1)L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha elaborato, nel suo campo, una serie di classificazioni. La prima forma di Classificazione fu:
ICD = ( class. Internazionale delle malattie) sorta intorno al 1970. Tale classificazione pone la sua attenzione sulle cause delle patologie, fornendo una descrizione delle caratteristiche cliniche, di ogni sindrome o disturbo; Ogni diagnosi, inoltre, viene tradotta in una serie di codici numerici, per facilitare la memorizzazione. Ad ogni patologia viene attribuita la disabilità, formando una sorta di
Enciclopedia Medica.
Tale sistema di classificazione, però, con il passar del tempo venne sostituita prima con ICIDH (Sorta nel 1980 come classificazione internazionale che cerca di risolvere alcuni problemi inerenti alle definizioni).Poi in seguito con ICF = (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) sorta nel 2001, che diede una nuova definizione al termine: “disabilità”.
Tale classificazione descrive le modifiche dello stato di salute di una persone, ma soprattutto si interessa alle conseguenze che queste modifiche provocano nella persona. Considera qualsiasi disturbo associato a condizioni di salute del corpo, della persona e della società, ponendo come centrale la vita delle persone affette da patologie, evidenziando come convivono con la loro condizione.
Il passaggio dall’ICD all’ICF, avvenne per vari motivi, prima di tutto perché le informazioni che venivano date dalla diagnosi medica, non erano considerati sufficienti nel definire ciò che la persona era in grado di fare, e non. La classificazione ICF, ideata per qualsiasi fascia di età, rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario, perché adottandolo ci si accerta del diritto delle persone con disabilità e le loro condizioni di salute (lo stress, l’invecchiamento, anomalia congenita). ICF viene utilizzato in campo: Sanitario,Sociale, Educativo.
Per ICF “La disabilità” è una condizione di salute derivata dal contesto sfavorevole.
Questo contesto sfavorevole causato da vari motivi, vari problemi. Ciò l’ho abbiamo potuto notare durante il laboratorio sulle barriere architettoniche, dove attraverso l’esercizio dell’orologio, si sono evidenziati gli ostacoli che un disabile incontra nell’arco della sua giornata; Ostacoli causati dalla mancanza di manutenzione su strade,(basta pensare a strade rotte, marciapiedi inaccessibili per chi è sulla sedia a rotelle), su attrezzatura,(come le pedane per entrare ed uscire da una metropolitana, oppure quelle utili per far salire o scendere sui pullman), ma anche causati dallo stesso cittadino,quando ad esempio parcheggia la sua auto sulle strisce pedonali, o su posti riservati ad invalidi. Sono tutti atteggiamenti che ,a mio parere, rendono la vita di un “diversamente abile” , più difficoltosa di quanto essa sia.
Ad aggravare la situazione, inoltre, è anche l’uso scorretto, o meglio improprio, di termini come DISABILE, DIVERSO, HANDICAPPATO.
Io credo che bisogna fare molta attenzione quando si vuol dire qualcosa,ma soprattutto bisogna PENSARE a ciò che si vuole dire, al messaggio che si vuol far passare, in modo da evitare dei disagi, soprattutto quando si tratta di temi molto delicati come deficit, disabilità, handicap.
Molto utile è fare,quindi, una riflessione sulle parole disabile e diverso.
Disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana, una persona affetta da disfunzioni motori/cognitive, dalla mancanza di una o più abilità. Esso è un soggetto con disturbi fisici, o psichici, che spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate. Nei confronti di persone con disabilità, spesso si tende ad assumere atteggiamenti di pietismo, dando a loro un’ETICHETTA. Attribuendogli spesso il termine DISABILE con un valore dispregiativo, perche si indica che quella persona non e abile in qualcosa. Fortunatamente esistono persone con disabilità che però non si sentono tali ,grazie al superamento delle barriere architettoniche; basti pensare a Simona Atzori, oppure a Pistorius, che sono due esempi di RESILIENZA, ovvero coloro che hanno “superato ogni limite”.
Il termine divero o diversabilità vuol indicare una persone che ,oltre ad avere una dis-abilità, ha delle abilità diverse da altri. A mio parere è molto giusto usare termini come: diversamente abile o diversabili, piuttosto che disabile, perchè utilizzando questi termini non si trascura il valore della persona. Il termine diversabile, è un termine positivo che mette in evidenza l’essere diversamente abili in una determinata cosa, ma non esclude l’essere abile in un'altra. Infatti durante una simulazione fatta in aula, la professoressa ci ha fatto bendare, privandoci quindi della vista, ed ha incominciato a leggerci una serie di poesie, o messaggi fatti da bambini o persone con il deficit della cecità;
durante la lettura ho notato che il mio udito era più attento, riuscivo a sentire anche i minimi rumori,come il cadere di una pena, il respiro della mia collega accanto,tutto ciò che sicuramente non avrei notato facilmente se non fossi stata bendata; Secondo me questa è la dimostrazione che chi è ceco, non è un disabile, ma un diversamente abile nella vista, ma molto abile nell’udito, e di conseguenza noi NORMODOTATI, in confronto a chi è ceco, siamo diversamente abili nell’udito .
Disabile, insomma, è solo ciò che una persona pensa di lui.
Chi è disabile, molto spesso viene isolato, emarginato; sensazioni queste, a mio parere, molto brutte e difficili da superare. Chi è emarginato si sente solo, si sente come un fantasma, dove nessuno lo considera, nessuno lo ascolta, provocando dei disagi molto seri, facendo soffrire non solo lui ma anche chi è molto vicino a lui, esempio familiari, genitori.
Ad interessarsi della complessità della persona disabile , c’è stato anche Anna Maria Murdaca.
2)Anna Maria Murdaca, docente e autrice di “ complessità della persona e disabilità”,affronta in questo testo tematiche come: integrazione, complessità, inclusione e inserimento del disabile, le capacità funzionali; tutte ,queste, tematiche che conducono l’autrice in discorsi come:
ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
rimodulazione del termine integrazione
comprensioni delle reali condizioni di vita di una persona disabile
Secondo Murdaca, bisogna prima di tutto adottare l’ottica della GLOBALITA’, cioè bisogna avere una nuova cultura e conoscenza della disabilità che sia attenta non solo al comportamento del soggetto, ma al suo riconoscimento come persona in evoluzione. Il suo obiettivo è quello di valorizzare la persona rispettando le differenze e l’identità. Il contesto sociale , ha un ruolo molto importante, poiché è essa che determina una condizione di Handicap. Infatti come ho già affermato precedentemente, a esaltare le discrepanze tra il soggetto disabile e la società in cui vive, sono gli ostacoli ,le barriere fisiche,che impediscono ad una persona con deficit di portare a termine una particolare attività considerata normale. L’ambiente, (dal contesto familiare, dalla scuola), può avere una doppia funzione; può essere una barriera, oppure un facilitatore,basti pensare al ruolo dell’insegnante/educatore ; esso può, anzi deve, contribuire nell’integrazione del disabile.
L’integrazione è proprio uno dei problemi che la persona disabile deve affrontare. Esso non è altro che un processo continuo, che ricerca soluzioni,strategie, diritti dei disabili. L’integrazione viene
quindi vista come : accoglienza verso diverse identità, e come condivisione di valori etici. A favorire l’integrazione vi è: la relazione educativa.
La relazione educativa, è lo spazio dove il disabile, insieme agli insegnanti, educatori, sperimenta una serie di situazioni, vissuti,che vengono elaborate,criticate ed integrate. La relazione educativa, può
essere un momento di incontro, di scambio di idee, che può coinvolgere 2 persone, come il docente/discente,madre/figlio, oppure più persone come insegnanti/alunno.
Infatti in una delle simulazioni fatte in aula, abbiamo affrontato il concetto di relazione educativa facendo due setting (il setting rappresenta l’incontro tra educatore ed educando).
In entrambi i setting è emerso che il ruolo dell’educatore è molto importante; esso diventa una sorta di ESEMPIO da seguire per gli alunni, (nel caso della relazione insegnanti/alunni). Nella relazione educativa, si ha una formazione bilaterale, cioè a formarsi non è solo l’alunno, ma anche il docente. Esso rappresenta la parte più importante della pedagogia. Nel caso di un disabile,invece, l’educatore deve prendere in considerazione le diverse situazioni, adottando dei programmi specifici per far emergere le sue doti. Deve quindi evidenziare le sue potenzialità senza mettere in luce le sue difficoltà.
3)Il contesto sociale è un elemento determinante, non solo per l’integrazione dei disabili, ma anche per la formazione di ideali, di aspettative degli adolescenti. A giocare un ruolo fondamentale per la formazione di stereotipi, di ideali, sono le riviste, le televisioni, che trasmettono immagini di modelli estetici ,modelle,ballerine/i ad esempio, difficili da raggiungere.
Molto spesso l’immagine della donna si confonde con quella della bellezza, infatti la responsabilità, la cura della salute è sempre stata affidata alla donna, che deve prendersi cura del suo corpo.
Come abbiamo affrontato in aula, seguire degli ideali, può causare dei problemi seri, come ad esempio l’ANORESSIA, una delle malattie più brutte;paragonata ad un tunnel dove ci entri con facilità, ma difficilmente riesci ad uscirne fuori. Autori come : Remaury, Lipovetsky e Braidotti si sono interessati alla tematica della donna, in particolare al suo bisogno di migliorarsi, di trasformarsi, di raggiungere “l’eterna giovinezza apparente”.
Remaury sostiene le donne sono dirette verso una corsa alla perfezione; una perfezione di tipo corporea(grazie all’evoluzione della scienza), che rende il corpo libero, da malattie, dal peso e dal tempo. Lipovetsky ,invece, ci propone l’immagine di una terza donna che nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti, percorrendo una delle strade possibili verso il corpo perfetto.
Ciò che sostengono gli autori, rappresenta,oggi, uno dei problemi più diffusi nella nostra società.
E’ come se si avesse un disprezzo del proprio corpo, ed è per questo che si ricorre alle protesi estetiche , che vengono viste come “le tecnologie del miglioramento”.
Dove vai, vai, senti parlare di ragazze, donne, che ricorrono alla chirurgia plastica per rifarsi il seno,il sedere,le labbra, solo per un capriccio personale, e sinceramente non sono d’accordo. Credo che il ricorrere alla chirurgia, l’impianto di protesi estetiche, debbano essere fatte solo per motivi di salute, per necessità, cioè sono giuste solo se possono migliorare LA VITA di una persona,se possono rendere la sua vita migliore, nel compiere anche piccoli gesti quotidiani.