I temi proposti dal laboratorio - esercizio in questione inducono senza dubbio ad una rivisitazione profonda del nostro rapporto con le moderne tecnologie che mi spinge ad affermare che, per quanto noi tutti viviamo la quotidiana routine d’interazione con i nostri consueti strumenti tecnologici, non abbiamo mai operato una riflessione sugli stessi e su quanto questi facciano parte della nostra vita. Se è vero che permangono ancora alcuni paesi poveri dove pc ed internet non sono all’ordine del giorno (per lo meno non di tutti i cittadini), se è vero che anche nei paesi ricchi (e l’Italia è tra questi) ci sono ancora molte famiglie etichettate come “povere” che non possono permettersi un computer, è pur vero che oggi come oggi l’uso quotidiano di almeno uno strumento tecnologico è appannaggio di tutti ( per strumenti tecnologici mi riferisco oltre che al pc, al telefono cellulare, allo stesso telefono fisso, all’ I POD - che ha sostituito il walkman degli anni 80, alla radio, alla tv ecc …). Nel condurre studi a proposito, mi hanno fatto molto riflettere le parole della Nostra Docente in aula: “molte tecnologie che oggi ritroviamo nei moderni telefoni come l’I PHONE o altri strumenti tecnologici come i PALMARI o l’ E – BOOK esistevano già prima di diventare così famose e diffuse, solo che non si era ancora capito come renderle funzionali e, quindi commerciabili”. Non sono un’esperta del campo, ma credo che sia palese il fatto che la strategia di marketing adottata è stata quella di centrare l’attenzione sull’ uomo - medio, sui suoi bisogni, sui suoi interessi, diversivi, modi di passare il tempo, unitamente alla riflessione sulla sua giornata tipo, sui suoi spostamenti e necessità di lavoro o di svago ( ecco la creazione di SMART – PHONE o telefono intelligente che connette, telefona, fa foto, video …insomma, multifunzionale). Ovviamente, non sono stati creati solo cellulari con tale assunto antropocentrico, ma numerosi altri oggetti: l’auto con park – assist, il sintetizzatore vocale o la stampante braille per i disabili (ciechi o ipovedenti – altro tema interessante quello del rapporto tra disabilità e tecnologia), persino robot da cucina sempre più complicati e tuttofare, oppure consolle da gioco e giochi interattivi sempre più sofisticati che spingono i fanciulli a rintanarsi in casa piuttosto che a giocare all’aria aperta ( io li chiamo simpaticamente “giochi pollaio”). Credo che il tutto rispecchi fedelmente la società in cui viviamo: comoda/sintetizzante/fast. Ciò detto, come non essere d’accordo con G. Longo e con la sua espressione tratta dal libro “Homo technologicus”: “ non passa un solo giorno senza che noi utilizziamo un mezzo tecnologico” (testo che mi piacerebbe approfondire) e come non incentrare la propria attenzione sul rapporto uomo – tecnologia e corpo – strumento tecnologico? Oggi sembra che l’attenzione di noi tutti sia focalizzata sulla comunicazione, sull’essere per lavoro, dunque per necessità, o anche per svago, in più posti contemporaneamente ( per una mamma – lavoratrice c’ è la necessità di telefonare ai figli per accertarsi che tutto sia a posto, per un teenager la necessità di condividere idee e pensieri con i propri amici oltre i consueti spazi fisici e gli orari consentiti dello stare fuori casa, per un Dirigente o un Giornalista la necessità di comunicare in tempo reale un’ informazione, una notizia e così via). Comunicare, relazionarsi…questi sembrano i due temi principi ed è strano come, a volte, ci imbattiamo in una sorta di incomunicabilità nell’epoca della comunicazione. L’esplosione di internet ha sicuramente potenziato, esteso le capacità umane, abbattendo i limiti e i confini della fisicità, del tempo e dello spezio ( lo stesso forum che noi studenti utilizziamo, definito da De Ruggiero quale “forma di comunicazione prodotta e trasmessa su supporto informatico” o più semplicemente CMC, ci consente di valicare i confini orari del corso stesso e della nostra fisicità, consentendo l’estensione delle lezioni e del nostro apprendimento oltre lo spazio aula e il tempo-scuola). Ancora, attraverso i cosiddetti MUD ( domini a più utenti, come i social network e le chat ) è possibile comunicare con chiunque si desideri, attraverso la comunicazione sincrone (in tempo reale e, dunque, propria della chat), oppure la comunicazione asincrone ( differita, come l’ e – mail, lo stesso nostro forum, i blog). E se una vecchia canzone che adoravo, dei primi anni 80 cantava “words, don’t come easy to me …” attraverso l’ausilio della rete e protetti dalla dematerializzazione del corpo (affascinante concetto proposto dallo studioso nonché educatore T. Maldonado) o dallo stesso corpo disseminato (altrettanto affascinante concetto proposto da Caronia, quale corpo privo di “carne” per essere “centrifugato all’interno di necessità legate a reti di comunicazioni …” da - “Corpo, tecnologie e disabilità”- di F. Briganti), l’autostima di ciascun soggetto aumenta considerevolmente, pertanto anche le words verranno scritte facilmente perché sovvengono facilmente, facendo azzardare ai soggetti in rete approcci ( attraverso il proprio avatar) e commenti che attraverso un reale contatto fisico con le persone appartenenti al loro mondo virtuale della rete non sarebbe possibile per la troppa inibizione. Galimberti afferma “ … Egli (riferito all’uomo) rivede i concetti di natura, individuo, identità, libertà, verità, senso, etica, politica, storia e religione. Tali concetti vanno ripensati e riesaminati in ogni nuovo tempo” ( da - “Corpo, tecnologie e disabilità” - di F. Briganti). E non potrebbe essere altrimenti visto la fugacità dei nostri “giorni”, dei nostri “anni” destinati a diventare obsoleti in un batter d’occhio, anzi, oserei dire in un click di mouse. E’ una continua corsa alla modernità, all’attuale, un continuo aggiornarsi per stare al passo con i tempi ( “Cyborg nati?” di A. Clark – altro testo che mi piacerebbe approfondire), un dentro o fuori che condiziona il modo di relazionarsi specialmente con le nuove generazioni sempre più “digitali”, aspetto più che mai di rilievo per un educatore o un insegnante ( formazione/aggiornamento articolo 63 e 64 del CCNL del comparto scuola). Senza la percezione di questi cambiamenti rischiamo di restare inevitabilmente ai margini di una società in continua evoluzione. Ma se è vero che la tecnologia è progresso, se consente di oltrepassare i limiti spazio-temporali strettamente connessi alla fisicità della persona e dei luoghi, se consente di appagare quel senso di frustrazione derivante da un sé corporeo imperfetto con un avatar a noi più congeniale, è pur vero che esiste un rovescio della medaglia. Ad esempio, non tutti i sensi ( considerati i canali di fruizione del nostro sapere/le porte attraverso le quali ci approcciamo alla realtà che ci circonda) vengono sviluppati allo stesso modo attraverso l’interazione con uno strumento tecnologico o digitale: è poco sviluppata la capacità di ascolto, di contro c’è una smodata stimolazione oculare con connessa necessità di vedere immagini; poco sviluppata, o quasi per niente, la capacità di immaginazione/astrazione/invenzione; sviluppata in maniera eccelsa la capacità dell’uso delle dita, a discapito di una corretta manualità (ad esempio nell’impugnare e usare una matita o le forbici). La pelle e il contatto fisico, che in quest’era digitale vengono surclassati, risultano, a mio avviso ancora i mediatori primari per una corretta e reale interazione, anche se magari, non esclusiva. I giochi di ruolo attraverso un avatar (MUD come HABBO, THE SIMS, MAFIA WARGAMES e così via) possono essere considerati alla stregua di una vita parallela che, tuttavia, non sarà mai la nostra vera vita e che, anzi, possono alimentare la Net Addiction che ne potrebbe derivare. Da insegnante e membro della Comunità di Ricerca (da circa due anni seguo e sono seguita in un corso di formazione sulla metodologia della Philosophy for children di M. Lipman per lo sviluppo del pensiero complesso nel fanciullo) posso affermare che la relazione interpersonale è fondamentale per un sano confronto con l’altro diverso da sé e per “ imparare ad apprendere” in maniera costruttiva, per imparare a pensare in maniera critica sul pensiero dell’altro e, quindi, formarsi come persona con una propria identità. Concludo questa mia forse prolissa dissertazione chiedendo scusa a Cartesio per aver rubato e trasformato la sua idea filosofica del “cogito ergo sum” che al contempo mi è utile per richiamare l’attenzione sulla scissione della mente dal corpo (a proposito della rete): res cogitans e res extensa ovvero unità psicofisica che comunemente viene definita con il nome di “uomo”… come afferma la Stone “c’è sempre un corpo attaccato (alla mente)”.