Pedagogia della disabilità 2012

Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


+293
maria formisano
Federica Marzano
ascione ass
Silvia De Sisto
domenica moccia
antoniodisabato
mariaidaferraro
Cozzolino Chiara1987
iolandadigennaro
daniela oliva
rossellastallone
Federica Riccardo
rosa romano
Lorenza Baratta
anna abbate
angela cuomo
Gisella Santonastaso
Fiorella Moio
Maria Aprea
Manuela Arienzo
de cicco luisa
mariangela manna
Melfi Roberta
federica pirozzi
federica sbrescia
Silvana Marchese 1990
soleluna
ERIKA IARNONE
Stefania befà
Maria Improta
Melania Moscato
Letizia Panariello
simona micillo
Annarita Riviergi
Adele La Porto
Antonia Aletta
anna flaminio
roberta case
maria russo
Valentina Morra
Gaetana Cozzolino
DANILO ROMANO
Antonella Leonetti
MARIA VITTORIA PIROZZI
Valentina Gaudioso
Piccolo Emilia
silvana marconi
Gervasio Concetta91
lucia lettera
Stefania Scafati
Mena Pace
fabiola lucignano
Cristina Cardillo Zallo
RITA MASSA
valeria cefariello
Carmela Attanasio
Maresca Socc. Addolorata
mariana scamardella
elenacapobianco
Gabriella Barecchia
Francesca Starita
MARIO RIEMMA
Giuseppina Chianese
Marcello De Martino
Martina Marotta
Teresa Buonanno
Mario Cavallaccio
simonamanzoni
palmina formato
ilaria cardinale
Francesca Sommella
Maria Di Caterino92
teresa perretta
rosa d'onofrio
Maria Grande
valeria scognamiglio
maddalena cacciapuoti
Cinzia Guadagno
Maria Natale
Teresa Nazzaro
Angela Scarpato
francesca anello
carmela clemente
roberta silvestro
milone lucia
DI MASO CLAUDIA
elena capasso
Maria Pia Palvelli
MAURIELLO JESSICA
maria.lancellotti
Elvira Scarpato
Izzo Maria Teresa
TammaroAlessia89
Gallo Luisa
Lucilla Graziani
rosa manno
Maria Maestoso
Ilaria Musella
Marianna Di Caterino91
michela di bernardo
anna piscitelli
Vittoria Camposano
daiana martino
Maddalena Pontone
iolanda martino
Sara Costigliola
Serena Vivenzio
Claudia Carbonaro
Maria Rosaria Coppola
Francesca Izzo
annalisa de flora
Marta Iannaccone
SerenaMele
Antonella De Rosa
luisa formisano
emma mariniello
Roberta Narici
Adriana De Rosa
peluso cristina
Loredana Calise
giovanna costagliola
ROSA NUVOLETTA
Valentina Caponigro
Iolanda Puca
Marianna Carfora
cloe
Ornella Cangiano
Nunzia D'Amore
Micaela Crescenzo
Anna Pasquariello
Barbara Pepe
alessandra sbrizzi
rosa capasso
Fiorella Savino
alessia maruzzella
Annunziata Langella
Sabrina Campaiola
Rachele Di Tuccio
marigliano francesca
Marianna Gallo
maria rosaria russino
francypetraglia
rosa corbo
Ilaria Saviano
Luisiana Spinelli
serenalestingi
Ilenia Caiazza
Laura polverino
arianna annunziata
Miriana Medaglia
Miryam Polidoro
ANNA CARANNANTE
Flavia Cozzolino
Angela Di Marzo
Nadia Frascadore
serena murolo
Denise Di Gennaro
daniela picascia
Elvira Romano
Serena Conte
conte claudia
Maria Grazia Zingone
maria.vigna
francesca de falco
Carmela Perillo
alessandra sorrentino
Brunella Casaretti
Luisa Masturzi
Roberta Bortone
Serena Elia90
Anna Carmela Capasso
Pezzella Vincenza
Martina Molino
Cristina Ambrosio
Carmen D'Alessio
luciana sollazzo
Milena Capasso
Votto Michelina
francescacella
Fabiola Mangini
edvige garofano
Alessandra Mavrokefalos
Chiara Di Mare
emiliana della gatta
VALERIAILLIANO
Marfella Valeria
veronicagiordano
Lucia Casaburo
erica caputo
valeria ottaviano
Noemi de Martino
ida errico
Chiara Verace
fabiola loffredo
maria giovanna toriello
anna di maggio
Antonia Manguso
frascogna domenica
Giulia Marciano
rosannapetrone
Chiara Di Napoli
RaffaellaPagano1990
Valentina Paolillo
Carmela Frascarino
Emilia De Blasio89
Rita Desiato
FLAVIA AGOSTINO
Aiello Raissa
Noemi Martuccelli
giuseppina tramo
Laura testa
Diana Autiello
maria11
Annamaria Bruno
Palma Napolano
miriam perrella
Orsola Cimmino
Rossella Ascione
Danila Cacciapuoti
Monica Miele
anastasia manzueto
Claudia Zuccoli
MarySalvati
Tommasina Cataldo
MARTINA MARFE'
LAURA BUONANNO89
maria pignata
Angela Ascanio
carmela migliaccio
Russo Livia Maria
Roberta Ingargiola
Antonella Camposano
maria84
Rita Esposito
luigia palumbo
Diana Emma
angela32
carmela aversano 88
Antonella Pagliaro
mariarescigno91
DE STEFANO ANGELA
raffaella piccolo
cavagnuolo giuseppina91
PAOLA MUSELLA
Daria Casolare
elisabetta.monto
Rita Gaita 1990
anna gemma buono1
Stefania Tufano
MIRIAM MUSTO
elena.scognamiglio89
rossellamaiorano91
valeriaminucci
simonaesp
Lucia Esposito
Baldascino Francesco
giusy armida
Baldascino Concetta
Imma Saviano
SERAFINA CILIENTO
antonia petrella
Antonella Russo
Ilaria cozzolino
ilenia medici
carmela accurso
Eleonora Cardella
maria riccardi 90
Antonella Pirozzi
Luisa Ratti
ASCIONE ANNARITA
eleonora daniele
Daniela D'urso
Irene De Vita
Sabrina Vitulano
Lùcia Pisapia
Rossella Palumbo
Melania castoro90
Maria Starace91
Brusini Rosa
Diana Maddalena
Marianna Romano
lucia schiano lomoriello
Fortuna Di Mauro
Cira Toscano
simona capasso
Fabrizia Nosso
Anna Bianco
nunzia apicella
viviana.imparato
filomena mosca
donatella tipaldi
Giovanna Di Francesco
Admin
297 partecipanti

    Prova intercorso (riapre a giugno)

    cavagnuolo giuseppina91
    cavagnuolo giuseppina91


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  cavagnuolo giuseppina91 Mer Mag 02, 2012 5:07 pm

    nel testo nozioni introduttive di pedagogia della disabilità ho avuto modo di riflettere sull’importanza delle parole per dire disabilità.nella vita è importante dare un determinato significato e un peso alle parole,ma ancor di più è importante dare un giusto senso alle parole usate nel campo della disabilità e per questo motivo in campo sanitario sono sorte nel tempo una serie di classificazioni dei termini da attribuire alle varie malattie.l’oms,l’organizzazione mondiale della sanità,nel 1970,ha elaborato l’icd,la prima classificazione internazionale delle malattie,la quale si basa soprattutto sul ricercare le cause delle malattie,dando per ogni sindrome o disturbo una descrizione delle caratteristiche della patologia,la diagnosi e le cause di essa e tutto questo è tradotto in codici numerici che rendono possibile la ricerca e la memorizzazione dei dati facendo così un elenco,un’enciclopedia medica.questa classificazione è finalizzata a tradurre in termini medici le diagnosi delle malattie,gli altri problemi di salute,le procedure diagnostiche e terapeutiche e quindi troviamo un’identificazione tra disabilità e malattie.l’icd però presenta dei limiti quando è necessario considerare la persona nel suo complesso e non solo attraverso la definizione della sua malattia,venendo quindi riconosciuta solo in base ad essa e non come persona e l’oms riscontrando questa sostanziale limitazione ha avviato l’elaborazione di strumenti più complessi per cogliere la condizione di salute degli individui,non malati in quanto affetti da patologie,come s’intende con l’icd,ma disabili in quanto non sono in grado di partecipare pienamente alla vita sociale.proprio nel tentativo di cogliere non solo le cause,ma anche le conseguenze,negli anni ottanta l’oms formula una classificazione internazionale delle menomazioni,della disabilità e degli handicap,l’icidh.essa prende in considerazione per la prima volta l’influenza che il contesto esercita sullo stato di salute dell’individuo,una salute intesa come benessere fisico,mentale e relazionale che riguarda l’individuo,la sua globalità e l’interazione con l’ambiente.con l’icidh l’oms introduce la distinzione tra menomazione,disabilità ed handicap.la menomazione è definita come perdità o anormalità di una struttura o di una funzione psicologica o anatomica,essa come danno organico è una disfunzione che comporta una mancanza o una non esistenza,o un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo,invece la disabilità è definita come qualsiasi limitazione o perdita,conseguente a menomazione,della capacità di compiere un’attività nel modo considerato “normale” per un individuo,la disabilità non è solo deficit,mancanza,privazione a livello organico o psichico,ma è una condizione che va oltre la limitazione,che supera le barriere mentali e architettoniche,infine per handicap si intende la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale all’interno della società,è l’ostacolo che impedisce ad una persona con deficit di portare a termine una determinata attività.tale classificazione negli anni ha dimostrato delle imperfezioni nel non considerare la disabilità come un concetto dinamico,in quanto può anche essere solo temporanea,inoltre non considera che una persona può essere menomata senza essere disabile,nell’icidh si considerano solo i fattori patologici,mentre un ruolo determinante nella limitazione o facilitazione dell’autonomia del soggetto è giocato da quelli ambientali.tenendo conto di questi elementi l’oms ha commissionato a un gruppo di esperti di riformulare la classificazione e nel 2001 ha proposto un’altra classificazione,l’icf,la classificazione internazionale del funzionamento,della salute e della disabilità,in cui lo stato di salute di un individuo è affrontato in maniera multidisciplinare.essa coglie lo stato di salute delle persone in relazione ai loro contesti esistenziali,sociali,familiari e lavorativi,mettendo in evidenza i fattori che nell’ambiente socio-culturale di riferimento possono causare disabilità,secondo l’icf la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole che non aiuta il disabile ma aumenta le sue difficoltà in particolare nell’ambiente sociale.ai termini menomazione,disabilità ed handicap,utilizzati nell’icidh,i quali attestano un approccio essenzialmente medicalista si sostituiscono i termini strutture e funzioni corporee,attività e partecipazione.l’icf valuta le abilità residue dell’individuo sostituendo il concetto di “grado di disabilità” con quello di “soglie funzionali”,pone come centrale la qualità della vita delle persone affette da una patologia ed evidenzia come convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla affinchè possano contare su un’esistenza serena.essa è un importante strumento per gli operatori del campo sanitario,dell’istruzione e del lavoro,adottandola si accerterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società stessa.importante è soffermarsi a riflettere sui termini disabile e diverso,l'individuo con disabilità,come ho già detto,è colui il quale ha delle limitazioni nel compiere determinate attività nel modo considerato “normale” per un essere umano però spesso noi tendiamo ad assumere un atteggiamento sbagliato di pietismo nei suoi confronti,lo etichettiamo,lo consideriamo solo per quello che non è o non sa fare,e tralasciamo le cosa che sa fare,quello che può dare,quindi il termine disabile ha un valore dispregiativo in quanto risalta solo le inabilità di una persona.la disabilità viene confusa con la diversità e per quanto riguarda la disabilità è stato proposto un altro termine diversabilità al posto di disabilità che definisce la persona con una propria identità,con i suoi deficit ma anche con le sue potenzialità,quello che viene tralasciato è che le persone con disabilità hanno delle caratteristiche che devono essere potenziate e per fare ciò hanno bisogno di persone che le facciano notare queste carattristiche da potenziare e aiutarle a trovare degli ausili per farlo.quindi la persona disabile esprime le proprie abilità in modo diverso rispetto alle persone normodotate ed è proprio qui che entra in gioco il termine diversità,tutto ciò che non si conosce,che è diverso può intimorire e per questo il disabile ci fa paura perché è diverso da noi,la diversità porta alla categorizzazione,cioè alla collocazione di certe persone in determinate categorie.questi meccanismi di esclusione e svalutazione e quindi di emarginazione inducono le persone che sono vittima a sentirsi inferiori,inadeguate,inoltre diverso può essere non solo una persona affetta da menomazioni ma anche chi si distingue dagli altri per le sue caratteristiche,lingua,razza,costume o religione,diverso è ciò che non corrisponde a quanto rientra nella norma.come ho già detto nei miei commenti ho sempre pensato che ognuno di noi al mondo è diverso ed è per questo che tutti siamo unici al mondo e per me la bellezza di ogni persona risiede proprio nella sua diversità,per quanto comporti molte difficoltà essere disabile o avere delle menomazioni l’individuo è unico anche per questo.tutto quello che ho potuto esprimere in questa prova intercorso l’ho potuto fare soprattutto grazie alle riflessioni scaturite dai commenti che la professoressa ci ha fatto fare,a tal proposito è stato indispensabile il commento orologio/barriere architettoniche,dove ho potuto solo immaginare cosa si prova ad avere delle barriere che sembrano insuperabili ed impediscono di fare qualsiasi cosa anche quella che a noi “normodotati” sembra così semplice da fare,le barriere purtroppo sono ancor di più imposte dalla società che non fa altro che aumentarle restando indifferente agli ostacoli che i disabili sono costretti a fronteggiare ogni giorno quando qualcuno non fa niente per aiutarli.anche un commento riguardante l’emarginazione mi è stato molto utile,anch’essa è imposta dalla società e consiste nell’esclusione di una persona da un gruppo sociale solo perché il suo aspetto fisico o il suo comportamento si discostano dalla norma, solo perché considerati “diversi”,infatti io nella simulazione riguardante l’emarginazione ero un’emarginata,perché porto le occhiali,e solo attraverso questo episodio ho capito cosa si prova a non essere considerati,e quello che mi ha impressionato di più è stato il mio sentimento di impotenza di fronte a quello che stava accadendo,non riuscivo a ribellarmi pur sapendo che non era giusto quello che stavamo “subendo”….

    Nel testo "complessità della persona con disabilità",l’autrice anna maria murdaca affronta il discorso riguardo:la rimodulazione del termine integrazione;la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità;la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità.per l’autrice bisogna adottare una nuova cultura della disabilità che deve riflettere sull’assistenza del soggetto disabile ma soprattutto una cultura che riconosca l’individuo in modo totale,nella sua complessità,sia per quanto riguarda le sue menomazioni o handicap ma anche come persona con delle potenzialità.l’obiettivo è la valorizzazione della persona con il rispetto delle differenze,deve esserci integrazione,una continua ricerca di soluzioni che preservino i diritti acquisiti dei disabili attraverso la valorizzazione delle doti individuali.tutto questo è possibile anche grazie alla cura che deve essere preservata al soggetto,si deve cercare di aiutare la persona con deficit a dare un senso alla sua vita,ad apprezzarsi per quello che è,in quanto individuo unico al mondo,per accettarsi e convivere con le sue caratteristiche,riducendo gli ostacoli e valorizzando le sue doti.per fare ciò deve esserci una riformulazione del termine integrazione e cioè integrazione come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica e come condivisione di valori etici che tengano conto del rapporto dignità-autonomia,identità e potenzialità personali,non si mira all’accudimento della persona,ma bensì all’emancipazione del soggetto con disabilità e richiede delle attività da parte di ogni campo sociale,sanitario,legislativo ed educativo per sperimentare una serie di eventi affinchè egli stesso ripensi a se stesso dandosi un giusto valore e scoprendo le forze resilienti,di cui ci ha tanto parlato la professoressa a lezione,capaci di far superare le difficoltà interiori e anche quelle esterne,sviluppando una propria autostima.quindi rimodulare l’integrazione in prospettiva umanistica vuol dire considerare l’uomo nella sua globalità,considerarlo nell’insieme,considerare il disabile come cittadino a pieno titolo del mondo,la comunità sociale non deve trascurarlo ma proporre delle azioni positive per il suo sviluppo.per far si che si verifichi questo sviluppo fondamentale è la relazione educativa,anche questo argomento è stato oggetto di un commento svolto durante le lezioni,nel laboratorio relazione educativa e emarginazione,ogni rapporto che si instaura tra due individui è una ralazione educativa,infatti anche nella relazione madre-figlio non solo i bambini ma anche i genitori sono educati.inoltre anche la relazione docente-discente è fondata sulla relazione educativa,in quanto attraverso questo legame si produce apprendimento e tutte e due le parti ricevono e danno,ogni relazione è educativa perchè appunto prevede uno scambio reciproco,quindi tutte le esperienze di vita sono relazioni educative.però per far si che questo scambio avvenga importante è la preparazione del’educatore,il quale deve trasmettere qualcosa di positivo per far si che l’educando riesca ad avere una buona formazione.a volte gli educatori hanno il difficile compito di essere una guida per una persona che ha diverse problematiche,come i tossicodipendenti o i carcerati,in questo caso l’educatore deve cercare di conoscere la sua storia,deve cercare di farlo aprire,di capire i suoi sentimenti e le cause di determinati comportamenti dannosi per se stesso e per gli altri.e in questo complesso percorso molto spesso si stabilisce anche un meraviglioso legame affettivo tra le due parti,segno del buon lavoro svolto dal professionista che gli è stato vicino,che l’ha aiuto senza chiedere niente in cambio,a raggiungere degli obiettivi,una cresita positiva,inoltre l’educatore deve metterlo a proprio agio per far si che l’educando possa aprirsi e fidarsi e tutto questo può avvenire solo se viene svolto un lavoro costante,che lo coinvolga in attività educative.questo rapporto deve esserci non solo tra l’educatore e l’educando o tra il maestro e l’allievo a scuola,la scuola non è solo il luogo dove si impara ma anche l’ambiente in cui dovremmo far conoscere le nostre emozioni,le nostre sensazioni,la nostra esperienza e la nostra vita, ma anche tra amici o coniugi perché tutti possono insegnare e tutti possono imparare,l’incontro con l’altro ci arricchisce e ci rende migliori.molto più impegno richiede la relazione educativa al disabile,dove l’educatore deve agire in relazione alla situazione specifica ed attuare programmi particolari evidenziando non i limiti ma le potenzialità di una persona,aiutandola a valorizzarle proponendo delle situazioni adatte per far in modo che si possa verificare una crescita.riguado alla relazione educativa la professoressa ci ha proposto in una lezione una simulazione dove vi partecipavano un educatore e un soggetto con problematiche,molto importante è la prima impressione dell'educatore per l’individuo che lo incontra per la prima volta, l’educatore deve trasmettere,anche attraverso i gesti e lo sguardo,la sua disponibilità all’ascolto,la sua sensibilità verso quella problematica e anche solo ripetendo quello che ha detto l’individuo,per far in modo che questi abbia almeno la consapevolezza di avere un problema e questo è importante per aiutarlo.

    Sul corpo trasformato e mostruoso si sono soffermati autori come remaury,lipovetsky e braidotti.bruno remaury nel testo “il gentil sesso debole,le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute” affronta il tema riguardante l’ideale di bellezza proposto dalle società dei media,infatti la cultura dell’immagine nelle donne si confonde oggi con quella della bellezza,quasi come se la donna avesse il dovere di coltivare la bellezza del suo corpo,il quale deve sottostare alla triade bellezza,salute e giovinezza,secondo remaury tutti noi aspiriamo alla perfezione.il testo è diviso in tre parti e si riferisce alle immagini,alle tecniche e alla natura del corpo femminile,qui il rapporto con le tecniche del corpo e della salute è visto come una dipendenza,molte donne sono schiave della chirurgia estetica.tutto questo sembra che sia causato dalle società che richiedono sempre più alle donne di “essere belle e giovani” se vogliono far parte della società ed essere considerate nella vita sociale o se vogliono apparire in televisione.molte tecniche del corpo,come la medicina e la chirurgia hanno cambiato l’idea del corpo e proprio attraverso la scienza si è arrivati al corpo trasfigurato quindi modificato da essa e grazie ad essa si può ottenere il corpo esatto,quindi perfetto,il corpo liberato dalle malattie,cioè sano,dal tempo,cioè giovane,dal peso cioè magro,come sostiene lipovetsky nel suo libro "la terza donna".per avere un corpo perfetto la donna deve scegliere questi tre valori,deve saper gestire la propria immagine tra i vari modelli sociali che le vengono offerti,deve trasformare il suo corpo in qualcosa di perfetto a tutti i costi,anche facendo dei grandi sacrifici,quindi la donna si sente obbligata a dover scegliere determinati modelli di bellezza,è obbligata ad essere al servizio del proprio corpo.ma per raggiungere questo ideale molto spesso il corpo diventa “mostruoso”,magrissimo e debole a causa di malattie quali l’anoressia o la bulimia proposte in qualche modo dalle modelle quindi il corpo mostruoso si impone come modello di femminilità,come oggetto di imitazione per il genere femminile.anche rosi braidotti si occupa del corpo femminile nel testo "madri,mostri e macchine",qui il corpo femminile viene visto come un qualcosa di diverso,e tutto quello che accomuna le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità,i quali sono visti come un qualcosa di mostruoso,come lontani dalla norma rispetto al grado zero di mostruosità,infatti l'autrice ritiene che la bellezza e la mostruosità rappresentano due estremi in opposizione che si distanziano dal grado zero di mostruosità appunto che rappresenta la “normalità”,la quale propone un copro docile,riproduttivo,bianco,eterosessuale e normalmente costituito.secondo la braidotti esiste un’asimmetria tra i sessi,affermando che esiste una profonda differenza tra donne e uomini in tutti i sensi,tra i quali il modo di pensare e di intendere il mondo.un’altra differenza lampante tra l’uomo e la donna è il fatto che ella è capace di deformare il suo corpo quando aspetta un bambino,qulacosa che è possibile solo a lei e non avendo idea dell’evento l’uomo in questo periodo la vede come qualcosa di orribile,di mostruoso,il mostro rappresenta un’anomalia,qualcosa che devia dal normale,quindi mostro e madre allo stesso tempo e proprio da questo legame l’autrice propone alla donna di creare un altro legame tra il genere femminile e la tecnologia che trasforma il corpo in un corpo macchina per sfuggire al brutto,alla vecchiaia.anche per quanto riguarda questo tema ho affrontato un commento,le protesi estetiche,nel quale ho espresso il mio pensiero in merito ad esse.le protesi estetiche vengono considerate delle tecnologie come miglioramento del corpo,queste vengono utilizzate quando una persona vuole apportare delle modifiche ad una parte di esso.è fondamentale piacersi e accettarsi per poi farsi accettare dagli altri per come si è,ma quando dei difetti provocano dei problemi relazionali o di salute è opportuno fare uso delle protesi estetiche,molte persone però cambiano completamente il loro aspetto e tutto questo accade perchè noi non accettiamo il nostro corpo,esso è considerato inconcompleto,come qualcosa da riparare in quanto è difettoso,imperfetto.la cultura dominante di oggi,soprattutto quella occidentale,propone il modello fisico della perfezione,per il quale infatti solo ciò che è perfetto è bello,ciò che è imperfetto invece è brutto.quindi non essendo perfetto il corpo dell'uomo deve essere aggiustato con dei pezzi di ricambio,con le protesi estetiche.tutti devono essere perfetti per farsi accettare dalla società e così tutti sono uguali con visi perfetti,nasi perfetti,labbra prosperose e senza rughe.pochi sono fieri del proprio corpo e delle loro caratteristiche,tutti vogliono evitare la vecchiaia e quindi la morte,perchè la vecchiaia si identifica con il brutto,non è di moda essere vecchi con qualche ruga in più.forse bisognerebbe pensare che tutti noi abbiamo le nostre caratteristiche e che dovremmo abituarci a convivere con esse,accettandole,magari anche scherzandoci su,questo dovrebbe essere di moda.


    Ultima modifica di cavagnuolo giuseppina91 il Mer Mag 02, 2012 5:39 pm - modificato 1 volta.
    raffaella piccolo
    raffaella piccolo


    Messaggi : 20
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 32
    Località : Montefusco AV

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  raffaella piccolo Mer Mag 02, 2012 5:17 pm

    “Le parole hanno un senso profondo nella nostra vita, anche quelle che pronunciamo spesso senza pensare, distrattamente, le parole sono molto importanti e , se messe in modo diverso, possono dare un significato piuttosto che un altro….”mi piaceva riprendere questa frase che ho utilizzato in uno dei miei primi commenti perché se c’è una cosa che ho capito bene frequentando questo corso è che le parole sono molto importanti per ciò che contengono e la scelta delle parole va fatta con ponderazione come sostiene Canavaro.
    Molto spesso usiamo indifferentemente parole come disabile ,diverso ,deficit ,handicap e non diamo ad ognuna il giusto significato . La diversità è colore, cultura, ricchezza, scambio, crescita, necessità, fa parte della storia di ogni uomo. Spesso, però, la diversità appare come un pericolo, una minaccia, una barriera che si oppone tra i simili e “gli altri”.
    Il sentimento di diversità si accompagna di solito alla sensazione di essere “Altro” di non appartenere al proprio gruppo di riferimento e di non adeguarsi al contesto in cui si vive .
    Sono “diversi” e quindi esclusi ed emarginati dalla società gli immigrati, gli omosessuali, i matti, i portatori di handicap, i perdenti in genere, e addirittura siamo arrivati al paradosso che si considera diverso in quanto “sfigato” chi non imbroglia, chi non si sballa, chi non veste alla moda, chi non entra nella taglia 40, chi non frequenta il giro giusto. Mi viene in mente che si può essere diversi ed emarginati anche solo perchè il sindaco di una città ha deciso che voleva far festa solo con quel gruppo di persone che non indossava gli occhiali e noi persone che il quel momento ci sentivamo previlegiate non ci siamo preoccupati minimamente degli altri che in quel momento erano stati etichettati e relegati ai margini della società … Quindi diverso sarebbe l’opposto di normale…. Ma che cos’è la normalità??
    Gardner sostiene che anche se tutti possediamo le nove forme di intelligenze, probabilmente non esistono due persone che abbiano esattamente le stesse intelligenze ,nello stesso grado e combinazione nemmeno i gemelli omozigoti, pertanto non esiste una definizione comune della normalità ma essa è un concetto relativo e soggettivo. Purtroppo però la diversità porta a collocare queste persone in determinate categorie etichettandole ,loro malgrado; infatti il diverso di solito non sceglie di esserlo !
    Quasi sempre diverso viene considerato anche il disabile….
    Per disabile s’intende una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità che non le permettono di svolgere le normali attività quotidiane . Di solito il termine disabile indica che a quell’individuo manca una o più abilità senza considerare che questi ne possiede altre da scoprire e potenziare ;lo abbiamo sperimentato personalmente nella simulazione con il foulard : avere gli occhi coperti è stata una sensazione brutta e fastidiosa ma nello stesso tempo ci ha permesso di focalizzare l’attenzione su gli altri sensi e in particolare sull’udito e vivere ugualmente delle belle emozioni. Giustamente Murdaca sostiene che non si deve definire nessuno per sottrazione per cui oggi si ritiene più corretto parlare di soggetti diversamente abili .Ne è un esempio eclatante Atzori la quale pur essendo diversa perché priva degli arti superiori, fondamentali per la vita di ciascuno, ha sviluppato delle abilità non comuni a persone normodotate , grazie alla sua voglia di vivere e alla capacità di fare della propria vita un’opera d’arte!
    La diversabilità nasce proprio dall’esigenza di non trascurare la persona nella sua interezza ; la persona disabile è una persona con una propria identità e dignità personale . L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)nel 2001 ha finalmente pubblicato un manuale di classificazione ICF che propone una innovativa definizione del concetto di disabilità ,rivoluzionario rispetto alle precedenti classificazioni. Prima di parlare dell’ ICFmi sembra opportuno descrivere brevemente la prima classificazione elaborata dall’OMS ,l’ ICD ,per comprendere l’enorme salto di qualità che si è avuto in questo campo nell’arco di 30 anni . l’ICD pubblicato nel 1970 rispondeva all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Le diagnosi venivano tradotte in codici numerici che rendevano possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Il lavoro sembrava abbastanza vasto e problematico cosi nel 1980 l’OMS ha messo a punto una classificazione internazionale, (ICIDH) basata su tre fattori tra loro interagenti e interdipendenti.
    I termini:
    •Menomazione ( perdita a carico di una funzione psicologica –fisiologica e anatomica)
    •Disabilità (restrizione o carenza della capacità di svolgere un’attività nei modi ritenuti normali)
    •Handicap ( difficoltà che la persona con disabilita affronta nel confronto con gli altri ,svantaggio)
    sono stati sostituiti da:
    • menomazione
    •abilità
    • partecipazione (integrazione) e quindi una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale.
    Infatti, le informazioni che vengono dalla diagnosi medica non erano giudicate esaustive; per avere il quadro completo funzionale della persona pertanto è stata introdotta nel 2001 una nuova classificazione, l’ICF secondo la quale la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole .
    Esso sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita di ciascuno;l’ambiente infatti può essere esso stesso una barriera o un facilitatore . Nell’esercizio orologio era molto evidente come l’ambiente può in alcuni casi aumentare l’handicap di una persona:nelle nostre città sono ancora presenti tante barriere non soltanto quelle architettoniche( malgrado le leggi ne impongano l'eliminazione),ma sono molto diffuse anche quelle psicologiche che mantengono lo stato di emarginazione sociale, civile e lavorativa dei soggetti disabili.
    È il contesto sociale dunque come suggerisce Anna Maria Murdaca a determinare la condizione di handicap , sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione / emarginazione. Nel testo “Complessità della persona e disabilità” l’autrice , docente esperta in questioni relative a persone con disabilità, sostiene che occorre abbandonare la logica dell’inserimento e dirigersi verso l’inclusione adottando l’ottica della globalità. L’obiettivo primario è la valorizzazione della persona umana, con il rispetto delle differenze e delle identità e la sua integrazione in ambito educativo linguistico e corporeo .
    L’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo, una continua ricerca di soluzioni, di strategie atte a salvaguardare e preservare i diritti acquisiti dei disabili che risultano rivoluzionari solo a parole mentre sono obsoleti nella pratica. L’integrazione va dunque intesa come accoglienza verso quei soggetti che presentano identità diverse e come condivisione di valori che tengono conto della “ persona” nella sua interezza; non si parla più dunque di accudire il soggetto disabile ma di sviluppare le capacità affettive cognitive e sociali proprie di ciascuno, attraverso attività idonee a consentire la crescita della persona in tutte le sue dimensioni.Significa anche aiutare la persona con deficit a ridare senso e significato alla sua vita, accettarsi e convivere con la propria diversità ;in questo senso si sviluppa il concetto di “cura” intesa come progetto di vita mirato alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e per ciò che egli può diventare (jonas). Ecco che La nuova cultura della disabilità deve essere attenta a cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive ,quanto a innalzare la qualità della vita dei soggetti.
    La relazione educativa è uno spazio riparativo nel quale “il disabile sperimenta con gli educatori, con gli insegnanti una serie di situazioni, di vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nel qui e ora della relazione educativa” . Quando parliamo di relazione educativa non ci riferiamo soltanto a relazioni che avvengono tra discenti e docenti ma a relazioni tra madre figlio ,tra amiche ,tra fidanzati cioè a tutti quei rapporti che vengono ad instaurarsi tra due o più persone che danno e ricevono qualcosa, pertanto sono relazioni educative tutte le esperienze della vita.!!! Nel nostro caso la relazione educativa è l’insieme dei rapporti sociali tra l’educatore e gli educandi in una relazione non asimmetrica ma basata sull’incontro e su uno scambio di idee, sul dialogo, sulla reciprocità e sull’integrazione comunicativa .Essa si costruisce giorno per giorno grazie all’ascolto , alla condivisione di attività e di vissuti e alla costruzione di un progetto di vita. Nella relazione educativa non vi deve essere disparità tra insegnante e alunno, ma una crescita umana e professionale reciproca . E’ importante creare un clima positivo fatto di fiducia e di stima reciproca , di accoglienza anche perché a volte ci troviamo difronte persone adulte con vari problemi : tossicodipendenti, , alcolisti, carcerati; è fondamentale, quindi, cercare di entrare nel loro mondo, capire i loro problemi ,le loro difficoltà senza fermarci alle apparenze come il più delle volte capita, emarginandoli come fa la nostra società. Nei setting che abbiamo sperimentato in aula si è evidenziato come il ruolo dell’educatore sia molto complesso :occorre entrare in empatia con l’altro ,venirsi incontro e risolvere insieme il problema.
    Costruire la relazione significa costruire un legame tra due persone ,pertanto l’educatore deve essere disponibile a tale relazione intesa sia come accoglienza sia come progetto verso il soggetto in formazione. Occorre lasciare spazio alla libertà dell’altro tenendo conto delle sue problematiche e delle sue diverse situazioni; l’educatore , infatti, soprattutto quando deve relazionarsi con i disabili deve cercare di mettere in atto percorsi specifici che non mettano in luce le mancanze ma evidenzino le potenzialità e le capacità di ciascuno . Nella relazione insegnante discente è indispensabile creare un clima sereno facendo partecipare l’alunno con interventi e confronti e mostrando sempre stima e rispetto per le sue opinioni; la scuola infatti come dice Rojers non è solo il luogo dove si impara ma è anche l’ambiente in cui entrano le nostre emozioni ,esperienze e dove troviamo persone di cui ci possiamo fidare pronti ad ascoltare e dare consigli .
    Oggi più che mai abbiamo l’urgenza di veri punti di riferimento dato che la nostra società, cosi tecnologica e mediatica, ci offre punti di riferimento distorti e spesso negativi . In particolare la propaganda mediatica ci impone determinati canoni di bellezza e di perfezione corporea : se la donna non è taglia 42 finisce per sentirsi umiliata cadendo nel baratro della bulimia e dell’ anoressia .
    Remaury nel “Gentil sesso debole” sostiene che abbiamo un triplice obbiettivo :giovinezza –bellezza -salute e siamo diretti verso una corsa alla perfezione ; egli individua tre corpi :corpo trasfigurato, esatto e liberato. In pratica il corpo deve arrivare alla perfezione grazie ai progressi della scienza e delle altre discipline , lo scopo di ciascuno è quello di ottenere il massimo da se stessi per arrivare all’eterna giovinezza, alla perfetta bellezza e alla salute totale come sostiene anche Lipowetski . Lo stesso, autore del libro “La terza donna “, afferma che la donna è sottomessa ai modelli imposti dalla società e, pertanto, è obbligata a percorrere le strade che la portano a conquistare un corpo perfetto.
    Il tema della bellezza femminile nei diversi aspetti è stato affrontato da sempre in tutti i campi dell’espressione umana e in particolare nel mondo dell’arte ; Tra i diversi pittori proposti in aula ,ho riflettuto molto su Botero che nei suoi dipinti rappresenta un modello ”altro” di bellezza che non oso definire brutto, ma solo diverso da quello comune.
    Un naso più sporgente, il seno piccolo, le labbra sottili sono causa di sofferenze psicologiche( spesso ingiustificate) che portano alcuni soggetti a sottoporsi ad interventi chirurgici per migliorare il proprio corpo; in questo caso la tecnologia come miglioramento e in particolare le protesi estetiche, pur rappresentando ,secondo il mio parere, la soluzione di piccoli capricci, rendono più soddisfacente la vita di queste persone. La tecnologia estetica, negli ultimi anni, ha fatto passi da gigante , in particolare nel campo della disabilità ,grazie alle protesi che permettono l’integrazione di una parte del corpo mancante. Ne sono un esempio le protesi flex foot , in fibra di carbonio a forma di C, utilizzate da diversi atleti, tra i quali Oscar Pistorius , il sudamericano che voleva partecipare alle olimpiadi di Pechino con atleti normodotati ,ma che dapprima ha visto respinta tale richiesta perché “avvantaggiato” rispetto agli altri atleti.
    Nel libro “Madri,mostri e macchine” Rosy Braidotti dice che gli straordinari mutamenti indotti dalle bio-tecnologie stanno radicalmente modificando il discorso e le pratiche della riproduzione e la relazione degli umani con la materia corporea. In uno scenario che vive la possibilità di una immaginaria catastrofe imminente, si moltiplicano gli interrogativi sull'origine della vita e i poteri della scienza. Occorre dunque ripensare alla relazione antica, complessa e multiforme che c'è tra le madri, i mostri e le macchine, relazione che passa per il corpo ma anche per la sua rappresentazione simbolica. Il corpo gravido e quello mostruoso si mischiano da sempre nell'immaginario maschile come qualcosa di orribile e meraviglioso, affascinante e mortalmente temibile.





    DE STEFANO ANGELA
    DE STEFANO ANGELA


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 33

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  DE STEFANO ANGELA Mer Mag 02, 2012 5:21 pm

    A partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare le qualità delle diagnosi di tali patologie. La prima classificazione elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è “la classificazione Internazionale delle malattie del 1970 (ICD). Tale classificazione focalizza l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia; le diagnosi vengono tradotte in codici, numeri che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica seppure importanti, non erano giudicate sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona, cioè cosa è in grado di fare e in quali attività incontra delle difficoltà,quella persona. A tale proposito è stata introdotta nel 2001 dall’OMS, la Classificazione Internazionale della Disabilità e della Salute (ICF), come completamento dell’ICD. L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. I termini MENOMAZIONE (Perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica,fisiologica o anatomica),DISABILITA’ (incapacità di svolgere determinate funzioni o di svolgere particolari compiti), ed HANDICAP(tradotto in italiano con svantaggio,indica il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o capacità.) vengono sostituiti da: 1) FUNZIONI; 2) STRUTTURE CORPOREE; 3) ATTIVITA’ E PARTECIPAZIONE.
    E’ importante riflettere sull’uso delle parole e del valore che noi le diamo. Riflettiamo sulla parola Disabile. Il disabile è prima di tutto una persona, ma caratterizzata dalla mancanza o dal diverso funzionamento di una o più abilità. Tale termine presenta delle limitazioni nella capacità di compiere un’attività nel modo considerato normale per un essere umano. Nei confronti delle persone con disabilità tendiamo ad assumere atteggiamenti di compassione e sguardi di pietismo, senza considerare che quella persona possiede anche delle abilità. Il disabile viene considerato da tantissime persone Diverso, ma in modo dispregiativo, poiché non è simile alla maggior parte delle persone, è per questo motivo che la maggior parte delle volte la persona disabile viene isolata ed emarginata. Tutti siamo diversi… ed è proprio la diversità a rendere unica ogni persona; quindi non bisogna seppellire le differenze ma dobbiamo imparare a crescere nella diversità. La diversità, quindi, mette in risalto non solo la disabilità, ma anche delle abilità diverse dagli altri, da scoprire, far emergere e potenziare.
    “Nessuno può essere libero se costretto ad essere simile agli altri.” Oscar Wilde.

    Ogni relazione, ogni incontro umano è educativo, in quanto è portatore di significati, valori o semplicemente opinioni. Di primaria importanza nella relazione è il rispetto reciproco tra educatore ed educando, e la volontà di costruire un rapporto predisponendosi all’ascolto, all’accoglienza, lasciando spazio alla libertà dell’altro. Per quanto concerne la relazione educativa al disabile, l’educatore deve considerare la diversa situazione, evidenziando le potenzialità di una persona e non mettendo in luce le mancanze. In questo contesto è importante prendere in considerazione il testo Complessità della persona e disabilità di Anna Maria Murdaca. Secondo l’autrice occorre abbandonare la logica dell’inserimento e adottare l’ottica della globalità. L’obiettivo principale è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e dell’identità, senza definire nessuno per sottrazione e quindi perdendo di umanità. La persona con disabilità ha bisogno di essere integrata all’interno della società; in quanto l’Integrazione rappresenta una continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili. Bisogna iniziare dalla famiglia, la quale prima di tutti dovrebbe liberarsi dalla percezione di impossibilità di miglioramento della situazione psico-fisica di un figlio disabile. Gli insegnanti dovrebbero guardare oltre la scuola e contribuire a sviluppare una buona integrazione e buone capacità nell’alunno disabile. Uno dei fattori predominanti a determinare la condizione di handicap è il contesto sociale come dichiara Anna Maria Murdaca, sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione e di emarginazione. La vera novità è che si mira all’emancipazione del soggetto con disabilità, cercando di portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità, autostima e verso il cognitivo. La costruzione dell’identità deve avvenire in luoghi rassicuranti che valorizzano la differenza come risorsa. Nel parlare di integrazione, non si fa più riferimento ad un’astratta normalità, ma al valorizzare al meglio le dotazioni individuali. Il disabile, essendo una persona con i suoi diritti e doveri, deve essere riconosciuto come un cittadino a pieno titolo e ripensare ad una società che supera i limiti e inizi a guardare i soggetti con disabilità, come soggetti attivi e non passivi. Lo scopo finale, dunque, è quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Perché ciò sia possibile è però necessario un lavoro integrato in grado di coniugare l'aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, assicurando iniziative di vera promozione personale e sociale.

    Da sempre la rappresentazione della donna, quindi anche della femminilità viene associata all’idea di bellezza, poiché da sempre la responsabilità e la cura della salute è affidata alla donna , inoltre, specialmente oggi il miglioramento fisico ed estetico è visto come l’adempimento dei suoi bisogni suggerito ed imposto dalla stessa società. Alle donne belle ed attraenti vengono affiancate virtù interiori quali l’onestà, la bontà; mentre agli uomini e alle donne deformi si associano spesso nell’immaginario sociale, pensieri e sentimenti di malvagità. Oggi le caratteristiche che una donna deve avere specialmente per la televisione sono la giovinezza e la bellezza. Siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute, come afferma Remaury nel Il genial sesso debole. Ed io appoggio questa affermazione poiché in televisione, ma anche per strada vediamo solo visi e corpi perfetti, non esistono più rughe sui volti delle persone di una certa età, ma la ruga ad esempio fa parte di noi del nostro percorso di vita; anche se la donna tende a nascondere la sua sottomissione ai modelli imposti dalla società, per fingere di sentirsi libera proprio come La terza donna celebrata da Lipovetski, che ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza, basata sull’apparente acquisizione di grazia. Attraverso l’immagine che ci propone la televisione ad esempio della donna perfetta taglia 42, stiamo andando in contro al femminile mancante,deformante, un corpo senza carne e senza curve. La donna è anche capace di trasformare il suo corpo in maternità, diventando qualcosa di orribile per gli uomini, così la Braidotti propone alla donna di incarnare oltre alla maternità e mostruosità anche la macchina .Per me è giusto fare un piccolo ritocco, se può essere causa di un malessere interiore, ma non sono d’accordo con tutto questo abuso, una persona rischia di non essere più lei. Ognuno di noi è unico per quello che realmente è…

    mariarescigno91
    mariarescigno91


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 16.03.12
    Età : 33

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  mariarescigno91 Mer Mag 02, 2012 6:32 pm

    ICD:Organizzazione Mondiale della Sanità
    Tale organizzazione si occupa di cogliere la causa delle patologie,partendo per lo più dalla nascita del bambino .Ci si occupa infatti di formulare diagnosi che rendano poi in un secondo luogo possibile compiere ulteriori ricerche,analisi e che facilitino anche la memorizzazione,infatti le diagnosi sono tradotte in codici numerici.
    ICF:Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute
    Tale manuale di classificazione è stato introdotto nel 2001 dall’ICD e si occupa di proporre una visione innovativa della disabilità. L’ICF è una classificazione di tipo sistematico che in un certo qual senso,ci tiene aggiornati sullo stato di salute di una malattia;nella fattispecie,per ciò che concerne la disabilità,l’ICF viene considerata come una caratteristica della persona che ne è affetta.
    Il passaggio dunque dall’ICD all’ICF come si legge sopra è stata dunque una espressa volontà dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,che necessitava di un nuovo tipo di classificazione che fosse in grado di,studiare una patologia come un qualcosa di intrinseco ala persona malata,e non estrinseco.
    Il libro nozioni dal quale il mio commento prende fortemente sunto,ci esorta spesso a fare attenzione all’utilizzo dei termini. Di fatti è noto a tutti che,spesso si utilizzano delle parole senza però badare in alcun modo,al significato che essa comporta. Prendiamo in esame due parole che spesso vengono usate come sinonimi:
    DIVERSO:colui che si presenta con un identità diversa dalla massa,si discosta dalla media.
    DISABILE:colui che manca di alcune capacità che possono essere sia fisiche che mentali.
    La descrizione che compare sopra,è quella ricavata da un classico vocabolario ma nella società,chi è veramente il disabile?E il diverso?
    Il disabile è una persona non normodotata che non possiede tutte le capacità funzionali che hanno la maggior parte degli esseri umani. Il diverso invece,è colui che oltre a poter o meno avere una disabilità,ha anche delle abilità che vanno scoperte .Si può intuire quindi ce talvolta il disabile e il diverso possono rappresentare la stessa persona,ecco perché si parla di DIVERSAMENTEABILE.
    Non bisogna però distogliere l’attenzione dal fatto che le persone disabili,diversamente abili e diverse,vivono in una netta condizione di svantaggio all’interno della nostra società. Basti pensare al fatto che il modo in cui il nostro ambiente e costruito non permette a tali persone di poter essere autonome. Come può una persona che si ritrova ad essere bloccato su una sedia a rotelle prendere un comune autobus?Come potrebbe salire una gradinata e giungere in un luogo preciso?In che modo poi potrebbe percorre una strada quando questa è piena di fossi?Tutte queste domande alla fine non hanno grande risposta poiché si evince in maniera chiara che il mondo in cui viviamo è ricco di continue barriere,che non consentono a persone non normodotate di poter godere di tutti i diritti di cui tutti necessitano. Se in effetti io paragonassi una mia comune giornata a quella di un disabile,potrei da subito notare una marea di difficoltà a partire dalle cose più banali come ad esempio la doccia. Oltre però a dover convivere con una serie di barriere architettoniche,i non normodotati sono anche continuamente vittime di emarginazioni,di beffe,di compatimenti. Durante il corso abbiamo infatti svolto diverse simulazioni che ci hanno permesso di “metterci negli stessi panni di un disabile”,e ciò ci ha permesso di comprendere non solo quanto fosse pesante una tale condizione di vita,ma anche come potesse farci sentire essere per una volta noi i “diversi”.Abbiamo anche provato l’esperienza di essere emarginati sempre durante un laboratorio,e questo mi ha permesso in particolar modo di comprendere quanto possa essere umiliante non essere presi in considerazione,non essere considerati,non essere visti come persone. Si questo è un altro punto da non sottovalutare perché spesso i disabili sono visti come degli “alieni”,come delle creature inserite nella società pur non essendo parete integrante di essa. Questo è un concetto del tutto errato poiché vi sono persone disabili che non solo sono in grado di compiere le stesse azioni dei normodotati,ma sono anche in grado di raggiungere livelli molto alti. Il concetto da me appena esposto non deve però essere visto nell’ottica di persona-genio. Il disabile infatti non è un genio,ne una sorta di mostro,è un comune essere umano con che possiede le stesse identiche opportunità degli altri. Si potrebbe però affermare che,i non normodotati hanno un forte senso di caparbietà,che consente loro di integrarsi nel mondo per essere finalmente considerati “normali”. Normalità intesa come considerazione comune dell’altro,senza essere additati o visti come un “caso umano”,essere dunque forse per la prima volta visti come persone,senza aggiunzione alcuna. Possiamo infatti fare riferimento quando parliamo del fatto che,i disabili vogliono essere visti come persone normali ad esempi di resilienza come Pistorius,che subisce addirittura una specie di processo poiché forse per la prima volta,era stato ritenuto avvantaggiato dalla sua condizione di disabilità,oppure a donne come la Atzori che anche essendo nata senza entrambe le braccia,ha portato avanti una vita degna di essere vissuta,conseguendo traguardi nel mondo artistico,come nella danza,e adempiendo tutti i ruoli che una comune donna svolge,come l’essere madre e moglie. Vorrei anche citare anche se può sembrare fuori luogo,tra questi grandi esempi di disabilità vista non più come un limite,una stranezza,una diversità,un uomo che rappresenta la vera voglia di vivere “il nonno Palladino”. Egli essendo nato normodotato ha potuto godere fino ad un certo punto della sua vita,di tutti quei privilegi che la natura ci offre,ma a seguito di un incidente ha perso la vista. Ciò però non lo ha mai fatto arrendere anzi,ha continuato la sua vita all’insegna della più totale normalità,continuando a credere in valori come l’amore e la bellezza dei sentimenti,ed essendo un meritevole marito e padre.
    Il disabile deve essere visto dunque come un cittadino a pieno titolo. Questa è anche la visione di Anna Maria Murdaca,che trattando temi diversi,rende la sua logica del tutto unitaria,affermando che la persona affetta da disabilità,deve essere parete attiva nel mondo in cui vive. Murdaca ci parla dell’integrazione che rappresenta in un certo senso la chiave di tutto il suo pensiero.
    L’integrazione deve essere riadattata alle esigenze del disabile,deve quindi fare in modo di trattarsi di un integrazione che venga trasferita come una sorta di dolce incontro,tra il disabile e il mondo. Integrare un disabile significa dunque fare in modo di abbandonare tutte le concezioni negative,gli stereotipi ma bisogna valorizzare la persona. Si tratta quindi di fare in modo che non sussista più un accadimento ma bensi una vera e propria emancipazione del soggetto disabile. A questo nuovo modo di integrare il soggetto,devono prendere parte sia la famiglia che la scuola,occupandosi in modo particolare di far sempre sentire la persona in questione,non più come un emarginato,un elemento affetto da disturbi,ma come un soggetto che pur non possedendo tutti gli elementi che possiedono gli altri,riesce comunque a stare nella mischia. Molto importante è anche improntare la ricerca sulla nuova figura del disabile,prendendo in esame due diversi aspetti:le disfunzioni del soggetto e l’innalzamento della qualità della sua vita.
    Si giunge in tal senso una volta intergrato l’individuo,a delineare anche una nuova figura del disabile stesso. Non si parla più di una persona limitata,ma di un soggetto integrato nella società e che,facendo parete di una comunità,agisce in maniera del tutto attiva all’interno di essa. Siamo di fronte ad un nuovo profilo umano,quello che supera i propri limiti,esce dal suo guscio,e si lancia nel mondo poiché possiede tutte le carte in regola per poterne fare parte.
    Ad offrire alla persona affetta da disabilità la “patente” che gli consente di essere un membro effettivo della società,è un progetto di vita del tutto nuovo. Con questo facciamo riferimento,sempre secondo la concezione della Murdaca,ad una sorta di nuova pedagogia che si occupi di non far notare a chi vive una condizione di svantaggio i propri limiti,esaltandone le capacità.
    Parliamo dunque di un nuovo sistema educativo improntato sulla sperimentazione:il disabile sperimenta una serie di situazioni che comprendono la sfera sia razionale che emotiva,facendo in modo che queste siano successivamente collegate alla relazione educativa.
    Tutto è focalizzato sulla ricerca,una ricerca che ha come scopo l’azione .L’agire di cui si parla è quell’agire frenetico instancabile,che ha come autentico obiettivo,condurre il disabile verso la ricerca e lo sviluppo della propria identità,verso il guadagno della propria autostima.
    L’intenzione è quella di creare un membro sociale che sia sicuro di sé,delle sue potenzialità,pur vivendo una condizione diversa da quella consona.
    E’ chiaro che,tutti i buoni propositi sopra elencati,corrano il rischio di restare solo parole nel caso in cui il soggetto-oggetto di questa sorta di sperimentazione verbale,non sia affiancato da figure attue al raggiungimento di tali propositi,come ad esempio un buon educatore.
    L’educatore instaura con il soggetto disabile un rapporto che va ben oltre la semplice complicità didattica. Si tratta in effetti di un rapporto ricco di affinità che fanno si che,il soggetto avente problemi acquisti completa fiducia del suo educatore,e si apra a lui come una sorta di libro da sfogliare. L’educatore cerca infatti di fare in modo che il suo allievo,comprenda le proprie potenzialità e cominci dunque a vedere dinanzi a sé un bicchiere mezzo pieno invece che uno mezzo vuoto.
    Gioca un ruolo importante in questa relazione educativa,la sensibilità che l’educatore deve possedere,per conoscere a fondo i bisogni,le capacità,il carattere del disabile,poiché solo cosi facendo la relazione educativa avrà esiti positivi.
    Con l’avvento delle nuove tecnologie,sono state inventate protesi sempre più innovative che hanno come scopo il miglioramento del corpo. Tali protesi però non sono usate esclusivamente da persone disabili,ma sono anche adottate da persone che cercano un miglioramento in senso estetico.
    Secondo Remaury l’immagine della donna si confonde con quella della bellezza. Questo ha fatto si che le donne,vivano nella ricerca delle perfezione estetica,vivano nella continua ricerca del superamento di sé,superamento però orientato all’essere esseri perfetti o meglio perfettamente belli. Dunque la bellezza si ricerca e si coltiva,come se fosse una sorta di vocazione. Per Remaury la perfezione che le donne ricercano,consiste in un triplice obiettivo:giovinezza-bellezza-salute. E’ possibile raggiungere la perfezione tramite la realizzazione,che scaturisce da un lungo lavoro fatto su di sé.
    Oltre a Remaury un altro autore che si è occupato del tema dell’eccessiva ricerca della bellezza,è stato Lipovetsky. Egli afferma che la donna ha raggiunto una fase positiva della bellezza,che consiste nell’acquisizione di grazia in uno stadio anche alquanto maturo. Vi è però un limite in questa maturità che risiede nel fatto che la donna si basi,su modelli di bellezza ormai standardizzati,dando origine sempre agli stessi modelli.
    L’eccessiva ricerca della bellezza però non è sempre un bene. Vi sono infatti ragazze che hanno distrutto se stesse nel perseguimento della bellezza fisica,poiché la bellezza è vista solo in questo unico senso. Ciò ha generato dei corpi deformati,consumati dall’ossessione,corpi che incarnano la morte di se stessi.
    Possiamo infatti elencare patologie come ad esempio l’anoressia,indica la mancanza di appetito,il rifiuto di esso,poiché si vive nell’eterna consapevolezza di essere grasse. C’è poi chi persiste nell’attuare diete sempre meno equilibrate,arrivando a generare disturbi dell’alimentazione.
    Un altro aspetto che sarebbe da tenere sotto controllo è il fatto che,tornando al tema dell’anoressia,molte ragazze si siano ammalate,perché attirate da un modello proposto come bello,come ad esempio la modella Kate Moss. Improntare come modello di bellezza una modella effettivamente affetta da una patologia,ha fatto credere alle donne che quell’immagine fosse il prototipo da seguire per divenire perfette.
    La Braidotti riguardo all’argomento sino a poco anzi trattato,ci dice,criticando il “divenire donna” di Deleuze che,il divenire donna è solo il simbolo delle trasformazioni in atto e consiglia di tornare a fare riferimento a ciò che viene definito pensiero delle differenze,che si manifesta anche nell’asimmetria tra i sessi. Tale asimmetria rappresenta e sostiene il fatto che tra uomo e donna vi siano totali differenze tra il modo di pensare,per la scrittura,per ciò che concerne la storia,la politica,ecc…
    Tutte queste diverse concezioni esposte dai diversi autori ci consentono di comprendere anzitutto quanto il tema in questione posso essere un pericolo per le persone diciamo più deboli,ma ci permette di capire anche che la diversità della quale prima si parlava per i soggetti disabili,sia fortemente presente anche tra soggetti normodotati. Ciò si verifica perché di fondo si prende la vita spinti alle volte da un forte senso di insoddisfazione,di insicurezza,di non accettazione di sé. Per tali motivi si cerca di modificarsi,di cambiare,di annullare se stessi per ottenere di essere, riguardo al tema della bellezza,si sta parlando solo ed esclusivamente di quello che è l’apparire.quello che a tutti piace. Anche se ho scritto svariate volte la parole essere,vorrei sottolineare però che
    Infatti chi si ritrova a inseguire il canone della bellezza,abbandona il proprio io secondo il mio punto di vista,e vive in una concezione limitata della realtà. Si vive quindi chiusi in un piccolo mondo,non prestando attenzione a quello che nella concretezza rappresenta il vero vivere. Vivere non è dunque avere la linea perfetta,i capelli lucidi,il viso sempre truccato,no vivere è tutt’altro. La vita è fatta di scelte,di obiettivi,di emozioni,insomma di tutte quelle cose che la bellezza estetica non potrà mai darti.
    Concludo col dire anche per riallacciarmi al tema centrale di questo ampio commento,che se è vero che essere disabili vuol come tutti pensano,essere svantaggiati,vivere in una condizione di disagio,sarà pur vero però anche i normodotati si ritrovano a vivere nella stessa condizione,poiché vivono nello svantaggio del loro apparire. Quindi mentre il disabile cerca con tutte le sue forze di far emergere il suo io invece che il suo “contenitore estetico”,il normodotato spreca tutte le sue energie nel fare praticamente il processo inverso.


    Antonella Pagliaro
    Antonella Pagliaro


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 14.03.12
    Età : 34
    Località : Mondragone

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Antonella Pagliaro Mer Mag 02, 2012 7:43 pm

    PRIMO PUNTO
    L’OMS è L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la sua prima classificazione è lasigla ICD dal 1970 che sta a significare “la classificazione Internazionale delle malattie” come se fosse una sorta di enciclopedia, delle malattie fornendo per ognuno di essa una descrizione accurata delle proprie caratteristiche. Questa classificazione avvicina la disabilità alle patologie cliniche dettagliando essa in una raccolta di malattie. Successivamente l’OMS nel 1980 ha ampliato questa classificazione internazionale in ICIDH (INTERNATIONAL CLASSIFICATION IMPAIRMENTS, DISABILITIES AND HANDICAPS). Lo scopo dell’OMS era quello di far interagire 3 fattori tra di loro ossia la menomazione, l’handicap, e la disabilità che poi questi verranno poi in seguito sostituiti con Menomazione, partecipazione e abilità. La menomazione è la perdita di efficienza fisica e danneggiamento morale. Inoltre essa è un danno organico è una minorazione che porta il cattivo funzionamento di una parte del corpo o di un arto, insomma il così detto anormale. L’handicap invece è la difficoltà che il soggetto con disabilità avverte nel confrontarsi con gli altri, condizione di svantaggio conseguentemente ad una menomazione che sia fisica o psichica. Nel linguaggio comune invece sia il termine “ deficit” e “handicap” vengono resi l’uno con l’altro traendone un unico significato ossia quell’individuo che ha un difetto organico e ha difficoltà a realizzarsi una personalità integrale. Questo porta a considerare l’handicap solo x qualcuno che ha qualche deficit e pensare che essi siano non siano uguali a tutti gli altri uomini. Inoltre la menomazione può essere temporanea, accidentale, degenerativa(che si può tramutare in disabilità). Inoltre la persona disabile ha dei limiti nello svolgere attività ”normali”, ma quello che è importante tenere presente p che la persona può essere menomata senza essere disabile e disabile senza essere handicappata .Invece la Disabilità che spesso viene confusa con la diversità ed è una limitazione nello svolgere attività considerate normali per un essere umano. Purtroppo la disabilità fatta da esclusioni per eccesso e per difetto, presenta disturbi a livello di persona ad es: “la capacità di saper camminare”. Successivamente sempre dall’OMS nel 2001 pubblica l’ICF e propone una nuova definizione del concetto disabilità a 360°. L’ICF sarebbe “classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute” è tramite questa nuova classificazione la disabilità acquista un nuovo significato ossia “ è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole”. Quindi i termini classificati poco fa quali Menomazione Disabilità e Handicap vengono sostituiti a nuovi termini, ovvero Funzioni, Strutture corporee e Attività e partecipazione. L’ICF non classifica solo malattie , traumi che evidenziano l’ICD ma come il nuovo strumento che per descrivere e misurare la salute e la disabilità delle popolazioni. Il nuovo approccio permette la correlazione fra stato di salute e ambiente arrivando così alla definizione di disabilità come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Accettare la filosofia dell’ICF vuol dire considerare la disabilità un problema che non riguarda i singoli cittadini che ne sono colpiti e le loro famiglie ma, coinvolge di tutta la comunità e, innanzitutto, le istituzioni, quindi adottandolo si avrà il diritto delle persone con disabilità a fare parte naturale dell’intera società. L’ICF si muove in vari ambiti ossia sanitario, sociale, educativo, ricerca…etc etc. Da ciò possiamo dedurre che esso non si occupa solo della situazione di salute del soggetto ma si occupa della persona nella sua interezza ovvero anche nelle relazioni sociali. La disabilità ha molteplici aspetti, “noi stessi siamo diversi da prima, con le esperienze che facciamo” .Nel mio intervento al forum ho articolato il tema delle Barriere architettoniche (esercizio Orologio) evidenziando i problemi che può incontrare ogni giorno una persona disabile. Non è possibile che al giorno d'oggi ancora non si riesce a trovare una soluzione a questo problema, ossia quello delle barriere architettoniche. Non capisco perchè debba esistere questa sorta di egoismo, tutti abbiamo il diritto di usufruire delle comodità necessarie per il vivere quotidiano e non comprendo perchè una persona disabile non possa servirsene allo stesso modo. Tutto ciò non lo vedo assolutamente giusto solo perchè magari si è troppo distratti a ricordarci che alcune persone come i disabili grazie a questi ostacoli fanno fatica a condurre la loro vita in modo tranquillo come noi!!
    Orologio: (LA MIA GIORNATA TIPO)
    Sveglia alle 7 del mattino,Doccia(primo ostacolo per un disabile visto che nel bagno c'è lo scalino),Mi vesto e scendo giù(secondo ostacolo per un disabile visto che la mia casa è a due piani e non è dotata di ascensore ma ci sono le scale),Prendo tutto e vado alla stazione per prendere il treno(terzo ostacolo per un disabile visto che per salire sul treno non ci sono pedane ma solo scalini), Una volta arrivata a Napoli mi tocca prendere metro e funicolare( e qui un disabile potrebbe incontrare altri ostacoli per gli ulteriori scalini di questi mezzi di trasporto o porte non abbastanza grandi per entrarvi una carrozzina).Finalmente arrivo all'università.Percorso inverso per il ritorno con la variante di doccia, cena,studio e un pò di tv e se il giorno dopo non devo recarmi di nuovo all'università esco un pò con i miei amici(Ma pensandoci un disabile anche per svagarsi potrebbe incontrare difficoltà per via di un bar,un pub con scalini o porte che non permettano di entrare comodamente, marciapiedi non sempre con discese e se ci sono a volte occupate da auto), Infine arrivo a casa e mi metto a letto. Ecco, tramite la mia giornata tipo mi sono resa conto di quante complicazioni un disabile potrebbe incontrare e come non potrebbe giovare di tutte le mie agiatezze. Per questo dobbiamo sostenere i disabili perchè anche loro hanno una vita ed è giusto che possano condurla in modo sereno!!! Oltre a questo abbiamo discusso di quanti stereotipi e pregiudizi ci facciamo vedendo una persona diversamente abile attraverso la mappa degli stereotipi. Nel laboratorio n*4 abbiamo riflettuto sull'uso che noi facciamo delle parole e quale significato diamo loro. Inoltre abbiamo affrontato 3 concetti che potrebbero sembrare simili ma in realtà sono molto diversi tra di loro , ossia Deficit, Disabilità ed Handicap. Ogni singolo termine che ho enunciato poc'anzi ha un suo senso e significato e sono caratterizzati da un proprio valore, perchè il deficit è la mancanza totale o parziale di una specifica funzionalità fisica mentre l'handicap è quello svantaggio che dipende dalla disabilità e dal contesto sociale di riferimento in cui una persona vive. La disabilità invece è una condizione personale di chi non riesce a svolgere determinate funzioni o compiti non potendo partecipare vivamente alla vita sociale perchè meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane. Poi abbiamo capito anche quanto sia importante il concetto di stereotipo evidenziato anche nel film che abbiamo visionato "Indovina chi viene a cena?". Guardando le traccie di questo film ho capito di quante siano le discriminazioni, gli stereotipi e i pregiudizi che sono presenti quando si inizia a parlare di un soggetto "diverso da noi" e di come sia difficile far capire alle persone che è bello metterci a confronto, mischiandoci con l'altro. Come sia veramente ostacoloso far capire a chi ci sta intorno che un uomo non è diverso per le sue caratteristiche fisiche o dal colore della pelle ma secondo il mio parere è diverso colui che ha un altro tipo di pensiero!!!Per questo ho scelto nel sondaggio la parola "diversità" un termine che mi ha colpito molto per la sua miriade di significati ma quello che sicuramente mette in luce che chi è diverso da noi ha il coraggio di andare contro corrente di mostrarsi agli altri per come si è realmente non avendo timore dell'opinione altrui. Forse a mio avviso nessuno è normale tutti noi siamo diversi dagli altri e ognuno di noi ha qualcosa in più da insegnare all'altro...E infine abbiamo parlato anche dell’emarginazione, in quanto fattori molto importanti che legano questo argomento .A proposito di ciò abbiamo fatto anche una simulazione in aula io facevo parte del gruppo dei cittadini e in quel momento mi sono sentita un po’ male perché ho riconosciuto come è brutto discriminare ed emarginare qualcun’altro non potendo fare nulla per loro . Ho avvertito una profonda tristezza nel momento in cui loro non potevano partecipare alle nostre stesse attività e quando la prof. gli ha voltato le spalle, nonostante loro parlavano nessuno le ascoltava perché noi troppo impegnate ad ascoltare la prof per quello che ci proponeva a noi cittadini… è brutto non avere voce in capitolo , non essere ascoltati e non essere considerati. L’emarginazione è un problema che ancora oggi esiste purtroppo , mentre si dovrebbe essere molto più solidali e rispettare ogni individuo perché nessuno e migliore dell’altro e nessuno ha qualcosa in meno dell’altro, ogni essere umano è unico è irripetibile ed è per questo che vale e ha il diritto di essere trattato in modo uguale senza distinzioni e discriminazioni.

    SECONDO PUNTO
    Nel testo Complessità della Persona e Disabilità di Anna Maria Murdaca si evidenzia l’esigenza di mettere in risalto 1) La ricostruzione di una nuova cultura della disabilità;2) La rimodulazione del termine integrazione;3) la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità. Affrontando la prima problematica c’è il bisogno di mettere in risalto tutte quelle norme che regolano la tutela e i servizi utili a persone che vivono situazioni di disagio, il problema delle barriere architettoniche, tutti i materiali che la tecnologia mette a disposizione, la possibilità di inserimento lavorativo e le classificazioni dei vari tipi di disabilità(motorio sensoriale e psichico). Il secondo problema si interessa di riinserire il termine integrazione nel linguaggio comune. Integrazione significa inserire una persona o un gruppo di persone in un ambiente( sia dal punto di vista di chi integra e sia da chi viene integrato. Per questo serve riflettere sull’identità dell’individuo con disabilità e sul suo contesto sociale. Inoltre L’integrazione ha un ulteriore significato e ricercare il rapporto con l’altro e con il diverso da se per crescere e migliorarsi giorno dopo giorno. Secondo l’autrice bisogna adottare l’ottica della globalità della persona, non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione perché si tratta di persone non di cose che si rendono tali per le loro capacità non solo per quello che non sanno fare. L’obbiettivo è quello di valorizzare a pieno la persona umana rispettando sia le varie differenze ma anche la propria identità considerando il campo della disabilità. Quindi l’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo una continua ricerca si soluzione per preservare i diritti dei disabili, per questo è utile ricordare che parlando di disabili si parla di innanzitutto di persone, che hanno la loro storia i propri vissuti. Integrazione come accoglienza di diverse identità ma anche la condivisione di valoro etici come dignità, autonomia, identità…etc. il terzo problema espone quali siano le condizioni vita che assume una persona disabile e quali servizi e ausili vengono proposti per le loro esigenze. Per questo è anche importante il contesto sociale per determinare la condizione di handicap, e proprio attraverso i loro ostacoli e il loro svantaggio fisico favoriscono purtroppo il processo di esclusione e quello di emarginazione .Bisogna tener presente il concetto di cura come termine estrinseco all’agire educativo, per la realizzazione dell’uomo per ciò che è e non per quello che può diventare in seguito. La cura di sé introduce la cura educativa che non è nient’altro la capacità di aiutare una persona con difficoltà ,a ricordarsi di se stesso e all’unicità della sua storia in modo che possa accettarsi e convivere con il suo essere speciale…Da qui si può pensare ad una nuova relazione educativa, ovvero può essere concepita come relazione madre/figlio , relazione che si stabilisce in ambito familiare. Inoltre relazione educativa può essere ampliata con il legame tra docente/discente che porta una sorta di fusione delle conoscenze. E’ un insieme di rapporti sociali che si fortificano tra educatore ed educando, e questo tipo di rapporto tra i due dev’essere un incontro ma anche uno scambio, partecipazione ed alleanza non deve esserci differenza di potere e di ruolo tra alunno e insegnante. Infine c’è la relazione tra educando ed educatore, esso deve arricchire l’educando di saperi , deve trasmettergli qualcosa di positivo, a volte si è facile istaurare anche un legame affettivo, l’educatore deve essergli d’esempio, ci deve essere un continuo incontro con l’altro e confrontarsi in tutto e per tutto, ci dev’essere dialogo, inoltre dev’esserci rispetto reciproco e arricchimento reciproco. Anche in aula abbiamo affrontato questo concetto che abbiamo ampiamente discusso e commentato nel forum “In questa lezione abbiamo discusso e approfondito la relazione tra educatore ed educando si ha perché l’uno non è concepibile senza l’altro, perché l’educatore rappresenta un punto d’incontro cui è coinvolto il minore che gli è stato affidato. Il minore che vive una situazione di disagio non sempre trova in se stesso le risorse attraverso cui superare la crisi che sta vivendo e per questo motivo ci si rifà alla famiglia e alla scuola, alle agenzie extrascolastiche o in questo caso è importante anche l’intervento dell’educatore dove esso opera in ambito della persona per aiutarla a superare e risolvere quel disturbo o problema che lo tormenta in quel momento .”

    TERZO PUNTO

    Remaury e Lipovetsky parlano del concetti bellezza , salute e giovinezza. Per quanto riguarda Remaury evidenziava la bellezza come scopo di ogni essere umano. Specialmente nella donna è evidente questo bisogno, migliorarsi fisicamente ed esteticamente. A volte chi ha un bell’aspetto fisico gli viene associata anche qualità interiori come onestà , bontà, gentilezza ed intelligenza anche se in realtà queste caratteristiche sono inesistenti in essa. Di solito c’è chi non riesce a sentirsi a proprio agio con il proprio corpo nonostante i mezzi offerti dalla società. Infatti sia la bellezza che la giovinezza sono le caratteristiche che ogni donna pretende di avere per rientrare negli standard .Remaury nel “Il gentil sesso debole” afferma che gli individui sono orientati ad una corsa alla perfezione e seguiamo la triade: bellezza ,salute, giovinezza. Il corpo trasfigurato che è legato all’immagine della perfezione corporea, mentre il corpo esatto è quel corpo che fa da modello a tutti gli altri.Un corpo è considerato libero secondo Lipovetsky con il suo testo “La terza donna”un corpo è energico e perfetto quando è libero della malattia-corpo sano, dal peso- corpo magro, dal tempo- corpo giovane. L’obbiettivo secondo Lipovetsky non potendo realizzare una bellezza fisica ci si prefigge a inseguire un obbiettivo: l’eterna bellezza apparente. Concludendo possiamo citare il pensiero di Rosa Braidotti prendendo spunto dal suo testo “Madri, mostri e macchine”. Questo testo ci parla della figura materna quando è in attesa di un bambino e della sua continua trasformazione nel periodo che è incinta e appare agli uomini come un corpo deformo una sorta di MOSTRO-MADRE. Successivamente viene riproposto alla donna un nuovo stile di corpo, il modello CORPO-MACCHINA che determina la nascita di un corpo nuovo e perfetto. Al giorno d’oggi la tecnologia è all’avanguardia e spesso oltre a servire per nuove scoperte scientifiche viene usata anche per migliorare il proprio corpo e quindi ci si rifà alle protesi estetiche, argomento che abbiamo ampiamente discusso in aula attraverso il tema dei prototipi di bellezza e quello delle "protesi estetiche". In questo caso c'è la persona che non accetta il proprio corpo e quindi cerca di migliorarlo con una sorta di pezzi di ricambio e con il tentativo di ripararlo. Io credo che le protesi estetiche bisogna usarle solo nel momento in cui c'è ne sia davvero bisogno, ad es:quando a causa di un incidente ci si sfigura il volto, o altre parti del corpo. Ma non per migliorare il proprio corpo perchè secondo me ognuno di noi è nato con pregi e difetti, ogni persona è unicamente diversa dall'altra. A volte non è tanto importante la bellezza esteriore ma quella interiore, credo che ci dovrebbero essere anche "pezzi di ricambio" per il proprio carettere, per il proprio modo di fare, per la propria anima, perchè in giro c'è troppa indifferenza per le piccole cose che a mio avviso sono le più belle, e che la maggior parte delle volte c'è troppa esigenza di apparire belli esteticamente ma che poi infondo al cuore regna solo odio ed egoismo.
    PAGLIARO ANTONELLA
    carmela aversano 88
    carmela aversano 88


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  carmela aversano 88 Mer Mag 02, 2012 9:12 pm

    ESERCIZIO 1
    In una parte del corso ci siamo soffermati sul peso da dare ad alcuni termini, utilizzati nel campo della disabilità. Partire da una definizione di Canevaro:”Nelle parole è contenuto il modello operativo a cui si fa riferimento”.E’ molto importante, quindi, non fare confusione tra deficit, disabilità ed handicap: utilizzare termini impropri e fare confusioni linguistiche può essere un modo per aumentare l’handicap, anziché ridurlo” . Partiamo dalle classificazioni: La prima classificazione elaborata dall’OMS “Organizzazione Mondiale della Sanità” è “La classificazione Internazionale delle malattie” (ICD,1970) rispondeva all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. L’Oms ha messo a punto nel 1980 una classificazione internazionale, l'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH) basata su alcuni fattori tra loro interagenti e interdipendenti: menomazione, disabilità , handicap e restrizioni. La menomazione è una qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione ; la disabilità è qualsiasi limitazione o perdita delle capacità di compiere un’attività, ossia l’incapacità di svolgere determinate funzioni e di assolvere determinati compiti nel modo e nell’ampiezza considerati normali per un individuo; l’handicap è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri ; le restrizioni sono esclusioni, per eccesso o per difetto, nella realizzazione dei compiti rispetto a ciò che sarebbe normalmente atteso rappresenta l'oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello di persona ,si riferisce a capacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno. Ne costituiscono esempio i disturbi nella adozione di comportamenti appropriati; nella cura della propria persona (come il controllo della funzione escretoria e la capacità di lavarsi e di alimentarsi); come la capacità di saper camminare. Arriviamo così alla classificazione dell’ ICF “Organizzazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute” pubblicata dall’OMS nel 2001. In questa classificazione i fattori biomedici e patologici non sono gli unici presi in considerazione, ma si considera anche l'interazione sociale: l'approccio, così, diventa multiprospettico: biologico, personale, sociale”. Secondo l’ICF, la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole . Il passaggio dall’ICD all’ICF è dovuto al fatto che l’ICF non classifica solo condizioni di salute, traumi, malattie che sono d’interesse dell’ICD, ma bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute e pone come centrale la qualità della vita delle persone affette da patologie. All’interno di queste classificazione abbiamo parlato che cosa s’intende per disabilità. In questo campo abbiamo approfondito molto il tema della cecità, di cui abbiamo fatto anche una simulazione: la prof. Briganti fatto ci ha bendare e ha iniziato a leggere delle poesie, in aula è calato il silenzio. La poesia che mi ha fatto emozionare è il “Non di Rebecca”. Rebecca è una bambina che non svolge tutte le attività che noi svolgiamo normalmente eppure lei ama, sogna, è viva… Riesce a volare in alto con la sua fantasia e con la sua sensibilità, cosa che noi non riusciamo a fare perché presi da cose futili. Un’altra cosa che mi ha fatto molto pensare di questa esperienza è stato che una persona non vedente non ha idea di come noi siamo esteticamente: come pensi che io sia? Bello, brutto… Loro cercano di immaginarci attraverso quello che sentono. Toccarsi senza vedersi implica un grande sforzo emotivo . Sempre riguardante il tema della cecità, è stato molto emozionante anche l’incontro con il Prof. Palladino, la sua vita cambia e si trasforma con lo scoppio di un oggetto esplosivo. Ma nonostante ciò la vita gli offre nuove opportunità, rendendolo forte e generoso ed oggi è un uomo frutto della sua forza di vivere della quale è così permeato che riesce a trasmetterla con tanta spontaneità. Ho riflettuto molto sulla vita di queste persone e delle difficoltà che incontrano quotidianamente le cosi dette barriere architettoniche. Fermandomi a pensare un’attimo penso a come sia triste per un disabile affrontare azioni che per noi persone normali, affrontiamo con facilità e naturalezza. Rimango ancora più stupita e delusa di fronte ad alcuni atteggiamenti di inciviltà: una struttura priva di barriere architettoniche ed il passaggio per disabili è ostruito da auto o moto parcheggiate o ancor più grave da cassonetti per la spazzatura. Nelle nostre città italiane sono ancora presenti tante barriere architettoniche, malgrado le leggi che ne impongono l’eliminazione, è necessario insistere nell’opera d’informazione e di sensibilizzazione allo scopo di ridurre le vere barriere. Infine vorrei chiarire che la persona con disabilità non è diversa da noi. Quello della “diversità” è un concetto ambivalente, che da un lato suscita mistero e timore, dall’altro curiosità e fascino. La diversità talvolta provoca un senso di rifiuto ma allo stesso tempo può essere adottata come vera e propria filosofia di vita, accompagnata dal bisogno di qualcosa di “diverso” per poter mettere sé stessi a confronto con “l’altro” e poter così arricchirsi delle differenze altrui.Diversità perciò come concetto negativo e positivo assieme, a seconda del senso e del valore che ognuno di noi, nelle varie situazioni, da al termine; diversità come necessità inevitabile della nostra vita, come valore e ricchezza per lo scambio e la crescita umana ma anche come difficoltà cui andiamo incontro nel momento in cui per primi ci si sente diversi o esclusi.

    ESERCIO 2
    Anna Maria Murdarca è autrice del testo “ Complessità della persona e disabilità”. Tale testo mira:
    la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità;la rimodulazione del termine integrazione; la comprensione delle reali condizioni di vita,quale ruolo effettivamente possono assumere i soggetti disabili, quali servizi vengono erogati per le loro esigenze. Occorre abbandonare la logica dell’inserimento legge 118 del 1971 e dirigersi verso l’inclusione occorre adottare l’ottica della globalità:
    “una nuova cultura e conoscenza della disabilità, attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento, del comportamento e/o dell’assistenza del soggetto disabile, ma anche centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta nella sua dimensione olistica, che può essere disorganizzata da errate interazioni tra sistema biologico, psico-intellettivo, affettivo, relazionale e sociale”
    Detto ciò il testo di Murdaca passa in rassegna alcuni ambito : per prima cosa offre una rilettura dell’handicap e afferma che è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione. Io credo che l’emarginazione nasca da una forma di vera ignoranza, in quanto, nessuno ha il diritto di giudicare nessun altro, anche perché non sta scritto da nessuna parte che persone che hanno modi di vita completamente diversi da noi, debbano essere allontanati, anzi, bisognerebbe far capire a tutti che c'è solo da imparare da persone diverse da noi. Credo che per abbattere l'emarginazione bisogna che ci sia rispetto per l'altro ed eliminare ogni forma di pregiudizio e stereotipo ed è importante che ci sia anche una forte coesione tra scuola e società. Poi passa in rassegna all’ambiente, ossia quello della famiglia che si dovrebbe liberare quanto prima dal senso e dalla percezione di impossibilità di miglioramento della situazione psico- fisica di un figlio o una figlia disabile. Oltre alla famiglia anche la scuola che indubbiamente rappresenta un canale importante, ma che deve contribuire a sviluppare una buona integrazione e buone capacità e competenze dell’alunno disabile. Quindi l’ambiente può essere una barriera o un facilitatore nell’ambito della disabilità. La ricerca può produrre soluzioni tecnologiche che migliorando l’ambiente della persona diminuiscono la disabilità. Un esempio in questo contesto è la casa Domotica ossia "casa intelligente" si indica un ambiente domestico, il quale mette a disposizione dell'utente impianti che vanno oltre il "tradizionale", dove apparecchiature e sistemi sono in grado di svolgere funzioni parzialmente autonome o programmate dall'utente.La casa domotica, ossia “casa intelligente”, migliora la qualità della vita. Certo è magnifico vedere una “casa” del genere dove una persona diversamente abile non è costretto a vivere la sua vita in dipendenza di una altra persona. Penso che la tecnologia in alcuni contesti è importante che ci sia e si sia evoluta … anche se, come è stato detto in aula, tutto ciò comporta un costo elevato e non tutti possono permetterselo. Queste strutture dovrebbero essere finanziate dallo Stato a favore di tutte quelle famiglie che hanno a carico persone disabili in modo tale che tutto possano usufruirne. Detto ciò possiamo affermare che la persona con disabilità deve essere integrata. L’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo.... una continua ricerca di soluzioni,di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili.Il termine Integrazione o va riformulato:come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica;come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità – autonomia, identità, potenzialità personali.Ogni disabile ha la sua storia.Il tutto finalizzato a sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppodi: Indipendenza Emancipazione. Per quanto riguarda il concetto di cura, bisogna tener presente che il termine è intrinseco all’agire educativo, cura come progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti, volta alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e per ciò che egli può diventare (ricordando Jonas). La cura educativa va intesa come: “atto di umana comprensione capace di aiutare la persona con deficit a ridare senso e significato alla sua personale esperienza, a ricordarsi di sé, dell’unicità della sua storia, per accettarsi e convivere con la propria specialità”. In questo contesto è importante riportare l’esempio della ballerina Atzori. Simona Atzori è una ragazza, nata senza braccia, ma i suoi movimenti nonostante ciò possono essere definiti come un "volo senza ali". é incantevole come lei affronta il suo modo di essere e nonostante i suoi problemi dal suo sguardo emerge la voglia di vivere e andare avanti e raggiungere mete importanti. ciò vuole essere un invito a tutti: "dobbiamo accettarci, credere sempre fino in fondo in ciò che facciamo e di non smettere mai di sognare fin quando la realtà nn prende il posto dei nostri sogni" . Un’altra interessante proposta del testo di Murdaca è ripensare ad una società con veri spazi di formazione per i soggetti con disabilità, i quali, non soggetti passivi di pietismo, ma sono altrettanto responsabili di questa relazione. Disabili come cittadini a pieno titolo. Infine mi sembra opportuno riflettere sulla relazione educativa evidenziando la relazione tra l’educatore e l’educando: a mio parere l’educatore non deve essere più considerato come colui che fornisce le istruzioni per l’uso della vita, perché per quanto possono essere stati efficaci per qualche altro, teorizzati e sperimentati, rimangono soggettivi. Educare quindi significa guidare l’educando alla costruzione del proprio modo di vivere e affrontare la realtà in maniera autonoma. L’educatore, quindi, “agisce con gli altri e non sugli altri. È necessario perciò che accetti i progetti e i desideri dell’educando per fare ciò l’educatore deve creare relazioni durature e significative con l’educando, attraverso una comunicazione sempre più efficace.

    ESERCIZIO 3
    Remaury: autore “ Il gentil sesso debole. Le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute”.Giovane, bella e sana: questa è l'immagine ideale della donna che propongono i media e la pubblicità. Queste le caratteristiche che il corpo femminile deve avere secondo i giornali, la televisione, la moda. Su questo canone estetico le donne dovrebbero costruire la propria identità, affrontando spese e sofferenze fisiche alimentate da un fiorente mercato.
    Lipovetsky, nel suo testo “la terza donna”, racconta che nel tempo ci sono state tre tipi di donne: la prima donna: svalutata, sfruttata, demonizzata; la seconda: l'icona, l'ideale di virtù, la Beatrice; la terza donna una matrioska, racchiude in sé le due precedenti, ma le supera in una nuova accezione: quella di donna indefinita. Un termine da non intendere in senso negativo.
    Rosa Braidotti: autrice di “Madri, mostri e macchine”, in cui affronta il problema del corpo macchina , cioè donne che in seguito a gravidanze si trasformano, vogliono lottare contro il tempo, cioè che nella loro vita nonostante il passare del tempo vogliono rimanere sempre giovani e belle..
    A tal riguardo Io sono contraria alla chirurgia estetica come capriccio..sono favorevole alla chirurgia estetica quando sotto a un aspetto magari poco gradevole di alcune parti del corpo ci sono dei reali problemi, ....La domande che sorge è che cosa s'intende per bellezza?? Io penso che esistono due tipi di bellezza: quella esteriore, "persona bella",cioè quell'insieme di caratteristiche fisiche e somatiche che rendono una persona gradevole alla vista. Ovviamente, ognuno ha i suoi canoni di bellezza, per cui è difficile stabilire una regola fissa per individuare la bellezza, in una persona; poi quella più importante la bellezza interiore,"bella persona", ed è proprio questa che si deve cogliere in una persona. In questo contesto, io penso che la dote principale che rende una persona bella è la sua lealtà in ogni circostanza, nella sua forza nell'affrontare i problemi della vita, nel suo coraggio di proseguire il proprio cammino combattendo ogni avversità, anche la più dura.

    avatar
    angela32


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 19.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  angela32 Gio Mag 03, 2012 7:54 am

    PUNTO 1)
    LA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALEDEL FUNZIONAMENTO E DELLA SALUTE DELL’OMS(ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SALUTE) è IL Più IMPORTANTE MODELLO DEL FUNZIONAMENTO E DELLA DISABILITà. LA PRIMA CLASSIFICAZIONE ELABORATO DALL’OMS è STATO, “LA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE MALATTIE”O “ ICD”, AVVENUTA NEL 1975, E SI PONE DI COGLIERE LE CAUSE DELLE PATOLOGIE, FAVORENDO PER OGNI SINDROME E DISTURBO UNA DESCRIZIONE DELLE PRINCIPALI CARATTERISTICHE CLINICHE ED INDICAZIONI DIAGNOSTICHE, FOCALIZZA L’ATTENZIONE SULL’ASPETTO EZIOLOGICO DELLA MALATTIA, INOLTRE AVVICINA DISABILITà ALLE PATOLOGIE CLINICHE FACENDO UNA SORTA DI ENCICLOPEDIA. SUCCESIVAMENTE SEMPRE DALL’OMS FU ELABORATA UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE “ICF” PUBBLICATA NEL 2001 E APPROVATA DA DA 191 PAESI, IL NOME DATO A QUESTA CLASSIFICAZIONE PROPONEVA DI ANDARE OLTRE L’APPROCCIO LEGATO ALLE CONSEGUENZE DELLA MALATTIA E PONEVA L’ATTENZIONE DI METTERE IN LUCE IL FUNZIONAMENTO COME UNA COMPONENTE DELLA SALUTE. L’ICF STA PER “CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL FUNZIONAMENTO DELLA DISABILITà E DELLA SALUTE”E LADDOVE L’ICD FORNISCE INFORMAZIONI RELATIVE ALLA MORTALITà E MORBIDITà, L’ICF FORNISCE INFORMAZIONI PERDESCRIVERE IL COMPLETO SPETTRO DEGLI STATI E DELLE ESPERIENZE DI SALUTE, SI POSSONO QUINDI DEFINIRE COMPLEMENTARI IN QUANTO SE UTILIZZATI INSIEME POSSONO DARE UNA Più SIGNIFICATIVA E COMPLETA IMMAGINE DELLA SALUTE, DELLA PERSONA, E DELLE POPOLAZIONI. L’ICF è DEFINITO UNICO, IN QUANTO ESSO OFFRE UNA VISIONE DELLA SALUTE CHE SOTTOLINEA L’IMPORTANZA DI VARIE DIMENSIONI E MOLTEPLICI DETERMINANTI CHE INFLUENZANO LA SALUTE E IL FUNZIONAMENTO DI UN INDIVIDUO. NELL’ICF LA SALUTE è CONSIDERATA MOLTO DETERMINANTE ED ED è ASSOCIATA A FATTORI PSICOLOGICI, SOCIALI, E CONTESTUALI. IL MODELLO ICF RIFLETTE SULLE ATTUALI CONCEZIONI DI DISABILITà, DESCRIVE COMPONENTI DI SALUTE, CONSIDERA LE PROSPETTIVE DI SALUTE PIUTTOSTO CHE LA MALATTIA, SUGGERISCE L’INTEGRAZIONE DELLA DISABILITà, SUGGERISCE CHE LA DISABILITà NON DEVE ESSERE CONTESTUALIZZATA DA UN ORIENTAMENTO MEDICO O DEL DEFICIT, INOLTRE IL MODELLO è BASATO SU DI UN MODELLO DI INTERAZIONI TRA DIMENSIONI DEL FUNZIONAMENTO UMANO A LIVELLO CORPOREO, PERSONALE E SOCIALE. IL MODELLO ICF è DIVISO IN DUE PARTI: LA PRIMA CONSIDERA IL FUNZIONAMENTO E LA DISABILITà E COMPRENDE,LE FUNZIONI CORPOREE,LE STRUTTURE, L’ATTIVITà, LA PARTECIPAZIONE. LA SECONDA PARTE DI QUESTO MODELLO COMPRENDE I FATTORI CONTESTUALI CHE INCLUDONO I FATTORI AMBIENTALI E PERSONALI. ATTRAVERSO QUESTO MODELLO I TERMINI COME: MENOMAZIONE(PERDITA O ONOMALIA STRUTTURALE O FUNZIONE FISICA O PSICHICA) DISABILITà(INCAPACITà DI SVOLGERE O COMPIERE ATTIVITà IN MANIERA AUTONOMA) HANDICAP(DIFFICOLTà KE UNA PERSONA CON DISABILITà INCONTRA NEL CONFRONTO CON GLI ALTRI),VENGONO SOSTITUITI DA:FUNZIONI ,STRUTTURE CORPOREE ,ATTIVITà E PARTECIPAZIONE. QUESTO MODELLO è STATO MOLTO IMPORTANTE PER GLI OPERATORI NEL CAMPO SAMITARIO, EDUCATIVO , SOCIALE. PER UNA PERSONA COMUNE IL TERMINE DISABILITà SIGNIFICA L’INCAPACITà NEL FARE LE COSE, E VARIE SONO LE DEFINIZIONI CHE SI DANNO A QUESTO TERMINE, PER ME DISABILITà è UNA PERSONA COME ME CHE HA DELLE EMOZIONI, KE VUOLE DIVERTIRSI, CHE CHATTA, CHE VUOLE VIVERE LA PROPRIA VITA, PER ME IL DISABILE E COLUI CHE O DALLA NASCITA O IN SEGUITO A QUALKE INCIDENTE NON Può VIVERE IN MANIERA AUTONOMA LA SUA QUOTIDIANIETà E PER QUESTO E COSTRETTO A RICORRERE ALLE PROTESI, AGLI AUSILI, PER POTER SVOLGERE LE PROPRIE COSE, è UNA PERSONA CHE NONOSTANTE TUTTO CERCA DI NON SENTIRSI DIVERSO, PERCKE IL DIVERSO NON è COLUI CHE HA UN PROBLEMA FISICO, DIVERSI LO SIAMO TUTTI NOI, DIVERSO LO SONO ANKE IO SE SCELGO DI VIVERE NON SEGUENDO Più QUEI MODELLI DI RIFERIMENTO CHE I MIEI GENITORI MI HANNO TRASMESSO.
    PUNTO 2)
    UTILE DA PRENDERE IN CONSIDERAZIONE QUANDO SI PARLA DI DISABILITà, IL TESTO DI ANNA MARIA MURDACA, “COMPLESSITà DELLA PERSONA CON DISABILITà”, ESPERTA DI QUESTI TEMI RELATIVE ALLE PERSONE CON DISABILITà. SECONDO L’AUTRICE BISOGNA PROIETTARSI VERSO UNA NUOVA DIMENSIONE SOCIALE, VERSO UNA NUOVA CULTURA, VERSO UNA NUOVA CONOSCENZA DELLA DISABILITà, CONCENTRANDO L’ATTENZIONE SULLA PERSONA DISABILE SU I SUOI BISOGNI E DESIDERI NON BISOGNA CONSIDERARE SOLO LA MALATTIA. SECONDO MURDACA SI DEVE MIRARE A CREARE UNA NUOVA CULTURA DELLA DISABILITà, USCIRE DA QUEI SCHEMI KE ETICHETTANO LA PERSONA DISABILE, PARTIRE CON UN EDUCAZIONE MIRATA CHE PRODUCA UN ESITO POSITIVO, GUARDARE LA PERSONA CON DISABILITà CON UNO SGUARDO KE VADA OLTRE AL SEMPLICE “MI DISPIACE…..POVERINO” XKè IL DISABILE NN VUOLE COMPASSIONE DAGLI ALTRI, MA BENSI VUOLE SOSTEGNO… APPOGGIO….VUOLE SENTIRSI INTEGRATO, QUINDI INTEGRAZIONE NEL CONTESTO SOCIALE CON ADEGUATI SOSTEGNI, CON STRUTTURE CHE GLI PERMETTONO DI VIVERE TRA DI NOI, NONOSTANTE LORO SIANO MENO FORTUNATI DI NOI. TUTTI I CITTADINI, ISTITUZIONI CHE SI IMPEGNINO A DAR VITA A DELLE CONDIZIONI REALI PER PERSONE DISABILI, IN MODO DA POTER DARE ANKE A LORO UN POSTO NEL PROPRIO CONTESTO DI APPARTENENZA, QUINDI UN EMANCIPAZIONE CHE DIA VITA A NUONE MENTI, NUOVI PROPOSITI E NUOVI E PURI PENSIERI.
    PUNTO 3)
    NEGLI ULTIMI DECENNI SI è ASSISTITO IN MANIERE SEMPRE Più CRESCENTE A DARE MOLTA IMPORTANZA ALLA CURA DEL PROPRIO ASPETTO FISICO, CURA MANIACALE TANTO DA RICORRERE AD INTERVENTI CHE IN MOLTI CASI NON HANNO AVUTO L’ESITO CHE SI ASPETTAVANO. LA DONNA OGGI SI VEDE COME UN OGGETTO DA PERFEZIONARE PER POTER COSI RAGGIUNGERE IL TRAGUARDO. MOLTI AUTORI SI SONO SOFFERMATI SU QUESTA TEMATICA, LA BELLEZZA OSSESIVA DELLE DONNE. REMAURY SOSTIENE CHE L’OBIETTIVO DELLE DONNE E QUELLO DI CURARE LA PROPRIA BELLEZZA-SALUTE-GIOVINEZZA, SOSTIENE CHE IL CORPO ESATTO è IL CORPO CHE DOMINA, CHE ARRIVA ALLA PERFEZIONE A PICCOLI PASSI, UN VERO E PROPRIO PERCORSO. PER LIPOVETSKY LA DONNA RAGGIUNGE IL PROPRIO IDEALE DI BELLEZZA QUANDO SI SENTE APPAGATA CON SE STESSA. PER ROSI BRAIDOTTI PARLA DI CORPO MACCHINA UN CORPO KE NN ESISTE, UN CORPO NON VERO, CORPO ARTEFATTO.


    Ultima modifica di angela32 il Ven Mag 11, 2012 9:26 am - modificato 1 volta.
    avatar
    Diana Emma


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Diana Emma Gio Mag 03, 2012 12:41 pm

    L’interesse relativo alla classificazione ICF è emerso durante gli studi universitari. Tale classificazione è stata oggetto di studio della tesi di laurea. partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie.
    La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD, 1970) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
    22 maggio 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF.La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche. Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non sente.
    avatar
    Diana Emma


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Diana Emma Gio Mag 03, 2012 12:50 pm

    [quote="Diana Emma"]L’interesse relativo alla classificazione ICF è emerso durante gli studi universitari. Tale classificazione è stata oggetto di studio della tesi di laurea. partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie.
    La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD, 1970) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
    22 maggio 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF.La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche. Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non sente. La disabilità è la condizione personale di chi, in seguito ad una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d'interazione con l'ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale.

    Questo significa che mentre la disabilità viene intesa come lo svantaggio che la persona presenta a livello personale, l'handicap rappresenta lo svantaggio sociale della persona con disabilità. L'ICIDH prevede la sequenza: Menomazione--->Disabilità--->Handicap, che, tuttavia, non è automatica, in quanto l'handicap può essere diretta conseguenza di una menomazione, senza la mediazione dello stato di disabilità.L'espressione "diversamente abile" pone l'enfasi sulla differenza qualitativa nell'uso delle abilità. Esso viene utilizzato per specificare che attraverso modalità diverse si raggiungono gli stessi obiettivi. Vi sono delle situazioni di disabilità in cui questo uso può essere adeguato. Ad esempio allievi non vedenti o ipovedenti possono raggiungere lo stesso adeguati risultati scolastici e sociali utilizzando le risorse visive residue (potenziate con adeguati strumenti) o abilità compensative (ad esempio quelle verbali). Vi sono altre situazioni, come quelle riguardanti due terzi di tutti gli allievi certificati e cioè quelli con ritardo mentale, in cui l'uso della terminologia diversamente abile può risultare fuorviante. Consideriamo il caso di un tipico allievo con sindrome di Down.
    luigia palumbo
    luigia palumbo


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty prova intercorso

    Messaggio  luigia palumbo Gio Mag 03, 2012 4:35 pm

    1) il 1970 rappresenta una data molto importante poichè è l'anno in cui l'OMS elabora l'ICD ovvero "Classificazione mondiale delle malattie". Si tratta in pratica di un'enciclopedia delle malattie dove le diagnosi vengono tradotte in codici numerici. In seguito (1980) l'OMS ha messo a punto un'altra classificazione internazionale ICIDH basata su 3 fattori tra loro interagenti e interdipendenti. Dunque i termini :menomazione,disabilità e handicap verranno sostituiti da menomazione,abilità e partecipazione con una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. Infine negli anni 90 vi è una nuova classificazione l'ICF ovvero "Classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute". In pratica l'ICF studia la disabilità come condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole ed è stato introdotto perchè le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica non erano sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona e cioè cosa quella persona è in grado di fare e quali sono invece le attività nelle quali ha difficoltà. Dunque l'ICF adottandolo si accerterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società stessa e a tal proposito la riabilitazione gioca un ruolo importante nel migliorare e ridurre la limitazione di una persona ed è qui che gli ausili e la tecnologia possono migliorare una performace di una persona. Ricordiamo Oscar Pistorins,una persona che grazie alle protesi (flex foot) è diventato un grande atleta realizzando il suo sogno. A lui associo i termini:forza di volontà,passione e tecnologia poichè con tanta forza di volontà è riuscito a guardare oltre le proprie gambe...è andato oltre,mettendo tanta passione in quello che fà facendosi aiutare anche dalla tecnologia perhè senza di essa il suo sogno non si sarebbe potuto mai realizzare. Di fondamentale importanza è la differenza tra DISABILE e DIVERSO. Disabile è una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana e le barriere architettoniche che incontra ogni giorno possono influenzare anche la sua sfera psicologica (infatti diventa un'etichetta) per cui ad esempio non si parla più del bambino ma del sordo,dunque disabile è anche ciò che gli altri pensano di lui ed è qui che entra in canpo l'emarginazione poichè se per esempio ci troviamo in una città dove è un sindaco a comandare e decide che tutti hanno il diritto di festeggiare tranne chi porta gli occhiali,loro sono esclusi,non meritano infatti di festeggiare con gli altri e questo è sbagliato perchè anche se hanno gli occhiali sono persone come noi e hanno i nostri stessi diritti e meritano tutti di divertirsi in città. con il passar del tempo il termine disabile si è evoluto da disabile a diverso/diversabile,questo a differenza del precedente è un termine positivo perchè mette in evidenza l'essere diversamente abili di molte persone con deficit,osservandole in una prospettiva nuova. 2) Anna Maria Mudarca nel testo "Complessità della persona con disabiltà" riflette sulle principali norme in favore dei soggetti in situazione di disagio e mira alla costruzione di una nuova cultura che ha per scopo principale l'integrazione ovvero l'inserimento di una persona o un gruppo in un ambiente,in un contesto,ricercando incessantemente il rapporto con l'altro (il diverso) per incamminarsi lungho la via del miglioramento. Dumque rimodulare l'integrazione in una prospettiva umanistica significa guardare alla globalità della persona. Secondo l'autrice occorre una nuova cultura e conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione perchè l'integrazione è un processo continuo e non un punto di arrivo. Il documento del Miur afferma che l'integrazione è intesa come "astratta normalità" cioè al valorizzare al meglio le dotazioni individuali pochè è molto importante capire che si tratta di persone che vanno caratterizzate per capacità e non per quello che non sanno fare,per sottrazione. Per quanto riguarda il concetto ci cura,ricordando Jonas "atto di umana comprensione capace di aiutare la persona con deficit a ridare senso e significato alla sua personale esperienza,a ricordarsi di se,dell'unicità della sua storia in modo da poter coinvivere con la sua specialità" quindi cura di se. La relazione educativa in uno spazio riparativo nel quale il disabile sperimenta con gli educatori una serie di situazioni che consentono agli operatori di progettare delle opportunità eliminando disagi e scoprendo le forze resilienti capaci di far superare le difficoltà. A tal proposito è molto importante coniugare l'aspetto educativo con quello didattico,in modo che possa garantire a costoro quel diritto all'integrazione. Possiamo pensare in modo nuovo ad una relazione educativa,si tratta dunque di uno scambio in cui entrambe le persone ricevono e danno qualcosa,essa si realizza in diversi luoghi e strutture specializzate differenti aventi un obiettivo comune l'ASCOLTO,ovvero il sapersi fermare ad ascoltare ciò che l'altro a da dire poichè è questo il primo passo per essere un educatore. 3) Da sempre l'immagine della donna si associa a quella della bellezza,una bellezza che ha il dovere di coltivare e preservare perchè è proprio la società che lo impone. Pensiamo ai media che suggeriscono canoni di bellezza e di perfezione corporea che tutti cercano di seguire e chi non si adegua si sente umiliato. Fotema Mernissi nell' "harem delle donne occidentale" osserva che l'occidente è vittima della taglia 42,perfetta per eccellenza. Della TV e che dire...! Giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che una donna deve mantenere a tutti i costi se vuole rimanere in TV. Spesso infatti per mantenere alcuni canoni che richiede un determinato settore come la moda,seccede che ci si ammala. Un esempio che posso fare è quello della modella Kate Moss,ma come lei molte altre sono finite nel tunnel dell'anoressia infatti questa è finita per diventare una tendenza molto diffusa nella moda. Remaury nel "gentil sesso debole" afferma che abbiamo un triplice obbiettivo:giovinezza-bellezza-salute,mentre Lipovetsky nel libro "la terza donna" afferma che la liberalizzazione della donna nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti e per cui questa è obbligata dal sociale a cercare di raggiungere il suo obiettivo ovvero un corpo perfetto,un corpo realizzato dunque conquista dell'eterna giovinezza apparente. Infine Rosi Braidotti in "madri mostri e macchine" propone il termine di tecnocorpo ossia quando il computer diventa parte del corpo umano,computer inteso come protesi. Se si ha infatti un problema estetico ad esempio un seno troppo piccolo,si ricorre alla chirurgia e quindi alle protesi in silicone senza pensare magari che in futuro queste possono dare problemi di salute,com'è successo. questi autori a mio dire hanno un pumto in comune "le donne" o meglio la psicologia delle donne e cioè quella di rifarsi alla massa,a quello che va di più e a mantenerlo a tutti i costi. Questo è sbagliato perchè dobbiamo cercare tutte di distinguerci per le nostre specialità e nella nostra unicità di essere sorprendentemente donna.
    Rita Esposito
    Rita Esposito


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 33
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Prova intercorso

    Messaggio  Rita Esposito Gio Mag 03, 2012 6:11 pm

    1)Agli inizi degli anni '70 l' OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) elabora la prima Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD), la quale coglieva le cause delle patologie per poi analizzarle e fornire chiarificazioni cliniche per ogni sindrome. Tutte le diagnosi vengono tradotte in codici numerici atti alla memorizzazione, alla ricerca e all' analisi dei dati. Questa classificazione però pone la sua attenzione solo sull' aspetto eziologico delle malattie e quindi solo sulle loro cause,mentre negli anni '80 l' OMS ha elaborato un' ulteriore Classificazione Internazionale:International Classification of Impairments Disabilities and Handicaps (ICIDH). Quest' ultima poggia su tre fattori tra loro interagenti ed interdipendenti:
    -MENOMAZIONE: perdita o anormalità di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica
    -DISABILITA' (o restrizione : incapacità, conseguente alla menomazione, di svolgere determinate funzioni e di assolvere a compiti ritenuti normali per un essere umano
    -HANDICAP (o svantaggio): ostacolo che impedisce alla persona con deficit di portare avanti una particolare attività e che gli causa un disagio sociale quando questi si trova a confrontarsi con gli altri.
    L'handicap è la difficoltà che la persona con disabilità deve affrontare ogni giorno. Dai video visti in aula e da una riflessione sulle tante differenze che ci sono tra la giornata di una persona con deficit e quella di un normo-dotato è emerso, purtroppo, che l' handicap o le famose barriere architettoniche sono il risultato delle nostre azioni egoistiche. La maggior parte delle persone( per fortuna non tutti) parcheggia nei posti riservati ai disabili per non fare qualche metro in più o addirittura parcheggia sui marciapiedi, impedendo così la salita e la discesa da essi. Anche i mezzi pubblici creano disagio a queste persone, perché sprovvisti di attrezzature adeguate . Tutto questo avviene perché siamo presi solo dai nostri interessi, senza voltarci per vedere se l' altro ha bisogno di noi. Il discorso appena fatto ovviamente non è rivolto a tutti, perché esistono persone altruiste e proprio queste persone devono educare le altre affinché tutti, insieme ai diretti interessati, potremo raggiungere i risultati necessari per permettere a chiunque di avere una vita dignitosa e magari iniziando a lottare per i loro diritti Negli anni 80 l’OMS propone una definizione del concetto di disabilità, questa volta non considerando solo i fattori biomedici e patologici ma anche l’ approccio sociale o multiprospettico ( biologico - personale -sociale).L’ ICF o Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute, descrive la disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Essa rappresenta la misura delle attività e delle prestazioni che l’ ambiente esterno consente di espletare, non più soltanto come una condizione soggettiva ma tenendo conto anche delle capacità del soggetto e delle sue possibilità di coinvolgimento sociale. L’ ICF è considerato un linguaggio standard e unificato, che faccia da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati a essa correlati, ossia un modello bio – psico – sociale. Esso infatti non classifica solo condizioni di salute, malattie,disordini o traumi ma anche le conseguenze associate alle condizioni di salute e quindi basa la sua attenzione sulla qualità della vita delle persone affette da patologie e su come quest’ ultime convivono con la loro condizione . Personalmente ammiro e stimo le persone resilienti che nonostante tutto hanno preso in mano la loro vita e non si sono lasciati abbattere, non hanno mollato ma anzi sono andati oltre, hanno visto, sentito e toccato ciò che della vita non può essere colto né con gli occhi né con le mani. Queste persone vivono in un contesto favorevole, circondato da persone che le amano e che con il loro affetto gli hanno dato tanta forza. Un esempio è quello di Simona Atzori, pittrice e ballerina senza braccia circondata da una famiglia che l’ appoggia in tutto, un altro esempio è il professore Palladino, persona non vedente, il quale mi ha emozionato veramente tanto, una grande persona, senza un minimo di risentimento verso la vita ma con tanto amore verso quest’ ultima e la sua famiglia. Il contesto favorevole è fondamentale per eliminare l’ handicap che nasce proprio dalle situazioni sfavorevoli e per permettere a queste persone di vivere in equilibrio con se stessi e con il mondo circostante. Centrale nell’ ICF è anche lo stato di salute,inteso dall’ OMS come equilibrio tra il fattore fisico,psicologico e spirituale. Ciò significa che la salute riguarda l’ intera persona e non solo alcune parti di essa; è legata a tutti i livelli umani e non può essere separata dal contesto in cui la persona vive. Inoltre è importante che queste persone vengano considerate come tali e non come disabili o portatori di handicap. Le parole che usiamo e il senso che diamo loro costituiscono spesso etichette che diamo alle persone,le quali finiscono poi per rispecchiarsi in esse. Ad esempio spesso il disabile è considerato diverso ed è doveroso quindi soffermarsi su questi due termini usati in modo scorretto. Per persona disabile si intende una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana; una persona affetta da disfunzioni motorie e/o cognitive dove le opinioni degli altri sono molto rilevanti; una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal loro diverso funzionamento. Il termine disabile però viene generalmente usato per indicare che non è abile in qualcosa, senza considerare che anch’ egli possiede delle abilità. Il termine più adatto è diversamente abile (o diversabile ), che mette in risalto oltre alla dis-abilità anche le abilità diverse dagli altri che bisogna far emergere e potenziare. Come abbiamo detto il disabile spesso viene visto erroneamente come diverso. Ma chi è il diverso? Quando pensiamo al diverso, immaginiamo un soggetto non omologato, non simile alla maggior parte delle persone che vivono intorno a lui e che quindi si differenzia dalla “ normalità”. Il diverso può essere lo straniero, l handicappato,il genio; spesso è solo una persona che involontariamente viene etichettata dalla società. Il diverso, spesso è l’ altro,è qualcuno che non è simile a noi ma dimentichiamo che anche noi stessi siamo diversi da com’ eravamo qualche anno fa. Un’ esperienza legata al termine della diversità e di conseguenza a quello dell’ emarginazione è stata quella della simulazione di una città, dalla quale erano emarginate le persone con gli occhiali. Io ero una cittadina e pensavo ai miei privilegi senza prestare tanta attenzione agli “ emarginati”. Loro facevano di tutto per farsi sentire ma la loro posizione era fuori dal nostro campo visivo, stavano ai margini. Solo dopo ho riflettuto e mi sono resa conto che quella era solo una simulazione che durava pochi minuti ma che realmente ci sono persone che vivono in quella situazione e non per pochi minuti. Ciò ha portato a chiedermi il perché queste persone devono essere escluse dalla società solo perché hanno il colore della pelle differente o perché parlano una lingua diversa dalla nostra. Non potremmo approfittare delle differenze di ciascuno di noi per arricchirci, per conoscere parole, tradizioni, culture ed esperienze di vita di chi ha vissuto storie diverse dalle nostre?!
    2)Nel suo testo " Complessità della persona e disabilità" l' autrice Anna Maria Murdaca mira alla rimodulazione del termine integrazione, alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilitàe alla ridefinizione di un progetto di vita con disabilità. L' autrice ritiene che è necessario abbandonare la logica dell' inserimento per dirigersi verso l' inclusione,infatti ritiene che bisogna valorizzare la persona umana rispettando le sue particolarità e la sua identità. Far integrare è un processo continuo, una ricerca costante di soluzioni che preservino i diritti acquisiti dalle persone diversamente abili, tenendo conto del loro essere persone con capacità e non caratterizzate solo da ciò che non sanno o non possono fare, anche perchè queste incapacità sono dovute al nostro disinteresse. Siamo noi che non pensando alle loro esigenze e ai loro bisogni gli creiamo degli handicap, delle barriere architettoniche che non gli consentono di vivere una vita normale e autonoma. L' ambiente infatti può avere un effetto risolutore poiché la ricerca con i suoi continui progressi può produrre soluzioni tecnologiche che migliorando l' ambiente di queste persone ne diminuiscono la disabilità. Basta pensare alla casa domotica che, dotata di apparecchiature super tecnologiche consentono di vivere autonomamente anche ad una persona completamente paralitica e che usa queste apparecchiature attraverso un cursore mosso dal mento. Affinché una persona con disabilità possa sentirsi inserito in un gruppo e alla pari degli altri non occorre l' accudimento bensì la sua emancipazione che le restituirà la sua dignità di persona dotata di abilità. Per il raggiungimento di ciò è necessario guardare alla globalità della persona ( la sua storia, le sue particolarità, il suo contesto ). L' autrice ritiene in effetti che sia utile una nuova cultura della disabilità, attenta a cogliere sia le disfunzioni comportamentali cognitive sia la qualità di vita dei soggetti, per poi analizzarla e costruire un' identità personale in luoghi rassicuranti e capaci di potenziare le capacità e le abilità di ciascun soggetto,ricorrendo ai mezzi più adeguati affinché le differenze diventino risorse. Tali differenze ovviamente non dovranno rendere la relazione educativa asimmetrica, sia essa tra genitore/figlio o insegnante/alunno. Ogni relazione infatti deve essere simmetrica dove entrambi gli interlocutori danno e ricevono, ottenendo una scambio sia grazie ad esperienze positive che tramite quelle negative. Ogni relazione è sempre educativa. Essa richiede rispetto reciproco e parità tra gli interlocutori,il loro confronto deve avvenire in un clima sereno dove l' educatore deve mettere a proprio agio il soggetto in difficoltà, il quale a sua volta tenderà a fidarsi e a stabilire un legame che dovrà essere alimentato costantemente, sempre controllando le proprie emozioni. In situazioni con soggetti difficili è doveroso capire quali sono i fattori che spingono il soggetto ad avere atteggiamenti non accettati dalla società. Il compito dell' educatore è quello di rieducare e condurre il a cambiamenti positivi essendogli di esempio e dialogando con lui. L' educatore dovrà prendere in considerazione i singoli casi, tenendo conto delle singole storie e caratteristiche, adoperando programmi specifici per ciascun soggetto affinchè emergano le doti del soggetto in questione e si lavori sul loro potenziamento. In aula durante una sperimentazione relativa alla relazione educativa ho potuto notare di come sia effettivamente necessario porsi in un determinato modo già dall' inizio, rendere partecipi tutti i soggetti in questione e creare un clima informale in quanto anche in questo caso il contesto e l' ambiente circostante hanno il loro posto in prima fila.
    3) La bellezza è da sempre un argomento che fa molto discutore, soprattutto tra le donne. In ogni epoca, in ogni cultura ognuno ha il proprio ideale di bellezza. La maggioranza si ispira a modelle altissime, magre (spesso anche troppo) vedendo in loro la reincarnazione della bellezza per eccellenza. Secondo me il bello assoluto non può esistere, non raggiungeremo mai l' unanimità nel ritenere che un qualcosa sia bello in modo indiscutibile. Remaury nel suo testo " Il gentil sesso debole " dice che siamo proiettati verso la perfezione, che consisterebbe nella triade: giovinezza-bellezza-salute. Il corpo deve essere quindi trasfigurato,esatto e liberato, reso tale grazie ai progressi della scienza che lo rendono sano liberandolo dalle malattie, magro perchè gli tolgono peso e giovane grazie agli interventi chirurgici che eliminano l' effetto del tempo. Per ottenere risultati ottimali si ricorre appunto ad interventi estetici tra cui anche l' utilizzo di protesi al seno. Insomma non è importante chi si è ma come si appare, la supremazia dell' apparenza sulla sostanza. Sempre più persone ricorrono a queste innovazioni che con un operazione ti rendono come vorresti essere ma per quanto mi riguarda non condivido l' opinione di chi ricorre a protesi e ad interventi per essere sempre giovani. Ovviamente non voglio giudicare chi lo fa, perchè ognuno è libero di fare ciò che vuole soprattutto se non danneggia nessuno, ritengo solo che se i segni del tempo iniziano a vedersi non bisogna nasconderli perchè sono i segni di una vita vissuta e poi ci si può sentire giovane e stare bene con se stessi anche vivendo la propria età, apprezzando il proprio corpo. Tutti abbiamo qualcosa che non ci piace ma anche quel piccolo difetto che crediamo di avere, agli occhi degli altri può apparire come una bellissima particolarità. Ognuno però ha una propria opinione della bellezza e propone un proprio ideale come fa anche Lipovetsky nel suo libro "La terza donna" la quale ha raggiunto l' apparente grazia, dovuta alla conquista dell' apparente giovinezza eterna. Rosi Braidotti invece nel suo testo " Madri, mostri e macchine " propone lo spunto per una riflessione su come la donna in maternità è capace di deformare il proprio corpo diventando una cosa orribile agli occhi degli uomini, nonostante da lei nascerà la cosa più bella del mondo. Io non so proprio come si possa pensare una cosa del genere, come possa una donna in attesa diventare paragonabile ad un mostro, dove per mostro si intende persone nate con malformazioni congenite dell' organismo corporeo, persone nate malformate. Personalmente mi dissocio da tutto ciò e da chi vuole dare una definizione totalizzante di bellezza. Essa è estremamente soggettiva e mutabile nel corso del tempo infatti ognuno ha una propria esperienza di bellezza che può cambiare con gli anni. In aula abbiamo visto dei quadri di alcuni artisti tra cui Otto Dix che rappresenta il bello con la malattia. Il suo quadro rappresenta Anita Berber, ballerina tossicodipendente che viene contrapposta all' idea del corpo sano. Ancora un altro esempio è quello di Ribera con il quadro " La donna barbuta ". Come abbiamo visto i prototipi di bellezza sono svariati e credo che, in realtà la bellezza non è presente nell' oggetto o persona che osserviamo ma negli occhi di chi guarda, infatti siamo noi che intravediamo il bello nelle cose!
    maria84
    maria84


    Messaggi : 24
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 40
    Località : NAPOLI

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty prova intercorso

    Messaggio  maria84 Gio Mag 03, 2012 7:14 pm

    esercizio 1:
    Nel 1970 l'Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS)elabora una classificazione internazionale delle malattie(ICD),dove per ogni sindrome e disturbo ,si descrivono le principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche traducendo le diagnosi con appositi codici numerici.
    Nel 1980 l'OMS estende la classificazione internazionale considerando la menomazione,la disabilità e l'handicap attraverso l'ICDH.In particolare si pone rilievo al concetto di disabilità intesa come qualsiasi restrizione o carenza della capacità di svolgimento di un attività.Si individuano così l'incapacità di svolgere determinate funzioni con la conseguenza che il disabile è visto come un "DIVERSO"in quanto è limitato nello svolgimento delle funzioni, che da parte di una persona normale sono quotidiane.
    L'approfondimento della condizione di disabilità è sancito dal manuale di Classificazione Internazionale del funzionamento della disabilità e della salute (ICF) del 2001 dove la disabilità è considerata una condizione di salute che deriva da un contesto sfavorevole.Infatti tutti noi sentiamo parlare di barriere architettoniche che rendono difficile la vita.
    Si può immaginare già le difficoltà che incontriamo ogni giorno allorchè si pongono degli ostacoli aale attività quotidiane;si può immaginare per esempio la mancanza di una pedana per salire sul marciapiede,la presenza di una gettoniera troppo alta,di un ascensore stretta,ecc....Si tratta di un insieme di problemi che rendono ardua la vita.Non bisogna ragionare in modo egoistico,perchè tutti noi attraversiamo numerose difficoltà perchè le barriere architettoniche sono presenti ogni giorno in ogni momento della nostra vita.
    Un esempio è sperimentare su di noi stessi la condizione di diversità che ci viene addossata a seguito della limitazione in alcune capacità.Si può immaginare di vivere con gli occhiali da vista ed essere discriminati da coloro che non hanno gli occhiali.Queste condizioni ci portano alla riflessione sul rapporto tra disabilità e diversità.
    La disabilità nasce dall'impossibilità di svolgimento delle normali attività della vita quotidiana.La conseguenza è che il disabile viene contraddistinto dagli altri e non a caso spesso si tende a vederlo diverso con un atteggiamento ed uno sguardo di pietismo.In realtà è bene precisare che la diversità è in ognuno di noi,la disabilità no.Ne deriva che tutti noi siamo diversi,ma non tutti siamo disabili.

    Esercizio 2:
    Il testo di Anna Maria Murdaca dal titolo"COMPLESSITà DELLA PERSONA E DISABILITà" evidenzia temi importanti relativi all'integrazione,alla complessità e umanità della persona,all'inclusione del disabile e alla costruzione di una relazione educativa.Per Murdaca occorre adottare una nuova cultura e conoscenza della disabilità che non punta solamente ad analizzare il funzionamento dell'assistenza del soggetto disabile,ma anche a considerare l'evoluzione della persona a livello biologico,affettivo,relazionale ecc.....In ciò l'handicap viene visto come la condizione di svantaggio a seguito di una menomazione o una disabilità che limita o impedisce ad un soggetto l'adempimento del ruolo noramale.Ne deriva che l'Handicap si manifesta laddove vengono compromesse le capacità di sostenere le funzioni di sopravivenza e in tutto ciò è importante valutare le influenze dell'ambiente sulla vita delle persone.
    La famiglia è importante perchè deve quanto prima liberarsi dalla percezione di impossibilità di miglioramento psico-fisico della persona.Si può a tal riguardo mensionare l'esempio del Prof.Palladino,non vedente,per il quale la famiglia ha rappresentato un punto di riferimento importante,ma al tempo stesso si è osservato come a sua volta egli è diventato importante non solo per le persone dell'ambiente familiare,ma anche a livello professionale,grazie alla sua attività di insegnamento del linguaggio Braille.Il suo esempio aiuta a ricostruire una nuova cultura della disabilità basata sulla valorizzazione della persona.
    In tale cultura lo spazio assume una certa importanza come luogo riparativo .Ne deriva un nuovo modo di parlare di integrazione considerando sia l'accogliena verso diverse identità sotto l'aspetto umanistico,sia come condivisione dei valori etici che considerano il rapporto dignità-autonomia e le potenzialità della persona.
    Si tratta di dar vita ad un nuovo tipo di cultura nella quale è importante il ruolo assunto dall'educatore che nella relazione educativa rivaluta e valorizza le capacità della persona discriminata.La nuova cultura della disabilità mira a cogliere le disfunzioni di comportamenti e conoscenze,sia di elevare la qualità della vita delle persone attraverso un processo di empawerment.

    Esercizio3:
    Remaury evidenzia come le società dei mass-media ha diffuso una nuova cultura di femminilità nella quale la donna coltiva la propria bellezza ricorrendo a protesi che possono migliorare l'aspetto fisico ed estetico.L'immagine della donna è sottolineata da Lipotesky che sottolinea come la donna controlla e gestisce appunto la propria immagine sceglieendo tra i vari modelli proposti.
    La Braidotti abbina la tecnologia al corpo femminile tanto è vero che si parla di corpo-macchina.
    La conclusione di tre autori evidenziano che ci troviamo nella società in cui le protesti contribuiscono da una parte a rendere più agevole la vita,dall'altra c'è sempre il rischio che l'influenza predominante della tecnologia possa provocare una vera e propria assefuazione.
    Antonella Camposano
    Antonella Camposano


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 36
    Località : Acerra

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Antonella Camposano Ven Mag 04, 2012 8:33 am

    1. Durante questo corso,mi è stata trasmessa una cosa fondamentale: Riflettere sui termini utilizzati in campo della disabilità. Ma,prima di dare una definizione alle parole disabile e diverso espongo il passaggio fondamentale, tra Icd e Icf.
    Parliamo di Oms, ossia l’Oganizzazione Mondiale della Sanità(OMS) è la classificazione Internazionale delle Malattie o ICD del 1970. Tale classificazione pone la sua attenzione sulle cause delle patologie, fornendo una descrizione delle caratteristiche cliniche, di ogni sindrome o disturbo.
    Ma, con il passar degli anni questo sistema, fu sostituito ad un'altra parola ICDIH, per cercare di ovviare a questo problema di definizione,L’ Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) ha,nel 1980 messo a punto una nuova classificazione internazionale(l’International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps); brevemente ICIDH.
    Sappiamo che nel campo della disabilità si parla di menomazione,abilità e partecipazione i tre termini che furono sostituiti dalle parole:
    .menomazione;
    .disabilità;
    .svantaggio o handicap.
    Ma è giusto chiedersi anche: che cos’è la menomazione? La menomazione è qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Le caratteristiche della menomazione sono o meglio possono essere: perdite materiali, anormalità che possono essere transitorie o permanenti e comprende l’esistenza o l’evenienza di anomalie, di difetti e di perdite di arti, tessuti o altre strutture del corpo.
    Menomazione: danno organico o funzionale relativo ad un settore specifico.
    A questo punto si puo’ parlare di ICF, la seguente sigla sta per: Classificazione Internazionale Del Funzionamento, della Disabilità e della Salute.
    Secondo l’ICF, la Disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.
    L’ICF descrive le modifiche dello stato di salute di una persona, quindi la disabilità viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di espletare non solo una condizione soggettiva e come caratteristica della propria persona. L’ICF è stato descritto dall’OMS come un linguaggio standard che serve come modello di riferimento per la descrizione della salute.
    Ma è importante sapere anche che l’ICF non si occupa solo delle classificazioni della salute, malattie o traumi , ma delle conseguenze associate alle condizioni di salute.
    L’ICF, rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale, delle assicurazioni, dell’istruzione, dell’economia e del lavoro. Se questo sistema viene adottato, allora si accetterà il diritto di disabilità e ad essere quindi parte naturale della società.
    Importante è anche sapere e conoscere dove puo essere utilizzato l’ICF:
    IN AMBITO:
    .Sanitario;
    .Sociale;
    .Educativo;
    .Ricerca;
    .Statistico;
    .Politica sociale e sanitaria.
    In questo ambito è utile fare una riflessione sui termini: Disabile e Diverso.
    Disabile:
    .il disabile è una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana; è affetto da disfunzioni motorie o cognitive e quindi certamente è una persona che ha disagi sociali…è però importante sapere e io su questo ci tengo particolarmente ed ovunque mi trovo a parlare di quest’argomento cerco di far capire alle persone che: IL DISABILE è ANCHE Ciò CHE PENSANO GLI ALTRI DI LUI, per me è fondamentale ciò che pensano gli altri di un disabile; abbiamo detto che è una persona che non può svolgere tutte le attività che svolge un normodotato, ed è proprio per questo che deve essere trattato e pensato come una persona normale, cercando almeno, provandoci per chi proprio non ci riesce a trattarlo da persona e da cittadino che ha gli stessi diritti di tutti!!!
    Una persona disabile ha già i suoi disagi, non si riesce a pensare che trattandolo come una Non persona può scaturire in lui delle frustrazioni psicologiche?Il disabile è una Persona,è un cittadino e gode di tutti i diritti, proprio come noi!!!
    Un’altra cosa che tengo a precisare e che spesso ripeto alle persone che magari non la pensano nel mio stesso modo è: Non assumere un atteggiamento pietoso nei suoi confronti, in questo modo lo si farebbe sentire davvero un Disabile, e non è quello che vogliamo (non solo noi educatori), ma l’intera società dovrebbe sentire questi bisogni.
    Etichettare i disabili non è la cosa da fare, si finirebbe per togliergli l’identità, ci si ricorderebbe di “Giuseppe” come un sordo o muto o cieco etcc…è solo una persona che in confronto alle persone normodotate hanno difetti fisici o psichici.
    Devo dire che mi ha colpita anche molto la frase: TUTTI SONO DIVERSI; NON TUTTI SONO DISABILI.
    Però perchè quando parliamo di disabile si pensa solo ad un individuo che ha delle carenze,delle mancanze? Non si pensa che un disabile possiede anche delle abilità? No,secondo me…nella nostra società almeno la maggior parte delle persone la pensano in questo modo Sbagliatissimo. Spesso la disabilità viene confusa con la Diversità e noi siamo qui per chiarirla; finora ho cercato di riassumere con teoria,laboratorio e il mio pensiero cos’è la disabilità, ora soffermiamoci anche sulla diversità e cerchiamo di osservare e riflettere sulla differenza.
    Ho appena accennato che sarebbe opportuno pensare di una persona disabile non come persona che ha carenze e mancanze,quindi non solo come persona che ha delle dis-abilità, ma come persona che ha delle abilità, magari diverse dagli altri, ma da scoprire e potenziare; proprio per questo motivo ci vien definito un termine più appropriato per queste persone, i: DIVERSABILI O DIVERSAMENTE ABILI.
    L’idea di diversamente abile, nasce dall’esigenza di non trascurare il valore della persona nella sua intera umanità.
    Ma mi pongo un’altra domanda a cui penso di avere una risposta, ma in modo parziale.
    Partendo dal presupposto che tutto ciò che a noi sembra diverso da quella che noi chiamiamo Normalità,sembra una cosa fuori dal comune, sembra una cosa al di fuori della normalità,
    ma sappiamo davvero cos’è o meglio ancora:qual è per noi la normalità?
    Sembra semplice vero? Non lo è rispondere invece. Provando solo a riflettere sul tema della bellezza!
    Secondo un sondaggio fatto in aula in una delle nostre lezioni, è uscito fuori che i modelli di bellezza sono coloro che ci appaiono in tv:dalla Bellucci a Bred Pitt e tanti altri. Ma siamo sicuro che a noi piace davvero quel modello di bellezza, siamo sicuri che tutto ciò che siamo fa parte della normalità, oppure la nostra sicurezza la nostra deifinizione di normalità deriva solo dall’assalimento di mass.media e dalla moda?
    Devo essere sincera, io ho riflettuto tantissimo su quest’argomento, ma devo anche dire che una risposta concreta non sono in grado di esprimerla, posso solo dire che la normalità di ogni singolo essere umano non è altro che Soggettiva.

    2. Parto da questa frase che personalmente mi fa riflettere tantissimo sulla tematica della persona con disabilità”NON SI DEVE DEFINIRE NESSUNO PER SOTTRAZIONE”; quest’ultima fu scritta da Anna Maria Murdaca.
    M. Murdaca è una grandissima docente ed esperta di persone con disabilità. L’autrice riflette e merita molta attenzione sui temi che riguardano:
    .l’integrazione,
    .nuova cultura della disabilità;
    .ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità.
    L’integrazione è fondamentale per la vita di una persona disabile. Sappiamo che l’handicap è la condizione di svantaggio conseguente a una disabilità che limita il soggetto a compiere le azioni giornaliere definite normali. Sappiamo anche che la persona con handicap quindi soffre di svantaggi che sono dovuti proprio alla mancanza di capacità che servono e sono utili a tutti gli esseri umani per la sopravvivenza. Ma ritornando a noi; parlando di integrazione sappiamo che parliamo di un inserimento dell’individuo disabile all’interno della società. Un inserimento, un’integrazione alla quale tutti noi ne facciamo parte, ed è giusto che anche loro ne facciano parte. Quindi proprio come ci afferma M. Murdaca: è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, quindi sono gli ostacoli, le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione. Quindi parlando di contesto sociale, possiamo parlare di “ambiente” inteso in senso ampio, ambiente che va dal contesto familiare,alla scuola, alle politiche sociali, alle assistenze socio-sanitarie, insomma tutto ciò che riguarda la società.
    Bèh posso affermare a parer mio che la persona che ha delle disabilità che siano fisiche, psichiche è sicuramente una persona condizionata è una persona che sa di essere giudicata con dei pregiudizi e questo è triste perché spesso ci si riesce a ricordare di Mena, solo perché magari avrà un disagio fisico. Secondo me, riuscire ad integrare e far sentire integrate le persone disabili e con handicap è la cosa più giusta da fare, solo in questo modo e con questo aiuto che le persone disabili possono migliorare il loro stato fisico o psichico.
    La Murdaca ci dice che c’è bisogno di una nuova cultura e conoscenza della disabilità, che sia attenta non solo a analizzare i temi del funzionamento, del comportamento, ma anche e soprattutto sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta nella sua dimensione olistica, che può essere disorganizzata da errate interazioni tra sistema biologico, psico-intellettivo,affettivo, relazionale, sociale.
    Quindi: qual è l’obbiettivo? LA VALORIZZAZIONE DELLA PERSONA UMANA, con il massimo rispetto, delle differenze, delle identità.
    L’integrazione è un processo continuo, è sbagliatissimo pensare che l’integrazione sia un punto di arrivo, ma è giusto pensare che l’Integrazione è un processo che richiede una continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee per preservare i diritti dei disabili.
    Tengo molto a ripetere che non bisogna definire nessuno per sottrazione, stiamo parlando di persone, non so se riuscite a capirmi, non stiamo parlando di oggetti. Oggi giorno purtroppo mi accorgo che la nuova generazione riflette sempre di meno, soprattutto in questi ambiti, soprattutto su queste tematiche. Pensare, riflettere, ragionare, spesso anche in solitudine FA BENE!!!
    La persona con disabilità, è prima di tutto una persona; e perché gli altri la vedono solo come un individuo a cui manca qualcosa e non una persona che ha altre capacità, altre abilità??? Sono una persona che ci tiene in modo particolare ai bambini, e agli anziani…(ovviamente non c’ è bisogno di sottolinearlo sia di normodotati che disabili, perché per me non c’ è nessuna differenza); quindi con me non ci si potrebbe fare assolutamente un discorso egoista, e nel totale rispetto per queste persone, riuscirei a mettermi contro tutti quelli che pensano dei bambini disabili come persone non normali, come se fossero estranei dal mondo, dalla società. Per una cosa del genere, manco solo il pensiero ci dovrebbe essere!!! Penso un’altra cosa: Per queste persone c’è bisogno solo di tanta dolcezza, tanto amore e integrazione, io non vorrei essere inopportuna a scrivere questo, ma penso di averne tanto di amore e dolcezza da donare a chi ne ha bisogno(non avrei scelto questa facoltà altrimenti).
    Importante punto da sottolineare è anche sapere che il disabile come penso di aver ripetuto nella prima pagina, è un cittadino a pieno titolo, e, pensare ad una società con vari spazi di formazione per soggetti con disabilità è davvero un progetto bellissimo. Per sviluppare questo progetto però è opportuno che ci siano tante responsabilità e lavoro, bisogna dare attenzione alla persona con disabilità, alla socializzazione e globalizzazione coma anche all’integrazione.
    Costruire un qualcosa con il proprio sudore, il proprio impegno e aver dei risultati positivi, secondo me se fatto con passione e amore è una soddisfazione personale indescrivibile. “Spero che un giorno potrò riuscirci”.
    Nel caso dell’educazione per persone disabili c’è bisogno di impegno di relazione; vi è la relazione madre/figlio; docente/discente; educatore/educando, le relazioni affettive, insomma in ogni tipo di rapporto o di relazione vi è un approccio educativo fondamentale e quest’ultimo per me, avviene fin dall’età dell’infanzia dapprima in famiglia,l’ente fondamentale educativo, poi a scuola e in tutti gli altri contesti sociali.
    La cosa importante da sapere e a cui tengo a sottolineare, è il rapporto docente/discente, non che gli altri siano di minore importanza,ma qui la relazione è importante in quanto docente- discente, insegnano e apprendono a vicenda, quindi i rapporti possono estendersi: tutti possono insegnare e tutti possono imparare. Tutti i rapporti che siano umani o anche disumani sono dei rapporti, e quindi sono formativi.
    Per educare una persona disabile come ho detto prima ci vuole passione, amore, ma bisogna anche conoscere i bisogni della persona e cercare di creare dei progetti che siano mirati e precisi.
    Fondamentale quando si educa una persona disabile, (ma non solo), è :l’ascolto.
    Per un’esperienza pratica che ho avuto(operatrice di casa famiglia)sono riuscita a capire che non è semplice riuscire a costruire un rapporto ed una relazione educativa, nel settore dell’educazione, instaurare e costruire una relazione è un obiettivo di primaria importanza.
    All’inizio, cioè nei primi incontri con gli educandi, l’educatore deve dimostrarsi disponibile alla relazione, sia come accoglienza che come progetto per l’altro verso la formazione e quindi dimostrarsi disponibile con l’altro e accompagnarlo nel suo cammino.
    Ma la cosa che più mi è rimasta da quest’esperienza, è stata una cultura, una cultura avuta e che mi è stata donata dalla praticità di ogni giorno. Purtroppo sono dovuta andare via perché ancora non sono laureata, ma dico anche che il giorno in cui dovetti andar via,i ragazzi quasi piangevano, erano disperati.
    Noi eravamo quasi coetanei, loro mi vedevano come un’amica, mi ascoltavano e io ascoltavo loro, mi seguivano e io seguivo loro, c’era rispetto reciproco, e posso affermare che non sono stati gli unici ad imparare da me…ancora oggi li ringrazio, perché da loro ho imparato tante cose che non andranno più via. Si instaura un rapporto affettivo davvero forte, (almeno così lo è stato per me) ;”ho una certa sensibilità”, beh posso dire solo che educare gli altri arricchisce molto e costruisce e fa crescere la persona giorno dopo giorno con esperienze positive e negative.

    3. Le fonti prime di informazione, riviste, televisione, radio e altri mezzi di comunicazione, sono la causa delle diverse malattie che affliggono sempre più giovani. Malattie legate a problemi di ideali di bellezza negativa, trasmessa in modo sbagliato. Le modelle che spesso vediamo in televisione spesso forniscono dei modelli estetici che la maggior parte della popolazione non riesce a raggiungere.
    Ho notato che le pubblicità trasmettono un corpo magro paragonandolo al bello, quindi all’ideale di bellezza; mentre quello in carne risulta come una lotta contro il grasso che viene paragonato al brutto a ciò che è sbagliato. Però ho notato anche che: se da un lato ci vengono trasmessi gli ideali di bellezza Magro = bello; dall’altro ci è stato trasmesso u bombardamento di pubblicità di merendine, cioccolate, pasti già pronti, insomma tutto cibo che è contro e che fa la cosiddetta lotta contro l’ideale di bellezza, tra l’altro trasmesso da loro stesso.
    Inutile negarlo, siamo tutti condizionati dalla tv da quegli ideali di bellezza che, anche per chi non vorrebbe è condizionato ugualmente; la tv entra nelle nostre case e ci condiziona anche senza volerlo.
    Come riguarda la magrezza l’ideale di bellezza sempre più trasmessi sono anche :seni sempre più voluminosi, labbra sempre più gonfiate. Ma allora quali sono i modelli di perfezione?
    Sentirsi l’ideale, significa per una donna essere alla moda, essere libera in un certo senso, ma è davvero questo quello che vogliamo? I modelli di perfezione che ci vengono imposti sono quelli giusti?
    Non nascondo che anch’io sono condizionata ed influenzata dai canoni di bellezza che ci vengono continuamente trasmessi nelle nostre casa, ma io da futura educatrice ritengo che ognuno è bello a suo modo. Essere magri ad esempio :essere continuamente a dieta per raggiungere un certo peso, ma poi essere nervosi per la mancanza di cibo adatto al proprio organismo e alla propria mente, non mi sembra un ideale di bellezza. Ognuno di noi è diverso dall’altro e ogni persona ha bisogno delle giuste kcal al giorno pur di affrontare la giornata nei migliori dei modi, e non riuscirei a mangiare 2 mele al giorno come fanno le modelle visto che studio ed ho bisogno di zuccheri.
    Per me coloro che dovrebbero correggere il proprio corpo sono coloro che ne hanno davvero bisogno perché magari dalla nascita hanno qualche malformazione fisica. Penso che sia una motivazione più adatta a far sì che queste persone possano sottoporsi a protesi e chirurgie estetiche.
    Ma è davvero ridicolo pensare il corpo di una donna in attesa di un bambino come un corpo mostro, ho conosciuto molte persone che nella loro vita hanno deciso di non avere figli pur di non far trasformare il proprio corpo. A parer mio si tratta solo,scusi il termine, ma di essere”egoisti”… ma come si può pensare che una donna è bella solo se magra, asciutta, tonica e magari si sottopone anche ad interventi chirurgici per capriccio. E allora le persone che ne hanno davvero bisogno Come vengono classificate da queste donne viziate e non contente mai di se stesse e della vita?
    Li classificano dei mostri? Bèh io credo che dei mostri sono loro nella loro interiorità e sensibilità.
    E, con questa frase di (Baudrillard) concludo:
    Analizzando la società dei consumi, l’unico cambiamento è prospettico:
    prima il corpo doveva servire, ora è l’individuo ad essere
    al servizio del proprio corpo!!!
    avatar
    Diana Emma


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Prova intercorso

    Messaggio  Diana Emma Ven Mag 04, 2012 9:33 am

    L’interesse relativo alla classificazione ICF è emerso durante gli studi universitari. Tale classificazione è stata oggetto di studio della tesi di laurea. partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie.
    La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD, 1970) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
    22 maggio 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF.La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche. Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non sente. La disabilità è la condizione personale di chi, in seguito ad una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d'interazione con l'ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale.

    Questo significa che mentre la disabilità viene intesa come lo svantaggio che la persona presenta a livello personale, l'handicap rappresenta lo svantaggio sociale della persona con disabilità. L'ICIDH prevede la sequenza: Menomazione--->Disabilità--->Handicap, che, tuttavia, non è automatica, in quanto l'handicap può essere diretta conseguenza di una menomazione, senza la mediazione dello stato di disabilità.L'espressione "diversamente abile" pone l'enfasi sulla differenza qualitativa nell'uso delle abilità. Esso viene utilizzato per specificare che attraverso modalità diverse si raggiungono gli stessi obiettivi. Vi sono delle situazioni di disabilità in cui questo uso può essere adeguato. Ad esempio allievi non vedenti o ipovedenti possono raggiungere lo stesso adeguati risultati scolastici e sociali utilizzando le risorse visive residue (potenziate con adeguati strumenti) o abilità compensative (ad esempio quelle verbali). Vi sono altre situazioni, come quelle riguardanti due terzi di tutti gli allievi certificati e cioè quelli con ritardo mentale, in cui l'uso della terminologia diversamente abile può risultare fuorviante. Consideriamo il caso di un tipico allievo con sindrome di Down. Anna Maria Murdaca nel sul libro"Complessità della persona e disabilità"il disabile può sperimentare con gli educatori e gli insegnanti una serie di situazioni e vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nel qui e ora della relazione educativa. Bruno Remaury scrive "Il gentil sesso debole" Giovane, bella e sana: questa è l’immagine ideale della donna che propongono i media e la pubblicità. Su questo canone estetico evidentemente irraggiungibile le donne dovrebbero costruire la propria (?) identità, affrontando spese e sofferenze fisiche alimentate da un fiorente mercato. L’intento di questo libro è quello di “smontare” il dispositivo che ingiunge alla donna di perfezionare incessantemente la propria bellezza e la propria salute. Lipovetsky nel suo libro la Felicità paradossale sulla società dell'iperconsumo afferma che il "benessere" è ormai passione di massa, scopo supremo delle nostre società aperte e democratiche, ideale prepotente e pervasivo. E nato un nuovo tipo antropologico, Homo consumericus, il "turbo-consumatore" mobile, flessibile, sfrenato: altro che il vecchio "Prometeo scatenato" che voleva trasformare il mondo con la tecnica! Adesso il progresso tecnologico deve essere al servizio dell'"iperconsumatore", e quest'ultimo non è affatto una pedina delle multinazionali o delle grandi marche, ma si rivela un giudice sofisticato delle merci gettate sul mercato, un filtro ineliminabile del gioco della domanda e dell'offerta. Eppure, mentre questo inedito "soggetto" realizza il suo trionfo, paradossalmente quella felicità che sembra così a portata di mano si rivela un "piacere ferito". Mai come oggi il senso della potenza si accompagna alla consapevolezza di una irrimediabile solitudine. Braidotti nel suo libro "Madri nostri e macchine" sostiene che Con il dibattito e le forzature legislative sulla fecondazione assistita torna al centro della discussione pubblica la questione dell'origine e della riproduzione, i limiti e la forma del modello di corporeità assunto a norma e imposto dalla cultura dominante. Questo libro ci riconduce alla storia delle ideologie, dei tabù e delle metamorfosi che a tali contraddizioni fanno da sfondo.
    Roberta Ingargiola
    Roberta Ingargiola


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty PROVA INTERCORSO

    Messaggio  Roberta Ingargiola Ven Mag 04, 2012 10:30 am

    ICD-ICF

    L’Oms o ICD è la prima classificazione Internazionale delle malattie del 1970,essa fornisce per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ,queste diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione , la ricerca e l’ analisi dei dati, creando una sorta di enciclopedia medica. Successivamente nel 1980 la nuova proposta dell’Oms si basò su tre fattori interdipendenti:La menomazione,l’abilità e la partecipazione del soggetto e alle sue possibilità di un coinvolgimento sociale. Nel 2001 si propone una nuova definizione del concetto di disabilità con una nuova sigla ICF che sta per “Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute” proponendo termini diversi a quelli precedentemente elaborati come : funzioni,strutture corporee e attività di partecipazione,con l’intento di indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. L’ICF non classifica solo condizioni di salute bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute fornendo diagnosi e descrizioni sul processo della malattia,esso è stato introdotto perché le informazioni che venivano date dalla diagnosi medica,non erano giudicate sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona rappresentando cosi uno strumento molto importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale,delle assicurazioni dell’istruzione, dell’economia e del lavoro. Il problema della salute e della disabilità, due aspetti dello stesso fenomeno, sta nel riconoscere la nostra condizione umana che per alcuni comporta disabilità nel presente, ma che per tutti può comportarla nel futuro. L’enfatizzare ciò che noi abbiamo in comune, come esseri umani, rende più facile il rispetto e l’adattamento alle cose che ci rendono diversi. In molte lezioni si è affrontato il discorso sulla diversità e disabilità su come queste persone diversamente abili siano viste come mostri incapaci di superare i propri limiti quando in realtà i veri anormali sono proprio coloro che non riescono a vedere al di là del loro naso ,molti di questi mostri in realtà non sono altro che persone afflitte da deficit,uomini comuni che la società e il contesto in cui vivono trasformano in malati,disabili,diversi;ogni persona è un essere umano a prescindere se ha delle anomalie o soffre di qualche disturbo, in realtà solo chi si trova in quello "stato" può comprendere quali e quanti ostacoli si incontrano e come sia "leggero" superare il tutto con un semplice sorriso;da queste persone si potrebbe solo imparare che nessun muro non può essere abbattuto,che sono esseri speciali proprio come noi e che a questo mondo ognuno è unico ed originale. Cito di seguito alcuni spunti teorici:
    . … È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione...Costituzione della Repubblica Italiana, Art.3
    Accettare la sfida che la diversità pone [...] nel Paese, affinché le situazioni di svantaggio sociale, economiche, culturali non impediscano il raggiungimento degli essenziali obiettivi di qualità che è doveroso garantire. (Dario Ianes)

    ANNA MARIA MURDACA
    L’autrice Murdaca con il suo testo : “Complessità della persona e disabilità” mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,alla rimodulazione del termine integrazione,alla comprensione delle reali condizioni di vita, quale ruolo effettivamente possono assumere i soggetti disabili,quali servizi vengono erogati per le loro esigenze,come il disabile diventa cittadino a pieno titolo. Una nuova cultura e conoscenza della disabilità,attenta non solo ad analizzare i temi del funzionamento,del comportamento e dell’assistenza del soggetto disabile,ma anche centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione. L’ICF sottolinea l’importanza non solo dell’ambiente che influenza la vita degli individui e il loro stato di salute ma anche il contesto sociale,gli ostacoli e le barriere fisiche che favoriscono un processo di emarginazione. Secondo l’autrice l’obiettivo è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità, l’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo,non si fa riferimento ad un’astratta normalità bensì al valorizzare al meglio le dotazione individuali. Grazie alla professoressa e ai setting avuti in aula abbiamo potuto vedere come la relazione educativa sia importante,soprattutto nel primo approccio; Credo sia necessario chiarire la differenza tra relazione in generale e relazione educativa poiché il termine relazione è quello che meglio qualifica la comunicazione tra educando ed educatore. La relazione, in generale, può essere definita molto semplicemente come il legame che unisce due o più persone. I motivi per i quali le persone si relazionano tra loro sono molteplici e, probabilmente, il principale è insito nella natura stessa dell’individuo, in quella tensione biologica alla consociazione che accompagna ciascuno di noi nella lunga storia evolutiva dell’uomo. Una relazione è strutturata su più piani e comprende variabili comportamentali dipendenti dalla natura di ogni individuo, e variabili affettive, dipendenti dal tipo di rapporto, più o meno intenso, che lega le persone coinvolte in esso. Una delle caratteristiche principali della relazione educativa – formativa o orientativa - è l’intenzionalità che fa dell’atto educativo, di questa relazione nel qui ed ora, un evento mirato ad obiettivi precisi e non improvvisato. L’intenzionalità fa agire l’educatore con la consapevolezza e la certezza di sapere sempre i motivi per i quali si fa o non si fa una cosa. L’intenzionalità, infatti, si esprime formalmente nel progetto educativo, la grande trama che giustifica le nostre e le altrui azioni. La scelta del termine relazione, per definire la forma di comunicazione educativa più efficace, deriva dal riconoscimento delle sue peculiarità insite nella etimologia stessa del termine.

    REMAURY-LIPOVETSKY-BRAIDOTTI
    La cultura dell’immagine nelle donne si confonde con quella della bellezza, essa è associata all’idea che la donna debba coltivarla,il suo miglioramento fisico ed estetico è l’adempimento dei suoi bisogni. Remaury afferma che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione e ci interessano solo 3 obiettivi: giovinezza,bellezza,salute. Nel libro di Lipovetsky :“La terza donna” ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza basandosi sulla grazia,la sua maturità positiva esprime un’immagine di colei che controlla e gestisce. Braidotti invece si oppone alla “inflazione discorsiva intorno alla materia corporea”;nel suo libro: “ Madri ,mostri e macchine “ crea un legame tra la donna e la tecnologia giocando con l’idea di un corpo-macchina che non dà alle donne la certezza di uscire vincitrici da questa sfida di un immaginario dove la bellezza del corpo diventa mostruoso soprattutto se si pensa all’utilizzo di protesi estetiche. La chirurgia estetica e plastica, avendo per definizione lo scopo di ricreare l'armonia delle forme e delle proporzioni secondo canoni estetici universalmente riconosciuti, è in grado di migliorare sensibilmente l'aspetto fisico e più in generale lo stato di benessere della persona. Questo spiega il successo di questa specializzazione ed il frequente ricorso ad interventi di chirurgia plastica, di chirurgia estetica e di medicina estetica. Personalmente non sono d'accordo all'utilizzo delle protesi solo come miglioramento estetico,al giorno d'oggi sono soprattutto i mass media che ci inducono a canoni di bellezze e perfezione che invece di far felici noi stessi,ci rendono solo dei fenomeni da baraccone che mettono in mostra la "merce" senza valorizzare le altre qualità. Se da un lato possono agevolarci dall'altro ci minimizzano rendendoci tutti uguali e costretti a continui controlli e sperpero di danaro soltanto per piacere agli altri ed andare al passo con i tempi.
    avatar
    Russo Livia Maria


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Russo Livia Maria Ven Mag 04, 2012 11:31 am

    Nella prospettiva attuale delle condizioni di disabilità, è fondamentale interrogarsi sui cambiamenti che la classificazione ha introdotto nel linguaggio comune, atto a designare prevalenti compromissioni fisico-psichiche, che investono la persona nel suo contesto di vita. Il crescente bisogno di avere informazioni adeguate sull’identificazione delle diverse disabilità porta spesso a far riferimento ai rapporti o ai documenti legati all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Ma, ancora in questi ultimi tempi, è possibile trovare diverse classificazioni e poche spiegazioni sull’evolversi dei vari studi e strumenti necessari, in un’ottica di valutazione delle disabilità. È opportuno descrivere il passaggio concettuale che si è evoluto dagli anni 80 dello scorso secolo, ai giorni nostri. Infatti, nel maggio 2001, l’OMS ha pubblicato la “Classificazione internazionale del funzionamento, della salute e disabilità”, l’ICF. La Classificazione ICF è, infatti, lo strumento per descrivere e misurare la salute e la disabilità delle popolazioni. L’ICF è il risultato di 7 anni di lavoro svoltosi in 65 Paesi, e che è partito dalla revisione della vecchia classificazione ICIDH, pubblicata nel 1980. La classificazione ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps) ha come punto di partenza la differenziazione tra menomazione, disabilità, handicap.
    Menomazione: Perdita o anormalità che può essere transitoria o permanente e che comprende l’esistenza o l’evenienza di anomalie, difetti o perdite a carico di arti, organi tessuti o altre strutture del corpo.
    Disabilità: Espressione della restrizione, della carenza che la persona manifesta nello svolgimento di un’attività.
    Handicap: Socializzazione di una menomazione o di una disabilità. Condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto, in relazione all’età, al sesso, ai fattori socioculturali.
    L’ICF produce un cambiamento nel modo di concepire la malattia, la salute, la menomazione, la disabilità, l’handicap, non più come antinomie opposte, bensì come dinamiche mutevoli nel contesto del percorso di vita di ogni individuo in relazione all’ambiente esterno e al contesto particolare in cui si trova a vivere. Chiari sono, dunque, i costi sociali che questa prospettiva mette in gioco, ed è in questo contesto che si è mossa la ricerca di questi ultimi anni, che ha portato l’OMS a varare il sistema dell’ICF, più come aiuto nella determinazione del concetto di Salute che non di Malattia. L’ICF è lo standard col quale possiamo misurare salute e disabilità”. A questo punto possiamo dire che coll’ICF il cambiamento è nel pensare le condizioni di salute più che le condizioni di malattia, la disabilità come un evento dinamico e non statico, l’handicap come determinato da barriere esterne e non come condizione del singolo, i fattori di protezione come facilitatori e non come doti genetiche. Il benessere, dunque diviene termine generale che racchiude tutti gli aspetti della vita umana, inclusi gli aspetti fisici, mentali e sociali che costituiscono ciò che potremmo definire una “buona vita”. L’ICF si allontana da questo modello di pensiero: dalla disabilità delle persone ora si passa a focalizzare sulla salute delle persone. Oggi con l’ICF il termine benessere diviene centrale proprio perché considera fondamentale esaltare le risorse personali fisiche, sociali e ambientali delle persone al fine di garantire condizioni di vita ottimali.
    Durante il corso abbiamo avuto la possibilità di analizzare alcune parole tra cui: DIVERSO e DISABILE.
    La diversità è una realtà nella nostra società ormai abbastanza diffusa, non sempre accettata ma molto complessa come fenomeno. Sembra strano che in una società che tende alla globalizzazione e all'intercultura ci siano ancora fenomeni di discriminazione, di giudizio del diverso. C'è da fare, però, una puntualizzazione il diverso non è solo l'handicappato o per meglio dire il disabile, ma anche l'omosessuale, l'uomo con un colore di pelle diverso dl nostro cioè tutti colore che non rispondono ai “canoni ,da noi fissati, della normalità”. Nonostante si parli di integrazione, di abbattimento dei pregiudizi e delle barriere che non permettono a queste persone considerate “diverse” , di inserirsi in modo soddisfacente nella società ancora la strada è lunga.
    Tra le difficoltà più severe che accompagnano l'umano esistere c'è la disabilità. L'incapacità, cioè, di svolgere alcune funzioni in modi che la gente considera normali. Una malattia, ereditaria o congenita, un trauma, una patologia degenerativa, possono causare in una persona tali difficoltà. Molti giovani, per esempio, possono subire, nel corso di incidenti stradali, traumi tali da costringerli sulla sedia a rotelle per il resto della loro vita; molte persone ancora attive possono cadere vittima di malattie neurologiche che ne limitano la mobilità o le facoltà cognitive. Va detto che la nostra società, purtroppo, non favorisce l'integrazione dei disabili. Pregiudizi, limitazioni strutturali, BARRIERE ARCHITETTONICHE impediscono ancora a troppi disabili un'esistenza che sarebbe altrimenti soddisfacente. Si impedisce loro di guadagnarsi da vivere col frutto delle loro competenze. Un’ altra cosa che un disabile vorrebbe poter fare è di divertirsi e di dedicarsi allo sport. . Le Paraolimpiadi, in cui atleti disabili si fronteggiano in svariate discipline, stanno diventando un evento sportivo di grande richiamo a livello agonistico e spettacolare. Significativo, a questo proposito, il caso di OSCAR PISTORIUS, il quale sin da piccolo gli fu imputato una parte della gamba a causa di una grave malattia agli arti inferiori lui è un altro grande esempio di RESILIENZA, insieme a Simona Atzori. Il DISABILE è persona. Come tale ha una sua identità, autenticità, un suo modo di rapportarsi al mondo. La patologia che lo connota lo rende spesso soggetto di assistenzialismo ma chi se ne prende cura deve sempre mirare ad una forma di autonomia che gli restituisca dignità.
    Il rapporto EDUCATORE- EDUCANDO deve necessariamente passare, anche nel caso di persone con deficit di varia natura bisogna stabilire dei patti, rinforzare gli atteggiamenti positivi e biasimare quelli sbagliati sempre nel rispetto delle varie patologie. Bisogna dare fiducia alla persona disabile.

    2)Anna Maria Murdaca docente impegnata in questioni relative la persona con disabilità è anche l’autrice del testo “Complessità della persona e disabilità”. L’autrice si sofferma su alcune tematiche come:
    •La rimodulazione del termine integrazione
    •La ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    •La ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità
    L'obiettivo primario che si pone il presente lavoro è sottolineare la necessità di una nuova cultura e conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione. Da un lato una simile cultura impone necessariamente un'ottica progettuale e flessibile, articolata su livelli teorico-operativi e sulla continua modificabilità del soggetto, da cogliere nella sua prospettiva biografica; dall'altro necessita di un ripensamento dell'integrazione, intesa - sulla falsariga delle teorie psicoanalitiche - come "spazio riparativo" dove il disabile può sperimentare con gli educatori e gli insegnanti una serie di situazioni e vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nel qui e ora della relazione educativa. L'integrazione diviene così costruzione di luoghi di senso nei quali il disabile può trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell'autonomia. Lo scopo finale, dunque, è quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Perché ciò sia possibile è però necessario un lavoro integrato in grado di coniugare l'aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, assicurando iniziative di vera promozione personale e sociale.

    3) Remaury attraverso il testo Il gentil sesso debole afferma che l’immagine ideale della donna che propongono i media e la pubblicità è: Giovane, bella e sana . Su questo canone estetico evidentemente irraggiungibile le donne dovrebbero costruire la propria identità, affrontando spese e sofferenze fisiche alimentate da un fiorente mercato (che va dalla cosmetica alla chirurgia estetica, all’abbigliamento). Invece Lipovetsky afferma nel libro “la terza donna “ che il Ventunesimo secolo: è l'era della terza donna. Racchiude in sé le due precedenti, cioè la prima donna: svalutata, sfruttata, demonizzata e poi la seconda: l'icona, l'ideale di virtù. Infine vi è Braidotti ci parla di un corpo trasformato e lo definisce corpo-macchina dove la donna è in stretto rapporto con la tecnologia e nella maggior parte dei casi diventa mostruoso… come già ho affermato in un forum precedente sulle “ Protesi estetiche” io penso che bisognerebbe ricorrere alla chirurgia plastica solo se i "difetti" siano tali da impedire il corretto funzionamento dei nostri processi vitali, rimodellare le parti del proprio corpo solo per un capriccio estetico è solo sintomatico di un disagio psicologico purtroppo viviamo in una società basata sull'immagine in cui se il proprio aspetto non rientra in certi canoni non ci si accetta e si entra in conflitto con se stessi.
    avatar
    carmela migliaccio


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  carmela migliaccio Ven Mag 04, 2012 11:53 am

    1)L'inizio di questo corso è stato dedicato all'importanza delle parole per dire disabilità. Non si deve infatti fare confusione tra deficit,disabilità ed handicap. Per cercare di ovviare a questo problema di definizione l'organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) ha messo a punto nel 1980 una classificazione internazionale detta brevemente ICIDH. Questa classificazione si basa su tre fattori: la menomazione, la disabilità e lo svantaggio o handicap che verranno sostituiti da: menomazione,abilità e partecipazione. La menomazione è qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica,fisiologica o anatomica, è infatti un danno organico o funzionale relativo ad un settore specifico che comporta una mancanza come non esistenza, o un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo, o una qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione. La Disabilità è l'incapacità conseguente alla menomazione, di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti nel modo e nell'ampiezza considerati "normali" per un individuo. Le restrizioni sono esclusioni nella realizzazione dei compiti rispetto a ciò che sarebbe normalmente atteso, rappresenta l'oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello di persona. L'handicap è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri, il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità, la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all'età o al sesso. Nel linguaggio comune "deficit" ed "handicap" vengono assimilati l'uno all'altro. con evidente confusione tra il difetto organico e la difficoltà a maturare quelle disposizioni o capacità della persona necessarie alla realizzazione progressiva della personalità integrale. Questo comporta due gravi conseguenze: considerare l'handicap come un problema solo di chi ha qualche deficit, e pensare che coloro che sono afflitti da qualche deficit non siano uomini come tutti gli altri. La menomazione può essere: temporanea, accidentale cioè a seguito di un incidente, degeneratica cioè può portare alla disabilità. Successivamente è stata introdotta la Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute(ICF) che non classifica solo condizioni di salute, malattie, disordini o traumi, bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute e pone come centrale la qualità della vita delle persone affette da una patologia permettendo quindi di evidenziare come convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla. Secondo l'ICF infatti la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Dal laboratorio orologio e barriere architettoniche infatti ho potuto riflettere sui tanti ostacoli che i disabili hanno durante le loro giornate perché i luoghi più comuni sono privi delle attrezzature che renderebbero migliore la qualità di vita di queste persone. Riflettendo infatti sulla mia giornata tipo mi sono resa conto di quanti problemi effettivamente queste persone incontrano partendo dalle cose più banali come fare la doccia fino ad arrivare a prendere un mezzo di trasporto. L'ICF infatti è stata introdotta perché le informazioni che venivano date dalla diagnosi medica, anche se importanti,non erano giudicate sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona. Gli ambiti in cui può essere utilizzato l'ICF sono: Sanitario, sociale, educativo, ricerca, statistico e politica sociale e sanitaria. Vi sono inoltre alcune categorie in una lista di controllo detta checklist che forniscono una descrizione riguardo ciò che quella persona è in grado di fare, ciò che ha difficoltà a fare,la presenza o l'assenza di menomazioni riguardanti le funzioni e le strutture corporee e l'influenza positiva o negativa che l'ambiente in cui vive può avere sul funzionamento stesso della persona. La classificazione ICF è organizzata suddividendo le informazioni sulla salute della persona in due parti: Funzionamento e Disabilità, Fattori Contestuali. E' molto importante infatti conoscere e capire il significato delle parole disabile, diverso ed handicap. Il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana, un individuo affetto da disfunzioni motorie e cognitive, una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità. Inizialmente anche io non conoscevo il vero significato di queste parole e facevo confusione e questo l'ho notato soprattutto durante il laboratorio" la mappa degli stereotipi" dove ho avuto difficoltà a descrivere parole come mostro, disabile straniero. Utilizzare la parola disabile ad esempio, secondo l'ultima rivisitazione ha valore dispregiativo,indica che quel soggetto è in difficoltà, è disabile, cioè non abile in qualcosa. Il termine diversabilità invece mette in risalto che si tratta di una persona che ha oltre una disabilità anche delle abilità diverse dagli altri, da scoprire, far emergere e potenziare. Per questo e anche altri motivi si ritiene più corretto parlare di diversamente abili o diversabili. Questo infatti l'ho potuto constatare durante la simulazione in classe dove la prof ci fece bendare gli occhi e ci lesse delle poesie, in quel momento sembrava che il mio udito era più sviluppato e le parole rimbombavano nella mente, anche durante un altro laboratorio il prof. Palladino che è un non vedente testimoniò che il suo udito si era sviluppato molto di più. Alla luce di tali definizioni si evince quindi che il deficit è difficilmente annullabile in quanto situazione soggettiva, non è una malattia dalla quale si può guarire, ma è uno scompenso o una imperfezione stabile,l’handicap, invece in quanto oggettivo e dipendente dalla situazione,può essere aumentato,ridotto o anche annullato. L’handicap quindi può essere definito tale solo in rapporto alla situazione ed al contesto socioculturale che la persona ha attorno a sé.

    2)Anna Maria Murdaca è una docente esperta e autrice competente in questioni relative la persona con disabilità. Secondo l’autrice occorre abbandonare la logica dell’inserimento e dirigersi verso l’inclusione,occorre adottare l’ottica della globalità. L’obiettivo infatti è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. L’integrazione però è un processo continuo non un punto di arrivo,una continua ricerca di soluzioni,di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili. Come già detto l’handicap è la condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali.Secondo Murdaca infatti è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap,sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione. La società, la famiglia, il contesto lavorativo, infatti, sono elementi che possono influenzare lo stato di salute, ridurre le nostre capacità di svolgere le mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà.L’ambiente può essere una barriera o un facilitatore. La nuova cultura della disabilità quindi deve essere attenta a cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive,quanto a innalzare la qualità della vita deisoggetti. Bisogna quindi ripensare ad una società con veri spazi di formazione per i soggetti con disabilità,i quali, non sono soggetti passivi di pietismo ma altrettanto responsabili di questa relazione.Per quanto riguarda infatti la relazione educativa, questa attraversa una serie di tematiche tra le quali: la relazione madre-figlio cioè quella che si stabilisce in ambito familiare dove in alcuni casi i protagonisti non sono i bambini , ma gli adulti;La relazione docente-discente che è un complesso legame che producel’apprendimento,attraverso una profonda interconnessione che porta alla fusione delle conoscenze; La relazione educatore-educando in cui il futuro educatore deve trasmette qualcosa di positivo nelle relazioni che costruisce,arricchendole di conoscenze assolutamente necessario infatti è il rispetto reciproco. Bisogna creare quindi un clima di fiducia e creare un rapporto alla pari.La relazione educativa quindi si configura come uno scambio in cui entrambe le persone ricevono e danno qualcosa.A tal proposito ho potuto constatare tramite la simulazione fatta in aula del rapporto educatore educando che anche il linguaggio del corpo è molto importante, cioè il modo in cui l’educatore si predispone nei confronti dell’altra persona, i suoi atteggiamenti, i suoi movimenti. In merito all’educazione al disabile l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere a tal proposito in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile. Bisogna cercare di portare il disabile ,programmi mirati su un piano di pari opportunità con i normodotati. Non mettere in luce le mancanze, ma evidenziare le potenzialità, le doti e le capacità di una persona. La relazione educativa costituisce la parte più importante della pedagogia, si realizza in diversi luoghi e strutture specializzate differenti. L’obiettivo dell’educatore è quello di rieducare e condurre il soggetto a cambiamenti positivi e corretti.Come tutte le realtà umane anche la relazione si regge su alcune motivazioni e cioè da: bisogno, ad esempio dettato da esigenze di sopravvivenza,tipico del bambino piccolo;Gratificazione ,essenziale per il soggetto in formazione;Le regole che sono indispensabili per strutturare la propria realtà;Condivisione, tra i partener nascono ragioni condivise; Preferenza, l’adulto viene scelto come modello . Nella relazione educativa è contenuta anche una finalità implicita cioè educare alla relazione con gli altri.

    3)Nella società moderna si dà molta importanza all’estetica, all’apparenza cioè viene posto al centro il corpo.Tutti i giorni infatti siamo bombardati dai mass- media che trasmettono immagini di donne magrissime facendo credere a tutti che quella è l’immagine della bellezza. Questo provoca veramente tanti disastri soprattutto tra le più giovani che bombardate da questa immagini tendono ad imitare quei corpi magrissimi fino ad arrivare ad una delle malattie più gravi cioè l’anoressia.Remaury infatti in un dei suoi lavori dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione , abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza-bellezza-salute. Lipovetsky dice invece che la donna nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati:dalla malattia cioè sano,dal peso cioè magro,dal tempo cioè giovane.Sono molti i casi in cui le persone ricorrono alla chirurgia estetica anche se non necessario, solo per bellezza, io sono del parere che non bisogna giudicarle perché se questo può migliorare la vita di queste persone anche solo dal punto di vista psicologico credo che non sia sbagliato ritengo piuttosto sia più opportuno ricorrere alla chirurgia in casi come Pistorius dove il flex -foot ha davvero cambiato e migliorato la vita di quel ragazzo. Braidotti invece si oppone all’”inflazione discorsiva intorno alla materia corporea perché và ripensato il rapporto corpo-mente.In questo ambito infatti la psicoanalisi è uno degli strumenti per ripensare il corp in modo da liberarlo dal dualismo.La Braidotti consiglia infatti un’asimettria tra i sessi, riappropriandosi del pensiero della differenza.
    Angela Ascanio
    Angela Ascanio


    Messaggi : 21
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 33
    Località : Ischia-NA

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Angela Ascanio Ven Mag 04, 2012 2:05 pm

    Il compito sostanziale della pedagogia della disabilità riguarda l'educazione dei soggetti con bisogni educativi speciali, come le persone con disabilità, favorendo la loro inclusione scolastica e sociale lungo tutto l'arco di vita. Si occupa inoltre di conciliare formazione e competenze relative alla disabilità. A questo punto, per poter continuare nella trattazione, occorre chiarire il significato di alcuni termini. Le parole sono molto importanti, bisogna quindi soffermaci sull’uso corretto dei termini per dire disabilità, handicap, menomazione, diversità, malattia. A questo proposito Andrea Canevaro ha affermato che- l’attenzione delle parole è importante, non tanto per un fatto estetico o formale, ma perché nelle parole è contenuto il modello operativo a cui si fa riferimento.Dunque, è fondamentale non fare confusione fra “deficit”, “disabilità” e “handicap” poiché utilizzare termini impropri non giova di certo alla “riduzione dell’handicap”. Non esiste, a livello internazionale, un'univoca definizione del termine, disabilita per questo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato, al fine di migliorare la qualità della diagnosi, strumenti di classificazione delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni. La prima classificazione, risale al 1970 e prende il nome di "Classificazione Internazionale delle malattie"(ICD), focalizza l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia e traduce le diagnosi in codici numerici facilitando la ricerca, la memorizzazione e l’analisi dei dati. Risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni malattia una descrizione delle principali caratteristiche cliniche; questa viene considerata come un enciclopedia delle malattie. In poco tempo l'ICD rivelava i suoi limiti spingendo l'OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione in grado di focalizzare l'attenzione, non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze. Nel 1980 l'OMS pubblicò un documento dal titolo "la Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH). In tale pubblicazione veniva fatta l’importante distinzione fra "menomazione", “disabilità” e “handicap”. La prima veniva definita come qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche e può essere transitoria o permanente, accidentale, degenerativa .(menomazioni psicologiche, menomazioni del linguaggio e della parola, auricolari, oculari, menomazioni generalizzate, sensoriali…). Il termine "disabilità” (conseguente a una menomazione) veniva definito come qualsiasi restrizione o carenza della capacità di svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano(nel comportamento, nella comunicazione, nella cura della propria persona, locomotorie, dovute all'assetto corporeo, nella destrezza…). Infine "handicap" come la "condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all'età, al sesso e ai fattori socioculturali"(nell'orientamento, nell'indipendenza fisica, nella mobilità, nell'integrazione sociale, nell'autosufficienza economica, handicap occupazionali). E’ importante sottolineare che un certo tipo di handicap può essere collegato a diverse disabilità che a loro volta possono derivare da più tipi di menomazione. Quindi non sempre una menomazione procura disabilità o handicap. L’aspetto innovativo in tale documento è quello di associare lo stato di un individuo non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività sia individuali che della vita sociale. La presenza di limiti nella classificazione ICIDH ha portato l’OMS nel 2001,ad elaborare un nuovo strumento di classificazione: ”La classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute” (ICF) . L’ICF rappresenta un vera e propria rivoluzione, un nuovo strumento per descrivere e per misurare la salute e la disabilità delle popolazioni, in più delinea una nuova definizione di salute e di disabilità. Tale classificazione arriva alla definizione di disabilità come la condizione di salute in un ambiente sfavorevole. A differenza della precedente Classificazione ICIDH, l’ICF, non è una classificazione delle "conseguenze delle malattie" ma delle "componenti della salute".
    Nel primo tipo di classificazione l’attenzione veniva posta sulle "conseguenze" cioè sull’impatto delle malattie o di altre condizioni di salute che ne possono derivare, mentre nella seconda classificazione si identificano gli elementi costitutivi della salute. In tal senso l’ICF non riguarda solo le persone con disabilità, ma tutte le persone, proprio perché fornisce informazioni che descrivono il funzionamento umano e le sue restrizioni, in relazione ai loro quotidiani ambiti: sociale, familiare, lavorativo . All’interno di questo nuovo documento emergono alcuni termini quali “funzioni”, “strutture”, “attività”, “partecipazione” che vengono a sostituire quelli precedentemente utilizzati. In particolare, il termine disabilità è stato sostituito da “attività”, e “handicap” è stato sostituito da “partecipazione”. Questo ha lo scopo di indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di integrazione sociale. Oggi giorno si fa troppa confusine nell’utilizzare questi termini, bisogna soffermarci sulle parole che utilizziamo, si confondono sempre termini come diverso e disabile.
    E’ importante ricordare il laboratorio sulla “mappa degli stereotipi” che è stato una prova evidente che tutte le persone sono diverse e non tutte sono disabili.Le persone non devono pensare ai disabili come persone sfortunate, diverse dalle altre, una persona con disabilità non si misura nelle sue limitazione, qualunque sia il suo stato, ha un valor unico, è una persona che ha i suoi sentimenti e i suoi pregi. Ciò sta a significare che anche se una persona è disabile non è detto che non ha delle abilità da far scoprire, da far emergere, esempio eccellente Simona Atzori che dipinge e danza in un modo assolutamente sensazionale superando tutti i sui limiti, il Prof Palladino che ha fatto della sua disabilità un dono e ancora Oscar Pistorius, l'atleta con le gambe artificiali in gara con i "normodotati”. Sapere utilizzare in modo corretto le parole nel campo della disabilità è importante anche per favorire l’integrazione della persona con disabilità, integrarla in ambito educativo, linguistico e corporeo. Questo è un piccolo aspetto del lavoro eseguito dalla docente universitaria Anna Maria Murdaca, nel testo “ Complessità della persona e disabilità”, lo scopo è quello appunto, di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere.Per l’autrice, bisogna guardare alla persona disabile nella sua globalità e non suddividerla in funzioni: non è la disabilità che forma la persona ma la sua identità e personalità che vanno valorizzate. Bisogna quindi favorire una perfetta integrazione all’interno del contesto sociale e dell’ambiente in cui si trova la persona con disabilità. Perché ciò sia possibile A.M. Murdaca, afferma che per favorire l’integrazione è necessario abbattere gli ostacoli ,le barriere, superare ogni limite , in quanto questi alimentano il processo di esclusione ed emarginazione. Questo è solo il primo passo verso la realizzazione di un nuovo disegno di vita per le persone con disabilità. A.M. Murdaca ci invita a ri-pensare ad una nuova società in cui il disabile possa inserirsi e formarsi come ogni essere umano, non pensare quindi il disabile come soggetto passivo che suscita pietismo ma come cittadino a pieno titolo!
    Per questo è molto importante la nascita di una nuova cultura e nuova conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona come soggetto in continua evoluzione. Questa nuova cultura in particolar modo, deve riflettere sulle principali norme a disposizione che regolano la tutela ed i servizi in favore dei soggetti in situazioni di disagio; superare il problema delle barriere architettoniche; e aumentare la possibilità e le potenzialità di inserimento lavorativo. L’educatore in questo nuova cultura, in questa nuova società assume un ruolo molto importante, in quanto è visto come colui che può fare qualcosa, ancora di più di quanto non si è fatto fino adesso. Proprio per questo acquista un valore sovrastante la relazione educativa che viene intesa non solo tra il rapporto educatore/educando ma tra docente/discente, tra madre/figlio. L’educatore diventa un punto di riferimento all’interno della relazione educativa quindi come un modello da seguire. E’ importante chiarire che ad aver bisogno dell’educare non sono solo i bambini ma anche gli adulti come: tossicodipendenti, alcolisti, carcerati.
    In una relazione c’è bisogno di rispetto reciproco, ascolto bisogna quindi creare un’atmosfera che possa mettere al proprio agio il soggetto che si ha di fronte, creare uno scambio alla pari in modo tale che l’educando si senta libero di esprimere le proprie idee e le proprie emozioni. In classe abbiamo cercato di riprodurre due relazioni educative: tra madre e figlio/educatrice e tra adolescente/educatore. Grazie a questo abbiamo potuto osservare l’incontro dal vivo, e in particolar modo ho potuto notare che, prima che si crei un rapporto di fiducia c’è bisogno di più di una seduta, inoltre è molto importante che l’educatore si poni con gentilezza e sullo stesso piano ciò per favorire l’educando ad aprirsi, soprattutto nel caso del adolescente/educatore. L’importanza del contesto sociale è fondamentale non solo per l’integrazione dei disabili all’interno della società ma anche per formare la cultura, gli ideali e i valori di un individuo. Il contesto sociale infatti modella e struttura l’uomo. Nei nostri tempi siamo spesso sottoposti a un bombardamento di informazione da parte dei vari mass media che contribuiscono a influenzare il nostro modo di vivere, di pensare e di vedere le cose. Nel corso dei secoli la bellezza ha rivestito un ruolo importante nella quasi totalità dei rapporti interpersonali e sociali; ai giorni nostri tale ruolo è stato ancor più enfatizzato dalla diffusione dei mass media e dalla commercializzazione della bellezza. Nel corso della storia il concetto di bellezza è andato trasformandosi ed ha subito svariate modificazioni. Tra le diverse culture vi sono grandi differenze riguardo a quali caratteristiche fisiche siano da considerarsi attraenti. In alcune società, per esempio, nelle donne si apprezza la snellezza, mentre in altre viene preferita una decisa pienezza di forme. Spesso l’immagine della donna si confonde con quella della bellezza, infatti la cura del corpo, della salute è sempre stata affidata alla donna. Questo argomento è stato abbondantemente trattato da autori come: Remaury, Lipovetsky e Braidotti. Bruno Remaury nel suo testo, “Il gentil sesso debole” descrive l’immagine ideale della donna che presentano i media e le pubblicità, un donna giovane, bella e sana; queste sono le caratteristiche fondamentali che il corpo femminile deve avere e su questo canone estetico deve costruire la propria identità. Quindi secondo Remery siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, abbiamo un triplice obbiettivo: giovinezza, bellezza-salute. Gilles Lipovetsky nel suo libro, “La terza donna” analizza l’immagine della donna evoluta nel tempo. Inizialmente parla di una donna svalutata, sfruttata e demonizzata, segue poi l’analisi di una donna come immagine sacra, come ideale di virtù e come Beatrice. Conclude il suo lavoro approfondendo l’analisi della nuova donna, la donna della terza era. Questa donna secondo l’autore racchiude in sé le due precedenti e in più la definisce una donna indefinita, che percorre una delle possibili strade verso il copro perfetto. La bellezza fisica sta diventando sempre più importante nella nostra società e l’interesse per l’aspetto personale è testimoniato dalla crescente attenzione rivolta a pratiche come la dieta, l’attività fisica e, più recentemente, anche la chirurgia estetica.
    Rosi Braidotti nel suo saggio, ”Madri mostri e macchine“ ,parla di corpo-macchina, un corpo trasformato e spesso mostruoso sul quale la donna lavora attraverso un rapporto sempre più stretto con la tecnologia.
    La nostra cultura incoraggia modelli contraddittori per la figura femminili e fa sì che le donne si rapportino a standard di bellezza difficilmente raggiungibili. Nella nostra società è molto diffusa l’idea che le persone belle siano più piacevoli, gentili e socievoli delle persone che lo sono meno.
    Credo che la vera bellezza non è quella che si vede riflessa nello specchio ma quella che risplende nell’anima.


    Ultima modifica di Angela Ascanio il Dom Mag 20, 2012 9:45 am - modificato 1 volta.
    avatar
    maria pignata


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 37

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  maria pignata Ven Mag 04, 2012 3:52 pm

    1) Secondo Canevaro “la scelta delle parole va fatta con ponderazione” cioè c’è bisogno di non confonderci nel definire il termine disabilità, deficit ed handicap. Possiamo affrontare tale problematica parlando delle classificazioni messe a punto dall’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). La prima classificazione elaborata è stata l’ ICD o classificazione internazionale delle malattie del 1970 che consisteva nel fornire per ogni sindrome una descrizione attenta sull’aspetto eziologico della malattia focalizzandosi così sullo schema eziologia-patologia-manifestazione clinica. Per evitare di creare solo un’enciclopedia medica l’OMS ha cercato di superare tale problema con ulteriore classificazione internazionale ovvero l’ICIDH nel 1980 dove la nuova proposta sostituiva i termini: menomazione, disabilità e lo svantaggio o handicap con termini nuovi e cioè: menomazione, abilità, partecipazione dando maggiore attenzione alle capacità del singolo individuo e avere una completa immagine di tutti gli aspetti della salute in quanto la semplice diagnosi non basta. Infine però l’ICIDH è stato il prodotto di pochi ricercatori fino ad essere sostituito dall’ ICF un modello che affronta le limitazioni degli altri modelli precedenti riflettendo sulle concezioni di disabilità riflettendo su alcuni punti chiave: la classificazione descrive le componenti di salute quindi si parla di una prospettiva di salute anziché parlare di malattia, il modello assume l’integrazione della disabilità come una naturale esperienza della vita, si basa inoltre su un modello di interazione tra dimensioni del funzionamento umano a livello corporeo, sociale e personale ed infine afferma che la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole ed è per questo che bisogna interessarsi delle loro possibilità di coinvolgimento sociale senza far riferimento a gravi considerazioni e cioè ritenere l’handicap o la disabilità come un problema solo di chi ha qualche deficit e ancora più sbagliato pensare che coloro che sono afflitti da qualche deficit non siano uomini uguali come tutti gli altri ecco perché è importante analizzare le conseguenze associate alla condizioni di salute all’interno della società per aiutare queste persone a migliorare la loro condizione e perché no a renderli più felici. Parlando quindi di come il contesto sociale, la società e le stesse strutture possano rendere problematico sia il definire il termine disabilità che lo svolgersi della semplice vita quotidiana faccio riferimento alla problematica delle varie anzi innumerevoli barriere architettoniche che riempiono le nostre città, diventano una specie di corsa ad ostacoli per un disabile il semplice prendere un treno, prendere un caffè al bar, il fare un prelievo ad uno sportello bancario. queste problematiche sono state messe in evidenza e da me percepite in un esercizio fatto in aula intitolato “l’orologio” dove bisognava descrivere una nostra giornata tipo e ripercorrere poi quel percorso mettendoci nei panni di un disabile. Questo mi ha fatto capire che la società è talmente inculcata da immagini per loro definite “normali” che tali problematiche quasi sempre non fanno parte dei loro progetti di risoluzione e non riescono a capire che basterebbero davvero piccoli gesti per cambiare la vita delle persone in pochi secondi. Basterebbero degli ascensori, dei saliscendi, delle pedane elettroniche e perché no qualche operatore e addetto messo al posto giusto all’interno di qualche stazione. Tutto questo discorso dei vari problemi, dei vari occhi appannati delle persone che hanno davanti a loro una serie di immagini solo ed esclusivamente perfetti introduco nel mio commento un ulteriore riflessione sulle parola disabile. Anche qui troviamo una serie di problemi nel definire una persona disabile. Il disabile è colui che è impossibilitato a svolgere le normali attività della vita quotidiana che per la società però è il poveretto facendo diventare quella sua disfunzione motoria e/o cognitiva un’etichetta. Un pregiudizio, uno stereotipo che caratterizza anche il diverso infatti bisogna seconda Lascioli eliminare tali pregiudizi che altro non fanno che rinchiudere quel diverso, quel disabile in un cerchio chiuso, in una sorta di scarto dell’umanità. Uno stereotipo il nostro che sempre tramite un esercizio svolto in aula intitolato “la mappa degli stereotipi” ho notato che nel semplice definire un diverso, un disabile, un paraplegico e anche uno straniero sono visti da noi tutti come delle povere persone di cui aver pena e perché no anche paura. Ecco perché nella nostra vita altro non bisogna fare che pensare alla realtà che siamo tutti uguali. Cerco di concludere il mio commento parlando di un’altra simulazione messa in atto in aula per far capire come siamo abituati a vedere e a percepire solo quello che per noi è normale, solo quello che per noi può convenirci in qualche modo. La simulazione consisteva nel dividere l’aula in una città con un sindaco il quale emarginava un gruppo di persone ad esempio a causa dei loro occhiali. La simulazione continuava da parte del sindaco nel rivolgerci una serie di domande, di preferenze tra questo o quell’attore, e anche nello scegliere la realizzazione di qualche nostro desiderio tutto questo si è svolto nel non considerare l’altro gruppo, un piccolo gruppo di persone che per noi non c’era, non esisteva si pensava solo a noi tenendolo lontano dalla città e facendo sentire le persone all’interno di quel gruppo sempre più come degli emarginati, dei diversi. Per noi che facevamo parte della città loro erano gli esclusi quindi non avevamo alcuna voglia di preoccuparci di loro. Questo mi fa capire che l’emarginato, il disabile e qualsiasi altra persona ritenuta da noi “non normale” si senta inutile provocando vari problemi a causa di una nostra sbagliata considerazione. Infatti non bisogna parlare del diverso ma come dice Canevaro si è di fronte ad un diversabile un termine che sta ad indicare che una persona non ha delle spiccate capacità in qualcosa ma è abile in tutt’altro. Un termine per me che valorizza la persona come mi ha fatto capire lo stesso professore Palladino un “nonno” non vedente che durante un incontro avuto durante le lezioni non si è mai definito come diverso come qualcuno a cui manca qualcosa anzi è tutt’ora lui nonostante la sua cecità a prendersi cura della famiglia e della sua amata moglie. Tutta questa positività mi è stata data anche tramite un’altra simulazione inerente alla cecità, dove bisognava bendarci gli occhi per ascoltare delle poesie di persone diversabili raccontate dalla professoressa. In un totale silenzio ho davvero raddrizzato le orecchie per percepire nel miglior modo possibile tutte le poesie lette e da queste ho capito anzi ho percepito la loro stupenda capacità di essere “abili” in un qualcosa che per me risulta difficile come il semplice scrivere delle poesie. Ecco perché concludo ponendomi una domanda: posso essere visto anche io dagli altri come diverso? Può il mio non saper svolgere qualcosa essere etichettato dalle persone come un qualcosa di non normale? Proprio perché ho paura delle considerazioni altrui faccio io il primo passo verso l’altro e come è stato affermato da Madre Teresa di Calcutta “dà il meglio di te e forse sarai preso a pedate: non importa, dà il meglio di te”.

    2) Anna Maria Murdaca docente esperta in questioni che riguardano la persona con disabilità e all’interno del suo testo “Complessità della persona e della disabilità” parla del disabile nella sua complessità mirando: alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione de termine integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita del soggetto disabile. Tutta la logica del pensiero della Murdaca è incentrato sul dirigersi verso l’inclusione ovvero una nuova cultura della globalità incentrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e nella sua dimensione olistica. Un processo d’inclusione ostacolato da un contesto sociale che altro non fa che creare ostacoli, barriere sia fisiche che mentali creando un processo di esclusione come quello dell’emarginazione. Anche qui possiamo fare riferimento all’ ICF dove sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita delle persone il quale può essere una barriera o un facilitatore. Un processo di integrazione che debba prendere in considerazione la valorizzazione della persona con tutte le sue differenze ed identità avere quindi un processo continuo avendo una propensione all’ uniformità valorizzando al meglio le capacità individuali. Parlando di realizzazione dell’uomo facciamo riferimento al concetto di cura un qualcosa che è intrinseco all’agire educativo avendo la necessità di misure di sostegno pedagogico sociale, sanitario, legislativo per risvegliare le coscienze, innalzando la qualità della vita dei soggetti tramite una ricerca che è azione empowered volta a portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità. Si pensi infatti ad una comunità sociale che superi i limiti di una società che spesso trascura le persone disabili e il tutto deve avvenire con attenzione alla persona, alla socializzazione, alla globalizzazione e all’integrazione. Questo per farci capire che non basta un’educazione classica ma una relazione educativa vista come spazio riparativo. Una relazione che s’instaura in vari ambiti: nella relazione madre/figlio, docente/discente, mono-direzionali, educatore/educando. Nella relazione educativa ciò che avviene è uno scambio di emozioni tra due o più persone, c’è una volontà di costruire un rapporto basato sul confronto, sull’ascolto, lasciando spazio alla libertà dell’altro. Nella relazione educativa tra docente e discente infatti s’instaura un legame che produce l’apprendimento c’è un incontro e scambio è un prendere e dare in sincronia. In queste relazioni qualsiasi esperienza positiva o negativa che sia dà comunque un qualcosa. Ecco perché la relazione educativa rimanda anche all’immagine di una grande famiglia dove vu è la trasmissione di valori da parte di un’insegnante, dalla madre e anche dall’educatore che a volte si pone come guida questo è possibile tramite il mettere a proprio agio la persona con uno scambio alla pari senza creare delle differenze è un incontro in cui le perone apprendono da entrambe le parti in quanto tutti possono insegnare e tutti possono imparare. Parlando inoltre di relazioni educative si fa riferimento anche a quella relazione educativa rivolta al disabile dove l’educatore deve prendere in considerazione le diverse situazioni e mettere quindi in atto per ogni persona dei programmi specifici per far emergere le doti del disabile. Ciò che costruisce una relazione è un obiettivo educativo che richiede tempo e l’impegno dei soggetti in causa, ogni relazione in cui è in gioco l’affettività di una persona segue delle tappe precise di sviluppo che sono: il contatto, l’impegno e l’intimità. La relazione come tutte le realtà umane si regge su alcune motivazioni e può essere motivata da: bisogno, gratificazione, da regole che sono indispensabili per strutturare la propria realtà, condivisione e preferenza in quanto l’adulto scelto come modello o mediatore di modelli da parte del minore. Importante è anche l’educare alla relazione con gli altri che può essere insegnato oltre che nella famiglia anche nella scuola vista non solo come luogo dove s’impara ma anche come ambiente in cui far entrare le nostre emozioni ecco perché c’è bisogno che ci sia conoscenza tra due parti creando un’educazione personalizzata come il semplice gesto dell’insegnante di accompagnare l’educando e camminare accanto dandogli la mano. Tra comunicazione e conoscenza che possiamo trovare nella relazione ci sono però anche degli spazi di silenzi che bisogna analizzare in quanto è vero che il silenzio nega la comunicazione ma è fondante in quanto tramite il silenzio ma con piccoli gesti possiamo capire gli altri. Concludo il mio commento parlando di una simulazione di un setting svolto in aula in cui abbiamo cercato di mettere in atto tutto quello che una relazione educativa deve esprimere. Durante la messa in scena di questo setting abbiamo notato come l’educatore si poneva, abbiamo guardato la sua postura i suoi gesti e come andava incontro alla persona in difficoltà. Eh beh posso dire che nonostante era un’esercizio è stato comunque difficile mettersi nei panni di colui che deve aiutare l’altro in quanto è al tempo stesso difficile capire cosa l’altra persona stia passando o cosa per lui è un problema. ecco perché non bisogna mai definire nessuno per sottrazione perché si tratta di persone e si caratterizzano per capacità e non per quello che non sanno fare .

    3) facendo sempre riferimento ad un contesto sociale che altro non fa che influenzare la mente delle persone inculcandogli dei canoni di esseri normali e di perfezione ha fatto si che autori come Remaury, Lipovetsky e Braidotti hanno espresso il loro pensiero riguardo alla cultura dell’immagine nelle donne che si confonde con quella della bellezza. Il miglioramento fisico ed estetico diventa per la donna l’adempimento dei suoi bisogni e cioè quello di essere bella. Un bisogno che a causa di una propaganda mediatica che suggerisce dei canoni di bellezza e di perfezione corporea fanno diventare giovinezza e bellezza delle caratteristiche che una donna di oggi deve continuare ad avere se vuole restare per esempio “in televisione” si ha secondo Lipovetsky la sottomissione ai modelli dominanti imposti infatti dalla malattia cioè sano, dal peso cioè magro, dal tempo cioè giovane. Il tutto nella società attuale che porta ad un’immagine del corpo deformata rivolta solo ad esempio alla chirurgia estetica , donne che si rifanno dagli occhi al seno pur di risultare belle, giovani e sempre più perfette. Questi autori mettono in evidenzia quello che oggi è uno dei problemi emergenti ossia il disprezzo per il loro aspetto, per il loro corpo arrivando a degli accessi a cui è poi difficile anzi quasi impossibile tornare indietro.
    LAURA BUONANNO89
    LAURA BUONANNO89


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 35
    Località : Quarto (NA)

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  LAURA BUONANNO89 Ven Mag 04, 2012 4:38 pm

    PUNTO NUMERO 1.
    La prima classificazione elaborata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) risale al 1970 e prende il nome di ICD “Classificazione Internazionale delle malattie” che fornisce una sorta di enciclopedia medica collegando la disabilità alle patologie cliniche.
    Nel 1980 ci si allontana da questo modello ,l’ OMS propone una nuova classificazione internazionale : ICIDH sostituendo i termini : menomazione, disabilità ed handicap con : menomazione, abilità e partecipazione.
    Con il termine menomazione s’intende un danno organico o funzionale relativo a un settore specifico, è una disfunzione che comporta una mancanza o un malfunzionamento di una struttura organica e / o di una funzione psicologica,fisiologica o anatomica che si esteriorizza con le restrizioni. Essa può essere : temporanea, accidentale ,degenerativa.
    La disabilità è conseguente alla menomazione e consiste nell’incapacità di svolgere determinate funzioni nel modo ritenuto “normale” per un individuo; essa può portare all’handicap (svantaggio) che si concretizza nella difficoltà della persona disabile nel rapportarsi con gli altri e quindi con l’ambiente (inteso anche come contesto) circostante. Il termine handicap ,molto spesso, nel linguaggio comune viene usato in modo non appropriato e viene confuso con il termine deficit ( per deficit organico s’intende la mancanza totale o parziale di una specifica funzionalità fisica).
    Ho fatto questa breve precisazione perché mi sembra giusto ribadire,ancora una volta, che le parole sono importanti ed è soprattutto per questo che l’ OMS nel 2001 ha fatto un decisivo passo avanti nel pubblicare il manuale di classificazione ICF che differentemente, soprattutto dal primo modello, pone al centro della riflessione la disabilità legata inscindibilmente ai concetti di : salute ( inteso anche come benessere ) e di relazione con il mondo esterno.
    Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole; da qui i termini : menomazione, disabilità, handicap vengono sostituiti da: funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione.
    Secondo me, quest’ultimo modello rende maggiormente accessibile questo tema anche ai “non addetti ai lavori” mostrando come sono fondamentali gli interventi in merito anche e soprattutto da parte della società.
    Ognuno di noi sa che può fare qualcosa per gli altri, la prima dovrebbe essere : smettere di guardare le persone disabili con occhi di compassione perché è anche così che queste avvertono la diversità.
    Ma cos’è la diversità se non una caratteristica che contraddistingue ogni essere umano!?
    Bisogna abbattere questo muro di stereotipi per comprendere realmente che siamo tutti unici e irripetibili; noi cosiddetti “normodotati” viviamo ,molto spesso , lasciandoci affliggere da futilità , di contro , ci sono esempi di resilienza come l’ Atzori che concretizza il suo amore verso la vita con un meraviglioso sorriso e portando alta la fede o come Pistorius ch’è diventato noto per la sua forza di volontà,incanalando la sua vita nell’essere un atleta a tutti gli effetti (al di là che le sue protesi di carbonio gli diano un vantaggio oppure no).
    La diversità conduce inevitabilmente alla categorizzazione quindi anche le persone disabili vengono etichettate per il deficit che presentano ( ad esempio dire :“il bambino autistico”,” la ragazza sulla sedia a rotelle”……).
    Tutto ciò crea un senso di inadeguatezza e di esclusione che può sfociare nell’emarginazione, un processo tremendo che, anche con la simulazione fatta in aula il 19 Aprile, ho capito che sorge per delle velleità.
    Abbattiamo le barriere mentali e sociali ,ancor prima di quelle architettoniche e consideriamo la diversità come un arricchimento anche perché se fossimo tutti uguali, come dei cloni, vivere sarebbe solo mera monotonia.
    PUNTO NUMERO 2.
    Anna Maria Murdaca ridefinisce i termini del discorso inerenti al tema della disabilità ; in prima istanza bisogna considerare il disabile in quanto persona e quindi cittadino a pieno titolo .
    L’ autrice adotta la concezione di globalità distaccandosi dall’ottica dell’inserimento (Legge 118/1971) in quanto quest’ultima condurrebbe a un maggior senso di inadeguatezza e dispersione aumentando, quindi,la complessità.
    La persona disabile viene considerata a 360 gradi , nella sua totalità personalizzando gli interventi educativi / sociali/ ambientali. Il contesto favorisce l’handicap anzi, questo è prodotto proprio dalla società ed è anche per ciò che si deve costruire una nuova cultura della disabilità dove la cura viene intesa come benessere e ridefinizione di sé , in cui il soggetto con deficit ridà senso alla sua esperienza comprendendo la propria specialità.
    Non si parla più di differenza ma di specialità, quindi si potenzia l’individuo non nell’ottica dell’omologazione ma si tende all’emancipazione che promuove quindi, il consolidarsi delle proprie peculiarità.
    Di qui, la relazione educativa ricopre un ruolo fondamentale, si pone come fulcro della cura di sé, come spazio riparativo; da ciò si comprende ancor di più la ridefinizione del termine integrazione da intendere quindi, non come punto di arrivo ma come “work in progress”, un processo in continuo divenire.
    Secondo me, pur mettendone in luce la complessità, l’intento di Anna Maria Murdaca è quello di rendere, soprattutto sul piano psicologico, le persone disabili pari a coloro che non lo sono favorendo la loro inclusione in ogni ambito dell’esistenza e potenziando le loro capacità perché ogni persona è speciale nella sua unicità.
    In primo luogo la nostra cultura (quell’insieme di simboli, di comportamenti e di ideologie che ci accomuna ma al contempo ci diversifica) deve cambiare; bisogna vedere l’altro nella sua totalità , come arricchimento e spunto di riflessione non “dall’alto della propria esperienza” .
    L’ esclusione dei soggetti disabili , anche attraverso le barriere architettoniche (purtroppo presenti quasi dappertutto) non fa altro che favorirne l’isolamento condannandole molto spesso agli “arresti domiciliari” come se avessero commesso un reato.
    Ognuno deve poter sperare che i propri progetti di vita si realizzino, ma se la società, l’ambiente … si pongono come ostacolo tutto ciò si fa sempre più difficile ed è anche questo il tentativo della Murdaca: sensibilizzare affinché tutti, appartenenti alla società, riuscissimo a guardare al di là del nostro naso, abbattendo quel muro di omertà dietro il quale,spesso, ci nascondiamo per portare alto il valore della solidarietà sociale,oggi più che mai, dimenticato.
    Voglio concludere con una frase dell’autrice che,secondo me,sintetizza tutto il suo lavoro:
    “Non si deve definire nessuno per sottrazione”.
    PUNTO NUMERO 3.
    Remaury, Lipovetsky e Braidotti ci propongono il tema del “Corpo trasformato e mostruoso”.Attualmente, i parametri: bellezza/bruttezza non sono più dettati dalla sfera soggettiva ma si ritrovano anch’essi a “fare i conti” con gli stereotipi ed i pregiudizi che ormai sono alla base del vivere in società.
    Remaury e Lipovetsky fondono insieme, i concetti di bellezza ,di salute e di giovinezza secondo cui la donna ha il diritto quasi dovere di migliorare il proprio aspetto estetico per sentirsi accettate dalla società.
    C'è da dire che i mass media, primo tra tutti la televisione, fomentano ancor di più quelle insicurezze estetiche che soprattutto noi donne abbiamo, spronandoci a cambiare, a "migliorare" il nostro corpo in modo che aderisca perfettamente,o quasi, a quei prototipi di "bellezza siliconata" che troppo spesso ci vengono proposti.
    Braidotti, in “Madri mostri e macchine” evidenzia come, nell’immaginario maschile, il corpo della donna ,cambi durante la maternità assumendo una trasformazione mostruosa. Il termine mostro, viene inteso nel suo significato etimologico: la sua radice ,teras significa al contempo orribile e meraviglioso, aberrazione e adorazione. Da ciò l’autore propone al genere femminile di incarnare anche il concetto di macchina per far sì che vengano ridefinite le tecnologie attuali e le ideologie culturali che le sostengono.
    Al giorno d’oggi, soprattutto negli adolescenti, si sta diffondendo una nuova moda : prendere “per oro colato “tutto ciò che trasmettono i media,enfatizzando e mitizzando tutti quegli atteggiamenti e stili di vita ampiamente condivisi. Ciò accade anche per quanto riguarda il corpo che si intende in salute solo se risponde a quei canoni di “perfezione” che ci vengono mostrati; il cibo diventa un’ossessione, non più come sostentamento o piacere; lo sport non viene considerato come uno svago ma lo si intende come un massacro … favorendo così l’anoressia, o per coloro che “non ce la fanno”, l’obesità (perché quando non ci si sente accettati in qualcosa bisogna pur rifugiarsi). Due estremismi che di certo non rispecchiano il benessere in quanto quest’ultimo, secondo me, emerge solo con l’equilibrio tra mente e corpo in una continua negoziazione tra mondo interno e mondo esterno, realizzando un sistema di scambi non di omologazione.
    Bisogna sentire e considerare l’altro per ciò che è e rispettarlo tanto nella sua somiglianza quanto nella sua diversità da noi. Solo così ci si può sentire protagonisti nel teatro della propria vita se no saremmo solo delle effimere comparse mosse da fili come le marionette ed il corpo diverrebbe,se non lo è già, il dominio dell’apparire e non dell’essere.



    MARTINA MARFE'
    MARTINA MARFE'


    Messaggi : 20
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty PROVA INTERCORSO MARTINA MARFE'

    Messaggio  MARTINA MARFE' Ven Mag 04, 2012 5:31 pm

    1) Le parole spesso escono dalla nostra bocca automaticamente senza nemmeno renderci realmente conto del loro significato. Parlare è un dono che ci è stato concesso, ma che dobbiamo stare attenti a come utilizzare.
    “ Spesso le parole posso ferire più di una spada ” questo è quello che un vecchio proverbio recita e con il quale io mi trovo pienamente d’accordo. La pedagogia della disabilità parte proprio dall’importanza delle parole relative alla disabilità, in questo caso,infatti, utilizzare termini impropri può essere un modo per aumentare l’handicap di un individuo, anziché ridurlo. Spesso assistiamo alla confusione della parola DISABILE con la parola DIVERSO, ma questi sono due termini profondamente differenti. Il disabile, il più delle volte, è considerato diverso a causa della sua dis-abilità, questo purtroppo diviene il fattore che identifica l’intera persona, che non viene più riconosciuta nella sua globalità. Per evitare che questo accada si è pensato di utilizzare il termine DIVERSABILE, parola che evidenzia che l’individuo oltre le sue dis-abilità ha anche abilità diverse dagli altri che bisogna far emergere e potenziare.
    Fin dai primi anni della sua nascita l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato, al fine di migliorare la qualità della diagnosi, strumenti di classificazione delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni.
    La prima classificazione risale al 1970 e prende il nome di "Classificazione Internazionale delle malattie" (ICD). Questa risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e delle indicazioni diagnostiche. L'ICD focalizza l'attenzione sull'aspetto eziologico della patologia,infatti le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l'analisi dei dati.
    Ben presto però l'ICD rivela i suoi limiti, inducendo l'OMS ad elaborare una nuova classificazione in grado di focalizzare l'attenzione, non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze.
    Nel 1980 l'OMS realizza "la Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap" International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH). L’aspetto significativo di questa classificazione è quello di cogliere l'importanza e l'influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute degli individui. In tale pubblicazione viene fatta l'importante distinzione fra:
    MENOMAZIONE definita come " qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica"; DISABILITA’ come "qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un'attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano"; HANDICAP come la "condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all'età o al sesso.
    Nel 2001 L'Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo: "La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute", denominato ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health).
    L’ ICF esplica non solo lo stato di salute di una persona, ma anche le conseguenze associate a questa condizione, cioè in che modo queste persone convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla puntando ad una INTEGRAZIONE sociale,scolastica e lavorativa. L’ICF è descritto come un linguaggio positivo che non pone attenzione solo alla disabilità ma anche e soprattutto alla salute, alla capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. E’ un linguaggio che riguarda tutti, qualunque condizione di salute in contesti sfavorevoli può diventare disabilità, quindi diventa importante non solo agire sulla persona, ma su tutto il contesto, affinchè si arrivi ad avere una migliore qualità di vita.
    Basta poco per rendersi conto di come gesti quotidiani, per i così detti normodotati, semplici e naturali, possono trasformarsi per persone che sono costrette ad utilizzare la sedia a rotelle, in degli ostacoli insormontabili.
    La disabilità diviene disabilità perché è la società a renderla tale!
    La più grande difficoltà di queste persone infatti è riuscire ad acquisire una propria AUTONOMIA a causa delle tante barriere architettoniche presenti nelle nostre città. E’ inaccettabile come gesti così semplici e automatici sono per alcuni possibili solo con l’ausilio di un’altra persona; esempio eclatante possono essere i nostri citofoni posizionati troppo in alto, impedendo a una qualsiasi persona che utilizza la sedia a rotelle di bussare a casa di un parente, di un amico o semplicemente a casa propria.
    Per fortuna assistiamo, in particolare negli ultimi anni, ad un fortissimo mutamento sociale e culturale nel modo di percepire la disabilità, sta cambiando il modo con cui i disabili stessi percepiscono e vivono la propria condizione, le proprie relazioni sociali, le possibilità di realizzarsi o di costruirsi un futuro, dimostrazioni sono Simona Atzori e Oscar Pistorius .
    Si sta creando pian piano una società più aperta, più disponibile, in grado di riconoscere diritti e bisogni una volta impensabili per i soggetti disabili.


    2) ANNA MARIA MURDACA, docente esperta in questioni relative alla disabilità, con il suo testo “Complessità della persona e disabilità“, ci spinge a considerare il disabile prima di tutto come una PERSONA; come colui che ha diritto, come tutti gli altri, di vivere una vita dignitosa e di sentirsi parte integrante della società alla quale appartiene. Spesso oggi ciò non avviene, lo dimostrano i tanti studenti disabili, la cui integrazione è difficile e a cui spesso è negato il diritto di studio. Proprio il CONTESTO SOCIALE, le barriere mentali e culturali sono considerati da Murdaca gli elementi determinanti la condizione di handicap, capaci di favorire i processi di esclusione o di emarginazione.
    Frequentemente è anche la famiglia stessa a negare l’integrazione del disabile, per un eccesso di protezione nei suoi confronti o per evitargli l’umiliazione del rifiuto altrui.
    L’AMBIENTE è in oltre un altro fattore da tener presente, può divenire una barriera e fare in modo che il soggetto disabile non riesca a raggiungere mai una sua indipendenza, oppure un facilitatore, come nel caso delle case domotiche che servendosi di avanzate tecnologie diminuiscono la disabilità e ottimizzano la vita di questi soggetti.
    Ciò a cui Anna Maria Murdaca punta è l’elaborazione di una nuova cultura sulla disabilità, che porti a considerare la persona nella sua GLOBALITA‘, tenendo presente non solo ciò che questa non può fare, ma anche e soprattutto ciò che può fare. Compito delle famiglie,degli insegnanti e degli educatori diventa quello di sviluppare le competenze e le capacità dei singoli, valorizzando ogni persona e rispettando le differenze di ognuno. L’integrazione quindi diviene una ricerca, un processo continuo, che non ha lo scopo di uniformare tutti nel raggiungimento della “normalità” , ma punta a esaltare la specificità e l’unicità di ognuno.
    La RELAZIONE EDUCATIVA viene ritenuta uno “ spazio riparativo” , dove avviene uno scambio di valori, di opinioni, conoscenze ,che porterà ad un arricchimento vicendevole degli individui coinvolti. C’è un prendere e dare in sincronia.
    L’educatore è colui che deve stabilire con il proprio educando un legame che si basi soprattutto sull’ascolto, sullo scambio di emozioni e sul rispetto reciproco; ed è questa figura professionale incaricata a spronare il disabile a ripensare al proprio stato e alle proprie abilità, sviluppando l’ autostima ed eliminando disagi e blocchi. Proposta rilevante di Murdaca è quello di riorganizzare una società con veri spazi di formazione per i soggetti disabili che gli permettano di raggiungere mete fondamentali come l’ indipendenza e l’ EMANCIPAZIONE.


    3) Quella a cui noi apparteniamo è una società sempre più rivolta all‘apparenza, in cui l‘interiorità viene messa in secondo piano rispetto all‘esteriorità. Le riviste, la televisione, la radio mettono al centro della loro attenzione quasi sempre un’immagine che idealizza la bellezza, la giovinezza e la salute femminile. Quante e quante ore passano oggi le donne in palestra, o presso i centri estetici, per tenersi in forma o rigenerarsi! Per non parlare della fortuna di chirurghi estetici che, propongono e realizzano interventi rimodellanti di parti più o meno ampie del corpo. Le PROTESI ESTETICHE sono viste come una soluzione per il raggiungimento dell’ “altro corpo” definito in generale bello e perfetto. Il corpo umano viene considerato fragile, carente ed è per questo che si sente il bisogno di aggiustarlo con pezzi di ricambio, proprio come accade per le macchine. REMAURY, nel suo libro “ Il Gentil sesso debole” dice che ci troviamo di fronte ad una continua corsa verso la “ perfezione”, dove obbiettivi da perseguire sono: Giovinezza- Bellezza - Salute, considerati come elementi basilari per emergere nella vita. Coloro che non si adeguano a questi canoni finiscono per sentirsi umiliati ed emarginati. LIPOVETSKY nel suo libro “La terza donna” vede una donna sottomessa ai modelli dominanti della società, che deve raggiungere a tutti i costi la perfezione lavorando su se stessa per liberare il suo corpo dalla malattia, rendendolo sano, dal peso, rendendolo magro, dal tempo, facendo in modo che questo rimanga eternamente giovane. Oggi sempre più frequentemente capita che prototipi di bellezza,come sono le modelle fotografate sulle nostre riviste, si trasformino pian piano, nella loro affannosa conquista alla magrezza, in dei mostri, in dei soggetti con forme disumane che perdono completamente la loro femminilità. ROSI BRAIDOTTI in “Madri, mostri, macchine” analizza i cambiamenti indotti dalle biotecnologie che stanno modificando il rapporto che l’uomo ha con il proprio corpo. La figura femminile si presenta agli occhi degli uomini come qualcosa di terrificante, perché durante la gravidanza trasforma il suo corpo, incorpora dentro di sé un altro essere ,diventando allo stesso tempo orribile ma meravigliosa, cioè MOSTRO ma anche madre. Inoltre nel caso delle donne diventa ancor più evidente la fusione del corpo con la tecnologia, poiché, più degli uomini, attraverso i progressi della scienza vogliono far di tutto per rimanere eternamente le più belle del reame!








    Tommasina Cataldo
    Tommasina Cataldo


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Prova Intercorso

    Messaggio  Tommasina Cataldo Ven Mag 04, 2012 6:52 pm

    1)L’OMS(organizzazione Mondiale della Sanità) la prima classificazione elaborata è la “Classificazione Internazionale delle malattie” o ICD (’70) che coglie le cause delle patologie,fornisce ad ogni sindrome una descrizione sia delle caratteristiche cliniche che delle indicazioni diagnostiche. Questa classificazione è troppo concentrata sull’aspetto eziologico della malattia, avvicina la disabilità alle patologiche cliniche,quindi determina una sorta di enciclopedia medica. Per ovviare a questo problema l’OMS ha delineato un’altra classificazione , denominata brevemente “ICIDH” (’80), che si basava su tre fattori:menomazione,disabilità e handicap. Quest’ultimi verranno sostituiti da: menomazione,abilità e partecipazione. Per poter definire la disabilità è importante capire che cos’è la menomazione:qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica,fisiologica o anatomica. Essa ,in particolare, è un danno funzionale o organico,che riguarda sia l’esteriorizzazione della patologia che il disturbo dell’organo. La disabilità,invece, è: la limitazione o perdita conseguente a una menomazione della capacità di compiere un’attività; un’incapacità di svolgere un compito o determinate funzioni. Nel linguaggio comune confondiamo spesso il concetto di disabilità con quello di handicap. L’handicap è una condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita lo svolgimento di compiti o ruoli sociali. Non per forza si deve parlare di disabilità o di handicap insieme, una persona può essere menomata senza essere disabile, o un disabile può essere tale senza presentare un handicap. La problematica dell’handicap è fortemente determinata anche dall’ambiente circostante, in una società ad esempio più attrezzata l’handicap sarà minore rispetto ad un’altra che avrà poche risorse e vantaggi da offrire. Nel nostro laboratorio abbiamo trascritto ognuno un percorso(orologio) che quotidianamente svolgiamo,abbiamo toccato con mano le varie problematiche che ogni giorno un disabile può incontrare e , quindi, avvertire ancora di più il suo handicap. Dai video mostrati in aula alla riflessione delle azioni quotidiane( prendere un bus,fare la doccia,scendere scale,arrivare all’università) è stato possibili verificare come molte persone non posso muoversi facilmente e sono costrette a “barricarsi” in casa e privarsi di azioni giornaliere a causa delle barriere architettoniche. Nel 2001 l’OMS ha pubblicato ICF,che sta per “Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute”,cercando di fornire un concetto di disabilità innovativo,ma soprattutto multidimensionale. Secondo L’ICF per disabilità si intende una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Essa è una classificazione sistematica che descrive le modifiche dello stato di salute delle persone e degli stati correlati , e i termini più importanti sono: funzioni,strutture corporee, attività e partecipazione(per indicare una maggiore attenzione al soggetto). Questa classificazione attraverso l’utilizzo di un linguaggio standard e internazionale, si propone come un modello per descrivere lo stato di salute,per fornire informazioni sulla malattia,sulla menomazione,sulla disabilità,sul contesto;quindi, si occupa non solo delle condizioni di salute,ma anche delle conseguenze associate. L’ ICF si presenta come uno strumento utilizzato non solo nel campo sanitario ma è diffuso anche in ambiti sociali ,educativi ,statistici ,politici e di ricerca. La classificazione dell’ICF non si riferisce solo a un gruppo di persone,ma a chiunque viva una condizione di salute in un ambiente che lo ostacola. Per questo tale modello considera la disabilità sia per quanto riguarda la malattia che per lo stato di salute,in quanto vede la persone come l’interazione tra diversi settori in un contesto;quindi vengono considerati aspetti medici,sociali e il contesto di appartenenza. Disabilità e diversità sono due parole che a volte usiamo confondendo i significati. Disabile è una persone caratterizzata da un diverso funzionamento di una o più abilità;essa diviene un’etichetta in quanto a volte denominiamo il disabile per la problematica che ha,invece di chiamarlo con il suo nome. Un momento molto saliente che mi fa pensare a questo aspetto dell’”etichettamento” è stata la prima simulazione,quando bandati e immersi nel buoi abbiamo ascoltato le parole di alcune poesie…in particolare la poesia “Chiamatemi per Nome”, narra di una persona disabile che quotidianamente viene etichettata,inchiodata provocandogli tanto dolore. Questa esperienza è stata tra le più belle,perché oltre a farci riflettere sulla reale differenza tra diverso e disabile,mi ha condotto verso un nuovo atteggiamento di ascolto e di conoscenza verso il disabile,senza pietismo. Per questo la disabilità non è solo un fattore personale,ma anche sociale,infatti molti disabili non si sentono tali...come non possiamo non citare l’Atzori o Pistorius che con grande forza d’animo hanno superato i pregiudizi,hanno superato le barriere per porsi come esempi di resilienza!. Ammiro profondamente queste persone perché nonostante le avversità,nonostante le difficoltà,con grande forza e coraggio loro sono riusciti a realizzarsi l’Atzori come ballerina e Pistorius come atleta. Il diverso,invece,è colui che si distingue dagli altri, è convenzionalmente colui che si allontana dalla normalità. Ma la normalità esiste? Esso è un concetto relativo e soggettivo. La diversità porta alla categorizzazione,ovvero porre il soggetto in certe categorie. Questo produce meccanismi di svalutazione e di esclusione,che inducono il soggetto a sentimenti di inferiorità e di autosvalutazione. Il diverso è l’altro,è il mostro,è l’emarginato che viene isolato ,etichettato ,allontanato perché ci fa paura. Per chi è diverso proviamo imbarazzo,vergogna, non sempre nasce quella voglia di conoscere realmente quella persona. Ma ogni essere umano è unico e irripetibile ,presente delle proprie peculiarità,che lo rendono speciale… Non bisogna provare orrore o pietà…ma cercare di conoscerli e soprattutto di capire chi realmente si nasconde dietro quell’etichetta,dietro quel corpo, sentire la sue essenza!. Parlare di diversità mi riporta a una discussione nel forum “Mappa degli stereotipi” che ha determinato: la difficoltà di definire alcune parole,personalmente mostro e diverso ;il confronto costruttivo con le mie colleghe ; il film “Indovina chi viene a cena?” e del tema della diversità delle razze che tocca. Ricordo il dolore dei genitori che non gradivano i rapporti dei loro figli con l’altro solo perché aveva un colore diverso e riecheggiano ,nella mia mente ,le parole del figlio al padre :”Tu ti consideri ancora un uomo di colore io mi considero un uomo”. Abbiamo toccato anche il tema della diversità come allontanamento ,infatti,nella seconda simulazione la professoressa ci divise in cittadini ed emarginati. Io ero cittadino,ma inconsapevolmente esclusi una parte dell’aula,tra cui anche delle mie amiche, senza sentire le loro voci,perché ero concentrata su altro. A volte crediamo che esperienze di esclusione ed emarginazione noi non le viviamo,quando in effetti nella nostra quotidianità alcuni nostri atteggiamenti posso recare disagio ad un altro!


    2)Anna Maria Murdaca, docente esperta in questione relative alla disabilità, con il testo “Complessità della persona e disabilità” mira:
    • Ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    • Rimodulazione del termine integrazione
    • Comprensione delle reali condizioni di vita di soggetti disabili.
    L’autrice vuole adottare una nuova cultura della disabilità ,attenta a temi relativi al funzionamento,al comportamento ,all’assistenza,ma vuole incentrarsi soprattutto sul riconoscimento della persona . L’handicap è la condizione di svantaggio a causa di una menomazione che non consente al soggetto di adempire a un ruolo sociale,e secondo Murdaca è lo stesso contesto sociale a determinare la condizione di handicap,attraverso ostacoli e barriere che favorisco l’ emarginazione. L’importanza dell’ambiente circostante è sempre stata considerata,sia come facilitatore che come barriera . La famiglia,la scuola,l’ambito lavorativo devono considerare il soggetto disabile non come colui che non ha possibilità di miglioramento,ma devono contribuire a una buona integrazione ed a uno sviluppo delle sue competenze. Per parlare concretamente di disabilità dobbiamo riflettere sulla complessità della persona con disabilità e sulla sua integrazione. L’obiettivo ,quindi,è la valorizzazione della persona,rispettando le sue peculiarità , le sue differenze ,la sua identità. Deve avvenire un’integrazione come una sorta di processo continuo,una “continua” ricerca di soluzioni,di strategie per preservare i diritti dei disabili,non solo da un punto di vista teorico,ma immetterli nella realtà. Integrazione,quindi, come valorizzazione delle dotazioni individuali, definendo la persona non più per sottrazione,per quello che non ha o non sa fare ,perché quando si parla di disabilità non bisogna dimenticare che si parla di persone. Nell’agire educativo si dovrebbe introdurre il concetto di cura come un atto di umana comprensione, capace di aiutare la persona con deficit,per dare maggior significato alla proprio esperienza di vita. In questo senso si parla di sfondi di integrazione,per rendere un qualcosa completo,per riscrivere tale termine secondo le prospettive di accoglienza e di condivisione. In questa nuova visione si vuole mirare all’emancipazione della persona disabile ,non soltanto con l’educazione classica ma anche con nuove prassi didattiche basate sulla fantasia ermeneutica dell’educatore e sul senso di appartenenza. Una nuova cultura della disabilità deve essere attenta a cogliere le disfunzioni sul comportamento e innalzare la qualità di vita di tali soggetti. Si vuole “rimodulare l’integrazione”,ovvero si vuole guardare alla globalità delle persone ,in modo di avere una visone dell’insieme e non una scomposizione delle sue funzioni. Murdaca afferma che la società deve ri-considerare nuovi spazi per i disabili ,non più come soggetti passivi,ma come “cittadini a pieno titolo”. La società deve lavorare “su cosa ancora si deve fare” per permettere la realizzazione della persona ,perché ogni disabile è persona ed ha una sua storia. Si richiede una nuova relazione educativa intesa come spazio ripartivo,dove il disabile sperimenta insieme all’educatore le varie situazioni,eliminando blocchi o disagi per far crescere forze resilienti. La relazione educativa è l’insieme di rapporti sociali che si stabiliscono tra educatore e colui che educa , è incontro,scambio,partecipazione,alleanza. Sempre deve essere supportata da rispetto reciproco,ascolto e parità:un dare e ricevere contemporaneamente . La relazione educativa non è la semplice trasmissioni di conoscenze che l’educatore trasferisce passivamente all’educando,ma è uno scambio emozionale,è un arricchimento reciproco. Alla base di tutto vi è la volontà e la passione di costruire un rapporto , di interagire con l’altro,e soprattutto di accettazione dell’altro. In questo senso la figura dell’educatore non è semplice, deve essere comprensivo,paziente e predisporsi all’ascolto;deve riuscire a crea un spazio d’incontro che permette all’altro di sentirsi a proprio agio, di esprimersi liberamente. Tutti posso insegnare e tutti possono imparare,questa è l’aspetto principale perché una relazione educativa non avviene solo nell’ambito scolastico e formale,ma la relazione è educativa anche quella tra madre e figlio ,nel rapporto tra amici,tra fidanzati . Un’esperienza di relazione educativa è stata vissuta nel nostro percorso quando la professoressa allestì due setting. Il primo fu tra madre ed un’educatrice,il problema era l’assenza della maestra di sostegno. La postura della nostra collega subito mi ha fatto percepire un senso di apertura nei confronti della madre,per metterla a proprio agio e per permetterla di aprirsi e discutere dei suoi problemi. In questo senso l’educatore non solo crea uno spazio d’incontro,ma cerca di guadagnarsi la fiducia dell’altro,e passo dopo passo cerca di trovare una soluzione al problema. Il secondo setting era tra una ragazza ed un’ educatrice,la problematica era la solitudine e l’isolamento della ragazza. E’ importante prendere consapevolezza dei propri problemi, e il compito dell’educatore deve essere molto introspettivo,deve lavorare anche su se stesso,ma la difficoltà maggiore è di non farsi coinvolgere troppo dalla propria sfera emotiva. Dimostrarsi forti,forse permetterebbe all’altro di avere più sicurezza. Quindi,la relazione educativa è il confronto tra l’educatore e l’educando per creare un rapporto forte :” è un prendere e dare in sincronia”. La relazione educativa con il disabile deve permettere la realizzazione di quest’ultimo ,verso una maggiore autostima,verso lo sviluppo di indipendenza ed emancipazione,valorizzando stili cognitivi e modalità d’apprendimento.


    3) il cambiamento del corpo,il corpo mutato e deforme da sempre è stato considerato come una figura borderline,un limite della società. La Braidotti in “Madri ,Mostri e Macchine” propone il discorso della deformità provocata dai mutamenti indotti dalle bio-tecnologie. Tutto ciò che è denominato deforme non ha una definizione. I corpi deformi sono l’anormalità,il grado zero di mostruosità ,l’anomalo che non bisogna mai identificarsi in esso. Si viene così a delineare la teratologia,ovvero la scienza dei mostri,che vuole spiegare l’enigma della normalità,vuole studiare i corpi mostruosi. I mutamenti del corpo,questa forma di mostruosità la si può ricondurre anche alle protesi,all’introduzione di strumenti meccanici nel corpo umano,alla modifica che il corpo sta svolgendo grazie o a causa della tecnologia. Il corpo cambia anche per raggiungere la perfezione,soprattutto il corpo femminile. La donna da sempre è associata alla bellezza,alla continua ricerca di perfezione ,per questo attua continui miglioramenti fisici per adempire ai suoi bisogni. Giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che la donna vorrebbe avere, per questo le manipolazioni sono sempre più frequenti cambiando l’idea anche di corpo stesso. Remaury ,nel “Il gentil sesso debole” afferma che l’umanità è in una perenne corsa verso la perfezione,con un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute. Egli divide il corpo in :- trasfigurato ,legato all’immagine di perfezione corporea,una sorta di scalata verso di essa;- corpo esatto ,compiendo progressi verso la perfezione; - corpo liberato,da qualsiasi aspetto quale può essere la malattia,peso,tempo. Lipovetsky nel testo “la terza donna” nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti ,descrive che la donna ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza,basata sulla grazia. L’idea che la donna riesce a controllare la propria immagine all’interno dell’incensante offerta proposta dai modelli sociali,vuol far intendere che vi è un limite alla maturità e sarebbe che la donna si identifica necessariamente in quei modelli. La Braidotti concentra la sua riflessione anche sulla modalità d’iscrizione del corpo femminile nel postmoderno. Considera che tra uomini e donne c’è un aspetto che li accomuna:entrambi sono visti come corpi mostruosi e deformi. La donna acquista questa prospettiva mostruosa con la maternità:mostro e madre insieme. Un corpo gravido e mostruoso che suscita meraviglia e orrore,perché entrambi assunti come limite e forma di corporeità. Importante è anche la visione del corpo mostro(essere deformi ,incarnazione della differenza) e quello macchina (soggetto a molte trasformazioni al punto di avere un rapporto sempre più stretto con la tecnologia). Le continue modificazioni del corpo l’abbiamo riscontrate nelle tecnologie integrative come miglioramento :protesi estetiche, ovvero modificazioni del corpo per fini estetici,che può riguardare modifiche corporali a impianti veri e propri. Il disprezzo del corpo e il corpo di ricambio sono due temi che richiamano le protesi estetiche,e soprattutto riguardano la nostra società che ci introietta modelli da imitare. Il disprezzo del corpo ha origine nel mondo cattolico considerando la parte difettosa dell’uomo in quanto cedevole alla carne. L’uomo ha da sempre cercato di modificarsi con fini di miglioramento ,con scopi di riprodurre artificialmente il corpo umano per esorcizzare la morte. La continua non accettazione del corpo,la chirurgia plastica estrema,le protesi estetiche sono sempre di più utilizzate per riprogettare il corpo ,per mutarlo.


    MarySalvati
    MarySalvati


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 33
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  MarySalvati Ven Mag 04, 2012 8:26 pm

    Nel 1970 L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) propone una prima classificazione Internazionale delle Malattie(ICD) per spiegare la causa di alcune patologie, cercando di fornire per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle caratteristiche cliniche e diagnostiche. L’aspetto della malattia preso in considerazione è quello eziologico: le diagnosi vengono riportate sottoforma di codici numerici che rendono molto più pratica la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati, attraverso uno schema pratico : eziologia, patologia, manifestazione clinica. Nel 1980, dopo varie rielaborazione, l’OMS effettua una nuova proposta : L’ICIDH. Quest’ultima classificazione Internazionale pone l’accento su alcuni termini fondamentali: menomazione,abilità partecipazione che hanno sostituito i precedenti termini menomazione, disabilità e handicap. L’ICIDH propone quindi un obiettivo fondamentale: dare maggiore importanza al coinvolgimento sociale del soggetto, mettendo in risalto le sue capacità e le sue potenzialità.
    L’opera incessante dell’OMS giunge fino al 2001 anno in cui c’è la proposta di nuovo manuale di classificazione : L’ICF(Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute). Questa volta l’OMS pone l’accento sul concetto di disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. L’ICF , organizzazione sistematica che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona, sostituisce i termini della precedente classificazione per introdurne dei nuovo: funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione. Da ciò emerge quindi l’importanza di tale classificazione, che è divenuta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario, sociale, educativo, statistico.
    Da questo quadro introduttivo emerge una questione fondamentalmente importante, che non solo in passato ha suscitato dubbi, perplessità e polemiche, ma che anche oggi è causa di confusione ; si tratta dell’importanza delle parole per dire disabilità. I termini deficit, disabilità ed handicap sono stati a lungo usati come sinonimi, aumentando così difficoltà anziché ridurle. Con il termine Deficit organico si intende la mancanza totale o parziale di una determinata funzionalità fisica, con il termine Disabilità si indica l’incapacità(conseguente alla menomazione) di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti. Con il termine Handicap si intende la condizione di svantaggio conseguente una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto impedisce o limita l’adempimento di un ruolo normale. La condizione di handicap(svantaggio) è determinata dal contesto sociale. Un laboratorio molto utile fu la mappa degli stereotipi in quanto, la professoressa ci propose un esercizio lasciandoci liberi di esprimerci ,mostrandoci, a mio avviso, quanto sia facile etichettarci in categorie, oppure quanto sia difficile definire termini che all’apparenza possono sembrare sinonimi. “Tutti sono diversi; non tutti sono disabili”. Questa esplica in modo chiaro una delle diatribe più discusse:Nozione di disabile vs Nozione di Diverso. Il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività quotidiane, un individuo affetto da alcune disfunzioni nei confronti del quale spesso si assumono atteggiamenti di pietismo. Si tende ad etichettare queste persone secondo quello che “non hanno”, invece di renderci conto che hanno molte altre ricchezze, doti e qualità. Come il caso della Atzori, che comunque riusciva a danzare divinamente. “Chiamatemi per nome. Non voglio più essere conosciuta per ciò che non ho ma per quello che sono”[Cit. Gianni Scopelliti] Fortunatamente oggi il termine disabile è stato sostituito dal termine “diversabilità”, anche se prevalentemente nel nostro linguaggio comune c’è ancora la tendenza ad etichettare persone. Etichettiamo gli altri come diversi, in quanto il diverso è convenzionalmente colui che si allontana dalla norma. Ma cos’è normale? Esiste un concetto assoluto di normalità? E’ diverso tutto quello che non ci appartiene, tutto quello che ci spaventa, tutto ciò in cui non ci riconosciamo per la nostra eccessiva necessità di affermare il nostro essere. Siamo intanati nel nostro mondo, non accorgendoci che ciò che può sembrarci semplice, come ad esempio una passeggiata in centro o andare al supermercato, per un disabile può risultare una vera e propria impresa. I disabili fanno i conti quotidianamente con alcune barriere architettoniche che possono essere rappresentate anche dall'impossibilità ad esempio di salire su un marciapiede per circolare al sicuro. A tal proposito in un esercizio la prof. Fece mettere appunto ad ognuno di noi un esercizio-orologio per comprendere almeno in parte le difficoltà che per i disabili diventono macigni insostenibili. In una delle simulazioni effettuate in aula la prof ha chiamato sulla pedana tutte le persone con gli occhiali e si è finta sindaco di una città facendo alcune proposte. Nel ruolo di “cittadino crudele” mi sono sentita tranquilla e serena. Non dover salire su quella pedana mi ha fatto sentire non etichettata, classificata, emarginata. Poter decidere cosa mangiare, quali personaggi importanti ospitare non mi ha fatto pensare a coloro che in quel momento “non avevano voce”. Il pensiero era solo minimamente rivolto alle mie amiche che si “perdevano” nel gruppo. Tale situazione ci ha messi di fronte ad una verità. Rendersi conto di come siamo incentrati su noi stessi, di quanto conti poco se qualcuno resta ai margini. La parte peggiore forse è toccata agli emarginati che non hanno avuto voce in capitolo, non hanno potuto esprimere loro stessi. E’ quello che accade ai veri emarginati di una società, sono costretti a portare sulle proprie spalle il fardello dell’indifferenza. Il problema fondamentale è che oggi non c’è integrazione, basta una sola pecca e sei tagliato fuori. Ed è sulla rimodulazione del termine integrazione che Anna Maria Murdaca riflette nel suo testo” Complessità della persona e disabilità”. Non solo il concetto di integrazione pervade gli studi della docente , altri temi come la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità sono stati a lungo oggetto delle sue riflessioni. Secondo Murdaca bisogna promuovere l’inclusione attraverso l’ottica della globalità. L’ambiente deve essere inteso nel senso più ampio del termine, ma deve essere preso in considerazione soprattutto sia come una barriera o nel verso contrario, come un facilitatore. Quindi spesso è la società, il contesto lavorativo, scolastico, lo stato di salute a determinare svantaggi e ripercussioni. La docente si sofferma particolarmente sulla complessità della persona con disabilità: la sua integrazione, in ambito educativo, linguistico, corporeo. L’obiettivo fondamentale è il rispetto delle differenze e dell’identità, valorizzare la persona in quest’ottica. L’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo. E’ una sfida quotidiana, la continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee congrue a preservare i diritti di persone con disabilità. A questo proposito insorge il Documento del Miur(le Raccomandazioni Generali) nel quale l’integrazione non è intesa comunemente come uniformità, ma come valorizzazione delle dote individuali. La prof . Murdaca ritiene che le persone con disabilità sono per prima cosa persone e quindi, non possono essere definite per sottrazione, così come si può fare con gli oggetti. Deve essere garantito per tutti il concetto di cura come progressiva emancipazione e realizzazione dell’uomo, come luogo ripartivo, come tema fondamentale dell’agire educativo. Nasce quindi l’esigenza di parlare in modo nuovo di integrazione: come accoglienza verso diverse identità; come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia,identità,potenzialità personali. Bisogna ancora costruire una serie di attività tese a rendere significativa la presenza dei disabili attraverso “buone prassi “didattiche, c’è bisogno di “fantasia ermeneutica” che consenta la crescita della persona in tutte le sue dimensioni, non bisogna privilegiare l’educazione classica. Empowered: è questa la parola chiave;portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità, della propria autostima, cercando di collegare l’aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico e quello riabilitativo sociale. La nuova cultura della disabilità mirare soprattutto a cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive quanto a innalzare la qualità della vita dei soggetti. La globalità non può essere scomposta in funzioni curate separatamente, bisogna garantire la costruzione dell’identità personale in luoghi rassicuranti capaci di sviluppare potenzialità personali. Ogni disabile ha la propria storia,quindi è indispensabile una Nuova Politica Socio-Educativa che consiste in Integrazione, Differenziazione e Personalizzazione, attraverso una conoscenza autentica per sollecitare indipendenza e emancipazione. Tutte le riflessioni della prof. Murdaca ruotano intorno ad un tema fondamentali che ci tocca da vicino : la relazione Educativa.
    Relazione educativa come rapporto tra madre e figlio, anche se i protagonisti non sono sempre e solo i bambini: spesso gli educandi sono adulti con difficoltà(carcerati, alcolisti ecc.); come rapporto tra docente e discente che produce apprendimento.
    Per viene generali la relazione educativa è l’insieme dei rapporti sociali che si stabiliscono tra educatore e coloro che egli educa. Relazione educativa intesa come alleanza, partecipazione, un vero e proprio dare e ricevere. Ogni esperienza di vita può essere intesa come relazione educativa, attraverso quest’ultima si stabilisce un legame affettivo, uno scambio di emozioni garantito dall’ascolto, dall’accoglienza; l’educatore deve essere paziente, disponibile, sensibile.
    Si tratta quindi di uno scambio alla pari, un confronto basato sul rispetto e la parità. La relazione educativa riguarda anche altri tipi di rapporti ad esempio tra amici, fidanzati e qualsiasi altro tipo di rapporto che può stabilirsi tra due o più persone. Purtroppo in alcuni casi l’incontro con gli altri ha dei risvolti negativi, ma pur sempre formativi. La relazione educativa che riguarda il disabile implica da parte dell’educatore il dover mettere in atto dei programmi specifici per esaltare le sue potenzialità.
    Costruire una relazione educativa non è semplice, richiede tempo, pazienza, volontà e soprattutto passione; vuol dire intraprendere una strada in due, dedicarsi all’altro.
    Il laboratorio per la questione sulla relazione educativa fu svolto in classe inscenando alcuni setting guidati dalla professoressa e grazie alla collaborazione di alcune colleghe. Nel primo settting due colleghe(nel ruolo di educatrice e di educanda) discussero sul problema dell’assenza dell’insegnante di sostegno per un bambino. L’educatrice mostrò sensibilità e disponibilità anche attraverso il linguaggio del corpo. Nel secondo setting una collega finse di avere difficoltà ad integrarsi in un gruppo classe. Ancora l’educatrice si mostrò disponibile e aperta, però secondo me ha sbagliò in alcune domande ad esempio questa: Non hai gruppi di amici in classe? Tale simulazione ci fece capire quanto sia comunque difficile costruire un rapporto educativo, quanto sia difficile porre le domande giuste e acquisire fiducia. Fu difficile in quanto gioco, figuriamoci in una situazione reale. Il ruolo di educatori spesso viene sottovalutato, ma le riflessioni sui temi affrontati in questo corso mettono in luce il delicato lavoro portato avanti con tanto amore. Si tratta di dare importanza al dialogo, all’ascolto attivo, al linguaggio del corpo. E’ proprio quest’ ultimo elemento che è oggetto di studio di Remaury, Lipovetsky e Braidotti. Il corpo preso in considerazione è attento alle direttive e dal discorso dominante dei media. Il testo di Remaury “Il gentil sesso debole”parte dalle rappresentazioni della femminilità, quindi, la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. C’è il bisogno dei essere bella ed il miglioramento fisico ed estetico adempie a questo bisogno ma attenzione, i bisogni non sono soggettivi, sono “preconfezionati” dalla società. Bellezza e giovinezza sono le caratteristiche che una donna oggi deve continuare ad avere. Ancora Remaury nel suo testo dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza-bellezza-salute. In pratica il corpo deve ascendere faticosamente ma inesorabilmente la scala della perfezione grazie ai progressi della scienza , quindi si parla di corpo trasfigurato legato all’immagine della perfezione corporea. Il corpo esatto è il modello dominante, corpo che compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza,il corpo liberato invece si libera dalla malattia.
    Lipovetsky nel suo libro, La terza donna , nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati: dalla malattia cioè sano., dal peso cioè magro, dal tempo cioè giovane. I valori tra cui scegliere sono quelli di eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale. La donna descritta dall’autore ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza, basata sull’apparente acquisizione di grazia. La donna viene fuori come colei che controlla e gestisce la propria immagine all’interno della variegata offerta di modelli sociali. La Braidotti nel suo testo “Madri mostri e macchine” riflette su ciò che accomuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità: il loro essere stati visti da sempre come mostruosi, come deformi rispetto alla norma che rappresenta il “grado zero della mostruosità”.La Braidotti incentra il suo discorso intorno alla materia corporea, perché il corpo va ripensato nel dualismo corpo-mente. La donna diventa nell’immaginario maschile qualcosa di orribile visto che il suo corpo si deforma nella maternità: mostro e madre al contempo. Il corpo è stato oggetto di continue trasformazioni, integrato da protesi estetiche. Spesso si cerca di migliorare continuamente il proprio corpo per far fronte al senso di inadeguatezza; sembra che al nostro corpo manchi sempre un “pezzo”, come in un puzzle. “Io sono per la chirurgia etica: bisogna rifarsi il senno”(Cit Alessandro Berganzoni).
    Ma in fondo cosa è la bellezza?Chi può dirci cosa è perfetto? LA bellezza è qualcosa di soggettivo e relativo, non può essere personificata come dice Hume: “La bellezza è delle cose esiste nella mente che le contempla”, è questa la verità.
    Claudia Zuccoli
    Claudia Zuccoli


    Messaggi : 20
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 34
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Claudia Zuccoli Ven Mag 04, 2012 9:24 pm

    1)Partendo dal presupposto che la disabilità è una condizione che va considerata in tutta la sua complessità ,facendo un percorso di analisi del passaggio dall’ICD all’ICF si comprende quanto sia importante conoscere a fondo le varie tipologie patologiche per definirle in modo appropriato. L’OMS che è l’organizzazione mondiale della sanità, ha elaborato nel 1970 la classificazione Internazionale delle malattie (ICD) che si riferiva alla causa delle patologie , traducendo le diagnosi in codici numerici utili alla ricerca e all’analisi dei dati; avvicinando le disabilità alle patologie cliniche le ha successivamente elencate in una sorta di enciclopedia medica.
    Per allontanarsi poi dalla definizione di malattia, nel 1980 l’OMS ha formulato una nuova classificazione internazionale, l’ ICDH . Con questa nuova proposta l’OMS pone una maggiore attenzione sulle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale e quindi si ha un approccio sostanzialmente diverso nei confronti delle disabilità. Infatti non si parla più di disabilità e handicap ma piuttosto di funzioni, di strutture corporee e di attività e partecipazione, con lo scopo di indicare le capacità del soggetto e le sue possibilità di coinvolgimento sociale.
    Da questa rielaborazione l’OMS pubblica il nuovo manuale di classificazione ICF che consiste in una “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”. Secondo questa classificazione la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole che cambia, quindi , col variare dell’ambiente esterno e pertanto non è più riferita solo ad una condizione soggettiva della persona.
    L’importanza dell’ICF è dovuta proprio al fatto che dà il reale quadro funzionale della persona, ed è quindi utilizzato in modo più agevole da tutti gli operatori sanitari, insegnanti, ed in generale da tutti coloro che entrano in contatto con essa.
    Molto spesso si fa confusione tra le parole disabile e diverso.
    La disabilità è l’incapacità di svolgere determinate funzioni in modo soddisfacente secondo i parametri della normalità. Partendo dal presupposto che l’abilità di una persona varia secondo il contesto ambientale , sociale e culturale in cui vive, abbiamo fatto durante una lezione una piccola analisi di quelle che possono essere le difficoltà di un disabile nell’arco di una giornata “tipo”: lungo un percorso si incontrano una serie innumerevole di ostacoli quali, macchine parcheggiate ,la presenza di alberi ornamentali che restringono notevolmente il passaggio, l’impossibilità di accedere alla circumvesuviana per la mancanza di scivoli, tutte condizioni legate ad una cultura poco sensibile alle necessità di una persona disabile o diversamente abile. Abbiamo constatato invece come anche una persona con gravi menomazioni riesca a raggiungere dei buoni livelli di autonomia attraverso dispositivi tecnologici appropriati gratificando se stesso e le persone che lo circondano, come nel caso di Andrea ferrari una persona disabile che ha la fortuna di vivere in una casa domotica.
    La diversità non sempre si riferisce ad una condizione di svantaggio , ma è la tendenza a creare delle categorizzazioni, identificando qualcuno con una sua particolare caratteristica non tenendo conto della persona della sua interezza.
    Spesso infatti , siamo abituati a considerare una persona “ diversa” anche solo per il colore della pelle .Ciò è dovuto al fatto che siamo condizionati a da degli stereotipi, e trovarci di fronte a qualcuno o qualcosa che non rientra nei nostri schemi abituali, ci pone in una situazione di disagio, e spesso questo ci porta, anche senza che ce ne rendiamo conto, ad emarginare tutte quelle persone che non rientrano nei nostri soliti parametri. Io credo che non bisogna avere discriminazioni nei confronti di chi è diverso, perché spesso ci apre orizzonti di conoscenza mai esplorati e tutti da scoprire. Mi ha molto colpito infatti il caso di Simona Atzori per la sua capacità di superare la sua menomazione sviluppando delle abilità che la rendono non solo capace di vivere in modo autonomo, ma di avere inoltre la possibilità di esprimere tutto il suo entusiasmo e la sua gioia di vivere, attraverso le più alte espressioni dell arte quali la pittura e la danza. Secondo me lei incarna infatti un perfetto esempio di “diversamente abile”.

    2)Anna Maria Murdaca attraverso il suo testo “ complessità della persona e disabilità” ,mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione, alla ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità.
    L'obiettivo primario che si pone Anna Maria Murdaca è di sottolineare la conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione. Da un lato una simile cultura impone necessariamente un'ottica progettuale e flessibile, articolata su livelli teorico-operativi e sulla continua modificabilità del soggetto, da cogliere nella sua prospettiva biografica; dall'altro necessita di un ripensamento dell'integrazione, intesa come "spazio riparativo" dove il disabile può sperimentare con gli educatori e gli insegnanti una serie di situazioni e vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nel qui e ora della relazione educativa. L'integrazione diviene così costruzione di luoghi di senso nei quali il disabile può trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell'autonomia.
    Il concetto di integrazione è strettamente legato a quello della diversità, infatti l’idea di diversità come dimensione esistenziale e non come condizione emarginante, permette di ripensare l’educazione in termini di “sistema integrato” in cui anche la persona con handicap trova il giusto riconoscimento. In quest’ottica la diversità, l’identità personale e culturale di ciascuno, viene recepita come valore e motivo di crescita per l’altro. Allora, una volta riconosciuta la differenza concettuale tra deficit e handicap, si può evidenziare che una buona integrazione non significa diminuzione del deficit ma diminuzione dell’handicap. Anna Maria Murdaca, afferma che a determinare le condizioni dell’handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche che sono determinanti nel processo di esclusione oppure quello di emarginazione. L’ICF sottolinea infatti ,l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui: la società, la famiglia, il contesto lavorativo possono influenzarci e ridurre le nostre capacità di svolgere le mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà.
    Lo scopo finale, dunque, è quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Perché ciò sia possibile è però necessario un lavoro integrato in grado di coniugare l'aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, assicurando iniziative di vera promozione personale e sociale. La vera novità è che non si mira all’accudimento ma all’emancipazione del soggetto con disabilità .Attraverso la relazione educativa tra l’educatore e l educando, è fondamentale che si instauri uno scambio emotivo-affettivo reciproco. L'educatore, colui che indirizza e insegna, deve imparare prima di tutto a conoscere se stesso, nonchè cercare di comprendere e ascoltare i problemi, le esigenze e i timori, che può manifestare l'educando .Questo tipo di relazione, che richiede tempo e impegno poichè oltre a considerare i suoi bisogni si devono conoscere i tratti caratteriali individuali, condurrà il disabile verso lo sviluppo della propria identità, autostima, verso il cognitivo .Lo scopo primario è appunto quello della crescita psicologica e dell'apprendimento; nella ricerca dell’integrazione attraverso la costruzione dell’identità personale bisogna avvalersi di luoghi rassicuranti e capaci di sviluppare le potenzialità personali e di una rete di servizi (persone, operatori , famiglie)che riescano a valorizzare la differenza come risorsa.
    3)Remaury , Lipovetsky e Braidotti si sono soffermati sul corpo perfetto della donna:

    L’autrice analizzando il testo di Remaury “il gentil sesso debole”, evidenzia che l’intento di questo libro è quello di annientare tutti quei meccanismi che portano la donna alla ricerca incessante di perfezionare la propria bellezza e la propria salute, per riuscire a portare alla luce tutto ciò che contribuisce a rafforzare questo rapporto di soggezione che fa dell'individuo uno schiavo del proprio corpo .Remaury riferendosi proprio a questo testo, dice che noi ,orientati e diretti verso una corsa alla perfezione tendiamo ad un triplice obiettivo :giovinezza ,bellezza e salute. In pratica il corpo deve giungere alla perfezione attraverso il progresso della ricerca scientifica.
    Lipovetsky ,invece, ci propone l’immagine di una” terza donna” che nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti, percorrendo una delle strade possibili verso il corpo perfetto. Ciò che sostengono gli autori, rappresenta, oggi, uno dei problemi più diffusi nella nostra società. La non accettazione del proprio corpo, porta a ricorrere alle “ tecnologie del miglioramento”. La donna di oggi per poter essere accettata dalla società deve rispondere ai moderni canoni della bellezza e dell’eterna giovinezza per questo motivo ricorre sempre più spesso alle protesi estetiche .La tendenza ad una forma atletica e snella è una delle principali cause dell’aumento di disturbi alimentari nelle donne e soprattutto nelle più giovani.
    Secondo me non esistono modelli standard di bellezza perchè in realtà la bellezza va oltre la fisicità di una persona in quanto è determinata da altri fattori quali la personalità, l’eleganza delle movenze, l’espressione del viso che sono strettamente personali e ci rendono unici .Inoltre sono favorevole all'utilizzo di protesi, su chi ha necessità e problemi fisici, ma assolutamente contraria su chi vuole usufruirne esclusivamente per migliorare il proprio corpo, per poter apparire più belli agli occhi degli altri.
    La Braidotti parla di corpo-macchina; un corpo trasformato e talvolta mostruoso sul quale la donna lavora attraverso un rapporto sempre più stretto con la tecnologia. Si fonda sulla costruzione di corpi puliti, sani, atletici, bianchi, eterosessuali e per sempre giovani. Le tecniche mirate al perfezionamento del proprio corpo e alla correzione delle tracce della vecchiaia: la chirurgia plastica, le diete, la fissazione per il fitness e altre tecniche per disciplinare il corpo contribuiscono anche a sostituire il suo stato “naturale”. La fascinazione per il mostruoso, il grottesco doppio corporeo, nell'attuale cultura post-industriale è direttamente proporzionale alla soppressione delle immagini di bruttezza e malattia. È come se ciò che stiamo cercando di evitare con tutte le nostre forze( lo spettacolo del corpo grasso, trascurato, omosessuale, nero, morente, vecchio, cadente, )stesse in realtà ripresentandosi in una forma diversa, sotto altri aspetti.







    anastasia manzueto
    anastasia manzueto


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 33
    Località : Procida

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  anastasia manzueto Sab Mag 05, 2012 7:40 am

    L’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 1970 elabora la Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD), che coglie le cause delle patologie fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche. ICD omologava in modo totalmente erroneo la disabilità con la malattia, mentre ogni diagnosi veniva tradotta in codici numerici, rendendo più efficiente la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Successivamente, intorno al 2001, viene proposta una ridefinizione del concetto di disabilità, multidimensionale e innovativa rispetto alle precedenti classificazioni: in questo contesto gioca un ruolo chiave ICF(Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute), che offre una nuova definizione di disabilità, intesa come quella condizione di salute risultante da un contesto sfavorevole.
    Il contesto sfavorevole è dovuto a molte variabili, in particolare a quelle “barriere architettoniche”, da noi create, che non permettono il regolare svolgimento delle azioni da parte dei di-sabili; a tal proposito, si è riflettuto sulla differenza nei confronti dei disabili: ad esempio, spesso si svolgono azioni, da noi definite stupide, mentre per altri non sarebbero possibili. È stata fatta “l’attività dell’orologio”, ovvero la giornata tipo di un “normale” rapportata a quella di un ragazzo disabile, e ci si è resi conto che, se un disabile entrasse nella nostra casa o nella nostra vita incontrerebbe molte barriere architettoniche, ovvero molti limiti fisici, nello svolgimento di un’azione. È il contesto sociale, quindi, a determinare la condizione di handicap! Sono gli ostacoli e le barriere fisiche, come quelle mentali e culturali, a favorire il processo di esclusione ed emarginazione. In questo contesto, è risultata significativa “l’esperienza del Sindaco”, che attraverso la sua dittatura ha escluso una categoria di persone: molti erano dalla parte degli esclusi e si sono sentiti emarginati, si notava come la loro parola non contasse nulla, altri invece erano “più vicini” al Sindaco, assecondavano la sua parola ed erano quindi favorevoli all’emarginazione. Beh, spesso capita esattamente questo: la disabilità sta negli occhi di chi vede! Invece di cercare di evitare l’emarginazione, si cerca sempre di scindere i normali e gli anormali, anche se poi gli anormali sono colore che giudicano, provano pietà e compassione verso i disabili, quando potrebbero invece farli sentire persone normali. È inutile che lo nascondiamo a noi stessi: tutti noi abbiamo una “disabilità”, ciascuno in modo diverso, ma l’abbiamo (infatti nella città del sindaco si escludevano le persone con gli occhiali!). Ci siamo chiesti cosa provano le persone emarginate? Cosa ne pensano? Come si può evitare questo problema? Non troveremo mai una risposta a queste domande, perché noi stessi permettiamo l’esclusione e non ascoltiamo l’altro. Spesso il contesto riproduce errate definizioni di parole che riteniamo veritiere, ma che invece non lo sono; infatti, confondiamo la parola “disabile” con la parola “diverso”, mentre invece sono due termini diversi e carichi di significato. Partendo dalla prima, sappiamo che il disabile è una PERSONA impossibilitata a svolgere le attività della vita quotidiana, cioè è un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive. Tuttavia, il disabile è un cittadino a pieno titolo, per cui occorre ri-pensare ad una società con veri spazi di formazione per i soggetti con disabilità, intesi non come soggetti passivi di pietismo, ma altrettanto responsabili di questa relazione. Interessante è stata la visione di alcune scene del film “Indovina chi viene a cena?”, che ha evidenziato la diversità del protagonista, il quale è un uomo di colore che vuole sposare una donna bianca. Moltissime sono state le battute che hanno colpito la nostra attenzione: in particolare, significativa è stata la frase “non mi considero un uomo di colore ma un uomo! ”. E’ esattamente questo ciò che dovremmo fare, cioè accettare noi stessi e le nostre “diversità” e capire che dietro ogni “difetto” vi è una PERSONA . Siamo tutti diversi, ma la diversità fa cosi tanta paura? Non dovrebbe essere una risorsa? Tante domande e poche risposte. Molti sono stati gli esempi di persone dis-abili che hanno accettato la loro diversità, e quindi definiti resilienti, esempi schiaccianti come Simona Atzori e Oscar Pistorius. Entrambi gli atleti sono riusciti attraverso diverse battaglie contro l’ottusità della società a realizzare i loro sogni nonostante le loro effettive inabilità. Come esprime bene Anna Maria Murdaca “non si deve definire nessuno per sottrazione” ; ogni persona ha una sua storia, ha prospettive per il futuro, ha dei limiti e delle potenzialità, e se noi le sottraiamo non solo emarginiamo le persone ma perdiamo un opportunità di evolverci, di crescere. Nel testo “Complessità della persona e disabilità”, Anna Maria Murdaca, docente esperta e autrice competente in questioni relative a soggetti con disabilità, mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine “integrazione”, alla comprensione delle reali condizioni di vita dei soggetti disabili e di quali servizi vengono forniti per le loro esigenze. Riflettere sulla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità significa riflettere su diversi punti:
    • principali norme e disposizioni che regolano la tutela e i servizi in favore ai soggetti in situazione di disagio;
    • il problema delle “barriere architettoniche”;
    • i materiali e gli ausili messi a disposizione;
    • le possibilità di inserimento lavorativo;
    • la classificazione dei vari tipi di disabilità (motorio, sensoriale o psichico).
    Dall’analisi di questi cinque punti, emerge la legge 104 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Nella presente legge si garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata, si promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società. Si assicurano i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la riabilitazione delle minorazioni e la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; si predispongono interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata. Secondo la legge, il disabile ha diritto all’educazione e all’istruzione; l'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione. Si favorisce l'inserimento della persona handicappata nei corsi di formazione professionale dei centri pubblici e privati e si garantisce agli allievi handicappati, che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari, l'acquisizione di una qualifica anche mediante attività specifiche nell'ambito delle attività del centro di formazione professionale. La legge 104 pone tra i suoi obiettivi principali l’eliminazione delle “barriere architettoniche”, creando strutture e servizi alla portata dei disabili, mettendo quindi a disposizione sussidi all’interno del centro abitato (ad esempio, ponendo pedane sugli autobus, costruendo piccole strutture per la salita e la discesa da un marciapiedi). Tuttavia, spesso accade, come osservato nei video in aula, come la società voglia accettare le difficoltà fisiche di un disabile, ma a causa di ignoranza e menefreghismo non tiene conto dei problemi tecnici di tali strutture (ricordo i disagi della pedana di un autobus a Roma). Anna Maria Murdaca, nel suo testo “Complessità della persona con disabilità”, desidera rimodulare il termine “integrazione”: cos’è l’integrazione? Dal dizionario della lingua italiana, “integrare” significa inserire una persona o un gruppo in un ambiente o in un contesto in modo che ne diventi parte organica (sia dal punto di vista di chi è da integrare, sia da quello del contesto che integra), e di rendere qualcosa completo, o più efficace. L’integrazione non è non un punto di arrivo ma è un processo continuo, una continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dai disabili. La vera novità, che Murdaca vuole evidenziare, è che non si deve mirare all’accudimento ma all’emancipazione del soggetto con disabilità, che fa parte del processo di maturazione psicocognitiva, psicoaffettiva e psicosociale, che richiede ambienti e contesti attendibili e sostenibili.
    Attualmente ci troviamo immersi in una società complessa, in una società in cui le istituzioni educative non riescono a rispondere alle richieste e ai problemi dei soggetti. È per questo che si deve pensare ad un nuovo modo di svolgere una relazione educativa: cos’è? Chi riguarda? Ogni relazione, ogni incontro umano è educativo, in quanto è portatore di significati, valori o anche semplicemente di opinioni che assumono un peso educativo nella crescita di colui che li riceve. La relazione educativa è un modo di creare una serie di situazioni che possano mettere a proprio agio il soggetto che si ha di fronte, significa quindi creare un rapporto alla pari attraverso la fiducia, porsi sullo stesso piano dell’interlocutore senza creare differenze, in modo tale che il soggetto si senta libero di esprimere le proprie idee e confrontarsi liberamente con altri soggetti. La relazione educativa è il confronto che si viene a creare tra l'educatore (sia esso genitore o insegnante) e l'individuo da educare; tale relazione deve essere incontro e scambio, partecipazione ed alleanza, un’occasione di formazione bilaterale nel senso che l' educando apprende grazie all' educatore, mentre l' educatore, grazie all' educando, può perfezionare le sue tecniche di educazione. La relazione educativa si costruisce giorno per giorno; tra insegnante ed allievo si deve creare un rapporto di fiducia e di stima, si deve consolidare in un dialogo diretto e personale anche fuori dal gruppo classe. Lo studente deve contare sul fatto che vi sia all’interno dell’istituzione scolastica una persona di cui si possa fidare, pronta ad ascoltarlo a dargli dei consigli, a incoraggiarlo ma anche a rimproverarlo al momento giusto. Purtroppo questo non accade, in quanto è più facile trasmettere le nozioni al gruppo classe piuttosto che creare un rapporto unico e irripetibile con ogni ragazzo. Al primo posto nella relazione educativa c'e' un ricco e positivo legame affettivo che permette alla persona che sta di fronte di fidarsi per poi esprimere le proprie emozioni. L'educatore, quando ha di fronte una persona in difficoltà, deve essere paziente, sensibile, attento alle diversità, accettare il pensiero divergente e soprattutto deve essere sempre pronto a mettersi in discussione e a migliorarsi. Attraverso la relazione educativa si cerca di capire i problemi, le difficoltà, le paure del soggetto in difficoltà, i fattori che spingono un soggetto a comportarsi in un modo magari non accetto dalla società. L’abilità, ma anche la competenza che dovrebbe avere ciascun educatore, è riuscire ad andare oltre le diversità, prendere in considerazione la diversa situazione e creare programmi specifici per far emergere le doti del di-sabile. Questo nuovo modo di pensare ad una relazione educativa deve avere come obiettivo l’emancipazione del disabile, ponendoli allo stesso piano dei normodotati, non mettendo in luce le "mancanze" ma le doti e le sue capacità; per fare questo occorre avere una certa sensibilità, considerare i suoi bisogni, le sue capacità, conoscere la sua emotività, i tratti caratteriali, le sue paure.
    La nostra è una società soggetta ad un continuo mutamento; siamo passati da una società statica ad una dinamica che cerca continuamente di adattarsi a questi cambiamenti. Infatti, sono cambiati i valori, gli ideali, tra cui quello di bellezza. Cos’è la bellezza? E’ qualcosa di esteriore o di interiore? Si può migliorare? A tal proposito, tre figure importanti si sono interessate a questo argomento: Remaury, Lipovetsky e Braidotti. Questi hanno cercato di capire i motivi dell’insoddisfazione del corpo della donna. Remaury sostiene che, con l’avvento di nuove tecniche, la donna cerca incessantemente la perfezione, intesa non come perfezione interiore quanto come quella corporea, la quale rende il corpo libero da malattie e imperfezioni. Si pensa che questa incessante ricerca della perfezione esteriore sia dovuta agli innumerevoli messaggi inviati dai media, che trasmettono un ideale di bellezza e di donna sana, a nostro parere anoressica e volgare. Lipovetsky, invece, evidenzia l’evoluzione delle donna: la prima donna si sentiva svalutata e sfruttata, la seconda definita “beata”, la terza, quella attuale, indefinita, che nasconde la sua sottomissione agli ideali della società attuale, ovvero alla ricerca di un corpo perfetto! Braidotti, nel testo “Madri mostri e macchine”, parla di corpo macchina, riferendosi al legame tra femminismo e tecnologia, cioè del corpo femminile che incarna oltre alla maternità e alla mostruosità anche la macchina. Il tema delle protesi come miglioramento è molto delicato e pieno di significato: alcuni pensano che questi miglioramenti sono superficiali perché dimostrano la sottomissione della società attuale ai canoni di bellezza; altri invece, ritengono di essere favorevoli alle protesi come miglioramento solo in situazioni davvero gravi. Purtroppo, l’avvento nelle nostre case dei media ha prodotto molti problemi e disfatto molti valori; la bellezza è tutt’altro che questa, è cioè l’elemento che ci differenzia gli uni dagli altri. Esistono diversi tipi di bellezza: fisica, intellettuale, creativa ecc, e ognuno di noi è bello proprio perché possiede caratteristiche diverse, ed è solo grazie ad un costruttivo scambio che noi esseri umani riusciremo ad essere completi e a non definirci mostri.


    Ultima modifica di anastasia manzueto il Dom Mag 06, 2012 6:54 pm - modificato 1 volta.

    Contenuto sponsorizzato


    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 3 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Contenuto sponsorizzato


      La data/ora di oggi è Gio Ott 31, 2024 11:00 pm