia compreso ciò che si è spiegato, utilizzando strategie diverse di verifica. Per esempio se un bambino ha difficoltà ad ascoltare, per un deficit, l’insegnante, senza creare situazione di disagio per il bambino, può utilizzare maggiori input visivi aumentando il linguaggio visivo. La docente deve avere un buon rapporto con i genitori affinché ella si senta libera di comunicare con loro della possibile perdita dell’udito del bambino.
    La sensibilità dei docenti è molto importante, infatti essi dovrebbero avere un atteggiamento equo nei confronti di tutti gli alunni, compresi quelli con disabilità.
    Spesso capita che gli insegnanti abbiano paura di non sapersi rapportare con studenti con disabilità, non possedendo le abilità per lavorare con loro nelle classi regolari. Questi insegnanti credono che la classe sia influenzata negativamente sull’apprendimento dalla presenza di alunni con disabilità. Ma, varie ricerche dimostrano che studenti con disabilità inclusi in classi regolari beneficiano in modo positivo rispetto ai bambini che si trovano nelle scuole speciali, migliorando la loro performance scolastica.
    Di conseguenza, sono proprio le caratteristiche educative che creano delle barriere all’apprendimento per questi bambini. Bisogna, quindi, sviluppare delle risorse all’interno delle scuole per rimuovere tali barriere e rispondere ai bisogni di apprendimento di questi bambini.
    È molto importante che ci sia la creazione di un ottimo ambiente di apprendimento cosi che tutti i bambini possano apprendere bene e raggiungere il proprio potenziale; questo può avvenire soprattutto se è presente la collaborazione tra i vari insegnanti che hanno come unico obiettivo il benessere del bambino.
    La relazione educativa, qualunque essa sia, risulta essere fondamentale nella vita di ogni persona. L'educatore deve poter essere per l'educando una guida, un punto di riferimento, un esempio e soprattutto una persona sulla quale poter contare.
    Il docente deve avere buone relazioni con tutti gli studenti fornendo un feedback positivo offrendo sostegno e supporto per tutti gli alunni con e senza disabilità.
    Il sogno di ogni genitore è quello di vedere felice e indipendente il proprio figlio; i sogni di un genitore con disabilità sono gli stessi dei genitori senza disabilità.
    Essi hanno il diritto, anche il piacere, di essere informati circa i loro figli, riguardo i loro progressi, le loro forze, le loro abilità e le loro debolezze.
    I genitori non devono essere visti come minaccia ma,anzi, come forza; infatti essi risultano essere una risorsa insostituibile in quanto contribuiscono all’educazione dei propri figli, aiutando i bambini con specifici compiti a casa, partecipando alle uscite scolastiche, fornendo materiali per la classe.
    È dimostrato che i bambini apprendono meglio ed rendono di più nelle scuole in cui ci sono buone relazioni tra famiglia e scuola. Tutti i membri di questa “ catena” devono essere in grado di stare bene l’un con l’altro, comunicando per un ricco scambio di esperienze che hanno l’obiettivo di favorire un migliore sviluppo del bambino coinvolto.
    L’approccio della capability considera l’educazione connessa alla libertà di ogni individuo. Per questo motivo l’educazione non deve fornire solo abilità connesse con competenze per il futuro lavorativo ma anche come risorsa di abilità di vita in termini di essere in grado di conoscere, agire e vivere insieme con gli altri.
    Infatti, l’educazione aiuta il bambino a crearsi un nuovo set di capability per sentirsi più libero e a cui attingere in ogni situazione. Ci sono molte competenze che noi non conosciamo e l’educazione può aiutare a conoscere, sviluppando in ogni bambino la capacità di giudizio che gli permetta di valutare il modo più appropriato di utilizzare le proprie capabilities.
    Un importante ed utile strumento a cui possiamo fare riferimento per far si che si sviluppi un’ efficace educazione verso l’inclusione è l’INDEX.
    L’Index è un documento completo, che può aiutare a individuare i vari passi necessari
    per progredire nel cammino verso l’inclusione scolastica. I materiali si basano
    sulla ricchezza di conoscenze ed esperienze che le persone hanno rispetto
    alle proprie attività, fornendo una lettura critica e insieme un sostegno allo
    sviluppo di ogni scuola.

    ps:avrei voluto attingere al libro " lettera ad una professoresa", che secondo me rispecchia molto questo argomento, ma non rientravano nelle due pagine word da lei consegnate. mi dispiace:(
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Che rumore fa la felicità?

    Messaggio  Serena Elia90 Sab Mag 19, 2012 7:10 pm

    La felicità… un tema a cui tutti gli esseri umani sono interessati. Ma non rappresenta solo questo, la felicità è molto di piu’. Tutti vogliono raggiungerla e conservarla piu’ a lungo possibile. Essa è stata studiata sin dal passato e numerosi filosofi, tra cui Socrate, Platone e Aristotele sostenevano che l’ uomo poteva essere felice con le sue scelte e la sua libertà. La felicità dovrebbe essere una condizione presente durante tutto l’ arco della vita, ma molte persone tendono ad essere felici soltanto quando cercano di raggiungere un obbiettivo o un semplice desiderio, dando importanza soltanto al soddisfacimento dei propri bisogni edonistici che risultano essere momentanei dato che l’ “attimo fuggente” non dà la felicità. Gli uomini quando parlano di felicità fanno perlopiù riferimento a un senso che implica le sensazioni di gioia e piacere, oppure a una sensazione sgradevole, quindi negativa. Ne consegue che l’ uomo dà molta importanza alle sue emozioni, e si sente felice quando le sensazioni di gioia hanno piu’ peso delle esperienze dolorose. Ma si sa che le emozioni sono momentanee, mutevoli nel tempo, perché dipendono dai piaceri che sono a loro volta effimeri. E’ per questo che l’ essere umano ha bisogno di sfide, di mettersi alla prova: e’ la felicità eudaimonica che mira al perseguimento del proprio sé.
    Alla felicità è legato il benessere (ossia al vivere bene da un punto di vista fisico, spirituale e psicologico anche in presenza di una malattia) che dipende dalla qualità della vita la quale ,se è sufficientemente alta, rende l’ uomo soddisfatto della propria esistenza. Se l’ uomo guardando al passato si sentirà soddisfatto, allora guardando al futuro sarà ottimista e carico di speranze. Quindi l’ uomo deve essere in grado di condurre una “buona vita” che la rende significativa quando le proprie forze vengono utilizzate per qualcosa di piu’ grande come sviluppare amicizie o compiere del bene. Solo in tal mondo la vita assume uno scopo e un senso. Secondo Ryff e Keyes la felicità dipende da vari fattori quali: l’autonomia, la crescita personale, gli obiettivi di vita, le relazioni positive con gli altri. Ne consegue che la felicità non dipende dal perseguimento del piacere ma dallo sviluppo delle forze e delle virtù indivuduali. Fondamentale è la teoria del flusso di Csikszentmihaly: il flusso è l’ impegno, e la felicità che si verifica quando un individuo si trova ad affrontare una sfida impegnativa e motivante. Questo aspetto è importante per la funzione educativa che svolge in quanto tutti gli insegnanti dovrebbero fare dell’ apprendimento un’ esperienza piacevole con l’ obiettivo di favorire un atteggiamento posivivo nei confronti della vita e di rendere gli alunni in grado di indirizzare le propie scelte verso la loro felicità. Molto spesso il benessere è concepito come un concetto soggettivo che dipende dagli stili di vita, dal lavoro, dal tempo libero ma soprattutto dal contesto sociale. Infatti gli individui non sono di per sé svantaggiati, ma lo diventano nel momento il cui la loro situazione comporti delle conseguenza svantaggiose per la società. Approfondire il tema del benessere non vuol dire ignorare la sofferenza umana ma permette di alleviarla attraverso atteggiamenti positivi e ottimistici.
    Per quanto riguarda il benessere nella disabilità è ammirevole l’ iniziativa di Seguin il quale istituì una scuola per bambini disabili con l’ idea che essi possono essere educati per assumere un ruolo nella società. Così si sono sviluppati spazi per l’ educazione speciale e il supporto per le famiglie con bambni disabili. L’ obiettivo è quello di promuovere il loro benessere e dare l’ opportunità di vivere la vita che loro stessi scelgono. Iavarone sostiene che il benessere non puo’ limitarsi a quello fisico o economico perché va oltre queste aspettative, infatti è importante saper leggere l’ ambiente, interpretare correttamente i propri bisogni, dar forma ai propri desideri per poi realizzarli. Essi devono essere in grado di costruirsi il proprio avvenire attraverso la prioria forza, devono diventare autonomi, per questo è errato fornire loro risposte o risolvere i problemi perché cio’ li porterebbe a sentirsi sempre piu’ inadeguati e deboli. Vari studi hanno dimostrato che i bambini con ritardo mentale hanno aspettative inferiori di successo, bassa motivazione alle sfide e si affidavao agli altri piuttosto che a se stessi per la soluzione dei problemi. E’ importante non focalizzarsi soltanto sull’ apprendimento scolastico finalizzato al raggiungimento del compito ma bisogna favorire lo sviluppo dell’ AUTOSTIMA e dell’ AUTOEFFICACIA utili per la gestione della vita. Il benessere di un bambino disabile dipende specialmente dalla sua famiglia. E’ stato riscontrato che i genitori di bambini con disbilità passano inizialmente attraverso uno stadio di shock e poi per la riorganizzazione dopo l’ adattamento al trauma. Tutto questo influisce sul bambino per questo le famiglie devono essere educate a gestire lo stress e a sviluppare percezione positive che possono aiutarlo a non sentirsi un peso e rendelo padrone della sua vita. Uppal è giunto alla conclusione che il benessere soggettivo non dipende dal tipo della disabilità fisica. Inoltre varie ricerche hanno dimostreto che le persone disabili alla nascita sono piu’ felici rispetto a quelle che lo diventano a seguito di un incidente. Ognuno di noi ha delle potenzialità, quindi tutti possono decidere chi essere e il ruolo dell’ educazione è proprio quello di attivare questo potenziale. Iavarone a tal prososito sostiene che la pedagogia ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, per questo si occupa della sua istruzione e della sua educazione, tutelando la salute e lo sviluppo fisico, e psicosociale perché le persone felici e ottimiste sono piu’ in salute, vivono piu’ a lungo e usano i loro stati positivi per facilitare ed espandere le loro abilità di soluzione dei problemi e di apprendimento.
    Parlando di benessere è opportuno riprende il laboratorio sulla domotica grazie a cui i disabili possono sentirsi autonomi nella propria casa e vivere una vita normale svolgendo le proprie azioni quotidiane in maniera semplice e senza il problema delle barriere architettoniche. Tutti possono essere felici, tutti possono realizzarsi, tutti possono diventare quello che vogliono. E’ così che Simona Atzori vive la sua vita: danzando e dipingendo nonostante sia priva delle braccia, lei sorride amando, si sente felice per quello che ha e rinrazia il Signore per averla creata esattamente così com’è.
    Concludo con una canzone dei Negrita che mi sta molto a cuore e che sintetizza il mio pendiero: “Che rumore fa la felicità?” .. I fiumi si attraversano e le vette si conquistano con la voglia di vivere perché la vita brucia nelle vene e viverla è una cura, serenità e paura, coraggio ed avventura… Allora non bisogna sentirsi come una mosca chiusa in un barattolo con le ali ferme e senza vento perchè nessuno è realmente priglioniero di sé….
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    maria pignata


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty essere felici........BASTA POCO!!!

    Messaggio  maria pignata Sab Mag 19, 2012 7:18 pm

    Parlando di felicità possiamo vedere che già nelle culture contemporanee le persone stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici. Alcuni studiosi ritengono però che avere una conoscenza delle emozioni positive sia un obiettivo superficiale rispetto alla necessità di comprendere la sofferenza umana. Facendo riferimento a Maslow parliamo di una gerarchia dei bisogni dove afferma che ci sono dei bisogni di grado inferiore come sopravvivenza, sicurezza che devono avere la precedenza sui bisogni di ordine superiore. Al termine felicità vengono associati vari sensi quello più immediato e diretto implica un’emozione o una sensazione qualcosa come gioia e piacere, una sensazione provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato. Questo senso di felicità viene definito da Nettle come “felicità di primo livello” passando poi non tanto ad una sensazione ma a dei giudizi sul bilancio delle sensazioni e cioè soddisfazione per la propria vita per concludere con la “felicità di terzo livello” che fa riferimento alla vita di una persona che realizza le proprie potenzialità. Parlando di felicità insieme al termine ben-essere soggettivo vediamo che sono stati usati in modo intercambiabile dove c’è un ben-essere soggettivo che include una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione della vita e una componente affettiva che consiste nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo quindi un ben-essere che viene definito “vivere bene”da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica. Il ben-essere che comporta una relazione del singolo con il sistema culturale, dove c’è lo sviluppo dell’individuo insieme a quello della collettività lo stesso Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo è legato a ciò che viene chiamato capitale sociale e cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, con i contesti. Facendo riferimento al termine ben-essere si è prolungato nei confronti delle persone disabili inizialmente nei termini concepiti da Amartya Sen come possibilità di vivere esperienze e situazioni cui l’individuo attribuisce valore positivo. Non molto tempo fa persone con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli. Queste istituzioni sono cresciute con Edouard Seguin, medico francese che promosse una visione progressista affermando che i bambini con disabilità potessero essere appropriatamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. Un pensiero che portò al concetto di “normalizzazione”, un ambito caratterizzato dalla deistituzionalizzazione e dall’inclusione nella comunità. Parlando proprio di inclusione e di società faccio riferimento ad un incontro avuto in aula con l’U.N.I.V.O.C un’associazione per non vedenti dove l’argomento fondamentale di tutto l’incontro è stato il ritenere un non vedente o un ipo-vedente persone dotate di enormi capacità e perché noi più abili di noi in altri mille aspetti che a noi sfuggono. Abbiamo capito che proprio l’inclusione è fondamentale per rendere migliore la qualità di vita delle persone come lo stesso prof.Palladino un “nonno” non vedente sempre in un incontro in aula c’ha fatto capire come noi stesse possiamo aiutare l’altro ad integrarsi e a poter godere di quella sua particolarità. L’obiettivo è proprio quello di “normalizzare” la vita delle persone con disabilità in Italia è stato fatto già un piccolo passo con la legge 104/92 per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili dico piccolo perché un altro passo che dovrebbe esser fatto per queste persone è l’eliminare le innumerevoli barriere architettoniche che possono incontrare nel loro semplice percorso quotidiano messo in evidenza da un semplice esercizio fatto in aula chiamato l’orologio dove dovevamo immaginare di far fare una nostra giornata tipo da un disabile e abbiamo visto come può risultare impossibile. Bisogna rendere le persone con disabilità capaci di essere autonomi e questo è possibile anche grazie alle varie tecnologie, protesi e strumenti all’ avanguardia che sono stati creati appositamente per loro tutti questi strumenti per arrivare anche a realizzare una casa domotica che rendo tutto al suo interno accessibile per un disabile. L’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo di un sentimento globale di autoefficacia fondato sulla possibilità di rendere potenti le persone nella gestione delle loro vite, come afferma la prof. Iavarone la stessa pedagogia e soprattutto quella sociale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto occupando d’istruzione ma anche educazione. Tutto un obiettivo che può essere aiutato anche nel semplice ma utile gesto d’informare le persone, di rendere le famiglie che hanno all’interno del loro nucleo familiare persone con disabilità informate non solo su i disagi ma anche sulle possibilità che possono avere i loro cari per vivere una vita migliore. Un’informazione che deve partire dalla società che ci circonda e coinvolgere chiunque ed è per questo che sono davvero felice d’ aver potuto assistere ad una serie d’incontri avuti in aula perché mi hanno si informato ma mi hanno dato quella carica in più e quel pensiero di dire a voce alta che tutti hanno il diritto di essere felici e questo per me è stato possibile grazie all’incontro con i genitori della fondazione AUTISMAIDONLUS, l’incontro con il prof. Palladino, con la signora Tina(una super donna), con l’associazione dell’U.N.I.V.O.C, e con la casa di accoglienza Maria Rosaria Sifo Ronga cui ringrazio per l’immensa cultura che mi hanno dato con le loro semplici parole.
    Antonella Pirozzi
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Antonella Pirozzi Sab Mag 19, 2012 8:54 pm


    Capitolo 1: Ben-essere nella disabilità.

    Ho deciso di trattare il primo capitolo del libro ben-essere disabile perché mi è piaciuto particolarmente.Che cos’è la felicità ? Il concetto di felicità esiste in ogni cultura,con significato diverso. Secondo alcune culture è qualcosa di estremamente immediato come la gioia o il piacere, secondo altre è qualcosa di più durevole come la soddisfazione. In tempi addietro la felicità veniva chiamata Eudaimonia ciò vuol dire avere un buon demone, è una dottrina morale che identifica il bene con la felicità, con i filosofi come Socrate, Platone, Aristotele la felicità coincideva con l'etica, la virtù e con la libertà individuale.Successivamente inizia a delineare quel bagaglio di emozioni, sensazione come la gioia o il piacere; qualcosa di immediato e transitorio, qualcosa che Nettle chiamerà :felicità di primo livello!
    Il secondo livello è il momento in cui si cerca di effettuare un bilancio tra le sensazioni positive e quelle negative,con il superamento di quelle positive.
    Il terzo livello è più difficile analizzarla in quanto implica un analisi su che cosa sia vivere bene e in che modo lo si realizzi. Una teoria basata sull’equilibrio afferma che nonostante i cambiamenti nelle circostanze della vita dell’individuo,i livelli di felicità rimangono costanti nel corso del tempo.Riferendomi a questo tipo di felicità e ricordando i vari laboratori svolti mi ricollego a quelli che per me sono grandi esempi di forza, ne cito due, Oscar Pistorius e Simona Artzori che nonostante le loro problematiche hanno realizzato le loro potenzialità;Pistorius nella corsa diventando un'atleta e l'Artzori nella danza e nella pittura.Schafer afferma che Il benessere è stato definito "vivere bene, da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico,anche in presenza di una malattia temporanea o cronica".
    La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi come la crescita personale, la franchezza con se stessi la padronanza del proprio ambiente.
    L’ OMS ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale.
    Spesso i termini felicità e ben-essere soggettivo sono stati usati come sinonimi con il secondo che rappresenta il termine più scientifico dei due.
    Il ben-essere soggettivo include due livelli: Individuale e contestuale.
    • A livello individuale i fattori che contribuiscono al ben-essere sono l’ottimismo, la felicità, la perseveranza e l’autodeterminazione.
    • A livello contestuale i fattori esterni che contribuiscono al ben-essere sono il supporto sociale, il senso di appartenenza e l’armonia con il proprio ambiente.
    Alcuni anni fa,molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli. In parte queste istituzioni sono cresciute dagli sforzi di Edouard Seguin che nel 1800 aprì la prima scuola per i disabili. Promosse la visione progressista che i bambini con disabilità potessero essere appropriatamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società.
    Negli anni 70 del secolo scorso Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale rispetto ai loro compagni con la stessa età avevano minori aspettative di successo,bassa motivazione alle sfide e si affidavano molto di più agli altri invece che a se stessi per la soluzione dei problemi. Essi dimostravano anche di avere più alti livelli di impotenza appresa. Sempre negli anni 70 ci sono stati degli studi sulla motivazione generale e intrinseca dei bambini con deficit intellettivo,tali studi erano importanti per aumentare il comportamento e l’apprendimento centrati sul compito. Questi studi sulla motivazione dovrebbero anche includere questioni relative al BEN-ESSERE ,ad un adattamento di vita,o alla felicità e non basarsi soltanto sull’apprendimento scolastico finalizzato al raggiungimento del compito. Secondo Iavarone la capacità di leggere l'ambiente è un presupposto per perseguire i propri desideri con progettualità. Prendiamo ad esempio la domotica che è lo studio delle tecnologie volte a migliorare le qualita' della vita e della sicurezza in casa. In aula abbiamo visto il caso di Andrea Ferrari che può vivere autonomamente nonostante la sua disabilità grazie a una casa domotica, la tecnologia in questo caso potenzia le capacità dell'individuo.
    Canevaro sostiene che il benessere dell'individuo sta nel capitale sociale, ovvero l'insieme delle capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi a tutto ciò che lo circonda nell'ambiente esterno. Gli individui di per se non sono svantaggiati ma lo diventano in un ambiente sociale o culturale che gli pone degli ostacoli, come ad esempio le barriere architettoniche ovvero tutte le difficoltà che una persona disabile incontra quando esce di casa.

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    Antonia Aletta


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty La felicità!

    Messaggio  Antonia Aletta Sab Mag 19, 2012 10:59 pm

    La felicità è stata fin dall'antichità al centro di molti dibattiti. Oggi dare una definizione vera e propria di felicità non è semplice visto che ci sono molte e varie interpretazioni. La felicità la troviamo in ogni cultura; alcuni popoli la vedono come qualcosa che provoca piacere o gioia, altri come un senso di appagamento e soddisfazione.
    Per alcuni la felicità derivava solo ed esclusivamente da una buona sorte, dalla fortuna e dal fatto di avere un "buon demone"; da questo concetto deriva il termine EUDAIMONIA. Questo termine assume, però, un significato diverso per Socrate, Aristotele e Platone secondo i quali l'uomo può comunque raggiungere la felicità pur andando contro la sorte, provando piacere per aver portato a compimento tutta la vita.
    Nettle distingue 3 livelli di felicità:
    - alla felicità di primo livello si arriva attraverso il raggiungimento di una cosa tanto attesa e desiderata;
    - la felicità di secondo livello, invece, si raggiunge nel momento in cui l'uomo si rende conto di aver vissuto più momenti positivi rispetto a quelli negativied è soddisfatto della propria vita;
    - la felicità di terzo livello riguarda l'eudaimonia ovvero il momento in cui la persona realizza tutte le sue potenzialità.
    Le persone possono raggiungere il benessere attravero la felicità, l'ottimismo o anche in base al contesto sociale in cui l'uomo vive; per benessere si intende il "vivere bene".
    Un altro autore Seligam ci parla di varie felicità tra cui: la felicità che si acquisisce attraverso prospettive positive verso il futuro, quella che si raggiunge solo indiviaduando i proprio punti di forza applicati poi nel mondo del lavoro, delle relazioni per poter raggiungere qualcosa di importante. Attraverso le proprie forze, l'uomo può svolgere una buona vita perchè appagato da ciò che riesce a fare traendone anche piacere.
    Secondo la teoria Eudonica una persona può raggiungere la felicità nel momento in cui il piacere prevale sul dolore.
    Ghedin attraverso il suo pensiero sostiene che l'uomo integra tutte le informazioni dell'ambiente che incontra durante tutta la sua vita; bisogna quindi dare importanza a ciò che l'uomo desidera per se stesso e per la sua comunità mettendo in risalto i suoi punti di forza, le sue capacità e le sue competenze.
    Canevaro afferma che il benessere di una persona si ottiene guardando le capacità che l'individuo ha di adattarsi all'ambiente grazie alle strutture che lo circondano.
    La Delle Fave vede l'uomo come colui che è capace di cambiare la comunità di appartenenza,questo concetto vale in particolar modo per le persone svantaggiate(disabili, anziani, immigrati ecc..).
    Il primo ad occuparsi del benessere dei disabili fu il medico Edouard Seguin che nella metà dell' 800 guidò la prima scuola per bambini disabili; seguì accuratamente loro permettendogli di svolgere una buona vita, facendo acquisire loro un ruolo nella società. Inizialmente queste scuole si diffusero molto rapidamente, ma poi ci si rese conto che esse non davano il giusto valore all'educazione non integrando la persona nella società ma anzi tenendola lontana da essa. Allora, successivamente, proprio per questo motivo, vennero sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie per soddisfare i loro principali bisogni come cibarsi, lavorare, vestirsi e le cure mediche necessarie ecc.. Grazie a questi supporti si dava la possibilità ai disabili di poter scegliere cosa farne della propria vita.
    Anche altri studiosi hanno prestato attenzione al concetto di benessere per disabili. Possiamo citare Zigler il quale notò che i bambini con disabilità, rispetto a quelli normodotati, per risolvere i problemi facevano affidamento più agli altri che a se stessi, ma allo stesso tempo erano più fiduciosi per quanto riguarda le aspettative di successo.
    Importante è stato anche il ruolo delle mamme dei bimbi disabili. Si è scoperto che spesso nel momento in cui nasce un figlio disabile la mamma può rimpianger eil fattodi non aver messo al mondo un bambino normodotato; invece altre mamme cercano di dare loro tutto l'amore possibile per non farli sentire "diversi".
    La prof. Iavarone in aula ci spiegò quanto per la pedagogia sia importante il modo in cui il soggetto vive, la qualità della sua vita, dando loro una giusta educazione e un' istruzione perche anche loro meritano una vita come la nostra, meritao di essere felici!!
    Mi rendo conto, però, quanto per loro sia difficile poter svolgere una vita facile; pensiamo ad esempio alle persone non vedenti o quelle con handicap che hanno sempre difficoltà a camminare da soli, ad uscire da soli di casa in quanto noi, in primis, parcheggiamo senza pensarci laddove magari si trovano agevolazioni per loro. Dovremmo quindi essere noi, tutti insieme, a dare un aiuto a queste persone, a far si che possano camminare liberamente e tranquillamente nella loro città, a permettere loro di svolgere una vita modesta e senza difficoltà o impedimenti.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Ben-essere nella disabilità Cap. 1

    Messaggio  Laura testa Sab Mag 19, 2012 11:41 pm

    “Felicità” e ”vivere una buona vita”,per centinaia di anni,hanno rappresentato le basi del dibattito filosofico,religioso e educativo. Nelle culture contemporanee le persone cercano metodi sempre più utili per diventare felici. Tuttavia solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare il concetto di felicità. La psicologia si è sempre presentata come professione curativa ,con lo scopo di alleviare malattie mentali,patologie. Alcuni studi delle scienze sociali ritengono che studiare la conoscenza delle emozioni positive sia un obbiettivo superficiale rispetto alla necessità di comprendere la sofferenza umana. La gerarchia dei bisogni di Maslow ha contribuito a questa scuola di pensiero;essa stabilisce che i bisogni come l autostima e l attualizzazione sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni di ordine più basso come la sopravvivenza,la sicurezza e l appartenenza;ma l implicazione è che i bisogni di ordine inferiore dovrebbero avere la precedenza sui bisogni di ordine superiore. Nonostante le critiche,si è recentemente affermata l analisi scientifica della felicità e degli aspetti positivi dell’esperienza umana. In particolare,il movimento della psicologia positiva,che ha tentato di indirizzare l’indagine psicologica verso aspetti positivi dell’esperienza umana e verso situazioni che possono determinare nell’individuo uno stato di felicità. Il concetto di felicità è in sostanza,un concetto astratto e sfuggente ma che compare in ogni cultura. Eudaimonia originariamente derivava da “buon demone”,cioè avere la felicità significava aver un buon demone,una buona sorte;in tal modo la felicità era strettamente collegata alla fortuna. Tale significato è caratteristico della cultura mitica e del mondo pre-socratico. Con Socrate,poi con Platone e infine con Aristotele,la parola eudaimonia assume un nuovo significato,l uomo con le sue forze e le sue scelte può diventare felice. Inoltre essere felici non implica uno stato assoluto ma include una comparazione;la felicità è infatti connessa al portare a termine l intera vita,e non con il piacere che si prova nell’attimo fuggente. Molti usi del termine felicità possono essere classificati in uno dei tre sensi;il senso più immediato e diretto di felicità implica un’emozione o una sensazione. Nettel definisce questo senso di felicità come,”felicità di primo livello”. Quando le persone dichiarano di essere felici della propria vita,non intendono un piacere che dura per tutto il tempo. Esse intendono dire che,dopo aver riflettuto sui propri piaceri e dolori,percepiscono che nel lungo termine hanno vissuto più piaceri ed emozioni che situazioni negative. “La felicità di secondo livello”,è una forma di felicità che non viene calcolata sommando momenti positivi e sottraendo quelli negativi ma comprende processi cognitivi più complessi. Esiste poi un senso di felicità ancora più ampio. L’ideale aristotelico del vivere bene,infatti,l’eudaimonia,viene spesso tradotto con “felicità”. Tuttavia per eudaimonia si intende una vita in cui la persona realizza ed utilizza le proprie potenzialità. Questo tipo di felicità rappresenta “la felicità di terzo livello”. In linea di massima la felicità di primo e secondo livello possono essere misurate in modo oggettivo,valutando e registrando come dato di fatto le risposte soggettive circa la felicità. La felicità di terzo livello,invece,non si può misurare altrettanto facilmente. La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme più ampio della semplice felicità di secondo livello;esso comprende crescita personale,finalità,padronanza del proprio ambiente e padronanza di se stessi. Tale concetto di ben-essere,tende ad essere correlato con una felicità più ristretta,cioè che si possono trovare individui dotati di alto livello di ben-essere psicologico,ma con poca felicità di secondo livello. Nettle afferma che quando le persone parlano di felicità,in genere intendono uno stato che comporta sensazioni positive o giudizi positivi sulle sensazioni. Inoltre,spesso i termini felicità e ben-esse soggettivo sono stati usati in modo intercambiabile. Per definizione il termine ben-essere soggettivo include una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita,e una componente che è a sua volta suddivisa dalla presenza di affetto e dall’assenza di affetto negativo. A livello individuale,le caratteristiche positive personali come il ben-essere soggettivo,l’ottimismo,la felicità sono fattori che contribuiscono al ben-essere. A livello contestuale,il supporto sociale,il senso di appartenenza,armonia con il proprio ambiente di vita sono i principali fattori che contribuiscono al ben-essere. Il ben-essere è stato definito” vivere bene,da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico,anche in presenza di una malattia sia temporanea che cronica”. Il recente movimento della psicologia positiva,ha sottolineato alcuni aspetti importanti per la concettualizzazione della felicità. Di particolare importanza è la teoria di Seligman della “felicità autentica”che fa riferimento ad una vita piacevole,cioè quella che attribuisce maggiore importanza alle esperienza piacevoli e positive,alla buona vita che si ha quando gli individui sviluppano le loro forze in attività che generano piacere e in fine ad una vita significativa che si ha quando gli individui usano forza e virtù propria,in attività che contribuiscono a un bene più grande,come creare amicizie o aiutare in comunità. Un altro contributo derivante dalla psicologia positiva è di integrare la teoria del flusso di Csikszentmihaly con i concetti del benessere. Il flusso è lo stato di impegno che genera felicità;le caratteristiche di tale flusso includono un sentimento di concentrazione e una perdita del senso del tempo. Questo stato è stato recentemente percepito come “possibilità” per la felicità,dove tale concetto e quello di ben-essere si espandono oltre lo stato di piacere. Questo passaggio si presentata utile e significativo per una prospettiva educativa,perché permette di riflettere sul possibile ruolo che insegnati e educatori dovrebbero avere nell’educazione di tutti i bambini. Infatti,un educatore deve creare condizioni in cui gli individui possano scegliere di apprendere determinando un esperienza piacevole,in modo che questa possa diventare intrinsecamente rilevante per vivere il mondo con curiosità ed interesse. L’obbiettivo educativo principale,è quello di favorire l’adozione di un atteggiamento positivo nei confronti della vita per essere in grado di gestire autonomamente le proprie scelte e adottare comportamenti consapevoli per costruire la propria felicità. Quindi è possibile affermare che felicità e ben-essere dipendono,in sostanza,dalla capacità che ogni individuo ha di agire,interagire e di relazionarsi all’interno del contesto socio-culturale nel quale è inserito e,al tempo stesso dipendono anche,dalle risposte che dà esso riceve. In questo caso è possibile portare in primo piano la relazione tra ben-essere del singolo e sviluppo della collettività ,in quanto il ben-essere considera la soddisfazione delle proprie esigenze in riferimento alla propria cultura. A tal proposito Ghedin sostiene che gli individui,in quanto esseri viventi,tendono alla complessità da un punto di vista biologico,psicologico e sociale. L’individuo nasce infatti con un corredo genetico e nel corso della sua vita né costruisce uno culturale attraverso l acquisizione di informazioni dell’ambiente esterno. Di conseguenza,diventa fondamentale analizzare ciò che è possibile,desiderabile e significativo per il singolo e per la comunità. A questo proposito Canevaro afferma che il ben-essere non è legato alla condizione individuale dell’singolo ma al capitale sociale,cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha,di organizzarsi e adattarsi con le strutture che lo circondano,con i contesti. La persona deve essere visto e percepita come soggetto attivo in comunità e questo vale anche per i cosiddetti sottogruppi svantaggiati come,persone con disabilità,anziani,persone con disagio psicosociale. Tali individui non sono di per sé svantaggiati,ma lo diventano maggiormente in un ambiente sociale o culturale in cui la loro condizione comporti conseguenze svantaggiose,a causa di qualche discrepanza rispetto alle aspettative e alle regole sociali. Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso ed ad usare efficientemente i propri talenti. Inizialmente ciò che preoccupava coloro che si occupavano di disabilità,non certamente promuovere il ben-essere delle persone disabili,infatti molti bambini con disabilità,in passato,venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli. Successivamente,all’interno di queste istituzioni vene inserito un modello formativo di scuola,promosso da Edouard Seguin,per far sì che bambini con disabilità fossero educati per assumere il giusto ruolo nella società. Nel corso del tempo tali scuole cambiarono drasticamente i loro obbiettivi,anzi che favorire il loro inserimento in società,tali soggetti vennero allontanati totalmente. Solo dopo gli anni Cinquanta e Sessanta la situazione cambiò. Il concetto di “normalizzazione” divenne ampiamente condiviso da famiglie e dai sostenitori,promuovendo politiche integrative per persone disabili. Negli anni passati,si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie,e programmi che mirano a valorizzare i bisogni materiali degli adulti che anno enfatizzato le abilità di adattamento e si avvicinano al concetto di autodeterminazione,che mira a rendere le persone disabili capaci di compiere scelte personali per la loro vita. In sostanza,sono questi programmi,questi servizi che promuovono il benessere delle persone disabili;l’obbiettivo principale non è solo di far sì che queste persone siano in grado di vestirsi,di mangiare,ma e soprattutto,valorizzare le loro potenzialità e capacità,attribuire importanza alle loro dis-abilità,senza rendere ancor più visibile la loro disabilità.l’aiuto esterno dell’operatore dovrebbe consistere,quindi,nel facilitare le dinamiche di relazione in modo tale che il disabile diventi capace di adattarsi all’ambiente ed interpretare i propri bisogni. Questi concetti rientrano in un progetto di ben-essere personale e sociale. Ben-essere che M.L Iavarone,definisce come un qualcosa che non può essere associato solo ad una condizione fisica o economica,ma va definito come uno stato complesso perche multicomponenziale,multidirezionale e multidimensionale. nel senso che, il ben-essere segue più direzioni e la sua percezione,da parte del soggetto,cambia sia nei diversi tempi della vita che nei suoi diversi luoghi;è multidimensionale,in quanto il desiderio di ben-essere si trasforma in base ad episodi particolari che caratterizzano la vita di un individuo. Lo studio del ben-essere ha importanti implicazioni per la vita degli individui;di conseguenza l’obbiettivo è quello di individuare i metodi che possano rendere gli individui capaci di aumentare il loro livello di ben-essere. Inoltre lo studio di tale concetto si presenta fondamentale per le attuali generazioni;in particolare,la scoperta che la felicità non sia strettamente collegata con la ricchezza e il possesso di beni materiali. La generazione di oggi,cioè la mia generazione,percepisce la felicità in termini di quantità. Possedere denaro,videogiochi,Iphon è tutto ciò che serve per essere”tristemente” accettati e,di conseguenza,per essere felici. È questo,un materialismo che,d'altronde,si è diffuso nei vari ambiti della vita. Molte relazioni sociali e,in particolare,intime sono sorrette da interessi economici e quindi,materiali. Sono relazioni”ricche di ricchezza materiale”ma non felici,e di conseguenza eternamente insoddisfatte. Il ricco è felice?...NO!. basta guardare le grandi star che fingono una felicità che non cè sfoggiando ricchezze e trasmettendo un messaggio:” I SOLDI FANNO LA FELICITà”. Infatti,numerosi ricercatori nel campo della psicologia positiva,ritengono che l indice nazionale di ben-essere non dovrebbe essere considerato solo in termini di quantità e quindi riferito a beni materiali,ma anche e soprattutto,riferito al contesto relazionale in cui le persone vivono. Per tutti questi motivi lo studio del ben-essere e della felicità può essere considerato un obbiettivo scientifico credibile e valutabile.
    Marcello De Martino
    Marcello De Martino


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 6 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Marcello De Martino Dom Mag 20, 2012 1:29 am

    Platone dice: il bene è il fine di ogni azione umana ed è proprio su tale teoria che si basa il pensiero aristotelico
    Aristotele espone quale è la sua idea di felicità: ogni arte, ogni ricerca, ogni azione, ogni scelta mira infatti a un fine, ovvero a un bene, che viene definito come "ciò a cui tutto tende" e la felicità è proprio il fine ultimo, il bene supremo, che si basa nel praticare al meglio ciò che distingue gli uomini dagli altri esseri. . Nel pensiero di Aristotele bene e felicità coincidono. Io non la vedo cosi. Serenità,bene,armonia,allegria e aggettivi simili non hanno a che vedere niente con la felicità. Si può fingere bene di provare gioia o allegria, ma non di essere felici. La felicità non è essere un personaggio famoso,avere soldi oppure vivere una settimana come quella di Jim carrey nel film "Una settimana da Dio". Esisterà sempre un intoppa qualcosa che cambierà il corso degli eventi.Qualcosa che sicuramente non vada come previsto.Sfuggirà sempre qualcosa. Quiete e tempesta un susseguirsi a vicenda. La felicità non si ottiene. Non la si compra da nessuna parte. Non la si ottiene con il sacrifico. Essere felici vuol dire svuotare la mente da ogni cosa. Accettare le cose belle e brutte senza essere ne i prime ne gli ultimi. Vuol dire godersi quel che si ha. Vuol dire accettare la tempesta dopo la quiete e sapere che quando essa arriverà la tempesta tornerà . Non si otterrà mai la felicità assoluta. Già riconoscerlo è un passo verso di essa. La felicità sta nel presente. Uno stato d'animo vissuto solo nel presente. Chi di voi ogni momento della proprio vita è felice?Per essere felici sempre e comunque bisognerebbe vivere davvero in un mondo proprio. Dove tutto ciò che esiste è frutto del proprio essere.

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