Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Empty Re: lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso)

    Messaggio  Carmela Perillo Ven Mar 30, 2012 3:49 pm

    Oggi in classe abbiamo affrontato il tema della disabilità nell'arte pittorica e abbiamo fatto un'analisi dei quadri che riportavano i soggetti con disabilità. Tra i diversi dipinti quello che mi ha colpito molto è stato il Ragazzo zoppo di Ribera perchè subito ho notato il suo sorriso ampio e sincero. Il sorriso, a parer mio, è la dichiarazione, in questo caso, spontanea e più naturale di un bambino felice di aver attirato su di se l'attenzione del pittore e fiero di poter posare per lui ... visto che prima il bambino disabile non rideva e veniva considerato come colui che elemosinava.

    Per quanto riguarda la prova di cecità è stato un momento molto emozionante anche se rispetto alle altre ragazze che si agitavano io sono stata tranquilla concentrandomi su quello che dovevo fare. L'emozione è scattata nel momento in cui ho ascoltato le poesie... sentendo le diverse parole ho subito pensato: come fanno ad affrontare la vita?!?!? Bhe razionalizzando mi sono risposta.. loro magari non vedono,non camminano ma affrontano la vita con il loro cuore... aprendolo alla vita nonostante la loro disabilità. Inoltre ho provato un senso di vuoto quando ho tolto la benda... è stato il passaggio dal nero al colore!!
    Queste sono state le mi sensazioni che ho sentito e che ho fatto molto fatica a esternare..
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Empty ''Guardando'' oltre

    Messaggio  Rita Esposito Ven Mar 30, 2012 4:28 pm

    La fascia che mi copriva gli occhi mi ha permesso di vedere quelle persone che attraverso le loro poesie hanno lasciato trasparire la loro tristezza,la loro fragilità,il loro bisogno di un sorriso che dice ''ci sono''e di uno sguardo che dice ''non preoccuparti''.
    Questa esperienza mi ha fatto capire,anche se non a pieno,come possono sentirsi queste persone,come desiderano ciò che noi a volte non consideriamo nemmeno.
    Questa esperienza mi ha suscitato un forte senso di tristezza,in particolar modo alcune frasi:''quello sguardo che mi inchioda al pavimento'';''non leggo,non corro,non sogno''.
    Per quanto riguarda la visione delle opere d'arte,quella che mi ha colpito particolarmente è stata quella di Ribera ''ragazzo zoppo''.Essa non rappresenta l'immagine stereotipata del disabile come mendicante disperato,ma ripropone l'immagine di un contadino,un ragazzo zoppo che sorride nonostante la sua disabilità.
    Non è facile portare avanti un pensiero diverso da quello della massa tuttavia quest'opera è la prova di chi ha avuto il coraggio di farlo e di una realtà non sempre vicina a noi.
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    Messaggio  Chiara Di Mare Ven Mar 30, 2012 6:21 pm

    In aula si è riflettuto su quello che è il tema disabilità/diversità nell'arte. Un tempo il disabile veniva considerato "mendicante" a causa magari del suo aspetto,infatti veniva isolato e spesso di lui si aveva paura cosa che accade purtroppo alcune volte anche oggi.. ma grazie all'arte e con l'evolversi di quella che è la concezione del disabile si è passati ad una rivoluzione dell'immagine dove le persone vengono raffigurate non più come soggetti storpi o deformi,bensì in maniera sorridente con sguardo bonario e pacato..è il caso infatti del dipinto che più mi ha colpito "il ragazzo zoppo",che pur avendo un deficit si cerca di dipingerlo come una persona quanto più è possibile autonoma ed emancipata,liberando finalmente il soggetto da una condizione d'inferiorità.
    Per quanto riguarda la simulazione svolta in aula ha suscitato in me una sensazione di sconforto e paura allo stesso tempo ...mi sono sentita persa,sola...anche se intorno a me c'era un intera classe a provare la simulazione. Per la prima volta in vita mia ho provato a mettermi nei panni di una persona cieca....so che questa è una cosa che non può essere capita se non vissuta in prima persona ma l'impressione che ho avuto in pochi minuti è stata che queste persone non vivano ma sopravvivano.....rimangano in vita con un dolore che noi non possiamo neanche immaginare....sono consapevole della mia visione pessimistica ma riporto quelle che sono le sensazioni che ho provato,soprattutto ascoltando la poesia "NON" di Rebecca
    ------------------------------
    Non scrivo
    Non parlo
    Non cammino
    Non canto
    Non chatto
    Ma sogno
    E vivo
    Non scrivo
    Non parlo
    Non cammino
    Non canto
    Non chatto
    Ma amo
    Sogno e sono viva
    Non scrivo
    Non parlo
    Non cammino
    Non canto
    Non chatto
    Non amo
    Non sogno
    Sono viva
    E SOLA

    E' chiaro il risentimento e il rancore di questa ragazza nei confronti della vita..
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    Annamaria Bruno


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    Messaggio  Annamaria Bruno Ven Mar 30, 2012 6:51 pm

    è stata la lezione più bella!! il momento della simulazione molto forte. Le parole della Prof risuonavano fortemente nel silenzio dell'aula. La stessa voce delle precedenti lezioni, ma in quel momento di più. La si poteva toccare, racchiudere nelle mani. Io ho provato tanta angoscia. Pensavo, che mai, riuscirei a vivere così, non avrei la forza di ricominciare a vivere.
    forse mi lascerei cadere nella disperazione. Mai prima di adesso, avevo considerato, così profondamente quale sia la condizione di un non vedente, quale vitalità, energia, gioia di vivere, di ricominciare possono trasmettere.
    ripensavo a quante volte, nella vita reagisco in modo apatico dinanzi alle meraviglie del creato, guardando i volti che amo, senza meraviglia, come se tutto mi fosse dato.
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    Pezzella Vincenza


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    Messaggio  Pezzella Vincenza Ven Mar 30, 2012 9:02 pm

    L'inizio di questa lezione è stato molto significativo,è stato strano immedesimarsi nei “panni” di coloro che non hanno la vista,ma c’è da dire che noi non potremo mai capire cosa provano queste persone. Quando mi è stato detto di bendarmi mi sono sentita persa ,privata della cosa più importante cioè la vista. Ogni rumore,anche se minimo,risuonava nelle mie orecchie sempre piu forte.
    Tra le poesie che la professoressa leggeva quella che mi ha colpito di più è stata l’Angelo del signore:

    Madre mia, i tuoi occhi traboccano e specchiandomi in essi mi sento morire… Padre mio, le tue labbra sussultano soffri per me e questo mi fa impazzire… Mi sforzo di parlare ma a fatica capite il mio dire, mi sforzo di camminare ma per terra vado sempre a finire… Per il mondo sono solo un “diversamente abile” persona debole, un fardello inutile… Per voi invece sono un fiore delicato nato segnato da un destino sciagurato. Vi sentite come in colpa per la mia diversità e non cogliete l’insegnamento che la mia vita dà. Quando mi abbracciate forte sento il vostro amore infinito e io sorrido, poiché chi sono non l’avete ancora intuito.

    In questa poesia la persona afferma di essere per il mondo solo un diversamente abile ,una persona inutile;C’è racchiusa tutta la sua sofferenza.

    La 2° poesia che mi ha colpito è Chiamami per nome:

    Non voglio più essere conosciuta per ciò che non ho ma per quello che sono: una persona come tante altre. Chiamatemi per nome. Anch’io ho un volto, un sorriso, un pianto, una gioia da condividere. Anch’io ho pensieri, fantasia, voglia di volare. Chiamatemi per nome. Non più: portatrice di handicap, disabile, non vedente, non udente, cerebrolesa, tetraplegica. Forse usate chiamare gli altri: “portatore di occhi castani” oppure “inabile a cantare”? o ancora: “miope” oppure “presbite”? Per favore abbiate il coraggio della novità. Abbiate occhi nuovi per scoprire che, prima di tutto, io “sono”. Chiamatemi per nome.

    In questa poesia c’è un desiderio che accomuna tutti i disabili,quello di essere conosciute per ciò che sono e non per ciò che non hanno.
    Questo laboratorio per me è stato molto importante,mi ha fatto capire che le cose importanti della vita sono altre,non solo vestiti nuovi ,cellulari o altre cose materiali. Non dobbiamo soffermarci sulle cose banali ma bisogna pensare che ci sono persone che non possono godere di ciò che è indispensabile per la vita.
    Poi abbiamo continuato il discorso sulle tecnologie integrative soffermandoci in particolar modo sulle tecnologie come potenziamento(le protesi organiche)e sulle tecnologie abilitanti(computer e sostegno).
    Naief Yehya afferma che per tecnologia come potenziamento si intende l'inserimento di dispositivi e strumenti di controllo meccanici ed elettronici nel corpo destinati a riparare,accrescere e migliorare il nostro fisico. Si include anche l'uso di sostanze anaboliche,come il doping.Queste sostanze possono causare tumori,infarti,depressione e impulsi suicidi.
    Le tecnologie abilitanti invece sono in grado di abilitare nonostante la propria determinata dis-abilità in una data azione. Queste tecnologie si interessano di fornire a molti deficit fisici dei completamenti,dei veri e propri prolungamenti delle funzioni del proprio corpo.
    Infine abbiamo affrontato il tema dell'arte e disabilità analizzando alcuni dipinti:
    Il ragazzo zoppo di Ribera,un ragazzo disabile ma che continua chiedere l'elemosina sorridendo;
    La donna barbuta di Ribera,sembra un uomo ma in realtà è una donna con problemi ormonali che allatta un bambino;
    Il ritratto della ballerina Anita Berber che rappresenta una donna malata e drogata;
    Quello che mi ha colpito di piu e il quadro di Otto Dix "giocatori di skat"il quale ritrae 3 militari che si incontrano dopo la guerra e giocano a carte.Mi ha colpito perche i 3 militari essendo privi di braccia,gambe riescono comunque a giocare in modo normale.
    Il 1° sulla sinistra non ha il braccio destro,ha una protesi in legno al posto della gamba sinistra,ha anche un problema all'udito infatti ha un apparecchio acustico e non ha un occhio;Al 2° manca una parte del craneo e ha le portesi alle gambe;infine il 3° non ha la mano destra e ha una protesi alla mandibola.
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    Messaggio  Francesca Izzo Sab Mar 31, 2012 9:52 am

    Nella prima parte di questa lezione abbia riflettuto su arte/disabilità mostrandoci anche alcuni quadri.
    Quello che mi ha colpito maggiormente è stato  mi ha molto toccato quello di Ribera del ragazzo zoppo che nel quadro viene dipinto con un viso sereno e sorridente...questo mi ha colpito molto...perchè lui è davvero felice e spensierato e no come spesso noi pensiamo tristi perché potrebbe mancargli qualcosa.

    Nella seconda parte della lezione la prof ci ha fatto bendare .
    Facendo questa simulazione ho provato dentro di me un’immensa tristezza.,non nascondo che dai miei occhi sono scese lacrime.
    Noi non abbiamo mai capito cosa realmente ci sia nei loro cuori,loro che vengono chiamati disabili,dentro di loro vorrebbero semplicemente essere chiamati per nome ed essere trattati come persone normali,quello che realmente sono e no sentirmi perennemente sotto il giudizio e la pietà di tutti.
    Loro hanno solo bisogno di vivere realmente la normalità.

    La poesia che più mi ha colpito è stata :

    1
    "L'ANGELO DEL SIGNORE" di Riccardo Fafnir
    -----------------------------------------------------
    Madre mia, i tuoi occhi traboccano
    e specchiandomi in essi mi sento morire…
    Padre mio, le tue labbra sussultano
    soffri per me e questo mi fa impazzire…

    Mi sforzo di parlare
    ma a fatica capite il mio dire,
    mi sforzo di camminare
    ma per terra vado sempre a finire…

    Per il mondo sono solo un “diversamente abile”
    persona debole, un fardello inutile…
    Per voi invece sono un fiore delicato
    nato segnato da un destino sciagurato.

    Vi sentite come in colpa per la mia diversità
    e non cogliete l’insegnamento che la mia vita dà.
    Quando mi abbracciate forte sento il vostro amore infinito
    e io sorrido, poiché chi sono non l’avete ancora intuito.
    valeriaminucci
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    Messaggio  valeriaminucci Sab Mar 31, 2012 10:27 am

    La riflessione della lezione ruota intorno all'arte e la disabilità osservata mediante dei quadri dove i protagonisti sono appunto dei disabili. Quello che maggiormente mi ha colpito è il ritratto del bambino zoppo che sorride nonostante la sua disabilità. La novità apportata da Ribera in quest opera è la rottura della classica visione del disabile infatti Ribera lo fa sorridere.Successivamente la professoressa ci ha sottoposte ad un esperimento, dove ci ha fatte bendare e in contemporanea lei leggeva delle poesie scritte da persone disabili. E' nel momento in cui è stata letta la poesia scritta da Rebecca ascoltando tutti quei "NON" che mi sono emozionata nel sentire quelle parole così forti. Quando ci siamo tolti la benda ho vissuto una strana sensazione nel vedere la luce,mi girava un po la testa e ho pensato a quanto siamo fortunati nel possedere la cosa più bella: la vista.
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    Messaggio  daiana martino Sab Mar 31, 2012 10:32 am

    In aula abbiamo affrontato il binomio atre/diversità attraverso la rappresentazioni di alcuni quadri, il quadro che suscita in me maggior interesse è : “il ragazzo zoppo” Ribera. Questo quadro rappresenta un ragazzo avente un piede malformato che chiede l’elemosina, quindi vi è raffigurato un ceto popolare ovvero non più la solita nobiltà; Ribera dipinge il fanciullo in una postura fuori dalle righe per un soggetto proveniente dai ceti bassi, insomma lo dipinge in una postura da grande uomo, come un uomo di potere, come colui che non teme nulla, soprattutto di essere giudicati per il suo aspetto. Ciò che mi colpisce di quest’opera oltre al corpo del ragazzo è il suo sorriso, il sorridere nonostante tutte le difficoltà della vita, che rappresenta la sua forza d’animo, quindi può emergere il concetto di resilienza, di colui che non si nasconde; ma che cerca di guardare avanti, di abbattere con tutte le se forze i muri, gli ostacoli che la vita le riserva. Inoltre in aula c’è stata una simulazione, ci è stato chiesto di coprirci gli occhi con un foulard ed ascoltare la lettura di alcune poesie. Inizialmente ero un po’ scossa, perché coprendomi gli occhi mi sento indifesa, spaesata non potendomi difendere, ma successivamente ascoltando la lettura delle poesie mi sono rilassata riuscendo ad ascoltare bene tutte le parole perché di solito nella nostra quotidianità non facciamo molta attenzione al tono della voce e maggiormente ad ogni singola parola. Tra le varie poesie mi è restata in mente una frase in particolare:” abbiate il coraggio della novità, abbiate occhi nuovi per scoprire che prima di tutto IO SONO”; questa frase è all’interno della poesia intitolata chiamami per nome, già dal titolo l’autore esprime i suoi risentimenti verso tutti coloro che lo classificano per una persona che non ha e non per quello che è, per quello che possiede al suo interno, sentimenti, emozioni. Mi chiedo ma perché noi che abbiamo tutto non siamo mai contenti, soddisfatti vogliamo sempre di più, ci soffermiamo su cose futili, superflue che veramente potremmo fare a meno nella vita e non ci soffermiamo mai sul perché ci limitiamo all’apparenza e non andiamo mai oltre (come ci dice nella poesia) perché ognuno di noi possiede pensieri, fantasie, gioia da condividere.
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    Messaggio  michela di bernardo Sab Mar 31, 2012 11:02 am

    RIFLESSIONE SUI QUADRI:il quadro che mi ha colpito tanto è stato quello del ritratto della ballerina Anita Berber.In questo dipinto vi è rappresentata una donna(Anita Berber)drogata,alcolista e anche bisessuale...una ballerina trasgressiva.Ma quello che mi ha colpito in particolare di questo dipinto sono stati i toni rossi dello sfondo e del vestito.Secondo me,il colore rosso simboleggia proprio la vita di Anita Berber,una vita estrema,trasgressiva e scandalosa. Per quanto riguarda,invece,LA SIMULAZIONE SULLA CECITà effettuata in classe,posso dire:quando mi sono bendata e ho visto tutto nero,anzi non vedevo niente più ma solo buio...mi sono sentita dispersa nel mondo,vuota,non riuscivo più a respirare,una specie di soffocamento...non so perchè ho avuto questa strana sensazione...non vedevo nulla,ascoltavo solo poesie commoventi e per un attimo mi sono sentita come gli autori di quelle poesie.Mi sono sentita come il titolo della poesia di Gennaro Morra "in bilico".Intenta a ricercare il mio equilibro,con "la paura di cadere non tanto per il dolore che potrei avvertire ma per il peso dei loro occhi che sul quel pavimento mi potrebbero inchiodare.Basterebbe un sorriso,il protarsi di una mano alla quale mi potrei aggrappare per non sentire più l'imbarazzo del mio continuo ondeggiare". Appena tutte noi abbiamo tolto la benda il mio primo pensiero è stato:mi ritengo una ragazza fortunata perchè posso guardare e vedere il mondo che mi circonda. Surprised
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Empty Laboratorio 5 : ARTE E DISABILITà

    Messaggio  Maddalena Pontone Sab Mar 31, 2012 11:31 am

    E' straordinario il rapporto che si stabilisce tra la disabilità e le varie attività artistiche. Un rapporto che forse ho riscoperto e sulla quale ho posto la mia attenzione solo durante questa lezione durante la quale appunto abbiamo parlato della disabilità espressa attraverso dei quadri artistici. Tra i vari quadri quello che più mi ha colpito è stato quello del "Ragazzo Zoppo" di Ribera perchè nonostante sia un disabile ciò che emerge è il suo sorriso, sinonimo di forza d'animo e voglia di vivere nonostante la sua "diversità" ..è sicuramente una novità perchè prima era insolito vedere un disabile sorridere proprio perchè lo si considerava un diverso,un soggetto portatore di percoli e la cui vita era piena di dolori e angosce.
    Riguardo alla simulazione svolta in classe, la professoressa ci ha fatto bendare gli occhi e ci ha letto delle poesie bellissime ed emozionanti scritte da persone disabili. All'inizio ho provato una sorta di diffidenza e paura ma subito dopo una piacevole tranquillità e serenità. Anzi forse mi hanno dato la possibilità di concentrarmi maggiormente sulle parole della poesia, sul loro ascolto e significato, cose che prima forse mi recavano meno attenzioni! Mi hanno dato la possibilità di riflettere tantissimo su questioni che forse io reputavo importanti ma effettivamente rappresentano delle semplici banalità adolescenziali.Ho imparato così ad apprezzare le piu piccole cose della vita quotidiana perchè credo che tutti noi nel nostro piccolo abbiamo tanto da dare e dimostrare!
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    Messaggio  ilaria cardinale Sab Mar 31, 2012 2:32 pm

    Nella lezione di lunedì abbiamo trattato vari argomenti davvero molto interessanti tra cui il concetto di disabilità nell’arte. Alcuni artisti rappresentano il disabile dipingendo tre uomini ad un tavolo che giocano a carte ognuno dei quali è privo di una parte del corpo in quanto reduci dalle esplosioni in guerra delle mine antiuomo,altri artisti invece rappresentano il disabile come se fosse una persona totalmente normale come nel caso di Ribera nel dipinto “ragazzo zoppo” in cui egli abbatte l’immagine stereotipata del disabile che non è più rappresentato come un mendicante. Questo dipinto è la chiara dimostrazione che Ribera,pur essendo di un’epoca dove il disabile era una persona vista con disprezzo,egli possiede già una mentalità che và contro il luogo comune dell’epoca secondo cui il disabile era un vagabondo, pericoloso e folle;per tali ragioni ho apprezzato questo dipinto che la prof ci ha mostrato più degli altri.
    Un momento molto particolare di questa lezione è stata la simulazione la quale consisteva nel bendarci ed ascoltare delle poesie scritte da non vedenti per farci immedesimare in una persona a cui manca la vista.La prof dopo la lettura delle poesie ci ha fatto togliere le bende e ci ha chiesto di scrivere di getto cosa avessimo provato negli istanti in cui non abbiamo visto la luce;alcune compagne hanno letto ciò che hanno sentito facendoci provare delle forti emozioni che abbiamo condiviso tutte insieme. Per quanto mi riguarda nel momento della simulazione ho provato svariate sensazioni,primo tra tutte un senso di disorientamento e di mancanza di punti di riferimento,in seguito mi sono resa conto di quanto fossi fortunata ad avere la vista,non solo perché essa mi permette di vivere “normalmente”,ma soprattutto perché credo che la vera sofferenza di tali persone stia nel fatto che gli altri vedano in loro delle persone diverse e diano loro appellativi o addirittura li ridicolizzino nel vederli barcollare e cadere.
    Un’altra sensazione che ho avuto è stata quella di potenziamento degli altri sensi come l’udito infatti del momento della simulazione ricordo indistintamente che, mentre ascoltavo le poesie in sottofondo,sentivo quasi il fastidio del rumore dei ventilatori in aula che fino a quando avevo avuto gli occhi aperti non avevo neanche notato.
    SerenaMele
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    Messaggio  SerenaMele Sab Mar 31, 2012 2:40 pm

    Oggi in aula abbiamo trattato della disabilità raffigurata in alcune opere d'arte. L'opera che mi ha colpito di più è "Ragazzo zoppo" di Ribera. Questo quadro rappresenta l'immagine di un ragazzo che, nonostante la difficoltà a camminare, sorride. Ribera ha espresso un concetto molto importante in quanto la disabilità non implica tristezza, infatti il ragazzo rappresentato sorride ed è felice nonostante le sue difficoltà.
    Inoltre, al corso, abbiamo fatto una simulazione per quanto riguarda la cecità. La professoressa ci ha fatto bendare e ci ha letto delle poesie scritte da persone disabili. Questa esperienza mi ha molto scosso. Appena bendata mi sono subito sentita persa e spaesata. Quando la professoressa ha iniziato a leggere le poesie ho subito notato che la mia attenzione era migliorata, tanto da non perdermi nemmeno una parola.
    Ogni poesia mi ha suscitato diversi sentimenti: la poesia "NON" mi ha suscitato molta tristezza soprattutto nell'ultimo verso quando dice "Non scrivo; Non parlo; Non canto; Non cammino; Non chatto, Non amo; Non sogno; Sono viva; E SOLA". Ho provato dentro di me la solitudine che può provare la ragazza che ha scritto il testo. Ho provato un senso di libertà e leggerezza con la poesia "VORREI … POTREI"; sono riuscita a vedere, anche senza l'uso della vista, il mare, la luce del sole e i suoi colori. Mi sono chiesta: io conosco, perchè l'ho visto, il mare,il sole, quindi sono riuscita a vedere, immaginando, anche senza occhi; chi non ha mai potuto vedere tutte queste cose cosa immaginerà?
    Nel momento in cui ci siamo alzati, ancora bendati, ho provato ancora di più un senso di sbandamento.
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    Messaggio  Serena Elia90 Sab Mar 31, 2012 3:58 pm

    La lezione di oggi è stata molto interessante ed è stato bello scoprire come l’ arte si sia interessata alla disabilità. La professoressa ci ha mostrato quadri di vari artisti, ma quello che piu’ mi ha colpita è stato quello di Ribera, il quale trovandosi a Napoli, fu molto colpito da come il popolo si mostrasse allegro e sorridente nonostante le disgrazie che si manisfestavano ogni giorno. Per questo egli decise di dipingere un Ragazzo Zoppo, un ragazzo con una menomazione al piede. La cosa che piu’ mi ha colpita è il SORRISO di questo ragazzo: si capisce il modo con cui egli affronta la vita, nonostante il duo disagio fisico non si arrende, continua a vivere e sorridere con una forza e un coraggio che mi lascia senza parole…. Un ragazzo che dinnanzi ai problemi della vita non si abbatte e che, al contrario, VIVE da persona normale esattamente come gli altri.
    Devo dire che ogni laboratorio in aula fino ad ora mi hanno lasciato qualcosa, ma questo è stato in assoluto quello che piu’ mi ha spiazzata. Ognuna di noi si è bendata con un foulard e la professoressa ci ha letto delle poesie scritte da persone disabili. Ascoltare queste poesie ad occhi chiusi è stato emozionante per tutte, e ancora adesso non so descrivere al meglio l mio stato d' animo. La prima cosa che ho pensato è stata: “quanto coraggio, quanta voglia di vivere”…. Mentre ero bendata ascoltavo, ero totalmente presa dalla voce della professoressa, non sentivo nient’ altro, non vedendo nulla mi sentivo come se in quella stanza stessi da sola, chiusa nel mio mondo, nei miei pensieri immedesimati con quelli di questi ragazzi, e nel mio disagio… si proprio disagio! Quando la professoressa ci ha fatto alzare la prima cosa che ho fatto è stata quella di cercare un contatto con il corpo di una mia collega, come se cercassi una sorta di sicurezza, come se volessi instaurare in me stessa un senso di controllo… ecco in quel momento avrei tanto voluto togliere il foulard per ritornare alla normalità pechè avevo paura di restare alzata nel buio….
    Questo è un momento della mia vita che non riesco a definire, ho bisogno di credere in qualcosa di vero e concreto, mi sono sentita quasi sprofondare per motivi che dopo questa esperienza sento così banali che quasi me ne vergogno. Allora piango ..ma per cosa? Non sorrido.. ma perché se la vita mi ha dato tutto di quello di cui ho bisogno? Allora io credo che anche le persone autori queste poesie hanno bisogno di credere in qualcosa di vero, e soltanto noi possiamo aiutarli tendendo loro una mano per farli sentire protetti, ma non per pietismo o solidarietà, ma per trasmettere amore incondizionato anche attraverso un semplice abbraccio, per la voglia di comprendere realmente chi sono davvero, per la voglia di conoscere noi stessi attraverso loro. Doniamo tanti sorrisi a queste persone, che siano bambini o adulti, facciamo di tutto affinchè essi non si sentano piu’ soli, affinchè non si sentano piu’ un peso, affinchè si sentano vivi, affinchè non abbiano piu’ paura di cadere solo per non sentirsi inchiodati al pavimento a causa dei nostri sguardi, affinchè si sentano loro stessi, affinchè sappiano com’ è bello vivere……
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    Messaggio  Cristina Ambrosio Sab Mar 31, 2012 3:59 pm

    Il quadro che più mi ha colpito è stato "giocatori di skat" di Otto Dix, perchè inizialmente mi sembrava un accozzaglia di colori e forme senza senso, ma man mano che la professoressa spiegava il dipinto tutto ha preso forma, dando tesimomianza di disabilità e resilienza anche in arte. I tre soggetti del quadro sono dei reduci di guerra, che giocano a carte, continuano la loro normale vita e le loro attività quaotidiane anche con le loro disabilità, aiutati da protesi grossolane dati i tempi, ma efficienti.

    L'"epserimento" fatto in classe, quello di bendarci per qualche minuto e farci ascoltare delle poesie è stato...ptofondo!
    Inizialmente ho provato fastidio, anche se aprivo gli occhi non vedevo, vedevo nero(magari se avessi messo una sciarpa rosa avrei visto per una volta il mondo in rose e la cosa sarebbe stata più piacevole, chisà tongue )mi dava un senso di angoscia, un po' di ansia. Quando la professoressa ha iniziato a leggere le poesie mi sono un po' rasserenata, onguna mi dava colori emozioni colori ed immagini diverse: la tristezza di una stanza e di un figlio che soffre nel vedere i genitori soffire per la sua malattia, i colori azzurri del mare e della speranza, il desiderio di essere riconosciuti per quello che si è, e cioè una persona che vive, ama, sogna e spera, le angoscie i timori e l'imbarazzo di chi ha difficoltà e per questo è osservato e giudicato da tutti, spesso deriso e vorrebbe quello che per un motivo o per un altro tutti vorremmo, una mano amica che si tende per aiutarci.
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    Messaggio  ANNA CARANNANTE Sab Mar 31, 2012 4:21 pm

    IL RITRATTO CHE MI HA COLPITO DI PIù è QUELLO DI RIBERA IL RAGAZZO ZOPPO.IL RAGAZZO VIENE DISEGNATO SORRIDENTE E CIO è UNA VERA RIVOLUZIONE IN QUANDO NON SI PENSA PIU AL DISABILE COME UNA PERSONA CHE HA DELLE MANCANZE E CHE ODIA LA VITA ED è INFELICE. MA IL DISABILE VIENE VISTO COME UNA PERSONA CHE HA DELLE POTENZIALITà CHE AMA LA VITA E LA VIVE PIENAMENTE ,GIOISCE ED è TRISTE COME UN QUALSIASI ESSERE UMANO.
    PER QUANTO RIGUARDA L'ESPERIENZA VISSUTA è STATA MOLTO EMOZIONANTE E PIENA DI SPUNTI DI RIFLESSIONE.
    NOI SPESSO SIAMO DISABILI NELL' ANIMO,BARCOLLIAMO CADIAMO,ABBIAMO PAURA.GLI ALTRI NON CAPISCONO VERAMENTE CHI SIAMO E CI IMPONGONO DEI LIMITI CHE NON SENTIAMO DI AVERE.NON CI CAPISCONO,CI GIUDICANO MA NON CI CONOSCONO. A VOLTE SIAMO MORTI PUR VIVENDO,A VOLTE VIVIAMO MA NON SIAMO VISTI.LA VITA è UN ENERGIA CHE OGNUNO HA MA CHE GLI ALTRI TENDONO A "RUBARLA"POSSIAMO DARE TANTO AGLI ALTRI MA NO L'ENERGIA CHE CI PERMETTE DI VIVERE SENZA LA QUALE NON POSSIAMO DARE NIENTE.
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    Messaggio  Nunzia D'Amore Sab Mar 31, 2012 4:42 pm

    Il dipinto che più mi ha colpito è stato "Il ragazzo zoppo" di Ribera.
    L'artista realizza un ragazzo storpio uscendo fuori delle etichette,infatti lo storpio occupa tutto lo spazio della tela ed è raffigurato come se fosse un grande cavaliere,un sovrano.
    La cosa che più mi è rimasta impressa è il sorriso di questo ragazzo perchè, nonostante la sua disabilità, non riesce ad essere triste; ma è proprio grazie al suo bellissimo sorriso che riesce a superare i mali della vita.

    L'esperienza fatta in aula è stata molto emozionante, non ho mai provato niente di simile e mi ha fatto riflettere molto.
    Ascoltando le parole delle poesie provavo ad immedesimarmi in quelle persone e i sentimenti predominanti in me erano la tristezza e la solitudine.
    Tristezza perchè quelle persone non hanno scelto loro di nascere e di vivere una vita con tanti problemi e difficoltà.
    Solitudine perchè da quelle parole emerge chiaramente che quelle persone si sentono sole ed abbandonate.
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    Messaggio  Vittoria Camposano Sab Mar 31, 2012 4:54 pm

    Una lezione indimenticabile, ricca di emozioni. Abbiamo capito come attraverso un dipinto si possono vivere tante emozioni. Quello che più mi ha colpito è stato "il ragazzo zoppo" di Ribera. Come è possibile che un ragazzo zoppo abbia il sorriso sulle labbra, come si fa ad avere una difficoltà fisica e contemporaneamente sorridere alla vita.
    Poi c' è stata un' esperienza bellissima, quella dei foulard che ci coprivano gli occhi. Che strana sensazione non vedere niente. Appena ho bendato gli occhi mi è venuta un pò di ansia, ma poi ho cercato di stare calma e tranquilla, e la calma mi è arrivata anche dalla voce della prof, l' unica voce che in quel momento sentivo e riconoscevo.
    Stando per qualche minuto al "buio" ho percepito più intensamente ciò che mi accadeva intorno, anche solo i semplici mormorii delle mie compagnie, e sentivo molto più profondamente ciò che la prof leggeva, ho sentito più emozioni, a differenza se avessi ascoltato quelle poesie ad occhi aperti.
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    Messaggio  Mena Pace Sab Mar 31, 2012 5:19 pm

    Le opere pittoriche che ci sono state mostrate durante la nostra quinta lezione raffiguravano persone con disabilità. Quella che più ha ispirato la mia riflessione è stata “Ragazzo zoppo” di Ribera. Posso affermare che, se non avessi letto il titolo, non avrei mai capito la disabilità di quel ragazzo, forse perché la mia attenzione si era focalizzata esclusivamente su quel viso dolce e ingenuo di chi, nonostante sia zoppo, riesce a sorridere alla vita e a donare una nuova speranza a tante persone che considerano la propria disabilità solo come un limite fisico.

    La simulazione col foulard è stata veramente un’emozione unica. Prima di bendarci, non nascondo che avevo un po’ d’ansia e durante la simulazione ho tenuto tutto il tempo la mano alla mia amica. Pur essendo solo una benda, che in qualsiasi momento avrei potuto togliere, avevo paura. Paura perché, non potendo vedere, non riuscivo a fidarmi di chi mi stava intorno. E questa paura la percepivo perché ancora non mi ero immedesimata nei panni di un cieco. Poi la professoressa ha iniziato a leggere le poesie e la sua voce dolce mi ha rincuorato. Quelle parole, non lette ma ascoltate, risuonavano in me con forti emozioni a volte di gioia, a volte di tristezza. Sono riuscita a liberarmi di tutti quei brutti pensieri che precedentemente mi avevano turbata e mi sono rasserenata soprattutto alla lettura della seconda poesia che mi ha permesso di volare in alto con l’immaginazione. Poi d’un tratto qualcosa nella terza poesia mi ha nuovamente spaventata, questa frase: “ Ho paura di cadere non tanto per il dolore che potrei avvertire ma per il peso dei loro occhi che su quel pavimento mi potrebbero inchiodare”. Allora dentro di me è sorta una nuova preoccupazione, quella di non riuscire a vedere le espressioni di chi mi avrebbe osservata in una situazione simile. In quel momento mi è tornata in mente la frase “I veri limiti sono in chi ci osserva” e ho capito che, se ognuno di noi fosse nato con una forma di disabilità, adesso riusciremmo a vederci tutti allo stesso modo senza creare differenze e donando al cieco, al sordo e al tetraplegico, la possibilità di essere chiamati per nome.
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Empty OTTO DIX GIOCATORI DI SKAT///CHIAMATEMI PER NOME

    Messaggio  Lucia Casaburo Sab Mar 31, 2012 7:20 pm

    1)Per quanto riguarda il commento razionale, l'opera d'arte che mi ha impressionata di più è: OTTO DIX GIOCATORI DI SKAT.
    Tale opera ritrae 3 giocatori che si incontrano dopo la guerra, ovvero tre militari che giocano a carte. Partendo da sinistra, al primo giocatore manca il braccio destro e quello sinistro i quali sono stati sostituiti da delle protesi in legno. Il secondo giocatore, ovvero quello centrale, non ha entrambe le braccia e infatti le carte le mantiene con la bocca, non ha le gambe e ha un occhio di vetro e una mandibola di ferro. Il terzo ed ultimo giocatore invece, ha solo il busto, una protesi di legno al braccio destro e sia il naso che la mandibola sostituita da una protesi di ferro.
    Ciò che particolarmente mi ha colpito di questo quadro è che all'inizio con uno sguardo al quanto superficiale, non mi sono resa conto di tutte queste protesi sostitutive delle varie parti del corpo. Ed inoltre mi stupisce che se non fosse stato per la guida della professoressa, grazie al ''gioco delle luci e ombre'' del quadro, non sono riuscita lo stesso a cogliere tutte le protesi o parti corporee completamente assenti. Credo che uno degli scopi dell'autore fosse proprio quello di non imporre alla gente di vedere le protesi, ma di lasciare campo libero a ciò che si vuole vedere del quadro e quante protesi o parti mancanti il nostro cervello riuscisse a cogliere/sopportare.

    2)
    Chiamatemi per nome

    Chiamatemi per nome.
    Non voglio più essere conosciuta
    per ciò che non ho
    ma per quello che sono:
    una persona come tante altre.
    Chiamatemi per nome.
    Anch'io ho un volto, un sorriso, un pianto,
    una gioia da condividere.
    Anch'io ho pensieri, fantasia, voglia di volare.
    Chiamatemi per nome.
    Non più portatrice di handicap, disabile,
    handicappata, cieca, sorda, cerebrolesa, spastica, tetraplegica.
    Forse usate chiamare gli altri:
    "portatore di occhi castani" oppure "inabile a cantare"?
    o ancora: "miope" oppure "presbite"?
    Per favore. Abbiate il coraggio della novità.
    Abbiate occhi nuovi per scoprire che,
    prima di tutto,
    io "sono".
    Chiamatemi per nome.

    Questa è la poesia che di più mi ha colpito. Spesso noi tutti crediamo che essere solidali con le persone sia aiutarlo economicamente o comportarci in maniera dolce e gentile; ma in realtà concordo con quello che ha detto la professoressa... essere solidali significa AIUTARE L'INDIVIDUO A CRESCERE E A RENDERLO PIU' AUTONOMO NELL'AFFRONTARE LA QUOTIDIANIETA'.
    Questa poesia mi ha colpito particolarmente perchè non credevo,anzi non immaginavo nemmeno,che chiamare una persona ''portatore di handicap'' e/o ''disabile''significasse marchiarli a vita e spersonalizzarli.Spesso soprattutto per noi che studiamo come poter diventare ottimi operatori sociali, ci preoccupiamo su come possiamo relazionarci nei loro confronti e come aiutarli a non farli sentire DIVERSI, ma grazie a questa poesia e ad altre ancora ho davvero capito che in realtà per farli sentire simili a noi o aiutarli ad affrontare tale condizione di disagio, basterebbe semplicemente chiamarli per nome e non etichettarli come ''portatori di patologie'' e guardarli con gli stessi occhi con cui guardiamo noi stessi allo specchio.
    come vorrei che si prestasse più attenzione non solo alla possibilità di migliorare le loro condizioni sociali ma soprattutto che tutti noi ci preoccupassimo di comprendere realmente il loro mondo interiore, in modo tale da permettergli di poter vivere un esistenza all'insegna dell'uguaglianza.
    Apprezzo molto le simulazioni che la professoressa ci fa fare in classe perchè ci aiutano ad essere educatori non solo grazie ad un titolo di studio ma soprattutto nei nostri modi di fare e nel nostro modo di comprendere il DIVERSO.

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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Empty Diversità/disabiltà nell'arte

    Messaggio  simonamanzoni Sab Mar 31, 2012 10:01 pm

    Oggi in aula ci siamo confrontati sul tema della disabilità/diversità nell’arte…abbiamo visto anche alcune opere d’arte di diversi artisti che ritraevano personaggi con diverse disabilità…
    Due in particolare hanno attirato la mia attenzione…ma solo una mi ha fatto riflettere…e.. riguarda la Venere di Willendorf…il motivo è semplice..ho pensato..<<ma come si parla di diversità-disabilità e vediamo un dipinto-statua con una grave obesità???>>cosa centra??e come dice Marzullo..così come ho posto la domanda..mi sono data anche una risposta .
    Penso che l’obesità sia sinonimo di diversità!è brutto dirlo ma spesso le persone ti guardano con occhi diversi..forse non di “pietà”come per un disabile ma con occhi”diversi”..quasi a dire…Ma non ti guardi allo specchio???non sei “Conforme”agli altri..Racconto in breve un piccolo episodio personale…da piccola son sempre stata magra..in forma..anche durante l’adolescenza il mio corpo era in forma perché giocando a pallavolo ero in continuo movimento ed allenamento..all’età di 20 anni ho lussato la rotula del ginocchio..e..li e iniziato il mio calvario…fermandomi con lo sport..non potendo più ,per un breve periodo,camminare…ho incominciato a mangiare..e.. mangiando mangiando…ho messo su un bel po’ di peso…oggi..dopo circa 11 anni e con alle spalle 2 gravidanze mi reputo veramente obesa..ma so che sono stata io a voler diventare così..noi non siamo altro che il nostro “Essere”.
    Fino ad un paio di anni fa..non accetavo questa mia trasformazione..avevo quasi vergona e più cercavo di fare una corretta alimentazione e più mangiavo male..più tante persone al mio fianco dicevano di incominciare una dieta e più io mangiavo..mi sentivo in un vortice dal quale non riuscivo ad uscire!!
    Cosa voglio dire con questo??che ad oggi nella mia vita nulla è cambiato a livello fisico..ma qualcosa è cambiato nella mia testa!!guardo tutto con occhi diversi…diversa come proprio sono io!!e nella mente e nel cuore che si devono abbattere i pregiudizi..nel proprio cuore e in quello di chi ci è accanto!!
    Ritornando all’immagine vista in aula sulla Venere di Willendorf..Non contenta ho fatto alcune ricerche su internet per capire chi fosse questa Venere così importante..e così “Diversa”…perché se si nota bene nell’immagine…mancano i piedi..anche le braccia non si notano..così vi riporto una piccola storia che ho trovato su Wikipedia.:
    Più che di un ritratto realistico di una figura femminile, si tratta di una sua idealizzazione, o secondo altre interpretazioni un autoritratto, che spiegherebbe le proporzioni alterate come una semplice questione prospettica. La vulva e il seno sono gonfi e molto pronunciati, cosa che suggerisce l'intenzione di rappresentare un significato fortemente connesso con la fertilità, ed anche il colore rosso ocra col quale la statuetta è dipinta ricorderebbe secondo alcuni studiosi il sangue mestruale. Le braccia sottili sono congiunte sul seno, e il volto non è visibile; la testa si direbbe coperta da trecce o da un qualche genere di copricapo.
    Il nomignolo "venere", attribuito alla statuetta all'epoca della scoperta, è stato recentemente oggetto di qualche critica. Christopher Witcombe ha osservato: "l'identificazione ironica di questa figura con Venere era volta a compiacere alcune assunzioni dell'epoca circa i primitivi, le donne, e il gusto". C'è anche una certa riluttanza a identificare il soggetto della statua con la dea Madre Terra della cultura del paleolitico europeo. Alcuni suggeriscono che, in una società di cacciatori e raccoglitori, la corpulenza e l'ovvia fertilità della donna potrebbero rappresentare un elevato status sociale, sicurezza e successo.
    I piedi della statua non sono fatti in modo tale da consentire alla statuetta di stare in piedi. Si è perciò speculato che potesse trattarsi di un oggetto da tenere in mano. Alcuni archeologi la interpretano come un amuleto portafortuna. Alcuni autori ritengono che questa statuetta, come le altre di questo genere, si possa interpretare come una specie di ex voto, sempre legato al rito della fertilità.
    Dopo la Venere di Willendorf, sono state rinvenute molte altre statuette di questo genere, spesso indicate proprio come "veneri" o "veneri paleolitiche".


    Grazie..
    Simona


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    Messaggio  Marcello De Martino Dom Apr 01, 2012 7:14 am

    OTTO Dix

    Gli effetti devastanti di una guerra.Credo sia questo effetto che Ribera forse voglia dare o comunque questo è quello che percepisco.Noto uomini distrutti fisicamente dalla testa ai piedi,dalla loro stessa razza probabilmente.Forse l'autore ha partecipato alla guerra e vuole testimoniare l'orrore visto.Se fosse cosi,credo abbia fatto bingo!!!

    Riguardo il tema della cecità non ci sono parole per descrivere lo stato di una persona senza vista.Credo che o ti rassegni e ti uccidi o cerchi di fartene una ragione.Sembra facile a parlare è vero.Del resto non puoi guardare il viso delle persone che ami,il loro invecchiare e altro ancora.Io ho sempre detto e in questo ci credo fortemente "pensare che le persone che amo soffrono a causa mia sarebbe un dolore che non potrei sopportare".Perciò bisogna farsene una ragione e andare avanti se non per te almeno per loro.Del resto durante la lezione in aula ho comunque pensato "Dio fa che non succeda mai a me!!!"
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Empty lab.5 simulazione...

    Messaggio  maria.vigna Dom Apr 01, 2012 8:46 am

    Nella parrocchia che frequentavo, ogni domenica alla messa veniva un ragazzo cieco. Era molto indipendente, riusciva ad andare da casa sua fino alla chiesa da solo con l’aiuto del bastone. Guardandolo ho sempre pensato, cosa si provava a non poter vedere niente, e qualche volta stupidamente cercavo di immedesimarmi in lui per capire cosa provava…e non riuscivo a stare più di 5 minuti con gli occhi completamente chiusi perché era come se mi mancasse l’aria! L’esercizio che abbiamo fatto in classe mi ha spinta a riprovarci e stavolta per più tempo. Stare seduta con gli occhi bendati senza poter vedere cosa ti stia succedendo intorno, e sentire solo la voce della prof. che leggeva delle poesie una più bella e significativa dell'altra, è stato molto strano inizialmente. Mi sentivo un pò disorientata, perchè non ero abituata, però dopo poco l’udito ha iniziato a lavorare più del solito e mi ha aiutata. Mi sono concentrata sulla voce della prof. e mi sono lasciata andare...La mia amica che era seduta accanto a me mi ha preso la mano e quel sentire quella vicinanza mi ha fatto tranquillizzare ancora di più…è stato davvero bellissimo! Tra le poesie lette dalla prof. quella che mi ha colpito è l’ultima, che avevo già letto sul libro e già allora mi colpì per le sue parole… “Chiamatemi per nome. Non voglio essere conosciuta per ciò che non ho ma per quello che sono: una persona come tante altre.” Questa frase è bellissima e per me esprime proprio quello che loro pensano quando qualcuno li guarda con occhi diversi o con pietà. Inoltre a lezione abbiamo parlato del tema della disabilità/diversità nell’arte e c’è stato un quadro che mi ha colpita ed è quello di Ribera-Ragazzo zoppo: in questo quadro Ribera fotografa non solo la realtà della povertà del tempo ma anche la diversità di questo ragazzo che mostra una disinvoltura nel mostrare il suo piede malforme. Però la cosa più bella di questo quadro è che l’occhio non cade sul piede ma ti colpisce il sorriso di questo bambino…e questo non fa altro che confermare il messaggio che secondo me vuol far trasparire questo quadro e cioè che la diversità è solo negli occhi di chi la vede!A questo proposito vorrei riportare una frase che mi è sempre piaciuta tanto e che credo sia proprio adatta alla lezione sia per l'esercizio delle bende che per quello sui quadri..E' una frase tratta dal libro "il piccolo principe":L'ESSENZIALE E' INVISIBILE AGLI OCCHI...NON SI VEDE BENE CHE COL CUORE lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Ragazz10
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    Messaggio  Fabiola Mangini Dom Apr 01, 2012 9:29 am

    In aula la professoressa ci ha mostrato vari quadri in cui è presente la persona disabile. Sinceramente, non avevo mai riflettuto ,fino a questa bellissima lezione, sul tema della disabilità che è anche presente nelle opere pittoriche. Tra i quadri proposti quello che mi ha maggiormente colpito è stato: Triumph of death. Ho notato in questo quadro, per questo motivo mi è subito piaciuto, che , a differenza degli altri, la figura del disabile (il mendicante cieco seduto in basso sulla destra) è stata ritratta insieme a persone normodotate ( il neonato, coppie di amanti, soldato … ) e non sola o con altre persone disabili. Proprio come dovrebbe essere nella loro quotidianità.
    Particolarmente importante per me e per le mie colleghe è stato il momento in cui la professoressa ci ha fatto coprire gli occhi con un foulard, ci ha fatto ascoltare delle bellissime poesie e poi ci ha fatto alzare in piedi, tutto ciò per farci comprendere come può sentirsi un non vedente e che sensazioni questo provocasse in noi. Anche se sapevo di essere in un aula con tante persone e udivo la voce della professoressa, ho provato paura, soprattutto agitazione e non vedevo l’ora di togliere il foulard. Ho cercato di ascoltare le poesie, di immedesimarmi in una persona non vedente, ma per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare a me stessa, se mi accadesse di non poter più vedere non riuscirei a vivere. Non voglio passare come egoista, non so perché ho reagito così di fronte a questo esercizio, infatti me ne vergogno un po’. Forse perché amo osservare, amo avere tutto e tutti sottocontrollo (non resto mai nel buio totale) e il solo pensiero di non poterlo fare mi provoca terrore.
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    Messaggio  fabiola lucignano Dom Apr 01, 2012 12:56 pm

    Questa lezione mi è piaciuta tanto.....L esercizio fatto in classe ovvero bendarsi con un foulard è stato emozionante...Perche in questa lezione si è parlato di cecità,e bendarsi è significato vivere,x un attimo,la loro stessa condizione....Mentre eravamo bendati sentire le parole di quelle poesie scritte da qst persone è stata un emozione indescrivibile....Erano parole ke ti entravano dentro,tu con gli occhi chiusi cercavi di immaginarti quelle situazioni raccontate dalle poesie e io con la mente viaggiavo e vivendo quella situazione ho solamente capito con qnt difficolta qst persone affrontano la vita di ogni giorno,ma nonostante qst loro sono ricchi di volonta,hanno la voglia di vivere,hanno una forza d animo indescrivibile.......Prima di questa lezione nn mi ero mai domandata come vivesse un non vedente,ma adesso averlo provato solo adesso capisco...Ammiro queste persone....molto...
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    lab. 5 - Simulazione e avviso (chiuso) - Pagina 8 Empty Emozioni

    Messaggio  Roberta Narici Dom Apr 01, 2012 1:20 pm

    Attraverso l’opera “Ragazzo Zoppo” di Ribera si vede chiaramente l’incontro tra disabilità e arte.
    Dal sorriso del bambino, traspare con quanta serenità egli porta la sua disabilità e, guardarlo per la prima volta, mi ha suscitato emozioni positive. L’arte è interpretata soggettivamente e io credo che Ribera, nel dipingere il ragazzo, abbia voluto evidenziare la sua bellezza interiore e far cadere quindi tutti quei pregiudizi che vedono i bambini storpi tristi e senza un’opportunità.

    Ero seduta in prima fila, mettendo la benda ,le mie gambe hanno cominciato a tremare, ed il mio stomaco a chiudersi. C’era silenzio. Un silenzio imbarazzante ma che parlava, il silenzio urlava che voleva ascoltare e ancor di più sentire. Era come se fossero i bambini a leggere, il tono di voce non era sempre lo stesso, era come se mutasse a seconda della personalità dei bambini. Davvero un’ emozione che non si può descrivere. Mi sono sentita smarrita, ma era il mio corpo a sentirsi a disagio, perché la mia anima era pronta a percepire tutte le emozioni, aveva sete di sensazioni e voglia di commuoversi, aveva bisogno di una smossa. Riuscivo ad ascoltare tutto in maniera amplificata, persino il mio cuore battere.
    Poi, quella parola, NON, la negazione davanti a tutte le azioni più semplici di Rebecca… Non mi riesce facile definire cosa mi è successo, troppo forte. Cosa farei se fossi privata della luce, dei colori? Cosa riuscirei fare senza guardarmi intorno? Probabilmente mi guarderei di più dentro, sarei in grado di sentire meglio gli odori e i sapori, di “guardare” le persone dall’interno ma… tutto questo non basterebbe… Guardare con “i loro occhi” mi ha insegnato tanto, credo che ricorderò per sempre quell’emozione. Pochi minuti per una grande lezione di vita. Grazie prof. Lei ci insegna tanto, non solo semplici nozioni di pedagogia. Sono entusiasta di aver scelto questo corso.

    Vorrei chiedere al dott. Palladino se riesce a percepire lo sguardo delle persone su di lui e se riesce ad avvertire cosa sta succedendo attorno alla sua persona.

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