Questione dibattuta nei secoli. Da felicitas, derivazione felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità. Felicità era quindi avere un buon demone, una buona sorte, ed era strettamente correlata alla fortuna. Con Socrate Platone ed Aristotele questa parola cambia di significato, anche le persone nate sotto una cattiva stella possono essere felici grazie alle proprie scelte di vita. Esistono vari livelli di felicità: quello più immediato legato ai piaceri effimeri, alla gioia immediata, una sensazione data dal raggiungimento di qualcosa di desiderato, questo stato di felicità è definito da Nettle “di primo livello”, la felicità di secondo livello è collegata al senso di appagamento e soddisfazione della propria vita, infatti le persone facendo un bilancio tra momenti piacevoli e sgradevoli giungono alla conclusione di aver provato più emozioni positive che negative, inoltre questo tipo di felicità comprende processi cognitivi più complessi rispetto alla felicità di primo livello poiché include il paragone con altri possibili risultati. Infine la felicità di terzo livello o eudaimonia ha un senso ancora più allargato, con questa infatti si intende la vita in cui una persona si realizza. Il ben essere è altro dalla felicità, ma non la esclude di certo, citando la psicologa Carol Ryff possiamo affermare che il ben essere include anche elementi quali crescita personale,finalità, padronanza del proprio ambiente e sincerità con se stessi, oltre che presenza di elementi piacevoli ed assenza di dolore. Il ben essere è stato definito da Schafer il vivere bene,sia da un punto di vista fisico che psicologico e spirituale, anche se si è portatori di una malattia permanente o temporanea. È quindi possibile essere felici e in ben essere se si è disabili? Certo! Iavarone ci ricorda che il ben essere non può essere associato soltanto ad una condizione di salute fisica, di ricchezza ecc, ma è multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale. Cosa significa quindi per un disabile avere una buona qualità di vita? Sono note alcune indispensabili dimensioni che chiariscono questo termine: ben essere emozionale (vicino al concetto di felicità), relazioni interpersonali, ben essere materiale, ben essere fisico, autodeterminazione, inclusione sociale e diritti. Si è studiato e ci si è impegnati molto per migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità, e sollevarli dai loro problemi, questo perché le persone con disabilità come ritardi mentali sono tendenzialmente più a rischio di psicopatologie come stereotipie e comportamenti auto lesionistici, ostacoli all’inclusione del disabile nella vita sociale. Studi condotti su bambini con ritardo mentale hanno messo in luce che questi, rispetto ai loro coetanei, hanno minore aspettativa di successo, scarse motivazioni e si affidano maggiormente agli altri per la risoluzione dei problemi, inoltre hanno anche più alti livelli di impotenza appresa, cosa che solitamente si acquisisce con l’età e con numerosi fallimenti. Ciò evidenziava sintomi di depressione. A favore del miglioramento della vita dei disabili, e della loro inclusione nella società si sono anche diverse politiche, in Italia ricordiamo la legge 104/92 che offre alle persone con disabilità eguali diritti e possibilità, di accesso ai servizi pubblici, al lavoro, all’educazione. Anche la tecnologia si è impegnata per rendere migliore e autonoma la vita dei disabili, per sviluppare le loro abilità, grazie ad ausili tecnologici che riducono la disabilità. Esempi di tecnologie pro disabilità possono essere le case domotiche, case ipertecnologizzate che rendono possibile l’autonomia per qualsiasi disabilità, apparecchi acustici per i sordi per ridurre la sordità o eliminarla totalmente(impianto cocleare), cellulari con un impianto acustico per chi non può vedere,apparecchi di supporto per la comunicazione per bambini autistici come il minimò, e tanti altri. Essere disabili non significa necessariamente essere infelici, insoddisfatti della propria vita e non avere ambizioni, ricerche condotte da Cameron and co. mostrano che non si riscontrano sostanziali differenze tra disabili e non disabili sulla soddisfazione della propria vita, sull’umore e sulla frustrazione, va però detto che le persone disabili dalla nascita sono più felici e soddisfatte della propria esistenza, rispetto a persone che sono diventate disabili in seguito ad un incidente o ad altri fattori.
+287
federica pirozzi
Valentina Gaudioso
Teresa Nazzaro
Luisa Ratti
Antonella Pagliaro
domenica moccia
maria formisano
Silvana Marchese 1990
rosa romano
Emilia De Blasio89
ROSA NUVOLETTA
daiana martino
enzacoppola
elenacapobianco
Mena Pace
Teresa Buonanno
antoniodisabato
ERIKA IARNONE
Federica Riccardo
ascione ass
Cozzolino Chiara1987
soleluna
MARIA VITTORIA PIROZZI
Martina Molino
Gisella Santonastaso
Loredana Calise
palmina formato
mariangela manna
Francesca Starita
anna abbate
Annarita Riviergi
daniela oliva
Maria Maestoso
Maresca Socc. Addolorata
marigliano francesca
Melania Moscato
Fiorella Moio
Silvia De Sisto
Denise Di Gennaro
frascogna domenica
angela cuomo
conte claudia
Gervasio Concetta91
luisa formisano
Valentina Morra
silvana marconi
ANNA CARANNANTE
Letizia Panariello
DANILO ROMANO
maria russo
rosa capasso
Angela Scarpato
rosa manno
Angela Ascanio
Gabriella Barecchia
de cicco luisa
Lucilla Graziani
teresa perretta
Elvira Scarpato
Sara Costigliola
milone lucia
Milena Capasso
rosa d'onofrio
Barbara Pepe
Maria Natale
valeria cefariello
RITA MASSA
SerenaMele
Melfi Roberta
Marianna Di Caterino91
Maria Starace91
serenalestingi
Maria Grazia Zingone
Gaetana Cozzolino
Maria Di Caterino92
Luisiana Spinelli
anna piscitelli
Nadia Frascadore
Ilaria Musella
Stefania Scafati
anna flaminio
Ilaria Saviano
Diana Emma
valeria scognamiglio
DI MASO CLAUDIA
Cristina Cardillo Zallo
Marianna Carfora
Valentina Caponigro
Baldascino Francesco
annalisa de flora
Baldascino Concetta
Mario Cavallaccio
Sabrina Campaiola
emma mariniello
ilaria cardinale
lucia lettera
simonamanzoni
maria11
federica sbrescia
giuseppina tramo
Vittoria Camposano
viviana.imparato
Elvira Romano
fabiola lucignano
emiliana della gatta
Alessandra Mavrokefalos
Adele La Porto
Carmela Attanasio
Roberta Bortone
simona micillo
Brunella Casaretti
roberta case
Stefania befà
Fiorella Savino
Daria Casolare
luigia palumbo
Francesca Sommella
Maddalena Pontone
simonaesp
Piccolo Emilia
Miriana Medaglia
Chiara Di Napoli
Anna Pasquariello
Annamaria Bruno
Claudia Carbonaro
Lucia Esposito
michela di bernardo
valeria ottaviano
Anna Carmela Capasso
Luisa Masturzi
elena capasso
alessia maruzzella
mariana scamardella
anastasia manzueto
maria riccardi 90
Russo Livia Maria
Cristina Ambrosio
Marcello De Martino
Laura testa
Antonia Aletta
Antonella Pirozzi
maria pignata
Serena Elia90
Noemi Martuccelli
Iolanda Puca
Serena Vivenzio
Lucia Casaburo
LAURA BUONANNO89
maria giovanna toriello
Giuseppina Chianese
Micaela Crescenzo
Stefania Tufano
peluso cristina
DE STEFANO ANGELA
veronicagiordano
Lùcia Pisapia
Izzo Maria Teresa
Valentina Paolillo
maddalena cacciapuoti
francesca anello
Martina Marotta
Cinzia Guadagno
arianna annunziata
Palma Napolano
Antonella Leonetti
fabiola loffredo
Carmen D'Alessio
carmela clemente
Giulia Marciano
roberta silvestro
raffaella piccolo
antonia petrella
miriam perrella
ida errico
Monica Miele
Federica Marzano
maria.vigna
Marfella Valeria
Lorenza Baratta
Maria Pia Palvelli
iolanda martino
cavagnuolo giuseppina91
maria.lancellotti
Rossella Ascione
SERAFINA CILIENTO
Nunzia D'Amore
Annunziata Langella
Angela Di Marzo
Gallo Luisa
anna gemma buono1
Rita Desiato
FLAVIA AGOSTINO
Chiara Di Mare
Serena Conte
Fabrizia Nosso
serena murolo
Carmela Perillo
Marianna Gallo
Francesca Izzo
Noemi de Martino
Votto Michelina
Ilenia Caiazza
RaffaellaPagano1990
carmela migliaccio
Maria Rosaria Coppola
ilenia medici
Maria Grande
Maria Improta
erica caputo
francypetraglia
Antonia Manguso
Rachele Di Tuccio
Marianna Romano
Marta Iannaccone
francescacella
Danila Cacciapuoti
MAURIELLO JESSICA
PAOLA MUSELLA
Ilaria cozzolino
luciana sollazzo
Adriana De Rosa
rossellamaiorano91
Rita Esposito
Pezzella Vincenza
Carmela Frascarino
Claudia Zuccoli
Flavia Cozzolino
Chiara Verace
giovanna costagliola
daniela picascia
alessandra sorrentino
valeriaminucci
donatella tipaldi
Rossella Palumbo
Antonella Camposano
edvige garofano
rosa corbo
maria rosaria russino
Laura polverino
Roberta Narici
Miryam Polidoro
alessandra sbrizzi
nunzia apicella
simona capasso
Anna Bianco
Imma Saviano
VALERIAILLIANO
TammaroAlessia89
MarySalvati
Irene De Vita
Tommasina Cataldo
Brusini Rosa
filomena mosca
Antonella De Rosa
rosannapetrone
Aiello Raissa
MIRIAM MUSTO
angela32
lucia schiano lomoriello
Cira Toscano
MARTINA MARFE'
Rita Gaita 1990
ASCIONE ANNARITA
Ornella Cangiano
Diana Autiello
giusy armida
Roberta Ingargiola
Giovanna Di Francesco
maria84
mariarescigno91
Eleonora Cardella
francesca de falco
Orsola Cimmino
carmela aversano 88
carmela accurso
Fortuna Di Mauro
Daniela D'urso
Diana Maddalena
eleonora daniele
elisabetta.monto
Melania castoro90
anna di maggio
Fabiola Mangini
Sabrina Vitulano
Antonella Russo
elena.scognamiglio89
Admin
291 partecipanti
ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Cristina Ambrosio- Messaggi : 14
Data di iscrizione : 14.03.12
Età : 33
Località : Bacoli
- Messaggio n°151
Ben essere disabili
Che cos’è la felicità?
Questione dibattuta nei secoli. Da felicitas, derivazione felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità. Felicità era quindi avere un buon demone, una buona sorte, ed era strettamente correlata alla fortuna. Con Socrate Platone ed Aristotele questa parola cambia di significato, anche le persone nate sotto una cattiva stella possono essere felici grazie alle proprie scelte di vita. Esistono vari livelli di felicità: quello più immediato legato ai piaceri effimeri, alla gioia immediata, una sensazione data dal raggiungimento di qualcosa di desiderato, questo stato di felicità è definito da Nettle “di primo livello”, la felicità di secondo livello è collegata al senso di appagamento e soddisfazione della propria vita, infatti le persone facendo un bilancio tra momenti piacevoli e sgradevoli giungono alla conclusione di aver provato più emozioni positive che negative, inoltre questo tipo di felicità comprende processi cognitivi più complessi rispetto alla felicità di primo livello poiché include il paragone con altri possibili risultati. Infine la felicità di terzo livello o eudaimonia ha un senso ancora più allargato, con questa infatti si intende la vita in cui una persona si realizza. Il ben essere è altro dalla felicità, ma non la esclude di certo, citando la psicologa Carol Ryff possiamo affermare che il ben essere include anche elementi quali crescita personale,finalità, padronanza del proprio ambiente e sincerità con se stessi, oltre che presenza di elementi piacevoli ed assenza di dolore. Il ben essere è stato definito da Schafer il vivere bene,sia da un punto di vista fisico che psicologico e spirituale, anche se si è portatori di una malattia permanente o temporanea. È quindi possibile essere felici e in ben essere se si è disabili? Certo! Iavarone ci ricorda che il ben essere non può essere associato soltanto ad una condizione di salute fisica, di ricchezza ecc, ma è multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale. Cosa significa quindi per un disabile avere una buona qualità di vita? Sono note alcune indispensabili dimensioni che chiariscono questo termine: ben essere emozionale (vicino al concetto di felicità), relazioni interpersonali, ben essere materiale, ben essere fisico, autodeterminazione, inclusione sociale e diritti. Si è studiato e ci si è impegnati molto per migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità, e sollevarli dai loro problemi, questo perché le persone con disabilità come ritardi mentali sono tendenzialmente più a rischio di psicopatologie come stereotipie e comportamenti auto lesionistici, ostacoli all’inclusione del disabile nella vita sociale. Studi condotti su bambini con ritardo mentale hanno messo in luce che questi, rispetto ai loro coetanei, hanno minore aspettativa di successo, scarse motivazioni e si affidano maggiormente agli altri per la risoluzione dei problemi, inoltre hanno anche più alti livelli di impotenza appresa, cosa che solitamente si acquisisce con l’età e con numerosi fallimenti. Ciò evidenziava sintomi di depressione. A favore del miglioramento della vita dei disabili, e della loro inclusione nella società si sono anche diverse politiche, in Italia ricordiamo la legge 104/92 che offre alle persone con disabilità eguali diritti e possibilità, di accesso ai servizi pubblici, al lavoro, all’educazione. Anche la tecnologia si è impegnata per rendere migliore e autonoma la vita dei disabili, per sviluppare le loro abilità, grazie ad ausili tecnologici che riducono la disabilità. Esempi di tecnologie pro disabilità possono essere le case domotiche, case ipertecnologizzate che rendono possibile l’autonomia per qualsiasi disabilità, apparecchi acustici per i sordi per ridurre la sordità o eliminarla totalmente(impianto cocleare), cellulari con un impianto acustico per chi non può vedere,apparecchi di supporto per la comunicazione per bambini autistici come il minimò, e tanti altri. Essere disabili non significa necessariamente essere infelici, insoddisfatti della propria vita e non avere ambizioni, ricerche condotte da Cameron and co. mostrano che non si riscontrano sostanziali differenze tra disabili e non disabili sulla soddisfazione della propria vita, sull’umore e sulla frustrazione, va però detto che le persone disabili dalla nascita sono più felici e soddisfatte della propria esistenza, rispetto a persone che sono diventate disabili in seguito ad un incidente o ad altri fattori.
Questione dibattuta nei secoli. Da felicitas, derivazione felix-icis, "felice", la cui radice "fe-" significa abbondanza, ricchezza, prosperità. Felicità era quindi avere un buon demone, una buona sorte, ed era strettamente correlata alla fortuna. Con Socrate Platone ed Aristotele questa parola cambia di significato, anche le persone nate sotto una cattiva stella possono essere felici grazie alle proprie scelte di vita. Esistono vari livelli di felicità: quello più immediato legato ai piaceri effimeri, alla gioia immediata, una sensazione data dal raggiungimento di qualcosa di desiderato, questo stato di felicità è definito da Nettle “di primo livello”, la felicità di secondo livello è collegata al senso di appagamento e soddisfazione della propria vita, infatti le persone facendo un bilancio tra momenti piacevoli e sgradevoli giungono alla conclusione di aver provato più emozioni positive che negative, inoltre questo tipo di felicità comprende processi cognitivi più complessi rispetto alla felicità di primo livello poiché include il paragone con altri possibili risultati. Infine la felicità di terzo livello o eudaimonia ha un senso ancora più allargato, con questa infatti si intende la vita in cui una persona si realizza. Il ben essere è altro dalla felicità, ma non la esclude di certo, citando la psicologa Carol Ryff possiamo affermare che il ben essere include anche elementi quali crescita personale,finalità, padronanza del proprio ambiente e sincerità con se stessi, oltre che presenza di elementi piacevoli ed assenza di dolore. Il ben essere è stato definito da Schafer il vivere bene,sia da un punto di vista fisico che psicologico e spirituale, anche se si è portatori di una malattia permanente o temporanea. È quindi possibile essere felici e in ben essere se si è disabili? Certo! Iavarone ci ricorda che il ben essere non può essere associato soltanto ad una condizione di salute fisica, di ricchezza ecc, ma è multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale. Cosa significa quindi per un disabile avere una buona qualità di vita? Sono note alcune indispensabili dimensioni che chiariscono questo termine: ben essere emozionale (vicino al concetto di felicità), relazioni interpersonali, ben essere materiale, ben essere fisico, autodeterminazione, inclusione sociale e diritti. Si è studiato e ci si è impegnati molto per migliorare le condizioni di vita delle persone con disabilità, e sollevarli dai loro problemi, questo perché le persone con disabilità come ritardi mentali sono tendenzialmente più a rischio di psicopatologie come stereotipie e comportamenti auto lesionistici, ostacoli all’inclusione del disabile nella vita sociale. Studi condotti su bambini con ritardo mentale hanno messo in luce che questi, rispetto ai loro coetanei, hanno minore aspettativa di successo, scarse motivazioni e si affidano maggiormente agli altri per la risoluzione dei problemi, inoltre hanno anche più alti livelli di impotenza appresa, cosa che solitamente si acquisisce con l’età e con numerosi fallimenti. Ciò evidenziava sintomi di depressione. A favore del miglioramento della vita dei disabili, e della loro inclusione nella società si sono anche diverse politiche, in Italia ricordiamo la legge 104/92 che offre alle persone con disabilità eguali diritti e possibilità, di accesso ai servizi pubblici, al lavoro, all’educazione. Anche la tecnologia si è impegnata per rendere migliore e autonoma la vita dei disabili, per sviluppare le loro abilità, grazie ad ausili tecnologici che riducono la disabilità. Esempi di tecnologie pro disabilità possono essere le case domotiche, case ipertecnologizzate che rendono possibile l’autonomia per qualsiasi disabilità, apparecchi acustici per i sordi per ridurre la sordità o eliminarla totalmente(impianto cocleare), cellulari con un impianto acustico per chi non può vedere,apparecchi di supporto per la comunicazione per bambini autistici come il minimò, e tanti altri. Essere disabili non significa necessariamente essere infelici, insoddisfatti della propria vita e non avere ambizioni, ricerche condotte da Cameron and co. mostrano che non si riscontrano sostanziali differenze tra disabili e non disabili sulla soddisfazione della propria vita, sull’umore e sulla frustrazione, va però detto che le persone disabili dalla nascita sono più felici e soddisfatte della propria esistenza, rispetto a persone che sono diventate disabili in seguito ad un incidente o ad altri fattori.
Russo Livia Maria- Messaggi : 17
Data di iscrizione : 12.03.12
- Messaggio n°152
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Che cos’è la Felicità?? Ci sono diversi punti di vista riguardo a cosa sia la felicità... In una visione più contemporanea a noi, la felicità si può considerare come uno stato mentale che si raggiunge giorno per giorno attraverso un equilibrio con il mondo esterno. Significa riuscire a trovare un compromesso con la vita, a gioire delle cose della vita (grandi o piccole che siano)... In questo l'essere persone attive e positive aiuta moltissimo a salvaguardare questo stato della mente. Seneca nel De vita beata sosteneva che spesso inciampiamo nella felicità e nemmeno ci rendiamo conto di averla incontrata. Salvatore Natoli (filosofo italiano) sostiene che la felicità è di questa vita e per questa vita. Proprio perché noi esistiamo e viviamo, "sentiamo" la felicità e la riconosciamo come opposta al dolore. In fondo proprio quando sperimentiamo la sofferenza e la superiamo, viviamo tutto ciò che viene dopo di essa con soddisfazione, con gioia, con voglia di andare avanti.. tutte piccoli elementi che portano piano piano l'uomo a "sentirsi felice". Schopenauer affermava la Felicità è un attimo in cui la noia scompare insieme alla tristezza, ma è solo un attimo... Quando diventiamo adulti abbandoniamo quelle che definiamo “illusioni giovanili” e diciamo: non si può esser sempre felici, nella vita ci sono anche sofferenze, delusioni e i sogni spesso che non si realizzano” e ci sembra di dire una cosa sensata. Spesso ci convinciamo che la vita sia una partita un po’ truccata e che il nostro destino sia malinconicamente segnato. Abbiamo la testa piena di pensieri e di domande.. e se vogliamo ritrovare la via giusta dobbiamo svuotare la nostra mente di tutte le cose che ci abbiamo infilato dentro e che ci impedisce di fare la cosa più semplice: vivere secondo natura come un fiore…Felicità è osservare serenamente la vita mentre ci forma e ci crea.. la felicità rappresenta un'aspirazione dell'uomo, che vede se stesso piccolo se si confronta con l'infinità del creato, ma allo stesso tempo sente che dentro di lui c'è qualcosa di divino a cui ambisce. Questo sentimento di inferiorità crea nell'essere umano una continua ricerca di qualcosa che a lui ancora non è chiaro, una mancanza che sente dentro lo spirito ma allo stesso tempo è incatenato dalla sua materia alla terra, e così si danna di continuo per trovare il piacere eterno. Schopenhauer sostiene che il piacere rappresenta la punta di un appagamento momentaneo che affonda le radici nel dolore, nel bisogno e nella mancanza, già Socrate aveva anticipato questo concetto, alla fine nessuno ha mai trovato la felicità, poichè l'uomo si sente un DIO ma sa di non avere gli strumenti per poter dimostrarlo. Elisabetta Ghedin propone un’analisi che si concentra sul costrutto di qualità della vita e ben-essere. Alla luce di recenti ricerche e riflessioni mette in risalto come il ben-essere, per tutti, non possa prescindere da sentimenti ed esperienze positive di coinvolgimento e di implicazione sociale. L’inclusione e l’integrazione, e la loro attenta valutazione, sono quindi irrinunciabili per garantire il ben-essere delle persone disabili. L’educazione attraverso il movimento rende possibile lo sviluppo di potenzialità individuali, l’acquisizione di abilità, l’integrazione in contesti di vita ricchi di relazioni significative, orientandosi nella direzione della promozione del ben-essere soggettivo e sociale della persona disabile. Per Andrea Canevaro Sembra impossibile immaginare una vita senza dei momenti di sofferenza. Il benessere della persona non è legato alla sua potenza quanto a quello che qualcuno oggi chiama ‘capitale sociale’, ovvero a quella capacità di organizzarsi e di adattarsi grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, con i contesti. Maria Luisa Iavarone invece approfondisce lo studio sul tema del benessere nella convinzione che la ricerca possa offrire un significativo contributo in cui il benessere individuale e sociale costituisce il perno intorno a cui ruotano, a vari livelli, dai progetti esistenziali dei singoli individui, alle programmazioni politiche ed economiche di interi paesi, sino ai piani di sviluppo di tutto il pianeta. Tralasciando l'aspetto filosofico credo che la felicità oggi sia un elemento ancor meno raggiungibile a causa del progresso stesso, che ha accantonato molti di quei valori che un tempo rendevano se non totalmente, almeno più completa la vita. Stiamo continuamente a guardare ciò che non abbiamo piuttosto che prestare attenzione non solo a tutte le cose che abbiamo, ma a quelle che sono davvero importanti. L'uomo non è uomo per ciò che possiede, ma per ciò che è, eppure ha perso davvero di vista la sua essenza per alienarsi nelle macchine, materia corruttibile e decadente.
maria riccardi 90- Messaggi : 18
Data di iscrizione : 15.03.12
Località : acerra
- Messaggio n°153
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
la felicità è il nome in comune per esprimere una delle parole chiavi fondamentale dell esistenza. possiamo provarla sulla nostra pelle e vedere che la soddisfazione è l unica cosa che un individuo cerca :accontentare i propri bisogni ,istinti passioni e desideri.
PER VIVERE FELICI BASTA GUARDARE COME FANNO I BAMBINI E GLI ANIMALI...s. littleword
cos è la felicità????
con socrate platone e aristotele la parola eudaimonia si carica di significati nuovi,e si iniziava ad affermare che l uomo con le sue scelte e la sua libertà può diventare felice ,anche contro la sorte. nettle parla di tre livelli di felicità :
-1 livello della felicità implica un emozione o una sensazione immediata come la gioia o il piacere.
-2 livello della felicità e quando le persone fanno un bilancio della propria vita (appagamento o soddisfazione).
-3 livello della felicità e quando una persona riesce a realizzare le proprie potenzialità.
selignam dice che la felicità dell individuo si ha quando quest ultimo sviluppa la sua forza e virtù da cui egli stesso trae piacere e quindi raggiunge il ben-essere.
waterman dice ,invece,che la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro piu profondi valori ,risultanti in un senso di autenticità e vivacità definita da waterman espressività personale.
alcune analisi riguardo al benessere rivelano che le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono e in altri casi la creazione della felicità è espressa in termini di confronto tra la situazione attuale e il riferimento ad un altra situazione che è migliore o peggiore dell attuale. il benessere comprende diversi componenti fisici ,psicologici sociali ,emozionali etc..
canevaro afferma che il benessere deriva dall insieme di capacità di organizzarsi e adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che li circondano.
negli anni 7o zigler scoprì che i bambini con ritardo mentale rispetto ai loro coetani normodotati ,avevano migliori aspettative di successo esi affidavano di piu agli altri per la risoluzione dei problemi .alla nascita di un figlio sono connesse profonde aspettative di gratificazione personale e sociale ,ma quando invece di un bambino sano nasce un figlio diversamente abile i genitori cadono in uno shok civendo l evento angosciante . mullins dopo varie analisi ha concluso che i genitori dopo aver preso consapevolezza della situazione hanno aggiunto qualcosa alla loro vita rendendola piu ricca di significato ...
la felicità è qualcosa che tutti dovrebbero avere,non dev essere legata solo ad un fattore di benessere economico o al successo ,ma dev essere qualcosa che va oltre .la felicità puo essere semplicemente la nascita di un figlio ,il sorriso di una persona cara è sentirsi bene con se stessi ...
PER VIVERE FELICI BASTA GUARDARE COME FANNO I BAMBINI E GLI ANIMALI...s. littleword
cos è la felicità????
con socrate platone e aristotele la parola eudaimonia si carica di significati nuovi,e si iniziava ad affermare che l uomo con le sue scelte e la sua libertà può diventare felice ,anche contro la sorte. nettle parla di tre livelli di felicità :
-1 livello della felicità implica un emozione o una sensazione immediata come la gioia o il piacere.
-2 livello della felicità e quando le persone fanno un bilancio della propria vita (appagamento o soddisfazione).
-3 livello della felicità e quando una persona riesce a realizzare le proprie potenzialità.
selignam dice che la felicità dell individuo si ha quando quest ultimo sviluppa la sua forza e virtù da cui egli stesso trae piacere e quindi raggiunge il ben-essere.
waterman dice ,invece,che la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro piu profondi valori ,risultanti in un senso di autenticità e vivacità definita da waterman espressività personale.
alcune analisi riguardo al benessere rivelano che le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono e in altri casi la creazione della felicità è espressa in termini di confronto tra la situazione attuale e il riferimento ad un altra situazione che è migliore o peggiore dell attuale. il benessere comprende diversi componenti fisici ,psicologici sociali ,emozionali etc..
canevaro afferma che il benessere deriva dall insieme di capacità di organizzarsi e adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che li circondano.
negli anni 7o zigler scoprì che i bambini con ritardo mentale rispetto ai loro coetani normodotati ,avevano migliori aspettative di successo esi affidavano di piu agli altri per la risoluzione dei problemi .alla nascita di un figlio sono connesse profonde aspettative di gratificazione personale e sociale ,ma quando invece di un bambino sano nasce un figlio diversamente abile i genitori cadono in uno shok civendo l evento angosciante . mullins dopo varie analisi ha concluso che i genitori dopo aver preso consapevolezza della situazione hanno aggiunto qualcosa alla loro vita rendendola piu ricca di significato ...
la felicità è qualcosa che tutti dovrebbero avere,non dev essere legata solo ad un fattore di benessere economico o al successo ,ma dev essere qualcosa che va oltre .la felicità puo essere semplicemente la nascita di un figlio ,il sorriso di una persona cara è sentirsi bene con se stessi ...
anastasia manzueto- Messaggi : 17
Data di iscrizione : 12.03.12
Età : 33
Località : Procida
- Messaggio n°154
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Diversi sono gli interrogativi che l’uomo si è sempre posto, tra i quali assoluto rilievo rivestono in ogni istante quelli con al centro la felicità. Cos’è la felicità?
Il termine discende da felicitas, cioè abbondanza, ricchezza, anche se attualmente siamo di fronte ad uno stravolgimento del suo significato. Legata nel periodo presocratico al concetto di sorte, e successivamente con Socrate, Aristotele e Platone intesa come risposta alla sorte stessa, si è visto come con l’evolversi dei secoli il termine abbia assunto diverse sfumature. Oggi, se ci soffermassimo su cosa davvero sia la felicità, dubito fortemente che riusciremmo a trovare una risposta soddisfacente, in quanto viviamo in un mondo in cui la vera felicitas consiste nell’indossare una taglia 40, possedere un’Iphone, per cui tutto ciò che rende felici è qualcosa di prettamente materiale ed effimero. Essere felici è davvero questo? No, è tutt’altro! È qualcosa di interiore, legato al puro benessere psico-fisico. A conferma di ciò, lo psicologo Maslow ha sottolineato l’importanza di soddisfare dapprima i bisogni primari al fine di toccare e raggiungere quelli più elevati, quali ad esempio l’autostima, per cui se non si soddisfano i primi non è possibile poi accedere agli ultimi. Infatti, è proprio questo il nocciolo del problema: come è possibile realizzarsi in un ambiente sfavorevole, per di più senza aver soddisfatto dapprima i bisogni primari? E’di fatto impossibile! Per benessere si intende “vivere bene da un punto di vista psicologico spirituale anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica”. In questo contesto, si è rivelato molto interessante il paragrafo “Ben-essere disabili”, nel quale sono descritte alcune ricerche, tra cui quella di Edouard Seguin. Questi dimostrò le modalità in cui, all’interno della sua scuola per bambini disabili, essi potessero essere adeguatamente educati, assumendo il giusto ruolo nella società. Ciò si rivelò una notevole innovazione, in quanto in quel periodo le persone disabili venivano allontanate dalla società ed abbandonate a se stesse. Ed oggi? La situazione è davvero cosi diversa? La storia insegna che la cosiddetta “normalizzazione” è stata nel tempo progressivamente condivisa dalle famiglie, conducendo a politiche di integrazione nella società per le persone con disabilità. Oggi però, forse meno di ieri, ciò accade ancora, in quanto la nostra società pur mostrandosi aperta alla disabilità, crea ancora barriere architettoniche e non consente la totale autonomia dei disabili; ad esempio, nel video delle “Iene”, si è visto come il disabile non riusciva autonomamente a salire e a scendere da un marciapiede o da un autobus! Inoltre, proprio in questi giorni, “Striscia la notizia”, in diversi suoi servizi, ha evidenziato come a Salerno le persone disabili, all’interno di una struttura ad essi riservata, si trovino non solo in situazioni igieniche orrende e risultino abbandonati a se stessi, ma vengano addirittura maltrattate dai propri educatori. È proprio questo ciò che desidero e desideriamo diventare? E nel contesto di felicitas appena descritto, queste persone, all’interno di questa ed altre strutture, vivono davvero felici? Ne dubito fortemente: venir maltrattati e vivere una situazione di disagio non crea certamente situazioni di felicità; ciò nonostante, come ampiamente documentato nel servizio, i disabili vivevano ogni istante con un sorriso meraviglioso, sembrava quasi che il tutto, quali i maltrattamenti e i continui disagi, rappresentassero per loro aspetti di secondaria importanza. Ciò non rappresenta qualcosa di puramente casuale o scontato: infatti, come sostiene Canevaro, il ben-essere di un individuo non è legato solo al suo stato individuale, ma anche alle sue capacità nel riuscire ad adattarsi e ad organizzarsi nei diversi contesti che lo circondano. Quindi, è il contesto sociale che determina la condizione di handicap, gli ostacoli e le barriere fisiche favoriscono il processo di esclusione o di emarginazione. Ciò è testimoniato ancora da Stesman, il quale, nel corso dei suoi studi, non ha rilevato alcuna differenza tra persone disabili e non, per cui è di fatto la società che “vuole” creare queste disuguaglianze!!!
Certo, la legge 104 tutela le persone disabili, offrendo loro gli stessi diritti e doveri delle persone non: essi sono considerati soggetti a pieno titolo, hanno diritto all’istruzione ed accesso ai servizi ad essi dedicati. Tuttavia, ciò non basta!!! È altrettanto fondamentale considerare il benessere non un semplice stato individuale, ma un’importante progetto da condividere con gli altri, e purtroppo nessuna legge potrà mai tutelare quest’aspetto!!! Ed è qui che assume assoluta importanza la pedagogia speciale, che cura il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi non solo della sua istruzione ma anche della sua educazione, migliorandone tanto lo standard di vita quanto il benessere soggettivo, tutelando difatti, come sostiene la Iavarone, la sua salita e il suo sviluppo non solo fisico ma soprattutto psico-sociale, perché in fondo la felicitas non è qualcosa da tener gelosamente stretta tra le mani, ma da assaporare e gustare con gli occhi, con le mani e con lo spirito di quanti più ti sono accanto.
Il termine discende da felicitas, cioè abbondanza, ricchezza, anche se attualmente siamo di fronte ad uno stravolgimento del suo significato. Legata nel periodo presocratico al concetto di sorte, e successivamente con Socrate, Aristotele e Platone intesa come risposta alla sorte stessa, si è visto come con l’evolversi dei secoli il termine abbia assunto diverse sfumature. Oggi, se ci soffermassimo su cosa davvero sia la felicità, dubito fortemente che riusciremmo a trovare una risposta soddisfacente, in quanto viviamo in un mondo in cui la vera felicitas consiste nell’indossare una taglia 40, possedere un’Iphone, per cui tutto ciò che rende felici è qualcosa di prettamente materiale ed effimero. Essere felici è davvero questo? No, è tutt’altro! È qualcosa di interiore, legato al puro benessere psico-fisico. A conferma di ciò, lo psicologo Maslow ha sottolineato l’importanza di soddisfare dapprima i bisogni primari al fine di toccare e raggiungere quelli più elevati, quali ad esempio l’autostima, per cui se non si soddisfano i primi non è possibile poi accedere agli ultimi. Infatti, è proprio questo il nocciolo del problema: come è possibile realizzarsi in un ambiente sfavorevole, per di più senza aver soddisfatto dapprima i bisogni primari? E’di fatto impossibile! Per benessere si intende “vivere bene da un punto di vista psicologico spirituale anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica”. In questo contesto, si è rivelato molto interessante il paragrafo “Ben-essere disabili”, nel quale sono descritte alcune ricerche, tra cui quella di Edouard Seguin. Questi dimostrò le modalità in cui, all’interno della sua scuola per bambini disabili, essi potessero essere adeguatamente educati, assumendo il giusto ruolo nella società. Ciò si rivelò una notevole innovazione, in quanto in quel periodo le persone disabili venivano allontanate dalla società ed abbandonate a se stesse. Ed oggi? La situazione è davvero cosi diversa? La storia insegna che la cosiddetta “normalizzazione” è stata nel tempo progressivamente condivisa dalle famiglie, conducendo a politiche di integrazione nella società per le persone con disabilità. Oggi però, forse meno di ieri, ciò accade ancora, in quanto la nostra società pur mostrandosi aperta alla disabilità, crea ancora barriere architettoniche e non consente la totale autonomia dei disabili; ad esempio, nel video delle “Iene”, si è visto come il disabile non riusciva autonomamente a salire e a scendere da un marciapiede o da un autobus! Inoltre, proprio in questi giorni, “Striscia la notizia”, in diversi suoi servizi, ha evidenziato come a Salerno le persone disabili, all’interno di una struttura ad essi riservata, si trovino non solo in situazioni igieniche orrende e risultino abbandonati a se stessi, ma vengano addirittura maltrattate dai propri educatori. È proprio questo ciò che desidero e desideriamo diventare? E nel contesto di felicitas appena descritto, queste persone, all’interno di questa ed altre strutture, vivono davvero felici? Ne dubito fortemente: venir maltrattati e vivere una situazione di disagio non crea certamente situazioni di felicità; ciò nonostante, come ampiamente documentato nel servizio, i disabili vivevano ogni istante con un sorriso meraviglioso, sembrava quasi che il tutto, quali i maltrattamenti e i continui disagi, rappresentassero per loro aspetti di secondaria importanza. Ciò non rappresenta qualcosa di puramente casuale o scontato: infatti, come sostiene Canevaro, il ben-essere di un individuo non è legato solo al suo stato individuale, ma anche alle sue capacità nel riuscire ad adattarsi e ad organizzarsi nei diversi contesti che lo circondano. Quindi, è il contesto sociale che determina la condizione di handicap, gli ostacoli e le barriere fisiche favoriscono il processo di esclusione o di emarginazione. Ciò è testimoniato ancora da Stesman, il quale, nel corso dei suoi studi, non ha rilevato alcuna differenza tra persone disabili e non, per cui è di fatto la società che “vuole” creare queste disuguaglianze!!!
Certo, la legge 104 tutela le persone disabili, offrendo loro gli stessi diritti e doveri delle persone non: essi sono considerati soggetti a pieno titolo, hanno diritto all’istruzione ed accesso ai servizi ad essi dedicati. Tuttavia, ciò non basta!!! È altrettanto fondamentale considerare il benessere non un semplice stato individuale, ma un’importante progetto da condividere con gli altri, e purtroppo nessuna legge potrà mai tutelare quest’aspetto!!! Ed è qui che assume assoluta importanza la pedagogia speciale, che cura il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi non solo della sua istruzione ma anche della sua educazione, migliorandone tanto lo standard di vita quanto il benessere soggettivo, tutelando difatti, come sostiene la Iavarone, la sua salita e il suo sviluppo non solo fisico ma soprattutto psico-sociale, perché in fondo la felicitas non è qualcosa da tener gelosamente stretta tra le mani, ma da assaporare e gustare con gli occhi, con le mani e con lo spirito di quanti più ti sono accanto.
mariana scamardella- Messaggi : 16
Data di iscrizione : 13.03.12
- Messaggio n°155
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Il raggiungimento della felicità è probabilmente l’obiettivo principale dell’uomo. Il denaro, il sesso, il potere, il successo sono considerati oggigiorno come obiettivi desiderabili da raggiungere ad ogni costo. Per raggiungerli siamo disposti a impiegare energie sovraumane sottoponendoci di solito a stress, angosce, invidie e gelosie. Le cronache ci presentano di frequente l’apparente paradosso di individui ricchi, gonfi di soddisfazioni materiali e però infelici. Ecco personalmente ritengo che il denaro e il successo sono obiettivi desiderabili ma che il loro raggiungimento non debba finire con l’imporci rinunce e sacrifici troppo grandi. Credo che l’uomo saggio debba distogliersi, almeno in parte, dalle felicità e dai piaceri troppo forti e concentrarsi invece su quelle piccole gioie, oggi trascurate, riempiono però l’animo di serenità e soddisfazione. Saggi e filosofi si interrogano da secoli sui modi in cui la felicità possa essere raggiunta, Ghedin li ha analizzati ponendoli in relazione tra di loro. Aristotele affermava che l’uomo poteva essere felice con la sua libertà, portando dunque al compimento l’intera vita distaccandosi dal piacere che si prova nell’attimo fuggente. Nettle definisce invece la felicità attraverso tre livelli. Il primo contrassegnato dal raggiungimento immediato di qualcosa desiderato, il secondo livello concerne dei giudizi sui piaceri e sui dolori della vita e la persona si rende conto di essere felice quando ha perseguito più azioni positive che quelle negative. L a felicità del terzo livello consiste nella realizzazione delle proprie potenzialità ovvero l’ideale del vivere bene che personalmente credo che sia un’utopia. La psicologia positiva si chiede cosa permette alle persone di essere felici, in questa prospettiva Selighan nel 2002 ha proposto diverse strade che portano alla felicità, le emozioni positive possono essere generate sia dal passato e sia dal fututo. Un altro tipo di felicità che propone Selighan si riferisce al ‘’ flusso’’ ovvero essere assorbiti in un’attività a tal punto da perdere la consapevolezza. Propone in seguito un’ altra teoria affermando che la buona vita si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù in attività da cui l’individuo trae piacere e di cui è appassionato. Anche Iavarone si interessa dello studio del benessere che sembra derivare dalle condizioni dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti. Il suo obiettivo è di individuare metodi per insegnare a stare bene portando benefici per le attuali ma anche per le future generazioni. Fondamentale in Iavarone è il riferimento educativo poiché ha importanti implicazioni per la vita stessa degli individui. L’agire educativo è cruciale per i disabili e come ho già ripetuto in precedenza, l’obiettivo prioritario è il raggiungimento dell’autostima attraverso la creazione di un ambiente formativo in cui gli educatori devono collaborare insieme ai disabili per un sviluppo positivo. In precedenza i bambini e gli adulti con disabilità erano accolti con i fini caritatevoli ma poi grazie a Seguin e la sua visione progressista furono attuati cambiamenti, tali bambini con disabilità erano soggetti che potevano essere educati e dovevano assumere il ruolo appropriato nella società. Anche Della Fave la pensava ugualmente perché sosteneva che le persone con disabilità è un individuo e in quanto tale deve essere visto come agente attivo di cambiamento e di sviluppo della comunità. Purtroppo però col tempo questi buoni propositi non furono conseguiti ma contemporaneamente si sono sviluppati servizi per il supporto familiare anche perché il processo di normalizzazione ed educazione dei disabili richiede un costante e cosciente intervento delle famiglie. Quest’ultime hanno un ruolo decisivo, basti pensare a Simona Atzori e Oscar Pistorius dove buona parte del loro merito risiede nell’approccio familiare, meglio dire nel talento genitoriale. Con tale supporto l’ Atzori e Pistorius hanno affrontato le cose con molta più energia morale e serenità. Spesso varie ricerche hanno dichiarato che le famiglie dei disabili tendono a subire un’alterazione degli equilibri funzionali al benessere, possono avvertire un forte senso di frustrazione sfociando in stress. Mullins ha condotto un analisi e ha messo in evidenzia la presenza di stress nelle famiglie che hanno componenti affetti da disabilità ma ha anche concluso che talvolta la disabilità dei loro figli ha aggiunto qualcosa alle loro vite rendendole più ricche di significato. La famiglia e il contesto istituzionale e sociale possono essere rappresentati come sistemi aperti in cui componenti interagendo, influenzano e sono influenzati. Ciò che importa è che ciascuno di noi , che sia anche diversamente abile realizzi se stesso, coltivi le proprie passioni e quei talenti che lo rendono un individuo unico e irrepetibile. E il compito di una società giusta è quello di creare le condizioni affinché ogni individuo abbia l’opportunità di conoscere e diventare se stesso. Vivendo in tal modo, forse, la felicità ci sorprenderà frequentemente, magari, dove meno ce la aspettiamo. Durerà giorni, o un attimo; talvolta se ne andrà, per poi ritornare inaspettata e gradita.
alessia maruzzella- Messaggi : 16
Data di iscrizione : 13.03.12
Età : 38
- Messaggio n°156
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Spesso mi capita anzi penso che capita un pò a tutti chiederci cosa è la felicità?
Il concetto di felicità lo troviamo in ogni cultura. Molte lingue distinguono la felicità come qualcosa di immediato, come la gioia o il piacere, oppure come qualcosa di più durevole come la soddisfazione e l’appagamento.
Bisogna fare attenzione al fatto che mentre può esserci molta gioia in uno stato di felicità, non si deve sempre gioiosi perché lo stato più duraturo si possa considerare uno stato felice. Analizzando la parola felicità, vediamo che la radice “FE” deriva dal prefisso indoeuropeo da cui deriva “fecundus”.
Essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto, la feicità è connessa a portare al compimento l’intera vita, intese nel senso d’azione e attività. Usi del termine felicità possono essere classificati in uno dei tre sensi che ne comprendono un numero crescente. Il senso più immediato e diretto di felicità, implica un Spesso mi capita anzi penso che capita un po’ a tutti di porci una domanda: Cos’è la felicità?
emozione o sensazione, qualcosa come gioia o piacere la sensazione viene provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato. Nettle afferma che questo tipo di felicità appartiene al primo livello, quando le persone affermano di essere felici della loro vita, non intendono dire che sono piene di gioia , intendono dire che dopo aver riflettuto sui piaceri e dolori, tra emozioni positive e negative della loro vita hanno percepito che hanno vissuto, percepito più emozioni positive. Questo tipo di felicità e studiata di solito dai psicologi. I sinonimi di felicità sono appagamento e soddisfazione. Questa viene definita felicità di secondo livello. Esiste poi un senso di felicità più ampio, l’ideale Aristotelico del vivere bene,l’eudaimonia, viene spesso tradotta con la felicità. Con il termine eudaimonia si intende una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità . questo tipo di felicità rappresenta la felicità di terzo livello.
La felicità di primo livello è misurata in modo oggettivo, ciò che le persone riferiscono sulla loro felicità e indiscutibile, se dicono di provare gioia dobbiamo ritenerlo vero e possiamo registrare le risposte come un dato di fatto. La stessa cosa è vera in misura inferiore come la felicità di secondo livello. La felicità di terzo livello non si può misurare altrettanto facilmente, per valutarla implica esprimere un giudizio su cosa sia vivere bene e in che modo si realizzi nella propria vita. Carol Ryff psicologa ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità di secondo livello.
Nettle dice che quando le persono parlano di felicità intendono uno stato che comporta sensazioni positive. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato la promozione della salute come l’obiettivo principale della medicina, e ha definito la salute come una condizione di en-essere fisico. Psicologico e sociale.
Spesso i termini felicità e ben-essere soggettivo sono stati usati in modo intercambiabile con il secondo che rappresenta il termine più scientifico dei due.
Il ben-essere soggettivo include:1)una componente affettiva che è a sua volta suddivisa nella presenza individuale, la felicità, la perseveranza, e l’autodeterminazione sono fattori che contribuiscono al ben-essere.
Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità, in modo differenti. Una persona può provare felicità basata in modo predominante su emozioni positive che Seligman chiama la vita piacevole. Esiste poi una forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati o assorbiti e nel “flusso”, il concetto di flusso comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che esattamente mettono alla prova le nostre abilità,riceviamo feedback, abbiamo senso del controllo, emozioni limitate e perdiamo traccia del tempo. Il flusso è contrassegnato da una mancanza di emozioni positive, le persone sono cosi assorbiti nell’attività che perdono la consapevolezza, anche dopo l’azione essi possono crogiolarsi in affetti positivi come orgoglio,contentezza, rilassamento.
Ritornando a parlare del ben-essere esso considera la soddisfazione delle proprie esigenze e anche il conseguimento di funzionamenti che variano anche considerando la cultura di riferimento.
Il fatto che il ben-essere sia concepito come un concetto soggettivo, confuso e vago ha fatto si che la psicologia, in quanto scienza trascurasse la sua analisi per molti anni. Nettle afferma che se le persone passano molto tempo a riflettere sulla nozione di ben-essere e di felicità, allora è un buon motivo per studiarla. Le idee di ben-essere e la sua ricerca sono parte della storia naturale degli esseri umani e pertanto meritano una giusta attenzione scientifica.
Il ben-essere si sostanzia di diverse componenti: fisiche e psichiche e sociali, emozionali, psicologiche. Il ben-essere segue più direzioni e la sua partecipazione, da parte del soggetto, cambia sia in senso verticale, nei diversi tempi della vita, sia in senso orizzontale, nei suoi diversi luoghi, il ben-essere possiede più dimensioni in quanto il desiderio di ben-essere si trasforma sia sincronicamente, in concomitanta con un episodio particolare in un determinato momento dell’ esistenza di un individuo, sia dia cronicamente se il processo di tensione al ben-essere lo dsi riconduce a una fase o a un intervallo di tempo più lungo della vita di un soggetto.
Il ben-essere quindi scaturisce dalla risultate dell’integrazione tra i sistemi biologici, psichico, sociale, esso dipende non solo dal concetto funzionamento di organi e di apparati vitali ,ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti. L’obiettivo dello studio è quello di individuare dei metodi che possono rendere in grado gli individui di aumentare il loro livello di ben-essere.
Per quanto riguarda ben-essere disabili inizialmente la preoccupazione di chi si occupava di disabilità non era certo quello di promuovere il ben-essere delle persone disabili. Non molto tempo fa i bambini e gli adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli.
Ghedin parla di benessere disabile spiegando che inizialmente la preoccupazione maggiore per chi si occupavano di disabilità non era certo promuovere il ben-essere delle persone disabili.
Seguin invece, promosse la visione progressista per la quale i bambini con disabilità andrebbero appropriatamente educati affinché potessero assumere il loro giusto ruolo nella società. Per promuovere il benessere delle persone disabili si sono sviluppati servizi di educazione speciale e di supporto alle famiglie, e programmi basati sulla comunità che mirano a far incontrare i bisogni matericondividere con gli altri. Come dice Iavarone: questo perché non si parla di benessere fisico o economico, ma benessere come stato variamente complesso perché multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale.
Sono vari i filoni di ricerca che hanno contribuito a indagare le dimensioni di felicità e benessere nella disabilità, con l’obiettivo di promuovere capacità di condurre una “buona vita”, vivere vite stimolanti e soddisfacenti e coltivare ciò che è meglio per se stessi. Di recente degli studi hanno analizzato la soddisfazione provata dai disabili rispetto alle condizioni esterne di vita, a dove uno vive, o al lavoro e gli amici. Si è giunti alla costatazione che migliorando gli indici oggettivi o esterni della qualità della vita può non necessariamente condurre ad uno stato durevole di felicità nelle persone con disabilità. Un ulteriore ricerca si è focalizzata sui modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi. Queste analisi necessitano di essere condotte insieme all’indagine sul benessere della persona con ritardo mentale, a come essi possono provare sentimenti di speranza, gratitudine, felicità.
WIKIPEDIA
La felicità è lo stato d'animo (emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desidLa nozione di felicità, intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di rilievo nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche (dal greco eudaimonìa) solitamente tradotto come "felicità".
WIKIPEDIA
Il benessere (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano.
Il concetto di benessere nel corso degli anni ha subito numerose modifiche e ampliamenti, che hanno condotto ad una visione del termine più ampia e completa, non più incentrata sull’idea di assenza di patologie, ma come uno stato complessivo di buona salute fisica, psichica e mentale. Questa visione è punto cardine di molte discipline e correnti di pensiero filosofico, occidentali e orientali, con recenti conferme in campo medico- scientifico. Comunemente il benessere viene percepito come una condizione di armonia tra uomo e ambiente, risultato di un processo di adattamento a molteplici fattori che incidono sullo stile di vita.
Anche nel rapporto della Commissione Salute dell'Osservatorio europeo su sistemi e politiche per la salute(a cui partecipa il distaccamento europeo dell'OMS) è stata proposta definizione di benessere come "lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società". Come si legge nel Rapporto, tutti e cinque gli aspetti sono importanti, ma ancora più importante è che questi siano tra loro equilibrati per consentire agli individui di migliorare il loro benessere.
Il concetto di benessere è una nozione in costante evoluzione: seguendo la piramide di Maslow, col passare del tempo la realizzazione dei bisogni fondamentali e di alcuni desideri considerati un tempo difficilmente raggiungibili porta alla nascita di altri bisogni e desideri.
Il concetto di felicità lo troviamo in ogni cultura. Molte lingue distinguono la felicità come qualcosa di immediato, come la gioia o il piacere, oppure come qualcosa di più durevole come la soddisfazione e l’appagamento.
Bisogna fare attenzione al fatto che mentre può esserci molta gioia in uno stato di felicità, non si deve sempre gioiosi perché lo stato più duraturo si possa considerare uno stato felice. Analizzando la parola felicità, vediamo che la radice “FE” deriva dal prefisso indoeuropeo da cui deriva “fecundus”.
Essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto, la feicità è connessa a portare al compimento l’intera vita, intese nel senso d’azione e attività. Usi del termine felicità possono essere classificati in uno dei tre sensi che ne comprendono un numero crescente. Il senso più immediato e diretto di felicità, implica un Spesso mi capita anzi penso che capita un po’ a tutti di porci una domanda: Cos’è la felicità?
emozione o sensazione, qualcosa come gioia o piacere la sensazione viene provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato. Nettle afferma che questo tipo di felicità appartiene al primo livello, quando le persone affermano di essere felici della loro vita, non intendono dire che sono piene di gioia , intendono dire che dopo aver riflettuto sui piaceri e dolori, tra emozioni positive e negative della loro vita hanno percepito che hanno vissuto, percepito più emozioni positive. Questo tipo di felicità e studiata di solito dai psicologi. I sinonimi di felicità sono appagamento e soddisfazione. Questa viene definita felicità di secondo livello. Esiste poi un senso di felicità più ampio, l’ideale Aristotelico del vivere bene,l’eudaimonia, viene spesso tradotta con la felicità. Con il termine eudaimonia si intende una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità . questo tipo di felicità rappresenta la felicità di terzo livello.
La felicità di primo livello è misurata in modo oggettivo, ciò che le persone riferiscono sulla loro felicità e indiscutibile, se dicono di provare gioia dobbiamo ritenerlo vero e possiamo registrare le risposte come un dato di fatto. La stessa cosa è vera in misura inferiore come la felicità di secondo livello. La felicità di terzo livello non si può misurare altrettanto facilmente, per valutarla implica esprimere un giudizio su cosa sia vivere bene e in che modo si realizzi nella propria vita. Carol Ryff psicologa ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità di secondo livello.
Nettle dice che quando le persono parlano di felicità intendono uno stato che comporta sensazioni positive. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato la promozione della salute come l’obiettivo principale della medicina, e ha definito la salute come una condizione di en-essere fisico. Psicologico e sociale.
Spesso i termini felicità e ben-essere soggettivo sono stati usati in modo intercambiabile con il secondo che rappresenta il termine più scientifico dei due.
Il ben-essere soggettivo include:1)una componente affettiva che è a sua volta suddivisa nella presenza individuale, la felicità, la perseveranza, e l’autodeterminazione sono fattori che contribuiscono al ben-essere.
Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità, in modo differenti. Una persona può provare felicità basata in modo predominante su emozioni positive che Seligman chiama la vita piacevole. Esiste poi una forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati o assorbiti e nel “flusso”, il concetto di flusso comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che esattamente mettono alla prova le nostre abilità,riceviamo feedback, abbiamo senso del controllo, emozioni limitate e perdiamo traccia del tempo. Il flusso è contrassegnato da una mancanza di emozioni positive, le persone sono cosi assorbiti nell’attività che perdono la consapevolezza, anche dopo l’azione essi possono crogiolarsi in affetti positivi come orgoglio,contentezza, rilassamento.
Ritornando a parlare del ben-essere esso considera la soddisfazione delle proprie esigenze e anche il conseguimento di funzionamenti che variano anche considerando la cultura di riferimento.
Il fatto che il ben-essere sia concepito come un concetto soggettivo, confuso e vago ha fatto si che la psicologia, in quanto scienza trascurasse la sua analisi per molti anni. Nettle afferma che se le persone passano molto tempo a riflettere sulla nozione di ben-essere e di felicità, allora è un buon motivo per studiarla. Le idee di ben-essere e la sua ricerca sono parte della storia naturale degli esseri umani e pertanto meritano una giusta attenzione scientifica.
Il ben-essere si sostanzia di diverse componenti: fisiche e psichiche e sociali, emozionali, psicologiche. Il ben-essere segue più direzioni e la sua partecipazione, da parte del soggetto, cambia sia in senso verticale, nei diversi tempi della vita, sia in senso orizzontale, nei suoi diversi luoghi, il ben-essere possiede più dimensioni in quanto il desiderio di ben-essere si trasforma sia sincronicamente, in concomitanta con un episodio particolare in un determinato momento dell’ esistenza di un individuo, sia dia cronicamente se il processo di tensione al ben-essere lo dsi riconduce a una fase o a un intervallo di tempo più lungo della vita di un soggetto.
Il ben-essere quindi scaturisce dalla risultate dell’integrazione tra i sistemi biologici, psichico, sociale, esso dipende non solo dal concetto funzionamento di organi e di apparati vitali ,ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti. L’obiettivo dello studio è quello di individuare dei metodi che possono rendere in grado gli individui di aumentare il loro livello di ben-essere.
Per quanto riguarda ben-essere disabili inizialmente la preoccupazione di chi si occupava di disabilità non era certo quello di promuovere il ben-essere delle persone disabili. Non molto tempo fa i bambini e gli adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli.
Ghedin parla di benessere disabile spiegando che inizialmente la preoccupazione maggiore per chi si occupavano di disabilità non era certo promuovere il ben-essere delle persone disabili.
Seguin invece, promosse la visione progressista per la quale i bambini con disabilità andrebbero appropriatamente educati affinché potessero assumere il loro giusto ruolo nella società. Per promuovere il benessere delle persone disabili si sono sviluppati servizi di educazione speciale e di supporto alle famiglie, e programmi basati sulla comunità che mirano a far incontrare i bisogni matericondividere con gli altri. Come dice Iavarone: questo perché non si parla di benessere fisico o economico, ma benessere come stato variamente complesso perché multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale.
Sono vari i filoni di ricerca che hanno contribuito a indagare le dimensioni di felicità e benessere nella disabilità, con l’obiettivo di promuovere capacità di condurre una “buona vita”, vivere vite stimolanti e soddisfacenti e coltivare ciò che è meglio per se stessi. Di recente degli studi hanno analizzato la soddisfazione provata dai disabili rispetto alle condizioni esterne di vita, a dove uno vive, o al lavoro e gli amici. Si è giunti alla costatazione che migliorando gli indici oggettivi o esterni della qualità della vita può non necessariamente condurre ad uno stato durevole di felicità nelle persone con disabilità. Un ulteriore ricerca si è focalizzata sui modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi. Queste analisi necessitano di essere condotte insieme all’indagine sul benessere della persona con ritardo mentale, a come essi possono provare sentimenti di speranza, gratitudine, felicità.
WIKIPEDIA
La felicità è lo stato d'animo (emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desidLa nozione di felicità, intesa come condizione (più o meno stabile) di soddisfazione totale, occupa un posto di rilievo nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche (dal greco eudaimonìa) solitamente tradotto come "felicità".
WIKIPEDIA
Il benessere (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano.
Il concetto di benessere nel corso degli anni ha subito numerose modifiche e ampliamenti, che hanno condotto ad una visione del termine più ampia e completa, non più incentrata sull’idea di assenza di patologie, ma come uno stato complessivo di buona salute fisica, psichica e mentale. Questa visione è punto cardine di molte discipline e correnti di pensiero filosofico, occidentali e orientali, con recenti conferme in campo medico- scientifico. Comunemente il benessere viene percepito come una condizione di armonia tra uomo e ambiente, risultato di un processo di adattamento a molteplici fattori che incidono sullo stile di vita.
Anche nel rapporto della Commissione Salute dell'Osservatorio europeo su sistemi e politiche per la salute(a cui partecipa il distaccamento europeo dell'OMS) è stata proposta definizione di benessere come "lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società". Come si legge nel Rapporto, tutti e cinque gli aspetti sono importanti, ma ancora più importante è che questi siano tra loro equilibrati per consentire agli individui di migliorare il loro benessere.
Il concetto di benessere è una nozione in costante evoluzione: seguendo la piramide di Maslow, col passare del tempo la realizzazione dei bisogni fondamentali e di alcuni desideri considerati un tempo difficilmente raggiungibili porta alla nascita di altri bisogni e desideri.
elena capasso- Messaggi : 15
Data di iscrizione : 13.03.12
- Messaggio n°157
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Tutti andiamo alla ricerca della felicità:ma che cos’è davvero la felicità?Lo studio del concetto di felicità è avvenuto da parte delle scienze sociali solo recentemente.Alcuni studiosi ritengono che studiare e approfondire la conoscenza delle emozioni positive sia un obiettivo superficiale rispetto alla necessità di comprendere la sofferenza umana e che esiste un ordine di importanza relativamente alle questioni che gli psicologi dovrebbero affrontare.Il concetto di FELICITA' compare in ogni cultura e si divide tra qualcosa di estremamente immediato,come la gioia o il piacere,e qualcosa di piu durevole come la soddisfazione o l'appagamento EUDAIMONIA originariamente deriva da "BUON DEMONE" ,la felicità era avere un buon demone,una buona sorte,quindi era strettamente legata alla fortuna e questo significato originario,caratteristico del mondo pre-socratico ,è mantenuto ancora oggi. Successivamente con Platone e Aristotele si inizia ad affermare che l'uomo PUO DIVENTARE FELICE anche contro la sorte,con le sue scelte.
Quando le persone dicono di essere felici della loro vita,di solito non intendono dire che sono piene di gioia o che provano piacere per tutto il tempo,ma intendono dire che,dopo aver fatto un bilancio tra piaceri e dolori,percepiscono che hanno avuto piu piaceri e emozioni positive che negative e quindi sono SODDISFATTE.
Riprendendo la TEORIA EUDAMONICA la felicità è l'attualizzazione del potenziale dell'individuo e del perseguimento del proprio vero sè;Quindi la felicità non è la conseguenza del piacere ma dello sviluppo delle virtù individuali.La nostra società ricca offre tanti piaceri che velocemente diventano effimeri;Infatti quando otteniamo cio che vogliamo,non siamo piu felici.Il BEN-ESSERE non dipende solo dal corretto funzionamento di organi,apparati vitali, ma dalla condizione dell'ambiente e dalla qualità dei contesti,infatti numerosi sono i ricercatori nel campo della psicologia positiva che ritengono che l'indice nazionale di ben-essere non dovrebbe essere considerato solo ed esclusivamente riferito alla quantità dei beni e risorse materiali che il paese possiede,ma in riferimento al ben-essere psicologico e sociale dei suoi cittadini.Non sono importanti solo le risorse che un paese possiede,ma soprattutto il contesto relazionale in cui le persone vivono,che rapporti intessono tra loro,la partecipazione alla vita sociale.
Seguin voleva che i bambini con disabilità potessero essere educati adeguatamente cosi da assumere il loro giusto ruolo nella società.Il suo modello di scuola si diffuse rapidamente ma col passare del tempo cambiarono il loro obiettivo:le scuole divennero meno educative e piu affidatarie:invece di reinserire gli studenti con disabilità nella società,li allontanavano da questa che non li accettava;inoltre le scuole erano isolate e questo causò l’isolamento e l’abbandono. Col passare del tempo c’è stata l’inclusione sociale e la chiusura delle istituzioni.In questa direzione si cerca di promuovere il benessere delle persone con disabilità puntando sulla loro forza,anziché sulla loro debolezza .L’obiettivo non è quello di far si che queste persone siano in grado di mangiare,vestirsi,lavarsi,ma e soprattutto,possano attingere alle loro capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere.Devono poter condurre una “BUONA VITA”,vivere vite stimolanti e soddisfacenti e coltivare ciò che è meglio per se stessi.Il benessere per i disabili significa poter raggiungere una loro autonomia,risultato raggiungibile grazie alle case domotiche che fanno si che queste persone possano aprire,chiudere la porta,le finestre tramite un semplice comando vocale.L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita e che questa debba essere migliorata.In Italia è stata approvata la legge 104 per offrire loro gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone normodotate.I governi facilitano l’accesso al mercato del lavoro,all’educazione,e ai trasporti per stimolare la partecipazione sociale anche se oggi assistiamo a numerosi casi di falsi invalidi che secondo il mio parere dovrebbero solo vergognarsi sia per il fatto che truffano lo stato sia perché deridono anche le persone che veramente hanno seri impedimenti fisici.L’obiettivo politico è quello di normalizzare le vite delle persone con disabilità.Secondo Iavarone la pedagogia,in particolare la pedagogia sociale,ha a cuore il ben-essere e la qualità di vita del soggetto e tutela il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psico-sociale.Vorrei concludere con una frase di Luciano de crescenzo :”alcuni temono che la felicità sia un bene molto lontano,quasi irraggiungibile,motivo per cui corrono a piu non posso nella speranza di avvicinarla,senza mai rendersi conto che piu corrono e piu se ne allontanano
Quando le persone dicono di essere felici della loro vita,di solito non intendono dire che sono piene di gioia o che provano piacere per tutto il tempo,ma intendono dire che,dopo aver fatto un bilancio tra piaceri e dolori,percepiscono che hanno avuto piu piaceri e emozioni positive che negative e quindi sono SODDISFATTE.
Riprendendo la TEORIA EUDAMONICA la felicità è l'attualizzazione del potenziale dell'individuo e del perseguimento del proprio vero sè;Quindi la felicità non è la conseguenza del piacere ma dello sviluppo delle virtù individuali.La nostra società ricca offre tanti piaceri che velocemente diventano effimeri;Infatti quando otteniamo cio che vogliamo,non siamo piu felici.Il BEN-ESSERE non dipende solo dal corretto funzionamento di organi,apparati vitali, ma dalla condizione dell'ambiente e dalla qualità dei contesti,infatti numerosi sono i ricercatori nel campo della psicologia positiva che ritengono che l'indice nazionale di ben-essere non dovrebbe essere considerato solo ed esclusivamente riferito alla quantità dei beni e risorse materiali che il paese possiede,ma in riferimento al ben-essere psicologico e sociale dei suoi cittadini.Non sono importanti solo le risorse che un paese possiede,ma soprattutto il contesto relazionale in cui le persone vivono,che rapporti intessono tra loro,la partecipazione alla vita sociale.
Seguin voleva che i bambini con disabilità potessero essere educati adeguatamente cosi da assumere il loro giusto ruolo nella società.Il suo modello di scuola si diffuse rapidamente ma col passare del tempo cambiarono il loro obiettivo:le scuole divennero meno educative e piu affidatarie:invece di reinserire gli studenti con disabilità nella società,li allontanavano da questa che non li accettava;inoltre le scuole erano isolate e questo causò l’isolamento e l’abbandono. Col passare del tempo c’è stata l’inclusione sociale e la chiusura delle istituzioni.In questa direzione si cerca di promuovere il benessere delle persone con disabilità puntando sulla loro forza,anziché sulla loro debolezza .L’obiettivo non è quello di far si che queste persone siano in grado di mangiare,vestirsi,lavarsi,ma e soprattutto,possano attingere alle loro capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere.Devono poter condurre una “BUONA VITA”,vivere vite stimolanti e soddisfacenti e coltivare ciò che è meglio per se stessi.Il benessere per i disabili significa poter raggiungere una loro autonomia,risultato raggiungibile grazie alle case domotiche che fanno si che queste persone possano aprire,chiudere la porta,le finestre tramite un semplice comando vocale.L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita e che questa debba essere migliorata.In Italia è stata approvata la legge 104 per offrire loro gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone normodotate.I governi facilitano l’accesso al mercato del lavoro,all’educazione,e ai trasporti per stimolare la partecipazione sociale anche se oggi assistiamo a numerosi casi di falsi invalidi che secondo il mio parere dovrebbero solo vergognarsi sia per il fatto che truffano lo stato sia perché deridono anche le persone che veramente hanno seri impedimenti fisici.L’obiettivo politico è quello di normalizzare le vite delle persone con disabilità.Secondo Iavarone la pedagogia,in particolare la pedagogia sociale,ha a cuore il ben-essere e la qualità di vita del soggetto e tutela il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psico-sociale.Vorrei concludere con una frase di Luciano de crescenzo :”alcuni temono che la felicità sia un bene molto lontano,quasi irraggiungibile,motivo per cui corrono a piu non posso nella speranza di avvicinarla,senza mai rendersi conto che piu corrono e piu se ne allontanano
Luisa Masturzi- Messaggi : 14
Data di iscrizione : 13.03.12
- Messaggio n°158
Ben-essere nella disabilità...
La felicità è stata per centinaia di anni al centro dei dibattiti filosofici, religiosi ed educativi. Nelle culture contemporanee le persone stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici. Ma tuttavia le scienze sociali solo da poco hanno cominciato a studiare sistematicamente il concetto di felicità. Quest’ultimo compare in ogni cultura. C’è chi la considera come una gioia o un piacere immediato, come un qualcosa di più durevole e significativo, c’è chi la paragona alla fortuna o al caso, ecc…
Gioia e piacere sono sensazioni transitorie , la sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato, Nettle definisce questo senso di felicità di “primo livello”.Quando le persone affermano di essere felici della loro vita, non vogliono dire che sono piene di gioia e provano piacere per tutto il tempo, ma vogliono dire che avendo riflettuto sul bilancio tra piaceri o emozioni positive e negative, hanno sperimentato più emozioni positive che negative. Questa è la felicità di “secondo livello”. L’ideale aristotelico del vivere bene , l’eudaimonia, è inteso come una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità. Questa è la felicità di “terzo livello”.
La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano abbraccia elementi molto più ampi della semplice felicità di secondo livello. Questi elementi sono: crescita personale, autostima , padronanza dell ambiente. A livello individuale, le caratteristiche positive personali come il ben-essere soggettivo, l’ottimismo, la felicità, la perseveranza e l’ autodeterminazione sono fattori che contribuiscono al ben-essere. A livello contestuale, il supporto sociale, il senso di appartenenza, armonia con il proprio ambiente di vita sono i principali fattori esterni che contribuiscono al ben-essere.
Seligman definisce “vita piacevole” quando una persona prova felicità basata in modo predominante su emozioni positive. Peterson e Seligman hanno condotto una rassegna di religioni, culture e filosofie per proporre una serie di sei virtù e 24 forze. Queste sono: giudizio e conoscenza (curiosità, amore per l’apprendimento ,giudizio,ingenuità,intelligenza sociale, prospettiva)coraggio (integrità, valore , perseveranza)umanità (gentilezza, amare ed essere amato)giustizia(cittadinanza, equità, leadership) temperanza (auto-regolazione,prudenza, umiltà) trascendenza( gratitudine, apprezzamento della bellezza, speranza,spiritualità.
L’ obiettivo prioritario nel campo dell’educazione è quello di favorire l’adozione di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria felicità. La Delle Fave afferma che è fondamentale, considerare che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale per tutti i membri della comunità e soprattutto per i cosiddetti gruppi svantaggiati: persone con disabilità, anziani, persone in condizioni di disagio psicosociale, immigrati e minoranze. Seguin un medico francese guidò la prima scuola per bambini disabili. Successivamente si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie e programmi basati sulla comunità che mirano a incontrare i bisogni materiali degli adulti.Questi programmi si avvicinano al concetto di autodeterminazione , che mira a rendere in grado le persone con disabilità di compiere scelte personali per la loro vita. Oggi la ricerca si sta spostando anche sull’analisi del concetto di ben-essere e felicità per le persone con vari tipi di disabilità con l’obiettivo di promuovere capacità di condurre una “buona vita”.
L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita e quindi esiste consenso generale che la loro vita debba essere in qualche modo migliorata e molti paesi hanno adottato questa visione attraverso politiche ufficial. Nel Regno Unito è stato emanato il Disability Discrimination Act e in Italia la legge 104/92 per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili. L’obiettivo politico è quello di normalizzare le vite delle persone con disabilità.
Il prof Iavarone afferma che la pedagogia, in particolare la pedagogia speciale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione della sua educazione ,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
C’è una frase che a me piace particolarmente,tra le tante che riguardano la felicità, dice “ La felicità non è uno stato a cui arrivare, ma un modo di viaggiare… e io spero che le persone disabili grazie alla loro forza di volontà e grazie anche all’aiuto di educatori, possono viaggiare serenamente e godere di ogni passo del loro cammino di vita con gioia e ….felicità….
Gioia e piacere sono sensazioni transitorie , la sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato, Nettle definisce questo senso di felicità di “primo livello”.Quando le persone affermano di essere felici della loro vita, non vogliono dire che sono piene di gioia e provano piacere per tutto il tempo, ma vogliono dire che avendo riflettuto sul bilancio tra piaceri o emozioni positive e negative, hanno sperimentato più emozioni positive che negative. Questa è la felicità di “secondo livello”. L’ideale aristotelico del vivere bene , l’eudaimonia, è inteso come una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità. Questa è la felicità di “terzo livello”.
La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano abbraccia elementi molto più ampi della semplice felicità di secondo livello. Questi elementi sono: crescita personale, autostima , padronanza dell ambiente. A livello individuale, le caratteristiche positive personali come il ben-essere soggettivo, l’ottimismo, la felicità, la perseveranza e l’ autodeterminazione sono fattori che contribuiscono al ben-essere. A livello contestuale, il supporto sociale, il senso di appartenenza, armonia con il proprio ambiente di vita sono i principali fattori esterni che contribuiscono al ben-essere.
Seligman definisce “vita piacevole” quando una persona prova felicità basata in modo predominante su emozioni positive. Peterson e Seligman hanno condotto una rassegna di religioni, culture e filosofie per proporre una serie di sei virtù e 24 forze. Queste sono: giudizio e conoscenza (curiosità, amore per l’apprendimento ,giudizio,ingenuità,intelligenza sociale, prospettiva)coraggio (integrità, valore , perseveranza)umanità (gentilezza, amare ed essere amato)giustizia(cittadinanza, equità, leadership) temperanza (auto-regolazione,prudenza, umiltà) trascendenza( gratitudine, apprezzamento della bellezza, speranza,spiritualità.
L’ obiettivo prioritario nel campo dell’educazione è quello di favorire l’adozione di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria felicità. La Delle Fave afferma che è fondamentale, considerare che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale per tutti i membri della comunità e soprattutto per i cosiddetti gruppi svantaggiati: persone con disabilità, anziani, persone in condizioni di disagio psicosociale, immigrati e minoranze. Seguin un medico francese guidò la prima scuola per bambini disabili. Successivamente si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie e programmi basati sulla comunità che mirano a incontrare i bisogni materiali degli adulti.Questi programmi si avvicinano al concetto di autodeterminazione , che mira a rendere in grado le persone con disabilità di compiere scelte personali per la loro vita. Oggi la ricerca si sta spostando anche sull’analisi del concetto di ben-essere e felicità per le persone con vari tipi di disabilità con l’obiettivo di promuovere capacità di condurre una “buona vita”.
L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita e quindi esiste consenso generale che la loro vita debba essere in qualche modo migliorata e molti paesi hanno adottato questa visione attraverso politiche ufficial. Nel Regno Unito è stato emanato il Disability Discrimination Act e in Italia la legge 104/92 per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili. L’obiettivo politico è quello di normalizzare le vite delle persone con disabilità.
Il prof Iavarone afferma che la pedagogia, in particolare la pedagogia speciale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione della sua educazione ,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
C’è una frase che a me piace particolarmente,tra le tante che riguardano la felicità, dice “ La felicità non è uno stato a cui arrivare, ma un modo di viaggiare… e io spero che le persone disabili grazie alla loro forza di volontà e grazie anche all’aiuto di educatori, possono viaggiare serenamente e godere di ogni passo del loro cammino di vita con gioia e ….felicità….
Anna Carmela Capasso- Messaggi : 17
Data di iscrizione : 12.03.12
- Messaggio n°159
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Un giorno a scuola una maestra chiese ad un bimbo cosa volesse fare da grande e il bambino rispose:”voglio essere felice”,la maestra subito lo riprese dicendo che non aveva capito il compito e il bambino sorridendo disse che lei non aveva capito la vita….!!!
Beh anche da questa brevissima storia è evidente che la felicità è l’ obiettivo che ogni persona vuole raggiungere nella sua vita,tutti almeno una volta hanno cercato di essere felici o realmente lo sono stati magari guardando il sorriso di un bambino,in una chiacchierata tra amiche,in una bella risata liberatoria. Ma scientificamente la felicità è l’insieme di tutte quelle sensazioni ed emozioni che fanno star bene e appagano l’uomo, in una parola è quello stato emotivo di benessere che tutti chiamano felicità . Il concetto di felicità è stato studiato dalla psicologia positiva per la prima volta scientificamente,infatti precedente mente la felicità era attribuita a qualcosa di esterno come la fortuna o la sorte,solo quando si è compreso che l’uomo può essere felice grazie alle sue capacità e alle sue forze si è cercato di capire cos’è la felicità e come si può essere felice. Bisogna innanzitutto dire che la felicità non è uno stato d’animo di un momento ma è la piena realizzazione della propria esistenza è il fine ultimo della vita. Molti sono gli studiosi che si sono occupati di ciò ad esempio Maslow il quale sostiene che per raggiungere il grado di felicità è necessario prima soddisfare i bisogni più bassi come ad esempio i bisogni primari,per poi arrivare a quelli più alti. Nettle invece individua tre stadi della felicità:
1.il primo livello: si ha dal raggiungimento inaspettato di un traguardo atteso ed è anche misurabile oggettivamente perché se una persona dice di essere felice sarà sicuramente cosi;
2.il secondo livello: nasce dal bilancio tra momenti positivi e negativi,questa felicità è più difficile da valutare;
3.terzo livello: si ha quando un uomo riesce a realizzare le proprie aspirazione di vita,questa felicità è più difficile da misurare poiché nessuno può stabile come è giusto o meno vivere.
Numerosi sono anche gli studiosi che hanno cercato di capire quale fosse la strada che porta alla felicità tra cui Seligman il quale sostiene che per essere felice bisogna avere sentimenti positivi riguardo al passato e sentimenti come l’ottimismo e la speranza per il futuro,bisogna impiegare le proprie forze per qualcosa di costruttivo cioè bisogna trovare uno scopo alla propria vita. La cosa fondamentale che viene fuori dall’analisi di queste teorie della psicologia positiva è che la felicità dipende esclusivamente da noi,dalle nostre forze,dal nostro impegno,dalla tenacia , sono questi i messaggi che noi che ci occupiamo di educazione dovremmo attuare in campo pedagogico dovremmo dimostrare che con le proprie forze si può arrivare ovunque l’importante è mettercela davvero tutta,di perseverare senza mollare mai la presa, bisogna aiutare a cercare gli strumenti per capire il mondo e per porsi in modo giusto per affrontarlo. A proposito di ciò Ghedin sostiene che ogni persona poiché è un essere complesso e sociale, quindi ogni giorno prende nuove informazione dal mondo esterno ed è proprio questo che Canevaro definisce come benessere: la capacità di adattarsi all’ambiente e riuscire a soddisfare le proprie esigenze fisiche,psicologiche,sociali e emozionali,fattori che variano da persona a persona e da cultura a cultura. Purtroppo sempre di più nella nostra società, benessere vuol dire soddisfare le proprie esigenze materiali,vuol dire desiderare cose futili che una volta ottenute diventano inutili,senza dar peso a cose di maggiore valore e che danno anche maggiore benessere come il fattore sociale,emotivo e psicologico. Bisogna inoltre considerare che per molte persone con disabilità parlare di parole come benessere e felicità sono un optional infatti fino a qualche secolo fa per le persone che si occupavano di disabilità la priorità più importante era accudire le persone con disabilità fu solo grazie a Seguin,il quale affermò che i bambini con disabilità dovevano essere educate,da quel momento in poi le scuole divennero educative e non solo come un luogo dove queste persone dovevano essere accudite,iniziarono a nascere politiche integrative prima e inclusive poi. Sono nate politiche che mirano al benessere per l’individuo con disabiltà, alla sua dignità e alla soddisfazione del quotidiano, attraverso la creazione di situazioni il più possibile assimilabili a quelle in cui vivono le “persone normodotate”. Ciò non vuol dire solo fare in modo che sappiano vestirsi o mangiare autonomamente,ma vuol dire dargli gli strumenti per essere in gradi di scegliere la loro vita autonomamente,poiché come afferma Iavarone benessere non vuol dire solo fisico ma comprende molti più ambiti poiché è multicomponenzile,multidirezionale e multidimensionale. Aiutare persone con disabilità è il minimo che può fare una società che si dice acculturata. Provare sensazione di felicità e benessere soprattutto per persone che hanno un ritardo mentale è molto difficile poiché hanno bassa motivazione,si affidano agli altri e hanno frequenti cambiamenti d’umore. Anche per le famiglie che vivono quest’esperienza all’inizio non è facile poiché ogni persona che attende un figlio immagina un bimbo che sia sano quando ciò non avviene si può avere un vero e proprio shock poiché non si è pronti,però poi con il passare del tempo molti genitori che hanno avuto figli con disabilità affermano che quest’esperienza li ha arricchiti. I genitori finiscono per essere il punto di riferimento per il bambino stesso. La disabilità può non essere un ostacolo, anzi può diventare un modo diverso, più sensibile e profondo di vedere il mondo. Come ci insegnano persone come l’Atzori e Pistorius. Simona è una giovane donna a cui nonostante mancano entrambe le braccia non ha mai osato piangersi addosso, anzi sostiene che la vita non gli ha tolto ma gli ha dato e anche lei continua a dare attraverso la danza e la pittura trasformando i suoi piedi in splendide ali e in uno strumento x dipingere e mostrare a tutti noi il suo mondo a colori,Simona attraverso la sua storia ci insegna che “i limiti sono negli occhi di chi ci guarda” e quindi solo se riusciamo a vivere senza limiti riusciamo a vivere come Simona in un mondo pieno di musica e colori. Pistorius è un famoso atleta,il quale a pochi mesi di vita a causa di un problema di salute agli arti inferiori,le gambe gli furono amputate. Il giovane atleta sembrava destinato a non poter più camminare,ma grazie a delle protesi non solo riesce a camminare ma anche a correre diventando un campione alla paraolimpiadi,ma quando chiese di partecipare alle olimpiadi dei normodotati ci fu un rifiuto perché la commissione ritenne che c’era un certo vantaggio rispetto agli altri,decisione che venne poi ritirata e Pistorius riuscì a partecipare alle olimpiadi di Pechino del 2008. Ma nel nostro percorso abbiamo incontrato altre persone che non sono state fermate dalla disabilità: il prof. Palladino e la signora Tina. Il prof. Palladino è un uomo che all’ età di 13 anni a causa dell’esplosione di un ordigno bellico ha perso la vista, ma non ha perso la voglio di vivere. La cosa che più mi ha stupito è il fatto che quest’uomo nonostante sia non vedente vive e vede a colori molto di più di quanto non facciano molte persone che vedono benissimo, le quali appena la vita gli pone un ostacolo vedono tutto nero e provano rabbia verso la vita stessa,ma non quest’uomo che è riuscito a creare una vita piena d’amore. La signora Tina è un grande esempio di resilienza forse l’esempio per eccellenza,persone come la signora Tina ci ricordano di quanto la vita,nonostante gli ostacoli,i problemi e a volte la cattiveria delle persone, valga la pena di essere vissuta. Di quanto a volte ci perdiamo tra mille cose perdendo di vista quelle semplici quelle che ti fanno capire il vero senso della vita.
Insomma queste persone dimostrano che l’handicap non è una condanna, né una condizione di per sé triste ed infelice. L’infelicità dei disabili dipende spesso dall’essere esclusi ed isolati, dall’essere rifiutati dalla società. infatti la qualità della vita della persona con disabilità non dipende dalla sua condizione soggettiva, bensì dal livello di inclusione della società che li accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione ed è per questo che i governi stanno facilitando l’accesso delle persone con disabilità nel lavoro a scuola e nella società. Per concludere bisogna dire che la felicità passa assolutamente dalla valorizzazione esistenziale della persona e dal diritto ad essere ciò che si è,poiché la nostra felicità non dipende da ciò che abbiamo,ma da quello che siamo.
Beh anche da questa brevissima storia è evidente che la felicità è l’ obiettivo che ogni persona vuole raggiungere nella sua vita,tutti almeno una volta hanno cercato di essere felici o realmente lo sono stati magari guardando il sorriso di un bambino,in una chiacchierata tra amiche,in una bella risata liberatoria. Ma scientificamente la felicità è l’insieme di tutte quelle sensazioni ed emozioni che fanno star bene e appagano l’uomo, in una parola è quello stato emotivo di benessere che tutti chiamano felicità . Il concetto di felicità è stato studiato dalla psicologia positiva per la prima volta scientificamente,infatti precedente mente la felicità era attribuita a qualcosa di esterno come la fortuna o la sorte,solo quando si è compreso che l’uomo può essere felice grazie alle sue capacità e alle sue forze si è cercato di capire cos’è la felicità e come si può essere felice. Bisogna innanzitutto dire che la felicità non è uno stato d’animo di un momento ma è la piena realizzazione della propria esistenza è il fine ultimo della vita. Molti sono gli studiosi che si sono occupati di ciò ad esempio Maslow il quale sostiene che per raggiungere il grado di felicità è necessario prima soddisfare i bisogni più bassi come ad esempio i bisogni primari,per poi arrivare a quelli più alti. Nettle invece individua tre stadi della felicità:
1.il primo livello: si ha dal raggiungimento inaspettato di un traguardo atteso ed è anche misurabile oggettivamente perché se una persona dice di essere felice sarà sicuramente cosi;
2.il secondo livello: nasce dal bilancio tra momenti positivi e negativi,questa felicità è più difficile da valutare;
3.terzo livello: si ha quando un uomo riesce a realizzare le proprie aspirazione di vita,questa felicità è più difficile da misurare poiché nessuno può stabile come è giusto o meno vivere.
Numerosi sono anche gli studiosi che hanno cercato di capire quale fosse la strada che porta alla felicità tra cui Seligman il quale sostiene che per essere felice bisogna avere sentimenti positivi riguardo al passato e sentimenti come l’ottimismo e la speranza per il futuro,bisogna impiegare le proprie forze per qualcosa di costruttivo cioè bisogna trovare uno scopo alla propria vita. La cosa fondamentale che viene fuori dall’analisi di queste teorie della psicologia positiva è che la felicità dipende esclusivamente da noi,dalle nostre forze,dal nostro impegno,dalla tenacia , sono questi i messaggi che noi che ci occupiamo di educazione dovremmo attuare in campo pedagogico dovremmo dimostrare che con le proprie forze si può arrivare ovunque l’importante è mettercela davvero tutta,di perseverare senza mollare mai la presa, bisogna aiutare a cercare gli strumenti per capire il mondo e per porsi in modo giusto per affrontarlo. A proposito di ciò Ghedin sostiene che ogni persona poiché è un essere complesso e sociale, quindi ogni giorno prende nuove informazione dal mondo esterno ed è proprio questo che Canevaro definisce come benessere: la capacità di adattarsi all’ambiente e riuscire a soddisfare le proprie esigenze fisiche,psicologiche,sociali e emozionali,fattori che variano da persona a persona e da cultura a cultura. Purtroppo sempre di più nella nostra società, benessere vuol dire soddisfare le proprie esigenze materiali,vuol dire desiderare cose futili che una volta ottenute diventano inutili,senza dar peso a cose di maggiore valore e che danno anche maggiore benessere come il fattore sociale,emotivo e psicologico. Bisogna inoltre considerare che per molte persone con disabilità parlare di parole come benessere e felicità sono un optional infatti fino a qualche secolo fa per le persone che si occupavano di disabilità la priorità più importante era accudire le persone con disabilità fu solo grazie a Seguin,il quale affermò che i bambini con disabilità dovevano essere educate,da quel momento in poi le scuole divennero educative e non solo come un luogo dove queste persone dovevano essere accudite,iniziarono a nascere politiche integrative prima e inclusive poi. Sono nate politiche che mirano al benessere per l’individuo con disabiltà, alla sua dignità e alla soddisfazione del quotidiano, attraverso la creazione di situazioni il più possibile assimilabili a quelle in cui vivono le “persone normodotate”. Ciò non vuol dire solo fare in modo che sappiano vestirsi o mangiare autonomamente,ma vuol dire dargli gli strumenti per essere in gradi di scegliere la loro vita autonomamente,poiché come afferma Iavarone benessere non vuol dire solo fisico ma comprende molti più ambiti poiché è multicomponenzile,multidirezionale e multidimensionale. Aiutare persone con disabilità è il minimo che può fare una società che si dice acculturata. Provare sensazione di felicità e benessere soprattutto per persone che hanno un ritardo mentale è molto difficile poiché hanno bassa motivazione,si affidano agli altri e hanno frequenti cambiamenti d’umore. Anche per le famiglie che vivono quest’esperienza all’inizio non è facile poiché ogni persona che attende un figlio immagina un bimbo che sia sano quando ciò non avviene si può avere un vero e proprio shock poiché non si è pronti,però poi con il passare del tempo molti genitori che hanno avuto figli con disabilità affermano che quest’esperienza li ha arricchiti. I genitori finiscono per essere il punto di riferimento per il bambino stesso. La disabilità può non essere un ostacolo, anzi può diventare un modo diverso, più sensibile e profondo di vedere il mondo. Come ci insegnano persone come l’Atzori e Pistorius. Simona è una giovane donna a cui nonostante mancano entrambe le braccia non ha mai osato piangersi addosso, anzi sostiene che la vita non gli ha tolto ma gli ha dato e anche lei continua a dare attraverso la danza e la pittura trasformando i suoi piedi in splendide ali e in uno strumento x dipingere e mostrare a tutti noi il suo mondo a colori,Simona attraverso la sua storia ci insegna che “i limiti sono negli occhi di chi ci guarda” e quindi solo se riusciamo a vivere senza limiti riusciamo a vivere come Simona in un mondo pieno di musica e colori. Pistorius è un famoso atleta,il quale a pochi mesi di vita a causa di un problema di salute agli arti inferiori,le gambe gli furono amputate. Il giovane atleta sembrava destinato a non poter più camminare,ma grazie a delle protesi non solo riesce a camminare ma anche a correre diventando un campione alla paraolimpiadi,ma quando chiese di partecipare alle olimpiadi dei normodotati ci fu un rifiuto perché la commissione ritenne che c’era un certo vantaggio rispetto agli altri,decisione che venne poi ritirata e Pistorius riuscì a partecipare alle olimpiadi di Pechino del 2008. Ma nel nostro percorso abbiamo incontrato altre persone che non sono state fermate dalla disabilità: il prof. Palladino e la signora Tina. Il prof. Palladino è un uomo che all’ età di 13 anni a causa dell’esplosione di un ordigno bellico ha perso la vista, ma non ha perso la voglio di vivere. La cosa che più mi ha stupito è il fatto che quest’uomo nonostante sia non vedente vive e vede a colori molto di più di quanto non facciano molte persone che vedono benissimo, le quali appena la vita gli pone un ostacolo vedono tutto nero e provano rabbia verso la vita stessa,ma non quest’uomo che è riuscito a creare una vita piena d’amore. La signora Tina è un grande esempio di resilienza forse l’esempio per eccellenza,persone come la signora Tina ci ricordano di quanto la vita,nonostante gli ostacoli,i problemi e a volte la cattiveria delle persone, valga la pena di essere vissuta. Di quanto a volte ci perdiamo tra mille cose perdendo di vista quelle semplici quelle che ti fanno capire il vero senso della vita.
Insomma queste persone dimostrano che l’handicap non è una condanna, né una condizione di per sé triste ed infelice. L’infelicità dei disabili dipende spesso dall’essere esclusi ed isolati, dall’essere rifiutati dalla società. infatti la qualità della vita della persona con disabilità non dipende dalla sua condizione soggettiva, bensì dal livello di inclusione della società che li accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione ed è per questo che i governi stanno facilitando l’accesso delle persone con disabilità nel lavoro a scuola e nella società. Per concludere bisogna dire che la felicità passa assolutamente dalla valorizzazione esistenziale della persona e dal diritto ad essere ciò che si è,poiché la nostra felicità non dipende da ciò che abbiamo,ma da quello che siamo.
valeria ottaviano- Messaggi : 16
Data di iscrizione : 12.03.12
- Messaggio n°160
educazione inclusiva.
Solo recentemente si tratta di educazione inclusiva. Essa è essenziale per perseguire l’equità sociale dando a tutti i bambini accesso all’inclusione. Promuovere l’inclusione significa stimolare la discussione , incoraggiare atteggiamenti positivi e migliorare modelli educativi e sociali in base alle richieste educative. L’educazione inclusiva è quindi un mezzo per perseguire un educazione per tutti ; l’educazione per tutti deve prendere in considerazione le necessità di ogni tipo di bambino, dei più poveri, degli svantaggiati, delle minoranze etniche e linguistiche, dei bambini-lavoratori e dei bambini con disabilità. È Un mezzo per evitare l’esclusione da e nell’educazione. L’INCLUSIONE è UN PROCESSO CHE HA A CHE VEDERE CON L’IDENTIFICAZIONE E LA RIMOZIONE DELLE BARRIERE, RIGUARDA LA PRESENZA, LA PARTECIPAZIONE E IL SUCCESSO DI TUTTI GLI STUDENTI, CON PARTICOLARE ATTENZIONE A QUEI GRUPPI DI STUDENTI SVANTAGGIATI A RISCHIO DI ESCLUSIONE, MARGINALIZZAZZIONE E INSUCCESSO SCOLASTICO. L’APPROCCIO ALL’EDUCAZIONE INCLUSIVA è DIVERSO IN BASE ALLA CONSIDERAZIONE CHE SI HA DI DISABILITà E DELLE DIFFICOLTà EDUCATIVE. Ci son 2 modelli che interpretano diversamente le difficoltà educative : modello medico e modello sociale. Il Modello medico vede le difficoltà educative legate al singolo individuo con deficit, il modello sociale legge queste difficoltà derivanti dal contesto educativo. Necessaria per un efficace educazione inclusiva è la collaborazione e la relazione tra 4 figure chiave che sono : famiglie , insegnanti, ambiente di apprendimento e capability approach .
- INSEGNANTI E AMBIENTE DI APPRENDIMENTO : è importante quindi trasformare le scuole in scuole inclusive con determinate caratteristiche come : una leadership qualificata, un ambiente di apprendimento, alte aspettative, un rinforzo positivo, il monitoraggio dei progressi degli studenti e la cooperazione tra scuola e famiglia. Necessario quindi che la scuola come ambiente di apprendimento abbia una gestione efficace da parte del dirigente scolastico , ottimismo nella possibilità di successi dei bambini e soprattutto atteggiamenti positivi degli insegnanti che devono esser consapevoli nell’aiutare tutti i bambini ad apprendere. gli insegnati devono aver ben chiaro alcuni principi per essere parte di una scuola inclusiva ; l’insegnante deve avere : buon uso del tempo, buone relazioni con gli studenti, fornire un feedback positivo, avere un alto tasso di successo degli studenti e soprattutto fornire un supporto agli studenti con o senza disabilità. Soprattutto gli insegnanti devono conoscere bene i loro bambini, le loro capacità, i loro interessi e i loro punti deboli. Il processo di inclusione dipende molto dalle attitudini degli insegnati verso gli alunni con disabilità . ci sono insegnanti che non accettano che l’istruzione di tutti gli alunni è parte integrante del loro lavoro, cercando altre figure, come l’insegnante di sostegno spesso, che si assuma la responsabilità degli alunni con disabilità favorendo quindi non l’inclusione di questi ma l’esclusione, sviluppando quindi atteggiamenti negativi riguardo l’inclusione. Ci sono invece al contrario insegnanti che hanno atteggiamenti positivi riguardo l’inclusione , che ritengono di avere responsabilità dell’istruzione di tutti i bambini che operano per ridurre le barriere all’accesso per gli studenti con disabilità , “accomodando” la propria istruzione per permettere a tutti gli studenti di partecipare. Una stessa situazione di apprendimento infatti può sollevare diverse risposte da parte di diversi insegnanti proprio dovute dalla diversa considerazione che hanno della disabilità e delle responsabilità del loro lavoro. Alla presenza dell’insegnante specializzato ovvero di sostegno è necessario che ci sia co-insegnamento tra quest’ultimo e gli insegnanti della classe. Obiettivi condivisi, metodi, progettazione e valutazione sono i punti fondamentali di un modello di istruzione che coinvolge insegnante di sostegno e gli insegnanti della classe. Il lavoro condiviso può migliorare l’insegnamento dell’ uno e dell’altro attraverso il reciproco supporto, è quindi anche un occasione di crescita per entrambi gli insegnanti.
- LE FAMIGLIE : tutti i genitori sognano che i propri figli diventino indipendenti ed affermati. I genitori di bambini con disabilità sognano che questi vengano inclusi nella società, accettati e trattati con dignità come tutti gli altri. Importante è la cooperazione tra genitori ed insegnanti . i genitori non sono tutti uguali e hanno bisogni e forze. Necessitano di informazioni riguardo il progresso del proprio bambino ma anche dei suoi punti di forza e debolezze, essi hanno anche delle forze. Dovrebbero essere riconosciuti dalla scuola come risorsa affidabile, presente , partecipante ed integrante del processo educativo. Ci sono varie forme di contatto che la scuola può stabilire con la famiglia dell’alunno : 1 consultazioni : incontri con i genitori, 2 appunti scuola-famiglia : note sul diario dell’alunno, 3 rapporti scritti : incontro annuale tra genitori e insegnanti per scrivere un rapporto sullo sviluppo del bambino e 4 documenti della scuola : esempio, documento inviato ai genitori prima dell’inizio anno .
- CAPABILITY APPROACH IN EDUCAZIONE: è un approccio , una struttura di pensiero, non una teoria educativa che considera l’educazione legata alla libertà umana quindi a successi e benefici dell’educazione come raggiungimenti sostanziali nella libertà. L’educazione da questo punto di vista può quindi fornire competenze e abilità di vita non solo per un futuro lavoro. Essa gioca un ruolo nell’espansione delle capabilities sotto due aspetti : espansione delle capacità /abilità del bambino e espansione nelle opportunità che il bambino ha, rendendo il bambino autonomo. L’approccio della capability fornisce una nuova e importante struttura per riconcettualizzare la menomazione e la disabilità considerando quest’ultima come un tipo di differenza che, nel limitare i funzionamenti , deve essere considerata e superata per una questione di giustizia umana.
L’INDEX PER LINCLUSIONE è un documento completo di sostegno allo sviluppo inclusivo delle scuole. Nell’index l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti i bambini con bisogni educativi speciali e con apprendimento normale, esso migliora l’ambiente di apprendimento. È un documento pratico da utilizzare in una varietà di modi infatti non è stabilito un unico modo giusto per come utilizzarlo. Si compone di 4 elementi :
- 1) concetti chiave come inclusione, ostacoli dell’apprendimento, partecipazione , sostegno alla diversità.
- 2) cornice di analisi / quadro di riferimento.
- 3) materiali di analisi : indicatori e domande.
- 4) processo inclusivo.
Esistono tre dimensioni interconnesse necessarie per il potenziamento dell’inclusione : 1) creare culture inclusive 2) produrre politiche inclusive 3) sviluppare pratiche inclusive.
- 1) costruire comunità accoglienti e stimolanti basate su valori inclusivi.
- 2) sviluppare la scuola per tutti basate sul sostegno alla diversità.
- 3) coordinazione dell’apprendimento sostenuto da risorse materiali e umane.
Mie considerazioni e possibili collegamenti tra gli argomenti :
Se ricordiamo L’ICF ( trattato nel testo nozioni) questo considera la disabilità come uno svantaggio dovuto dal contesto sociale sfavorevole in cui la persona con disabilità vive, in termini diversi anche il modello sociale vede la disabilità un fatto sociale che dovrebbe interessare tutta la società perché è uno svantaggio dovuto dall’inefficienza dell’ambiente educativo non legato solo alla menomazione della persona. Al contrario le precendenti classificazioni all’ICF come la prima classificazione L’ICD che considerava la disabilità come una malattia legata solo alla menomazione del singolo individuo può essere ricollegata al modello medico che considera la disabilità conseguenza solo del deficit del singolo individuo. Secondo me Due classificazioni diverse possono esser ricollegate a due modelli di considerazione e risposta alle difficoltà educative. Trattando queste tematiche risaliamo ai vari forum svolti come quello in cui abbiamo trattato delle barriere architettoniche perché son proprio queste che se presenti rendono il contesto sfavorevole cioè rendendo inaccessibili alla persona con disabilità tutti i servizi della città non potendogli permettere quindi partecipazione e autonomia! Se non ci fossero più barriere architettoniche ma anche di pensiero (ovvero quelle forme di pensiero non aperte ancora alla diversità come risorsa) non esisterebbero più persone con disabilità ma solo persone con diverse e speciali abilità perché come disse l’Atzori :” io non ho limiti, i limiti esistono solo in chi mi guarda”.
- INSEGNANTI E AMBIENTE DI APPRENDIMENTO : è importante quindi trasformare le scuole in scuole inclusive con determinate caratteristiche come : una leadership qualificata, un ambiente di apprendimento, alte aspettative, un rinforzo positivo, il monitoraggio dei progressi degli studenti e la cooperazione tra scuola e famiglia. Necessario quindi che la scuola come ambiente di apprendimento abbia una gestione efficace da parte del dirigente scolastico , ottimismo nella possibilità di successi dei bambini e soprattutto atteggiamenti positivi degli insegnanti che devono esser consapevoli nell’aiutare tutti i bambini ad apprendere. gli insegnati devono aver ben chiaro alcuni principi per essere parte di una scuola inclusiva ; l’insegnante deve avere : buon uso del tempo, buone relazioni con gli studenti, fornire un feedback positivo, avere un alto tasso di successo degli studenti e soprattutto fornire un supporto agli studenti con o senza disabilità. Soprattutto gli insegnanti devono conoscere bene i loro bambini, le loro capacità, i loro interessi e i loro punti deboli. Il processo di inclusione dipende molto dalle attitudini degli insegnati verso gli alunni con disabilità . ci sono insegnanti che non accettano che l’istruzione di tutti gli alunni è parte integrante del loro lavoro, cercando altre figure, come l’insegnante di sostegno spesso, che si assuma la responsabilità degli alunni con disabilità favorendo quindi non l’inclusione di questi ma l’esclusione, sviluppando quindi atteggiamenti negativi riguardo l’inclusione. Ci sono invece al contrario insegnanti che hanno atteggiamenti positivi riguardo l’inclusione , che ritengono di avere responsabilità dell’istruzione di tutti i bambini che operano per ridurre le barriere all’accesso per gli studenti con disabilità , “accomodando” la propria istruzione per permettere a tutti gli studenti di partecipare. Una stessa situazione di apprendimento infatti può sollevare diverse risposte da parte di diversi insegnanti proprio dovute dalla diversa considerazione che hanno della disabilità e delle responsabilità del loro lavoro. Alla presenza dell’insegnante specializzato ovvero di sostegno è necessario che ci sia co-insegnamento tra quest’ultimo e gli insegnanti della classe. Obiettivi condivisi, metodi, progettazione e valutazione sono i punti fondamentali di un modello di istruzione che coinvolge insegnante di sostegno e gli insegnanti della classe. Il lavoro condiviso può migliorare l’insegnamento dell’ uno e dell’altro attraverso il reciproco supporto, è quindi anche un occasione di crescita per entrambi gli insegnanti.
- LE FAMIGLIE : tutti i genitori sognano che i propri figli diventino indipendenti ed affermati. I genitori di bambini con disabilità sognano che questi vengano inclusi nella società, accettati e trattati con dignità come tutti gli altri. Importante è la cooperazione tra genitori ed insegnanti . i genitori non sono tutti uguali e hanno bisogni e forze. Necessitano di informazioni riguardo il progresso del proprio bambino ma anche dei suoi punti di forza e debolezze, essi hanno anche delle forze. Dovrebbero essere riconosciuti dalla scuola come risorsa affidabile, presente , partecipante ed integrante del processo educativo. Ci sono varie forme di contatto che la scuola può stabilire con la famiglia dell’alunno : 1 consultazioni : incontri con i genitori, 2 appunti scuola-famiglia : note sul diario dell’alunno, 3 rapporti scritti : incontro annuale tra genitori e insegnanti per scrivere un rapporto sullo sviluppo del bambino e 4 documenti della scuola : esempio, documento inviato ai genitori prima dell’inizio anno .
- CAPABILITY APPROACH IN EDUCAZIONE: è un approccio , una struttura di pensiero, non una teoria educativa che considera l’educazione legata alla libertà umana quindi a successi e benefici dell’educazione come raggiungimenti sostanziali nella libertà. L’educazione da questo punto di vista può quindi fornire competenze e abilità di vita non solo per un futuro lavoro. Essa gioca un ruolo nell’espansione delle capabilities sotto due aspetti : espansione delle capacità /abilità del bambino e espansione nelle opportunità che il bambino ha, rendendo il bambino autonomo. L’approccio della capability fornisce una nuova e importante struttura per riconcettualizzare la menomazione e la disabilità considerando quest’ultima come un tipo di differenza che, nel limitare i funzionamenti , deve essere considerata e superata per una questione di giustizia umana.
L’INDEX PER LINCLUSIONE è un documento completo di sostegno allo sviluppo inclusivo delle scuole. Nell’index l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti i bambini con bisogni educativi speciali e con apprendimento normale, esso migliora l’ambiente di apprendimento. È un documento pratico da utilizzare in una varietà di modi infatti non è stabilito un unico modo giusto per come utilizzarlo. Si compone di 4 elementi :
- 1) concetti chiave come inclusione, ostacoli dell’apprendimento, partecipazione , sostegno alla diversità.
- 2) cornice di analisi / quadro di riferimento.
- 3) materiali di analisi : indicatori e domande.
- 4) processo inclusivo.
Esistono tre dimensioni interconnesse necessarie per il potenziamento dell’inclusione : 1) creare culture inclusive 2) produrre politiche inclusive 3) sviluppare pratiche inclusive.
- 1) costruire comunità accoglienti e stimolanti basate su valori inclusivi.
- 2) sviluppare la scuola per tutti basate sul sostegno alla diversità.
- 3) coordinazione dell’apprendimento sostenuto da risorse materiali e umane.
Mie considerazioni e possibili collegamenti tra gli argomenti :
Se ricordiamo L’ICF ( trattato nel testo nozioni) questo considera la disabilità come uno svantaggio dovuto dal contesto sociale sfavorevole in cui la persona con disabilità vive, in termini diversi anche il modello sociale vede la disabilità un fatto sociale che dovrebbe interessare tutta la società perché è uno svantaggio dovuto dall’inefficienza dell’ambiente educativo non legato solo alla menomazione della persona. Al contrario le precendenti classificazioni all’ICF come la prima classificazione L’ICD che considerava la disabilità come una malattia legata solo alla menomazione del singolo individuo può essere ricollegata al modello medico che considera la disabilità conseguenza solo del deficit del singolo individuo. Secondo me Due classificazioni diverse possono esser ricollegate a due modelli di considerazione e risposta alle difficoltà educative. Trattando queste tematiche risaliamo ai vari forum svolti come quello in cui abbiamo trattato delle barriere architettoniche perché son proprio queste che se presenti rendono il contesto sfavorevole cioè rendendo inaccessibili alla persona con disabilità tutti i servizi della città non potendogli permettere quindi partecipazione e autonomia! Se non ci fossero più barriere architettoniche ma anche di pensiero (ovvero quelle forme di pensiero non aperte ancora alla diversità come risorsa) non esisterebbero più persone con disabilità ma solo persone con diverse e speciali abilità perché come disse l’Atzori :” io non ho limiti, i limiti esistono solo in chi mi guarda”.
michela di bernardo- Messaggi : 15
Data di iscrizione : 14.03.12
Età : 32
- Messaggio n°161
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
1 Ben-essere nella disabilità
L’unica finalità della vita comune a tutti gli uomini è quella di raggiungere la felicità, infatti, Aristotele sosteneva:”la felicità è lo scopo ultimo dell’uomo”;tutti i nostri comportamenti mirano al raggiungimento della felicità. Quest’ultima ha rappresentato la base del dibattito filosofico,religioso,educativo. Nelle culture, infatti ,si stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici,ed è proprio per questo che le scienze sociali hanno iniziato a studiare il concetto di felicità. Il concetto non è chiaro e preciso ma di sicuro compare in tutte le culture. Molte lingue distinguono tra qualcosa di immediato,come la gioia e il piacere,e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l’appagamento. Le persone che si definiscono felici fanno riferimento in generale almeno a tre situazioni diverse ,e ne discende che ci sono 3 livelli o modi di felicità. Si può essere felici per un evento che si è verificato inaspettatamente o che si attendeva con ansia,con desiderio e in questo caso la felicità porta il connotato della sorpresa,irrimediabilità,immediatezza provocando emozioni ,sensazione come la gioia e il piacere,lo psicologo Nettle definisce questo senso di felicità “felicità di primo livello”. Quanto sia solida e diffusa questa concezione della felicità lo dimostra il lessico di alcune lingue come l’inglese e il tedesco,in cui la stessa radice genera sia la parola che indica felicità sia quella che indica la fortuna,causalità(happiness, to happen) o addirittura usa lo stesso termine per esprimere tutte e 2 concetti(glùck). Si può essere felici nel senso di percepire che la nostra vita,nel suo complesso,si trova in uno stato di pienezza,di realizzazione,soddisfazione,appagamento, riflettendo sul bilancio tra piacere e dolori,tra emozioni negative ed emozioni positive,prevalendo le cose che consideriamo positive e le aspettative per il futuro sono anch’esse positive. Questa viene definita “felicità di secondo livello”. Infine esiste un senso di felicità,ancora più ampio e complesso riguardante il vivere bene,infatti,l’ eudaimonia viene spesso tradotto con “felicità”,con il termine eudaimonia si intende una vita in cui la persona realizza le proprio vere potenzialità e per Nettle questo significato rappresenta il terzo livello. La psicologa Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità del secondo livello. Questo insieme comprende crescita personale,finalità,franchezza con se stessi,padronanza del proprio ambiente. Le componenti più ampie del concetto di ben-essere psicologico espresso dalla Ryff tendono ad essere rapportate con una felicità più ristretta,il che significa che gli individui possono essere dotati di un alto ben-essere psicologico ma con poca felicità del secondo livello e viceversa.
La psicologia positiva si chiede che cosa permette alle persone di fare bene,essere felici e soddisfatti. Seligman ,grande psicologo considerato fondatore della psicologia positiva(studio del benessere personale,centrato sulla qualità della vita),afferma che la persona può provare felicità basata in modo predominante su emozioni positive che egli stesso chiama “vita piacevole”. Esiste poi un'altra forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati e nel “flusso”;quest’ultimo è stato sviluppato da Csikszentmihàlyi, comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che mettono alla prova le nostre abilità. Quindi per flusso si intende uno stato di impegno,felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando una persona è assorbito da una sfida impegnativa e motivante includendo una perdita del senso di tempo e un chiaro senso di quello che necessita di essere fatto e infine un inteso sentimento di concentrazione. Questo concetto di felicità e ben-essere va al di la dello stato di piacere afferma Peterson;questo concetto è importante soprattutto per gli educatori,insegnanti in quanto devono creare condizioni che rendono le persone in grado di scegliere di apprendere in maniera piacevole e far si che questa esperienza diventi intrinsecamente rivelante e pone le basi per leggere il mondo con curiosità e interesse. L’ educatore,secondo me, deve soffermarsi proprio sul ben-essere dell’individuo legato non solo alla sua condizione individuale ma anche alla sua condizione sociale;proprio come afferma Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione sociale ma bensì a quello che qualcuno chiama capitale sociale,cioè l’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano,con i contesti. Infatti , a parer mio,è anche l’ambiente,il contesto in cui si vive,a contribuire il vivere bene e il ben-essere soprattutto per le persone disabili,proprio durante il corso infatti abbiamo visto come le case demotiche possono contribuire a migliorare in maniera positiva la vita di un disabile,ma oltre questo.. vorrei spostare la mia attenzione su un argomento molto importante e interessante ovvero “la realizzazione del vivere bene,della felicità per le persone disabili”;si cerca di promuovere il ben-essere delle persone disabili,considerandolo una dimensione strettamente determinata dalla capacità di autonomia,proprio come avevo scritto in un mio commento che l’obiettivo per una persona disabile è quello di essere una persona autonoma. Importante nell’ambito della disabilità sono gli indici esterni:condizione fisiche di vita,comportamenti adattivi,sostegno politico ma anche l’ aiuto degli operatori che devono facilitare l’accesso all’impalcatura relazionale. Sono proprio le relazioni sociali, le difficoltà di adattamento le caratteristiche delle persone disabili in particolare con ritardo mentale. In confronto con la popolazione generale,le persone con ritardo mentale sono più ad alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi; circa il 40% della popolazione con ritardo mentale ha problemi clinicamente significativi (Einfeld e Tonge)con fattori di rischio che coprono lo spettro biopsicosociale. Quindi tanti ricercatori si focalizzano sui i modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi. Una delle ricerche più famose è stata fatta proprio sulle famiglie di bambini con ritardo mentale che ha avuto un orientamento nella direzione psicopatologia. Infatti si è dimostrato che quando nasce un bambino bello e sano si ha da parte della famiglia un senso di appagamento e di soddisfazione mentre quando nasce un figlio con disabilità l’evento si trasforma in un evento traumatico,angoscioso,drammatico. Le madri passano infatti diversi stadi: shock,disorganizzazione emotiva afferma Dykeus. I genitori di persone di disabili attraversano lunghi periodo di stress rispetto agli altri genitori, ma oltre a focalizzarsi sugli alti livelli di stress dei genitori,la ricerca sposta l’ attenzione sull’ esplorazione dei modi in cui alcune famiglie sono coinvolte in diverse situazioni di successo. Diverse famiglie sviluppano percezioni positive che li portano ad avere una migliore qualità della vita familiare ed avere l’ obiettivo di realizzare il pieno potenziale dei loro figli, ma per contribuire alla realizzazione della felicità e del vivere bene il sostegno della famiglia non basta…è necessario anche un sostegno politico. Come ad esempio in Italia la legge104/92 è stata emanata per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili. I governi facilitano,infatti, l’ accesso per le persone con disabilità al mercato del lavoro,dell’ educazione, ai trasporti per stimolare la partecipazione sociale. In conclusione,il diritto a star bene è divenuto come un qualcosa di legittimo;diritto che può essere esercitato quanto più le persone vengono aiutate a ricorrere alle proprie risorse,doti e far leva proprio su tali potenzialità ossia aiutandole a sviluppare la capacità di acquisire forza e potere nel determinare il proprio stato di ben-essere. Si può anche imparare a stare bene infatti ci sono esperti,professionisti, che possono contribuire allo stare bene. Una delle scienze che si occupa del ben-essere e della qualità della vita del soggetto è la pedagogia,in particolare,la pedagogia del cuore,occupandosi del soggetto con la sua istruzione,educazione,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale; questo è ciò che afferma la professoressa Iavarone.
L’unica finalità della vita comune a tutti gli uomini è quella di raggiungere la felicità, infatti, Aristotele sosteneva:”la felicità è lo scopo ultimo dell’uomo”;tutti i nostri comportamenti mirano al raggiungimento della felicità. Quest’ultima ha rappresentato la base del dibattito filosofico,religioso,educativo. Nelle culture, infatti ,si stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici,ed è proprio per questo che le scienze sociali hanno iniziato a studiare il concetto di felicità. Il concetto non è chiaro e preciso ma di sicuro compare in tutte le culture. Molte lingue distinguono tra qualcosa di immediato,come la gioia e il piacere,e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l’appagamento. Le persone che si definiscono felici fanno riferimento in generale almeno a tre situazioni diverse ,e ne discende che ci sono 3 livelli o modi di felicità. Si può essere felici per un evento che si è verificato inaspettatamente o che si attendeva con ansia,con desiderio e in questo caso la felicità porta il connotato della sorpresa,irrimediabilità,immediatezza provocando emozioni ,sensazione come la gioia e il piacere,lo psicologo Nettle definisce questo senso di felicità “felicità di primo livello”. Quanto sia solida e diffusa questa concezione della felicità lo dimostra il lessico di alcune lingue come l’inglese e il tedesco,in cui la stessa radice genera sia la parola che indica felicità sia quella che indica la fortuna,causalità(happiness, to happen) o addirittura usa lo stesso termine per esprimere tutte e 2 concetti(glùck). Si può essere felici nel senso di percepire che la nostra vita,nel suo complesso,si trova in uno stato di pienezza,di realizzazione,soddisfazione,appagamento, riflettendo sul bilancio tra piacere e dolori,tra emozioni negative ed emozioni positive,prevalendo le cose che consideriamo positive e le aspettative per il futuro sono anch’esse positive. Questa viene definita “felicità di secondo livello”. Infine esiste un senso di felicità,ancora più ampio e complesso riguardante il vivere bene,infatti,l’ eudaimonia viene spesso tradotto con “felicità”,con il termine eudaimonia si intende una vita in cui la persona realizza le proprio vere potenzialità e per Nettle questo significato rappresenta il terzo livello. La psicologa Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità del secondo livello. Questo insieme comprende crescita personale,finalità,franchezza con se stessi,padronanza del proprio ambiente. Le componenti più ampie del concetto di ben-essere psicologico espresso dalla Ryff tendono ad essere rapportate con una felicità più ristretta,il che significa che gli individui possono essere dotati di un alto ben-essere psicologico ma con poca felicità del secondo livello e viceversa.
La psicologia positiva si chiede che cosa permette alle persone di fare bene,essere felici e soddisfatti. Seligman ,grande psicologo considerato fondatore della psicologia positiva(studio del benessere personale,centrato sulla qualità della vita),afferma che la persona può provare felicità basata in modo predominante su emozioni positive che egli stesso chiama “vita piacevole”. Esiste poi un'altra forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati e nel “flusso”;quest’ultimo è stato sviluppato da Csikszentmihàlyi, comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che mettono alla prova le nostre abilità. Quindi per flusso si intende uno stato di impegno,felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando una persona è assorbito da una sfida impegnativa e motivante includendo una perdita del senso di tempo e un chiaro senso di quello che necessita di essere fatto e infine un inteso sentimento di concentrazione. Questo concetto di felicità e ben-essere va al di la dello stato di piacere afferma Peterson;questo concetto è importante soprattutto per gli educatori,insegnanti in quanto devono creare condizioni che rendono le persone in grado di scegliere di apprendere in maniera piacevole e far si che questa esperienza diventi intrinsecamente rivelante e pone le basi per leggere il mondo con curiosità e interesse. L’ educatore,secondo me, deve soffermarsi proprio sul ben-essere dell’individuo legato non solo alla sua condizione individuale ma anche alla sua condizione sociale;proprio come afferma Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione sociale ma bensì a quello che qualcuno chiama capitale sociale,cioè l’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano,con i contesti. Infatti , a parer mio,è anche l’ambiente,il contesto in cui si vive,a contribuire il vivere bene e il ben-essere soprattutto per le persone disabili,proprio durante il corso infatti abbiamo visto come le case demotiche possono contribuire a migliorare in maniera positiva la vita di un disabile,ma oltre questo.. vorrei spostare la mia attenzione su un argomento molto importante e interessante ovvero “la realizzazione del vivere bene,della felicità per le persone disabili”;si cerca di promuovere il ben-essere delle persone disabili,considerandolo una dimensione strettamente determinata dalla capacità di autonomia,proprio come avevo scritto in un mio commento che l’obiettivo per una persona disabile è quello di essere una persona autonoma. Importante nell’ambito della disabilità sono gli indici esterni:condizione fisiche di vita,comportamenti adattivi,sostegno politico ma anche l’ aiuto degli operatori che devono facilitare l’accesso all’impalcatura relazionale. Sono proprio le relazioni sociali, le difficoltà di adattamento le caratteristiche delle persone disabili in particolare con ritardo mentale. In confronto con la popolazione generale,le persone con ritardo mentale sono più ad alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi; circa il 40% della popolazione con ritardo mentale ha problemi clinicamente significativi (Einfeld e Tonge)con fattori di rischio che coprono lo spettro biopsicosociale. Quindi tanti ricercatori si focalizzano sui i modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi. Una delle ricerche più famose è stata fatta proprio sulle famiglie di bambini con ritardo mentale che ha avuto un orientamento nella direzione psicopatologia. Infatti si è dimostrato che quando nasce un bambino bello e sano si ha da parte della famiglia un senso di appagamento e di soddisfazione mentre quando nasce un figlio con disabilità l’evento si trasforma in un evento traumatico,angoscioso,drammatico. Le madri passano infatti diversi stadi: shock,disorganizzazione emotiva afferma Dykeus. I genitori di persone di disabili attraversano lunghi periodo di stress rispetto agli altri genitori, ma oltre a focalizzarsi sugli alti livelli di stress dei genitori,la ricerca sposta l’ attenzione sull’ esplorazione dei modi in cui alcune famiglie sono coinvolte in diverse situazioni di successo. Diverse famiglie sviluppano percezioni positive che li portano ad avere una migliore qualità della vita familiare ed avere l’ obiettivo di realizzare il pieno potenziale dei loro figli, ma per contribuire alla realizzazione della felicità e del vivere bene il sostegno della famiglia non basta…è necessario anche un sostegno politico. Come ad esempio in Italia la legge104/92 è stata emanata per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili. I governi facilitano,infatti, l’ accesso per le persone con disabilità al mercato del lavoro,dell’ educazione, ai trasporti per stimolare la partecipazione sociale. In conclusione,il diritto a star bene è divenuto come un qualcosa di legittimo;diritto che può essere esercitato quanto più le persone vengono aiutate a ricorrere alle proprie risorse,doti e far leva proprio su tali potenzialità ossia aiutandole a sviluppare la capacità di acquisire forza e potere nel determinare il proprio stato di ben-essere. Si può anche imparare a stare bene infatti ci sono esperti,professionisti, che possono contribuire allo stare bene. Una delle scienze che si occupa del ben-essere e della qualità della vita del soggetto è la pedagogia,in particolare,la pedagogia del cuore,occupandosi del soggetto con la sua istruzione,educazione,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale; questo è ciò che afferma la professoressa Iavarone.
Lucia Esposito- Messaggi : 16
Data di iscrizione : 12.03.12
Età : 33
Località : Napoli
- Messaggio n°162
Capitolo 6: Verso un educazione inclusiva
L'evitamento (quando non la diretta ostilità) che spesso i cosiddetti
normali manifestano nei confronti di chi è disabile non è la conseguenza
naturale del deficit fisico di quest'ultimo, ma piuttosto l'espressione del
deficit di carattere e ampiezza di vedute di chi si comporta così. Insomma,
è il loro problema, non il nostro. (Murphy,1990, pp.VI-VII)
L'inclusione è un processo poichè è costituito da molte fasi ed è un processo lento e graduale.
Non è difficile capire che la scuola è un ottimo mezzo di inclusione. Come tutti sappiamo il bambino comincia ad apprendere prima che inizi la scuola e quindi il primo mezzo di inclusione in assoluto è la famiglia. La figura dei genitori assume un ruolo chiave a supporto dell'inclusione; Questi permettono lo sviluppo cognitivo,emozionale,sociale e creativo del bambino. Forse è il caso che scuola e famiglie iniziassero a co-operare poichè entrambre sono indirizzate verso lo stesso fine. E' però da tenere in conto che:
I genitori non sono gruppi omogenei;
I genitori hanno bisogni e forze;
Nel primo caso è chiaro che non tutti i genitori agiscono allo stesso modo, tutti vogiono il bene del proprio figlio ma non tutti lo intendono allo stesso modo. I genitori di un bambino normodotato sono quasi sempre molto protettivi, nel caso di un bambino con disabilità diventano iperprotettivi, anche troppo, questo ci riporta al secondo caso in cui si afferma che i genitori hanno bisogni e forze, poichè sia nel caso di un bambino normodotato sia con un bambino con disabilità, i genitori non smettono mai di combattere e dare tutto quello che possono affinchè il bambino sia felice.
Nella collaborazione scuola-famiglia, i genitori si rendono conto del fatto che un fattore della felicità del bambino è l' autonomia e che, quindi, collaborare con la scuola può aiutare a raggiungere tale scopo. I genitori dovrebbero anche essere preparati per fornire un valido contributo nella vita e nell'educazione dei propri figli; In questo modo la responsabilità dell'educazione è divisa tra genitori e professionisti; Inolte i contatti regolari tra la scuola e la famiglia favoriscono i progressi educativi del bambino. L'errore della scuola odierna è sottovalutare questo rapporto tra genitori e insegnanti e credere che tali rapporti sono necessari solo quando sorgono dei problemi, questo avviene anche perchè molti insegnanti non sono pronti ad affrontare la presenza di un alunno con disabilità e con i loro comportamenti negativi costituiscono le principali barriere all'inclusione. Sono barriere psicologihe ma non hanno nulla di diverso dalle barriere architettoniche, entrambe limitano l'integrazione.
Un buon insegnante dovrebbe fare un uso efficiente del tempo, avere un buon rapporto con gli alunni dando loro dei feedback positivi e fornire loro un supporto.
Diventa fondamentale anche il luogo dell'apprendimento e i materiali adeguati utilizzati poichè l'uso delle nuove tecnologie costituisce una parte fondamentale per la formazione, per l'esperienza e per l'inclusione. Con tali strumenti è più facile assumere un atteggiamento equo.In ogni caso lo scopo è evitare l'emarginazione.
Chi ha qualche disabilità è come sotto i riflettori, chiunque ti guarda come fossi un esposizione al museo o il clown di un circo, però tra la folla c'è sempre un anima buona che fa del bene e fa sentire meno esclusi gli emarginati. Tutti i bambini sono speciali e non lo sono solo quelli con disabilità.
Un ottima pratica di insegnamento è il co-insegnamento, esso riguarda l'insegnante curriculare e l'insegnante specializzato, entrambi lavorano insieme nella progettazione, implementazione, valutazione e coordinazione dei programmi educativi di alcuni o di tutti gli studenti di una classe. Avere un obiettivo comune per gli studenti e lavorare verso il raggiungimento di quell'obiettivo è una caratteristica del co-insegnamento.
Ultimamente si parla spesso di Capability approach, esso considera l'educazione strettamente connessa al concetto di libertà poichè grazie all'itruzione si può aspirare all'essere liberi ed autonomi. Il bambino autonomo può così attingere ad un infinità di capability, e l'educazione può insegnare il valore nell'esercitare queste capacità.
C'è differenza tra integrazione ed inclusione, sono due termini affini ma non sono esattamente la stessa cosa. Nel nostro Paese il passaggio che ha portato dall'esclusione dei disabili al loro inserimento e successivamente alla loro integrazione, è avvenuto in anticipo rispetto agli altri Paesi europei. Un esempio è la legge 517 a supporto dell'integrazione che prevede la nascita degli insegnanti di sostegno e la loro formazione. In Italia la pubblicazione dell'Index per l'inclusione che risale al 2000 rappresenta un evento importante; il volume di Booth e Aniscow è diventato nel corso degli anni un punto di riferimento per ciò che riguarda lo sviluppo della progettazione inclusiva nelle scuole. L'idea è quella di fare spazio all'alunno disabile all'interno del contesto scolastico che è una struttura fondamentalmente in funzione degli alunni "normodotati" . L'integrazione diventa un processo basato principalmente su strategie per portare l'alunno disabile ad essere quanto più possibile simile agli altri.
normali manifestano nei confronti di chi è disabile non è la conseguenza
naturale del deficit fisico di quest'ultimo, ma piuttosto l'espressione del
deficit di carattere e ampiezza di vedute di chi si comporta così. Insomma,
è il loro problema, non il nostro. (Murphy,1990, pp.VI-VII)
L'inclusione è un processo poichè è costituito da molte fasi ed è un processo lento e graduale.
Non è difficile capire che la scuola è un ottimo mezzo di inclusione. Come tutti sappiamo il bambino comincia ad apprendere prima che inizi la scuola e quindi il primo mezzo di inclusione in assoluto è la famiglia. La figura dei genitori assume un ruolo chiave a supporto dell'inclusione; Questi permettono lo sviluppo cognitivo,emozionale,sociale e creativo del bambino. Forse è il caso che scuola e famiglie iniziassero a co-operare poichè entrambre sono indirizzate verso lo stesso fine. E' però da tenere in conto che:
I genitori non sono gruppi omogenei;
I genitori hanno bisogni e forze;
Nel primo caso è chiaro che non tutti i genitori agiscono allo stesso modo, tutti vogiono il bene del proprio figlio ma non tutti lo intendono allo stesso modo. I genitori di un bambino normodotato sono quasi sempre molto protettivi, nel caso di un bambino con disabilità diventano iperprotettivi, anche troppo, questo ci riporta al secondo caso in cui si afferma che i genitori hanno bisogni e forze, poichè sia nel caso di un bambino normodotato sia con un bambino con disabilità, i genitori non smettono mai di combattere e dare tutto quello che possono affinchè il bambino sia felice.
Nella collaborazione scuola-famiglia, i genitori si rendono conto del fatto che un fattore della felicità del bambino è l' autonomia e che, quindi, collaborare con la scuola può aiutare a raggiungere tale scopo. I genitori dovrebbero anche essere preparati per fornire un valido contributo nella vita e nell'educazione dei propri figli; In questo modo la responsabilità dell'educazione è divisa tra genitori e professionisti; Inolte i contatti regolari tra la scuola e la famiglia favoriscono i progressi educativi del bambino. L'errore della scuola odierna è sottovalutare questo rapporto tra genitori e insegnanti e credere che tali rapporti sono necessari solo quando sorgono dei problemi, questo avviene anche perchè molti insegnanti non sono pronti ad affrontare la presenza di un alunno con disabilità e con i loro comportamenti negativi costituiscono le principali barriere all'inclusione. Sono barriere psicologihe ma non hanno nulla di diverso dalle barriere architettoniche, entrambe limitano l'integrazione.
Un buon insegnante dovrebbe fare un uso efficiente del tempo, avere un buon rapporto con gli alunni dando loro dei feedback positivi e fornire loro un supporto.
Diventa fondamentale anche il luogo dell'apprendimento e i materiali adeguati utilizzati poichè l'uso delle nuove tecnologie costituisce una parte fondamentale per la formazione, per l'esperienza e per l'inclusione. Con tali strumenti è più facile assumere un atteggiamento equo.In ogni caso lo scopo è evitare l'emarginazione.
Chi ha qualche disabilità è come sotto i riflettori, chiunque ti guarda come fossi un esposizione al museo o il clown di un circo, però tra la folla c'è sempre un anima buona che fa del bene e fa sentire meno esclusi gli emarginati. Tutti i bambini sono speciali e non lo sono solo quelli con disabilità.
Un ottima pratica di insegnamento è il co-insegnamento, esso riguarda l'insegnante curriculare e l'insegnante specializzato, entrambi lavorano insieme nella progettazione, implementazione, valutazione e coordinazione dei programmi educativi di alcuni o di tutti gli studenti di una classe. Avere un obiettivo comune per gli studenti e lavorare verso il raggiungimento di quell'obiettivo è una caratteristica del co-insegnamento.
Ultimamente si parla spesso di Capability approach, esso considera l'educazione strettamente connessa al concetto di libertà poichè grazie all'itruzione si può aspirare all'essere liberi ed autonomi. Il bambino autonomo può così attingere ad un infinità di capability, e l'educazione può insegnare il valore nell'esercitare queste capacità.
C'è differenza tra integrazione ed inclusione, sono due termini affini ma non sono esattamente la stessa cosa. Nel nostro Paese il passaggio che ha portato dall'esclusione dei disabili al loro inserimento e successivamente alla loro integrazione, è avvenuto in anticipo rispetto agli altri Paesi europei. Un esempio è la legge 517 a supporto dell'integrazione che prevede la nascita degli insegnanti di sostegno e la loro formazione. In Italia la pubblicazione dell'Index per l'inclusione che risale al 2000 rappresenta un evento importante; il volume di Booth e Aniscow è diventato nel corso degli anni un punto di riferimento per ciò che riguarda lo sviluppo della progettazione inclusiva nelle scuole. L'idea è quella di fare spazio all'alunno disabile all'interno del contesto scolastico che è una struttura fondamentalmente in funzione degli alunni "normodotati" . L'integrazione diventa un processo basato principalmente su strategie per portare l'alunno disabile ad essere quanto più possibile simile agli altri.
Claudia Carbonaro- Messaggi : 13
Data di iscrizione : 12.03.12
- Messaggio n°163
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
il concetto di felicità è sfuggente,ma ciò non ne altera il valore...questo tema compare in ogni cultura,ed è inteso in diversi modi,in diversi tempi e culture.
inizialmente la felicità veniva associata esclusivamente alla fortuna,ma successivamente con Socrate,Platone e Aristotele ha assunto un nuovo significato,ovvero è stata intesa come un prodotto dell’uomo nato dalla sua libertà di scegliere,andando anche contro la sorte.
pertanto essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto,infatti la felicità è connessa al portare a compimento l'intera vita e non con il piacere che si prova nell'attimo fuggente.
molte lingue la distinguono tra qualcosa di immediato,come la gioia o il piacere e qualcosa di più durevole e significativo,come la soddisfazione e l’appagamento.
i molteplici usi del termine felicità hanno portato a classificarla in tre momenti differenti tra loro,il primo è il momento in cui il soggetto raggiunge una meta da lui desiderata,il secondo è il momento in cui si cerca di effettuare un bilancio tra le sensazioni positive e quelle negative,con il superamento di quelle positive,ed infine il terzo è più difficile analizzarla in quanto implica un analisi su che cosa sia vivere bene e in che modo lo si realizzi.
la psicologa Ryff spiega che il ben-essere non implica solo lo stato di felicità,ma molti altri fattori,infatti possiamo trovare individui con un ben-essere psicologico molto alto,ma con un basso livello di felicità e al contrario.
per Seligman è importante la teoria della felicità autentica relativamente alla vita piacevole,alla buona vita e alla vita significativa,dove la prima massimizza sono le esperienze positive,la seconda si sviluppa qualora l’individuo riesce in qualche attività da cui trae soddisfazione personale e infine la terza si ha quando l’individuo con le proprie potenzialità riesce a sviluppare un qualcosa di positivo nel sociale.
Canevaro invece afferma che il ben-essere di un individuo non è legato soltanto al suo stato individuale,ma anche alle capacità che esso ha nel riuscire ad adattarsi e organizzarsi nei diversi contesti che lo circondano...è importante considerare il benessere,non come uno stato individuale,ma come un progetto da condividere con gli altri.
come dice Iavarone “questo perché non si parla di benessere fisico o economico,ma benessere come stato complesso proprio per il suo carattere globale quindi multicomponenziale,multidirezionale,multidimensionale".
Iavarone afferma che il benessere possiede più dimensioni in quanto il desiderio di benessere si trasforma sia sincronicamente,in contaminanza con un episodio particolare in un determinato momento dell'esistenza dell'individuo,sia diacronicamente se il processo di tensione al benessere lo si riconduce ad un intervallo di tempo più lungo della vita di un soggetto,inoltre sostiene che la pedagogia ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto,occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
La Delle Fave afferma che ogni membro della comunità è agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità stessa,compresi i membri cosiddetti svantaggiati,e in tal proposito integriamo il ben-essere come viene inteso per costoro.
la preoccupazione maggiore di coloro che si occupano di disabilità è stata sempre quella di riuscire a promuovere il ben-essere delle persone disabili integrandoli al meglio nella società.
si tende a pensare che i soggetti che passano dall’essere normodotati a disabili,se nella vita prima di divenire disabili erano felici,anche dopo questa felicità continua,in quanto il soggetto compie una massimizzazione delle situazioni positive del passato per eliminare le possibili esperienze negative del presente o futuro,e Vincenzo Palladino rappresenta perfettamente questa teoria.
a seguito vengono eseguite delle ricerca su bambini affetti da ritardo mentale dove questi oltre ad essere molto suscettibili ai cambiamenti d’umore,non hanno solamente un quoziente intellittivo basso,ma rispetto ai soggetti coetanei hanno una maggiore aspettativa di successo,bassa motivazione alle sfide e infine si affidano agli altri per risolvere problemi.
il tentativo di questa ricerca è cercare di dare ai soggetti delle capacità tali da riuscire a gestire la propria vita autonomamente.
venne effettuata anche una ricerca sulle famiglie di bambini con ritardo mentale,avere un bambino per ogni essere umano rappresenta felicità,aspettative per il futuro,ma anche ansia,preoccupazione,paura che il sogno di avere un figlio bello e sano possa frantumarsi,il futuro sembra svanire di fronte alla scoperta della disabilità del proprio figlio,lasciando,il genitore impreparato, al confronto con la nuova situazione.
nell’attuale ricerca risulta che le madri alla nascita e scoperta di un figlio con ritardo mentale entrano in uno status di stress totale con sentimenti di insoddisfazione personale per aver generato una creatura diversa dalle proprie aspettative.
a provocare questo forte stress sono anche i fattori esterni,quindi la società,gli amci della famiglia e la famiglia stessa,per questo bisogna dare il giusto appoggio alle famiglie con soggetti disabili per una migliore convivenza con la disabilità,al contrario ci sono famiglie che vedono la nascita di un bambino disabile come un esperienza che arricchisce la propria vita,e questo status positivo della famiglia da anche ottime possibilità di far crescere il bambino in un ambiente con stimoli positivi per una futura migliore qualità di vita.
inizialmente la felicità veniva associata esclusivamente alla fortuna,ma successivamente con Socrate,Platone e Aristotele ha assunto un nuovo significato,ovvero è stata intesa come un prodotto dell’uomo nato dalla sua libertà di scegliere,andando anche contro la sorte.
pertanto essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto,infatti la felicità è connessa al portare a compimento l'intera vita e non con il piacere che si prova nell'attimo fuggente.
molte lingue la distinguono tra qualcosa di immediato,come la gioia o il piacere e qualcosa di più durevole e significativo,come la soddisfazione e l’appagamento.
i molteplici usi del termine felicità hanno portato a classificarla in tre momenti differenti tra loro,il primo è il momento in cui il soggetto raggiunge una meta da lui desiderata,il secondo è il momento in cui si cerca di effettuare un bilancio tra le sensazioni positive e quelle negative,con il superamento di quelle positive,ed infine il terzo è più difficile analizzarla in quanto implica un analisi su che cosa sia vivere bene e in che modo lo si realizzi.
la psicologa Ryff spiega che il ben-essere non implica solo lo stato di felicità,ma molti altri fattori,infatti possiamo trovare individui con un ben-essere psicologico molto alto,ma con un basso livello di felicità e al contrario.
per Seligman è importante la teoria della felicità autentica relativamente alla vita piacevole,alla buona vita e alla vita significativa,dove la prima massimizza sono le esperienze positive,la seconda si sviluppa qualora l’individuo riesce in qualche attività da cui trae soddisfazione personale e infine la terza si ha quando l’individuo con le proprie potenzialità riesce a sviluppare un qualcosa di positivo nel sociale.
Canevaro invece afferma che il ben-essere di un individuo non è legato soltanto al suo stato individuale,ma anche alle capacità che esso ha nel riuscire ad adattarsi e organizzarsi nei diversi contesti che lo circondano...è importante considerare il benessere,non come uno stato individuale,ma come un progetto da condividere con gli altri.
come dice Iavarone “questo perché non si parla di benessere fisico o economico,ma benessere come stato complesso proprio per il suo carattere globale quindi multicomponenziale,multidirezionale,multidimensionale".
Iavarone afferma che il benessere possiede più dimensioni in quanto il desiderio di benessere si trasforma sia sincronicamente,in contaminanza con un episodio particolare in un determinato momento dell'esistenza dell'individuo,sia diacronicamente se il processo di tensione al benessere lo si riconduce ad un intervallo di tempo più lungo della vita di un soggetto,inoltre sostiene che la pedagogia ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto,occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
La Delle Fave afferma che ogni membro della comunità è agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità stessa,compresi i membri cosiddetti svantaggiati,e in tal proposito integriamo il ben-essere come viene inteso per costoro.
la preoccupazione maggiore di coloro che si occupano di disabilità è stata sempre quella di riuscire a promuovere il ben-essere delle persone disabili integrandoli al meglio nella società.
si tende a pensare che i soggetti che passano dall’essere normodotati a disabili,se nella vita prima di divenire disabili erano felici,anche dopo questa felicità continua,in quanto il soggetto compie una massimizzazione delle situazioni positive del passato per eliminare le possibili esperienze negative del presente o futuro,e Vincenzo Palladino rappresenta perfettamente questa teoria.
a seguito vengono eseguite delle ricerca su bambini affetti da ritardo mentale dove questi oltre ad essere molto suscettibili ai cambiamenti d’umore,non hanno solamente un quoziente intellittivo basso,ma rispetto ai soggetti coetanei hanno una maggiore aspettativa di successo,bassa motivazione alle sfide e infine si affidano agli altri per risolvere problemi.
il tentativo di questa ricerca è cercare di dare ai soggetti delle capacità tali da riuscire a gestire la propria vita autonomamente.
venne effettuata anche una ricerca sulle famiglie di bambini con ritardo mentale,avere un bambino per ogni essere umano rappresenta felicità,aspettative per il futuro,ma anche ansia,preoccupazione,paura che il sogno di avere un figlio bello e sano possa frantumarsi,il futuro sembra svanire di fronte alla scoperta della disabilità del proprio figlio,lasciando,il genitore impreparato, al confronto con la nuova situazione.
nell’attuale ricerca risulta che le madri alla nascita e scoperta di un figlio con ritardo mentale entrano in uno status di stress totale con sentimenti di insoddisfazione personale per aver generato una creatura diversa dalle proprie aspettative.
a provocare questo forte stress sono anche i fattori esterni,quindi la società,gli amci della famiglia e la famiglia stessa,per questo bisogna dare il giusto appoggio alle famiglie con soggetti disabili per una migliore convivenza con la disabilità,al contrario ci sono famiglie che vedono la nascita di un bambino disabile come un esperienza che arricchisce la propria vita,e questo status positivo della famiglia da anche ottime possibilità di far crescere il bambino in un ambiente con stimoli positivi per una futura migliore qualità di vita.
Annamaria Bruno- Messaggi : 13
Data di iscrizione : 19.03.12
- Messaggio n°164
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
La Felicità…? Una meta cui posso e devo aspirare
Il tema della felicità affascina da sempre. Tutti vivono sospirando questo stato, tutti attendono desiderosi di raggiungere questa meta. In ogni tempo la felicità è stata oggetto di trattazione da parte della letteratura, della filosofia, della scienza, della religione perché l’animo umano anela sempre alla perenne Beatitudine. Riflettendo su questo tema, mi rendo conto quanto ogni nostro atto si espliciti per raggiungere la felicità anche, se intesa come soddisfazione dell’attimo presente. Nel libro Ben-essere disabili la Ghedin pone la domanda: cos’è la felicità? La felicità è un concetto sfuggente, è sicuramente uno stato individuale racchiuso nell’animo di ciascuno. Eudaimonia deriva da “buon demone”, la felicità era avere un buon demone, una buona sorte. Con Aristotele, Socrate, Platone si afferma che, l’uomo con le sue scelte può essere felice anche contro la sorte. Il senso più immediato di felicità implica un’emozione, una sensazione, come gioia o piacere. Quest’ultimo è il” primo livello di felicità”. La felicità di “secondo livello” si determina sommando i momenti positivi e sottraendo quelli negativi, essa comprende anche processi cognitivi più complessi. Esiste poi, un senso di felicità più ampio che, si traduce nell’ideale aristotelico del” vivere bene” (felicità di terzo livello), infatti per eudaimonia si intende una vita in cui la persona realizza le proprie potenzialità. La psicologia cognitiva ha contribuito significativamente alla concettualizzazione della felicità. Di particolare importanza è la teoria di Seligman, della felicità autentica, relativamente alla vita piacevole, alla vita buona, alla vita significativa. La vita piacevole è quella che massimizza le esperienze piacevoli, la buona vita si ha quando, l’individuo sviluppa le sue virtù in attività da cui trae piacere. La vita significativa si ha quando gli individui applicano le virtù in attività che, contribuiscono a un bene più grande. Le teorie contemporanee sulla felicità includono la teoria eudonica e la teoria edamonica, teorie sviluppate dal movimento della psicologia positiva: per la prima la felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore mentre, la seconda la ricava dall’attuazione del potenziale dell’individuo e dal perseguimento del proprio vero sé. I termini felicità e ben-essere soggettivo sono spesso usati come sinonimi, con li secondo che rappresenta il termine più scientifico dei due. Il ben-essere è stato definito vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico. Un altro significativo contributo della psicologia positiva è di integrare la teoria del flusso di Csikszentmihalyi con i concetti del ben-essere. Il flusso è lo stato di impegno, felicità ottimale che, si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante. Questo è molto significativo con riferimento alla prospettiva educativa perché, offre una riflessione sul possibile ruolo che, gli insegnanti dovrebbero avere nell’educazione di tutti i bambini. Un educatore che, rende l’apprendimento un’esperienza piacevole fa si che, questa esperienza diventi rilevante e pone le basi per leggere il mondo con curiosità e interesse. Si parla anche di ben-essere nella disabilità. Può una persona disabile essere felice? In che modo? Io credo che possa essere pienamente felice, capace di sviluppare alti gradi di sensibilità, così da rallegrarsi per il solo fatto di esistere, cosa che, noi normodotati dimentichiamo, banalizziamo, come se tutto ci fosse dovuto. Mi collego all’incontro con la Signora Tina; una donna che attraverso la sua disabilità è riuscita a godere delle bellezze del Creato, di cui prima non considerava nemmeno l’esistenza. Dal lavoro che, segue risulterà quanto l’ambiente sia determinante nel favorire o inibire le facoltà di una persona con disabilità. Canevaro afferma che li ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale, quanto al capitale sociale, cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi con i contesti. La Delle Fave afferma che è fondamentale, considerare che ciascun individuo deve essere visto come agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale soprattutto per i cosiddetti gruppi svantaggiati: persone con disabilità, anziani, persone in condizioni di disagio psicosociale, immigrati, minoranze. Gli individui non sono di per sé svantaggiati: lo diventano in un ambiente sociale in cui la loro condizione comporta conseguenze svantaggiose. Ciascun individuo deve essere incoraggiato ad usare i propri talenti e punti di forza, a coltivare attività che favoriscono esperienze ottimali, a perseguire l’autodeterminazione attraverso libertà e responsabilità. Ognuno di noi nascendo ha la capacità di ben-essere. La ricerca sul ben-essere fa parte della storia naturale dell’uomo e pertanto merita attenzione scientifica. Approfondire la conoscenza sul ben-essere non ignora la sofferenza umana ma tenta di alleviare la sofferenza attraverso la promozione di una buona salute, resilienza e crescita psicologica. Il ben-essere della persona disabile è strettamente determinato dalla capacità di autonomia che, si costruisce partendo dai punti di forza dei soggetti e non dalle loro debolezze. La Iavarone afferma:la capacità di saper leggere l’ambiente, di interpretare i propri bisogni, dare nome ai propri desideri, sono condizioni necessarie per conseguire un progetto di ben-essere personale e sociale realistico e contestualizzato. La qualità della vita per una persona disabile comprende: ben-essere emozionale, relazioni interpersonali, ben-essere materiale, ben-essere fisico, autodeterminazione, inclusione sociale. Di queste dimensioni il ben-essere emozionale sembra essere quello più vicino alla felicità. La Iavarone ancora argomenta, dicendo che: nella società occidentale il diritto a star bene sembra essere divenuto qualcosa di legittimo; diritto che, viene esercitato quanto più le persone vengono aiutate a ricorrere alle proprie risorse e potenzialità potendo, così determinare il proprio stato di ben-essere. La pedagogia speciale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
Annamaria
Anna Pasquariello- Messaggi : 16
Data di iscrizione : 13.03.12
Località : napoli
- Messaggio n°165
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Cos'è la felicità?
Questo è quello che ci illustra il primo capitolo del libro Ben.essere disabile.
La “felicità” è uno dei temi che ha sempre affascinato l'uomo, sia nella sua ricerca e raggiungimento, che nella sua rappresentazione attraverso l'arte, la pittura, scultura e poetica.
C'è chi crede che la felicità si trovi nel possedere beni materiali, chi crede che sia un sentimento come piacere o gioia, oppure come afferma Leopardi: non è il traguardo, ma bensì tutto il percorso che si fa per arrivare ad un obiettivo che si prova la felicità.
Lo scopo dell'uomo è quello di trovare un qualcosa che lo appaghi e lo faccia stare bene.
“Eudaimonia”, parola greca, tradotta come “ felicità” indica appunto la soddisfazione personale dell'individuo e una sua collocazione nel mondo.
Precedentemente, eudaimonia intendeva “avere un buon demone”, “una buona sorte”.
Questo termine ha avuto varie evoluzioni nel tempo, come si è potuto notare attraverso gli studi di Platone, Socrate e Aristotele.
I tre autori, affermano che l'uomo è capace di diventare felice attraverso le sue scelte e la libertà.
Secondo Nettle, la felicità è suddivisa in tre livelli:
il primo livello di felicità implica un emozione o sensazione immediato, come può essere il piacere o la gioia.
Il secondo livello di felicità si ha quando una persona, analizzando la propria vita tra le varie emozioni di piacere e dispiaceri, si accorge che le cose positive sono di più o più forti delle negative, affermando di vivere una vita felice.
Il terzo livello di felicità ci si avvicina ad una “felicità” in senso Aristotelico del vivere bene.
Così adesso mi viene da pensare che la felicità allora per alcune persone è un traguardo irraggiungibile, dato che molti non hanno le nostre stesse facoltà o possibilità di condurre una vita normale.
Si pensi ad un non vedente, avvolto nel buio che fa paura a tutti, sin da bambini, quando di notte chiamavamo la mamma pregandola di tenere la luce accesa.
Il loro buio per il non vedente è per sempre, eppure molti riescono a trovare una luce interiore che li spinge verso una gioia che non potremmo conoscere, quella che proviene dal cuore.
L'esperienza di incontrare il prof. Palladino, un uomo che pur non vedendo aveva una grande forza e coraggio, per combattere la società, le barriere architettoniche e gli sguardi carichi di pietà.
Si parla di felicità anche quando un uomo individua delle proprie potenzialità e talenti che Seligman e Peterson a riguardo hanno condotto varie rassegne.
Seligman diffonde la teoria della felicità relativa alla buona vita, basata sulle concezioni come “eudaimonica” e “edonica”.
Per “edosistico” si intende il raggiungimento massimo del piacere, e quello minimo del dolore.
Per “eudaimanico”, la felicità è quando l'individuo prosegue il vero sé.
Noi uomini spesso attribuiamo parole a vari contesti, situazioni o cose in modo errato.
Canevfaro con la frase :” le parole sono importanti” ci invita a riflettere e capire il vero senso delle parole.
Ad esempio utilizziamo il termine felicità come sinonimo di benessere.
Il benessere è uno stato che coinvolge molti aspetti dell'essere umano; di solito si intende “vivere bene, non più incentrata solo sull'assenza di patologia”
l'autrice del testo fa una suddivisione della parola “ben-essere”, in cui c'è qualcosa che ci fa stare bene e “benessere disabili” per integrare, creare la loro identità all'interno della società.
Secondo Canevaro il benessere è legato alla condizione individuale del soggetto e alle capacità di adattarsi nei contesti.
Edouard Seguin, un medico francese, portò avanti la prima scuola per bambini disabili che inizialmente ebbe un grosso successo, fino a quando gli obiettivi cambiarono.
Le strutture scolastiche diventarono con il tempo meno educative e si sentì il bisogno di creare servizi di educazione speciale appunto per combattere tutti i problemi che erano nati,promuovendo il benessere per disabili.
A volte pensando a queste parole, la prima cosa che ci viene in mente è la capacità di renderli “autonomi”, ma non è solo questo.
In questi giorno, si è diffusa una notizia che una struttura di Caserta, che accoglieva le persone con disabilità, adottavano metodi educativi che nemmeno agli animali andrebbero applicati.
Si trovavano in situazioni disastrose, dalla pulizia, ordine, le cure che non c'erano, fino ad abbandonarli a loro stessi.
Invece bisognerebbe innanzitutto considerarle come persone, agire a livello psicologico, integrandolo, sviluppando le capacità relazionali, trattandolo non come il “diverso”.
Non serve solo concentrarsi a far si che le persone con disabilità sappiano lavarsi, vestirsi e mangiare da soli, ma è opportuno soffermarci sulle loro problematiche e diminuire i vari handicap creati dall'ambiente circostante.
L'educatore ha il compito di rendergli più facile una comunicazione con il mondo esterno.
Zigler negli anni 70 sostenne che i bambini con un ritardo mentale avessero migliori aspettative di successo affidando facilmente ad altri le soluzioni di problemi, evitando le sfide.
Le famiglie, dinanzi alla nascita di un bambino disabile, cadono in uno stato di disorientamento, paura nell'affrontare la situazione e insicurezza al far bene.
Attraverso delle ricerche condotte da Mullins in erente all'argomento si è arrivati alla conclusione che le reazioni dinanzi al caso possono essere o che la madre cadda in una profonda angoscia o che riscopra in suo figlio disabile una vitta ricca di significato.
Il disabile è una persona e come tale è considerato un cittadino.
Dovremo garantirgli una vita serena, spensierata migliorando le loro condizioni di vita.
LA SUPREMA FELICITà DELLA VITA è SEMPRE DI ESSERE AMATI PER QUELLO CHE SI è, E Più PRECISAMENTE, DI ESSERE AMATI NONOSTANTE QUELLO CHE SI è! ( dal poeta Victor Hugo)
Questo è quello che ci illustra il primo capitolo del libro Ben.essere disabile.
La “felicità” è uno dei temi che ha sempre affascinato l'uomo, sia nella sua ricerca e raggiungimento, che nella sua rappresentazione attraverso l'arte, la pittura, scultura e poetica.
C'è chi crede che la felicità si trovi nel possedere beni materiali, chi crede che sia un sentimento come piacere o gioia, oppure come afferma Leopardi: non è il traguardo, ma bensì tutto il percorso che si fa per arrivare ad un obiettivo che si prova la felicità.
Lo scopo dell'uomo è quello di trovare un qualcosa che lo appaghi e lo faccia stare bene.
“Eudaimonia”, parola greca, tradotta come “ felicità” indica appunto la soddisfazione personale dell'individuo e una sua collocazione nel mondo.
Precedentemente, eudaimonia intendeva “avere un buon demone”, “una buona sorte”.
Questo termine ha avuto varie evoluzioni nel tempo, come si è potuto notare attraverso gli studi di Platone, Socrate e Aristotele.
I tre autori, affermano che l'uomo è capace di diventare felice attraverso le sue scelte e la libertà.
Secondo Nettle, la felicità è suddivisa in tre livelli:
il primo livello di felicità implica un emozione o sensazione immediato, come può essere il piacere o la gioia.
Il secondo livello di felicità si ha quando una persona, analizzando la propria vita tra le varie emozioni di piacere e dispiaceri, si accorge che le cose positive sono di più o più forti delle negative, affermando di vivere una vita felice.
Il terzo livello di felicità ci si avvicina ad una “felicità” in senso Aristotelico del vivere bene.
Così adesso mi viene da pensare che la felicità allora per alcune persone è un traguardo irraggiungibile, dato che molti non hanno le nostre stesse facoltà o possibilità di condurre una vita normale.
Si pensi ad un non vedente, avvolto nel buio che fa paura a tutti, sin da bambini, quando di notte chiamavamo la mamma pregandola di tenere la luce accesa.
Il loro buio per il non vedente è per sempre, eppure molti riescono a trovare una luce interiore che li spinge verso una gioia che non potremmo conoscere, quella che proviene dal cuore.
L'esperienza di incontrare il prof. Palladino, un uomo che pur non vedendo aveva una grande forza e coraggio, per combattere la società, le barriere architettoniche e gli sguardi carichi di pietà.
Si parla di felicità anche quando un uomo individua delle proprie potenzialità e talenti che Seligman e Peterson a riguardo hanno condotto varie rassegne.
Seligman diffonde la teoria della felicità relativa alla buona vita, basata sulle concezioni come “eudaimonica” e “edonica”.
Per “edosistico” si intende il raggiungimento massimo del piacere, e quello minimo del dolore.
Per “eudaimanico”, la felicità è quando l'individuo prosegue il vero sé.
Noi uomini spesso attribuiamo parole a vari contesti, situazioni o cose in modo errato.
Canevfaro con la frase :” le parole sono importanti” ci invita a riflettere e capire il vero senso delle parole.
Ad esempio utilizziamo il termine felicità come sinonimo di benessere.
Il benessere è uno stato che coinvolge molti aspetti dell'essere umano; di solito si intende “vivere bene, non più incentrata solo sull'assenza di patologia”
l'autrice del testo fa una suddivisione della parola “ben-essere”, in cui c'è qualcosa che ci fa stare bene e “benessere disabili” per integrare, creare la loro identità all'interno della società.
Secondo Canevaro il benessere è legato alla condizione individuale del soggetto e alle capacità di adattarsi nei contesti.
Edouard Seguin, un medico francese, portò avanti la prima scuola per bambini disabili che inizialmente ebbe un grosso successo, fino a quando gli obiettivi cambiarono.
Le strutture scolastiche diventarono con il tempo meno educative e si sentì il bisogno di creare servizi di educazione speciale appunto per combattere tutti i problemi che erano nati,promuovendo il benessere per disabili.
A volte pensando a queste parole, la prima cosa che ci viene in mente è la capacità di renderli “autonomi”, ma non è solo questo.
In questi giorno, si è diffusa una notizia che una struttura di Caserta, che accoglieva le persone con disabilità, adottavano metodi educativi che nemmeno agli animali andrebbero applicati.
Si trovavano in situazioni disastrose, dalla pulizia, ordine, le cure che non c'erano, fino ad abbandonarli a loro stessi.
Invece bisognerebbe innanzitutto considerarle come persone, agire a livello psicologico, integrandolo, sviluppando le capacità relazionali, trattandolo non come il “diverso”.
Non serve solo concentrarsi a far si che le persone con disabilità sappiano lavarsi, vestirsi e mangiare da soli, ma è opportuno soffermarci sulle loro problematiche e diminuire i vari handicap creati dall'ambiente circostante.
L'educatore ha il compito di rendergli più facile una comunicazione con il mondo esterno.
Zigler negli anni 70 sostenne che i bambini con un ritardo mentale avessero migliori aspettative di successo affidando facilmente ad altri le soluzioni di problemi, evitando le sfide.
Le famiglie, dinanzi alla nascita di un bambino disabile, cadono in uno stato di disorientamento, paura nell'affrontare la situazione e insicurezza al far bene.
Attraverso delle ricerche condotte da Mullins in erente all'argomento si è arrivati alla conclusione che le reazioni dinanzi al caso possono essere o che la madre cadda in una profonda angoscia o che riscopra in suo figlio disabile una vitta ricca di significato.
Il disabile è una persona e come tale è considerato un cittadino.
Dovremo garantirgli una vita serena, spensierata migliorando le loro condizioni di vita.
LA SUPREMA FELICITà DELLA VITA è SEMPRE DI ESSERE AMATI PER QUELLO CHE SI è, E Più PRECISAMENTE, DI ESSERE AMATI NONOSTANTE QUELLO CHE SI è! ( dal poeta Victor Hugo)
Chiara Di Napoli- Messaggi : 14
Data di iscrizione : 13.03.12
Età : 35
Località : Napoli
- Messaggio n°166
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Si parla spesso di felicità ma cos’è la felicità?La felicità è vivere una buona vita ovvero cercare sempre nuovi metodi per essere felici,in psicologia la felicità è l’alleviamento delle malattie mentali. Un autore che ha cercato di fare una gerarchia dei bisogni è Ma slow che afferma che al gradino più alto ci sono l’autostima e l’attualizzazione ma ciò può avvenire solo soddisfacendo i bisogni che si trovano alla base cioè la sopravvivenza e la sicurezza. La psicologia positiva ha provato a studiare le situazioni fonte di felicità per l’essere umano e iniziano a fare la distinzione tra GIOIA o piacere che è qualcosa di temporaneo e immediato e la SODDISFAZIONE o l’appagamento che è durevole nel tempo. Per parlare di felicità dobbiamo partire da quando la parola è stata coniata, ad esempio ai tempi d’Aristotele, Socrate o Platone per loro la felicità era quando l’uomo grazie alle sue scelte diventava felice, in poche parole, quando “sfidava la sorte” perciò tuttora noi colleghiamo la felicità al compimento degli obiettivi nella nostra vita. La felicità da un punto di vista edonistico riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione dei dolori, dal punto di vista eudemonico è l’attualizzazione del proprio potenziale e la realizzazione del proprio sé. Un altro autore simile a Maslow è Nettle che divide la felicità in vari livelli.
• Primo livello: quando l’uomo fa il bilancio della propria vita tra piaceri e dolori e nota che ci sono stati più momenti belli che brutti.
• Secondo livello: quando l’uomo utilizza termini come appagamento o soddisfazione della propria vita.
• Terzo livello: quando l’uomo intende la propria vita prospera o riesce a realizzare le sue potenzialità, ed è una felicità non misurabile.
La psicologa Ryff invece parla di ben-essere ovvero in termine più ampio che comprende una crescita personale, la padronanza del proprio ambiente e c’è un equilibrio nella persona e così tra i momenti belli e brutti’OMS ha cercato di dare una definizione di ben-essere: ”Una persona in salute fisica, psicologica e sociale” perché il ben-essere vuol dire vivere bene in tutti gli ambiti della persona anche alla presenza di malattie. Un altro aspetto del ben-essere non è solo la felicità ma anche dei periodi della propria vita neutra ovvero nel quale non ci sono né momenti belli né momenti brutti,per vivere bene si possono usare le proprie potenzialità per realizzare progetti personali o più ampi,cioè per la comunità. Secondo la psicologia ogni individuo nasce con un corredo genetico e con un corredo culturale che s’arricchisce durante la mia vita,ciò è ripreso da Canevaro e Delle Fave,entrambi affermano che ogni individuo è unico e irripetibile e l’educazione deve far si che nessuno si senta svantaggiato. La nostra società è troppo ricca e non ci fa capire cosa è veramente la felicità perché sono tutto futile e veloce, perciò il ben-essere non deve essere misurato in base ai beni materiali ma all’aspirazione. Per quanto riguarda il disabile ben-essere vuol dire sentirsi alla pari con i normodotati tramite l’aiuto da parte d’educatori sia ai disabili sia alla famiglia,nella nostra società è stato fatto molto ma non abbastanza per i disabili ma almeno si è capito che le istituzioni per disabili non devono essere luoghi di reclusione come negli anni ‘50/’60 ma luoghi per aiutare i disabili e dare supporto alla famiglia. Il benessere per i disabili e un percorso fatto di tappe per “adattarsi” alla realtà, l’obiettivo non è solo rendere le persone disabili in grado di mangiare; di vestirsi o lavarsi ma sviluppare al massimo le proprie potenzialità. Ci sono vari filoni di ricerca:
• IL MOVIMENTO DELLA QUALITA’ DELLA VITA
Si basa sulla qualità della vita e per un disabile vuol dire un benessere emozionale, capacità di relazioni interpersonali, benessere fisico,auto determinazione,inclusione sociale e tramite studi si è saputo che una volta arrivati alla soglia dei bisogni di base il denaro non serve
• IL MOVIMENTO DELLA DOPPIA DIAGNOSI
Il movimento si è impegnato a ricercare e a focalizzare tutti i modi per identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi per la sviluppo di un ben-essere della vita.
• PERSONALITA’-MOTIVAZIONE E FELICITA’
Zigler negli anni ’70 scoprì che i disabili pur avendo un Q.I. sotto la media avevano delle personalità distintive perché hanno provato sulla propria pelle il sentimento del fallimento o dell’essere inopportuno.
• LA RICERCA SULLA FAMIGLIA
Hanno studiato le attese collegate alla nascita di un figlio, ma la nascita di un figlio disabile è un evento luttuoso ed angosciante e le madri passano da stadi di shock,disorganizzazione emotiva e dopo una riorganizzazione,le ricerche provano ad aiutare le famiglie ad accettare questo evento e ad indirizzarla su un evento positivo anche perché si è notato che le persone nate disabili sono più felici di persone diventate disabili dopo.
Per terminare aggiungo le parole della Prof. Iavarone che afferma che la pedagogia, in particolare quella sociale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione e educazione, tutelando la salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale, quindi bisogna formare diversi professionisti che sappiano gestire relazioni di cura, sostegno e aiuto perché tutti abbiamo il diritto di star bene ed essere felici.
• Primo livello: quando l’uomo fa il bilancio della propria vita tra piaceri e dolori e nota che ci sono stati più momenti belli che brutti.
• Secondo livello: quando l’uomo utilizza termini come appagamento o soddisfazione della propria vita.
• Terzo livello: quando l’uomo intende la propria vita prospera o riesce a realizzare le sue potenzialità, ed è una felicità non misurabile.
La psicologa Ryff invece parla di ben-essere ovvero in termine più ampio che comprende una crescita personale, la padronanza del proprio ambiente e c’è un equilibrio nella persona e così tra i momenti belli e brutti’OMS ha cercato di dare una definizione di ben-essere: ”Una persona in salute fisica, psicologica e sociale” perché il ben-essere vuol dire vivere bene in tutti gli ambiti della persona anche alla presenza di malattie. Un altro aspetto del ben-essere non è solo la felicità ma anche dei periodi della propria vita neutra ovvero nel quale non ci sono né momenti belli né momenti brutti,per vivere bene si possono usare le proprie potenzialità per realizzare progetti personali o più ampi,cioè per la comunità. Secondo la psicologia ogni individuo nasce con un corredo genetico e con un corredo culturale che s’arricchisce durante la mia vita,ciò è ripreso da Canevaro e Delle Fave,entrambi affermano che ogni individuo è unico e irripetibile e l’educazione deve far si che nessuno si senta svantaggiato. La nostra società è troppo ricca e non ci fa capire cosa è veramente la felicità perché sono tutto futile e veloce, perciò il ben-essere non deve essere misurato in base ai beni materiali ma all’aspirazione. Per quanto riguarda il disabile ben-essere vuol dire sentirsi alla pari con i normodotati tramite l’aiuto da parte d’educatori sia ai disabili sia alla famiglia,nella nostra società è stato fatto molto ma non abbastanza per i disabili ma almeno si è capito che le istituzioni per disabili non devono essere luoghi di reclusione come negli anni ‘50/’60 ma luoghi per aiutare i disabili e dare supporto alla famiglia. Il benessere per i disabili e un percorso fatto di tappe per “adattarsi” alla realtà, l’obiettivo non è solo rendere le persone disabili in grado di mangiare; di vestirsi o lavarsi ma sviluppare al massimo le proprie potenzialità. Ci sono vari filoni di ricerca:
• IL MOVIMENTO DELLA QUALITA’ DELLA VITA
Si basa sulla qualità della vita e per un disabile vuol dire un benessere emozionale, capacità di relazioni interpersonali, benessere fisico,auto determinazione,inclusione sociale e tramite studi si è saputo che una volta arrivati alla soglia dei bisogni di base il denaro non serve
• IL MOVIMENTO DELLA DOPPIA DIAGNOSI
Il movimento si è impegnato a ricercare e a focalizzare tutti i modi per identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi per la sviluppo di un ben-essere della vita.
• PERSONALITA’-MOTIVAZIONE E FELICITA’
Zigler negli anni ’70 scoprì che i disabili pur avendo un Q.I. sotto la media avevano delle personalità distintive perché hanno provato sulla propria pelle il sentimento del fallimento o dell’essere inopportuno.
• LA RICERCA SULLA FAMIGLIA
Hanno studiato le attese collegate alla nascita di un figlio, ma la nascita di un figlio disabile è un evento luttuoso ed angosciante e le madri passano da stadi di shock,disorganizzazione emotiva e dopo una riorganizzazione,le ricerche provano ad aiutare le famiglie ad accettare questo evento e ad indirizzarla su un evento positivo anche perché si è notato che le persone nate disabili sono più felici di persone diventate disabili dopo.
Per terminare aggiungo le parole della Prof. Iavarone che afferma che la pedagogia, in particolare quella sociale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione e educazione, tutelando la salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale, quindi bisogna formare diversi professionisti che sappiano gestire relazioni di cura, sostegno e aiuto perché tutti abbiamo il diritto di star bene ed essere felici.
Miriana Medaglia- Messaggi : 23
Data di iscrizione : 13.03.12
Età : 33
Località : Caserta
- Messaggio n°167
Capitolo I: Benessere nella disabilità
Ben-essere disabili. Sembra quasi un paradosso, come riteneva il sociologo Sol Levine. Può un disabile essere felice? Può egli, nella condizione di disabilità nella quale si trova, provare un senso di benessere? Si, può, perché la valutazione della qualità della propria vita non comprende solamente parametri medici ma anche valutazioni soggettive che hanno evidenziato come la condizione di mal-essere si può trasformare in ben-essere. La psicologa C. Ryff ha supportato la tesi che il benessere non si limiti ad una condizione di assenza di dolore o di presenza di piacere, ma che esso implichi una vera e propria crescita personale, attraverso il raggiungimento degli obiettivi e della serenità col proprio ambiente e con sé stessi. E’ opinione diffusa, infatti, che il benessere sia il risultato di fattori oggettivi e soggettivi; e per quest’ ultimi intendiamo ottimismo, autodeterminazione, persistenza, sostegno sociale. Quella del supporto sociale è una condizione imprescindibile per la realizzazione del benessere, che avviene proprio dall’incontro tra benessere personale e quello collettivo, sociale. Non solo traguardi e soddisfazione personale, quindi, ma anche e soprattutto appagamento sociale, che si concretizza grazie ad una maggior autonomia e libertà di azione nel contesto sociale (il benessere di un individuo è legato, appunto, alla capacità e alla possibilità di sapersi organizzare e adattare al proprio ambiente). Secondo la Delle Fave, ogni individuo deve potersi sentire fondamentale e utile per la comunità nella quale è inserito, attivo e capace di poter assicurare il cambiamento e il miglioramento della sua società; a maggior ragione devono poter concretizzare queste realtà le persone svantaggiate e disagiate. Tutti noi abbiamo delle capacità e delle potenzialità che altri non hanno ed è giusto metterle al servizio di tutti; dei talenti e delle possibilità di azione che non possono rimanere infruttuose; delle forze che vanno investite nel lavoro, nel tempo libero, nelle relazioni con gli altri. Per Waterman la felicità non si raggiunge perseguendo il piacere ma facendo leva su queste nostre forze, che ci permettono di avere delle sane relazioni sociali, di essere autonomi e soddisfatti di noi stessi e degli obiettivi raggiunti. Seguire questo percorso significa andare incontro alla felicità, cioè alla concretizzazione dei propri potenziali e al raggiungimento del sé. Ma che cos’è la felicità?
Anticamente veniva identificata col termine eudaimonia che significava “avere una buona sorte”, con Socrate il termine si valorizza de significato di “essere felici contro la sorte”, armandosi della propria forza e delle proprie libere scelte. Per felicità noi oggi intendiamo una sensazione, il raggiungimento di una condizione desiderata (felicità di I livello), l’essere soddisfatti della propria vita, facendo il bilancio della propria esistenza (II livello) e la consapevolezza di avere una vita realizzata e prospera, vissuta al massimo delle nostre potenzialità. Come possiamo, dunque, collegare la disabilità con la felicità? Abbiamo detto che questa è raggiungibile attraverso le forze specifiche di ogni individuo, proprio perché queste ci permettono di affrontare le sfide della vita e di reagire agli eventi più duri. Il benessere non vuole ignorare la sofferenza ma vuole lenirla attraverso quelle caratteristiche globali della persona (prima tra tutte la resilienza), che riesce, così, a trovare la sua felicità e il suo benessere non negli eventi esterni/oggettivi ma in quelli interni/soggettivi. Per questo è profondamente errato calcolare la qualità della vita in base all’accesso che si ha ai beni materiali e non considerare invece le esperienze e le possibilità di ogni cittadino; questo perché è ancora molto forte la convinzione che il benessere sia direttamente collegato alla quantità di beni a disposizione, ma il caso della signora Tina smentisce queste credenze. La sua storia è molto particolare, ha dovuto far i conti con la cattiveria e l’ingiustizia dell’uomo e ha dovuto pagarne caramente le conseguenze, ma questo è stato per lei l’inizio di una nuova vita, fatta di una sensibilità diversa e più profonda, una sensibilità che le permette di guardare la natura e soffermarsi ad ascoltarla. Oltre ad essere la prova vivente che il benessere prescinde dalla condizione fisica (è paralizzata per metà corpo) è anche un esempio di resilienza, come l’Atzori, come Pistorius e come tantissimi altri uomini e donne che hanno avuto la forza e il coraggio di rimboccarsi le maniche, di andare avanti, di fare della loro vita qualcosa di speciale senza fermarsi a piangersi addosso. Il benessere, possiamo affermare, è una condizione mentale che oltre a fattori clinici tiene in considerazione anche gli aspetti emotivi, che si manifestano seguendo differenti vie. Innanzitutto, sostiene la prof.ssa Iavarone, il benessere è multidirezionale e multidimensionale perché abbraccia più aspetti della vita, per cui varia in maniera sincronica (in base ad un particolare evento accaduto nel corso della vita) e diacronica (se riguarda invece periodi di tempo più estesi); inoltre si evolve sia in maniera verticale (per tutta la vita del soggetto) che in maniera orizzontale (per tutti i luoghi in cui egli vive). Per far sì che i disabili possano realizzare il proprio benessere, è necessario che si superi il puro assistenzialismo per non sminuire le loro risorse interiori e che li si indirizzi verso la vita che desiderano (con una corretta progettazione), seguendo i propri sogni e desideri e dando voce ai propri bisogni e necessità. Vivere in maniera attiva e partecipe la realtà sociale e focalizzarsi sui loro punti di forza piuttosto che sui loro deficit, è un modo per accantonare, secondo la Iavarone, le condizioni fisiche dei disabili e dare finalmente spazio alla loro personalità. Fino a non molto tempo fa, le persone disagiate venivano isolate negli istituti e arginati nelle proprie debolezze, allontanandoli dalla società che poteva provvedere loro una completa integrazione.
Il benessere e la felicità, a causa della loro soggettività, sono stati a lungo bistrattati dagli studi di psicologia ma, per il semplice fatto che le persone passano l’intera loro vita a ricercarli, è sembrato opportuno focalizzare alcuni studi su questi due concetti. E’ emerso, appunto che i bambini disabili hanno un basso senso di autoefficacia e la tendenza a ricorrere all’aiuto degli altri e si è compreso, quindi, che bisogna agire sulla loro motivazione e autostima, in ambito scolastico e non. Anche l’osservazione delle famiglie ha permesso di notare come i genitori di bambini disabili (dopo aver superato le prime fasi di shock e disorganizzazione) mettano in atto strategie di coping alla nascita del figlio, che gli permettono di fronteggiare situazioni spossanti. Questo approccio positivo permette di ridurre lo stress ed è un valido aiuto per il bambino stesso, che cresce, così, in un ambiente favorevole e con una qualità di vita familiare alta. Infatti, in uno studio condotto da Cameron, non sono emerse differenze tra le valutazioni globali di vita dei disabili e dei normodotati. Questo dimostra com’ è soprattutto l’aspetto psicologico e sociale ad influenzare la qualità della nostra vita e solo parzialmente quello fisico, e che, come anche evidenziato dalla Iavarone, il benessere si realizza se abbiamo la possibilità di avvalerci alle nostre risorse e forze personali.
Anticamente veniva identificata col termine eudaimonia che significava “avere una buona sorte”, con Socrate il termine si valorizza de significato di “essere felici contro la sorte”, armandosi della propria forza e delle proprie libere scelte. Per felicità noi oggi intendiamo una sensazione, il raggiungimento di una condizione desiderata (felicità di I livello), l’essere soddisfatti della propria vita, facendo il bilancio della propria esistenza (II livello) e la consapevolezza di avere una vita realizzata e prospera, vissuta al massimo delle nostre potenzialità. Come possiamo, dunque, collegare la disabilità con la felicità? Abbiamo detto che questa è raggiungibile attraverso le forze specifiche di ogni individuo, proprio perché queste ci permettono di affrontare le sfide della vita e di reagire agli eventi più duri. Il benessere non vuole ignorare la sofferenza ma vuole lenirla attraverso quelle caratteristiche globali della persona (prima tra tutte la resilienza), che riesce, così, a trovare la sua felicità e il suo benessere non negli eventi esterni/oggettivi ma in quelli interni/soggettivi. Per questo è profondamente errato calcolare la qualità della vita in base all’accesso che si ha ai beni materiali e non considerare invece le esperienze e le possibilità di ogni cittadino; questo perché è ancora molto forte la convinzione che il benessere sia direttamente collegato alla quantità di beni a disposizione, ma il caso della signora Tina smentisce queste credenze. La sua storia è molto particolare, ha dovuto far i conti con la cattiveria e l’ingiustizia dell’uomo e ha dovuto pagarne caramente le conseguenze, ma questo è stato per lei l’inizio di una nuova vita, fatta di una sensibilità diversa e più profonda, una sensibilità che le permette di guardare la natura e soffermarsi ad ascoltarla. Oltre ad essere la prova vivente che il benessere prescinde dalla condizione fisica (è paralizzata per metà corpo) è anche un esempio di resilienza, come l’Atzori, come Pistorius e come tantissimi altri uomini e donne che hanno avuto la forza e il coraggio di rimboccarsi le maniche, di andare avanti, di fare della loro vita qualcosa di speciale senza fermarsi a piangersi addosso. Il benessere, possiamo affermare, è una condizione mentale che oltre a fattori clinici tiene in considerazione anche gli aspetti emotivi, che si manifestano seguendo differenti vie. Innanzitutto, sostiene la prof.ssa Iavarone, il benessere è multidirezionale e multidimensionale perché abbraccia più aspetti della vita, per cui varia in maniera sincronica (in base ad un particolare evento accaduto nel corso della vita) e diacronica (se riguarda invece periodi di tempo più estesi); inoltre si evolve sia in maniera verticale (per tutta la vita del soggetto) che in maniera orizzontale (per tutti i luoghi in cui egli vive). Per far sì che i disabili possano realizzare il proprio benessere, è necessario che si superi il puro assistenzialismo per non sminuire le loro risorse interiori e che li si indirizzi verso la vita che desiderano (con una corretta progettazione), seguendo i propri sogni e desideri e dando voce ai propri bisogni e necessità. Vivere in maniera attiva e partecipe la realtà sociale e focalizzarsi sui loro punti di forza piuttosto che sui loro deficit, è un modo per accantonare, secondo la Iavarone, le condizioni fisiche dei disabili e dare finalmente spazio alla loro personalità. Fino a non molto tempo fa, le persone disagiate venivano isolate negli istituti e arginati nelle proprie debolezze, allontanandoli dalla società che poteva provvedere loro una completa integrazione.
Il benessere e la felicità, a causa della loro soggettività, sono stati a lungo bistrattati dagli studi di psicologia ma, per il semplice fatto che le persone passano l’intera loro vita a ricercarli, è sembrato opportuno focalizzare alcuni studi su questi due concetti. E’ emerso, appunto che i bambini disabili hanno un basso senso di autoefficacia e la tendenza a ricorrere all’aiuto degli altri e si è compreso, quindi, che bisogna agire sulla loro motivazione e autostima, in ambito scolastico e non. Anche l’osservazione delle famiglie ha permesso di notare come i genitori di bambini disabili (dopo aver superato le prime fasi di shock e disorganizzazione) mettano in atto strategie di coping alla nascita del figlio, che gli permettono di fronteggiare situazioni spossanti. Questo approccio positivo permette di ridurre lo stress ed è un valido aiuto per il bambino stesso, che cresce, così, in un ambiente favorevole e con una qualità di vita familiare alta. Infatti, in uno studio condotto da Cameron, non sono emerse differenze tra le valutazioni globali di vita dei disabili e dei normodotati. Questo dimostra com’ è soprattutto l’aspetto psicologico e sociale ad influenzare la qualità della nostra vita e solo parzialmente quello fisico, e che, come anche evidenziato dalla Iavarone, il benessere si realizza se abbiamo la possibilità di avvalerci alle nostre risorse e forze personali.
Piccolo Emilia- Messaggi : 11
Data di iscrizione : 13.03.12
Età : 32
- Messaggio n°168
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Ben-essere disabili
La felicità e stato l’argomento di base di dibattiti di filosofici, educativi e religiosi. Le persone hanno sempre cercato modi per diventare felici. Tuttavia solo recentemente le scienze hanno iniziato a studiare il concetto di felicità. Alcuni studiosi ritengono che studiare le conoscenze positive sia superficiale. Ma la domanda da porsi è che cosa sia la felicità? Il concetto e sfuggente e compare in ogni cultura. Ci sono molti usi del termine felicità, essa può manifestare in senso immediato implicando un emozione come la gioia o il piacere. La sensazione e provocata dal raggiungimento avvolte inaspettato di una cosa desiderata.
Nettle (2007) definisce tre livelli di felicità. La felicità di primo livello e quella quando le persone affermano di essere felici per qualcosa successo. Il secondo livello e quando le persone dopo aver fatto un bilancio tra emozioni positive e negative sono felici della loro vita. La felicità de terzo livello e più ampia e con cui si intende la vita di una persona in cui realizza e prospera le sue potenzialità. Sia la felicità di primo che di secondo livello possono essere misurate in modo oggettivo. La felicità di terzo livello non si può misurare altrettanto facilmente e valutarla significa esprimere un giudizio su cosa sia vivere bene, in che misura lo si realizzi nella propria vita.
C. Ryff con la sua psicologia ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge una serie di elementi come la crescita personale, franchezza con se stessi ed altri. Questi componenti, per Ryff, tendono a essere correlate con acidità più ristretta e perciò si possono trovare individui dotati di un alto livello di benessere psicologico.
OMS ha indicato con la promozione della salute come obbiettivo principale della medicina , che ha definito la salute come una condizione di benessere fisico, psicologico e sociale. Il benessere e stato definito “ vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico anche in presenza di una malattia”. Le teorie contemporanee includono la teoria eudonica, la teoria eudamonica,la teoria sviluppata dal movimento della psicologia positiva. La felicità dal punto di vista eudomistico riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione dei dolori. Al contrario, la felicita dal punto di vista eudoimonico è l’attualizzazione del potenziale dell’individuo e del proseguimento del proprio vero sé. Molte prospettive recenti sulla felicità sono coerenti con la teoria eudimonica. Waterman (1993) dice che la felicità e massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori. Il benessere considera la soddisfazione delle proprie esigenze per questo si porta in primo piano la relazione tra il benessere e il singolo e lo sviluppo della collettività. Infatti l’interdipendenza tra individuo e sistema culturale è un dato strutturale alla natura umana. Gli esseri umani cercano continuamente di attribuire un senso e un significato agli eventi, ai comportamenti, agli stati interni e alle intenzioni sociali e tale significato è funzionale alle nostre categorie e ai valori di riferimento che sono culturalmente costituiti. La Delle Fave (2007) afferma che è fondamentale, in una prospettiva eudaimonica, considerare che ciascuno individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale per tutti i membri della comunità e soprattutto per i così detti gruppi svantaggiati:le persone con disabilità, anziani,persone in condizione di disagio psicosociale,immigrati minoranze. Gli individui non sono per sé svantaggiati lo diventano in un ambiente sociale o culturale in cui la loro condizione comporti conseguenze svantaggiose. Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso ad usare efficacemente i propri talenti e punti di forza attraverso l’esercizio della libertà ed della responsabilità. Da una prospettiva educativa questo significa che tutti abbiamo le potenzialità. La teoria dell’equilibrio dinamico afferma che i livelli di felicità rimangono costanti nel corso del tempo. Questa teoria mette in dubbio il ricercare interventi sul singolo per accrescere la sua felicità. L’essere umano ha bisogno di sfide, ha bisogno di mettersi alla prova, di rinforzare le proprie capacità e potenzialità. Molte analisi della natura del benessere rappresentano una variazione sul tema che le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono. Lo studio del benessere ha importanti implicazioni per la vita stessa degli individui. L’obbiettivo e quello di individuare dei metodi che possano rendere in grado gli individui di aumentare il loro livello di benessere. Il concetto di normalizzazione è ampiamente condiviso dalle famiglie e dai sostenitori che conducono a politiche che integrano le persone con disabilità nella società. Questo ambito e stato caratterizzato dall’inclusione nella comunità. Allo stesso tempo si sono sviluppati i servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie e programmi basati sulla comunità che mirano a incontrare i bisogni materiali degli adulti. I programmi di formazione hanno facilitato l’indipendenza che mira a rendere le persone con disabilità in grado di compiere scelte personali della loro vita. Alcuni strumenti per far si che il disabile arrivi ad una indipendenza personale potrebbe esse la casa domotica,la quale grazie alle ultime tecnologie chiunque potrebbe raggiungere la sua autonomia ecco perché l’obbiettivo non e solo quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi ma di poter attingere alle loro capacità di scelta per vivere la vita che essi hanno scelto di vivere. Per un disabile avere una buona qualità di vita è comprendere le esperienza di vita esterne e oggettive vissute da persone. Il Movimento della qualità della vita ha come obiettivo l’analisi della soddisfazione esterna, essa comprende il benessere emozionale, relazioni interpersonali, benessere fisico, inclusione sociale dei diritti. Migliorare le condizioni oggettive di vita delle persone con disabilità è la giusta cosa da fare in una società equa. Una premessa di base della psicologia positiva è quella che le persone con ritardo mentale al confronto con la popolazione sono più ad alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi. La ricerca sulle famiglie di bambini con ritardo mentale ha avuto un orientamento nella direzione della psicopatologia. Quando nasce un figlio con disabilità le madri passano attraverso diversi stadi: shock, disorganizzazione emotiva e poi riorganizzazione dopo essersi adattato al trauma di avere un bambino con disabilità. Mullins ha condotto vari analisi su genitori con figli disabili mettendo in evidenza la presenza di stress emotivo e preoccupazioni ma ha anche aggiunto che molti di loro il fatto di avere un figlio con disabilità ha aggiunto qualcosa in più alle loro vite,arricchendole di significato. Quindi come per ogni altro bambino, la famiglia la famiglia e i sistemi ambientali hanno influenzato sul bambino con disabilità. Un atteggiamento negativo verso la disabilità d parte della famiglia, amici non influisce direttamente sul bambino ma può aggiungersi al livello di stress della famiglia. Per questo è importante capire come le famiglie gestiscono lo stress e a sviluppare percezioni positive che portano a un miglioramento della qualità della vita. In Italia la legge 104/92 offre alle persone con disabilità diritti di accesso ai servizi pubblici come alle persone non disabili. L’obiettivo politico e quello di normalizzare le vite delle persone con la disabilità, come aumentare il livello della loro qualità di vita per portarle più vicine a quello delle persone non disabili. Uppal (2006) grazie a uno studio è giunto alla conclusione che il benessere soggettivo è negativamente correlato alla severità della disabilità ma è indipendente dal tipo delle disabilità fisica. I risultati evidenziano che le persone disabili alla nascita di mostrano di essere più felici rispetto alle persone che sono diventate disabili nel corso degli anni. Nella società occidentale il diritto di star bene sembra essere divenuto qualcosa di più legittimo e facilmente possibile. La pedagogia ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ed educazione tutelando la salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche psicosociale.
La felicità e stato l’argomento di base di dibattiti di filosofici, educativi e religiosi. Le persone hanno sempre cercato modi per diventare felici. Tuttavia solo recentemente le scienze hanno iniziato a studiare il concetto di felicità. Alcuni studiosi ritengono che studiare le conoscenze positive sia superficiale. Ma la domanda da porsi è che cosa sia la felicità? Il concetto e sfuggente e compare in ogni cultura. Ci sono molti usi del termine felicità, essa può manifestare in senso immediato implicando un emozione come la gioia o il piacere. La sensazione e provocata dal raggiungimento avvolte inaspettato di una cosa desiderata.
Nettle (2007) definisce tre livelli di felicità. La felicità di primo livello e quella quando le persone affermano di essere felici per qualcosa successo. Il secondo livello e quando le persone dopo aver fatto un bilancio tra emozioni positive e negative sono felici della loro vita. La felicità de terzo livello e più ampia e con cui si intende la vita di una persona in cui realizza e prospera le sue potenzialità. Sia la felicità di primo che di secondo livello possono essere misurate in modo oggettivo. La felicità di terzo livello non si può misurare altrettanto facilmente e valutarla significa esprimere un giudizio su cosa sia vivere bene, in che misura lo si realizzi nella propria vita.
C. Ryff con la sua psicologia ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge una serie di elementi come la crescita personale, franchezza con se stessi ed altri. Questi componenti, per Ryff, tendono a essere correlate con acidità più ristretta e perciò si possono trovare individui dotati di un alto livello di benessere psicologico.
OMS ha indicato con la promozione della salute come obbiettivo principale della medicina , che ha definito la salute come una condizione di benessere fisico, psicologico e sociale. Il benessere e stato definito “ vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico anche in presenza di una malattia”. Le teorie contemporanee includono la teoria eudonica, la teoria eudamonica,la teoria sviluppata dal movimento della psicologia positiva. La felicità dal punto di vista eudomistico riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione dei dolori. Al contrario, la felicita dal punto di vista eudoimonico è l’attualizzazione del potenziale dell’individuo e del proseguimento del proprio vero sé. Molte prospettive recenti sulla felicità sono coerenti con la teoria eudimonica. Waterman (1993) dice che la felicità e massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori. Il benessere considera la soddisfazione delle proprie esigenze per questo si porta in primo piano la relazione tra il benessere e il singolo e lo sviluppo della collettività. Infatti l’interdipendenza tra individuo e sistema culturale è un dato strutturale alla natura umana. Gli esseri umani cercano continuamente di attribuire un senso e un significato agli eventi, ai comportamenti, agli stati interni e alle intenzioni sociali e tale significato è funzionale alle nostre categorie e ai valori di riferimento che sono culturalmente costituiti. La Delle Fave (2007) afferma che è fondamentale, in una prospettiva eudaimonica, considerare che ciascuno individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale per tutti i membri della comunità e soprattutto per i così detti gruppi svantaggiati:le persone con disabilità, anziani,persone in condizione di disagio psicosociale,immigrati minoranze. Gli individui non sono per sé svantaggiati lo diventano in un ambiente sociale o culturale in cui la loro condizione comporti conseguenze svantaggiose. Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso ad usare efficacemente i propri talenti e punti di forza attraverso l’esercizio della libertà ed della responsabilità. Da una prospettiva educativa questo significa che tutti abbiamo le potenzialità. La teoria dell’equilibrio dinamico afferma che i livelli di felicità rimangono costanti nel corso del tempo. Questa teoria mette in dubbio il ricercare interventi sul singolo per accrescere la sua felicità. L’essere umano ha bisogno di sfide, ha bisogno di mettersi alla prova, di rinforzare le proprie capacità e potenzialità. Molte analisi della natura del benessere rappresentano una variazione sul tema che le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono. Lo studio del benessere ha importanti implicazioni per la vita stessa degli individui. L’obbiettivo e quello di individuare dei metodi che possano rendere in grado gli individui di aumentare il loro livello di benessere. Il concetto di normalizzazione è ampiamente condiviso dalle famiglie e dai sostenitori che conducono a politiche che integrano le persone con disabilità nella società. Questo ambito e stato caratterizzato dall’inclusione nella comunità. Allo stesso tempo si sono sviluppati i servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie e programmi basati sulla comunità che mirano a incontrare i bisogni materiali degli adulti. I programmi di formazione hanno facilitato l’indipendenza che mira a rendere le persone con disabilità in grado di compiere scelte personali della loro vita. Alcuni strumenti per far si che il disabile arrivi ad una indipendenza personale potrebbe esse la casa domotica,la quale grazie alle ultime tecnologie chiunque potrebbe raggiungere la sua autonomia ecco perché l’obbiettivo non e solo quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi ma di poter attingere alle loro capacità di scelta per vivere la vita che essi hanno scelto di vivere. Per un disabile avere una buona qualità di vita è comprendere le esperienza di vita esterne e oggettive vissute da persone. Il Movimento della qualità della vita ha come obiettivo l’analisi della soddisfazione esterna, essa comprende il benessere emozionale, relazioni interpersonali, benessere fisico, inclusione sociale dei diritti. Migliorare le condizioni oggettive di vita delle persone con disabilità è la giusta cosa da fare in una società equa. Una premessa di base della psicologia positiva è quella che le persone con ritardo mentale al confronto con la popolazione sono più ad alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi. La ricerca sulle famiglie di bambini con ritardo mentale ha avuto un orientamento nella direzione della psicopatologia. Quando nasce un figlio con disabilità le madri passano attraverso diversi stadi: shock, disorganizzazione emotiva e poi riorganizzazione dopo essersi adattato al trauma di avere un bambino con disabilità. Mullins ha condotto vari analisi su genitori con figli disabili mettendo in evidenza la presenza di stress emotivo e preoccupazioni ma ha anche aggiunto che molti di loro il fatto di avere un figlio con disabilità ha aggiunto qualcosa in più alle loro vite,arricchendole di significato. Quindi come per ogni altro bambino, la famiglia la famiglia e i sistemi ambientali hanno influenzato sul bambino con disabilità. Un atteggiamento negativo verso la disabilità d parte della famiglia, amici non influisce direttamente sul bambino ma può aggiungersi al livello di stress della famiglia. Per questo è importante capire come le famiglie gestiscono lo stress e a sviluppare percezioni positive che portano a un miglioramento della qualità della vita. In Italia la legge 104/92 offre alle persone con disabilità diritti di accesso ai servizi pubblici come alle persone non disabili. L’obiettivo politico e quello di normalizzare le vite delle persone con la disabilità, come aumentare il livello della loro qualità di vita per portarle più vicine a quello delle persone non disabili. Uppal (2006) grazie a uno studio è giunto alla conclusione che il benessere soggettivo è negativamente correlato alla severità della disabilità ma è indipendente dal tipo delle disabilità fisica. I risultati evidenziano che le persone disabili alla nascita di mostrano di essere più felici rispetto alle persone che sono diventate disabili nel corso degli anni. Nella società occidentale il diritto di star bene sembra essere divenuto qualcosa di più legittimo e facilmente possibile. La pedagogia ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ed educazione tutelando la salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche psicosociale.
simonaesp- Messaggi : 14
Data di iscrizione : 14.03.12
- Messaggio n°169
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Capitolo 6: Verso un'educazione inclusiva:
Ho scelto il capitolo " verso un'educazione inclusiva" sia perche' e' piu' facile da collegare al nostro percorso e sia perche' a settembre iniziero' il corso dell'inclusione scolastica dei bambini autistici.
Tutti ,nel corso della propria vita, si sono sentiti esclusi o emarginati da un contesto sociale, si pensi al periodo dell'adolescenza in cui il ragazzo ha difficolta' ad inserirsi in diversi contesti sociali.
Quando pero' e' la societa' stessa ad isolare come ci si sente?
Se davanti alla legge e davanti a Dio siamo tutti uguali, perche la societa' da opportunita' diversi ad ognuno di noi.
Come spesso si ripete in questo capitolo, e come spesso si e' detto durante il nostro percorso, "Disabile non è l’individuo, ma la situazione che, non tenendo conto della pluralità di soggetti e delle loro caratteristiche specifiche, ne privilegia alcuni a scapito degli altri. "
E' il sistema scolastico, l'ambiente di crescita che non facilita lo sviluppo dell autonomia dei disabili facendo si che essi vengano totalmente esclusi dalla partecipazione sociale.
Fortunatamente si sta lavorando per abbattere ogni tipo di barriera partendo dall'educazione.
L'educazione viene vista come fondamentale per lo sviluppo degli individui e delle societa', essa infatti si sviluppa negli anni 50 come la "necessaria Utopia".
L'educazione vista in questo modo, presuppone che diventi un diritto per tutti, da qui nasce il concetto di educazione inclusiva.
Per educazione inclusiva si intende il processo che comprende la trasformazione di scuole e centri di apprendimento per andare incontro all'esigenze di tutti i bambini e fornire opportunita' di apprendimento per tutti, giovani e adulti con lo scopo di abolire ogni tipo di discriminazione.
Promuovere l'inclusione significa migliorare i processi e gli ambienti per promuovere l'apprendimento a livello dello studente nel suo ambiente e a livello di sistema per supportare l'intera esperienza di apprendimento.
Il concetto di inclusione viene caratterizzato da quattro elementi:
1. Inclusione come processo: essa deve essere vista come una continua ricerca per migliorare le risposte alla diversita';
2. Rimozione delle barriere;
3. La partecipazione: quanto efficacemente e puntualmente i bambini frequentino e la qualita' della loro partecipazione;
4. Attenzione ai soggetti a rischio di marginalizzazione, esclusione o insuccesso scolastico;
L'educazione inclusiva diventa un'innovazione fondamentale per il modo in cui la disabilita' viene presa in considerazione, infatti e' stato formulato un nuovo modello sociale di disabilita' affinche' possano essere loro riconosciuti diritti alla completa partecipazione.
L'impossibilita' di partecipare alla vita sociale e' una delle problematiche maggiormente rilevanti per i soggetti disabili; la presenza di barriere architettoniche, la difficolta' ad accedere al trasporto pubblico o all' inserimento nel mondo del lavoro, impedisce di partecipare ad una vita sociale, per questo, l'educazione inclusiva, si basa su un modello sociale che comprenda le difficolta' educative.
I bambini disabili possono anche incontrare difficolta' nel sistema educativo, per questo non bisogna limitare la difficolta' alla menomazione, non solo alla mancanza di un arto ma ci riferiamo anche alle difficolta' di scrittura o lettura, (come ad esempio la dislessia e la disgrafia) ma associarla alle barriere che il sistema educativo pone per questi bambini.
Per esempio: un bambino dislessico non ha difficolta' nella lettura esclusivamente per la sua patologia ma anche per le barriere che vengono imposte dal sistema educativo.
E' qui che entrano in gioco i tre pilastri dell'inclusione: l'insegnante, l'ambiente di apprendimento e la famiglia.
1) L'INSEGNANTE:
Una scuola inclusiva necessita di una leadership efficace e un corpo docente in grado di affrontare tutti gli studenti e i loro bisogni.
Gli insegnanti EFFICACI stimolano le abilita' degli studenti ,usano efficacemente il tempo,hanno buone relazioni con gli studenti,e sono di supporto per ogni alunno.
Abbiamo precedentemente parlato di "barriere":
In base all atteggiamento positivo o meno di un insegnate c'e' la possibilita' di creare o abolire le barriere all'inclusione.
Tali atteggiamenti dipendono dall'esperienza dell'insegnante che ha avuto con i bambini che apprendono oltre che alle attitudini che egli ha verso gli alunni disabili e le differenze presenti nel gruppo classe.
Nel momento in cui l'atteggiamento risulti negativo, l'insegnante tendera' a non condividere l'idea dell'istruzione per tutti e attribuira' la responsabilita' del bambino disabile a qualcun altro creando forme di discriminazione.
Il problema e' che e' diffusa l'opinione secondo cui l'inserimento di un disabile in classe occupi troppo tempo del docente sfavorendo gli altri studenti , rendendo la politica della classe un vero e proprio fallimento, tuttavia l'esperienza dimostra che le performance scolastiche dei bambini disabili inclusi in classi regolari migliorano notevolmente rispetto a quelle di disabili inseriti in contesti speciali.
Per questo e' fondamentale che gli insegnanti posseggano i giusti requisiti che li rendano in grado di essere efficaci con bambini con ogni tipo di abilita'.
L'insegnante inclusivo deve:
1) Avere una comprensione dei contesti storici, politici e sociali della disabilita';
2) Conoscere del sistema di educazione speciale e delle caratteristiche della disabilita';
3) Insegnare ad ogni tipo di disabile e non solo in quelli in categorie ad alta incidenza;
4) Capacita' di lavorare in una scuola inclusiva nonostante la mancaza di modelli da seguire.
I sistemi di istruzione europei promuovono un approccio collabortivo tra insegnante specializzato e gli insegnanti della classe, permettendo di creare un programma quanto piu' simile a quello del resto della classe.
L'insegnate specializzato ha la funzione di sostegno per gli studenti con disabilita' , ma ancor piu' importante aiuta a migliorare la capacita' delle scuole di abbattere le barriere per l'apprendimento e la partecipazione. Dall'altro lato l'insegnate deve adattare i suoi programmi e metodi a quelli dell'insegnate di sostegno permettendo ai bimbi disabili di partecipare e trarre vantaggio dalla scuola.
Distinguiamo 6 approcci del co-insegnamento:
1. uno insegna ,l'altro osserva : in questo modo gli insegnanti hanno modo di analizzare il lavoro dello studente collegato durante l'insegnamento.
2. uno insegna ,l'altro si sposta nella classe : per fornire assistenza a chi ne necessita durante l'insegnamento.
3. insegnamento alternato: un insegnate e' responsabile per la maggior parte della classe, l altro per un gruppo ristretto di studenti.
4.insegnamento parallelo : divisione della classe in due gruppi che apprende simultaneamente la stessa cosa.
5.insegnamento a tappe : gli insegnanti si dividono il contenuto e gli studenti.
6.insegnamento in team: gli insegnanti forniscono istruzione contemporaneamente.
Naturalmente insegnare ad alunni disabili nelle classi comuni significa cambiare i curriculum standard.
Gli insegnanti sentiranno il bisogno di avere piu' tempo a disposizione , per procurare i materiali didattici e ampliare la conoscenza del problema.
Per sopperire a tali esigenze si ricorre a 2 modi:
1) Aumentare le risorse;
2)Ricollocare le risorse;
E' fondamentale anche il rapporto docente-classe, cioe' la sensibilta' dell'insegnante e la capacita' di instaurare relazioni sociali significative tra gli alunni.
Naturalmente il concetto e' amplificato per i bambini disabili e per le interazioni che egli deve avere con i normodotati, per questo l'atteggiamento dell'insegnante dev essere equo, senza perdere di vista l'idea su come sviluppare tali relazioni.
2) L'AMBIENTE DI APPRENDIMENTO:
E' molto importante focalizzarsi sulla creazione di un buon ambiente di apprendimento cosi' che tutti i bambini possano apprendere bene e raggiungere il loro potenziale, cio' comprende metodi d'insegnamento e lo sviluppo di materiali di apprendimento.
Trattiamo dell'ambiente di apprendimento rifacendoci alla "TEORIA DELL'ATTIVITA'" , ossia un modello in grado di analizzare le operazioni delle strutture sociali facendo emergere le interazioni tra differenti parti dei sistemi sociali nel raggiungimento di un obbiettivo, di conseguenza evidenza le contraddizioni, i dilemmi e le tensioni nella produzione che caratterizzano un sistema sociale .
Tale teoria sostiene che un 'attivita' sociale e' costituita da:
1. un obiettivo che guida le azioni dei partecipanti
2. un oggetto intorno al quale i partecipanti si muovono per raggiungere gli obiettivi
3. gli strumenti materiali e astratti che la cultura fornisce per svolgere l'attivita'
4. i soggetti che vi partecipano e le loro caratteristiche personali
5.la comunita' a cui essi appartengono
6. le regole e i valori di una comunita'
7.modalita' di lavoro o interazione pertinente per lo svolgimento dell'attivita'.
Un modello del genere permette di analizzare una situazione dove l'apprendimento non avviene nel modo previsto o desiderato e quindi aiuta ad identificare come le modifiche potrebbero essere fatte ed e' altrettanto efficace per intendere le dinamiche che caratterizzano i processi di apprendimento e sviluppo anche considerando il contesto della classe .
Le attivita' che rendono le scuole piu' efficaci sono:
1. Attivita' di preparazione della scuola che facilitano la transizione dalla famiglia alla scuola per i bambini.
2. Formazione degli insegnanti su tecniche di insegnamento
3. Risolvere il problema dei bambini a rischio di fallimento
4. Migliorare la gestione della classe
La scuola dovrebbe fornire la conoscenza e le abilita' necessarie per rimanere in salute e proteggere se stessi dal rischio di sfruttamento assicurando le abilita' di vita , un educazione basata sull'igiene investendo su servizi sanitari, scuole e comunita'.
3) LA FAMIGLIA :
Ha un effetto benefico per i bambini la continua co-operazione tra genitori e insegnanti.
Purtoppo nelle scuole viene adottata la politica secondo la quale il genitore viene chiamato solo in caso di problemi. Cio' non e' positivo per il bambino che potrebbe nutrire sentimenti di frustrazione e paura da entrambe le parti.
Nella collaborazione con i genitori dobbiamo tener conto che non sono gruppi omogenei ed hanno bisogni e forze, che necessitano di conoscere i propri bimbi e quindi capire quali sono gli obiettivi di base e le politiche della scuola.
Dovrebbero essere aggiornati sui progressi e sulle forze e le debolezze dei propri figli.
Il conoscere il proprio figlio vuol dire diventare partner della scuola.
L'UNESCO porta avanti questo concetto credendo che sia essenziale:
- vedere i genitori come partecipanti attivi dell educazione dei propri figli
- vedere il genitore come partecipe alle decisioni.
- ascoltare i genitori quando parlano dei propri figli
- utilizzare le forze dei genitori per migliorare le abilita' professionali
- dividere le responsabilita'
I genitori sono in grado di contribuire in diversi modi:
-aiutare i bambini a casa
-seguire il progresso dei bambini
-aiutare la preparazione dei materiali a casa
- partecipare all'organizzazione di gite scolastiche
-ecc..
CAPABILITY APPROACH
Il Compability Approach cosidera l'educazione come fortemente connessa con la liberta' umana, una liberta' che puo' essere espressa in termini di funzionamenti (o capabilities) riferiti allo sviluppo umano.
Da questo punto di vista l'educazione deve fornire competenze e abilita'che servono nella vita e a vivere insieme in un ambiente sociale. Cio' permette ad una persona di crescere ed essere ben educato facendo si che si creino altre capabilities.
L'educazione rende un bambino autonomo in termini di creare un nuovo set di capability.
Bisogna di conseguenza sviluppare la capacita' di valutare le capabilities attraverso l educazione, ed il tipo di educazione che meglio articola tale approccio e' quello che rende le persone autonome e capaci di giudicare le proprie capabilities e il loro esercizio.
Quando si parla di disabilita' ,si parla di limitazione della capability ed e' relazionale alle menomazioni.
La valutazione della capability mette in luce la differenza tra la presenza di disabilita' e l'assenza di disabilita', che deve essere considerata e superata per una questione di giustizia umana.
"Sen afferma che la necessita' di concentrarsi dulle capabilities diventa particolarmente chiara quando consideriamo i casi in cui gli individui sono ostacolati, dalla struttura stessa della loro societa.'"
Ho scelto il capitolo " verso un'educazione inclusiva" sia perche' e' piu' facile da collegare al nostro percorso e sia perche' a settembre iniziero' il corso dell'inclusione scolastica dei bambini autistici.
Tutti ,nel corso della propria vita, si sono sentiti esclusi o emarginati da un contesto sociale, si pensi al periodo dell'adolescenza in cui il ragazzo ha difficolta' ad inserirsi in diversi contesti sociali.
Quando pero' e' la societa' stessa ad isolare come ci si sente?
Se davanti alla legge e davanti a Dio siamo tutti uguali, perche la societa' da opportunita' diversi ad ognuno di noi.
Come spesso si ripete in questo capitolo, e come spesso si e' detto durante il nostro percorso, "Disabile non è l’individuo, ma la situazione che, non tenendo conto della pluralità di soggetti e delle loro caratteristiche specifiche, ne privilegia alcuni a scapito degli altri. "
E' il sistema scolastico, l'ambiente di crescita che non facilita lo sviluppo dell autonomia dei disabili facendo si che essi vengano totalmente esclusi dalla partecipazione sociale.
Fortunatamente si sta lavorando per abbattere ogni tipo di barriera partendo dall'educazione.
L'educazione viene vista come fondamentale per lo sviluppo degli individui e delle societa', essa infatti si sviluppa negli anni 50 come la "necessaria Utopia".
L'educazione vista in questo modo, presuppone che diventi un diritto per tutti, da qui nasce il concetto di educazione inclusiva.
Per educazione inclusiva si intende il processo che comprende la trasformazione di scuole e centri di apprendimento per andare incontro all'esigenze di tutti i bambini e fornire opportunita' di apprendimento per tutti, giovani e adulti con lo scopo di abolire ogni tipo di discriminazione.
Promuovere l'inclusione significa migliorare i processi e gli ambienti per promuovere l'apprendimento a livello dello studente nel suo ambiente e a livello di sistema per supportare l'intera esperienza di apprendimento.
Il concetto di inclusione viene caratterizzato da quattro elementi:
1. Inclusione come processo: essa deve essere vista come una continua ricerca per migliorare le risposte alla diversita';
2. Rimozione delle barriere;
3. La partecipazione: quanto efficacemente e puntualmente i bambini frequentino e la qualita' della loro partecipazione;
4. Attenzione ai soggetti a rischio di marginalizzazione, esclusione o insuccesso scolastico;
L'educazione inclusiva diventa un'innovazione fondamentale per il modo in cui la disabilita' viene presa in considerazione, infatti e' stato formulato un nuovo modello sociale di disabilita' affinche' possano essere loro riconosciuti diritti alla completa partecipazione.
L'impossibilita' di partecipare alla vita sociale e' una delle problematiche maggiormente rilevanti per i soggetti disabili; la presenza di barriere architettoniche, la difficolta' ad accedere al trasporto pubblico o all' inserimento nel mondo del lavoro, impedisce di partecipare ad una vita sociale, per questo, l'educazione inclusiva, si basa su un modello sociale che comprenda le difficolta' educative.
I bambini disabili possono anche incontrare difficolta' nel sistema educativo, per questo non bisogna limitare la difficolta' alla menomazione, non solo alla mancanza di un arto ma ci riferiamo anche alle difficolta' di scrittura o lettura, (come ad esempio la dislessia e la disgrafia) ma associarla alle barriere che il sistema educativo pone per questi bambini.
Per esempio: un bambino dislessico non ha difficolta' nella lettura esclusivamente per la sua patologia ma anche per le barriere che vengono imposte dal sistema educativo.
E' qui che entrano in gioco i tre pilastri dell'inclusione: l'insegnante, l'ambiente di apprendimento e la famiglia.
1) L'INSEGNANTE:
Una scuola inclusiva necessita di una leadership efficace e un corpo docente in grado di affrontare tutti gli studenti e i loro bisogni.
Gli insegnanti EFFICACI stimolano le abilita' degli studenti ,usano efficacemente il tempo,hanno buone relazioni con gli studenti,e sono di supporto per ogni alunno.
Abbiamo precedentemente parlato di "barriere":
In base all atteggiamento positivo o meno di un insegnate c'e' la possibilita' di creare o abolire le barriere all'inclusione.
Tali atteggiamenti dipendono dall'esperienza dell'insegnante che ha avuto con i bambini che apprendono oltre che alle attitudini che egli ha verso gli alunni disabili e le differenze presenti nel gruppo classe.
Nel momento in cui l'atteggiamento risulti negativo, l'insegnante tendera' a non condividere l'idea dell'istruzione per tutti e attribuira' la responsabilita' del bambino disabile a qualcun altro creando forme di discriminazione.
Il problema e' che e' diffusa l'opinione secondo cui l'inserimento di un disabile in classe occupi troppo tempo del docente sfavorendo gli altri studenti , rendendo la politica della classe un vero e proprio fallimento, tuttavia l'esperienza dimostra che le performance scolastiche dei bambini disabili inclusi in classi regolari migliorano notevolmente rispetto a quelle di disabili inseriti in contesti speciali.
Per questo e' fondamentale che gli insegnanti posseggano i giusti requisiti che li rendano in grado di essere efficaci con bambini con ogni tipo di abilita'.
L'insegnante inclusivo deve:
1) Avere una comprensione dei contesti storici, politici e sociali della disabilita';
2) Conoscere del sistema di educazione speciale e delle caratteristiche della disabilita';
3) Insegnare ad ogni tipo di disabile e non solo in quelli in categorie ad alta incidenza;
4) Capacita' di lavorare in una scuola inclusiva nonostante la mancaza di modelli da seguire.
I sistemi di istruzione europei promuovono un approccio collabortivo tra insegnante specializzato e gli insegnanti della classe, permettendo di creare un programma quanto piu' simile a quello del resto della classe.
L'insegnate specializzato ha la funzione di sostegno per gli studenti con disabilita' , ma ancor piu' importante aiuta a migliorare la capacita' delle scuole di abbattere le barriere per l'apprendimento e la partecipazione. Dall'altro lato l'insegnate deve adattare i suoi programmi e metodi a quelli dell'insegnate di sostegno permettendo ai bimbi disabili di partecipare e trarre vantaggio dalla scuola.
Distinguiamo 6 approcci del co-insegnamento:
1. uno insegna ,l'altro osserva : in questo modo gli insegnanti hanno modo di analizzare il lavoro dello studente collegato durante l'insegnamento.
2. uno insegna ,l'altro si sposta nella classe : per fornire assistenza a chi ne necessita durante l'insegnamento.
3. insegnamento alternato: un insegnate e' responsabile per la maggior parte della classe, l altro per un gruppo ristretto di studenti.
4.insegnamento parallelo : divisione della classe in due gruppi che apprende simultaneamente la stessa cosa.
5.insegnamento a tappe : gli insegnanti si dividono il contenuto e gli studenti.
6.insegnamento in team: gli insegnanti forniscono istruzione contemporaneamente.
Naturalmente insegnare ad alunni disabili nelle classi comuni significa cambiare i curriculum standard.
Gli insegnanti sentiranno il bisogno di avere piu' tempo a disposizione , per procurare i materiali didattici e ampliare la conoscenza del problema.
Per sopperire a tali esigenze si ricorre a 2 modi:
1) Aumentare le risorse;
2)Ricollocare le risorse;
E' fondamentale anche il rapporto docente-classe, cioe' la sensibilta' dell'insegnante e la capacita' di instaurare relazioni sociali significative tra gli alunni.
Naturalmente il concetto e' amplificato per i bambini disabili e per le interazioni che egli deve avere con i normodotati, per questo l'atteggiamento dell'insegnante dev essere equo, senza perdere di vista l'idea su come sviluppare tali relazioni.
2) L'AMBIENTE DI APPRENDIMENTO:
E' molto importante focalizzarsi sulla creazione di un buon ambiente di apprendimento cosi' che tutti i bambini possano apprendere bene e raggiungere il loro potenziale, cio' comprende metodi d'insegnamento e lo sviluppo di materiali di apprendimento.
Trattiamo dell'ambiente di apprendimento rifacendoci alla "TEORIA DELL'ATTIVITA'" , ossia un modello in grado di analizzare le operazioni delle strutture sociali facendo emergere le interazioni tra differenti parti dei sistemi sociali nel raggiungimento di un obbiettivo, di conseguenza evidenza le contraddizioni, i dilemmi e le tensioni nella produzione che caratterizzano un sistema sociale .
Tale teoria sostiene che un 'attivita' sociale e' costituita da:
1. un obiettivo che guida le azioni dei partecipanti
2. un oggetto intorno al quale i partecipanti si muovono per raggiungere gli obiettivi
3. gli strumenti materiali e astratti che la cultura fornisce per svolgere l'attivita'
4. i soggetti che vi partecipano e le loro caratteristiche personali
5.la comunita' a cui essi appartengono
6. le regole e i valori di una comunita'
7.modalita' di lavoro o interazione pertinente per lo svolgimento dell'attivita'.
Un modello del genere permette di analizzare una situazione dove l'apprendimento non avviene nel modo previsto o desiderato e quindi aiuta ad identificare come le modifiche potrebbero essere fatte ed e' altrettanto efficace per intendere le dinamiche che caratterizzano i processi di apprendimento e sviluppo anche considerando il contesto della classe .
Le attivita' che rendono le scuole piu' efficaci sono:
1. Attivita' di preparazione della scuola che facilitano la transizione dalla famiglia alla scuola per i bambini.
2. Formazione degli insegnanti su tecniche di insegnamento
3. Risolvere il problema dei bambini a rischio di fallimento
4. Migliorare la gestione della classe
La scuola dovrebbe fornire la conoscenza e le abilita' necessarie per rimanere in salute e proteggere se stessi dal rischio di sfruttamento assicurando le abilita' di vita , un educazione basata sull'igiene investendo su servizi sanitari, scuole e comunita'.
3) LA FAMIGLIA :
Ha un effetto benefico per i bambini la continua co-operazione tra genitori e insegnanti.
Purtoppo nelle scuole viene adottata la politica secondo la quale il genitore viene chiamato solo in caso di problemi. Cio' non e' positivo per il bambino che potrebbe nutrire sentimenti di frustrazione e paura da entrambe le parti.
Nella collaborazione con i genitori dobbiamo tener conto che non sono gruppi omogenei ed hanno bisogni e forze, che necessitano di conoscere i propri bimbi e quindi capire quali sono gli obiettivi di base e le politiche della scuola.
Dovrebbero essere aggiornati sui progressi e sulle forze e le debolezze dei propri figli.
Il conoscere il proprio figlio vuol dire diventare partner della scuola.
L'UNESCO porta avanti questo concetto credendo che sia essenziale:
- vedere i genitori come partecipanti attivi dell educazione dei propri figli
- vedere il genitore come partecipe alle decisioni.
- ascoltare i genitori quando parlano dei propri figli
- utilizzare le forze dei genitori per migliorare le abilita' professionali
- dividere le responsabilita'
I genitori sono in grado di contribuire in diversi modi:
-aiutare i bambini a casa
-seguire il progresso dei bambini
-aiutare la preparazione dei materiali a casa
- partecipare all'organizzazione di gite scolastiche
-ecc..
CAPABILITY APPROACH
Il Compability Approach cosidera l'educazione come fortemente connessa con la liberta' umana, una liberta' che puo' essere espressa in termini di funzionamenti (o capabilities) riferiti allo sviluppo umano.
Da questo punto di vista l'educazione deve fornire competenze e abilita'che servono nella vita e a vivere insieme in un ambiente sociale. Cio' permette ad una persona di crescere ed essere ben educato facendo si che si creino altre capabilities.
L'educazione rende un bambino autonomo in termini di creare un nuovo set di capability.
Bisogna di conseguenza sviluppare la capacita' di valutare le capabilities attraverso l educazione, ed il tipo di educazione che meglio articola tale approccio e' quello che rende le persone autonome e capaci di giudicare le proprie capabilities e il loro esercizio.
Quando si parla di disabilita' ,si parla di limitazione della capability ed e' relazionale alle menomazioni.
La valutazione della capability mette in luce la differenza tra la presenza di disabilita' e l'assenza di disabilita', che deve essere considerata e superata per una questione di giustizia umana.
"Sen afferma che la necessita' di concentrarsi dulle capabilities diventa particolarmente chiara quando consideriamo i casi in cui gli individui sono ostacolati, dalla struttura stessa della loro societa.'"
Maddalena Pontone- Messaggi : 19
Data di iscrizione : 13.03.12
Età : 33
- Messaggio n°170
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Cos’ è la FELICITà? …Bella domanda! Ognuno di noi credo che almeno una volta nella vita abbia provato per un attimo ad essere felice e a vivere una buona vita. Il concetto di felicità è sempre stato al centro del dibattito filosofico, religioso ed educativo da centinaia di anni ed è presente in ogni cultura. Molti identificano la felicità come un qualcosa di immediato come la gioia e il piacere e,altri, come un qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l’appagamento. Essere felici però non rappresenta sempre uno stato assoluto; la felicità non è solo legata al piacere che si prova nell’attimo fuggente ma anche al raggiungimento di obbiettivi nella propria vita. Nettle distingue tre livelli di felicità: la “felicità di primo livello” non è altro che la sensazione provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato senza che ci sia molta cognizione; la “felicità di secondo livello” consiste nel fare giudizi sul bilancio della propria vita, è semplicemente provare soddisfazione per la propria vita. Infine la “felicità di terzo livello” è rappresentata dall’ideale aristotelico del vivere bene ovvero quando una persona mette in atto delle vere e proprie potenzialità. Spesso la felicità viene confusa con il termine benessere a tal punto che i due termini sono visti come due sinonimi. Il benessere è stato definito come un “vivere bene” da un punto di vista fisico,spirituale e psicologico anche in presenza di una malattia temporanea o cronica. Il benessere non dipende solo dal corretto funzionamento degli organi vitali ma anche dallo stile di vita che si svolge, dal modo in cui una persona gestisce la sua vita, il suo tempo libero, i suoi spazi. Come sostiene la professoressa Iavarone il benessere viene visto come uno stato complesso quindi multicomponenziale,multidirezionale e multidimensionale. Esistono diversi modi per essere felici:provando emozioni positive circa il passato come ad esempio provare soddisfazione dei propri traguardi così come per il futuro attraverso la speranza e l’ottimismo oppure, attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati ma perdiamo il senso del tempo come ad esempio quando si legge un libro. Dunque bisogna assumere un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita in modo tale che ognuno possa essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti sempre più consapevoli per raggiungere lo stato di felicità. Ma è anche vero che il benessere di un individuo come sostiene Canevaro non è legato solo alla sua condizione individuale quanto a quello che viene definito “capitale sociale” cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e adattarsi grazie ad un ambiente favorevole che condivide insieme ad altre persone e che lo stimoli a fare sempre meglio. Ma visto che la nostra società offre tanti piaceri che però subito svaniscono, allora di cosa hanno bisogno le persone per essere felici? Può solo la qualità della vita continuare a rendere una persona felice? ..La cosa importante è che l’essere umano ha bisogno di sfide, ha bisogno di mettersi alla prova, di rinforzare le proprie potenzialità e capacità. Inoltre il concetto di benessere ha avuto la sua importanza anche nell’ambito della disabilità dal momento in cui anche i disabili devono essere integrati e assumere il loro ruolo nella società. L’obbiettivo non è solo quello di insegnare loro a mangiare,vestirsi,lavarsi, non bisogna definirli come soggetti inadeguati e impotenti ma, bisogna partire dalle loro potenzialità e capacità per fare in modo che loro abbiano la possibilità di condurre una “buona vita”, stimolante e soddisfacente e coltivando ciò che è meglio per loro stessi. Un esempio che subito mi viene in mente è quello della signora Tina che abbiamo avuto come ospite durante il corso la quale, nonostante avesse la sua parte destra del corpo completamente paralizzata, è riuscita con grande coraggio ad affrontare tutte le sue difficoltà e disagi imparando a fare cose che prima forse erano impensabili. Ecco appunto lo scopo di benessere e disabili : è fare in modo che anche i disabili possano vivere la propria vita in tutto e per tutto. A tal proposito la professoressa Iavarone parla della cosiddetta “pedagogia speciale” che ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto,pone l’attenzione alla sua istruzione e educazione e tutela la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche psicosociale. In conclusione mi viene in mente una frase di Kahil Gibran: “LE PERSONE Più FELICI NON SONO NECESSARIAMENTE COLORO CHE HANNO IL MEGLIO DI TUTTO, MA COLORO CHE TRAGGONO IL MEGLIO DA Ciò CHE HANNO”
Francesca Sommella- Messaggi : 17
Data di iscrizione : 12.03.12
Età : 36
Località : Giugliano in Campania
- Messaggio n°171
quella di pistorius è la felicità per un disabile!
La felicità è quell'insieme di emozioni e sensazioni del corpo e dell'intelletto che procurano benessere e gioia in un momento della nostra vita. Se l'uomo è felice, subentrano anche la soddisfazione e l'appagamento. Secondo il mio parare tutto ciò dipende soprattutto dal proprio carattere, infatti la persona più sensibile, armoniosa e semplice è felice anche con piccoli gesti. Da sempre si è cercato di dare una definizione precisa di felicità infatti filosofi, poeti, intellettuali, hanno impiegato la loro vita nel tentativo di definire il concetto di felicità, come raggiungerla e come riuscire a mantenere uno stato di felicità costante nel tempo. Nel mondo pre-socratico, la felicità era sinonimo di sorte, in un secondo momento con la venuta di Socrate, di Platone e Aristotele, il termine felicità assume un significato totalmente diverso, l’attenzione si sposta sul soggetto ed è lui che con le sue scelte, può diventare felice, anche contro la sorte. Aristotele afferma che “la felicità è lo scopo ultimo della vita umana”, ed è senza dubbio l'obiettivo a cui ognuno di noi tende. Il concetto di felicità però è molto complesso e sfuggente, ed è un sentimento presente in tutte le culture del mondo, visto in vari aspetti. L’uomo ha voluto sottolineare l’importanza della distinzione tra un qualcosa di immediato come la gioia o il piacere, e un qualcosa di duraturo nel tempo come la soddisfazione e l’appagamento.
Un’ altra visione della felicità ci è stata data da Nettle che ha diviso la felicità in tre livelli, il primo livello è lo stato più immediato che implica una sensazione come la gioia ,sensazione avvenuta in seguito al raggiungimento di uno stato desiderato, il secondo invece è un bilancio tra i piaceri e dolori, tra emozioni negative e emozioni positive, sensazioni ed emozioni sentite durante la propria vita e nel momento in cui ci si rende conto che le emozioni positive prevalgono su quelle negative si raggiunge la felicità di secondo livello inoltre la felicità di terzo livello viene rappresentata col termine eudaimonia (felicità) ovvero una vita in cui l’uomo realizza e prospera le proprie potenzialità. L’ OMS ha definito la “salute” come condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Anche la felicità va spesso di pari passo col benessere soprattutto quello individuale, quest’ultimo include sia una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita, sia una componente affettiva.
A livello individuale le caratteristiche positive come l’ottimismo, la perseveranza, e l’autodeterminazione sono fattori che contribuiscono al benessere mentre a livello contestuale è il supporto sociale e il proprio ambiente che contribuiscono al benessere. Anche seligman e Peterson sono stati alla ricerca del percorso per arrivare al benessere, allo star bene e alla felicità, per Peterson è l’individualizzazione dei talenti personali e delle forze. La buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni, e nel tempo libero. La vita significativa, afferma Seligman, consiste nel usare le proprie forza al servizio di un qualcosa di più grande, trovare uno scopo nella vita, inoltre una delle cose più importanti è la sua teoria sulla felicità in quanto autentica relativamente alla vita piacevole.L a buona vita si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù in attività da cui l’individuo tra piacere e di cui è appassionato.
Ghedin ci spiega che in quanto siamo esseri viventi tendiamo alla complessità. Per egli l’individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce un corredo culturale attraverso l’acquisizione di informazioni dall’ambiente esterno. L’individuo in tal modo acquisisce le informazioni ambientali che incontra nel corso della sua vita .
Canevaro afferma che il benessere dell’individuo dipende dal capitale sociale, cioè all’insieme delle capacità che l’individuo ha di organizzarsi e adattarsi, grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, con i contesti. La Delle Fave afferma che ciscun individuo deve essere visto come un uomo capace di dare un contributo di cambiamento e sviluppo alla comunità anche colui che è definito come svantaggiato come le persone disabili, anziane che di per sé non sono svantaggiati ma lo diventano a causa del contesto sociale e culturale con modi di agire e pensare sbagliati.
L’obiettivo quindi è eliminare il modo di pensare comune e immedesimarsi nella realtà, capire ciò di cui il disabile ha realmente bisogno. Egli vuole soprattutto fiducia e mettere in risalto le proprie potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che egli sceglie di vivere. Un esempio per eccellenza di quanto fin ora abbiamo accennato è OSCAR PISTORIUS un atleta sudafricano, nacque con una grave malformazione (entrambi i peroni erano assenti e i piedi erano gravemente malformati), che lo costrinse, all'età di undici mesi, all'amputazione delle gambe. Oggi è il primo atleta amputato a vincere una medaglia in una competizione per normodotati, anche se è stato fortemente messo in discussione! In un primo momento respinsero la sua richiesta di poter partecipare alle olimpiadi sostenendo che le protesi lo avvantaggiassero, in un secondo momento fortunatamente sostengono di non dover proibire a Pistorius l'accesso alle gare olimpiche. In lui rivedo quello che vuole significare felicità, soddisfazione e qualcosa di importante per un disabile!
Da futura educatrice posso quindi affermare che non bisogna farsi carico o risolvere i problemi di un disabile in quanto in tal modo non si fa altro che impoverirli affibbiandogli sempre di più un immagine di inadeguatezza e debolezza. Anche il disabile è padrone della sua felicità e qualità di vita che
deriva da fattori interni piuttosto che esterni. La qualità della vita della persona disabile ,come quella di qualsiasi persona ,non dipende dalla sua condizione soggettiva ma dal livello di inclusione della società che li accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione, oltre che dai comportamenti, anche dai sostegni e dalle risorse della famiglia. E’ una condizione che si raggiunge col tempo, ed è soggettiva, mentre il benessere emozionale sembra essere quello più vicino alla felicità.
A ciascun individuo va garantita la possibilità di costruirsi la sua strada verso la felicità, mentre le Istituzioni Pubbliche si assumono il compito di tutelare la vita, la libertà e la sicurezza. Quello che conta nella vita è il benessere dell’individuo, la sua dignità e la soddisfazione del quotidiano, attraverso la creazione di situazioni il più possibile assimilabili a quelle in cui vivono le persone “normali”.
La felicità passa assolutamente dalla valorizzazione esistenziale della persona e dal diritto ad essere ciò che si è, bisogna riuscire ad uscire dallo sconforto, dal senso di impotenza e di inferiorità che la società, fa si che prevalga sulla voglia di riscattarsi.
Gli studi dimostrano che è la famiglia in primo luogo ad influenzare sullo sviluppo della persona disabile, la madre che aspettandosi un figlio “sano e bello”, resta scioccata nel vedere un figlio disabile. Si passa poi a una fase di accettazione e poi di rassegnazione, come se il bambino fosse destinato a non raggiungere chissà quali mete e peggio ancora a non essere “normale”. Ed proprio questo il primo ostacolo da superare, la famiglia che è promotrice dell’autostima, dello sviluppo fisico e mentale del bambino, ed è questa sfiduacia che si trasmette automaticamente al bambino stesso.
Insomma come afferma anche la prof. M. Iavarone la pedagogia ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua situazione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute ed il suo sviluppo non solo fisico ma soprattutto psicosociale e noi operatori e educatori abbiamo il compito di metterle in atto!
Un’ altra visione della felicità ci è stata data da Nettle che ha diviso la felicità in tre livelli, il primo livello è lo stato più immediato che implica una sensazione come la gioia ,sensazione avvenuta in seguito al raggiungimento di uno stato desiderato, il secondo invece è un bilancio tra i piaceri e dolori, tra emozioni negative e emozioni positive, sensazioni ed emozioni sentite durante la propria vita e nel momento in cui ci si rende conto che le emozioni positive prevalgono su quelle negative si raggiunge la felicità di secondo livello inoltre la felicità di terzo livello viene rappresentata col termine eudaimonia (felicità) ovvero una vita in cui l’uomo realizza e prospera le proprie potenzialità. L’ OMS ha definito la “salute” come condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Anche la felicità va spesso di pari passo col benessere soprattutto quello individuale, quest’ultimo include sia una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita, sia una componente affettiva.
A livello individuale le caratteristiche positive come l’ottimismo, la perseveranza, e l’autodeterminazione sono fattori che contribuiscono al benessere mentre a livello contestuale è il supporto sociale e il proprio ambiente che contribuiscono al benessere. Anche seligman e Peterson sono stati alla ricerca del percorso per arrivare al benessere, allo star bene e alla felicità, per Peterson è l’individualizzazione dei talenti personali e delle forze. La buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni, e nel tempo libero. La vita significativa, afferma Seligman, consiste nel usare le proprie forza al servizio di un qualcosa di più grande, trovare uno scopo nella vita, inoltre una delle cose più importanti è la sua teoria sulla felicità in quanto autentica relativamente alla vita piacevole.L a buona vita si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù in attività da cui l’individuo tra piacere e di cui è appassionato.
Ghedin ci spiega che in quanto siamo esseri viventi tendiamo alla complessità. Per egli l’individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce un corredo culturale attraverso l’acquisizione di informazioni dall’ambiente esterno. L’individuo in tal modo acquisisce le informazioni ambientali che incontra nel corso della sua vita .
Canevaro afferma che il benessere dell’individuo dipende dal capitale sociale, cioè all’insieme delle capacità che l’individuo ha di organizzarsi e adattarsi, grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, con i contesti. La Delle Fave afferma che ciscun individuo deve essere visto come un uomo capace di dare un contributo di cambiamento e sviluppo alla comunità anche colui che è definito come svantaggiato come le persone disabili, anziane che di per sé non sono svantaggiati ma lo diventano a causa del contesto sociale e culturale con modi di agire e pensare sbagliati.
L’obiettivo quindi è eliminare il modo di pensare comune e immedesimarsi nella realtà, capire ciò di cui il disabile ha realmente bisogno. Egli vuole soprattutto fiducia e mettere in risalto le proprie potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che egli sceglie di vivere. Un esempio per eccellenza di quanto fin ora abbiamo accennato è OSCAR PISTORIUS un atleta sudafricano, nacque con una grave malformazione (entrambi i peroni erano assenti e i piedi erano gravemente malformati), che lo costrinse, all'età di undici mesi, all'amputazione delle gambe. Oggi è il primo atleta amputato a vincere una medaglia in una competizione per normodotati, anche se è stato fortemente messo in discussione! In un primo momento respinsero la sua richiesta di poter partecipare alle olimpiadi sostenendo che le protesi lo avvantaggiassero, in un secondo momento fortunatamente sostengono di non dover proibire a Pistorius l'accesso alle gare olimpiche. In lui rivedo quello che vuole significare felicità, soddisfazione e qualcosa di importante per un disabile!
Da futura educatrice posso quindi affermare che non bisogna farsi carico o risolvere i problemi di un disabile in quanto in tal modo non si fa altro che impoverirli affibbiandogli sempre di più un immagine di inadeguatezza e debolezza. Anche il disabile è padrone della sua felicità e qualità di vita che
deriva da fattori interni piuttosto che esterni. La qualità della vita della persona disabile ,come quella di qualsiasi persona ,non dipende dalla sua condizione soggettiva ma dal livello di inclusione della società che li accoglie e dalle risorse che mette a sua disposizione, oltre che dai comportamenti, anche dai sostegni e dalle risorse della famiglia. E’ una condizione che si raggiunge col tempo, ed è soggettiva, mentre il benessere emozionale sembra essere quello più vicino alla felicità.
A ciascun individuo va garantita la possibilità di costruirsi la sua strada verso la felicità, mentre le Istituzioni Pubbliche si assumono il compito di tutelare la vita, la libertà e la sicurezza. Quello che conta nella vita è il benessere dell’individuo, la sua dignità e la soddisfazione del quotidiano, attraverso la creazione di situazioni il più possibile assimilabili a quelle in cui vivono le persone “normali”.
La felicità passa assolutamente dalla valorizzazione esistenziale della persona e dal diritto ad essere ciò che si è, bisogna riuscire ad uscire dallo sconforto, dal senso di impotenza e di inferiorità che la società, fa si che prevalga sulla voglia di riscattarsi.
Gli studi dimostrano che è la famiglia in primo luogo ad influenzare sullo sviluppo della persona disabile, la madre che aspettandosi un figlio “sano e bello”, resta scioccata nel vedere un figlio disabile. Si passa poi a una fase di accettazione e poi di rassegnazione, come se il bambino fosse destinato a non raggiungere chissà quali mete e peggio ancora a non essere “normale”. Ed proprio questo il primo ostacolo da superare, la famiglia che è promotrice dell’autostima, dello sviluppo fisico e mentale del bambino, ed è questa sfiduacia che si trasmette automaticamente al bambino stesso.
Insomma come afferma anche la prof. M. Iavarone la pedagogia ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua situazione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute ed il suo sviluppo non solo fisico ma soprattutto psicosociale e noi operatori e educatori abbiamo il compito di metterle in atto!
luigia palumbo- Messaggi : 18
Data di iscrizione : 12.03.12
- Messaggio n°172
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Da sempre le persone sono alla ricerca della felicità,ma cos'è la felicità?
la radice di questa deriva da "fe" da cui deriva "fecundus","femina" (in quanto generante),tanto che i latini parlavano di terra felix quando la stagione era stata fertile; altri invece associavano la parola felicità alla buona sorte ma con Socrate,Platone e con Aristotele questa parola si carica di nuovi significati e si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice.
Nettle parla di 3 livelli che si possono classificare con il termine felicità e a ognuno di essi da un senso diverso;quello più immediato è la gioia o il piacere dovuto al reggiungimento di una cosa desiderata (primo livello).
Quando invece le persone affermano di essere felici della propria vita intendono dire che riflettendo sul loro percorso di vita hanno sperimentato più emozioni positive che negative quindi sono soddisfatti della propria vita (secondo livello).
Esiste però un senso di felicità ancora più ampio,infatti per Eudaimonia si intende una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità (terzo livello).Questo livello di felicità non si può misurare facilmente e valutarla implica esprimere un giudizio su cosa sia il vivere bene e in che misura lo si realizzi nella propria vita.
La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-esser umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della felicità di secondo livello. Il ben-essere è stato definito "vivere bene" da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico anche in presenza di une malattia temporanea o cronica.
Secondo uno studio fatto dalla prof. L.M. Iavarone il ben-essere non può essere assimilato in una condizione generale di ben-essere fisico o economico,ma va definito come uno stato complesso quindi è necessario formare un teem composto da professionisti pronti alla cura del ben-essere in toto affichè le persone trovino la felicità.
Esiste poi una forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui siamo impegnati o assorbiti nel "flusso". Il flusso è lo stato di impegno,di felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante.Dunque è un intenso sentimento di concentrazione e una perdita del senso del tempo.
Si parla tanto di felicità ma che dire dello stato di ben-essere per i disabili,cos è per loro?
Edouard Seguin (medico francese) nella metà del 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili;la sua convinzione era che i bambini con disabilità potessero essere educati e quindi assumere il giusto ruolo nella società.Parliamo quindi di inclusione che mira ad eliminare l'esclusione che è una conseguenza di atteggiamenti negativi e di una mancanza di risposta alle diversità.L'educazione inclusiva è un elemento costitutivo dell'apprendimento per tutta la vita e proprio per questo è di fondamentale importanza che tutti i bambini abbiano accesso all'inclusione che ha come obiettivo finale la partecipezione effettiva dell'individuo nella società.
Nella determinazione dello stato di ben-essere l'aspetto relazionale risulta strateggico soprattutto in rapporto al modo con cui si guarda alla vita,tale approccio afferma l'importanza di considerare il ben-essere come un progetto da condividere con gli altri. In tale ottica anche gli avvenimenti negativi vanno accolti cercando di trovare l'aspetto positivo che ciascun evento reca in se stesso. Quindi è di fondamentale importanza costruire a partire dai soggetti e dalla forza che essi esprimono piuttosto che dalle loro debolezze. L'obiettivo è migliorare la qualità della vita di persone con disabilità ,che a mio dire sono resilienti,ed è questa la cosa giusta da fare.
Personalmente dalla mia esperienza credo che il segreto sta nell'amore,l'amore è il mezzo attraverso cui un educatore deve garantire a tutti l'ingresso nella società in maniera dignitosa ed equa.
la radice di questa deriva da "fe" da cui deriva "fecundus","femina" (in quanto generante),tanto che i latini parlavano di terra felix quando la stagione era stata fertile; altri invece associavano la parola felicità alla buona sorte ma con Socrate,Platone e con Aristotele questa parola si carica di nuovi significati e si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice.
Nettle parla di 3 livelli che si possono classificare con il termine felicità e a ognuno di essi da un senso diverso;quello più immediato è la gioia o il piacere dovuto al reggiungimento di una cosa desiderata (primo livello).
Quando invece le persone affermano di essere felici della propria vita intendono dire che riflettendo sul loro percorso di vita hanno sperimentato più emozioni positive che negative quindi sono soddisfatti della propria vita (secondo livello).
Esiste però un senso di felicità ancora più ampio,infatti per Eudaimonia si intende una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità (terzo livello).Questo livello di felicità non si può misurare facilmente e valutarla implica esprimere un giudizio su cosa sia il vivere bene e in che misura lo si realizzi nella propria vita.
La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-esser umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della felicità di secondo livello. Il ben-essere è stato definito "vivere bene" da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico anche in presenza di une malattia temporanea o cronica.
Secondo uno studio fatto dalla prof. L.M. Iavarone il ben-essere non può essere assimilato in una condizione generale di ben-essere fisico o economico,ma va definito come uno stato complesso quindi è necessario formare un teem composto da professionisti pronti alla cura del ben-essere in toto affichè le persone trovino la felicità.
Esiste poi una forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui siamo impegnati o assorbiti nel "flusso". Il flusso è lo stato di impegno,di felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante.Dunque è un intenso sentimento di concentrazione e una perdita del senso del tempo.
Si parla tanto di felicità ma che dire dello stato di ben-essere per i disabili,cos è per loro?
Edouard Seguin (medico francese) nella metà del 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili;la sua convinzione era che i bambini con disabilità potessero essere educati e quindi assumere il giusto ruolo nella società.Parliamo quindi di inclusione che mira ad eliminare l'esclusione che è una conseguenza di atteggiamenti negativi e di una mancanza di risposta alle diversità.L'educazione inclusiva è un elemento costitutivo dell'apprendimento per tutta la vita e proprio per questo è di fondamentale importanza che tutti i bambini abbiano accesso all'inclusione che ha come obiettivo finale la partecipezione effettiva dell'individuo nella società.
Nella determinazione dello stato di ben-essere l'aspetto relazionale risulta strateggico soprattutto in rapporto al modo con cui si guarda alla vita,tale approccio afferma l'importanza di considerare il ben-essere come un progetto da condividere con gli altri. In tale ottica anche gli avvenimenti negativi vanno accolti cercando di trovare l'aspetto positivo che ciascun evento reca in se stesso. Quindi è di fondamentale importanza costruire a partire dai soggetti e dalla forza che essi esprimono piuttosto che dalle loro debolezze. L'obiettivo è migliorare la qualità della vita di persone con disabilità ,che a mio dire sono resilienti,ed è questa la cosa giusta da fare.
Personalmente dalla mia esperienza credo che il segreto sta nell'amore,l'amore è il mezzo attraverso cui un educatore deve garantire a tutti l'ingresso nella società in maniera dignitosa ed equa.
Daria Casolare- Messaggi : 17
Data di iscrizione : 13.03.12
- Messaggio n°173
Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)
Capito 1 (Ben-essere nella disabilità)
"La Felicità e il ben-essere"
L'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, felice, la cui radice "fe" significa abbandonza, ricchezza e prosperità! La nozione di felicità occupa un posto importante nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche. Con Socrate, Platone e Aristotele la parola eudaimonia si carica di nuovi significati si inizia a pensare che l'uomo può essere felice grazie grazie alla sua libertà e alle sue scelte, senza dar importanza alla sorte. Col passare degli anni molti studiosi di scienze sociali hanno approfondito qusto argomento. Secondo Argyle la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere suddiviso in varie aree di appagamento come il matrimonio, i rapporti sociali, la salute ecc. Invece Maslow e Privette dicono che le sensazioni che provano le persone felici sono quelle di sentire con maggior intensità le sensazioni fisiche positive che quelle negative, e di sentirsi consapevoli delle proprie capacità. Nella nostra società le persone sono alla ricerca di quelle senzazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino. La felicità ha per ognuno molteplici significati, nel 2007 Nittle ha classificato la felicità in tre fasi:
-prima fase= è quando si afferma di aver raggiunto una felicità immediata
-seconda fase= è un bilancio della propria vita valutando gli aspetti positive e quelle negative
-terza fase= una verifica delle proprie capacità e potenzialità
Spesso la felicità è stata confusa con il termine ben-essere, quest'ultimo è la soddisfazione delle proprie esigenze e anche il conseguimento di funzionamenti che variano anche a seconda della cultura di riferimento. Nel ben-essere è importante la relazione tra lo sviluppo del singolo e del collettivo, infatti il ben-eesere del singolo è fortemente collegato con la società, ciò che gli sta intorno.. A proposito di ambiente e società, riguardo la felicità c'è la "teoria dell'equilibrio"di Headey dove si spiega che i livelli della felicità rimangono sempre gli stessi nel tempo nonostante i vari cambiamenti della nostra vita e dell'ambiente che ci circonda. Ritornando al ben-essere, esso segue più direzioni e la sua percezione da parte dell'uomo, cambia sia in senso verticale nei tempi della vita,che in quello orizzontale nei diversi luoghi (Iavarone). Il ben-essere scaturisce dalla risultante integrazione tra i sistemi biologico, psichico e sociale, esso infatti dipende non solo dal corretto funzionamento degli organi e di apparati vitali, ma soprattutto dagi stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dall'ambiente che ci circonda. Per quanto riguardo il ben-essere dei disabili partiamo dalle origini..negli anni passati ossia intorno all'Ottocento le persone disabili venivano curate con finalità caritatevoli, affidatarie e non educative. Il medico francese Edouard Seguin guidò la prima scuola per bambini disabili affinchè il bambino venisse educato per poter avere un ruolo nella società. Col passare degli anni sono nati vari servizi di educazione speciale e supporte alle famiglie. L'obbiettivo non è formare persone che sanno lavarsi, vestirsi o mangiare ma sviluppare le loro potenzialità e capacità per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Saper capire l'ambiente circostante, capire i propri bisogni, fare dei progetti e realizzarli rappresentano alcune condizioni per conseguire un ben-essere personale. In sintesi diciamo che il ben-essere è uno stato complesso perchè è multidirezionale, multidimensionale e multicomponenziale. Ritornando al discorso della felicità.. possiamo dire che la felicità per ognuno di noi è diversa..prendiamo come esempio persone che abbiamo trattato in questo corso: Pistorius per lui la sua felicità è correre, repirare quella libertà che spesso la vita gli ha spezzato, oppure la Aztori..che esprime la sua forza e la sua voglia di vivere nel ballo...oppure il prof Palladino il quale anche senza la vista vede la felicità nella sua famiglia.. Credo che la felicità sia nelle piccole cose che ci circondano! Vorrei aggiungere il testo di una bellissima poesia che esprime cos'è per me la felicità
Poesia sulla felicità!
Crescendo impari che la felicità e' fatta di cose piccole ma preziose....
E impari che il profumo del caffe' al mattino e' un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
E impari che la felicità e' fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
E impari che l'amore e' fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore,
e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
E impari che tenere in braccio un bimbo e' una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami...
E impari che c'e' felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c'e' qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
"La Felicità e il ben-essere"
L'etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, felice, la cui radice "fe" significa abbandonza, ricchezza e prosperità! La nozione di felicità occupa un posto importante nelle dottrine morali dell'antichità classica, tanto è vero che si usa indicarle come dottrine etiche eudemonistiche. Con Socrate, Platone e Aristotele la parola eudaimonia si carica di nuovi significati si inizia a pensare che l'uomo può essere felice grazie grazie alla sua libertà e alle sue scelte, senza dar importanza alla sorte. Col passare degli anni molti studiosi di scienze sociali hanno approfondito qusto argomento. Secondo Argyle la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere suddiviso in varie aree di appagamento come il matrimonio, i rapporti sociali, la salute ecc. Invece Maslow e Privette dicono che le sensazioni che provano le persone felici sono quelle di sentire con maggior intensità le sensazioni fisiche positive che quelle negative, e di sentirsi consapevoli delle proprie capacità. Nella nostra società le persone sono alla ricerca di quelle senzazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino. La felicità ha per ognuno molteplici significati, nel 2007 Nittle ha classificato la felicità in tre fasi:
-prima fase= è quando si afferma di aver raggiunto una felicità immediata
-seconda fase= è un bilancio della propria vita valutando gli aspetti positive e quelle negative
-terza fase= una verifica delle proprie capacità e potenzialità
Spesso la felicità è stata confusa con il termine ben-essere, quest'ultimo è la soddisfazione delle proprie esigenze e anche il conseguimento di funzionamenti che variano anche a seconda della cultura di riferimento. Nel ben-essere è importante la relazione tra lo sviluppo del singolo e del collettivo, infatti il ben-eesere del singolo è fortemente collegato con la società, ciò che gli sta intorno.. A proposito di ambiente e società, riguardo la felicità c'è la "teoria dell'equilibrio"di Headey dove si spiega che i livelli della felicità rimangono sempre gli stessi nel tempo nonostante i vari cambiamenti della nostra vita e dell'ambiente che ci circonda. Ritornando al ben-essere, esso segue più direzioni e la sua percezione da parte dell'uomo, cambia sia in senso verticale nei tempi della vita,che in quello orizzontale nei diversi luoghi (Iavarone). Il ben-essere scaturisce dalla risultante integrazione tra i sistemi biologico, psichico e sociale, esso infatti dipende non solo dal corretto funzionamento degli organi e di apparati vitali, ma soprattutto dagi stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dall'ambiente che ci circonda. Per quanto riguardo il ben-essere dei disabili partiamo dalle origini..negli anni passati ossia intorno all'Ottocento le persone disabili venivano curate con finalità caritatevoli, affidatarie e non educative. Il medico francese Edouard Seguin guidò la prima scuola per bambini disabili affinchè il bambino venisse educato per poter avere un ruolo nella società. Col passare degli anni sono nati vari servizi di educazione speciale e supporte alle famiglie. L'obbiettivo non è formare persone che sanno lavarsi, vestirsi o mangiare ma sviluppare le loro potenzialità e capacità per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Saper capire l'ambiente circostante, capire i propri bisogni, fare dei progetti e realizzarli rappresentano alcune condizioni per conseguire un ben-essere personale. In sintesi diciamo che il ben-essere è uno stato complesso perchè è multidirezionale, multidimensionale e multicomponenziale. Ritornando al discorso della felicità.. possiamo dire che la felicità per ognuno di noi è diversa..prendiamo come esempio persone che abbiamo trattato in questo corso: Pistorius per lui la sua felicità è correre, repirare quella libertà che spesso la vita gli ha spezzato, oppure la Aztori..che esprime la sua forza e la sua voglia di vivere nel ballo...oppure il prof Palladino il quale anche senza la vista vede la felicità nella sua famiglia.. Credo che la felicità sia nelle piccole cose che ci circondano! Vorrei aggiungere il testo di una bellissima poesia che esprime cos'è per me la felicità
Poesia sulla felicità!
Crescendo impari che la felicità e' fatta di cose piccole ma preziose....
E impari che il profumo del caffe' al mattino e' un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
E impari che la felicità e' fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall'inverno, e che sederti a leggere all'ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
E impari che l'amore e' fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore,
e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.
E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
E impari che tenere in braccio un bimbo e' una deliziosa felicità.
E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami...
E impari che c'e' felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c'e' qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
Fiorella Savino- Messaggi : 18
Data di iscrizione : 15.03.12
- Messaggio n°174
Prova intercorso BEN-ESSERE NELLA DISABILITA'
Che cos'è la felicità?
La felicità è quello che significa vivere una buona vita.
Il concetto di felicità compare in ogni cultura.Alcune di esse la intendevano come una gioia o un piacere immediato,altre come un qualcosa di più durevole e significativo,come la soddisfazione e l'appagamento.
Con Socrate,Platone e Aristotele si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e con la libertà può diventare felice anche contro la sorte.
Il senso di felicità,implica un emozione o una sensazione come la gioia e il piacere.
NETTLE classifica la felicità in tre livelli:
-La felicità di primo livello quando le persone affermano di essere felici della loro vita
-La felicità di secondo livello si raggiunge quando si ha la percezione di aver avuto una quantità maggiore di emozioni positive rispetto a quelle negative.
-La felicità di terzo livello è quella più ampia si ha quando la persona realizza le proprie potenzialità.
La psicologa CAROL RYFF sostiene che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi che comprende la crescita personale,la finalità,la padronanza e la franchezza con se stessi.
L'OMS ha indicato la promozione della salute come l'obbiettivo principale della medicina e ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico,psicologico e sociale.
Spesso i termini felicità e ben-essere soggettivo sono stati usati in modo intercambiabile.Il ben-essere soggettivo è l'essenza della qualità della vita.
Secondo SELIGMAN una persona per arrivare alla felicità può avere emozioni positive riguardanti il passato ed emozioni positive riguardanti il futuro come la speranza e l'ottivismo.
CSIKSZENTMIHALYI sviluppa il concetto del "flusso"e dice che è lo stato di impegno,felicità ottimale che si verifica quando un individuo è concentrato in compiti stimolanti che mettono alla prova le proprie abilità.Questo è molto significativo perchè offre una riflessione sul ruolo che gli insegnanti dovrebbero avere nell'educazione di tutti i bambini.
GHEDIN dice che l'individuo nasce con un corredo genetico che costruisce nel corso della vita attraverso l'acquisizione di informazione dall'ambiente esterno.
CANEVARO afferma che il ben-essere dell'individuo non è legato alla sua condizione individuale,ma a quella sociale.Infatti LA DELLE FAVE dice che ogni membro della società anche quelle con disabilità devono essere visti come una gente di cambiamento e sviluppo e per questo devono essere incoragiati ad usare i loro talenti attraverso la creazione di ambienti idonei,perchè ogni essere umano nasce con un talento nuovo e quindi nasce con una capacità di ben-essere.
EDOUARD SEGUIN un medico francese che nella metà del 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili proponendo un modello formativo di scuola,dove i bambini con disabilità potevano avere la giusta educazione,così da poter essere assunti dalla società.Ma nel corso del tempo lo scopo delle istituzioni divenne quello di allontanarli dalla società.I miglioramenti ci furono con la "normalizzazione" che reintegrò le persone con disabilità nella società.Successivamente si sono sviluppati servizi di educazione speciale e programmi di formazione per gli adulti che mirano a rendere le persone disabili autonome.
Cambia il concetto di ben-essere che non è più individuale ma collettivo,da poter condividire con gli altri.
Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale avevano un basso Q.I.rispetto ai loro compagni e per questo avevano minore aspettative di successo.
I genitori di bambini disabili attraversano fasi di shock post-stress influenzando lo sviluppo del bambino disabile.Quindi nell'ambito della disabilità la ricerca sulla famiglia sta proseguendo positivamente.
Ricollegandomi al tema della felicità vorrei parlare del Prof.Vincenzo Paladino.Un uomo che nonostante la sua disabilità ha condotto una vita piena d'amore aiutando gli altri.Infatti lui si ritiene felice perchè ha sempre avuto al suo fianco la famiglia che è la cosa più importante.
La Prof.Iavarone afferma che la pedagogia sociale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto , quindi bisogna formare educatori che sappiano gestire relazioni di cura.
La felicità è quello che significa vivere una buona vita.
Il concetto di felicità compare in ogni cultura.Alcune di esse la intendevano come una gioia o un piacere immediato,altre come un qualcosa di più durevole e significativo,come la soddisfazione e l'appagamento.
Con Socrate,Platone e Aristotele si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e con la libertà può diventare felice anche contro la sorte.
Il senso di felicità,implica un emozione o una sensazione come la gioia e il piacere.
NETTLE classifica la felicità in tre livelli:
-La felicità di primo livello quando le persone affermano di essere felici della loro vita
-La felicità di secondo livello si raggiunge quando si ha la percezione di aver avuto una quantità maggiore di emozioni positive rispetto a quelle negative.
-La felicità di terzo livello è quella più ampia si ha quando la persona realizza le proprie potenzialità.
La psicologa CAROL RYFF sostiene che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi che comprende la crescita personale,la finalità,la padronanza e la franchezza con se stessi.
L'OMS ha indicato la promozione della salute come l'obbiettivo principale della medicina e ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico,psicologico e sociale.
Spesso i termini felicità e ben-essere soggettivo sono stati usati in modo intercambiabile.Il ben-essere soggettivo è l'essenza della qualità della vita.
Secondo SELIGMAN una persona per arrivare alla felicità può avere emozioni positive riguardanti il passato ed emozioni positive riguardanti il futuro come la speranza e l'ottivismo.
CSIKSZENTMIHALYI sviluppa il concetto del "flusso"e dice che è lo stato di impegno,felicità ottimale che si verifica quando un individuo è concentrato in compiti stimolanti che mettono alla prova le proprie abilità.Questo è molto significativo perchè offre una riflessione sul ruolo che gli insegnanti dovrebbero avere nell'educazione di tutti i bambini.
GHEDIN dice che l'individuo nasce con un corredo genetico che costruisce nel corso della vita attraverso l'acquisizione di informazione dall'ambiente esterno.
CANEVARO afferma che il ben-essere dell'individuo non è legato alla sua condizione individuale,ma a quella sociale.Infatti LA DELLE FAVE dice che ogni membro della società anche quelle con disabilità devono essere visti come una gente di cambiamento e sviluppo e per questo devono essere incoragiati ad usare i loro talenti attraverso la creazione di ambienti idonei,perchè ogni essere umano nasce con un talento nuovo e quindi nasce con una capacità di ben-essere.
EDOUARD SEGUIN un medico francese che nella metà del 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili proponendo un modello formativo di scuola,dove i bambini con disabilità potevano avere la giusta educazione,così da poter essere assunti dalla società.Ma nel corso del tempo lo scopo delle istituzioni divenne quello di allontanarli dalla società.I miglioramenti ci furono con la "normalizzazione" che reintegrò le persone con disabilità nella società.Successivamente si sono sviluppati servizi di educazione speciale e programmi di formazione per gli adulti che mirano a rendere le persone disabili autonome.
Cambia il concetto di ben-essere che non è più individuale ma collettivo,da poter condividire con gli altri.
Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale avevano un basso Q.I.rispetto ai loro compagni e per questo avevano minore aspettative di successo.
I genitori di bambini disabili attraversano fasi di shock post-stress influenzando lo sviluppo del bambino disabile.Quindi nell'ambito della disabilità la ricerca sulla famiglia sta proseguendo positivamente.
Ricollegandomi al tema della felicità vorrei parlare del Prof.Vincenzo Paladino.Un uomo che nonostante la sua disabilità ha condotto una vita piena d'amore aiutando gli altri.Infatti lui si ritiene felice perchè ha sempre avuto al suo fianco la famiglia che è la cosa più importante.
La Prof.Iavarone afferma che la pedagogia sociale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto , quindi bisogna formare educatori che sappiano gestire relazioni di cura.
Stefania befà- Messaggi : 16
Data di iscrizione : 13.03.12
Età : 32
Località : Napoli
- Messaggio n°175
LA FELICITA'
CHE COS E’ LA FELICITA’?
In questi ultimi anni ci si interroga sempre più su questa domanda ,la felicità però anche negli anni passati è sempre stata un dibattito molto acceso che ha interessato vari campi quello filosofico educativo,religioso,ma solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico questo concetto; così si è cercato e si cerca tutt’ora di dare una risposta a questa domanda.
Per Socrate ,Platone e Aristotele l’uomo era felice attraverso le sue scelte e la sua libertà ,infatti per Aristotele la felicità era strettamente connessa alla virtù ed etica intesa come senso d’azione.
E’ possibile individuare tre livelli di felicità:
Nel 1 livello la felicità è data da una sensazione immediata,un emozione.
Nel 2 livello per Nettle la felicità avviene quando le persone fanno un bilancio della loro vita e tra emozioni positive e negative prevalgono le positive.
Infine il 3 livell si ha quando la persona raggiunge le sue potenzialità,quest’ultimo viene associata all’idea aristotelica di eudamonica,infatti questo termine viene spesso tradotto in felicità.
Inoltre è importante fare una distinzione tra eudamonica e eudonica,teorie che si sono sviluppate all’interno del movimento della psicologia positiva,la felicità dal punto di vista eudamistico massimizza il piacere e minimizza il dolore ,mantre dal punto di vista eudonico è quando la persona realizza tutte le sue potenzialità.
Parlando di potenzialità mi vengono in mente due grandi casi di resilenza studiati durante il corso ,che hanno saputo sfruttare al massimo le loro potenzialità e sono:Pistorius e Aztori ,entrambi se pur con i loro limiti sono riusciti grazie ad una grande forza di volontà a raggiungere i loro obiettivi e svolgere una vita “normale”una delle frasi che mi è rimasta impressa è stata quella pronunciata da Simona Aztori “i veri limiti sono negli occhi di chi ci guarda”.
Ghedin uno degli autori rilevanti afferma che in quanto esseri viventi , tendiamo alla complessità da un punto di vista biologico ,culturale e sociale ,infatti l’uomo nasce con un corredo genetico ,e nel corso della vita costruisce quello culturale attraverso il contatto con l’ambiente.
Fondamentale diventa perciò parlare anche di benessere,perché l’individuo deve raggiungere ,infatti il ben-essere da Schofer è stato definito “ vivere bene da un punto di vista psicologico ,spirituale e fisico anche in presenza di una malattia cronica o temporanea.
Secondo Canevaro il ben –essere di una persona nono può essere legato solo alla sfera individuale ma di rilevante importanza , diventa l’ambiente che lo circonda, infatti questo svolge un ruolo importante ,facilitante per la formazione di un sviluppo positivo.
Quindi il ben-essere come affermato fino adesso è dato da varie sfere e quindi non solo dal contenuto funzionamento di organi appartai ma soprattutto da stili di vita, ambiente tempo, libero.
Secondo Iavarone ,quindi il ben-essere deriva da stili di vita ,e questo non significa ignorare le sofferenze anzi si cerca di prevenirle attraverso la resilenza e buona salute.
Importante però è anche il raggiungimento di ben-essere per disabili ,il primo che si occupò di loro nel 1800 fu Seguin ,che volle far raggiungere loro il giusto ruolo nella società,aprendo la prima scuola per disabili ,queste però con la contestazione assunsero un significato diverso,divennero infatti posti dove tenere queste persone lontano dalla società.
Oggi le cose sono cambiate totalmente ,infatti si cerca di promuovere il ben-essere dei disabili fino a renderli autonomi ,ma soprattutto che siano in grado di scegliere la loro vita ,e quindi si parla di ben-essere multidimensionale.
Edgerton sostiene di migliorare gli obiettivi esterni e oggettivi della qualità della vita, importante è la figura dell’educatore che deve essere visto come un facilitatore ed esaltare le potenzialità dei disabili ,accanto ad essa deve esserci quella della famiglia.
Secondo me la felicità è un attimo che va vissuto intensamente , lasciando un ricordo che ci accompagnerà per l’intera esistenza.
Vorrei concludere questa riflessione con l’aforisma di Epicuro :
“ Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità; da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità”
In questi ultimi anni ci si interroga sempre più su questa domanda ,la felicità però anche negli anni passati è sempre stata un dibattito molto acceso che ha interessato vari campi quello filosofico educativo,religioso,ma solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico questo concetto; così si è cercato e si cerca tutt’ora di dare una risposta a questa domanda.
Per Socrate ,Platone e Aristotele l’uomo era felice attraverso le sue scelte e la sua libertà ,infatti per Aristotele la felicità era strettamente connessa alla virtù ed etica intesa come senso d’azione.
E’ possibile individuare tre livelli di felicità:
Nel 1 livello la felicità è data da una sensazione immediata,un emozione.
Nel 2 livello per Nettle la felicità avviene quando le persone fanno un bilancio della loro vita e tra emozioni positive e negative prevalgono le positive.
Infine il 3 livell si ha quando la persona raggiunge le sue potenzialità,quest’ultimo viene associata all’idea aristotelica di eudamonica,infatti questo termine viene spesso tradotto in felicità.
Inoltre è importante fare una distinzione tra eudamonica e eudonica,teorie che si sono sviluppate all’interno del movimento della psicologia positiva,la felicità dal punto di vista eudamistico massimizza il piacere e minimizza il dolore ,mantre dal punto di vista eudonico è quando la persona realizza tutte le sue potenzialità.
Parlando di potenzialità mi vengono in mente due grandi casi di resilenza studiati durante il corso ,che hanno saputo sfruttare al massimo le loro potenzialità e sono:Pistorius e Aztori ,entrambi se pur con i loro limiti sono riusciti grazie ad una grande forza di volontà a raggiungere i loro obiettivi e svolgere una vita “normale”una delle frasi che mi è rimasta impressa è stata quella pronunciata da Simona Aztori “i veri limiti sono negli occhi di chi ci guarda”.
Ghedin uno degli autori rilevanti afferma che in quanto esseri viventi , tendiamo alla complessità da un punto di vista biologico ,culturale e sociale ,infatti l’uomo nasce con un corredo genetico ,e nel corso della vita costruisce quello culturale attraverso il contatto con l’ambiente.
Fondamentale diventa perciò parlare anche di benessere,perché l’individuo deve raggiungere ,infatti il ben-essere da Schofer è stato definito “ vivere bene da un punto di vista psicologico ,spirituale e fisico anche in presenza di una malattia cronica o temporanea.
Secondo Canevaro il ben –essere di una persona nono può essere legato solo alla sfera individuale ma di rilevante importanza , diventa l’ambiente che lo circonda, infatti questo svolge un ruolo importante ,facilitante per la formazione di un sviluppo positivo.
Quindi il ben-essere come affermato fino adesso è dato da varie sfere e quindi non solo dal contenuto funzionamento di organi appartai ma soprattutto da stili di vita, ambiente tempo, libero.
Secondo Iavarone ,quindi il ben-essere deriva da stili di vita ,e questo non significa ignorare le sofferenze anzi si cerca di prevenirle attraverso la resilenza e buona salute.
Importante però è anche il raggiungimento di ben-essere per disabili ,il primo che si occupò di loro nel 1800 fu Seguin ,che volle far raggiungere loro il giusto ruolo nella società,aprendo la prima scuola per disabili ,queste però con la contestazione assunsero un significato diverso,divennero infatti posti dove tenere queste persone lontano dalla società.
Oggi le cose sono cambiate totalmente ,infatti si cerca di promuovere il ben-essere dei disabili fino a renderli autonomi ,ma soprattutto che siano in grado di scegliere la loro vita ,e quindi si parla di ben-essere multidimensionale.
Edgerton sostiene di migliorare gli obiettivi esterni e oggettivi della qualità della vita, importante è la figura dell’educatore che deve essere visto come un facilitatore ed esaltare le potenzialità dei disabili ,accanto ad essa deve esserci quella della famiglia.
Secondo me la felicità è un attimo che va vissuto intensamente , lasciando un ricordo che ci accompagnerà per l’intera esistenza.
Vorrei concludere questa riflessione con l’aforisma di Epicuro :
“ Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità; da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità”
|
|