Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    Messaggio  silvana marconi Dom Mag 20, 2012 3:41 pm

    L’arricchimento che ho percepito durante questo corso è sicuramente la percezione assoluta dell’importanza delle parole. Esse determinano la cultura, il pensiero, la sensibilità nei confronti dei più deboli di un individuo. La parola ha una forza devastante che può recare danni inimmaginabili ed è per questo che sarebbe cosa saggia contare fino a dieci prima di farne uso. gli stereotipi sono un virus letale con conseguenze gravi. La nostra attenzione si è concentrata in particolare sulla persona con disabilità. Io stessa contaminata da quello che mi circondava consideravo la persona disabile diversa. Dopo questo corso mi sono addolorata della mia ignoranza e poca attenzione alla questione, e con fierezza sono consapevole di aver cambiato tale tesi. Ognuno di noi è diverso, infatti a giusta ragione gli esseri umani (tutti) siamo spesso denominati simili, ma tutti diversi dagl’altri. Questa tesi con precisione matematica porta al risultato che la disabilità non è diversità ma uno stile di vita. Errore più grave è considerare la disabilità una malattia, ma fortunatamente tale pensiero attraverso un processo di sensibilizzazione sociale sta se pur a fatica scomparendo. Disabile non è colui che è diverso ma è colui che in seguito a menomazioni fisiche ha una limitata capacità d’interazione con l’ambiente sociale e a ciò che è considerato norma rendendolo meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane ponendolo in un situazione di svantaggio. Se consideriamo la voglia di prendere un bambino in braccio, ad un piccolo scalino che s’interpone tra il soggetto disabile e il luogo da raggiungere, vestirsi, e tantissime altre barriere architettoniche, ci rendiamo conto dello status di vita che affrontano i disabili. E’ inevitabile che l’ombra dell’emarginazione invade la persona disabile. Un esperimento fatto durante il laboratorio che mi ha perfettamente illuminata sull’emarginazione è stato quando la professoressa fingendosi sindaco di una cittadina più o meno surreale ha diviso per categorie la popolazione, separando le persone con gli occhiali con quelli senza, e vietando alle persone con gli occhiali una serie di azioni. Facendo parte della categoria senza occhiali non riuscivo a godere dei benefici concessomi dal fantasioso sindaco in quanto in me è nata subito prima di tutto un senso di colpa nei confronti degli emarginati e soprattutto si è accesa in me un voglia di aiuto nei loro confronti. Handicap, termine purtroppo usato spesso anche fra gli adetti ai lavori. Tale parola viene usata come sinonimo di menomazione fisica-psichica, indicando un qualcosa che è intrinseco alla persona, convinzione che portò l’organizzazione mondiale della sanità a creare opportuni strumenti di classificazione per poter osservare, analizzare e diagnosticare con più precisione le patologie organiche, psichiche e comportamentali del soggetto. La prima classificazione elaborata dall’OMS per le classificazioni delle malattie fu costituita nel 1970, ICD, essa traduceva le diagnosi in codici numerici facilitando la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Altra caratteristica fondamentale dell’ICD è che avvicinava la disabilità alle patologie cliniche. Nel 1980 l’OMS mise appunto l’ICIDH, basandosi sostanzialmente su tre fattori, menomazione, disabilità e svantaggio o handicap. Tali termini verranno sostituiti da: menomazione, abilità e partecipazione. In particolare quest’ultimo dava una maggiore attenzione alla capacità di coinvolgimento sociale del soggetto con deficit. Ultima classificazione è ICF, nata nel 2001 (classificazione del funzionamento della salute e della disabilità). Con essa finalmente cambia il modo di porsi nei confronti della disabilità, la saluta l’handicap, dinamiche che possono cambiare nel tempo attraverso fattore correlato: il contesto di vita dell’individuo. L’ICF pone la sua attenzione soprattutto al benessere del soggetto in modo da migliorare le condizioni, fisiche, mentali e sociali del soggetto. Come detto prima il contesto che circonda la persona disabile è fondamentale come è fondamentale dottrinare gli educatori a superare prima di tutto i pregiudizi al primo impatto con il bambino e soprattutto ad approfondire la conoscenza del bambino basando l’intero rapporto sull’amicizia avvolgendolo in una sensazione di protezione nei confronti dell’ignoranza che incombe nel contesto stesso. Da abolire nel nostro pensiero è la parola diverso. La cecità d’animo diffusa crea innumerevoli mostri che continuamente cercano di aggredire coloro che reputano non uguali. Devo essere grata a vita a questo studio approfondito che mi ha guarito definitivamente da un cecità cronica, e grazie anche ad autori come A.M. Murdaca. Murdaca ci guida ad affrontare tematiche come: integrazione, costruzione di una nuova cultura della disabilità e soprattutto un serio progetto di vita per le persone disabili. La teoria fondamentale di Murdaca è quella che ogni soggetto ha il dovere di allargare i propri orizzonti, cercando di cancellare i proprio limiti rivoluzionando tutti gli stereotipi che dimoravano in noi, aprirsi in modo completo alla globalità fondendosi ad una nuova cultura attenta alla disabilità e alla tutela dell’essere umano disabile in quanto tale. Le barriere più che architettoniche sono mentali, accettare la disabilità in modo naturale non fa ancora parte della consuetudine, anzi spesso ancora oggi capita che il disabile diventi soggetto di stigmatizzazione negativa con la conseguenza che il soggetto con deficit mentale o fisico viene spesso allontanato dalla vita sociale globale emarginandoli (Goffman ci insegna). Purtroppo il tumore chiamato emarginazione spesso aggredisce il soggetto con deficit anche nelle mura domestiche, anche se spesso è un atteggiamento derivante da un senso di eccessiva protezione non evita al soggetto un danno grave. Una soluzione a tale disagio è il confronto tra famiglie, aiutati dai mass media, dalle strutture scolastiche e soprattutto dalle leggi, è dovere dei familiari interagire tra loro, solo così si potrà essere testimoni di una svolta culturale. Altra cosa fondamentale è aumentare la professionalità degli educatori presenti nelle scuole, se pur questo debba comportare un cernita più severa, è giusto che l’educatore sia predisposto a sostenere, proteggere e soprattutto istaurare un rapporto di amicizia con il bambino disabile e preparato ad affrontare argomentazione di qualsiasi genere, come senza tener conto a fattori come; età, sesso, nazionalità e situazione familiare del singolo soggetto. Mio parere personale è che l’educatore si deve predisporre mentalmente che la convivenza con un soggetto con deficit non è solo un dare, ma sicuramente anche un ricevere. Altro arricchimento l’ho avuto studiando autori come Braidotti, Remaury e Lipovetsky. Braidotti e Remaury hanno reso chiaro lo status della donna attuale. Insoddisfatta, sempre alla ricerca della perfezione, donne che combattono una guerra con un nemico invincibile: il tempo, sottoponendosi ad operazione chirurgiche. Solo che molto spesso più che un chirurgo ci vorrebbe Padre Pio. L’attenzione di Lipovetsky si sposta sui passaggi epocali affrontati dalla donna nella precisione i passaggi sono tre. Primo. La donna svalutata, sfruttata schiavizzata. Secondo. L’icona, l’ideale virtù. Terzo. Racchiude quelli precedenti rendendo la donna però; indefinita. Ma non in senso negativo ma bensì come fondamento dell’autodeterminazione. La caratteristica che accomuna i tre autori citati è l’attenzione su temi forti che invadono la nostra società: il non rispetto del proprio corpo, forse unico patrimonio che abbiamo. Personalmente ridurrei al minimo la chirurgia estetica ma sosterrei la chirurgia nei casi più seri, cioè quelli che migliorano la vita a persone che o per malformazioni o per incidenti siano stati privati di arti. Un esempio su tutti è quello Pistorius, che se pur con non pochi problemi ha potuto vivere il sogno di gareggiare nell’atletica
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    Piccolo Emilia


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    Messaggio  Piccolo Emilia Dom Mag 20, 2012 3:47 pm

    1° ESERCIZIO
    L’OMS è l’organizzazione Mondiale della Sanità.
    L’OMS ha elaborato la prima classificazione internazionale delle malattie (ICD)del 1970. Questa classificazione coglie la causa delle patologie,fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche .
    L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1980, per risolvere il problema della definizione, crea l’ICIDH. Si basa su tre fattori la menomazione, la disabilità e handicap. ICF è stato pubblicato nel 2001 e la sigla sta per Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute. È una classificazione che descrive le modifiche dello Stato di Salute di una personale gli stadi ad esse correlati. La DISABILITà viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di espletare come una caratteristica propria della persona. L’ICF è descritto come un linguaggio standard che serve da modello di riferimento per la descrizione della salute, facilitando la comunicazione tra professionalità ed esperienza diverse sullo stesso campo e promuovere ricerche nello stesso tempo. La Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute è stato introdotto perché le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica non erano giudicate sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona, cioè quello che riesce a fare e quello in cui ha delle difficoltà. L’ICF rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale, in quanto sono in contatto con persone che presentano varie condizioni di salute. Adottandolo si accetterà il diritto della persona con disabilità ed essere parte naturale della società stessa. Per far sì che avvenga l’accettazione nella società è molto utile fare una riflessione sulle parole DISABILE E DIVERSO. Brevemente potremmo dire che il disabile è una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana. Nei confronti della persona si tende ad assumere un atteggiamento e uno sguardo di pietismo. Questo porta ad un etichettamento che porta a far sentire diverso persone uguali a noi……. “ tutti sono diversi; non tutti siamo disabili ” con questa frase si capisce che il DIVERSO deve essere visto come un valore. Potremmo anche aggiungere che proprio la società in cui viviamo porta a far sentire diversi perché esistono molte barriere architettoniche. Loro non sono liberi di andare per la città in quanto non vi sono attrezzature adatte ai loro bisogni oppure gli strumenti ci sono ma non funzionano e i responsabili sono così pigri, egoisti da non aiutare se qualcuno è in difficoltà. Tutto questo porta solo ad un senso di pietosità nei confronti della persona che ha bisogno e così non si arriva a capire che il disabile ha una propria identità. I pregiudizi e gli stereotipi farebbero racchiudere i diversi in cerchio chiuso, in scarto dell’umanità. La questione importante e quella di capire dove esiste la normalità, chi è la persona normale. Quando pensiamo al diverso o all’ anormale immaginiamo un soggetto non omologato, no simile alla maggior parte delle persone che vivono intorno a lui. È colui che la società etichetta o emargina in quanto e fuori dai nostri schemi mentali, per questo di solito il diverso viene isolato, ci incute paura. Il diverso e spesso il mostro, non lo capiamo anche perché non vogliamo capirlo o è colui per cui proviamo vergogna, compassione e orrore.

    2° ESERCIZIO


    Anna Maria Murdaca è una esperta in questioni relative alla disabilità. Il testo Complessità della persona disabile mira su logiche che riguardano la rimodulazione di una nuova cultura della disabilità, la rimodulazione del termine integrazione e della ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità. Per questo dobbiamo abbandonare la logica dell’inserimento e adottare l’ottica della globalità.
    L’handicap e la condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o disabilità che in un certo soggetto limita l’adempimento a ruolo normale. È il contesto sociale a favorire il processo di emarginazione. Quindi l’ambiente e determinante nel definire la disabilità. Quindi si mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, che è centrata sulla valorizzazione della persona umana e delle identità. L’integrazione è un processo continuo che preserva i diritti acquisiti dei disabili, che si riferiscono a valorizzare al meglio le loro dotazioni individuali. Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione, senza però perdere l’umanità. Per quanto riguarda il concetto dello spazio di cura come luogo ripartito bisogna ricordare che esso è collegato all’agire educativo. Esso è un emancipazione dei soggetti, volta alla realizzazione dell’uomo perciò che egli è e perciò che egli può diventare.
    Per la Murdaca ci troviamo davanti ad un nuovo “ paradigma del benessere “. Non si mira all’accudimento ma all’emancipazione del soggetto con disabilità. La nuova cultura della disabilità deve essere attenta accogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive quanto ha innalzare la qualità della vita dei soggetti. La costruzione dell’identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti e capaci di sviluppare le potenzialità personali attraverso mezzi più idonei a valorizzare a differenza come risorsa. Per questo e importante riflettere su cosa sia la relazione educativa, la quale attraversa molte tematiche. Bisogna dire che ogni relazione, ogni incontro umano è educativo, in quanto è portatore dei significati, valori che assumono un peso educativo nella crescita di colui che li riceve visto che in una relazione ogni individuo riceve qualcosa. La relazione educativa è anche uno scambio di emozioni tra più persone. L’educatore deve essere paziente, sensibile alla diversità e deve essere sempre pronto a mettersi in discussione e migliorarsi.
    Inoltre esso deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere a tal proposito in atto programmi specifici per fare emergere le doti del disabile, evidenziare le potenzialità e le capacita di una persona. Occorre una certa sensibilità, considerare i suoi bisogni, le sue capacità, questo affinchè la relazione educativa possa dare esiti positivi.
    3° ESERCIZIO


    Remauy dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, e abbiamo un triplice obbiettivo: - giovinezza
    - Bellezza
    - salute.
    Il corpo trasfigurato e legato all’immagine della perfezione. Il corpo esatto compie progressi verso la perfezione grazie alle scienze. ( il modello dominante ) il corpo liberato lo è dalle malattie e dal peso e dal passare del tempo. Il controllo della propria immagine, attraverso i vari modelli sociali, porta la donna verso al conquista del corpo perfetto prodotto da un lavoro su se stesso.
    Lipovetsky dice che secondo la teoria della maturità positiva della donna, la fa venire fuori come colei che controlla e gestisce la propria immagine. Il limite di questa maturità e la comunicazione che la donna si identifichi per forza in quei determinanti modelli sociali. Ma nonostante questo c’è sempre stato il bisogno di cambiare, ossia il bisogno di seguire la massa che a sua volta segue un MODELLO IDEALE e questo porta a un rifiuto della propria UNICITà. La magrezza non è solo bellezza dal momento che modelle anoressiche rappresentano un prototipo che diventa poi mostruoso in quanto incontra per alcuni versi la morte.

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    Messaggio  Valentina Gaudioso Dom Mag 20, 2012 3:52 pm

    1)
    ICD è la classificazione internazionale delle malattie che l'OMS--> organizzazione mondiale della sanità, fece nel 1970. Questa classificazione è stata creata per far comprendere le patologie ed assegnare ad ogni malattia, una giusta descrizione delle caratteristiche cliniche.
    Nella vita di tutti i giorni, sono molte le persone che utilizzano termini impropri e infatti considerano sinonimi, quelli che non sono! Per rimediare a questo problema L'OMS (organizzazione sopracitata) ha proposto, nel 1980, una classificazione internazionale (chiamata ICIDH) che evidenzia le caratteristiche e le possibili conseguenze delle malattie e si basa su tre termini:
    *menomazioni (è una perdita o anomalia strutturale o funzionale, psichica o fisica come il cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo. La menomazione può essere temporanea (la gravidanza ho letto che può essere considerata una menomazione temporanea), accidentale ossia in seguito ad un incidente e degenerativa ovvero che può portare alla disabilità)
    *disabilità (può essere una conseguenza della menomazione ed è la non capacità di svolgere in modo 'normale' una qualsiasi attività della vita quotidiana. Il termine 'disabilità' significa non abile in qualcosa, invece secondo il mio parere, sarebbe più giusto dire 'diversabilità' perchè evidenza anche delle abilità che la persona possiede. Diversabilità deriva dalla parola 'diversamente abile' per cui non vi è nessun etichettamento)
    *handicap (in italiano lo potremmo tradurre come 'svantaggio' che segue la menomazione o la disabilità e limita il soggetto ad un 'normale' compimento delle funzioni vitali).
    E' importante sapere che, una persona può essere menomata senza essere disabile e disabile senza essere handicappata!
    Quindi, solo studiando il giusto significato delle parole, possiamo riflettere su quello che per comodità convenzionale chiamiamo l'handicap.
    Questa classificazione internazionale, con il passar del tempo, venne sotituita con la classificazione ICF--> classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute, che nel 2001 diede una nuova definizione al termine 'disabilità', ovvero che 'la disabilità è una condizione di salute derivata da un costesto sfavorevole', infatti lo stato di salute di una persona può modificarsi a seconda del contesto sociale. La società è un elemento che può influenzare lo stato di salute, inoltre riduce le capacità e aumenta le difficoltà: come infatti abbiamo visto in classe alcuni video dove parecchie persone erano ostacolate dal contesto sfavorevole delle barriere architettoniche. Ostacoli causati dalla mancanza di manutenzione sulle strade, come ad esempio marciapiedi inaccessibili per chi è sulla sedia a rotelle.
    ICF è stato introdotto per utilizzare un linguaggio unificato tra gli ospedali, cosicchè gli operatori del campo sanitario, hanno un modello di riferimento per la descrizione della salute.
    Come noi normodotati, siamo diversi l'uno dall'altro, anche i disabili differiscono tra loro: Atzori e Pistorius ad esempio si distinguono da molti altri per la loro resilienza. Hanno saputo trarre dalla vita il meglio, nonostante tutte le difficoltà che hanno dovuto affrontare.
    A mio parere tutti noi siamo diversi, anche i disabili possono essere considerati tali, ma non inteso come una parola dispreggiativa, diversi nel senso che ogniuno è unico nella sua personalità. Molti (non compresa me) pensando al diverso, si riferiscono ad una qualcosa di mostruoso, invece a mio pareren il diverso è una persona con delle abilità particolari, non molto comuni: il mio modo di vedere il diverso è simile al termine diversabilità ovvero che il diversabile ha delle abilità diverse da altri. Perchè dobbiamo usare un termine che valorizzi solo l'aspetto negativo di una persona? Ogniuno di noi ha nel carattere o nel fisico o nel modo di fare qualche difetto. Riflettendo, molti non sanno disegnare quindi possono essere considerati non abili nel disegno, e perchè invece le persone ceche vengono considerate disabili e non invece diversabili nella vista ma molto abili nell'udito? E' molto importante NON far sentire i meno fortunati INFERIORI.

    2)
    Ad interessarsi sulla complessità della persona disabile, c'è stata anche Anna Maria Murdaca. Quest'ultima ha scritto anche un libro che mira alla rimodulazione del termine integrazione, la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, e alla ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità.
    Murdaca ha una visione della disabilità più globale perchè infatti sostiene che è l'ambiente, gli ostacoli a facilitare il processo di emarginazione nei confronti del disabile. La scuola può essere un luogo che collabora a sviluppare una buona integrazione ma allo stesso tempo, c'è il rischio del bullismo, purtroppo molto presente nelle scuole.
    Un'altra cosa che può contribuire al miglioramento sono le tecnologie, che perfortuna sono molto avanzate e permettonono al disabile di essere aiutato: pensiamo alla domotica, architetture ad altissima tecnologia per l'interno e per l'esterno. Anche le persone completamente paralizzate dalla testa in giù, grazie alla tecnologia, riescono a sopravvivere e a "sentirsi liberi di muoversi".
    Il testo di Murdaca, si sofferma su quale ruolo possono esprimere i disabili e quali servizi vengono costruiti per le loro esigenze. Le persone disabilI non devono essere giudicata per sottrazione anche perchè sono pur sempre delle persone, che vanno valorizzare per ciò che sanno fare e bisogna avere il rispetto per le differenze che contraddistinguono ogniuno di noi.
    Murdaca scrive che le relazioni educative, di devono basare sull'indipendenza del soggetto, ovvero ad un'evoluzione che porti all'emancipazione della persona disabile, quindi non farlo sentire inferiore accudendolo! Le relazioni educative sono fondamentali perchè si viene a creare un rapporto in cui vi è un prendere e un dare in sincronia; Questo legame, genera l'apprendimento, ma non ci deve essere la disparità di potere ad esempio tra docente e discente.
    (Il rapporto che la prof. Briganti ha con noi alunne, non è ostacolato da disparità, anzi la prof. si mette al nostro "livello" e ci fa sentire a nostro agio grazie alla sua dolcezza). Dovrebbe essere sempre così, perchè un ragazzino non deve avere paura o timore della propria educatrice, altrimenti una relazione educativa non si potrà mai creare e quindi verrà a mancare anche uno scambio di emozioni.
    In una relazione educativa, sono indispensabili l'approccio e l'ascolto, per far si che la persona non si senta a disagio. Relazionarsi con un bambino disabile, è sicuramente più complicato ed è essenziale non mettere in luce le mancanze del bambino in questione ma farlo sentire alla pari degli altri potenziandone le doti.
    Murdaca si sofferma anche sulle opportunità educative da offrire al disabile cosicchè egli scopre le forze resilienti, capaci di superare le difficoltà e i disagi. Essere resiliente, non è di certo semplice, ci vuole vitalità, energia ed una forza d'animo costante. Mi vengono in mente due persone: una è il sign.Palladino (che ho realmente conosciuto e che a settembre mi insegnerà la scrittura braille); L'altra persona è Jean Dominik, protagonista del film 'lo scafandro e la farfalla'. Hanno due storie diverse ma entrambi sono resilienti: nel primo caso Palladino perse la vista quando era bambino, quindi dovette avere molta forza nel superare al "buio" quello che prima, riusciva ad affrontare "ad acchi aperti". Immagino la sofferenza che il bambino ha dovuto sopportare e di conseguenza superare, dal momento che all'improvviso, sono venute meno tutte le certezze che costituivano il suo mondo reale. Nel secondo caso, Jean Dominik è diventato, per colpa di un ictus, prigioniero del suo corpo e poteva comunicare solo con il battito di ciglia di un occhio. E' riuscito con il tempo, a prendere coraggio per continuare ad andare avanti e infatti superò ogni limite scrivendo anche un libro. Infine, concludo questa parte dicendo che è importante guardare una persona nella sua globalità, anche perchè se diamo tutti il nostro contributo nell'aiutare i disabili (anche solo non etichettandoli come tali) possono andare verso uno sviluppo della persona e ad una loro maggiore autostima.

    3)
    Purtroppo al giorno d'oggi, la maggior parte delle persone, in particolare le donne, ricorrono a protesi estetiche per "migliorare" anche il più piccolo difetto fisico che hanno. Sono d'accordo alle protesi come miglioramento: solo a correzioni di difetti fisici ad esempio un naso troppo lungo o con un'evidente gobba, in altri casi ad esempio rughe o zampe di gallina sono contraria perchè quelli non sono difetti, ma cambiamenti naturali della pelle; (oltretutto le persone che hanno fatto il lifting facciale per eliminare le rughe, hanno il viso così tanto "tirato" che la faccia non ha più espressività, quasi fanno fatica anche a sorridere..) Quindi a parte alcuni casi di persone che sono "costrette" a modifiche corporali, per il resto dei casi mi chiedo perchè non accettarsi per quello che si è?? perchè andare incontro alla chirurgia che nasconde solo la realtà?? Ragionando, mi sono risposta che siamo talmente sommersi continuamente dagli ideali di bellezza, che diventa sempre più difficile, per una donna, essere 'imperfetta'.
    La taglia 42 è sinonimo di bellezza e quelle che non si adeguono, concludono col sentirsi umiliate dalla società che oltretutto, offre molti mezzi per essere magre (come attività fisica tramite attrezzi e diete). L'idea di corpo è completamente cambiato, prima 'c'era la moda' per i corpi formosi come ad esempio Monica Bellucci o Manuela Arcuri che sono due prototipi di bellezze 'in carne'; Ora il modello sono le ragazze in passerella, ovvero taglia 38\40 senza forme e senza curve.
    La giovinezza e la bellezza (intesa come magrezza) sono le due qualità fondamentali che una donna deve avere per essere considerata perfetta. Non riesco a considerare l'estrema magrezza una bellezza da seguire... anzi molte delle modelle in passerella, corrono il rischio di diventare anoressiche e quindi mostrano tutta la loro trasformazione e mostruosità.
    Gli autori che si sono dedicati al tema di bellezza e perfezione sono:
    -Remaury, -Lipovetsky e -Braidotti.
    Remaury ha scritto 'il gentil sesso debole' e dice che noi donne siamo 'deboli' perchè dirette verso la perfezione che in questo caso sono 1)La giovinezza..eterna (che è un obbiettivo ancora biologicamente irrealizzabile); 2)La bellezza(associata all'idea di magrezza); 3)salute (se si continua ad avere prototipi di bellezza come le ragazze anoressiche delle passerelle, è un po impossibile essere in salute).
    Lipovetsky ha scritto invece 'la terza donna', quest'ultima è colei che è soggiogata ai modelli dominanti (come la malattia, il peso e il tempo) perciò ella si sente obbligata dal sociale a seguire l'obbiettivo della perfezione del corpo.
    Rose Braidotti infine ha scritto 'madri, mostri e macchine' e spiega come una mamma, nel momento della maternità, modifica il proprio corpo, facendolo diventare (per l'immaginario machile) qualcosa di orribile, ma che allo stesso tempo crea un essere meraviglioso; Infatti in greco la parola 'mostro' si traduce 'teras' che significa orribile e merviglioso.
    [ Avevo letto questa credenza che una mamma quando partorisce una femminuccia è ancora più brutta di quando partorisce un maschietto, perchè la femmina 'prende' tutta la bellezza della mamma:D ]
    Concludo dicendo un'ultima cosa sulla perfezione.. Siccome perfetti non si può essere, l'unica cosa giusta che, secondo me, possiamo fare per migliorarci è prendersi cura del proprio corpo facendo attività fisica! Ovviamente non deve diventare un chiodo fisso, perchè allora là si sta incominciando a sbagliare: nella vita bisogna essere moderati in qualsiasi cosa facciamo, gli eccessi storpiano sempre!!
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    Messaggio  MARIA VITTORIA PIROZZI Dom Mag 20, 2012 4:30 pm

    1) L'organizzazzione mondiale della sanità, denominata in modo piu semplice anche OMS, è un agenzia specializzata dell'ONU per la salute. L'obiettivo di quest'organizzazzione è il raggiungimento da parte della delle popolazioni del livello piu alto possibile di salute. La prima classificazione elaborata dall'OMS, è l'ICD (classificazione internazionele delle malattie), introdotta per la prima volta nel 1970. Questa prima classificazione, focalizza la prorpia attenzione sulle molteplici cause delle patologie, fornendo una descrizione dettagliata delle caratteristiche cliniche, di ogni singola sindrome o singolo disturbo. Ogni diagnosi, per facilitarne la memorizzazzione, viene tramutata in un codice numerico. Ad ogni patologia, viene attribuita una ''disabilità'' in modo tale che si possa creare una sorta di Enciclopedia Medica. Col passar del tempo, tale classificazione venne sostituita in un primo momento dal ICIDH (International classification of impairments,Disabilities and handicaps) introdotta per la prima volta nel 1980; inseguito si instaurò una nuova sigla, ICF (classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) introdotta nel 2001, che diede una nuova denominazione al termine: ''disabilità''. La disabilità non è una malattia, bensi una condizione personale in cui è presente una carenza o la restrizione, conseguente ad una menomazione nello svolgere un'attività nei modi e nei limiti ritenuti ''normali'' per un essere umano, e questa puo essere classificata in categorie: handicap, disabilità, menomazione. Le classificazioni prima elencate, riguardo l'OMS, decrivono le modifiche dello stato di salute di una persona, considerando qualsiasi disturbo associato alle condizioni di salute del corpo, e ponendo come cardine centrale la vita della stessa persona, eventualmente affetta da patologie, mettendo in evdenza il modo in cui coinvivono con la loro condizione. L'importante passaggio dall'ICD all'ICF, avvenne per svariati motivi, uno dei quali è associato alle diagnosi mediche poco esaustive nel definire ciò la persona era o non era in grado di fare. La classifficazione ICF invece, elaborata per una qualsiasi fascia di età, è uno strumento molto importante poiche grazie ad esso ci si puo accertare, in campo sanitario, delle condizioni di salute delle persone disabili e inoltre la ''disabilità'', secondo quest'organo, deriva dal contesto sfavorevole in cui la stessa persona si ritrova. Questo ''contesto'' lo abbiamo individuato nel laboratorio svolto sulle barriere architettoniche, in quale si basava sugli ostacoli che una persona disabile potrebbe incontrare nell'arco della sua giornata,e questo,a parer mio,rende la vita ancora piu difficoltosa a queste persone. Oltre agli ostacoli, ad aggravare ancora di piu la situazione è il cattivo uso che la maggior parte delle persone fà dei termini come: handicappato, diverso o disabile. Per chiarire un po il significato di questi termini è necessario fare un'accurata analisi. La persona disabile è un individuo che non è in grado di svolgere normali attività quotidiane, disturbato psicologicamente e fisicamente. Il termine ''diverso'', sta ad indicare una persona che ha delle capacità diverse dagli altri, oltre ad avere purtroppo un'innata disabilità. Questi innumerevoli soggetti purtroppo, oltre a coinvivere con il loro ''problema'', tante altre persone definite ''normodotate'' contribuiscono a rendere la vita piu difficile ai disabili, molto spesso messi da parte e isolati, emarginandoli del tutto dalla società, aumentando in loro un ulteriore disturbo psicologico e fisico.

    2) Anna Maria Murdaca nel suo libro "Complessità della persona disabilità" emergono differenti temi come quello dell'integrazione, la complessità e umanità della persona, la cura e la relazione educativa, l'ambiente, la globaità della persona, disabili come cittadini a pieno titolo etc.
    La scrittrice mira:
    -alla costruzione di una nuova cultura della disabilità
    -alla rimodulazione del termine integrazione
    -alla ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità. L'autrice sostiene che bisogna dirigersi verso l'inclusione adottando l'ottica della globalità. Come ho riportato anche nel punto 1, è il contesto sociale a determinare la condizione di un disabile e di un handicappato. L'obiettivo dell'autrice, che si evince chiaramente dal suo libro, è il valorizzare la persona rispettando le sue ''differenze''. Qui sorge il problema dell'integrazione. Per integrazione si intende quel processo continuo per preservare i diritti delle persone disabili, essendo loro cittadini a pieno titolo della nostra società. Bisogna accettare la ''diversità'' di queste persone, affinche possano integrarsi interamente, e non giudicarle in base alle loro capacità ''limitate'', poichè questi prima di essere disabili, sono esseri umani a tutti gli effetti. L' aspetto positivo dell'integrazione è l'indipendenza e l'emancipazione di queste persone. Proprio per questo è importante stabilire una buona base di relazione educativa fin dal principio. La prima relazione che si instaura è quella tra madre/figlio, ed è quella a mio avviso piu importante; la seconda relazione che si instaura è quella tra docente/educando, in cui è presente la possibilità di analizzare ogni singolo caso, siccome queste persone provengono da contesti diversi e hanno storie diverse l'uno dall'altro. L'instaurazione di una relazione non puo essere altro che un occasione positiva, in cui si infonde profonda fiducia e positività.

    3) Spesso abbiamo soffermato la nostra attenzione sul tema delle protesi estetiche, e abbiamo osservato se questa soluzione potesse giovare, migliorare il nostro corpo oppure deteriorarlo ulteriormente. Un esempio che sta a dimostrare come la tecnologia applicata ad altre scienze, come la medicina e chirurgia, possa risolvere problemi molto gravi e salvare in determinate situazioni anche vite umane, è quello di Richard Lee Norris. Quello di Norris è quella tipologia di caso in cui si ha un vantaggio sia interiore, di autostima, sia estetico. Come ci dimostra un altro autore, Remaury, ci sono alcune persone che usufruiscono della tecnologia estetica per definirsi meglio e raggiungere quasi del tutto la perfezione. E questo possiamo scorgerlo all'interno del suo testo ''gentil sesso debole''. Riguardo ciò, come ci fa notare Lipovetsky all'interno del suo libro ''la terza donna'' i valori che può e deve scegliere una donna,sono quelli di eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale. La seconda donna è l'icona, l'ideale di virtù e la prima donna era un'immagine svalutata, sfruttata e demonizzata. Anche all'interno del libro di Rosi Braidotti ''Madri,Mostri e macchine'' mette in luce il cambiamento che si è avuto con l'insorgere della tecnologia. Per l'autrice non era importante sapere chi siamo bensi era importante sapere ed essere consapevoli su cosa vogliamo diventare.
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    Messaggio  Antonella Leonetti Dom Mag 20, 2012 4:57 pm

    Canevaro nel testo “Le parole che fanno la differenza” evidenzia l’importanza delle parole in quanto contengono diversi significati. La disabilità, in tal senso, non deve essere intesa solo come mancanza o privazione ma come una condizione che supera le barriere mentali ed architettoniche. L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha elaborato nel 1970 la prima classificazione internazionale delle malattie o ICD, una sorta di enciclopedia che definisce la disabilità una malattia. Ma, nel 1980, l’OMS elabora una seconda classificazione internazionale definita ICDH che si focalizza su tre fattori molto importanti: la menomazione, l’abilità e la partecipazione. Con l’ICDH il ruolo del disabile inizia a cambiare in modo positivo attraverso il coinvolgimento sociale e una maggiore attenzione verso le sue capacità; ma è nel 1990, con l’elaborazione dell’ICF, che la disabilità non viene intesa più come malattia, ma come condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. L’ICF rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario, sociale, lavorativo ed educativo in quanto può essere utilizzato con tutte le persone di qualsiasi età per descrivere la disabilità, il contesto delle persone disabili, un disturbo o un trauma. Questa classificazione riveste un ruolo molto importante anche per quanto riguarda la riabilitazione, poiché si pone l’obiettivo di migliorare le attività quotidiane di una persona con disabilità affinchè le possa svolgere autonomamente. L’ICF mira a coinvolgere le persone con disabilità in una società che per anni le ha emarginate, escluse, isolate in istituti perché considerate “diverse” e lontane dall’idea di “normalità” e bellezza imposte dalla società egemone. In uno dei laboratori svolti durante il corso, ci siamo “immedesimati” per un breve lasso di tempo nella vita di una persona con disabilità attraverso una simulazione sulla cecità in cui siamo stati bendati e abbiamo utilizzato gli altri sensi di cui disponiamo; altri laboratori, come l’esercizio sull’orologio, ci hanno dato la possibilità di riflettere, attraverso il paragone della nostra giornata tipo con la giornata di un disabile, su quante barriere architettoniche siano presenti nel 2012. Queste barriere, presenti in quasi tutte le città italiane, non permettono ad una persona con disabilità di condurre una vita “normale”. Pertanto, dobbiamo sempre tener presente che la persona con disabilità è un soggetto complesso che non deve essere visto solo per le sue mancanze, anzi, è opportuno partire dai suoi punti di forza, dalle sue capacità e dai suoi talenti. Di solito definiamo “mostro” il diverso per religione, cultura, idee poiché va contro i canoni accettati e divulgati dalla nostra società omologante e standardizzata; il diverso incute paura perché non lo conosciamo e siamo portati a giudicarlo, ad avere pregiudizi nei suoi confronti categorizzando o etichettando una persona solo per ciò che appare esteticamente. Anna Maria Murdaca, nel testo “Complessità della persona con disabilità”, ricostruisce una nuova cultura della disabilità non più intesa solo in termini di integrazione, ma di inclusione sociale, di cura e relazione educativa, di globalità della persona con disabilità vista nella sua complessità ed unicità. L’autrice parla, dunque, dei disabili come CITTADINI A PIENO TITOLO, un titolo che solo ultimamente gli è stato riconosciuto, un titolo che li considera attori della comunità in cui vivono e non solo fruitori passivi, un diritto che guarda alle esigenze di tutti. Murdaca nel suo testo sottolinea l’importanza del CONTESTO SOCIALE, ossia le barriere fisiche e gli ostacoli che impediscono ai disabili di esser parte integrante della società, favorendo la loro esclusione. L’ICF sottolinea l’importanza dell’ambiente nella vita degli individui con disabilità, tra cui la società, la famiglia, il contesto lavorativo. La famiglia, in primo luogo, dovrebbe liberarsi dal senso di colpa e dall’impossibilità di miglioramento della situazione di un figlio o di una figlia disabile. Contemporaneamente gli insegnanti devono sviluppare l’integrazione e le competenze nell’alunno con disabilità, instaurando forti relazioni educative che non si limitino alla tradizionale lezione fatta di nozioni, ma, attraverso un clima sereno, rendano l’alunno partecipe confrontandosi con gli altri. Una relazione che diventerà scambio alla pari, scambio di idee che consentano all’educatore e al discente di imparare l’uno dall’altro, rispettando i differenti punti di vista. L’obiettivo sarà, dunque, VALORIZZARE LA PERSONA CON DISABILITà rispettando le sue esigenze e le sue differenze. L’integrazione è un processo continuo che non ha mai fine, che propone sempre nuove soluzioni e nuove strategie per preservare i diritti dei disabili. La Murdaca sottolinea anche quanto sia importante la cura intesa come emancipazione e realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e che può diventare. La Nuova Politica Socio-Educativa consisterà, dunque, nell’INTEGRAZIONE, nella PERSONALIZZAZIONE e nella DIFFERENZIAZIONE, in cui si consideri il disabile come un essere UNICO ED IRRIPETIBILE per sviluppare la sua indipendenza e la sua emancipazione. Il corpo imperfetto è stato ed è tuttora considerato mostruoso perché non rispecchia i canoni di bellezza proposti dall’attuale società omologante. Diverse indagini hanno dimostrato, a tal proposito, che alle persone giudicate belle vengono attribuite virtù interiori quali bontà, onestà, gentilezza o intelligenza. I mass-media svolgono un ruolo decisivo nella costruzione di un ideale di bellezza, in quanto suggeriscono canoni che mirano alla perfezione corporea e colui o colei che non si adegua a questi canoni, viene sistematicamente umiliato o escluso. Remaury, nel testo “Il gentil sesso debole”, afferma che ogni essere umano è ossessionato dalla ricerca di perfezione, costituita dall’ideale di giovinezza-bellezza-salute. A tal proposito Lipovetsky descrive la liberazione de “La terza donna” dalla malattia, dal peso e dal tempo prediligendo un corpo sano, magro e giovane, ma questa liberazione non si concretizza mai dato che la donna si sottomette ai modelli dominanti imposti ed è obbligata a controllare la sua immagine, affinchè sia perfetta. Riflettendo, la magrezza non è solo bellezza ma nel caso delle modelle anoressiche diventa mostruosità: ed ecco come la parola “mostro” viene utilizzata per riferirci ad una persona disabile, ad un immigrato e ad una persona anoressica. A tal proposito Rosi Braidotti ripensa in modo diverso, nel testo “Madri mostri e macchine”, il corpo femminile e propone alle donne di incarnare, oltre alla maternità e alla derivante mostruosità, anche la macchina. Concludendo, è impossibile definire un modello generale di bellezza che sia valido per tutte le culture e per ogni persona. Le mode e i modelli di bellezza sono sempre in continua evoluzione: ognuno di noi è unico nel suo genere e nel suo corpo aldilà delle apparenze.
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    Messaggio  DANILO ROMANO Dom Mag 20, 2012 5:48 pm

    Nella vita di tutti i giorni utilizziamo tante parole che messe insieme sintatticamente creano un discorso di senso compiuto. Capita pero che molte di queste parole le utilizziamo senza sapere il vero significato di esse,ovvero,non diamo il giusto peso o la giusta attinenza alle parole che in qualsiasi momento spendiamo(accezione). Ed è stato proprio grazie al corso di “Pedagogia Della Disabilità”che noi tutti abbiamo imparato a fare attenzione e riflettere nell’utilizzo di specifici termini senza alterare la posizione di chi ci ascolta. Quindi essere meno superficiali specialmente se l’argomento in discussione è molto delicato come quello della disabilità. Quest’ultimo ,infatti,è un tema andato molto ad evolversi già a partire dal secolo scorso,grazie anche all’intervento dell’O.M.S.(Organizzazione Mondiale della Sanità) che ha dato delle nette classificazioni circa il campo della disabilità,dove attraverso varie vicissitudini si sono rinnovate. La sua prima classificazione risale agli anni ’70 e fu chiamato I.C.D.ovvero,”Classificazione Internazionale delle Malattie” che aveva come obiettivo principale il rilevamento delle cause patologiche attraverso la descrizione delle caratteristiche cliniche e diagnostiche di ogni sindrome o disturbo. Questo tipo di classificazione,basato su un aspetto eziologico delle malattie e dove le diagnosi vengono tradotte in codici numerici,presentavano un difetto quello di avvicinare la disabilità alle patologie cliniche.
    Ciò spinge l’O.M.S. a ulteriori classificazioni,nasce infatti,negli anni ’80 un’altra classificazione: I.C.I.D.H.(International Classification of Impairments,Disabilities and Handicaps) che si basava su tre fattori:MENOMAZIONE,DISABILITA’ e HANDICAP,termini che successivamente verranno sostituiti da MENOMAZIONE,ABILITA’ e PARTECIPAZIONE.
    La MENOMAZIONE è la perdita o disfunzionamento di un regine corporea, una qualsiasi perdita o anomalia a carico di una struttura o di una funzione(sensoriale,psicologica,fisiologica ecc.).
    La DISABILITA’,invece è inteso come l’incapacita’,conseguente a una menomazione,di svolgere una normale attività o funzione nel modo da ritenersi normale per un essere umano.
    Un’altra differenza terminologica è HANDICAP che è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri,quindi si traduce come una condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o ad una disabilità che impedisce tale soggetto a svolgere il ruolo normale rispetto al normodotato. Questi tre termini o fattori devono essere ben chiariti nella società in tal modo da non recare nessuna confusione o aumentare l’handicap come suddetto.
    L’ultima classificazione elaborata dall’O.M.S. risale nel 2001,ed è il manuale di classificazione I.C.F.(Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute) che stabilisce un concetto innovativo circa la disabilità rispetto alle altre classificazioni. Esso vede la disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.
    Da qui in poi la disabilità non viene visto piu’ come qualcosa di soggettivo ma come quel individuo in grado di partecipare,prestarsi all’ambiente esterno a lui, Ed ecco suscitare una maggiore attenzione da parte di quest’ ultimo e di introdurlo nel mondo sociale. Cosi dai termini di menomazione,disabilità e handicap della precedente classificazione vengono trasformati in funzioni,strutture corporee e attività partecipazione. Va precisata pero’ che la disabilità non deve essere vista come diversità.
    Il disabile proprio perché presenta l’incapacità di svolgere le “normali” attività della vita quotidiana, viene visto da occhi altrui come quell’individuo diverso. Questo comporta da parte del disabile un disagio sociale che lo influenza anche psicologicamente. Proprio per questo propongo di abbattere i pregiudizi che ogni giorno affliggono persone semplicemente perché diversabili.
    Il disabile è un individuo come tutti gli individui,che hanno una propria identità ,ciò spiega che noi tutti dal principio siamo diversi,per il nostro bagaglio di storia che ci portiamo dietro e ci ha formato.Il concetto di normalità viene inteso come qualcosa che è conforme alla norma,che è analoga alla società,che non dimostra alcuna differenza;ma la domanda da porsi è la seguente:”esiste la normalità? ovvero esiste la cosiddetta persona normale”io penso che ognuno di noi in quando diverso per le sue caratteristiche peculiari ha un concetto di normalità diverso,anche se il concetto di normalita è puramente convenzionale. Ma normalità può anche significare ,per me, vivere la propria vita,essere degli esseri liberi vincolati sempre dalle norme che ci circondano,non pensare al domani ma,soprattutto, essere felici di ciò che abbiamo e apprezzare ogni singola differenza.
    A mio avviso dobbiamo tutti imparare dall’prossimo,perché ognuno di noi è migliore dell’altro per esperienze e, fare di queste esperienze una nostra esperienza. Non dobbiamo limitarci a categorizzare le persone solo perché si considerano diverse,incrementando l’esclusione e sentimenti di inferiorità di queste che si sentano tale. Ed è proprio il diverso,secondo me,a rendere il mondo bellissimo. Paul Valèry afferma”ARRICCHIAMOCI DELLE NOSTRE RECIPROCHE DIFFERENZE” perché sono proprio queste ultime a farci sentire speciali ed unici.
    Nel testo “complessità della persona e disabilità” di Anna Maria Murdaca, vi si affrontano tematiche come:la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,la rimodulazione del termine integrazione(considerare il tutto ,la globalità della persona e non le singole parti) e la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità(il ruolo del disabile,i vari servizi che soddisfano le loro esigenze ecc.).
    Anna Maria Murdaca crea una nuova cultura e conoscenza della disabilità mirata ad analizzare il comportamento,il funzionamento e il riconoscimento della persona disabile su basi olistiche. Inoltre afferma che è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap e sono proprio gli ostacoli,le barrire fisiche(mentali e culturali)a favorire il processo di esclusione o emarginazione. Proprio parlando di barriere che mi rimembra il laboratorio delle “barriere architettoniche”dove attraverso la visione di tre video e la descrizione della mia giornata tipo,ho compreso quanto sia difficoltoso per un disabile essere autonomo. Il dare un aiuto al prossimo,l’essere intenzionati a fare una buona azione verso l’altrui persona,che presenta delle difficoltà,ci fa sentire più esseri umani degni di risolvere ogni ostacolo della vita perché compatti,uniti. Sono pochissime le persone che hanno avuto la buona volontà di fare qualcosa,per risolvere questa situazione imbarazzante ,di città super sviluppate ma non abbastanza per i disabili. Che serve essere una nazione con tante leggi su disabili,per poi utilizzarne alcune?Se tali norme sono invisibili pur essendoci,ovvero,scritte ma non applicate dal governo è come non esistessero. E’ importante che la società si apra,accetta il diversabile come colui che è uguale a un normodotato solo diversamente abile e che fa parte di quella categoria di persone “normali”. Dunque integrare la persona disabile attraverso un processo continuo perché ognuno ha il diritto di vivere la propria vita e di essere trattato in ugual modo come tutti gli altri esseri umani ,senza distinzioni.”Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione”,in merito a ciò mi ricorda due figure emblematiche di resilienza:l’Atzori e Pistorius entrambi sempre pronti a sfidare le barriere che la vita offre ogni giorno. Simona Attori(danzatrice e pittrice) è la prova evidente che nulla è impossibile nella vita,un esempio per tutti a non arrendersi mai dinanzi ai primi ostacoli e fare di quei ostacoli una soluzione per superarli. Il non dare agli altri l’idea di essere limitati. E Pistorius(atleta),un altro esempio di vita,che nonostante tutto ha presentato il suo coraggio nel mettersi in gioco e nell’affrontare una guerra contro tutti,per affermare la sua identità sportiva dove Pistorius è legato. Grazie alla sua passione podistica che ha dimostrato quando si può essere determinanti nella vita e che nulla ci impedisce di fare una cosa se si lotta;si lottare contro tutti coloro che ci vietano la libertà di progettare,ideare,realizzare,di sognare,di essere degli esseri liberi e non programmati.
    Ogni disabile,in quando persona anch’essa,si caratterizza per la sua capacità nel fare le cose e non per quello che non sa fare.
    Di fondamentale importanza per l’agire educativo è il concetto di cura che,come un paradigma del benessere,si occupa dell’emancipazione di soggetti coinvolti,di dare un significato alla loro personalità ma anche per accettare e convivere con la propria specialità.(cura di sé). I vari singoli devono accettare,accogliere le diverse identità di ognuno e condividere i valori etici. Per fare ciò sono necessarie che i mass-media,famiglie scuole,associazioni educative ecc. diano un buon esempio per la società e non quei modelli che molte volte inviano messaggi erronei attraverso i mezzi di comunicazione a noi più noti. Propagare varie attività didattiche,impartite da vari educatori che diano alla figura del disabilè l’importanza nella comunità eliminando disagi,ostacoli e incrementando la resilienza l’indipendenza,emancipazione e la stima a tale figura come anche la ricerca empowered si interessa di fare.
    La relazione educativa risente di tutte queste tematiche suddette ed ha un ruolo di fondamentale importanza per integrare il soggetto disabile nella società. Ogni relazione educativa permette di dare ed avere ma anche di ricevere qualcosa. Rapportarsi con l’altro può manifestarsi una questione complessa anche quando utilizziamo le nostre capacità migliori acquisite,sembrano non bastare. Non vi è un metodo educativo prestabilito o uguale per tutti(come alcune miei colleghe durante il corso affermavano)proprio perché ognuno di noi è differente nel suo modo di pensare e di agire dovuto al suo passato che lo ha formato. Ricercare,dunque,un metodo differente per ogni singolo in un dato contesto. Anche l’ascolto diviene un metodo e prende importanza ,dando spazio all’altro e comprenderlo.Molto significativi e istruttivi sono stati i due setting svolti in aula. Non si può parlare di “relazione educativa se non si comprendono bene i ruoli che si svolgono tra l’educatore e l’educando. E’ importante il rispetto e parità alle persone che vengono per un ausilio,non farlo mai sentire inferiori oppure interrogarli sul passato o altro che possa portarli in uno stato di agitazione. Riguardo a un soggetto disabile valorizzare le sue capacità(quello che sa fare) senza accentuare i deficit.
    L’educatore,quindi, deve essere visto come quel pilastro portante,quella figura di esempio,un modello educativo perfetto capace di prevedere e guidare sulla retta via l’altrui persona .
    Ma parlando di modello educativo,ci si scorge oggi altri modelli (sebbene poco educativi)che influenzano la società rendendola uniforme a tali modelli proposti. Più volte alle lezioni abbiamo parlato della protesi estetiche.E’ incredibile come dal semplice siamo passati al complesso alterando la natura dei nostri corpi. Ed è vero che l’uomo più ha e più vuole non si rende conto della vera bellezza quella sua,non quella modificata.
    Infatti,nella nostra vita sociale ci si da molta importanza all’apparenza e nonché alla sostanza, soddisfando il desiderio soprattutto nelle donne che mirano alla bellezza corporea. E proprio di questi argomenti che Remaury,Lipovetsky e Braidotti si sono soffermati dandone un ampio significato.
    Il concetto di bellezza prende il sopravvento e diventa una necessità,una dipendenza che non può mancare,che porta al rifiuto addirittura del proprio corpo.
    Remaury ,ad esempio,nel suo testo “Il gentil sesso debole” sostiene che siamo orientati verso la perfezione avendo un triplice obiettivo:BELLEZZA SALUTE E GIOVINEZZA. La donna modella e plasma il suo corpo in modo da sentirsi conforme a quello che la società vuole da lei. Molte ragazze proprio per questo motivo di rispettare alcuni canoni sociali,si riducono in uno stato di salute pessime emanando messaggi del tutto sbagliati.
    Invece,Lipovetsky nel suo testo”La terza donna” che nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati,obbligata dalla società a percorre una delle strade possibili verso il corpo perfetto!
    Il controllo della propria immagine mediante operazioni chirurgiche estetiche e diete porterebbero ad una immagine definita “mostruosa”un femminile “mancante” deforme,senza carne,curve o sviluppo. E’ proprio di corpo mostruoso ne parla anche la Braidotti,che definisce “corpo macchina”sul quale la donna lavora attraverso un rapporto sempre più stretto con la tecnologia. Questo implica una perdita della propria forma originale,della propria bellezza previa che ci rende unici e speciali perché differenti e non uniformi. Accettare ed amare le imperfezioni significa vivere liberamente e sorridere di esse.
    Vorrei concludere con un massima che mi ha colpito molto ed è idoneo a questo contesto“La bellezza di una donna si misura dalla dolcezza,e quella dose di serenità che emana nei gesti e nei movimenti. Una donna è bella per virtù non per esteriorità”(STEPHEN LITTLEWORD).Quindi sono proprio le piccolezze,i difetti,le attitudini,ecc. a fare la differenza e a rendere quella persona bella dentro e fuori.
    Gaetana Cozzolino
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    Messaggio  Gaetana Cozzolino Dom Mag 20, 2012 5:51 pm

    1) L' OMS è l'Organizzazione Mondiale della Sanità ed ha elaborato la prima "classificazione Internazionale delle malattie" ICD nel 1970, la qauale si propone di cogliere le cause delle malattie e di fornire una descrizione clinica ed indicazioni diagnostiche per ogni sindrome e disturbo. L'attenzione è focalizzata sull'aspetto eziologico della malattia (le cause che generano i fenomeni) fino a fornire un elenco di enciclopedia medica.
    Nel 1980 l'OMS elabora un'altra classificazione : ICIDH "classificazione internazionale della menomazione, disabilità e handicap. Tali termini verranno sostituiti da menomazione abilità e partecipazione (ICF) .
    La menomazione è qualsiasi perdita o anomalia a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica: esistenza di anomalie,difetti o perdite a carico di arti o tessuti. Caratteristiche della menomazione sono l'esistenza di anomalie, difetti o perdite a carico di arti, tesuti, incluso il sistema delle funzioni mentali. La menomazione è un danno organico o funzionale relativo ad un settore specifico. Come danno organico è una disfunzione che comporta una mancanza (non esistenza o cattico funzionamento) di un arto o di una pa parte del corpo. Essa può essere temporanea, accidentale a seguito di un incidente e degenerativa ossia può portare alla disabilità.
    La disabilità è l'incapacità, conseguente alla menomazione, di svolgere determinate funzioni e compiti nel modo e nell'ampiezza considerati 'normali' per un individuo.
    Per disabilità si intende qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un'attività nel modo o nell'ampiezza considerati normali per un essere umano ossia l'incapacità,conseguente alla menomazione, di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti nel modo considerato "normale" per un individuo.
    Caratteristica della disabilità è la 'restrizione' ossia l'esclusione per eccesso o per difetto nella realizzazione dei compiti rispetto a ciò che sarebbe normalmente atteso. Essa rappresenta l'oggettivazione della menomazione e riflette disturbi a livello della persona, si riferisce a capacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita di ogni giorno.ne costituiscono esempio i disturbi nella adozione di comportamenti appropriati; nella cura della propria persona ; come la capacità di saper camminare.
    La disabilità non è solo deficit, mancanza o privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione che supera le barriere mentali ed architettoniche.una persona può essere menomata senza essere disabile e disabile senza essere handicappata
    L'handicap è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistnziale con gli altri, il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità, la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all'età o al sesso. Il termine handicap è traducibile in italiano con svantaggio. Spesso deficit ed handicap vengono assimilati ciò comporta la confusione tra il difetto organico ( deficit) e la difficoltà a maturare quelle disposizioni necessarie alla realizzazione progressiva della personalità integrale (l'handicap). Ciò comporta due conseguenze gravi:
    - l'handicap viene considerato come un problema solo di chi ha deficit.
    - pensare che coloro affetti da deficit non siano uomini come tutti gli altri.
    Le caratteristiche dell'handicap sono: il significato assunto da una situazione o esperienza individuale quando essa si scosta dalla normalità; la discrepanza tra l'efficienza o lo stato del soggetto e le aspettative di efficienza e di stato sia del soggetto che del particolare gruppo a cui appartiene; coseguenze culturali,sociali, economiche e ambientali che derivano per l'individuo dalla presenza della menomazione e della disabilità.
    L'handicap può avvenire in seguito a menomazione senza comportare uno stato di disabilità permanente.
    Negli anni '90 nasce ICF una classificazione in cui i fattori biologici e patologici non sono gli unici presi in considerazione ma si considera anche l'interazione sociale; fondamentale è ,quindi, lo stato di benessere e il contesto sociale. Il manuale di classificazione ICF (classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) è stato pubblicato dall'OMS nel 2001 e propone un nuovo concetto di disabilità: la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. La disabilità viene considerata ,non più soltanto come una condizione soggettiva, ma come misura delle attività che l'ambiente esterno consente di espletare. I termini menomazione, disabilità, handicap vengono sostituiti da altri termini come funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione con lo scopo di dare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale.l' ICF classifica le condizioni di salute, malattie e disordini ma soprattutto le conseguenze associate alle condizioni di salute e pone come centrale la qualità della vita delle persone affette da una patologia permanente, quindi evidenzia la convivenza con la loro condizione e come sia possibile migliorarla. L' ICF è stata introdota poichè le informazioni che venivano date dalla diagnosi medica non erano sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona (ossia cosa quella persona è in grado di fare e quali sono invece le attività nelle quali ha difficoltà). La classificazione è duddivisa in due parti. La prima riguarda il Funzionamento e la Disabilità; la seconda invece i Fattori Contestuali.
    Secondo Canevaro utilizzare termini impropri può essere un modo per aumentare l' handicap anzichè diminuirlo, per questo è fondamentale distinguere le tre parole chiave DEFICIT – HANDICAP – DISABILITà .
    -Il deficit è la mancanza totale o parziale di una determinata funzionalità fisica. Il deficit ha una disabilità ma non è detto che la disabilità ha il deficit. ( es. Atzari).
    -L'handicap è la difficoltà a mantenere quelle disposizioni necessarie alla realizzazione progressiva della personalità integrale. È la condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto.
    -La disabilità non è solo deficit ma è la non capacità ad esplitare autonomamente le attività fondamentali della vita quotidiana conseguente alla menomazione.
    Esempio: nel caso di un non vedente la cecità è il suo deficit, l'impossibilità di usare un normale monitor è l'handicap, un display braille è l'ausilio.
    Che cosa c'è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa, anche chiamata con un'altra parola avrebbe lo stesso odore soave.
    Spesso la disabilità viene associata al termine diversità. Ma chi è il disabile? chi è il diverso?
    -Disabile è colui che è impossibilitato a svolgere le normali attività della vita quotidiana, affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive, caratterizzato dalla mancanza di una o più abilità o dal diverso funzionamento di una o più abilità. Disabile è anche "ciò che gli altri pensano di lui". Il disabile è un soggetto con disturbi fisici o psichici che scopre il suo disagio confrontandosi con i normodotati. Spesso il disabile viene etichettato e quindi viene a mancare la vera identità della persona ma esiste il disabile il paraplegico etc.
    La disabilità spesso viene confusa con la diversità. Il disabile oggi è spesso ritenuto un "diverso" poichè si dimentica che prima della sua menomazione egli è un individuo e come tale ha il diritto di affrontare le difficoltà e lottare per vivere una vita che corrisponda ai suoi desideri attraverso l'utilizzo di protesi e abbattimento di barriere.
    "tutti sono diversi, non tutti sono disabili"; "ricorda sempre che sei unico esattamente come tutti gli altri".
    -La diversità mette in risalto oltre la disabilità anche delle abilità diverse dagli altri, da scoprire, potenziare per questo si ritiene più corretto parlare di diversabili. il diversabile quindi esprime le proprie abilità in modo differente rispetto alla maggior parte delle persone. Tutto ciò che è diverso e che quindi non si conosce può spaventare.Il diverso implica la non omologazione.
    La diversità è colore,cultura,ricchezza,crescita,scambio,disabilità ed altro ancora.....
    spesso essa appare come un pericolo una barriera che si oppone tra i "simili". La diversità dovrebbe essere sempre percepita come un valore, un diritto ma spesso risulta essere una minaccia.
    È facile avere a che fare con persone che sono considerate simili quindi mi chiedo cos'è che realmente spaventa nel rapportarsi all altro considerato "diverso"??
    il non conoscere, il non comprendere , il non accettare....
    Quando ho iniziato il servizio civile presso una struttura per disabili, anche io all'inizio ho avuto paura , ma essa è sparita dopo che ho imparato a conoscere.
    La diversità rappresenta una condizione morale mentre l'uguaglianza è una costruzione sociale della cultura che ha stentato ad affermarsi e che ancora oggi non è univeralmente riconosciuta e praticata.
    Il disabile oggi è spesso ritenuto un "diverso" poichè si dimentica che prima della sua menomazione egli è un individuo e come tale ha il diritto di affrontare le difficoltà e lottare per vivere una vita che corrisponda ai suoi desideri attraverso l'utilizzo di protesi e abbattimento di barriere.
    La diversità è proprio il tema fondamentale del film "indovina chi viene a cena" ma essa si risolve con l'accettazione di una verità che nessuno può cambiare. I due giovani sono felici perchè si amano ed hanno il diritto e il dovere di vivere il loro amore. L'amore sconfigge ogni paura, diversità. Solo amando il prossimo senza distinzione si realizza il progetto di Dio.
    Il tema della diversità implica l'uguaglianza , essa è un diritto di tutti. Ritornando alla disabilità sono molte le difficoltà che un disabile deve affrontare quotidianamente. Nonostante il progresso sociale le nostre città (come Napoli,Milano,Pistoia) non sono organizzate per le barriere architettoniche. Poichè l'uguaglianza è un diritto di tutti entrambi le parti disabili e non debbano compiere uno sforzo per colmare la distanza che li separa. Le persone disabili dovrebbero partecipare alla creazione dei servizi richiesti per garantire lo sviluppo di soluzioni rispondenti alle loro aspirazioni specifiche. I "diversi" sono persone che si muovono nella vita tra mille impossibilità, hanno la necessità di essere considerati normali con gli stessi diritti di
    qualsiasi individuo. La ghettizzazione li isola maggiormente, la troppa attenzione li umilia, un comportamento non sincero li offende. Io credo che non basti l'abbattimento delle barriere architettoniche si dovrebbero includere l'eliminazione delle bariere psicologighe e legali che impediscono di fatto la partecipazione alla vita di società.
    Purtroppo nella società di oggi si fa presto a etichettare qualcuno solo perchè non corrisponde ai modelli ideali che quotidianamente i media ci bombardano. L'emarginato è colui che "non" riesce a stare al centro della società ( stile di vita, comportamenti ,modi, canoni estetici del gruppo dominante). Chi è emarginato vive un disagio poichè non riesce ad entrare nel centro. L'emarginazione è ,quindi, qualcosa che il soggetto subisce.
    2) Spesso si parla di "Integrazione Europea" ma dovremmo soffermarci prima sulla vera "Integrazione" : quella dei diritti, sociale, comunicativa. Di tale argomento se ne occupa la docente Anna Maria Murdaca che nel suo testo "complessità della persona e disabilità"oltre alla rimodulazione del termine integrazione mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e alla comprensione delle reali condizioni di vita . Secondo l'autrice è fondamentale adottare la globalità ossia una nuova conoscenza e cultura della disabilità, attenta ai temi del funzionamento, del comportamento e dell'assistenza del soggetto disabile ma soprattutto mirante al riconoscimento della persona in evoluzione.
    La società, la famiglia, il contesto lavorativo rappresentano elementi che possono influenzare lo stato di salute e ridurre le capacità di svolgere le manzioni di chi è "diversabile"che vengono richieste nella società attuale. La famiglia dovrebbe superare la percezione di impossibilità di miglioramento della situazione psico-fisica di un figlio disabile e gli insegnanti dovrebbero guardare oltre la scuola in modo da sviluppare una buona integrazione, capacità e competenze nell'alunno disabile. L'ambiente quindi può essere una barriera o una facilitatore. I video proposti in aula dalla nostra docente e quelli proposti dalla associazione U.N.I.V.O.C. rappresentano una barriera e non valorizzano la persona umana con il respetto delle differenze e delle identità; non facilitano l'integrazione bensì aumentano la disabilità. Le case domotiche ,invece, rappresentano una facilitazione nello svolgere le normali azioni quotidiane, la domotica ,quindi, può essere sia di "salvaguardia e monitoraggio della vita" che un appoggio, uno strumento di integrazione sociale. Beh io credo che i dispositivi domotici siano utili per una vera e propria "integrazione sociale" da parte di chi necessita un ausilio; per questo le case, gli uffici, le scuole dovrebbero essere attrezzate di tali dispositivi per rendere "autonoma" la vita di tutti. Essi rappresentano un vero passo per l'eliminazione delle barriere architettonoche.
    L'handicap è un fenomeno sociale, è proprio dall'immagine sociale e dai significati che vengono attribuiti ad esso che si costruisci l'identità di tale termine. Cartelli utilizza la nozione di handicap come "stereotipo sociale": lo stereotipo è uno spontaneo meccanismo di difesa dall'angoscia, dalla paura derivante dal nostro rifiuto di specchiarci in una immagine non gratificante e lo stereotipo sociale diventa giustificazione razionale della rimozione del problema.
    Adottando l'ottica della globalità si mira alla valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. L'integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo, una continua ricerca di soluzioni e strategie che garantiscono i diritti acquisiti dei disabili. Secondo le Raccomandazioni Generali (documento del Miur) l'integrazione è intesa come "astratta normalità" ossia propensione all'uniformità; nel parlare di integrazione non si fa riferimento più ad un'astratta normalità ma a valorizzare al meglio le dotazioni individuali.
    Nasce una nuova esigenza di parlare in modo nuovo di integrazione intesa come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica, come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità, autonomia ,identità, potenzialità personali. La novità consiste nell'emancipazione del soggetto con disabilità che fa parte del processo di maturazione psicocognitiva, psicoaffettiva e psicosociale che richiede ambienti e contesti attendibili e sostenibili. Fondamentale è la costruzione di attività atte a rendere significativa la presenza dei disabili attraverso buone prassi didattiche; l'educatore deve consentire la crescita della persona in tutte le varie dimensioni, il disabile attraverso la relazione educativa sperimenta con gli educatori, insegnanti situazioni e vissuti emotivo-affettivi. l'educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile. Bisogna portare il disabile su un piano di pari opportunità con i normodotati mettendo in luce non le mancanze ma le potenzialità, le doti e le capacità di una persona. La nuova cultura della disabilità deve essere attenta a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive e innalzare la qualità della vita dei soggetti. La costruzione dell'identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranticapaci di sviluppare le potenzialità personali cercando i mezzi più idonei a valorizzare la differenza come risorsa. Bisogna lavorare per progettare spazi in cui il senso è l'unico ponte sul quale il soggetto si declinea in forma organica,psicologica e sociale, rispettivamente corpo mente e relazione. Ecco che prende vita la Nuova Politica Socio-Educativa che consiste in Integrazione, Differenziazione, Personalizzazione fondamentale sono i contesti di apprendimento, le strategie, gli ausili e la costruzione della conoscenza. "Ogni disabile ha la sua storia"
    Io credo che la vera uguaglianza non può essere raggiunta promuovendo un trattamento identico, poichè tutti si aspettano che siano i diversi a dover compiere uno sforzo unilaterale per adattarsi alle norme degli altri. L'integrazione sociale deve tendere a favorire l'indipendenza e ad eliminare le diseguaglianze strutturali. Per un graduale inserimento nel sociale, il lavoro d'equipe è indispensabile: psicologi, terapisti, psicomotricisti, assistenti sociali devono preparare il disabile a lasciare l'istituto e tornare alla propria famiglia, nel proprio ambiente sociale. Molto spesso si sente affermare che i portatori di gravi handicap non sono in grado di codurre una vita indipendente, che dipendono dall'assistenza ma l'indipendenza è uno stato mentale non una funzione muscolare. Il problema della disabilità non sta nella persona che soffre ma nelle barriere psicologiche e fisiche che la società erige.il concetto di vita indipendente mira a ridare alle persone disabili il controllo sul proprio corpo e sulla propria vita, ciò che le altre persone danno per scontato. Integrazione sociale significa anche vivere la propria casa e decidere liberamente chi si vuole incontrare e quando per questo sono necessarie nuove strutture di sostegno nelle quali le persone disabili diverranno utilizzatori di servizi sul mercato libero.
    La casa domotica rappresenta un grande passo per l'eliminazione delle barriere architettoniche. Un video visto in aula evidenziava l’indispensabilità degli ausili innovativi per un disabile che, diversamente, dovrebbe rivalutare del tutto la propria vita (a discapito della qualità), anche dal punto di vista sociale. In questo caso sono ausili di fondamentale importanza perché consentono di vivere una vita normale come ognuno di noi la vive senza alcun impedimento, di non essere più un “peso” per nessuno e godere della propria libertà e autonomia. Una vera testimonianza è Andrea Ferrari che vive a Belluno da solo in una casa domotica. Si muove liberamente, può controlare tutto in piena autonomia,vive la sua vita, ha amici e durante la conversazione con i genitori questi dichiarano con serenità d'animo di essere contenti perchè il figlio è naturalmente contento. Beh io credo che i dispositivi domotici siano utili per una vera e propria "integrazione sociale" da parte di chi necessita un ausilio; per questo le case, gli uffici, le scuole dovrebbero essere attrezzate di tali dispositivi per rendere "autonoma" la vita di tutti. Essi rappresentano un vero passo per l'eliminazione delle barriere architettonoche. Anche le protesi rappresentano uno strumento di integrazione sociale. Il disabile parte da una situazione di svantaggio e le protesi rappresentano uno strumento grazie al quale egli può condurre una vita al pari degli altri. Tale strumento ha permesso una vera e propria integrazione la quale però non annullerà la diversità ma potrà solo agevolarla così come ha permesso al giovane Pistorius di alimentare la sua passione per lo sport senza essere limitato dal suo "handicap". Da questo punto di vista la protesi rappresenta sicuramente un vantaggio poichè ripeto ha permesso ad un ragazzo amputato bilateralmente sin dalla nascita di realizzare un sogno ma comprendo anche chi vuole attenersi alle regole dello sport. Io credo che la differenza "protesi vantaggio o svantaggio" sia sottile in quanto troppo spesso interessi "commerciali" prevalgono sul buon senso.
    Dunque la leceità o meno di un determinato comportamento dipende da molti fattori, non solo da quello umano.
    Se fossimo nati tutti senza gambe non avremmo cercato di migliorare la nostra condizione con l'utilizzo di protesi?
    L' uomo è sempre alla ricerca di come superare i propri limiti...
    Quando parliamo di disabilità anche l'arte prende vita.
    È certamente un binomio insolito in quanto siamo tutti abituati ad associare l'arte con la grande quantità di opere che i nostri artisti ci hanno lasciato nel tempo.
    Eppure arte e disabilità non si discostano ma sono interconnessi in un rapporto biunivoco che spesso appare "invisibile" ai nostri occhi!
    Conosco molti disabili che quotidianamente sono impegnati in lavori creativi e i risultati che riescono a dare sono stupefacenti. Altri attraverso la musico-terapia riescono a comunicare con il mondo circostante.
    È proprio vero che l'arte apre la porta a tutti. L' Atzori è un reale esempio di tale rapporto ed è una vera testimonianza della resilenza infatti è riuscita a fronteggiare efficacemente le contrarietà che la vita le ha posto e a dere un nuovo slancio alla propria esistenza raggiungendo mete importanti attraverso l'impegno, il controllo e il gusto per le sfide.
    3) Quando parliamo di disabilità e diversità parliamo anhe di bellezza.
    La società ed i media ci portano a pensare che la Bellezza sia un valore assoluto ed abbia canoni ben precisi, giunti fino a noi dalla notte dei tempi.In primo luogo si può discutere sul fatto che la Bellezza sia o meno un valore. E’ indubbio che il primo impatto che si ha di una persona sia quello legato al suo aspetto fisico, ma poi emergano gradualmente nuove caratteristiche che vanno ad aggiungersi a quella prima superficiale impressione, a volte capovolgendola completamente.Per questo la bellezza non ci pare un vero valore. Ma ancora di più siamo convinti che non esista un ideale di bellezza e tanto meno esso coincida con quello che la moda ci propone come tale. la cultura dell'immagine nelle donne si confonde con quella della bellezza assolutamente da coltivare. Remaury, nel gentil sesso debole dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezionee che abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute.il corpo trasfigurato è legato all'immagine della perfezine corporea ossia il corpo deve ascendere faticosamente ma inesorabilmente la scala della perfezione grazie ai progressi della scienza; corpo esatto,quindi, grazie alla scienza.
    La liberazione de "la terza donna" celebrata da Lipovetsky nasconde la sua sottomissione ai modelli dominati imposti e strutturati: dalla malattia cioè sano, dal peso cioè magro, dal tempo cioè giovane. I valori tra cui deve scegliere sono quelli di eterna giovinezza, bellezza e salute. Il controllo della propria immagine tramite la scelta tra i modelli sociali conduce la donna verso il corpo realizzato, ossia la conquista di un corpo perfetto in quanto prodotto del lavoro su se stessa. Un corpo è considerato libero o liberato, energico e perfetto quando si svincola dalle minacce esterne ad esempio la liberazione dalla malattia, corpo sano, corpo magro, dal tempo, corpo giovane.
    I saggi contenuti in madri mostri e macchine nascono dalla necessità di interrogarsi sulle modalità d'isrizione del corpo femminile nell'orizzonte fluido della discorsività postmoderna. Ciò che accomuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità: il loro essere stati visti da sempre come mostruosi, come deformi rispetto alla norma che rappresenta il grado zero della mostruosità. Braidotti si oppone alla "inflazione discorsiva intorno alla materia corporea" poichè va ripensato il rapporto corpo-mente. Braidotti critica il divenire donna di Deleuze il quale afferma che il divenire donna è semplicemente il divenire altro, non riguarda le donne. Per lei è solo il segno di trasformazioni in atto e consiglia una asimmetria tra i sessi ossia una radicale differenza tra donne e uomini per quanto riguarda il pensare, la scrittura, la storia, la politica.
    Nella società odierna credo che la ricerca della perfezione estetica sia esasperata, forse proprio a causa dei mass media: le bellezze più in vista (come attrici o modelle) diventano i canoni di bellezza a cui aspirare diffondendo sempre più messaggi che ispirano alla ricerca assoluta del bello e alla non accettazione di se stessi;per questo è sempre più ricorrente l'uso di protesi estetiche.
    Il Dott Pietro Lorenzetti Chirurgo plastico e direttore scientifico del Villa Borghese Institute di Roma e autore del libro "Intelligenza estetica" (Il Filo) afferma :Il settore della chirurgia plastica e della medicina estetica non è stato toccato dalla crisi, anzi, le richieste d'intervento sono in aumento. Perchè i soldi riservati al miglioramento del proprio corpo non si toccano? Nei momenti di crisi 'nera', come quello attuale, dovendo già rinunciare a tante cose, non si vuole abbandonare quel sogno custodito nell'anima di stare meglio: essere più belli e piacere di più. Si fanno rinunce di altro tipo, ma non si toccano le risorse destinate alla bellezza. E non mi riferisco solo a chi vive in condizioni economiche favorevoli, ma anche chi di soldi ne ha pochi. Io credo che l'uso di protesi estetiche debba essere finalizzato a quei casi che davvero necessitano l'intervento della tecnologia come miglioramento di stile di vita. Un esempio possono essere le protesi d'anca e quelle acustiche.
    Picasso ha scomposto la bellezza: egli ha evidenziato una bellezza diversa dai soliti canoni estetici diffusi nella società.
    Ognuno di noi è diverso dall'altro allora perchè omologarsi alla massa quando si può essere unici??
    la bellezza è soggettiva,è stare bene con se stessi e farsi accettare e amare dagli altri per quello che si è.
    LA VERA BELLEZZA E' CUSTODITA NEL CUORE DI OGNUNO DI NOI.
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    Valentina Morra


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    Messaggio  Valentina Morra Dom Mag 20, 2012 6:13 pm

    La classificazione ICIDH del 1980 si basava su un modello sequenziale di base che distingueva fra menomazione, disabilità ed handicap, causata da un malattia. Questo modello, sviluppato dall’OMS ha ricevuto molte critiche, poiché il modello di disabilità era consequenziale cioè se era presente una menomazione, una disabilità o/e un handicap era dovuto puramente ad una malattia; dove la menomazione veniva definita come “qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica”; la disabilità invece è: “qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) delle capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano” quindi l’handicap è “la situazione di svantaggio, conseguente ad una menomazione o ad una disabilità, che in un soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, sesso e fattori socioculturali”; per diverso si intende quel qualcosa che non è pressoché simile alla gran maggioranza delle persone, il senso della parola diverso si intende quella cosa o quella persona che non rientra nei cannoni della normalità per una determinata persona, quindi il concetto ed il significato di diverso è totalmente soggettivo. Numerose revisioni e critiche di questo modello hanno portato l’OMS ad una revisione del ICIDH durata 7 anni di lavoro, per arrivare alla classificazione denominata ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), poi conseguì l’approvazione di quest’ultima da parte dell’Assemblea Mondiale della Sanità nel 2001, che ha di fatto cancellato l’utilizzo dell’ICIDH dalla pratica e l’OMS propone l’ICF come strumento standard per misurare funzionamento, salute e disabilità; La nuova classificazione descrive le conseguenze di una condizione di salute in termini di funzionamento e di esperienza di salute, prendendo in esame non solo la persona sotto un profilo fisico, psichico e psico-fisico ma anche in relazione all’ambiente in cui si trova immerso, arrivando cosi alla definizione di disabilità come: una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Lo scopo principale della nuova classificazione è quello di semplificare e creare un unico codice di lettura e di trasmissione dei dati a livello non solo nazionale ma a livello internazionale. Con l’ ICF la disabilità è considerata come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole, per far capire meglio questo concetto l’esempio da prendere in considerazione, è quello delle barriere architettoniche e come già ribadito nel forum, il discorso è molto vasto, oltre che complesso, poiché, a mio avviso, la città quanto è più industrializzata tanto maggiori sono le barriere architettoniche presenti nel luogo; Ricordando l’episodio di paraplegia che ebbi e con l’esercizio dell’ “orologio” ho avuto realmente la possibilità di avvicinarmi a capire quante difficoltà affronta un disabile su sedia a rotelle, a capire come ci si sente d’avanti ad un ostacolo che per gl’altri è considerato la semplicità.Per questo tipo di persone gli spostamenti, in un ottica generale, è impraticabile iniziando dalla planimetria delle case, alle strade fino ad arrivare agl’obblighi e doveri dei dipendenti per il trasporto pubblico che, come ogni dipendente che lavora con dispositivi elettronici, deve controllare ogni apparecchiatura elettronica e meccanica, comunicando malfunzionamenti o disfunzioni totali di determinate apparecchiature, ma ciò non accade creando inevitabilmente disagi difficilmente sormontabili; (es. autobus: la pedana elettronica per salita disabili) quando si riesce a superarli, ci si riesce utilizzando una grande quota economica, in relazione al pagamento del titolo di viaggio per l’autobus ad esempio.Questi disagi sono fatti concreti e non trovo parole per definire queste persone che per contratto devono attuare tutte quelle procedure per il reintegro del normale funzionamento dei dispositivi elettronici e non, riesco solo a pensare che sia “oscena” come cosa, come mentalità.Il termine disabile/diverso ancora oggi sono considerati simili, anche se esiste già da circa 20 anni la classificazione ICF dell’OMS, che non è utilizzata a livello nazionale, infatti ci si rifà alla vecchia classificazione ICD. La terminologia quotidiana, anche mia, spesso è errata, anche dovuta agli stereotipi della società che influenzano la mente e quindi i significati delle parole, lo stesso video visionato in aula “indovina chi viene a cena” fa capire quanto la parola diverso viene associata ad altre parole come disabile o al razzismo nel caso del video, già nel forum ho specificato quanto il termine razzista, odio razziale e similari quanto fossero errati come concetto poiché appartenenti tutti alla stessa razza ma etnie differenti. Credo che solo con le nuove generazioni si riesce a cambiare mentalità e punto di vista. Con la simulazione effettuata in aula, quella del sindaco e dei cittadini con e senza occhiali ha avuto effetti formativi sul mio pensiero, anche se dopo un po’ di tempo; solamente nei giorni successivi, pensando maggiormente alla simulazione, sono riuscita a capire quanto e come si sentissero diverse le persone considerate tali a come vengono estraniate dalla società, a come vengono considerati quasi come se fossero rifiuti della società, e come specificato nel forum che oltre a sentirsi diversi si considerano anche deboli; ma “i diversi” ed i disabili sono persone, persone comuni, non è detto che diverso e disabile coincidono, non è detto che uno dei due termini debba coincidere con la concomitanza di malattie neurologiche. I disabili, anche quelli con problematiche neurologiche lievi devono essere integrati nel tessuto sociale ed anche lavorativo, ove possibile.Specifico che ogni mio discorso riferito a professionisti, lavoratori o classe di persone (genitori, famiglia ecc.) sono sempre di ordine generale, le eccezioni esistono ovunque. Con la classificazione ICF Anna Maria Murdaca (A.M. Murdaca) prende in considerazione altri due fattori oltre all’ambiente; i tre fattori che considera sono:
    • l’ambiente
    • la persona
    • lo spazio della cura come luogo di riparo

    L’ambiente tramite la classificazione ICF già anticipata, dove l’ambiente è ciò che rende realmente disabile una persona affetta da menomazione, inutile soffermarsi su questo punto poiché è stato spiegato ampiamente, si consideri anche solo l’esempio dell’industrializzazione che ha aumentato le infrastrutture e di conseguenza le barriere architettoniche.La persona, si intende sempre disabile, come detto anche anticipatamente è una persona da reintegrare nel tessuto sociale e lavorativo ove possibile, con un nuovo significato alla parola di disabile. In tal modo, la persona disabile reintegrata nel tessuto sociale inizia ad avere nuova ottica nella quale non si considera più scarto/rifiuto della società ma una persona comune, una persona utile alla società, aumentando cosi stima ed equilibrando per lo stato psicologico dell’individuo.
    Lo spazio di cura si intende lo studio e l’elaborazione delle potenzialità e abilità che il diversamente abile ha o può acquisire.I tre fattori anche se suddivisi nella teoria, nella pratica si sovrappongono, nel senso che la persona disabile si trova sempre in ambiente “sfavorevole”, dovrebbe, inizialmente lavorare in collaborazione con dei professionisti per capire le sue potenzialità e poi in base a quest’ultime essere reintegrato nel tessuto sociale e lavorativo; punto fondamentale è quello del sostegno familiare e non, che devono comunque essergli accanto per far capire che non è solo, che le problematiche relative alla comprensione dei sui limiti e potenzialità non sono la fine ma l’inizio di una nuova vita, che comunque vadano le cose si può migliorare.In tal senso si può intendere una rimodulazione del significato pratico del termine integrazione, costruendo una cultura sociale differente, nuova, cosciente ed per certi sensi “economica” poiché i disabili reintegrati nel tessuto lavorativo non sono più una spesa sociale ma una fonte di guadagno poiché formano cosi parte della popolazione attiva. Se ciò accadesse come nella teoria, allora i disabili inizierebbero ad avere nuovi progetti, nuovi pensieri, nuove idee, nuove prospettive di vita; avrebbero la speranza di una vita più vicina a quella considerata normale.Un esempio di integrazione sociale e lavorativa è quella dell’atleta Pistorius, che anche se diversamente abile è riuscito ad accostarsi alla vita “comune” molto più di altri, anche se sul suo percorso di vita ha dovuto affrontare ed affronta persone che lo ostacolano.Si consideri comunque che le protesi, nel generale, devono avere una certa estetica poiché il concetto di bellezza oggi non è un discorso a sé, anzi ha significati molteplici, infatti esso riveste il primo ed il principale mezzo di interazione con le altre persone, nell’antichità l’immagine delle donne si confondeva e si confonde con quella della bellezza, infatti, nella maggior parte delle opere artistiche erano usate sembianze femminili per raffigurare il concetto di bellezza, inoltre, se una donna era considerata affascinante gli venivano attribuite altre qualità relative a caratteristiche puramente caratteriali anche se la persona non si conosceva.Remaury si sofferma su quanto le donne vogliano essere perfette considerando tre aspetti principali, ovvero, giovinezza, bellezza ed infine la salute, concetto questo ancor’ oggi valido soprattutto nel mondo adolescenziale sul quale i media tv riversano prototipi e modelli di affermazione sociale tramite gli stereotipi di bellezza presenti oggi; Lipovetsky invece si sofferma molto più sugli stereotipi in modo più schematico considerando lo stato di salute, più che di malattia, il “peso” o meglio il cosi detto “BMI” ( Body Mass Index ) e il tempo in relazione all’età anche se meglio dire l’età apparente, dove la donna si sottomette a questo modello dove per stato di salute dovesse risultare sempre sana e senza alcun problema di nessun tipo, per il BMI valori prossimi alla classificazione “sottopeso” e per età apparente “eterna” o almeno quanto più bassa possibile. Braidotti introduce invece il mondo virtuale, la sostituzione del mondo fisico con quest’ultimo, fa capire i tipi di cambiamenti avuti con l’introduzione delle biotecnologie e quanto questa abbia influenzato il mondo della comunicazione, un esempio semplice e coerente sono l’email che hanno sostituito le lettere vere e proprie. Braidotti definiva le differenze morfologiche e corporee come un qualcosa di mostruoso come un qualcosa di anomalo e anormale che rappresentano la figura che in ogni modo si deve evitare e che assolutamente non si debba assomigliare, questo concetto è cosi vero e cosi concreto e fisso nella nostra società tanto che le modifiche estetiche, mediante anche protesi ha un valore economico rilevante, come ribadito nel forum, un’espressione del testo “La mostra delle atrocità” James Ballard dove la moglie di un noto chirurgo affermava che il marito non l’avrebbe mai lasciata perché poteva modificarla, chirurgicamente parlando, quanto voleva.Oggi la maggior parte delle persone che ricorrono alla chirurgia estetica hanno motivazioni psicologiche più che fisiche, ciò è dovuto perché queste ultime guardandosi allo specchio vedono un immagine non reale del proprio aspetto e si sentono in dovere di mutarsi e modificarsi; tuttavia come ribadito nel laboratorio delle protesi estetiche , ci sono casi in cui l’utilizzo di protesi a scopo estetico hanno importanza non solo per la salute fisica della persona ma anche psicologica l’esempio già riportato era la ricostruzione del seno dopo mastectomia totale (la mastectomia totale è l’asportazione totale chirurgica della mammella dovuta quasi unicamente a motivi tumorali). In questo caso la chirurgia oltre ad espletare per motivazioni estetiche influisce notevolmente sulla componente psicologica della persona in quanto, per ogni donna, il proprio seno è indice di femminilità e vedersi solo con una parte di questo ha effetti che si ripercuotono sulla componente psicologica incidendo negativamente sullo stato di salute. Altro riferimento sempre al medesi laboratorio è il telefilm denominato “NIP/TUCH” incentrato prevalentemente sulla chirurgia estetica. In certe puntate il concetto di modifica corporea era esasperato a tal punto che si estendeva anche agl’animali, ciò fa capire quanto sia radicalizzato il concetto di miglioramento fisico tramite la chirurgia, inoltre nell’introduzione all’episodio ci sono due manichini che teoricamente dovrebbero essere utilizzati, per spiegare come si intende operare, quest’ultimi sono rimpiazzati da persone, e ciò fa capire quanto l’uomo tende a sostituirsi e diventare un uomo/cyborg postumano.
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    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 11 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  maria russo Dom Mag 20, 2012 6:13 pm


    L'OMS è l'organizzazione mondiale della sanità.
    La prima classificazione elaborata dall'OMS è “la classificazione internazionale delle malattie” o ICD del 1970,che consente di cogliere la causa delle patologie,fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche,ed indicazioni diagnostiche.
    Tale classificazione,focalizza l'attenzione sull'aspetto eziologico della malattia,e avvicina la disabilità alle patologie cliniche,facendo una sorta di enciclopedia medica.
    Per cercare di ovviare a questo problema di definizione,l'organizzazione mondiale della sanità,ha messo a punto nel 1980 una classificazione internazionale detta ICDH.
    La nuova proposta si basa su 3 fattori tra loro interagenti e interdipendenti:la menomazione,la disabilità e lo svantaggio o handicap.Tali termini però,verranno sostituiti da:menomazione,disabilita,PARTECIPAZIONE.Il manuale di classificazione ICF è stato invece pubblicato dall'organizzazione mondiale della sanità nel 2001.Tale sigla sta per “classificazione internazionale del funzionamento,della disabilità e della salute”e,considera la disabilità come condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.
    La disabilità viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l'ambiente esterno consente si espletare,non più soltanto una condizione soggettiva o come una caratteristica propria della persona.
    I termini “menomazione,disabilità,handicap”,propri dell'ICDH,vengono sostituiti da termini quali:funzioni,strutture corporee,attività e partecipazione.L'ICF non classifica solo condizioni di salute,bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute e pone come tema centrale,la qualità della vita delle persone affette da una patologia,permette
    quindi di evidenziare come convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla affinchè possano contare su un'esistenza produttiva e serena.
    L'ICF rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale,delle assicurazioni,dell'istruzione,del lavoro.Adottandolo,si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società stessa.
    A tal proposito,durante il corso,abbiamo affrontato il grandissimo e ancora incombente problema delle barriere architettoniche.Basta pensare che quelle che io definisco azioni banalissime della quotidianità come l'entrare nella cabina doccia per lavarmi o ancora scendere le scale (io abito al quarto piano di un palazzo senza ascensore),per le persone colpite da disabilità sono delle vere e proprie imprese colossali!Ribadisco ciò che ho scritto nel mio commento sul forum:è LA SOCIETà CHE DEVE ADATTARSI AI CITTADINI E NON VICEVERSA!e la presenza di una menomazione,di un deficit,non può,non DEVE essere motivo della perdita del diritto naturale e imprescindibile di “cittadino a pieno titolo”.La società deve garantire a tutti INDISTINTAMENTE la possibilità di vivere una vita il più confortevole possibile e non creare barriere che costringono e pongono ai margini!Per comprendere meglio,cercare di sentire maggiormente il senso di emarginazione che le persone colpite da deficit purtroppo vivono,abbiamo tentato di “riprodurlo” in aula quando abbiamo immaginato di essere cittadini di una città inventata nella quale le persone (in questo caso le mie/miei colleghi/colleghe) che portavano gli occhiali rappresentavano gli emarginati, i non aventi alcun diritto,mentre chi non li portava,erano i cittadini a pieno titolo.Io non portando gli occhiali,facevo parte dei “privilegiati”,di coloro che godevano di tutti i diritti e di tutte le comodità che una città può offrire,ma soprattutto della possibilità di parlare e di esprimere la mia opinione.Infatti la cosa che più notai è che la professoressa Brigante,in questo caso il sindaco della città,era ben attenta ad ascoltare le richieste di noi “cittadini”,non rivolgendo la minima attenzione agli emarginati che si trovavano in un angolo in disparte.Inizialmente provai un senso di euforia e di superiorità nel vedere “che io contavo”,ma dopo un po' tutto ciò lasciò spazio ad un senso di amarezza e di vergogna.
    Mi vergognai nel godere di ipotetici diritti e privilegi che mi venivano dati davanti agli occhi di coloro che non potevano nemmeno sedere tra noi.è vero,era un semplice laboratorio,ma riuscì a farmi provare un senso di “piccolezza d'animo”.noltre,è molto importante una riflessione sulle parole DISABILE e DIVERSO.Il “disabile” è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana;un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive,inoltre i disagi che riscontra il soggetto possono influenzare anche la sua sfera psicologica;una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità.
    Nei confronti della persona con disabilità si tende ad assumere un atteggiamento ed uno sguardo di pietismo,è un termine che dichiara solamente che a un individuo mancano una o più competenze,senza considerare che egli possiede anche delle abilità;tende ad avere una connotazione dispregiativa.
    Il termine diversabilità invece,evidenzia che si tratta di una persona che ha anche delle ABILITà diverse dagli altri,da scoprire,far emergere e potenziare,oltre che delle dis-abilità.Per questo che adesso si ritiene più corretto parlare di diversamente abili o diversabili.Viene proposto l'uso dell'espressione “diversabilità” al posto di “disabilità” in quanto quest'ultima tende a sottolineare ciò che manca rispetto ad un presunto standard medio,non le potenzialità di questa persona.
    La “diversità” porta sempre alla categorizzazione,cioè alla collocazione di certe persone in determinte categorie,diventado così il fattore identificante l'intera persona che non viene più riconosciuta nella sua interezza,ma in uno solo dei suoi aspetti esistenziali.
    Tutto ciò induce le persone che ne sono vittime,ad interiorizzare sentimenti di inferiorità e inadeguatezza ,che possono portare all'autosvalutazione e all'autoesclusione.l diverso di solito non sceglie di esserlo,ma viene etichettato dalla società a suo malgrado.A tal proposito,durante il corso,facemmo un laboratorio nel quale ci veniva chiesto di realizzare una mappa degli stereotipi.Dovevamo scrivere cosa ci veniva in mente se leggevamo le parole “DIVERSO”,”DISABILITà” “HANDICAP”.Questo compito è stato per me motivo di grande riflessione,specie per quanto riguarda il termine diversità, e mi sono posta delle domande:”come si fa a stabilire ciò che è normale e ciò che non lo è?”,”esiste per caso una qualche specie di “soglia della normalità?” e soprattutto....”MA NON SIAMO TUTTI DIVERSI?!?”.Si tende a pronunciare in maniera dispregiativa la parola “diverso”,ma in realtà l'uomo si caratterizza e contraddistingue per la sua assoluta UNICITà!è in essa che risiede la sua fortuna in realtà!
    Non bisogna cambiare i termini,cercare di renderli più morbidi e meno offensivi per definire una persona “diversa”(RIBADISCO:diversità stabilita secondo logiche a me IGNOTE!),la questione è un'altra,molto più profonda e problematica: bisogna cambiar gli occhi della gente!,perchè come dice la grande Simona Atzori,”LA DIVERSITà è NEGL'OCCHI DI CHI GUARDA!”
    Es.2
    Anna Maria Murdaca scrive il testo “Complessità della persone e disabilità”,che mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,alla rimodulazione del termine integrazione,alla comprensione delle reali condizioni della vita,quale ruolo possono effettivamente assumere i soggetti disabili,quali servizi vengono erogati per le loro esigenze.
    Secondo Mudarca è necessaria una nuova cultura e conoscenza della disabilità,centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta nella sua dimensione olistica.
    L'obiettivo è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità,considerazione innovativa nel campo della disabilità.
    L'integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo,una continua ricerca di soluzioni,di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili,rivoluzionari solo a parole mentre obsolete nella pratica.
    Nel parlare di integrazione,non si fa riferimento più ad un'astratta normalità.bensì al valorizzare al meglio le dotazioni individuali.
    Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione,senza perdere di umanità perchè si tratta di persone,e si caratterizzano per capacità e non per quello che non sanno fare;parlando di disabilità si parla di persone.Per quanto riguarda il concetto di “cura”,questo termine è inteso come la progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti,volta alla realizzazione dell'umano per ciò che egli è e per ciò che può diventare.La cura è considerata anche come atto di umana comprensione capace di aiutare la persona con deficit a ridare senso e significato alla sua personale esperienza,a ricordarsi di sé,dell'unicità della sua storia,per accettarsi e convivere con la propria specialità.
    Anna Maria Murdaca scrive che ci troviamo davanti ad un “nuovo paradigma del benessere”,la cui logica di fondo deriva dall'interdipendenza di alcune azioni dell'evoluzione biografica del soggetto impegnato.
    Ne deriva l'esigenza di parlare in un modo nuovo di integrazione.Si cerca un nuovo termine in quanto lo stesso va riformulato come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica,come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia,identità,potenzialità personali.
    La vera novità è che non si mira all'accudimento ma all'emancipazione del soggetto con disabilità,e occorre inoltre costruire una serie di attività a rendere significativa la presenza dei disabili attraverso “buone prassi” didattiche.
    In particolare,ci si riferisce all'idea che non basta soltanto l'educazione classica,ma l'idea della “fantasia ermeneutica” dell'educatore che consentirà la crescita della persona in tutte le varie dimensioni e il senso di appartenenza della comunità educatrice.
    La relazione educativa è uno spazio riparativo nel quale il disabile sperimenta con gli educatori,con gli insegnanti,una serie di situazioni,di vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati,criticati e ricostruiti all'interno della relazione educativa.Importante è coniugare l'aspetto educativo con quello didattico,quello terapeutico con quello riabilitativo in modo da garantire ai soggetti affetti da disabilità,quel diritto all'integrazione piena assicurando iniziative di promozione sociale.
    La nuova cultura della disabilità deve essere attenta a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive,quanto a innalzare la qualità della vita dei soggetti.
    La costruzione dell'identità personale,deve avvenire in luoghi rassicuranti,capaci di sviluppare le potenzialità personali cercando i mezzi più idonei a valorizzare la differenza come risorsa.
    Bisogna lavorare per progettare spazi in cui il senso è l'unico ponte,sul quale il soggetto si declina in forma organica,psicologica e sociale.Questa nuova politica socio-educativa consiste “nell'integrazione”,”differenziazione” e “personalizzazione” il cui interesse è focalizzato sui contesti di apprendimento,le strategie,gli ausili e la costruzione della conoscenza.
    Il tutto è finalizzato a sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppo di indipendenza e emancipazione.Valorizzare la modalità di apprendimento deve avvenire con stili cognitivi individuali,in contesti sensibili.Sono per questo necessari ambienti di apprendimento nei quali anche educatori/insegnanti siano praparati ed una ricostruzione dell'intero del del diverso ,che solitamente viene visto come parte,un frammento.
    Infatti la riflessione che dovrebbe accompagnare ogni azione educativa e didattica è l'unione tra mente, coscienza,cervello, percezione e immaginario,perchè la storia dei disabili è orientata contestualmente.
    In merito a questo argomento,durante il corso riproducemmo con l'aiuto della professoressa un setting tipo della relazione educativa.
    Educative,sono molte relazioni,come quella madre/figlio nella quale i protagonisti sono solitamente i bambini,ma non sempre,a volte sono loro ad educare gli adulti;docente/ discente nella quale il legame produce l'apprendimento attraverso una profonda interconnessione che porta alla fusione delle conoscenze e ancora è educativa quella educatore/educando basata sul rispetto reciproco al fine dell'arricchimento reciproco.
    La relazione è ancor più delicata quando gli educandi in questione, sono persone con gravi difficoltà come i tossicodipendenti,alcolisti,carcerati.In questo caso la relazione è tra una persona che fa da guida e da una in difficoltà.In questi casi si cerca di capire chi si ha di fronte,i suoi problemi,le sue difficoltà,le sue paure senza soffermarsi sulle apparenze,ma cercando di comprendere i fattori che spingono un soggetto a comportarsi in un dato modo,ponendo tra parentesi i propri pregiudizi.
    Come ho precisato nel mio commento su tale argomento,non bisogna dimenticare che la relazione educativa ,è prima di tutto uno scambio di emozioni e quindi non la si può costruire se alla base non vi è una predisposizione all'ascolto,se non viene concessa la fiducia,uno spazio alla libertà dell'altro.è solo in questo modo che insieme,educatore ed educando,pian piano potranno costruire un progetto di vita personale.
    Spesso infatti,ragazzi o bambini con difficoltà familiari, si chiudono in se stessi o assumono atteggiamenti aggressivi nei confronti dei loro coetanei,ma in realtà il problema è la mancanza di affetto familiare,il bisogno di essere ascoltati,capiti e amati.
    Es.3
    Diverse indagini hanno dimostrato che alle persone con un aspetto giudicato attraente,vengono attribuite anche presunte virtù interiori come onestà,bontà,gentilezza e intelligenza.
    Le recenti manipolazioni della materia corporea,non solo di tipo genetico,ma anche medico,chirurgico,dietetico ecc...,hanno cambiato radicalmente l'idea di corpo.
    Ad esempio Remaury,nel “il gentiil sesso debole” dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione,abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza,bellezza,salute.
    Il corpo “trasfigurato” è legato all'immagine della perfezione corporea,all'immagine della perfezione corporea.
    Il corpo “esatto” compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza e ad altre discipline,ed è il modello dominante.
    Il corpo “liberato”,invece,lo è dalla malattia,dal peso e dal tempo,obbligatoriamente perfetto.
    La liberazione de “La terza donna” celebrata da Lipovetsky ,nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturali,ovvero dalla malattia cioè sano,dal peso cioè magro,dal tempo cioè giovane.
    La liberazione de “La terza donna” celebrata da Lipovetsky,nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti e strutturali:dalla malattia cioè sano,dal peso cioè magro,dal tempo cioè giovane.
    Secondo quanto scrive in questo testo,”la terza donna” ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza,basata sull'apparente acquisizione di grazia.L'obiettivo che simbolicamente ci si prefigge,non potendo realizzare quella fisica,è la conquista dell'eterna giovinezza apparente.
    In merito a tale argomento,bisogna tener conto dell'analisi di Rosi Braidotti nel testo “Madri,mostri e macchine”.Braidotti si oppone alla “inflazione discorsiva intorno alla materia corporea”,perchè va ripensato il rapporto corpo-mente.In questo ambito la psicoanalisi è uno degli strumenti per ripensare il corpo in modo da liberarlo dal dualismo.
    Durante il corso abbiamo parlato di come la bellezza fisica e la perfezione esteriore siano diventate delle vere e proprie ossessioni.Ci troviamo nell'era delle protesi estetiche,ovvero delle protesi che non vengono utilizzate e non sono collegate ad esigenze fisiche concrete.La politica di non accettazione del corpo è ben espressa dai media come la televisone che in alcuni programmi,mira alla trasformazione fisica e al raggiungimento dell'altro corpo che tutti definiscono genericamente bello e perfetto.Benvenuti nel secolo dei manichini!
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    Messaggio  roberta case Dom Mag 20, 2012 6:19 pm

    La prima classificazione elaborata dall' organizzazione mondiale della sanità (OMS) è "la classificazione internazionale delle malattie" (ICD),per dare una descrizione dettagliata delle prncipali caratteristiche di ogni sindrome e disturbo.
    Secondo l' OMS,ICF propone una definizione del concetto di disabilità più innovativo,ICF definisce la disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.
    L' ICF classifica le condizioni di salute,malattie,traumi,ed inoltre pone l' attenzione sulla qualità della vita di una persona affetta da patologia,come fine ultimo si propone di trovare il modo per far condurre a queste persone un' esistenza serena.
    Prima di tutto non bisogna fare confusione tra i due termini:disabile e diverso.
    Per disabilità s'intende:limitazione perduta delle capacità di compiere un' attività considerata normale per un essere umano.Più generalmente la disabilità è l' incapacità di svolgere funzioni in modo normale.Il termibe disabile dichiara solo che ad un individuo mancano delle competenze,senza precisare che egli possiede anche delle abiltà,per questo motivo si ritene più corretto parlare di "diversamente abili".
    Diverso invece,può essere una persona non necessariamente affetta da menomazione fisicha o psichica,ma si distingue dagli altri per le sue caratteristiche.
    Dopo aver visto alcuni video mostati in aula,non posso fare a meno di riflettere sulle innumerevoli difficoltà che una persona disabile deve affrontare e tutti i limiti che la società gli pone essendo cosi male organizzata,poichè non pone nessuna attenzione e non fa alcumo sforzo per ridurre questi ostacoli.La società non offre mezzi a disposizione efficaci per queste persone.Questo mi fa riflettere su quanto la società sia disattenta e superficiale su questo argomento,basterebbe a mio avviso affrontare il problema attraverso piccoli gesti da parte degli enti preposti in questo campo e da parte di "tutti".
    Scrivendo l' orologio della mia giornata mi sono immedesimata nei panni di una persona disabile,per esempio uscita di casa e dopo aver preso l' ascensore,scendendo a piano terra mi trovo a dover scendere 5 scalini per poi giungere in strada,questo gesto semplicissimo per me,rappresenta invece un ostacolo per chi non può camminare.Questo non è l' ultimo degli ostacoli del percorso che faccio per arrivare all'università;sarebbe davvero difficile per una persona disabile poter arrivare fino alla cumana,raggiungere poi la funicolare,ma il percorso più complicato è quello dalla funicolare all' università perchè non c'è un marciapiede adeguato.
    Come già detto spesso non riflettaimo sulle differenze e sul valore di alcune parole cadendo in errori a volte gravi.Non va confuso il termine disabile con malattia.
    La disabilità non può essere curata,ma con un adeguato sostegno si può rendere la vita di un disabile più semplice.
    La diversità è secondo me qualcosa che ci rende unici,è la singolarità di ogni persona.
    Spesso non ci soffermiamo su come si possono sentire queste persone,e l' esperienza della simulazione in aula mi ha fatto capire tante cose,mi ha lasciato perplessa e a dir la verità con l' amaro in bocca ,ho percepito cosa si prova ad essere emarginati,nessuno dovrebbe provare queste sensazioni,e a mio avviso basterebbe un pò di sensibilità in più e altruismo da parte di tutti!
    2)Anna Maria Murdaca,docente e autrice di"complessità della persona e disabilità"affronta nel testo tematiche come:integrazione,inclusione e inserimento del disabile,complessità,tutte tematiche che conducono l' autrice in discorsi come:
    Ricostruzione di una nuova cultura della disabilità.
    Rimodulazione del termine integrazione.
    Comprenisoni delle reali condizioni di vita di una persona disabile.
    Secondo Murdaca,bisogna adottare l' ottica della "GLOBALITA'" bisogna avere una nuova conoscenza della disabilità,attenta al riconoscimento del soggetto come persona in evoluzione;secondo Murdaca le barriere che esistono ci sono perchè la società non è ancora pronta ad accettare la disabitlità in modo spontaneo,è necessario che leggi scuola famiglia mass media interagiscano tra loro affinchè si possa arrivare ad una svolta culturale.
    L' integrazione è uno dei problemi che una persona disabile deve affrontare,per favorire l' integrazione vi è la "relazione educativa".
    La relazione educativa è un momento di scamio in ambito familiare,in ambito scolastico.L' educatore deve rappresentare un punto di riferimento.
    In una delle simulazioni fatte in aula,abbiamo affrontato appunto questo tema,ed è emerso che il ruolo dell' educatore è molto importante.In entrambi i due setting,nel caso degli insegnanti alunno,il docente diventa un modello da cui prendere esempio.Nel caso del disabile invece l' educatore deve mettere in luce le sue potenzialità.
    3)Ci troviamo in una società che sembra quasi fare la corsa verso la perfezione:Remaury parla di canoni di bellezza,la donna se vuole apparire deve prendersi cura del suo corpo della sua bellezza intesa come gioventù,egli afferma che "il corpo esatto" è quel corpo dominante nel prototipo di bellezza,mente il "corpo trasfigurato" si va a legare all' immagine della perfezione corporea.Lipovetsky sostiene che la donna attraverso la conquista di questi obiettivi(eterna giovinezza,perfetta bellezza,salute totale)riuscirà a raggiungere la perfezione da lei desiderata.
    Rosa Braidotti nella sua opera madri mostri e macchine ha parlato della figura materna che va incontro ad una metamorfosi,e agli occhi degli uomini diviene come un MOSTRO/MADRE dal corpo deforme.Proprio da questo possiamo parlare del concetto di protesi estetiche,dove nella società moderna la chirurgia estetica è diventata uno "status una moda".Innanzitutto spieghiamo cos' è la protesi:è un dispositivo artificiale con lo scopo di sostituire una parte mancante del copro,inizialmente era cosi.inseguito a traumi incidenti si ricorreva alla chirurgia ma adesso non è più cosi non sempre viene usata per questo scopo.Io credo ia anche un modo per chi voglia di migliorarsi,per chi non accetta un difetto del proprio corpo insomma per stare bene con se stesse.Anch io non sono per niente daccordo con gli eccessi con tutto questo starfare che si vede oggni non solo in tv ma anche per strada,ma purtroppo viviamo in una società dove il messaggio princiaple che viene promulgato è quello dell' immagine della bellezza della perfezione:
    Attraverso tutti questi cambiamenti e mutamenti inizia cosi a crearsi "l' uomo tecnologico",quell' uomo che va sempre di più identificandosi come una macchina.
    Oggi il corpo perfetto è diventato un' ossessione soprattutto tra le adolescenti,e questa ossessione è sicuramente una delle cause dell' anoressia,essere magri è diventato sinonimo di essere belli.
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    anna flaminio


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    Messaggio  anna flaminio Dom Mag 20, 2012 6:30 pm

    L'oragnizzazione Mondiale della sanità(OMS) elaborò nel 1970 la prima classificazione internazionale delle malattie (ICD), che cerca di cogliere le cause delle varie patologie è una descrizione completa delle principali caratteristiche cliniche; poi si passa ad un ulteriore classificazione la ICIDH nel 1980 che basa tutto su tre fattori tra loro collegati che sono: La menomazione,la disabilità e lo svantaggio o handicap.
    Per menomazione si intende qualsiasi perdita , mancanza di un arto, tessuto o altre strutture del copo, icluse le funzioni mentali; mentre il termine disabilità è inteso come conseguente perdita o limitazione dovuta alla menomazione delle capacità di compiere un' attività considerata normale per un essere umano, infine per quanto riguarda lo svantaggio o handicap si indente la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto con gli altri, il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni e capacità e di conseguenza si ha una situazione di svantaggio.
    Il disagio e lo svantaggio diventano la loro quotidianità, dovendo farci i conti tutti i giorni, il disagio di non essere accettati , di non essere presi in considerazione per ricoprire una carica lavorativa poichè visti come persone non "normali", hanno disagi a cammianare per strada perchè soggetti a barriere architettoniche e quindi strade non costruite nella norma con gli appositi passaggi per i disabili etc.. tutto questo provoca un forte calo d'autostima ,di limitazione,di vergogna, questo l'ho potuto notare anche tramite una simulazione fatta con la professoressa, la quale si fingeva sindaco,invece, io ero una "cittadina crudele" e le persone con gli occhiali salirono al fianco della prof, in quesl setting ho notato che io non avevo nessun timore d' essere giudicata o etichettata rispetto alle persone che erano vicino alla prof e quindi lontane rispetto all'altro gruppo, senza rendermene conto ho emarginato delle persone facendo prevalere la mia persona e il mio sollievo per non essere stata etichettata o semplicemente guardata ,non pensando che quelle persone si potessero sentire a disagio, emarginate, etichettate e derise; quindi è importante far capire che le persone con dei deficit o meno nel momento in cui vengono emarginate, derise e quindi allontanante, vengo abbandonate a loro stesse, messaggio che dovrebbe passare a tutti e imparticolar modo a noi futuri educatori, ancor più valido con persone disabili che non vanno assolutissimamente abbandonate, etichettate, estraniate o compiadite ma semplicemente capite e considerate come dovrebbero essere considerate, cioè esseri umani.
    Ritornando alpassaggio dei vari manuali di classificazione arriviamo al 2001 dove venne pubblicato l'ICF( Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute) secondo quest'ultima la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole, con l'ICF i termini menomazione, disabilità e handicap proposti dall' ICD vengono sostiutuiti da funzioni, strutture corporee e attività con lo scopo di voler dare molta più attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità.
    L'ICF classifica le condizioni di salute,malattie, disordini o traumi che sono anche d'interesse dell'ICD ma anche delle conseguenze associate alle condizioni di salute, permettendo di evidenziare come convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla, tutto questo venne introdotto poichè la diagnosi medica, seppur importante, non era giudicata sufficiente per avere il quadro reale di quello che la persona possa essere in grado di fare e di quali invece abbia più difficoltà, inoltre è viene utilizzato con tutte le persone di qualsiasi età, pre descivere l'assenza o la presenta di menomazioni, disabilità e anche il contesto il quale ha un ruolo molto importante poichè influenza la persona ad un livello sia psichico che fisico.
    L'ICF rappresenta uno strumento importante in vari settori: sanitario, sociale, educativo, ricerca e politica sociale ed è usato da tutti gli operatori sanitari ed educativi.
    Facendo riferimento a quest'ambito credo sia opportuno riflettere anche su parole come disabile e diverso ,per certi versi potrebbero sembrare interconnesse ma in realtà non è così, per disabile si intende una persona impossibilitata nel svolgere le normali attività quotidiane poichè è affetto da disfunzioni motorie/cognitive , il termine disabilità é limitativo e dispregiativo poichè dichiara solo che a quella persona mancano una o più competenze, senza considerare che ne possiede tante altre, quindi il termine più corretto sarebbe diversabilità, poichè ci fa capire si,che la persona è un disabile ma sottolinea anche le sue abilità che andranno scoperte e potenziate.
    Per aiutare veramente queste persone credo che sia opportuno pensare a come si possano sentire durante le loro relazioni con i normodotati, a quello che possa provocare in loro uno sguardo scostante e pieno di pregiudizi , cose che non dovrebbero nemmeno più esistere poichè sono esseri umani proprio come noi; mentre riguardo alla parola diversità si potrebbe dire che faccia parte della nostra quotidianità ognuno di noi è diverso dall'altro, ha gusti diversi, colori diversi e pensieri diversi quindi mi chiedo, chi e cosa definisce una persona diversa? nessuno, nessuno di noi, ognuno è portatore di un unico patrimonio ricco di emozioni, sentimenti, pensieri, culture etc... quindi ,credo che la diversità sia una gran bella cosa poichè è un'occasione che permette a tutti noi grandi, piccoli, diversamente abili e normodotati di imparare sempre nuove cose e arricchirci come persone, tutto questo grazie al confronto-incontro con gli altri.
    "Non si deve definire nessuno per sottrazione" questa è una bellissima citazione della docente e autrice Anna Maria Murdaca l'ho voluta utilizzare come introduzione al suo pensiero riguardo al tema della disabilità, riguardo alla disabilità ha adottato e ha fatto luce su novi orizzonti , primo su tutti è il problema della loro integrazione e del loro riconoscimento personale, tutto questo è possibile valutando il contesto sociale, secondo la Murduca è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, più precisamente gli ostacoli ,le barriere fisiche e mentali possono favorire il loro processo di esclusione ed emarginazione, quindi l'ambiente ha un ruolo importante e duplice, può aiutare e quindi migliorare le loro condizioni, ma con i pregiudizi, le paure e il rifiuto da parte delle persone che li circondano tendono a reprimerli e ancor di più facendoli sentire conseguentemente "fuori posto".
    Il testo Complessità della persona e disabilità della Murdaca affronta il problema dell'integrazione che secondo lei, inizia attraverso la valorizzazione della persona ,delle loro doti,delle loro capacità giorno dopo giorno infatti lo definisce come un Processo continuo inserito in un contesto globale nel quale la persona non viene più scomposta in funzioni che possono essere curate o meno, ma considerandola nel suo insieme, riguardo invece al concetto di cura di sè, significa entrare nell'altro comprenderlo, capirlo, ascoltarlo senza allontanaralo ma per farsì che una persona disabile si senta parte della società in cui vive, ci dovrebbe essere una stretta collaborazione tra mass media, istituzioni, famiglia, sanità.
    La collaborazione è sinonimo di relazioni, di relazioni educative che vengono a crearsi tra genitori e figli, educatore/educando etcc.. ma tutte con lo stesso fine, lo scambio reciproco, scambio di conoscenze, d'affetto, di valori, di significati e nelle relazioni di tipo educatore/educando, docente/discente il ruolo dell'educatore è molto importante perchè deve prima di tutto essere disponibile, predisposto all'ascolto, a dare consigli,ad emanare fiducia in modo da creare un rapporto basato sulla sincerità e su lo scambio reciproco che servirà poi, per un arricchimento ed una crescita per entrambi.
    Oltre al ruolo anche l'atteggiamento deve essere giusto per far nascere una vera e propria relazione, a tal proposito ho assistito a due settin in aula nel primo una nostra collega simulava di essere un' educatrice e l'altra la madre di un bambino disabile, e in quel caso ha avuto la prova evidente che è tutto importante la gestualità , le parole per farsì che la persona si apra e si fidi dell'educatore che ha di fronte.
    Spesso i disabili che hanno deficit a livello fisico-motori sono sfigurati ed il loro corpo muta notevolmente, per qsuesto molto spesso vengono chiamati mostri, Remaury , Lipovetsky e Braidotti hanno in particolar modo focalizzato la loro attenzione sullo status della donna attuale.
    Con gli anni la tecnologia ha fatto passi da gigante anche in campo estetico, le varie protesi e ritocchi sono ormai all'ordine del giorno e questo sottolinea la ricerca continua della perfezione fisica,inoltre siamo bombardate dai mass media che ci inducono a pretendere da noi stesse la cosìdetta "bellezza perfetta",oggi le caratteristiche che una donna deve continuare ad avere sono la giovinezza e la bellezza specialmente se vuole entrare o rimanere nel mondo televisivo, Remaury e Braidotti sottolineano il fatto che la donna oggi è insodisfatta ed è alla ricerca continua della perfezione, sottoponendosi cos', frequentemente ad interventi chirurgici; Lipovetsky invece, nel suo testo La terza donna, ci mostra i passaggi epocali della donna: la prima donna era svalutata e sfruttata, la seconda invece, era vista come icona di virtù ed infine la terza sarebbe la fusione delle precedenti ma finisce col superare poichè è una donna indefinita.
    Tutti e tre hanno sottolineato una pagina importante della nostra società attuale che molto spesso è pietosa poichè porta all'anoressia, alla bulimia patologie gravi che coinvolgono molte adolescenti, io concluderei dicendo che la bellezza è un qualcosa di molto soggettivo e ogni difetto fa parte comunque di noi e invece di preoccupaci così tanto della nostra esteriorità , sarebbe molto meglio pensare a quello che abbiamo dentro, perchè vale ed è molto ma molto più bello.

    P.s. Ho fatto un unico discorso.




































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    Messaggio  Antonia Aletta Dom Mag 20, 2012 6:38 pm

    1)Negli anni 70, grazie all’ OMS (Organizzazione mondiale della Sanità), nasce l’ICD ovvero la prima classificazione internazionale delle malattie che si occupa di capire e spiegare le cause delle malattie, fornendo per ogni sindrome una classificazione di tutte le caratteristiche cliniche . Ogni diagnosi viene tradotta in codici numerici per permettere una memorizzazione più facile.
    A lungo andare l’ ICD venne sostituito dall’ICIDH, classificazione che si basa su 3 fattori importanti: menomazione, disabilità e handicap.
    Infine dall’ICD si ebbe un passaggio definitivo all’ICF, altra classificazione nata nel 2001 che diede una nuova definizione del termine disabilità. Secondo essa la disabilità dipende spesso da un contesto sfavorevole.
    Per l’ICF importanti sono le conseguenze associate alle condizioni di salute di una persona, ritenendo quindi importante la qualità della vita di queste persone affette da malattie, permettendo loro di poter migliorare la loro esistenza rendendola più serena.
    Il passaggio dall’ICD all’ICF è avvenuto perché le informazioni che venivano date alle diagnosi mediche erano considerate insufficienti, non erano in grado di dire cosa una persona era in grado di fare e in cosa invece aveva difficoltà.
    Grazie all’ICF si ottiene il diritto per le persone con disabilità ad essere parte della società. Viene ne utilizzato da tutti gli operatori sanitari (infermieri, medici, psicologi), sociali (assistenti sociali) ed educativi (insegnanti ecc.) che si trovano quasi sempre a contatto con persone affette da disabilità.
    Un fattore da non sottovalutare, ma anzi, è l’incapacità da parte delle persone di non saper distinguere il significato dei termini DISABILE e DIVERSO.
    Il disabile è un soggetto caratterizzato dalla mancanza di qualche abilità ed è quindi impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana. Spesso le persone normodotate, nei confronti delle persone disabili, nutrono un pregiudizio che non gli permette di vedere al di là della disabilità. Il disabile viene visto come “mostro”, considerato brutto, diverso e incapace di poter svolgere qualsiasi cosa. Quello che risulta difficile da far capire alle persone è che il termine disabile sta ad indicare che, è vero che queste persone mancano di alcune abilità, ma che allo stesso tempo ne possiedono tante altre; basti pensare a Simona Atzori che nonostante sia priva degli arti superiori è riuscita, conla sua volontà e la sua passione, a diventare una delle più grandi e brave ballerine, sentendosi assolutamente come un apersona normale e ringraziando addirittura Dio per avergli dato tutto ciò che ha senza lamentarsi; oppure se pensiamo a Pistorius, entrambi grande esempio di Resilienza ovvero la capacità di resistere e sopravvivere nonostante le tante difficoltà della vita.
    Utilizzare il termine disabile, però, successivamente è risultato offensivo e per questo è stato sostituito dal termine Diversabilità che mette in risalto le diverse abilità rispetto agli altri. Grazie a questo termine si è iniziato a considerare la persona disabile come un individuo con una propria identità.
    Credo che tutti noi dovremmo iniziare ad utilizzare questo termine, a capire che tutti siamo diversi ma nessuno è veramente disabile, dovremmo evitare di emarginare le persone diversamente abili e renderle partecipi di ogni cosa.

    2)Anna Maria Murdaca nel suo testo “Complessità della persona disabile” si occupa di temi come: la complessità della persona, l’integrazione, l’ambiente, la cura, la relazione educativa, le emozioni, gli affetti ecc…
    Con questo testo la Murdaca ha come obiettivo quello di ricostruire una nuova cultura della disabilità, di rimodulare il termine integrazione e di comprendere le loro esigenze.
    Murdaca sostiene che bisogna adottare l’ottica della Globalità ovvero bisogna avere una nuova conoscenza della parola disabilità che permettesse di vedere il soggetto non come disabile ma come una persona in evoluzione. Un ruolo importante e svolto anche dal contesto sociale che il più delle volte non è a favore delle persone con handicap, ma anzi crea loro le cosiddette “ barriere architettoniche” basti pensare alle ascensori che troviamo nei palazzi che spesso sono troppo strette e piccole e non permettono alle persone che si trovano sulla sedia a rotelle di poterci entrare, oppure le personi non vedenti che hanno difficoltà ad attraversare, ad entrare negli autobus ecc.
    L’ ambiente in cui la persona vive influenza molto la sua personalità, può essere una barriere o un facilitatore come ad esempio la scuola può aiutare a sviluppare le capacità dell’alunno disabile; oppure la famiglia e gli insegnanti che dovrebbero aiutarlo a sentirsi come gli altri integrandolo a pieno nella società.
    Ed e proprio parlando di intergrazione che si nota quando per il disabile sia difficile integrarsi; per integrazione si intende un processo che miri alla ricerca di soluzioni,di diritti per i disabili. Per far sì che l’integrazione abbia inizio, c’è bisogno che il disabile,con l’aiuto degli insegnanti e degli educatori, sperimenti una serie di situazioni, questa è la cosiddetta Relazione Educativa. Quest’ultima può avvenire anche tra due o più persone come ad esempio: genitore e figlio, educatore ed educando.
    Altro punto non trascurabile per la Murdaca è il modo in cui, come ho sottolineato anche prima, vive il soggetto nella società, spesso viene trascurato e non considerato parte integrante di essa; infatti, proprio per questo , sarebbe opportuno creare ambienti di apprendimento nei quali gli educatori dovrebbero aiutare le persone diversamente abili.

    3)Al giorno d’oggi, nel mondo intero, i mass media cercano in tutti i modi di lanciare messaggi, a parer mio sbagliati, sulla bellezza perfetta difficile da raggiungere. Ci si è arrivati ad un punto che la bellezza fisica è stata associata anche alla bontà, all’intelligenza, mentre le persone con un aspetto “ meno bello ” venivano giudicate come brutte, ignoranti e mostri. Per questo motivo tutte le donne si sono sentite in dovere di cambiare il loro corpo rendendolo perfetto tramite la chirurgia plastica solo per sentirsi “ belle “ ed accettate nella società arrivando spesso anche ad esser colte da brutte malattie come l’anoressia.
    Ad occuparsi di questo tema, in particolare per le donne, sono stati autori come: Remaury, Lipovetsky e Braidotti.
    Secondo Remaury le donne sono tutte in corsa per raggiungere la perfezione avendo come obbiettivo quello di essere sempre belle, giovani e godere di buona salute.
    Lipovetsky sostiene che la donna raggiungela perfezione e si sente veramente libera nel momento in cui diventa forte tanto al punto di non farsi più influenzare dai modelli dominanti imposti ovvero il tempo che ci rende giovani, il peso che ci rende magri e la malattia per avere un corpo sano. Anche perché, come detto prima, non sempre avere un corpo magro significa essere belle perché spesso per diventare troppo magro si finische per entrare in quel tunnel senza via di uscita: l’anoressia ( basti pensare alla modella Kate Moss).
    Rosi Braidotti nel suo testo “ Madri mostri e macchine “ ci fa notare il modo in cui il corpo di una donna si trasforma quando essa aspetta un bambino e il modo in cui viene vista dall’uomo come un “ mostro-madre” riproponendo ad essa un corpo – macchina che determina la nascita di un nuovo corpo.
    Avendo parlato di corpo perfetto posso aggiungere la mia riflessione riguardo questa idea di seguire a tutti i costi un determinato modello ricorrendo addirittura alla chirurgia plastica. Credo che le persone che si lasciano condizionare da questi modelli di bellezza, sono persone deboli ed insicure che pur di apparire a tutti i costi “ belle “ e sentirsi accettate dagli altri sarebbero disposte a cambiare il loro corpo spendendo anche tanti soldi.
    Io sono a favore delle protesi estetiche ma solo se utilizzate per malformazioni fisiche gravi come ad esempio nel caso di Pistorius a cui sono state applicate le fleex foot, non avendo le gambe, per permettergli di correrere e inseguire il suo sogno.
    Viviamo, purtroppo, in una società in cui è più importante apparire anziché essere.

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    Adele La Porto


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    Messaggio  Adele La Porto Dom Mag 20, 2012 6:43 pm

    L’OMS è l’organizzazione mondiale della sanità.Negli anni 70 aveva pensato di creare una classificazione di tutte le malattieL’ICD(oggi obsoleta)..L’ICD era una sorta d’inciclopedia delle malattie(es:autismo,tetraplegico,ipovedente,ecc)Questo modello dunque non considerava i fattori ambientali ma solo la malattia come una situazione soggettiva. Nel 1980 l’OMS elabora una nuova classificazione delle malattie l’ICIDH caratterizzata da: MENOMAZIONE: come danno organico o funzionale che comporta la perdita di un’arto o di una qualsiasi parte del corpo(es:Simona Atzori).
    DISABILITA’:come perdita di assolvere particolari compiti nei modi considerati normali dalle persone a causa della menomazione
    HANDICAP(dall’inglese svantaggio): è lo svantaggio che l’individuo incontra nell’ambiente (come scale che impediscono uno spostamento),a causa della menomazione.Dunque è l’ostacolo che impedisce una persona con deficit di portare a termine un’attività.L’ausilio è lo strumento che aiuta a ridurre il deficit es:sedia a rotelle o uno strumento digitale.
    Questi termini furono sostituiti da: MENOMAZIONE ABILITà E PARTECIPAZIONE al fine di dedicare maggiore attenzione alle capacità del soggetto.
    Nel 2001 l’OMS elabora una nuova classificazione L’ICF la classificazione del funzionamento della salute e della disabilità. Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute in un contesto sfavorevole e non più solo una condizione soggettiva. Ogni individuo date le proprio condizione di salute può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare le capacità fisiche e di partecipazione sociale.L’ICF è una classificazione che descrive le modifiche dello stato di salute delle persone in relazione ai loro abiti esistenziali.Non si tratta più di registrare le malattie come fa l’ICD, ma di descrivere le situazioni di vita quotidiana delle persone affette da una patologia e capire come sia possibile migliorarla.
    E’ molto importante non fare confusione fra deficit ed handicap,utilizzare parole improprie possono aumentare l’handicap anziché ridurlo. Prima di tutto non bisogna confondere il deficit con l'handicap...il deficit è il difetto organico o funzionale (perdita di un arto,ecc)mentre l'handicap è lo svantaggio che l'individuo incontra nell'ambiente a causa di una menomazione, in assenza di un ausilio come la sedia a rotelle. Mentre il diverso non è il disabile o la persona di colore ma siamo tutti noi. Ognuno di noi si distingue per delle proprie caratteristiche come ho già accennato nel laboratorio.Nei confronti del disabile sia assume un atteggiamento di pietismo per es:si tende a dire poveretto diventa cosi’ un’etichetta. Esso è dunque un soggeto con disturbi fisici o psifici ,e spesso si sente a disagio confrontandosi con persone normodotate. Il disabile dunque non è altro che un soggetto con diverse abilità(che può far emergere,scoprire,potenziare): per questo è più corretto dire diversamente abili o diversabili.IL 2003 è stato definito l’anno europeo dei disabili si inizia ad usare l’espressione di diversabilità,espressione che sottolinea il deficit ma è comunque un termine positivo perché mette in risalto le abilità della persona. Il disabile è dunque una persona con diverse abilità.tutto ciò che è diverso ci spaventa,ci fa paura,di conseguenza il diverso viene visto come non normale.Anche se la normalità è relativa e soggettiva.Non è il diverso a scegliere di essere tale,ma è la società che lo etichetta,e spesso viene allontanato o visto come un mostro.Inoltre la diversità porta alla categorizzazione, le persone vengono collocate in diverse categorie.Tale meccanismi portano all’esclusione delle persone con diversità suscitando sentimenti di inferiorità che possono portare all’autosvalutazione o all’esclusione. Diverso può essere anche una persona non affetta da menomazione fisica o psifica,ma che si distinque dagli altri per le sue caratteristice si pensi allo straniero o al genio. La diversità non è un mondo a parte ma una parte del mondo
    2)AnnaMaria Murdaca nel testo complessità della persona mira a ricostruire una nuova cultura della disabilità. Murdaca parla di rimodulazione del termine integrazione,dal vocabolario:inserire una persona in un gruppo all’interno di un ambiente o contesto in modo che ne diventi parte organica.
    Per A.Murdaca sono le limitazioni strutturali,i pregiudizi e le barriere architettoniche ad impendire ai disabili un esistenza soddisfacente e di conseguenza tutto questo incide sul loro benessere.Quindi il disabile riuscirà a sentirsi soddisfatto qual’ora riuscirà ad essere abile e a produrre.La disabilità sarà meno grave in un ambiente non attrezzato.L’obiettivo della Murdaca è valorizzare la persona unama con rispetto delle differenze e delle identità.I disabili devono essere valorizzati come sostiene la Murdaca e non messi in in secondo piano.Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione perché si tratta di persone che si caratterizzano per capacità e non per quello che non sanno fare. Come il caso di Simona Atzori
    Importante il concetto di cura che aiuta il soggetto ad essere autonomo. Non curarlo medicalmente ma cura educativa intesa come atto di umana comprensione,aiutare quindi la persona con deficit a prendersi cura di sé,aiutarli ad accettarsi e a convivere con le proprie specialità.Dunque non si mira più all’accudimento ma all’emancipazione del soggetto con disabilità. Inoltre occorre costruire una serie di attività che servono a rendere significativa la vita del soggetto. L’integrazione diviene cosi’ costruzione di luoghi nei quali il disabile può trovare i mezzi per costruire la propria identità fondamentale per il raggiungimento dell’autonomia.Diventare quindi cittadini a pieno titolo e non soggetti passivi di pietismo.E’ opportuno ripensare ad una società con veri spazi di formazione nei quali anche educatori e insegnanti siano preparati ad una ricostruzione all’interno del diverso che solitamente viene visto come un frammento.A questo punto si parla di relazione educativa .La relazione eduucativa si trova in vari ambiti:professionali,familiari. La relazione educativa può essere anche il legame tra docente e discente(il legame tra docente e discente è un prendere e dare in vari ambiti). Ogni incontro umano è educativo..ogni individuo da e riceve qualcosa.Le esperienze sia positive sia negative sono educative.Necessario in ogni relazione è il rispetto reciproco es:ascoltare l’altro senza interromperlo.Dobbiamo dare il tempo all’altro per esprimersi.La relazione educativa è anche il rapporto tra madre e figlio(es: Simona Atzori ha una famiglia resiliente). Non sono solo i bambini ad essere educati,ma anche persone con problemi come: tossicodipendenti,alcolisti,carcerati,ecc. Deve esserci uno scambio alla pari,cioè mettersi sullo stesso piano dell’interlocutore. Il rapporto diventà così un rapporto fra una persona guida e una persona con difficoltà.Si cerca di capire i fattori che spingono una persona a comportarsi in un determinato modo,vedere le motivazioni per cui questi comportamenti sono molto aggressivi. I luoghi sono importanti es:contesto sociale,familiare,associazione,casa famiglia. Per quanto riguarda le persone disabili,l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione.
    3)ALLA CONTINUA RICERCA DELLA PERFEZIONE. Remory nel suo testo il gentil sesso debole afferma di essere orientati verso una corsa alla perfezione con un triplice obiettivo:giovinezza-bellezza-salute. Giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che tutte le donne devono continuare ad avere per essere accettate dalla società.Alle persone con un aspetto giudicato attraente vengono attribuite virtu’ come bontà,intelligenza e gentilezza.Oggi c’è la convinzione che un corpo debba essere magro per essere bello.Personalmente per me la bellezza non è magrezza,l’importante è stare bene con se stessi. Lipovetsky invece ci parla dell’immagine di una terza donna che nasconde la sua sottomissione a modelli dominanti, e cerca di raggiungere il corpo perfetto. Quando si parla di corpo femminile,quasi sempre viene associato al bello,perché lo si immagina perfetto,assolutamente non brutto perché non è adatto al corpo femminile . Ecco che si inizia a parlare di protesi estetiche come ho già accennato nel forum sono in parte contraria e in parte no. Non sempre le protesi vengono utilizzate per correggere difetti fisici. Il problema sono i media come la tv…siamo martellati da “modelli di perfezione” …insomma la tv ci incentiva a ricorrere alla chirurgia perché ci fa credere che essere perfetti è l’unico modo per essere felici e stare bene con gli altri.Allo stesso tempo però il corpo femminile viene visto come un qualcosa di mostruoso come ci dice Briadotti.Il corpo nella maternità viene visto come qualcosa di orribile e meraviglioso allo stesso tempo…madre e mostro che rappresenza il grado zero della normalità.


    Ultima modifica di Adele La Porto il Dom Mag 20, 2012 11:15 pm - modificato 1 volta.
    Annarita Riviergi
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    Messaggio  Annarita Riviergi Dom Mag 20, 2012 7:00 pm

    1) L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)ha elaborato,nel corso degli anni di ricerca,una serie di classificazione.La prima è così composta:
    ICD=(classificazione Internazionale delle Malattie)nata nel 1970,ripone il suo interesse verso ciò che causano patologie,fornendo anche una descrizione accurata delle caratteristiche cliniche per ogni sindrome e disturbo.La si può definire una Enciclopedia Medica vera e propria.Ma questo sistema,col passare degli anni,venne sostituita prima con l'ICIDH(Nata nel 1980 come clasificazione internazionale che spiega e facilita le definizioni e i termini riguardanti la disabilità).In seguito con l'ICF(Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute),sorta nel 2001,ci da una nuova e diversa definizione per il termine Disabilità.Ha vari interessi:si occupa delle conseguenze che possa avere una persona,il loro vivere,condizione sociale-psicologica.Diviene perciò centrale la vita di persone affette da queste patologie. Per l'ICF la Disabilità deriva dal contesto sfavorevole in cui la persona vive ,come il tema che abbiamo affrontato delle Barriere Archittetoniche.Il contesto sociale è olto importante per queste persone,infatti ho riflettuto a lungo e non pensavo che un semplice gradino del palazzo in cui viviamo,o per prendere i mezzi pubblici fosse così difficile.Attraverso l'esercizio dell'orologio me ne sono resa conto,e penso che le nostre città non siano fatte per la convivenza di queste persone,ma dovremmo rifare tutto d'accapo.

    Importante per il nostro sapere ma anche per saper spiegare a tutti,l'attenzione che diamo ai termini che spesso nel contesto universitario,ma anche fuori,utilizziamo.Per il momento mi soffermo su i seguenti: Disabile e Diverso.La persona Disabile,è quella persona che è impossibilitato nella vita semplice quotidiana,cioè nello svolgimento delle attività più normali della nostra vita.Colui che è affetto da disfunzioni motorie e cognitive nello stesso tempo,una persona che ha forti disagi sociali,che lo condizionano per quanto riguarda la sfera psicologica.In prima persona spesso non riesco a sapermi comportare quando ho dinanzi una persona affetta da disabilità,ed è sgagliato.Non è certo con la compassione che facciamo il nostro dovere,ma forse potremmo cercare di farli sembrare più normali possibili,senza fargli pesare la loro condizione.Non è con un semplice sorriso quindi che risolviamo il problema,ma cercare di far fuoriuscire altre loro potenzialità,come nel caso di Simona Atzori.Un esempio di resilienza,nata senza braccia,quindi sarebbe stata impossibilitata a vita a non condurre una vita normale,ma invece,con la sua tenacia e forza d'animo ha saputo fare della sua vita,una vita piena di cose belle.Ballerina e pittrice eccellente.Per il termine Diverso invece,è una persona che ha delle abilità differenti dagli altri,che possono emergere e non.La diversità in tal caso viene recepita come non normalità.Tutto questo porta all'emarginazione chiusa e forzata dell'individuo,di sentirsi sempre in una condizione di firte disagio,sempre in un angolo da solo senza nessuno si accorga del suo isolamento o tanto meno si accorga della sua richiesta d'aiuto.
    2)Anna Maria Murdaca scrive il testo:Complessità della persona e Disabilità.In questo testio si interessa dei vari e molti aspetti riguardanti la vita del disabile:l'inegrazione,la complessità della persona con disabilità,la cura e la relazione educativa.L'autrice dice che è molto importanteadottare un ottica globale,intesa come globalità ambientale e personale del disabile.Il teso mira a 3 scopi ben precisi ed importanti:a)ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,b)rimodulazione del termine integrazione,c)comprensione delle reali condizioni di vita quale ruolo affettivo possono assumere i soggetti disabili,quali servizi vengono erogatiper le loro esigenze.Per il suo progetto di integrazione bisogna partire dal contesto in cui si vive,quello sociale,appunto perchè esso determina la condizione di handicap ,per le varie barriere ed ostacoli che aiutano al processo di esclusione ed emarginazione.E' perciò importante partire dalle istituzioni di socializzazione primaria,quali la famiglia e la scuola.Il genitore deve assumere più caratteree edisfarsi di quella impotenza che lo crede nulla nei confronti del figlio e non sa come aiutarlo.Ma altrettanto di grande aiuto è la scuola,che con le sue potenzialità deve facilitare la vita di questa persona disabile e introdurlo con molta naturalezza l'individuo nel contesto in cui si trova.Facendo così a vvenire una buona e giusta integrazione. Deve essere perciò sempre un processo continuo,una continua ricerca di soluzioni.Dobbiamo però capire la persona che abbiamo di fronte comportandoci di conseguenza.Il concetto di cura riguarda l'agire educativo,tendente quindi,all'emancipazione del disabile volta alla sua specifica realizzazione di uomo,perciò che può diventare.E' per questo che l'autrice ci parla di un nuovo paradigma di benessere,uno sfondo integratore dei diversi che va analizzato in un'ottica prgettuale e flessibile piochè bisogna tener conto del soggetto mutante, non si mira all'accudimento ma all'emancipazione del soggetto con disabilità.Per questo motivo è importante l'impegno l'impegno per far nascere attività adite a rendere importante la presenza del disabile attraverso specifiche prospettive didattiche.Ora possiamo introdurre il tema della relazione educativa,essa,attraversa una serie di tematiche quali:relazione madre/figlio,docente/discente.La relazione, di qualunque tipo,deve essere uno scambiotra coloro che hanno la relazione.Lo scambio può essere sia positivi che negativo,perchè si tende sempre ad apprendere,ed è appunto questo lo scopo delle relazioni,sono scambi emozionali,aducativi,affettivi e via dicendo.Si parla anche di educandi in difficoltà,ovvero,tossicodipendenti,alcolisti,carcerati.In tal caso la relazione è il rapporto tra una persona"guida"e una persona che ha bisongo d'aiuto.Tutto ciò porta comunque ad uno scambio alla pari.
    3)Remaury,nel testo,Gentil sesso,ci parla della tanto desiderata perfezione corporea,riguardante la bellezza,giovinezza e salute.Ci fa una distinzione tra corpo trasfigurato(cioè corpo legato all'immagine della perfezione di esso),corpo esatto(progressi che si ottengono con l'ausilio della scenza),corpo liberato(libero dalla mlalattia,peso e tempo).Appunto a tal proposito,Lipovetsky propone La Terza Donna,una sorta di bellezza apparente.Mentre Braidotti in Madri,mostri e macchine ci spiega il collegamento tra tra corpo e macchina.Infatti la donna ha la capacità di trasformare il proprio corpo in gravidanza,e per questo motivo si divide tra madre e mostro.Riguardo a ciò il mio pensiero è che noi donne siamo tutte perfette nella nostra unicità,e non abbiamo bisogno di scenza,protesi,tecnologia per arrivare alla perfezione che la tv,mass-media e riviste ci impongono di tener conto.Ed è per questo che si dice che "LA PERFEZIONE NON ESISTE".
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    Messaggio  simona micillo Dom Mag 20, 2012 7:04 pm

    L’OMS è l’organizzazione mondiale della sanità.La prima classificazione elaborata è “la classificazione internazionale delle malattie”o ICD,che risale al 1970 e risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie,fornendo per ogni sindrome una descrizione delle principali caratteristiche cliniche.L’Oms nel 1980 effettua una nuova proposta per cercare di risolvere questo problema di definizione,l’ICIDH ovvero una nuova classificazione internazionale che si basa su tre fattori:menomazione,abilità e partecipazione.Nel 2001 l’organizzazione mondiale della sanità propone il manuale di classificazione ICF il quale propone una definizione del concetto di disabilità multidimensionale e innovativa rispetto alle precedenti classificazioni.Secondo l’Icf la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.I termini proprio della precedente classificazione vengono quindi sostituiti con i termini:funzione,strutture corporee,attività e partecipazione,con l’intento di indicare una maggiore attenzione alle possibilità del soggetto disabile.L’Icf non classifica solo condizioni di salute,malattie o traumi,ma bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute.Il passaggio dall’Icd e l’Icf è avvenuto quindi perché le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica non erano giudicate sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona.La classificazione Icf è organizzata suddividendo le informazioni sulla salute della persona in due parti:funzionamento e disabilità;ed è proprio su quest’ultimo concetto che dobbiamo soffermarci.Una persona affetta da disabilità è una persona impossibilitata a svolgere le normali attività quotidiana,una persona affetta da disabilità motorie o cognitive.Ed invece chi è il diverso?Il diverso può essere una persona non necessariamente affetta da menomazione fisica o psichica ma che si distingue dagli altri per le sue caratteristiche.TUTTI SONO DIVERSI,NON TUTTI SONO DISABILI!In una delle lezione svolte in classe infatti ci siamo soffermati sull’uso corretto delle parole,affrontando diversi concetti fra cui quello di disabile,inoltre abbiamo svolto un’esercizio “la mappa degli stereotipi”e tra le parole proposte quella sulla quale mi sono maggiormente soffermata a riflettere è proprio quella di “diverso”…diverso è colui che non la pensa come me,diverso è colui che p emarginato,diverso è l’uomo di colore,diversi siamo tutti noi!Al di la di quelle che sono le caratteristiche di queste persone è opportuno riflettere sulle molteplici difficoltà che queste persone possono trovare nello svolgere diverse azioni anche quelle più semplici.Nello svolgimento dell’esercizio dell’orologio,pensando alle azioni che io con la massima facilità svolgo nella mia durante una mia giornata tipo,ho riflettuto su come una persona disabile posso avere molteplici difficoltà anche nello svolgimento di semplici azioni quotidiane.La vita di una persona disabile è difficile,ma viene resa tale ancora di più dalla società circostante,la quale è disattenta e superficiale nell’intervenire in aiuto della possibile autonomia di queste persone.
    Nei confronti delle persone diverse e disabili spesso si tendono ad assumere determinate etichette,che le spingono all’ emarginazione,proprio com’ è accaduto durante la simulazione cittadino o emarginato?Io ero cittadino,ero nella città a festeggiare,ridendo di alcune mie amiche che avendo gli occhiali erano state emarginate,dopo poco ho del tutto dimenticato le persone emarginate notando che anche la professoressa le dava continuamente le spalle.Quello che per gioco è stato simulato è proprio quello che avviene nella realtà,in maniera inconscia tendiamo ad allontanare persone privandoci di un possibile dialogo o conoscenza partendo prevenuti,la cosa pù triste e che lo facciamo senza neanche rendercene conto.Anche la stessa società anche in maniera inconscia tende a penalizzare queste persone nonostante promuove continuamente il concetto di uguaglianza.
    Una delle autrici che hanno affrontato questo tema è Anna Maria Murdaca,la quale scrive il testo “ complessità della persona con disabilità”.
    Secondo l’ autrice occorre dirigersi verso l’ inclusione,occorre adottare l’ ottica della globalità,una nuova cultura della disabilità,attenta non soltanto ad analizzare i temi del comportamento del disabile,ma incentrarsi sul riconoscimento della persona in evoluzione.
    Non è la disabilità che caratterizza la persona,ma la sua personalità,e come suggerisce la Murdaca è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap.E’ necessaria quindi l’ integrazione della persona in ambito educativo linguistico e corporeo.L’integrazione è un processo continuo,una continua ricerca di soluzioni idonee a perseverare i diritti del disabile;il termine integrazione infatti significa”inserire una persona o un gruppo in un ambiente in modo che ne diventi parte organica”.E’ inoltre necessario integrare questo termine con altri due:accoglimento e condivisione.Accoglienza verso identità diverse e condivisione di valori etici come dignità ed autonomia.L’obiettivo quindi è quello di valorizzare la persona umana nel rispetto del differenze e riflettere su quale ruolo possono assumere questi soggetti per la loro progressiva emancipazione e realizzazione.Come afferma la Murdaca: ci troviamo davanti ad un nuovo paradigma del benessere,che necessità di misure di sostegno e attività svolte a rendere significativa la presenza dei disabili.E’ opportuno quindi progettare delle opportunità educative che permettano al disabile di eliminare i suoi disagi ed acquisire una nuova e più ampia immagine di sé.
    La relazione educativa non è intesa solo come rapporto tra educatore ed educando, ma qualsiasi tipo di rapporto dove vi sia scambio di emozioni e conoscenze.Affinchè la relazione educativa sia efficace è necessario che si instauri un legame di fiducia e rispetto reciproco, teso all’ ascolto e alla comprensione:A riguardo in classe abbiamo proposto diversi setting notando le difficoltà che possono esserci in ogni relazione. La professoressa ha portato la nostra attenzione sulla postura delle persone intervenute nella simulazione in quanto questo è fondamentale per un primo impatto positivo,affinchè la persona che si incontra possa sentirsi a proprio agio.E’ importante che vi sia una situazione di completa asimmetria,volta ad instaurare un clima di serenità e partecipazione.
    Come abbiamo visto la società influenza pesantemente la vita delle persone disabili e non solo.La nostra società infatti ci propone sempre più modelli e prototipi da seguire,soprattutto relativamente alla bellezza e alla perfezione.Il primo problema è dato proprio dalla televisione questi uomini e donne perfetti,belli,senza imperfezioni.Autori come Remaury,Lipovetsky e Braidotti affermano che questa problematica riguarda soprattutto le donne che ogni giorno si trovano a rincorrere ideali di bellezza impossibili.Basti pensare a quante donne ormai sono rincorse alla chirurgia estetica,finalizzate appunto al miglioramento del proprio corpo.Premetto di essere a favore della protesi estetiche quando ci si trova di fronte ad una evidente imperfezione,oppure quando questa imperfezione viene vissuta come complesso,in questi caso la chirurgia serve ,aiuta a stare meglio con se stessi e con gli altri,ma al giorno d’oggi questa non viene usata così,viene usata per APPARIRE,solo esclusivamente per questo.
    Nel “Gentil sesso debole” Remaury infatti afferma che vi è una vera e proprio corsa alla perfezione,che ci porta a voler raggiungere un triplice obbiettivo:giovinezza,bellezza e salute.Si pensi inoltre al fatto che oggi siamo tutti a dieta,tutti andiamo in palestra,tutti facciamo le lampade,perché è questo che la società di oggi ci propone,modelli e canoni di bellezza da dover inseguire.
    LIPOVETSKAY sostiene che la donna è impegnata a scegliere tra l’ eterna giovinezza,perfetta bellezza e salute totale.Solo attraverso la conquista di questi tre obiettivi riuscirà a raggiungere la sua perfezione tanto desiderata,la perfezione che ormai un po’ tutti cerchiamo di raggiungere.
    La Braidotti parla anche di corpo-macchina,ovvero un corpo trasformato talvolta mostruoso sulla quale la donna lavora con un rapporto sempre più stretto con la tecnologia.Basti pensare a queste donne e ragazze dello spettacolo sempre più rifatte,talmente rifatte che cadono nel ridicolo.A causa di questi modelli si è persa la cosa più bella…la semplicità!Tutti questi assurdi modelli di perfezione creano gravi complessi che talvolta si trasformano i veri problemi soprattutto per noi donne.Sicuramente avere una determinata forma fisica,fa bene a se stessi ci fa sentire meglio.Durante la lezione su tale argomento la professoressa ci ha illustrato diverse immagini di diversi artisti i quali mostravano il loro modo di vedere la bellezza,quello che più mi ha colpito è stata la figura di Picasso,quest’idea di bellezza storta,non perfetta…non bisogna farsi tanti problemi,la perfezione non esiste e soprattutto ognuno di noi è bello a proprio modo.
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    Messaggio  Letizia Panariello Dom Mag 20, 2012 7:15 pm

    La classificazione ICD nasce nel 1970, è la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dalla OMS(organizzazione mondiale della sanità).L’ICD è uno standard di classificazione per gli studi statistici ed epidemologici, nonché valido strumento di gestione di salute e igiene pubblica. Risponde esigenza di cogliere la causa delle patologie descrivendone le principali caratteristiche cliniche. Le diagnosi vengono tradotte in codici che rendono possibili la memorizzazione. Si lavora quindi su un aspetto eziologico. Nel 1980, viene creata dall’OMS una nuova classificazione. ICDIH, questo, invece, si basa su un modello sequenziale che conduce alla divisione dei seguenti termini: disabilità, handicap, menomazione causata dalla malattia.
    MENOMAZIONE = con tale termine, si indica qualsiasi perdita o di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica e anatomica. La menomazione è un danno organico o funzionale di un settore specifico. Come danno organico la menomazione porta la mancanza, intesa come non esistenza , o intesa come cattivo funzionamento di una parte del corpo o concepita ancora come anomalia o perdita di una struttura o funzione. Le perdite posso essere : 1)transitorie,2)permanenti 3)accidentale4) degenerative. ; e possono modificare la vita dell’individuo coinvolto negativamente.
    DISABILITÁ: con tale termine viene indicata l’impossibilità di compiere delle azioni considerate normali per un essere umano. Tale impossibilità è dovuta da una perdita o da un limite conseguente a menomazione. .Quindi la disabilità indica ilo svantaggio che la persona ha a livello personale.
    HANDICAP : ̀̀̀̀̀È la difficoltà che una persona con disabilità ha nel confronto ESISTENZIALE con gli altri. Tale situazione di svantaggio è conseguente a menomazioni .Quindi rappresenta lo svantaggio che una persona con disabilità ha nel confrontarsi con la società : Tale parola tradotta in lingua italiana significa “svantaggio”. Essa deriva dall’ambiente delle corse ippiche inglesi ; la pratica obbligava il fantino che cavalcava il cavallo con qualità superiori a gareggiare portando la mano sul capo , o meglio sulla visiera del berretto . Da ciò deriva : hand in cap .
    L’ICDIH provvede quindi alla sequenza Menomazione (mancanza), Disabilità(disagio personale), Handicap(disagio sociale) Tuttavia però questa sequenza non è automatica in quanto l’handicap può essere diretta conseguenza di una menomazione, senza la mediazione dello stato di disabilità . Questo modello ha ricevuto svariate critiche, anche se il suo uso ha riuscito a mettere un po’ di ordine semantico . Molti paesi , hanno adottato il ICDIH nel tentativo di capire meglio cosa fare e come classificare la diversabilità. Numerose critiche e revisioni di quest’ultimo modello ha portato l’OMS a pubblicare una terza classificazione ossia: ICF(classificazione internazionale delle funzioni) o detto anche classificazione dello stato di salute. Essa è riconosciuta da 191 paesi come la nuova norma per classificare la salute e la disabilità. L’approvazione dell’ ICF da parte dell’assemblea mondiale della salute nel 2001, ha fatto cancellare l’utilizzo dell’ICDIH infatti, l’OMS propone l’ ICF come strumento standard per misurare, classificare e unificare il funzionamento sia della salute che degli stati di salute ad essa correlati e come strumento che, facilitando la comunicazione tra i diversi “agenti” che lavorano sullo stesso campo può promuovere nuovi orizzonti di ricerca . L’ICF introduce anche una classificazione dei fattori ambientali. Quello del ICF quindi è una prospettiva multidimensionale. Con tale classificazione si vuole dichiarare che l’individuo “sano” si identifica come individuo in stato di benessere psico-fisico . Il concetto di disabilità, quindi cambia a seconda della nuova classificazione e diventa un termine che identifica le difficoltà di funzionamento della persona sia a livello personale che nella partecipazione della vita sociale. Da tutto ciò si evince che il deficit è una situazione soggettiva e quindi per questo motivo è difficilmente annullabile, l’handicap , invece, in quanto oggettivo dipende dalle situazioni che direttamente lo aumentano, lo riducono o lo annullano. Sappiamo che handicap di un individuo , viene vissuto in maniera maggiore e soprattutto negativa , se quest’ultimo vive in una città piena d’ostacoli, che gli impediscono di portare a termine determinate attività e gli rafforzano cosi il deficit. Gli ostacoli principali che si possono incontrare sono soprattutto le barriere architettoniche come scalini, porte strette, pendenze eccessive, spazi ridotti etc. Esse sono presente ovunque quanto più noi possiamo immaginare , io stessa ho potuto costatare come nella casa in cui vivo e gli spazi in cui sono solita frequentare sono pieni di barriere e non sono adatti alla frequenza di un disabile .In aula abbiamo anche visto diversi filmati che ci hanno mostrato come nella quotidianità di tutti i giorni le persone con disabilità impiegano tempi lunghissimi per compiere azioni e tratti stradali semplicissimi o per la mancanza di apparecchiature necessarie tipo : scivoli, montascale etc o per il non funzionamento di questi ultimi. Tale situazione non fa che accrescere l’handicap e diminuire l’autonomia della persona disabile . La cosa che più mi ha stupita guardando i video in aula è che anche nelle città più popolate e sviluppate d’ Italia (Milano-Roma)esistono tali ostacoli che privano della libertà e limitano un diritto fondamentale: quello della pari opportunità. A tale proposito voglio ricordare anche la nascita della Legge 104 del 5 Febbrai del 1992 . Essa è definita "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. La Legge si compone di diversi punti che vogliono analizzare e migliorare la vita di una persona con handicap e si vuole garantire a quest’ultima i diritti umani e di libertà , che spesso gli vengono sottratti . La legge mira agli interventi per assolvere gli stati di emarginazione sociale . Il disabile ha diritto all’istruzione che deve avvenire nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università . L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione. In seguito all’identificazione dell’handicap di un alunno e la dovuta certificazione , bisogna attuare un intervento educativo di tipo personalizzato con la collaborazione dei genitori dell’alunno coinvolto, degli operatori sanitari e dell’insegnante qualificato in materia. Nella valutazione degli alunni handicappati da parte degli insegnanti sulla base del piano educativo individualizzato è necessario dichiarare per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici. Altro punto fondamentale è quello 17 ove si dichiara che . le regioni debbano provvedere all'inserimento della persona handicappata negli ordinari corsi di formazione professionale sia dei centri pubblici che privati e garantire agli allievi handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una formazione professionale che tenga conto dell'orientamento emerso dai piani educativi individualizzati realizzati durante l'iter scolastico. La legge mira anche alla tutela dell’inserimento della persona con handicap nel mondo del lavoro , di fatto definisce che la capacità lavorativa deve essere accertata da una commissione e che la persona handicappata sostiene le prove d'esame nei concorsi pubblici per l'abilitazione alle professioni con l'uso degli ausili necessari (dichiarati anticipatamente)e nei tempi aggiuntivi eventualmente necessari in relazione allo specifico handicap. Inoltre la legge richiede che le regioni disciplinano le modalità con le quali i comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi e che i comuni assicurano appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate, sia nei parcheggi gestiti direttamente dal comune stesso o dati in concessione, sia in quelli realizzati e gestiti da privati. Alle persone con handicap devono essere garantite anche le sanzioni fiscali . Conoscere a fondo questa Legge è fondamentale per capire a che cosa abbiamo diritto, quali sono i nostri doveri e come comportarci in tutti casi in cui la disabilità e l’invalidità entrino a far parte della nostra vita. Con essa si vuole far si che le condizioni dei disabili diventino una problematica di tutti e non solo di chi la vive. L’obiettivo fondamentale quindi è quello di garantire tutti quei diritti che anche una persona andicappata deve avere. Spesso il mondo della disabilità viene considerato come uno spazio a parte, che si differenzia da quello reale .La persona con handicap infatti viene risentita con pietismo e a volte è allontanata , e in altri casi ci si rivolge ad essa utilizzando una terminologia scorretta che può causare sofferenza.
    Come diceva “Canevaro”,infatti, è importante fornire un giusto peso alle parole, no perché se utilizzate in maniera scorretta risultano poco armoniose ma perché possono generare disordini linguistici. Infatti ; se riflettiamo sulla parola disabile notiamo che questa solitamente viene usata per sottolineare il fatto che ad un individuo manca una o più abilità, senza però considerare che egli ne possiede delle altre. Spesso impropriamente capita di confondere il vocabolo disabile con DIVERSO; essi sono due termini diversi. Bisogna ricordare sempre che : “TUTTI SIAMO DIVERSI MA NON TUTTI SONO DISABILI”. La diversità è concepita come la non normalità. E allora io mi chiedo : esiste un canone di normalità che sia comune a tutti gli uomini ? Purtroppo o forse per fortuna la risposta è no. Negli ultimi anni è nato il termine diversabilità, che risponde all’esigenza di non trascurare la persona considerando e valorizzando la sua dignità umanità. Tale termine mette in risalto le abilità diverse che un soggetto ha rispetto gli altri e che devono essere fatte emarginate, scoperte e potenziate . Esempio è la ballerina S. Atzori , che pur non avendo le braccia riesce attraverso la tenacia e la resilienza a mettere in risalto le sue “altre” abilità , che possono essere diverse da un normodotato . Nel video mostrato in aula si apprendono le diverse capacità che Simona ha sviluppato in seguito alla necessità ,come ad esempio :aprire la bustina dello zucchero con i piedi o riuscire a ballare e a trasmettere emozioni anche senza le braccia. Con questo nuovo termine (diversabilità) si vuole quindi fornire una nuova ottica o per meglio dire una nuova cultura con cui definire e considerare la persona disabile. Proprio su tale questione, lavora l’insegnate e autrice Annamaria Murdaca . Essa per prima cosa dice che deve cambiare l’approccio con le persone disabili , infatti quest’ultime non devono essere considerati come soggetti statici ma come persone in evoluzione . Viene riproposto una rilettura dell’handicap e si arriva alla conclusione che esso è determinato dall’ostacolo (barriere architettoniche e fisiche) È importante dunque, valutare l’influenza dell’ambiente (scolastico, familiare, lavorativo) sulla vita degli individui , perché essi possono essere nello stesso tempo come la causa dell’handicap o facilitatori per l’integrazione nella società. L’esempio più significativo è dato dalla scuola. Essa rappresenta indubbiamente il canale principale che può aiutare a contribuire allo sviluppo di una buona integrazione , ma gli insegnati dovrebbero imparare a guardare oltra la scuola stessa e a fornire agli alunni con disabilità le competenze necessarie per essere utilizzate a di là di questo contesto. . L’integrazione quindi è uno dei problemi principali legati alla disabilità e viene considerata come un processo continuo che deve mirare all’uniformità ,a valorizzare al meglio le dotazioni individuali. La persona non deve essere più definita per sottrazione , ma per le capacità che essa ha . Murdaca nel suo testo “complessità della persona e disabilità” mira all’analisi di alcuni punti fondamentali tra cui fornire una nuova cultura della disabilità ed una rimodulazione del termine integrazione ..Con Annamaria Murdaca ci ritroviamo dinanzi ad un “nuovo paradigma del benessere” in quanto non si mira all’accudimento , ma all’ emancipazione del soggetto con disabilità. e non solo attraverso un’ educazione classica ma attraverso una pratica didattica che tenga conto delle opinioni ,dei valori e dell’armonia che deve essere scambiate nella relazione educativa tra docente e discente. La relazione educativa è il modo attraverso il quale le intenzioni educative diventano lavoro L’educatore gioca un ruolo fondamentale , infatti ,con ogni singolo allievo deve creare una relazione personale .e con lui il discente deve instaurare un rapporto di crescita. Tra i due non deve esserci una disparità di potere . Un docente oltre alla conoscenza dei contenuti da trasmettere, dovrà possedere anche le capacità per trasmetterli. Tra i compiti che si trova ad affrontare un insegnante o educatore in genere, ci sono quelli relativi alla promozione dell’apprendimento e alla gestione della relazioni. Il rispetto viene acquisito dall’educatore non imponendosi come figura autoritaria , ma ponendosi al fianco dei discenti , analizzando la loro ottica e fornendogli rispetto . Parecchi nella relazione educativa si sentono superiori al discente tendendo a sottovalutarlo e a sottolineare la propria autorità. Da tutto ciò si capisce allora che il contesto sociale influenza la psiche di ogni individuo, crea ideali che a volte risultano fasulli , aumenta l’handicap dei soggetti rafforzando la condizione di diverso e di anormalità, arriva fino a definire cos’ è considerato “ IN” e cosa invece, “OUT” , a delineare i pregiudizi e ad imporre le mode da seguire e la bellezza ideale. Con l'espressione "canone di bellezza", si vuole indicare l'idea di bellezza fisica riconosciuta dalla società. Il canone di bellezza è legato alla situazione economica e sociale di un popolo. Tale canone è spesso tramandato da una società all'altra, quello della società greca infatti è giunto fino a noi grazie all'arte e facendo una ricerca possiamo notare come ogni epoca ha una propria idea di bellezza che si evolve continuamente e si modifica da quella precedente . La letteratura fornisce immagini relative al brutto e al mostruoso . Tematica ricorrente è anche quella del nudo . In tutto il novecento esiste un conflitto tra liberare il fisico dal mascheramento del vestito , o restituire simbolismo e vestiti al corpo nudo. Il corpo nudo non è solo oggetto di fruizione estetica , ciascun individuo lo guarda a secondo dell’epoca storica di appartenenza. Oggigiorno , il canone di bellezza viene proiettato dai mass media , che propongono ideali sempre più irreali e poco salutari. Si vuole , enfatizzare la magrezza , che viene apertamente glorificata mentre la corposità viene considerata come non salute. Il predominio delle immagini , ha mirato alla cura del corpo e si rivolgono prettamente al genere femminile appartenente alla fascia adolescenziale, causando anche gravi conseguenze come i disturbi alimentari. Un esempio è l’ anoressia , considerata come una BESTIA , un TUNNEL dal quale è facile entrare e difficile uscire. Sembrerebbe che all’aspetto fisico vengano associati una serie di virtù interiori, per esempio la persona magra e bella viene identificata come buona e onesta. Ciò accade perché siamo continuamente plagiati dai prototipi proposti dai mass-media. L a cultura dell’immagine nella donna si confonde con quella della bellezza che, nelle rappresentazioni femminili , è associata all’idea che essa abbia il dovere di coltivarla. I continui cambiamenti della donna e il suo bisogno di cambiare sono state tematiche poste al centro dell’attenzione di numerosi autori come: Remaury, Lipovetsky e Braidotti:
    Remaury : nel suo “gentil sesso debole” analizza i diversi tipi di bellezza e afferma che l’uomo è orientato verso una perfezione , che è caratterizzata da un triplice obiettivo da raggiungere: giovinezza- bellezza e salute . Egli sostiene che il corpo trasfigurato sia legato all’idea/immagine di perfezione . Il corpo esatto è quello che compie progressi per raggiungere la perfezione e per arrivare ad essa si lascia aiutare dalle scienze e di altre disciplina. Possiamo dire che questo tipo di corpo rappresenti il modello dominante. Il corpo liberato , è quello che riesce a sfuggire dalla malattia, dall’ossessione del peso e dall’essere perfetto. “Il gentil sesso debole” propone una ricerca dunque su quelle componenti che la cultura attribuisce da sempre alla donna considerando tali componenti come parte integrante della sua stessa fisiologia. L’ obiettivo di Remaury, non è stato solo quello di illustrare i meccanismi profondi che condizionano la figura femminile , confrontando espressioni contemporanee dell'identità corporea femminile con altre più antiche. Con Lipovetsky ricordiamo la liberazione de “la terza donna”. In quest’opera , vengono celebrati tre valori: la salute totale, l’eterna giovinezza e la perfetta bellezza. Essi devono essere scelti dalla donna per raggiungere la perfezione totale tanto desiderata. Attraverso il controllo della propria immagine , la donna può giungere al controllo del proprio corpo , che risulti nello stesso tempo perfetto e risultato del congiungimento tra bellezza e salute. Tale pensiero negli ultimi anni si è diffuso sempre più , fino a diventare quasi una campagna, infatti , ne sono da esempio anche i numerosi slogan americani che finalizzano alla cura del proprio corpo. “La terza donna” ripercorre il tema della femminilità, analizzando i. diversi passaggi di bellezza delle diverse epoche. Da ciò si evince, la costruzione di tre tipi di donne rispecchianti tre tipi di bellezze diverse. La prima donna veniva sfruttata e poco considerata . la sua funzione principale era quella di badare ai figli, la sua era una bellezza rudimentale. Con il passare del tempo si delinea una nuova immagine ,e un nuovo tipo di bellezza ossia quella di una seconda donna. Fa la sua entrata in scena la donna divinizzata , che attraverso il suo aspetto rispecchia l’idea di virtù. La terza donna, invece, è quella contemporanea. Essa viene vista come la fusione delle prime due. La liberazione della terza donna celebrata da Lipovetsky nasconde in realtà la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti dalla società.
    Anche Rosi Braidotti scrive un opera “Madri , mostri e macchine” nella quale propone l’analisi dei limiti e la forma del modello di corporeità che dovrebbe essere assunto nello stato di maternità da una donna , e che sia a norma e imposto dalla cultura dominante. La Braidotti riflette molto anche sugli straordinari mutamenti indotti dalle bio-tecnologie che radicalmente stanno modificando le pratiche della riproduzione e la relazione degli umani con la materia corporea. La Braidotti propone di ripensare alla relazione antica, complessa e multiforme che c'è tra le madri, i mostri e le macchine, una relazione che passa per il corpo ma anche per la sua rappresentazione simbolica . Occorre dunque ripensare alla capacità della donna di deformare il proprio corpo durante il periodi di gravidanza apparendo agli occhi degli uomini come delle madri-mostro , un qualcosa di orribile e meraviglioso. Quindi la donna assume le sembianze di incubatrice , di essere meraviglioso in grado di donare una nuova vita.
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    Messaggio  Melania Moscato Dom Mag 20, 2012 7:25 pm

    1) Nel Sistema delle Nazioni Unite compete all'Organizzazione Mondiale per la Sanità ( OMS) la responsabilità di preparare e visionare le misure internazionali contenenti il diritto alla Salute (benessere fisico, mentale e sociale).
    Nel 1970 , l'OMS elabora l'International Classification of Diseases (ICD) focalizzata sulla descrizione delle principali caratteristiche cliniche e sulle indicazioni diagnostich delle patologie.
    L'ICD , che ha particolare riguardo per l'aspetto " EZIOLOGICO" della patologia, è una classificazionein cui assume un ruolo centrale il nesso di causa, secondo lo schema:
    EZIOLOGIA -> PATOLOGIA -> MANIFESTAZIONE CLINICA
    Nel 1980 l'OMS ha messo a punto una classificazione internazionale, l'International Classification of Impairments, Disability and Handicaps, detta brevemente ICIDH. Questo passaggio dell'ICD all' ICIDH è sicuramente dettato dal fatto che le persone possono risultare incapaci di svolgere il loro ruolo sociale.
    L'ICIDH propone le nuove definizioni di Menomazione, Disabilità ed Handicap.
    1)MENOMAZIONE = qualsiasi perdita a anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche.
    2) DISABILITA' = qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un'attività in normalità per un essere umano. Riguarda l'abilità di tutta la persona a compiere una determinata azione della vita quotidiana.
    3) HANDICAP = può derivare da una menomazione , ma in genere è in relazione alla disabilità. L'Handicap è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri, il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità.
    Nel maggio dell 2001, l'OMS ha pubblicato l'International Classification of Functioning, Disability and Health ( ICF). Il suo obiettivo è quello di fornire un linguaggio comune e una struttura di riferimento per la descrizione del funzionamento umano e della sua controparte negativa, ovvero la disabilità.
    Rispetto ad altre definizioni attribuitogli, l'ICF non riguarda solo le persone con disabilità, ma tutti, assumendo un valore globale.
    L'Icf evidenzia gli aspetti di valorizzazione del singolo nel suo contesto ambientale e sociale. L'ambito in cui l'icf si pone come classificatore della salute, prendendo in considerazione gli aspetti sociali dell'individuo menomate, è sicuramente quello di un contesto ambientale precario e che può causare disabilità. La classificazione ICF rappresenta un'autentica rivoluzione nella definizione e quindi nella percezione della salute e della disabilità, ed è importante il fatto che si tiene conto dei fattori ambientali classificandoli in maniera sistematica. L'ambiente può essere una barriera. La ricerca può produrre soluzioni tecnologiche che, migliorando l'ambiente delle persone, ne diminuiscono la disabilità.
    Viene identificato dall'ICF nel senso ampio del termine, del contesto familiare, alla scuola, al lavoro. L'ICD e ICF sono strumenti tra loro complementari : mentre il primo tratta essenzialmente della manifestazione clinica a partire dalla sua eziologia sino alla diagnosi della malattia, il secondo classifica il funzionamento e la disabilità correlati alle condizioni di salute.
    Ciò che mi fa riflettere e soffermarmi , dopo aver spiegato le varie classificazioni, sono le parole DISABILE E DIVERSO.
    La disabilità non è più definita solo come difficoltà o incapacità di svolgere determinate attività in conseguenza di un problema, ma concorrono a determinare una condizione caratterizzata da restrizioni nella partecipazione alla vita collettiva.
    Ma le buone parole e i propositi spesso si polverizzano di fronte a un vivere a volte incivile : la nostra società è un chiaro esempio di come la mancanza di rispetto per l'altro non trova limiti, nemmeno se l'altro è un Diversamente abile.
    Ovviamente parlo delle barriere architettoniche le quali limitano la loro mobilità e visibilità ai disabili.
    Anche sulla parola Diverso c'è molto da dire !
    Il diverso può essere uno straniero, omosessuale, portatore di handicap. Spesso la diversità appare come un pericolo, una minaccia, una barriera che si oppone tra i simili e gli altri.
    Può assumere mille sfaccettature differenti, e gestirla richiede impegno , coraggio, ma regala anche gioia. Ed è anche vero che tutto quello che è stato detto fino ad ora è solo parte teorica, perchè in quella pratica la diversità è una ricchezza.
    Per concludere i sistemi di classificazione sono al loro meglio quando vengono usati per ordinare l'informazione complessa e per trarre benefici , e che gli educatori possano usarli per determinare la qualità dell'educazione speciale e che trovino altri servizi per i bambini.

    2) Il concetto di disabilità è profondamente mutato con l'introduzione dell'ICF che identifica tale concetto come difficoltà del funzionamento dell'individuo sia a livello personale che nella vita quotidiana.
    Per questo si parla di complessità della persona poichè nell'approccio con essa diventa appunto più complesso poichè si considerano non solo i fattori biologici, ma anche quelli di tipo sociale.
    Di questo ne parla Anna Maria Murdaca nel testo " Complessità della persona e disabilità" in cui riesamina i temi integrazione, complessità della persona, inserimento e inclusione del disabile, ....
    Vengono presi in considerazione anche il contesto non solo gli aspetti medici legati alla presenza di una condizione di salute, ma anche gli aspetti sociali conseguenti alla condizione di salute.
    Ovviamente prendendo in considerazione anche il contesto ambientale di cui ne fa parte la persona valutando così :
    - la società
    - la famiglia
    - contesto lavorativo.
    Questi elementi appena elencati influenzano lo stato di salute riducendo così le mansioni assegnate.
    L'obiettivo dell'autrice Anna Maria Murdaca, che pone all'interno del libro, è quello di sottolineare la necessità di una nuova cultura e conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona. Secondo l'autrice è importante dirigersi verso l'inclusione cioè adottare una nuova cultura della disabilità attenta ad analizzare i temi centrati sul riconoscimento della persona in un'ottica globale.
    E' importante soffermarsi sulla complessità della persona con disabilità e quindi mirare all'integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita. Ciò comporta alla valorizzazione della persona con il rispetto delle differenze considerate " DISABILITA'".
    Con il termine integrazione si intende l'inclusione delle diverse identità in un unico contesto all'interno del quale non sia presente alcuna discriminazione. E' un processo continuo attraverso il quale il sistema acquista e conserva un'unità strutturale e funzionale.
    Ciò che mette in risalto Anna Maria Murdaca è anche la relazione educativa, cioè quelle condizione necessaria affinchè un rapporto tra due persone sia definito educativo.
    E' uno spazio riparativo nel quale le figure fondamentali di tale relazione sono l'educatore e l'educando; è importante che il loro rapporto sia reciproco : hanno ruoli differenti ma ciò non vuol dire che siano su piani differenti.
    Anche nelle scuole ciò che si instaura tra l'insegnante e l'allievo può essere definita una relazione d'aiuto, in quanto lo studente deve contare sul fatto che vi sia all'interno di essa una persona di cui si possa fidare, pronta ad ascoltarlo, ad incoraggiarlo.
    E' importante sapere che in una relazione educativa OGNUNO IMPARA DALL'ALTRO, e che in un rapporto educativo si impara e si educa.
    Lo scopo che promuove Murdaca nel testo, è quello di promuovere un'integrazione dei disabili in una comunità come la nostra che li aiuti e li accompagni verso un'educazione e verso una crescita.

    3) La bellezza oggi è sempre più un valore cui ispirarsi. L'aspetto esteriore viene visto come chiave per il successo, ma diventa anche scontato che il primo impatto che si ha di una persona sia quello legato al suo aspetto fisico, ma che poi gradualmente emergono nuove caratteristiche che vanno ad aggiungersi a quella prima superficilae impressione. Per questo la bellezza non appare come un valore. Il corpo perfetto è diventato così l'ideale di riferimento ed un modo considerato basilare per emergere nella vita.
    Remaury, Lipovetsky e Braidotti propongono riflessioni e testi riguardo il corpo trasformato e mostruoso.
    Remaury sostiene che l'attuale moltiplicazione e diffusione delle tecniche legate alla cura del corpo sembra garantire alla donna una gestione controllata di sè ma che nello stesso momento sono proprio queste nuove procedure tecniche del corpo a condizionare la vecchia idea di un'imperfezione del corpo femminile e che per questo va riparata al più presto.
    " La prima e la seconda donna erano subordinate all'uomo; la terza donna è soggetta solo a se stessa".
    Questa frase porta Lipovetsky invece a qualificare la terza donna che no ha un'accezione negativa di persona incerta , ma che ha di fronte infinite potenzialità per costruire la propria identità, portando così a una sua maturità positiva.
    Secondo un'altra autrice, Rosi Braidotti, occorre ripensare alla relazione che c'è tra madri, i mostri e le macchine, che passa per un corpo appunto anche mostruoso.
    La Braidotti ripropone questo tema,che precedentemente risale alle radici classiche , e ritornata con cambiamenti avvenuti nelle scienze moderne.
    Posso concludere il pensiero della Braidotti con una frase da lei citata nel suo testo :
    " Ciò che accumuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità: il loro essere stati visti da sempre come mostruosi, come deformi rispetto alla norma che rappresenta << il grado zero della mostruosità>> ".
    Maria Improta
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    Messaggio  Maria Improta Dom Mag 20, 2012 7:31 pm

    Es.1) L’ ”Oms” è L’organizzazione Mondiale della Sanità, la sua prima classificazione prende il nome di “Classificazione Internazionale delle Malattie” o ICD, tale classificazione focalizza l’attenzione sugli aspetti eziologici della malattia, inoltre avvicina le disabilità alle patologie cliniche.
    Per cercare di ovviare il termine “malattia”, l’ OSM ha messo a punto una nuova proposta: la classificazione internazionale, la quale si basa su tre fattori : La menomazione, la disabilità e lo svantaggio, questi tre termini verranno poi sostituiti a: menomazione, abilità e partecipazione.
    - La menomazione è una qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologia, fisiologia o anatomica. La menomazione può essere : temporale, accidentale, degenerativa. La menomazione come danno organico è una disfunzione che comporta una mancanza o un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo.
    - Per disabilità si intende l’incapacità , conseguente alla menomazione, di svolgere determinate funzioni e di non poter fare determinati compiti considerati normali da qualsiasi individuo.
    - Il termine Handicap è tradotto in italiano con il termine “svantaggio” ed esprime la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri, questa condizione è conseguente ad una menomazione e ad una disabilità. Bisogna fare attenzione a non confondere il termine “handicap” con il termine “deficit”, poiché mentre il deficit è un difetto organico, l’ handicap è la difficoltà di un disabile a rapportarsi con gli altri.
    E’ importante una riflessione sulle parole DISABILE e DIVERSO. IL disabile è una persone che non può svolgere le normali attività quotidiane, è un individuo affetto da disfunzioni motorie e vive dei disagi di fronte alla società, disabile è anche ciò che gli altri pensano. Nei confronti di una persona disabile si tende ad assumere un atteggiamento di pietismo, diventa purtroppo un’etichetta , infatti spesso la disabilità è un disagio che si manifesta quando la persona disabile si confronta con le cosiddette persone normodotate. Esistono persone con disabilità che non si sentono tali, infatti riescono a compiere esattamente cose che riescono a fare i normodotati, possiamo ricordare l’esempio di Atzori, che pur non avendo le braccia è capace di poter fare tutto come una persona normale, dalle cose più banali alle cose che per noi sembrerebbero impossibili senza l’uso delle braccia. A mio parere le persone con disabilità sin dalla nascita, che sono sempre state a contatto con la società e hanno affrontato i loro problemi in modo diverso da una persone che invece diventa disabile nel tempo e che prima era abituato ad uno stile di vita diverso da quello che purtroppo si ritrova a vivere. Il termine disabile indica una persona a cui mancano delle competenze e quindi è poco abile in determinate cose, ma mi sento id precisare che non è sempre così, infatti se si segue l’esempio di Pistorius si può vedere come una persona con disabilità è stata capace di seguire lo stesso i propri sogni mettendo in evidenza le sua abilità, quello di Pistorius è un esempio che dovrebbe essere insegnato a tutti i disabili che purtroppo spesso si arrendono e si chiudono davanti al problema che hanno, i disabili hanno delle abilità diverse dagli altri è per questo che si parla di “diversamente abili”. *Ricorda che sei unico esattamente come tutti gli altri* . Le persone con problemi come l’handicap hanno bisogno di ausilio, che è proprio un AIUTO che viene dato a queste persone per rendere loro la vita più semplice possibile. Si può notare come le persone disabili sono viste “diverse” e questo a causa dei pregiudizi. Tutto ciò che è diverso e quindi non si conosce incute timore e può spaventare, ma il concetto di “normalità” è assolutamente soggettivo e relativo. Il diverso di solito non sceglie di esserlo, ma viene etichettato così dalla società, il diverso viene isolato, perché non lo conosciamo e incute timore, noi non lo capiamo o spesso ci fa più comodo così.
    Il manuale di classificazione ICF, sta per “Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute”, è stato pubblicato dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata. I termini menomazione, disabilità ed handicap cono sostituiti a: funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione. L’ ICF è descritto dall’OSM come un linguaggio standard che serve come modello di riferimento per la descrizione della salute e che promuove nuovi orizzonti di ricerca. L’ICF non classifica solo malattie , condizioni di salute o traumi, ma anche le conseguenze associate alle condizioni di salute, si pone così al centro la qualità della vita delle persone affette da patologia, esso è stato introdotto perché le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica , non erano sufficienti per avere un buon quadro funzionale della persona. L’ICF è considerato importante perché è uno strumento che fa capite quanto sia importante che i disabili siano integrati nella società, infatti adottandolo si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società. Ci sono delle condizioni particolari temporanee di salute come la gravidanza , l’invecchiamento, lo stress, che vengono raggruppate con il termine di “condizione di salute”. L’ICF non riguarda solo un gruppo di persone, ma tutte quelle persone che vivono una condizione di salute in un ambiente che li ostacola, vengono dunque presi in considerazione non solo gli aspetti medici, ma anche gli aspetti sociali, il contesto ambientale in cui vive la persona.
    *Tutti diversi; Non tutti disabili* *Ricorda sempre che sei unico esattamente come tutti gli altri*


    Es.2) Anna Murdaca è una docente esperta la quale si occupa delle questioni relative alle persone con disabilità E’ utile conoscere il testo di Anna Murdaca “Complessità della persona e disabilità”, i temi che vi emergono sono: l’ integrazione, la complessità e umanità della persona, inclusione e inserimento del disabile, cura e relazione educativa. Il testo di Murdaca mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e alla rimodulazione del termine integrazione. Il termine handicap esprime la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità, lo svantaggio proviene dalla diminuzione o dalla perdita della capacità di un individuo di fare cose normali per tutti. Il contesto sociale è utile a determinare la condizione di handicap, gli ostacoli e le barriere fisiche favoriscono il processo di esclusione e emarginazione. L’ICF sottolinea l’importanza dell’ambiente per la vita degli individui: la società, la famiglia e il contesto lavorativo, sono tutti elementi che possono influenzare lo stato di salute. La famiglia dovrebbe capire che non è impossibile un miglioramento, gli insegnanti dovrebbero imparare a guardare oltre la scuola; L’ambiente è quindi inteso dal contesto familiare alla scuola compreso il contesto lavorativo e può essere una barriera o un facilitatore.
    Per parlare di disabilità occorre prima soffermarsi sulla complessità della persona con disabilità: la sua integrazione sia in campo educativo che linguistico e corporeo, infatti il testo Complessità della persona e disabilità mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, l’obiettivo è la valorizzazione della persona umana, con il rispetto delle differenze e delle identità. L’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo, ma una continua ricerca di soluzioni e strategie idonee a preservare i diritti dei disabili. E’ importante l’integrazione per i soggetti con disabilità, essi devono sentirsi parte integrante della società, devono sapere che possono mettersi a confronto con tutti non avendo nessun complesso di inferiorità. Per poter parlare di cura si deve tener presente che questo concetto è molto legato all’educazione, Anna Murdaca dice di trovarsi davanti ad un nuovo paradigma di benessere che deve favorire il processo di integrazione, visto come accoglienza verso diverse identità e condivisione dei valori etici. La cosa più bella mai presa in considerazione fino ad ora è che l’educazione non deve mirare all’accudimento, bensì all’emancipazione del soggetto disabile, è importante coniugare l’aspetto educativo con quello didattico, garantendo così il diritto all’integrazione, inteso come un’azione di sviluppo; Per meglio spiegare l’educazione è finalizzata a sollecitare nei disabili lo sviluppo di indipendenza e emancipazione. La società deve pensare a dare un aiuto alle persone disabili pensando anche a degli spazi di formazione, che aiutino queste persona a combattere la passività, perché anche i disabili ha diritto a una formazione.
    La relazione educativa attraversa una serie di importanti tematiche. IL rapporto che si stabilisce tra Madre/Figlio è una relazione educativa, è un errore pensare che i bambini sono gli unici soggetti che imparano da questa relazione, perché i bambini apprendono dagli adulti, ma anche gli adulti hanno qualcosa da imparare dai bambini. La relazione tra docente e discente produce apprendimento, ogni relazione ogni incontro umano è educativo in quanto è portatore di significati e valori, ogni esperienza della vita è educativa sia se è un’ esperienza positiva sia se è negativa. Nella relazione che vi è tra educatore ed educando, l’educatore deve trasmettere qualcosa di positivo che costruisca e arricchisca le conoscenze. E’ necessario inoltre la relazione educativa in ambito scolastico deve avvenire per la crescita e la formazione dell’educando. A volte gli educandi sono adulti e con qualche difficoltà: tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, la relazione educativa in questo caso è il rapporto tra la persona guida e la persona in difficoltà, è importante cercare di capire nel profondo queste persone, i loro problemi, le loro paure, senza soffermarsi alle apparenze. Spesso ragazzi e bambini con difficoltà familiari si chiudono in se stessi o assumono atteggiamenti aggressivi, ma tutto questo serve per nascondere in realtà il loro bisogno di affetto, il bisogno di essere ascoltati e capiti. La relazione educativa riporta all’immagine di una grande famiglia, ad un insieme di relazione che si stabiliscono tra l’ educatore e i suoi alunni , quasi in un rapporto familiare, l’insegnate non deve solo dare ma anche ricevere, infatti come dicevamo prima la relazione educativa si basa su un dare-avere reciproco, non solo i ragazzi possono apprendere, ma spesso anche gli insegnati hanno qualcosa da imparare dai loro alunni. La relazione tra insegnate e alunno deve essere uno scambio alla pari, vi deve essere uno scambio di idee e rispetto reciproco, si devono abbattere le barriere e la distanza che nasce tra insegnante e allievo. In ogni caso va ricordato che l’incontro tra due o più persone è caratterizzato da uno scambio che porta alla crescita di entrambi, la relazione educativa si configura come uno “scambio” in cui le persone danno e ricevono qualcosa. Per quanto riguarda la relazione educativa con il disabile, l’educatore deve mettere in atto programmi specifici per far emergere le diti del disabile: bisogna cercare di non mettere in evidenza le ”mancanze”, ma le potenzialità , le doti e le capacità della persona. Occorre molta sensibilità, oltre a considerare i suoi bisogni e le sue capacità ,si deve anche conoscere i tratti caratteriali. L’atteggiamento di fondo dell’educatore è quello di essere sempre aperto all’ascolto. L’educazione e la formazione dell’uomo è presente sin dai primi anni di vita, infatti il primo passo verso l’educazione è fatto dalla famiglia, poi dalla scuola e infine dai contesti extrascolastici; La base dell’educazione deve portare al cambiamento all’integrazione, ma soprattutto si deve educare alla relazione con gli altri, è importanti trovarsi bene bella società in cui si vive.

    Es.3) Spesso la società fa il grave errore di dare troppa importanza all’aspetto fisico, alla bellezza, soprattutto le donne cercano di essere e diventare più belle, la cultura e l’immagine delle donne spesso si confonde con quella della bellezza, infatti la rappresentazione della donna si identifica con quella della bellezza. La donna è spesso al centro di commenti che riguardano il suo aspetto fisico, perché si ritiene che sia legata alla bellezza e tema le proprie trasformazioni fisiche. Diverse indagini hanno stabilito erroneamente che la bellezza esterna viene attribuita a virtù interiori come l’onestà la gentilezza . Spesso l’ideale di bellezza è trasmesso dai media, dalla televisione, ed è seguito soprattutto dai giovani che quasi vogliono raggiungere il loro ideale di bellezza. Oggi per essere belli e per correggere i difetti fisici si ricorre alla chirurgia estetica, la quale offre (soprattutto alle donne ) ciò di cui si ha bisogno. Spesso si fa l’errore di non pensare che l’intervento chirurgico spesso può distruggere invece di aiutare. Ci sono donne che si sottopongono ad un INTERVENTO chirurgico (perché gli interventi chirurgici, per quanto si vogliano sminuire, sono dei veri e propri interventi spesso anche invasisi, cha hanno bisogno di anestesia e tutti i rischi che può comportare) solo per aumentare di poco la propria taglia di seno, ma ci sono anche persone che si sottopongono a questo tipo di intervento perché magari hanno dei seri problemi, come un naso eccessivamente storto o un seno eccessivamente piccolo. A mio parere gli interventi sono tutti rischiosi e quindi dovrebbero essere ridotti il più possibile , gli interventi di chirurgia non riusciti sono molto peggio di qualche piccolo difetto. Ci sono persone che si sottopongono ad interventi chirurgici per motivi futili e questo per me è sbagliato, ma ci sono anche persone che purtroppo hanno un vero bisogno di aiuto da parte della chirurgia ed è giusto in questo caso farne uso, anche perché si deve stare bene con se stessi prima di stare bene con gli altri e se questo può aiutare è bene che si faccia.
    Le recenti manipolazioni della materia corporea, hanno cambiato radicalmente l’idea di corpo. Basti pensare alla magrezza delle modelle che sfilano in passerella, tra queste si trovano anche modelle anoressiche. I modelli di corpo perfetto: Il corpo trasfigurato è legato all’idea della perfezione corporea, il corpo giusto è quello che compie progressi verso la perfezione , il corpo liberato lo è dalla malattia , dal peso e dal tempo: dalla malattia cioè sano, dal peso cioè magro e dal tempo cioè giovane. Nella celebrazione del “La Terza Donna” celebrata da Lipovetsky, nasconde la sua sottomissione ai modelli imposti, per cui questa è obbligata dal sociale a percorrere una delle strade possibili verso il corpo perfetto: Bellezza e salute. Un corpo è considerato libero quando si libera dalla malattia, dal peso e dal tempo, quindi è un corpo sano magro e giovane. L’obiettivo è la conquista dell’eterna giovinezza apparente. La magrezza però spesso non rispecchia il vero ideale di bellezza, infatti se si fa riferimento alle modelle anoressiche si può vedere come qualche chiletto in più non faccia male alla salute, sempre conservando la propria bellezza. L’anoressia è il corpo femminile deformato senza carne, senza curve e perde la vera bellezza femminile.
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    Stefania befà


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    Messaggio  Stefania befà Dom Mag 20, 2012 7:32 pm

    Chiamatemi per nome ,
    non voglio più essere conosciuta
    per ciò che non ho ma per quello che sono:
    una persona come tante altre.
    Chiamatemi per nome ,
    Anch’io ho un volto,un sorriso,un pianto,
    una gioia da condividere.
    Anch’io ho pensieri,fantasia,voglia di volare.
    Chiamatemi per nome.
    Non più portatrice di handicap,disabile,handicappata
    Cieca, sorda ,celebrolesa,tretraplegica.
    Forse usate chiamare gli altri:
    portatori di occhi castani,oppure inabile a cantare,
    o ancora miope oppure presbite?
    Per favore, abbiate il coraggio della novità,
    Abbiate occhi nuovi per scoprire ,che prima di tutto
    IO SONO
    Chiamatemi per nome.
    E’ cosi che voglio iniziare questa riflessione,perché in questa poesia vedo rappresentato quello che è stato il nostro percorso all’interno di questo corso. Infatti la disabilità non deve essere più vista come una mancanza, privazione,è anche una condizione che va oltre il limite superando le barriere architettoniche.
    L’OMS (organizzazione mondiale della sanità) nel 1970 ha elaborato la sua prima classificazione IDC, quest’ultima focalizza la sua attenzione sulla malattia,e trasforma diagnosi in codici numerici rendendo così più semplice l’analisi,la ricerca dei dati ,creando una sorta di enciclopedia medica.
    L’IDC però rivela ben presto i suoi limiti di applicazione e ciò conduce L’OMS ad elaborare una nuova classificazione ICIDH ,che non focalizza più la sua attenzione solo sulle cause delle patologie,ma anche sulle conseguenze. L ICIHD è caratterizzato da tre componenti fondamentali e interdipendenti tra loro:
    MENOMAZIONE: qualsiasi perdita o anormalità a carico o di una funzione psicologica , fisiologica o anatomica e possono essere perdite transitorie o permanenti.
    DISABILITA’: intesa come limitazione di capacità operative dopo una menomazione.
    HANDICAP:è la difficoltà che una persona affronta nel confronto con gli altri, svantaggio dovuto da una menomazione o disabilità che impedisce l adempimento nel ruolo normale del soggetto.
    Ma nel 2001 L’OMS pubblica IFC dove propone all’interno di esso un concetto di disabilità multidimensionale ,universale. L’IFC vuole descrivere lo stato di salute delle persone ,in relazione ai loro ambienti esistenziali ,tramite esso si vuole sottolineare quindi non solo l’individuo con disabilità ma evidenziare di ogni uomo la sua unicità e globalità, importante risulta per gli educatori che tendono a superare i pregiudizi ,i che sono molto diffusi all’interno della società, e quindi educando il soggetto non per la sua classificazione ma x ciò che è.
    Come un esercizio svolto in aula ,abbiamo riflettuto sull’importanza delle parole ,che spesso vengo usate in modo improprio e superficiale ferendo magari il nostro interlocutore,il linguaggio ha un peso e usarlo in modo contenuto aiuta ad avere rispetto. Nell’esercizio in aula , si doveva scegliere tra le parole elencate quale ci aveva fatto più pensare, e tra quelle elencate, quella con più percentuale fu” diverso”.
    Importante adesso è fare una distinzione tra i termini disabile e diverso.
    Il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere attività quotidiane, un individuo affetto da disfunzioni , o caratterizzato da una mancanza.
    Il termine diversabilità mette in risalto oltre che una dis –abilità anche le abilità da far emergere ,quest’idea nasce dall’ esigenza di non trascurare il valore della persona nella sua umanità.
    La diversità spesso porta alla categorizzazione, e quindi alla nascita di pregiudizi , etichettamento , infatti il diverso non sceglie di esserlo ma viene etichettato,il sentimento di diversità spesso accompagna la sensazione di essere altro e di non far parte di un gruppo,sensazione che spesso prova un disabile.
    Importante è far capire che la disabilità non è un mondo a parte ma parte del mondo, questa frase mi riporta ai casi studiati ne corso che pur con le loro disabilità , grazie alla loro resilenza sono pienamente parte del mondo come Pistorius o Aztori, dobbiamo ricordarci quindi che tutti siamo diversi ma non tutti disabili.


    2.punto.
    Nel testo “Complessità della persona e della disabilità “ scritto da Anna Maria Misuraca appaiono termini interessanti e importanti da analizzare.
    Secondo l’autrice diventa importante adottare la logica della globalità e quindi iniziare a dare importanza anche al contesto sociale ,che spesso passa in secondo piano.
    Il contesto sociale diventa un fattore importante soprattutto per determinare la condizione di handicapp,come già abbiamo detto l ‘handicapp deriva da una menomazione o disabilità, che limita l’adempimento di un ruolo normale ,proprio attraverso l’ambiente si può favorire il processo di esclusione ,inclusione, infatti questo può essere una barriera o un facilitatore.
    Un altro termine sul quale dobbiamo soffermarci è l ‘integrazione ,questa deve essere considerata come un processo continuo,e non come un punto d’arrivo,cerando sempre delle nuove idee,strategie per perseguire i diritti dei disabili. Oggi molti cambiamenti sono avvenuti,anche se si assiste ancora hai pregiudizi verso i disabili ,e non alla piena integrazione sia in ambito educativo che sociale.
    Le barriere ancora oggi sono presenti,ma quelle più diffuse sono quelle mentali infatti se da un lato lo stato interviene per la piena integrazione ,imponendo leggi specifiche ,dall’altra la società non è pronta ad accettarle del tutto e a metterle in atto spontaneamente.
    Paradossalmente a volte è la famiglia che nega la piena integrazione,o per un eccesso di protezione o per paura di evitargli qualche rifiuto. Importante quindi per una vera emancipazione del soggetto è insieme alle leggi necessarie affiancare non solo un educazione classica ma un educazione che consentirà la crescita della persona in tutte le varie dimensioni e il senso di appartenenza della comunità.
    La ricerca è azione empowered vuole portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità,autostima,importante è coniugare sia l’aspetto educativo che quello didattico,quello terapeutico,riabilitativo,cosi che la nuova cultura stia attenta:
    1 a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive
    2 quanto ad innalzare la qualità della vita.
    Perché cio avvenga è importante focalizzarsi sulla relazione educativa ,che vede educatore educando ,interagire,scambiare idee,tutto ciò avviene con intenzionalità, e quindi si crea un grande feling tra docente e discente,dove entrambi arricchiscono la propria cultura personale, anche il rapporto che si stabilisce tra madre e figlio è una relazione educativa.
    Alcune volte gli educandi si trovano in difficoltà quando trovano di fronte a loro tossicodipendenti,carcerati perché in questo caso si crea un rapporto tra una persona guida e una in difficoltà. In questa relazione si cerca di capire nel profondo chi si ha di fronte , soffermandosi sui fattori che hanno spinto il soggetto a comportarsi in un dato modo, magari non approvato dalla società.
    Questo argomento è stato affrontato anche in aula insieme alla docente , ricorrendo a due setting dove all’interno delle relazioni educative è importante il massimo rispetto tra educatore educando ,l’educatore trasmette le proprie competenze culturali, ma facendo attenzione a non creare una lezione fatta solo di nozioni ,ma facendo intervenire l’alunno,facendolo confrontare con gli altri mettendolo a suo agio e creando un clima di fiducia.
    Alla base di ogni relazione educativa vi è anche uno scambio affettivo tra persone che sono predisposte all’accoglienza , all’ascolto,oggi la relazione educativa costituisce la parte più importante della pedagogia , infatti l’obiettivo dell’educatore è quello di ricondurre il soggetto in cambiamenti positivi e corretti.
    All’interno della relazione educativa con un disabile ,l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e attuare programmi specifici per far emergere le doti del disabile, evitando di evidenziare quelle che sono le mancanze,per fare ciò occorre una certa sensibilità .
    Nella grande catena di rapporti educativi il primo è dato da quello informale quindi la famiglia e poi quelli esterni come la scuola, per far ciò che si attua una grande relazione educativa è importante che tra queste due ci sia continuità creando quindi un unico processo formativo.

    3.Punto
    Come abbiamo detto la società influisce molto su ogni uno di noi ,tanto da creare degli ideali che ogni uomo vorrebbe raggiungere.
    Come sostiene Remaury la cultura dell’immagine si diffonde sempre più ,infatti l’immagine della donna ormai è diventata sinonimo di bellezza e la donna sente quasi il dovere di coltivarla.
    Quelle che non si adeguano a questi principi finiscono spesso per essere emarginate,a diffondere questi stereotipi ,senza dubbio ha una grande influenza il mondo dei mass media, dove attraverso questi giovinezza e bellezza tendono ad essere i messaggi fondamentali che ci vengono trasmessi.
    Come sostiene Remaury nel suo libro “Il gentil sesso debole “ sostiene che ormai siamo orientati verso tre obiettivi:
    GUIOVINEZZA –BELLEZZA –SALUTE.
    Mentre nel libro “La terza donna “ celebrata da Lipovetsky ,la donna nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati,per questo è obbligata a percorrere il conseguimento verso un corpo perfetto, qui la donna raggiunge una fase positiva della bellezza ,basata sull’apparente acquisizione di grazia.
    Infine la Braidotti parla di corpo-macchina ,che definisce un corpo mostruoso ,sul quale la donna lavora in rapporto sempre più stretto con la tecnologia
    A tal proposito faccio riferimento al laboratorio riguardante la chirurgia estetica,di questi tempi l’aspetto esteriore la bellezza sono diventati di importanza elevata.
    A volte è davvero difficile convivere con un corpo che non ci piace o con qualche difetto che ci sembra terribile;infatti la nostra autostima e la sicurezza sono molto influenzate dal nostro aspetto fisico.
    Io approvo la chirurgia nel caso in cui sia necessaria per risolvere un problema di reale disagio ,con il proprio corpo .Se alcuni difetti creano complessi tali da non riuscire ad affrontare la vita di tutti i giorni con il sorriso,la chirurgia estetica è sicuramente un aiuto prezioso.
    Penso però che le piccole imperfezioni presenti in tutti noi siano caratteristiche speciali che ci contraddistinguono e ci rendono unici ,anche perché il reale valore di una persona non si vede dall’aspetto fisico ma dal suo aspetto interiore.
    Spero che in questa società che ogni giorno diventa sempre più superficiale e legata a cose futili , capisca che bisogna guardare oltre le apparenze e capire che la vera bellezza è quella interiore.
    Il vizio supremo è la superficialità
    (Oscar Wilde)
    ERIKA IARNONE
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    Messaggio  ERIKA IARNONE Dom Mag 20, 2012 7:50 pm

    PROVA INTERCORSO
    PRIMO PUNTO: Passaggio dall’ICD all’ICF – il contesto – le parole “disabile” e “diverso”
    L’ICD (Classificazione Internazionale delle Malattie) e l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute) sono due tipi diversi di classificazione che ha elaborato, a distanza di 30 anni, l’OMS, ovvero l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’ICD è nata nel 1970 con l’obiettivo di cogliere la causa delle patologie fornendo, per ogni sindrome e disturbo, una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche relative. Questa classificazione funzionava nel seguente modo: le diagnosi venivano tradotte in codici numerici che rendevano possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati e, dunque, il suo schema era EZIOLOGIA→PATOLOGIA→MANIFESTAZIONE CLINICA ( ESEMPIO: Mycobacterium tuberculosis → tubercolosi → tosse persistente con escreato sanguigno). Possiamo dire, quindi, che l’ICD era una specie di enciclopedia medica. Nel 1980 l’OMS diede vita ad una nuova classificazione , l’ICIDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps) che chiariva la distinzione tra: ①Menomazione, ②Disabilità, ③Handicap.
    ① Una MENOMAZIONE è qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica; è una patologia che comporta una mancata formazione congenita o un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo.
    ② Una DISABILITA’ è una restrizione o incapacità, conseguente a menomazione, di svolgere determinate funzioni nel modo e nell’ampiezza considerati normali per un individuo. Esempi di restrizioni possono essere: disturbi nell’adozione di comportamenti appropriati, disturbi nella cura della propria persona ( come il controllo della funzione escretoria, la capacità di lavarsi o alimentarsi), la capacità di saper camminare.
    ③ Un HANDICAP è la difficoltà a maturare quelle disposizioni necessarie alla realizzazione della personalità di un individuo.
    Volendo fare un esempio in relazione a queste definizioni, un non vedente è una persona che soffre di una menomazione oculare che gli procura disabilità nella comunicazione e nella locomozione, e comporta handicap, ad esempio, nella mobilità e nell’occupazione.
    Nel 2001 l’OMS diede vita ad una nuova classificazione, l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute). Come le prime due classificazioni, quest’ultima prende in considerazione un disturbo strutturale o funzionale ma, a differenza dell’ICD e dell’ ICF, lo rapporta anche allo stato di salute di un individuo e prende in considerazione come tale stato può essere ostacolato dall’ambiente. Infatti il documento ICF comprende tutti gli aspetti della salute umana che divide in due categorie: ① DOMINIO DELLA SALUTE → comprende il vedere, udire, camminare, imparare, ricordare; ②DOMINIO COLLEGATO ALLA SALUTE → comprende mobilità, istruzione, partecipazione alla vita sociale. Questa classificazione, dunque, considera la disabilità da un punto di vista multidimensionale in quanto tiene conto di quattro fattori:
    FUNZIONI CORPOREE → funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni psicologiche;

    STRUTTURE CORPOREE → organi e strutture anatomiche;

    ATTIVITA’ E PARTECIPAZIONE → rispettivamente l’esecuzione di un compito da parte di un individuo e il coinvolgimento dello stesso in una situazione di vita;

    FATTORI AMBIENTALI → caratteristiche del mondo fisico e sociale che possono influenzare le prestazioni di un individuo in un determinato contesto.

    E’ importante sottolineare che il modello ICF non riguarda solo le persone con disabilità ma riguarda tutti coloro che si trovano in uno stato di salute che viene ostacolato dall’ambiente in cui si trovano, ed è quindi un modello che ha uso e valore universale. Ciò che, in maniera più specifica, favorisce l’ICF è venire a conoscenza delle potenzialità e dello stato di salute di una persona in un determinato contesto ed individuare, di conseguenza, qual è il funzionamento e i bisogni della stessa. Dunque, in tal caso, possiamo dire che la disabilità non è soltanto una malattia ( in quanto è uno stato patologico conseguente ad alterazione delle funzioni di un organo o di tutto l’organismo, che necessita di essere curata) bensì è anche uno stato di salute di cui l’ICF prende in considerazione non solo gli aspetti medici ma anche, e soprattutto, quelli sociali conseguenti ad essa. Ad esempio riportando di nuovo l’esempio del non vedente, questi è una persona con il deficit della sordità dal quale può nascere l’handicap se l’ambiente pone il soggetto in una condizione di svantaggio. In relazione a quanto detto vorrei riportare l’esempio di un video, che ho avuto la possibilità di vedere grazie ai responsabili dell’U.N.I.V.O.C ( Unione Nazionale Italiana Volontari Pro Ciechi), nel quale alcune persone non vedenti, nell’occasione di un’intervista, rivolgevano delle critiche alla città di Napoli e alle sue cosiddette “barriere architettoniche”, ossia tutti quegli ostacoli che le persone disabili incontrano quando girano per la città. In effetti se provassimo a contare quante persone disabili, motori o non vedenti, incontriamo nel corso della nostra giornata, ci renderemmo conto che ne sono davvero poche. Marciapiedi senza scivoli, autobus senza ponti levatoio, scale senza montacarichi, stazioni ferroviarie senza discese necessarie ai disabili per passare da una parte all’altra dei binari; barriere, queste, che vanno ad ostacolare una sicura e tranquilla passeggiata dei disabili motori alimentando, in tal modo, il loro disagio. Le barriere che invece incontrano, spesso, i non vedenti o ipovedenti nella loro quotidianità sono quelle culturali e sociali. Infatti uno dei responsabili dell’U.N.I.V.O.C sosteneva che “il vero problema non sono le leggi poiché queste davvero tutelano le persone non vedenti ma ciò che rappresenta un reale problema è la scarsità di informazione delle persone normodotate sul comportamento da attuare nei confronti di persone disabili; per esempio molte persone non conoscono cosa sia un “percorso pedodattile” (percorso stradale per ciechi che agevola il loro cammino) e questo non li inibisce ad occupare tale percorso ostacolando, in tal modo, il cammino dei non vedenti. Dunque è tutta una questione di cultura e, soprattutto, di sensibilizzazione collettiva: per fare un esempio ci sono molte persone che parcheggiano le macchine sui marciapiedi ostacolando, così, il percorso dei non vedenti; ci sono ristoranti che vietano alle persone non vedenti di far entrare il cane all’interno ignorando la legge secondo cui il cane è un ausilio del quale il non vedente necessità e, per tale motivo, questi ha diritto di portarlo con se in qualsiasi edificio; inoltre nella metropolitana, in cui dovrebbero essere attivati gli avvisi vocali di una fermata o di attenzione al gradino del treno, l’autista, spesso, non li attiva creando difficoltà ad una persona che non ha il beneficio della vista.
    Da tutto questo discorso emerge, dunque, che è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap ossia sono gli ostacoli e le barriere mentali e culturali elencati pocanzi a favorire il processo di esclusione ed emarginazione. In correlazione a questo viene da se citare Bertolini secondo cui una persona non si dovrebbe definire “portatore di handicap” bensì “soggetto con deficit” poiché il deficit è una caratteristica che l’individuo può avere stabilmente mentre l’handicap può essere definito tale solo in base alla situazione e al contesto socio-culturale in cui la persona vive ed in base a questo può essere aumentato, ridotto o addirittura annullato. Il vero responsabile dell’aumento dell’handicap di una persona è lo “stereotipo sociale” che, secondo Cartelli, è uno spontaneo meccanismo di difesa della paura derivante dal nostro rifiuto di specchiarci in un’immagine non gratificante; lo stereotipo è, dunque, una giustificazione per rimuovere questa paura. Secondo Lascioli, nel testo “Handicap e Pregiudizio”, tutto ciò che è diverso e quindi non si conosce, di solito, può intimorire e spaventare: il disabile ci fa paura perché è diverso da noi in quanto la diversità è concepita come una non normalità. Occorre dunque riflettere sulle parole “diverso” e “disabile” che, spesso, vengono confusi tra di loro. Il diverso è colui che la società etichetta come tale perché ha degli schemi mentali, fisici e comportamentali difformi dalla normalità; diverso può essere anche chi non è affetto da una menomazione fisica o mentale ma che si distingue dagli altri per alcune caratteristiche, basti pensare ad etichette come “straniero”, “genio”, “colui che non si adegua alle regole standardizzate”, ecc. Per quanto riguarda la diversità nel campo della disabilità, spesso errando si tende a considerare il disabile un diverso in quanto si discosta dalla normalità a causa della mancanza di una o più competenze, senza considerare invece che egli possiede anche delle abilità. A tal punto il termine più appropriato è “diversabilità” in quanto mette in risalto che si tratta di una persona che non solo ha una disabilità ma che ha anche delle abilità diverse dagli altri da scoprire e potenziare. Quindi oggi si preferisce parlare di “diversamente abili” o “diversabili” piuttosto che di “disabili” partendo dal presupposto che non si definisce nessuno per sottrazione poiché i diversabili sono persone che si caratterizzano non per quello che non sanno fare bensì per le loro capacità di sentire, di agire e di pensare nel loro modo specifico e personale.
    Ricordo un film che ho avuto occasione di vedere e che affronta proprio il tema del “diverso”, ossia come una persona etichettata come “diversa”, come “altro” subisce gli effetti discriminatori dello stereotipo sociale. In questo film, il cui titolo è “Indovina chi viene a cena”, il protagonista è un uomo con colore della pelle nero che vorrebbe sposare la sua fidanzata che ha il colore della pelle bianco ma, i due innamorati vengono ostacolati dai genitori di lei che guardano il fidanzato della figlia con disprezzo. In questo caso si fa riferimento ad un’altra categoria che si va a creare in conseguenza all’etichetta sociale ossia “lo straniero”; tuttavia ciò che ha in comune lo straniero con il “disabile” è che una volta etichettato come diverso, come un non normale, scattano dei meccanismi psicologici diversi per ognuna delle due categorie: per esempio per il disabile si innescano sentimenti di compassione, vergogna, desiderio di essere solidali, imbarazzo, orrore, spesso ci voltiamo dall’altra parte per non guardare chi ha una menomazione, ecc; nei confronti dello straniero, invece, si attiva il più delle volte un atteggiamento di diffidenza che scaturisce soprattutto dal pregiudizio secondo cui lo straniero è un delinquente. In entrambi i casi l’errore in cui inciampa la maggior parte delle persone è considerare una persona non in quanto tale ma in base al fatto se essa si discosta o meno da quella che si considera normalità cosicché il sentimento di diversità si accompagna alla sensazione spiacevole di essere “altro”, di non appartenere al proprio gruppo di riferimento. Per concludere, a mio parere è importante sottolineare che la maggior parte delle persone si soffermano soltanto sul loro punto di vista e tralasciano il fatto che i disabili e gli stranieri sono delle categorie deboli e ignorano che con il loro modo di porsi nei confronti di un disabile o di uno straniero non fanno altro che alimentare le loro condizioni di disagio; ad esempio se si chiama un disabile “handicappato” , si rischia di far nascere o aumentare l’handicap in una persona che ha un deficit o nel caso dello straniero, se si attuano gesti o dicono parole discriminatori o intimidatori, egli trova una grande difficoltà nel riuscire ad integrarsi nella nuova società oltre che a sentirsi in disagio già per il fatto di aver lasciato il proprio paese in cui ci sono tutti i suoi affetti.

    SECONDO PUNTO: Rimodulazione del termine integrazione – la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità – la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità.
    Anna Maria Murdaca nel suo testo “Complessità della persona e disabilità” focalizza l’attenzione su quanto sia complesso il mondo della disabilità; ella scrive questo testo poiché si pone diversi obiettivi:
    • RIMODULARE IL TERMINE INTEGRAZIONE;

    • RIDEFINIRE UN PROGETTO DI VITA PER LE PERSONE CON DISABILITA’;

    • RICOSTRUIRE UNA NUOVA CULTURA DELLA DISABILITA’.

    PRIMO OBIETTIVO: RIMODULARE IL TERMINE INTEGRAZIONE
    E’ importante partire dal presupposto che dal vocabolario della lingua italiana il termine “integrare” significa inserire una persona o un gruppo in un ambiente ed un contesto in modo che ne diventi parte organica; ma qui affrontiamo il discorso dell’integrazione nell’ambito della disabiltà. Si tende ad errare se si pensa che l’integrazione sia un punto di arrivo poiché, in realtà, essa è un processo che continua fino al punto in cui non si riescono a trovare delle soluzioni per preservare i diritti dei disabili. Tuttavia integrare una persona con disabilità non significa fare in modo che essa arrivi ad una normalità ossia tenda verso l’uniformità, bensì significa valorizzare al meglio le dotazioni individuali del disabile e, dunque, rispettare il principio già enunciato nel primo punto ovvero che “le persone disabili si caratterizzano per le proprie capacità e non per quello che non sanno fare”.
    Ci sono diversi fattori che contribuiscono all’integrazione di una persona con disabilità, dei quali l’assenza risulterebbe dannosa per l’integrazione stessa:
    E’ necessario osservare l’identità dell’individuo con disabilità;
    Riflettere sulla situazione del contesto sociale;
    Riflettere sulle leggi attuali e sul loro effettivo compimento nella realtà di oggi.
    Integrare una persona con disabilità significa, dunque, accoglierla accettando la sua diversa identità e condividere valori etici, come il rispetto della dignità, dell’autonomia, dell’identità e delle potenzialità personali. Quindi rimodulare il termine integrazione significa considerare una persona con disabilità globalmente e non soltanto in base alle funzioni che le mancano.

    SECONDO OBIETTIVO: RIDEFINIRE UN PROGETTO DI VITA PER LE PERSONE CON DISABILITA’
    Considerare una persona con disabilità globalmente significa, prima di tutto, dare importanza alle capacità del soggetto disabile e quindi favorire il processo di personalizzazione, poi è importante favorire la sua integrazione all’interno della famiglia, della scuola, del lavoro e della società ed, infine, favorire il raggiungimento della sua autonomia e quindi promuovere il processo di differenziazione e la sua partecipazione nella società. Queste sono tutte le disposizioni della legge 104/1992 art. 1 che vanno a costituire la nuova politica socio-educativa. In questa prospettiva viene da se prendere in considerazione la principale funzione che svolge l’educatore all’interno della scuola nell’integrazione del soggetto disabile. Come primo punto risultano molto importanti i contesti di apprendimento, poiché il soggetto con disabilità deve trovarsi in un contesto che sia favorevole alla sua attività educativa; le strategie e gli ausili che vengono utilizzati dall’educatore che devono essere specifici per i soggetti disabili; infine la costruzione della conoscenza, cioè l’educatore deve studiare ed elaborare i vissuti intrapsichici del disabile ed il contesto in cui egli vive (in quanto è proprio il contesto sociale a peggiorare la condizione del disabile determinando la nascita dell’handicap e, infatti, sono proprio le barriere mentali e culturali a favorire il processo di emarginazione) e progettare, di conseguenza, delle opportunità educative per far in modo che il soggetto disabile sviluppi la propria identità, la propria autostima, le proprie capacità, e che diventi indipendente ed emancipato. In questo caso si parla di “cura come luogo riparativo” ossia come progressiva emancipazione dei soggetti disabili con il fine di sviluppare le potenzialità di questi ultimi. In merito alla cura Jonas sostiene: “La cura è un atto di umana comprensione capace di aiutare la persona con deficit a ridare senso alla sua vita, a ricordarsi di sé, della sua unicità, ad accettarsi e a convivere con la propria disabilità”. Queste sono disposizioni finalizzate a favorire, per un soggetto disabile, la costruzione di un suo progetto di vita stabile e positivo. Necessaria a tale scopo è la “resilienza”: quest’ultima è la capacità di un individuo di reagire e far fronte a situazioni di forte disagio, mediante l’attivazione di competenze individuali e risorse interiori. Tuttavia la resilienza può essere favorita soltanto con il sostegno emotivo fornito, ad esempio, dalla famiglia, dalle relazioni sociali e in un contesto che favorisca lo sviluppo di un sentimento di efficacia personale e di valorizzazione di sé. Esempi di resilienza possono essere Simona Atzori e Oscar Pistorius. Simona Atzori è una donna verso cui la vita si è dimostrata crudele privandola di entrambe le braccia dalla nascita ma, nonostante ciò, con una grande forza d’animo è riuscita ad uscire dalle mura strette della sua disabilità andando, così, alla ricerca di ciò che la potesse rendere felice; oggi la sua felicità è tutta nella pittura e nella danza che non sono per lei due semplici passioni ma rappresentano ciò che le hanno permesso di riscattarsi e di insegnare che se la vita a volte ti abbatte c’è sempre qualcosa che ti fa rinascere. La Atzori, dunque, ha affrontato la sua disabilità ed è diventata una famosa pittrice ed una grande ballerina. Oscar Pistorius, invece, è un ragazzo 21 enne sud africano che fin da quando aveva pochi mesi fu costretto all’amputazione dei due peroni a causa di una malformazione. Egli ha sempre cercato di mettere da parte i suoi limiti e far emergere le sue passioni tra le quali c’è lo sport. Infatti oscar gioca prima a pallanuoto, poi a rugby e dopo un infortunio avuto al ginocchio si cimenta nell’atletica; è proprio in questo sport che egli si scopre un fenomeno, un campione. Oscar ha combattuto, con la sua determinazione, per far capire al mondo che non vuole essere considerato per ciò che è visibile in superficie ossia per la sua disabilità bensì semplicemente per il fatto stesso di essere uomo, vorrebbe avere la stessa attenzione di cui gode un semplice ragazzo normodotato. Tutto ciò lo ha dimostrato costruendo con le sue stesse mani le prime lame che sostituivano le sue gambe ricavandole dalle pale degli elicotteri: secondo il mio punto di vista questo ragazzo rappresenta un grande esempio non solo per altri ragazzi con problemi simili ma anche per tutti gli altri normodotati perché insegna che se ci sono delle circostanze che abbattono, bisogna combattere, fare di tutto per rialzarsi e uscirne vincitori; oscar lo ha fatto e lo sta continuando a fare con dedizione, coraggio,passione, sacrificio, nell’atletica. Dopo le prime lame che egli costruì con le sue stesse mani ha avuto la possibilità di usufruire di una tecnologia avanzata, le protesi in fibra di carbonio chiamate flex foot.(piede flessibile a forma di C). E’ proprio grazie a queste protesi che è riuscito a dimostrare di essere un fuoriclasse alle paraolimpiadi. Da tutto ciò si evince che la Atzori e Pistorius hanno messo in atto la resilienza nella loro vita poiché hanno vissuto una relazione educativa educatore/disabile favorevole alla loro disabilità e ai loro disagi. Si può pensare, a questo punto, in modo nuovo ad una relazione educativa in cui l’educatore prenda in considerazione la diversa situazione e metta in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile e cercare di portarlo su un piano di pari opportunità con i normodotati. L’atteggiamento dell’educatore deve essere duplice: deve, cioè, essere disponibile sia all’accoglienza sia alla progettazione di un percorso formativo per il soggetto.

    TERZO OBIETTIVO: RICOSTRUIRE UNA NUOVA CULTURA DELLA DISABILITA’
    Ricostruire una nuova cultura della disabilità significa:
    • Riflettere sulle principali norme che tutelano le persone disabili ed i servizi concessi a questi ultimi

    • Riflettere sul problema delle barriere architettoniche

    • Riflettere sui materiali e sugli ausili che la tecnologia mette a disposizione

    • Riflettere sulle possibilità di inserimento lavorativo

    • Riflettere sulla classificazione dei vari tipi di disabilità ( motorio, sensoriale, psichico)

    L’obiettivo, dunque, di questa nuova cultura della disabilità è quello di valorizzare la persona umana rispettando le sue differenze e la sua identità. La considerazione della persona umana è del tutto nuova nel campo della disabilità poiché è stata inserita grazie alla riforma scolastica con la legge delega numero 53 art. 1 grazie all’ICF.
    Ritornando alla questione dei materiali e degli ausili che la tecnologia mette a disposizione risulta correlativo l’argomento della “domotica”. Quest’ultima, per definizione, è la scienza interdisciplinare che si occupa dello studio delle tecnologie atte a migliorare la qualità della vita, a migliorare la sicurezza, risparmiare energia, ecc. La domotica è importante perché rende intelligenti apparecchiature, impianti e sistemi; grazie ad essa si parla di “casa intelligente”, ossia un ambiente domestico, tecnologicamente attrezzato il quale mette a disposizione dell’utente impianti in grado di svolgere funzioni programmate dall’utente, tramite opportune interfacce utente (pulsanti, telecomando, touch screen, ecc.), o completamente autonome. Un articolo di giornale che mi è capitato di leggere, il cui titolo è “Una casa domotica a misura di disabile”, affronta proprio il tema della relazione tra la domotica e la disabilità sostenendo che negli ultimi anni, grazie ad un profondo lavoro di sensibilizzazione delle amministrazioni a livello sociale, si sono sviluppate un po' in tutto il Territorio Nazionale diversi interventi volti all'automatizzazione delle abitazioni per venire in contro alle esigenze di persone disabili o semplicemente anziani. Ciò ha consentito di realizzare alloggi che tutelano la salvaguardia e soprattutto l'integrazione sociale di tali individui, consentendo la realizzazione di percorsi personalizzati che consentano una vita autonoma, secondo una diversificazione dei livelli di intervento. Da quanto sostiene questo articolo, si può desumere che, mentre per i normodotati la casa domotica permette l’acquisizione di un alto livello di comfort, alle persone disabili, invece, permette di migliorare la qualità della propria vita favorendo loro lo svolgimento di azioni quotidiane rese difficili dalla disabilità fisica. Tuttavia, come sappiamo, non esiste soltanto la disabilità fisica ma anche quella mentale; infatti il presente articolo tratta anche questo tema sostenendo che quando la menomazione è di tipo mentale, l’intervento di domotica deve servire per stimolare l’individuo ad essere autonomo all’interno della casa e a ridurre al minimo l’intervento di un educatore esterno, creando, quindi, una casa sicura e soprattutto educativa. Educativa significa che all’interno della casa deve essere introdotta una strumentazione elettronica che aiuti la persona disabile nelle azioni quotidiane e gli indichi eventuali omissioni (gas lasciato aperto, luci accese).

    TERZO PUNTO: REMAURY, LIPOVETSKY, BRAIDOTTI – RIFLESSIONI SUL CORPO TRASFORMATO E MOSTRUOSO
    REMAURY
    Nel suo testo “Il gentil sesso debole, le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute”, Remaury sostiene che la bellezza è diventata la cultura dell’immagine nelle donne, e si è sviluppata l’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. Egli inoltre sostiene che le donne sono orientate verso una corsa alla perfezione e hanno l’obiettivo di raggiungere la giovinezza, la bellezza e la salute. Dunque a questo punto bisogna dare una spiegazione ai termini: corpo trasfigurato, corpo esatto e corpo liberato.
    • CORPO TRASFIGURATO: è il corpo che ha raggiunto la perfezione tramite i progressi della scienza;

    • CORPO ESATTO: è il corpo che compie progressi verso la perfezione tramite i progressi della scienza;

    • CORPO LIBERATO: è il corpo libero dalla malattia, quindi sano; dal peso, quindi magro; dal tempo, quindi giovane.

    Il corpo trasfigurato, esatto e liberato che si raggiunge attraverso il miglioramento fisico ed estetico viene imposto dalla stessa società mass-mediologica. Infatti la propaganda mediatica suggerisce i canoni della bellezza e della perfezione corporea, come sostiene Fatema Mernissi secondo cui la taglia 42 è quella perfetta per eccellenza che ha invaso l’Occidente.
    LIPOVETSKY
    Nel suo testo “La terza donna” Lipovetsky sostiene che la donna si libera da quelle che vengono definite minacce esterne, malattia, peso e tempo sottomettendosi ai modelli dominanti imposti e strutturati; questo, dunque, conduce la donna verso il controllo della propria immagine per raggiungere il corpo realizzato, ossia la conquista di un corpo perfetto frutto del lavoro su se stessa. Il pensiero di Lipovetsky si basa sulla teoria della maturità positiva secondo cui la donna è colei che cura la propria immagine scegliendo, tra i modelli sociali che le vengono imposti, quello più congeniale. Il limite di questa teoria è rappresentato dalla convinzione della donna di identificarsi necessariamente in quei determinati modelli.
    Correlativo al presente discorso è la questione del “femminile mancante”. Nel campo clinico, infatti, sono aumentati digiuni restrittivi, diete e pratiche di svuotamento del corpo, ecc. sempre con l’intento di raggiungere un corpo perfetto; dunque si può affermare che un corpo magro non è solo un corpo bello ma anche deforme, disumano, mancante di carne,curve o sviluppo dal momento che le modelle anoressiche, che rappresentano un modello di bellezza, sono anche mostruose per la loro sottigliezza derivante da malattie come anoressia o bulimia. Tuttavia l’anoressia è diventata oggi una tendenza diffusa nella moda. E’ andato, dunque, modificandosi nel tempo il modello di bellezza che, mentre un tempo era rappresentato dalla donna con un corpo sinuoso con un punto vita generoso, quindi con un corpo imponente e materno, oggi invece le donne si sono evolute in modelli più filiformi ed esili passando da un corpo a forma di clessidra ad uno a forma di rettangolo. Ma le donne oggi non si accontentano soltanto di migliorare il proprio corpo attraverso l’esercizio fisico e un’ alimentazione controllata ma ricorrono alla chirurgia plastica. Questo dipende dal fatto che da quando è stata introdotta la tecnologia e la scienza, nella cultura popolare si è introdotto anche il cosiddetto “disprezzo del corpo”; infatti si è sviluppata l’idea che l’uomo, poiché è un essere duale cioè fatto di mente e corpo, ha un componente difettoso, il corpo il quale, per tale motivo, è da riparare. Il corpo mutato attraverso l’intervento della chirurgia plastica, infatti, è diventato il punto di arrivo che incita le persone comuni (cioè non appartenenti al mondo dello spettacolo) ad intervenire sul proprio corpo per migliorarlo e per riprodurre la bellezza occidentale mediatica di moda di recente. Uno dei limiti del ricorso alla chirurgia plastica è il rischio per la donna di esagerare per poi raggiungere un corpo ed un volto falsati o addirittura deformati. Altro limite della chirurgia plastica è quello di andare incontro all’omogeneizzazione ossia la formazione di tanti cloni che compromette l’unicità e l’irripetibilità di ciascuna donna.
    ROSI BRAIDOTTI
    Il pensiero di Rosi Braidotti è lineare ad un movimento intellettuale e culturale che si sviluppa nell’epoca post-umana, ossia il “transumanesimo”. Idea fondamento di tale movimento è che per migliorare la condizione umana ed il mondo non bisogna utilizzare solo mezzi razionali come l’educazione ma anche quelli tecnologici. Si definiscono transumani coloro che si preparano a divenire postumani ossia esseri umani che sono stati incrementati con tecnologie fino al punto di non essere più esseri umani, i cosiddetti cyborg. Quest’ultimo è un ibrido tecnologico a metà tra l’essere umano e la macchina.
    Ritornando al pensiero di Rosi Braidotti, nel testo “In Metamorfosi” propone un nuovo modo di pensare la soggettività femminile ed il rapporto tra uomo e donna. Ella pensa al corpo della donna come ad un corpo nomade ossia in continuo divenire perché aperta alle nuove tecnologie e ai new media. Propone un femminile virtuale, ossia un corpo umano invaso dalla tecnologia che si fonde con esso; ella fa riferimento al cyborg il quale elimina la differenza sessuale tra uomo e donna in quanto è un essere né uomo né donna, né essere umano né macchina. Rosi Braidotti, dunque, parla di un nuovo femminismo, il cosiddetto cyber-femminismo e introduce il termine “cybergirls” per indicare donne che non hanno timore di confrontarsi nel terreno delle nuove tecnologie. La filosofa sostiene l’utilità delle biotecnologie in quanto servono per combattere i segni del tempo, per migliorare la fecondazione e la riproduzione umana. Ella, inoltre, nel suo testo “Madri, mostri e macchine”, sostiene che bisogna ripensare la relazione tra le madri, i mostri e le macchine: il corpo gravido di una donna è per l’uomo qualcosa di mostruoso in quanto trasgredisce il limite e la forma del modello di corporeità “normale”, mentre il corpo macchina è qualcosa di mostruoso poiché elimina il confine tra naturale e tecnologico. Il corpo virtuale e il cyborg rappresentano qualcosa di mostruoso e altro dal precedente che dà vita ad un nuovo immaginario contemporaneo mostruoso digitale. Concludo con una mia opinione sulla questione. Il progresso tecnologico sta migliorando la qualità della vita della collettività ma è altrettanto vero che esso sta provocando, man mano, una frattura tra l’essere umano e la natura a favore di un rapporto sempre più stretto tra l’uomo e le tecnologie.
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    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 11 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  soleluna Dom Mag 20, 2012 7:59 pm

    Sin dai tempi più remoti, la ricerca della “felicità” da parte dell’uomo è stata una delle questioni filosofiche più dibattute e discusse. Il concetto stesso di “felicità” è inteso dalle varie culture in modi diversi, anche se più o meno simili: appagamento, soddisfazione, gioia…Una vita felice è una vita “bene-detta”(accompagnata da un buon demone, come vuole la tradizione greca) e oggi più che mai viene associata al “ ben-essere” di una persona, vale a dire alla conduzione di una “buona vita” vissuta attraverso l’ausilio e l’utilizzo delle proprie forze. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato la promozione della salute di ogni persona come obiettivo principale definendo la stessa quale “condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale”. Ma il “ pensarsi come persona” nella dimensione olistica del termine stesso significa ammettere una originalità, specificità, singolarità e diversità di cui ogni soggetto in quanto tale ne è portatore. Sin dagli anni Sessanta del secolo scorso si è rivolta particolare attenzione ai termini “diversità e disabilità” (Modello di Nagi) soprattutto nel tentativo di dare un significato oggettivo agli stessi, nonché di fornire cure e protezione ai soggetti socialmente riconosciuti come deboli . “Per una persona comune, il termine disabilità è chiaro e semplice: esso significa l’inabilità a fare qualcosa” (dal teso “Ben-essere disabile” di E. Ghedin); in realtà non esiste un modello di disabilità così come non esiste un modello di normalità: entrambi i concetti sono relativi alla cultura della società di appartenenza (“il grado zero di normalità, mostruosità e diversità ci aiuta a comprendere che, a seconda del contesto e della cultura, possiamo tutti entrare in uno di questi insiemi” da - Nozioni introduttive di Pedagogia della Disabilità - di F. Briganti). Nel 1970 fu elaborata dall’ OMS la prima “Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD), definita quale sorta di enciclopedia delle patologie causa delle disabilità, ove venivano indicati gli aspetti salienti di ogni sindrome o disturbo e l’ eventuale cura medica. Aspetto innovativo e senza dubbio di grande utilità, fu il fatto che l’ ICD per la prima volta forniva uno strumento internazionalmente valido nella diagnosi dei vari disturbi e, attraverso l’associazione di patologia-codice numerico, permetteva una inequivocabile comunicazione tra i soggetti che, di volta in volta, si facevano carico della persona disabile. Ben presto però ci si rese conto dell’aspetto troppo “clinico” della suddetta classificazione che trascurava l’aspetto umano quale variabile della patologia stessa: ossia la persona che ne era affetta. Così nel 1980 viene elaborata ICDIH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps) che metterà in luce tre fattori fondamentali, fortemente interagenti tra loro: la menomazione quale perdita o anormalità di una struttura o di una funzione fisiologica, psicologica o anatomica; la disabilità quale limitazione o perdita di capacità nel compiere un’azione definita “normale” per una persona in relazione al sesso e all’ età; l’ handicap quale conseguente condizione di svantaggio. Oltre a definire per “sottrazione” una persona affetta da menomazione, tale classificazione si focalizzava esclusivamente sull’aspetto soggettivo della disabilità e sulla popolazione adulta risultando di limitata utilità nel campo dell’infanzia e dell’ adolescenza. A questo punto, l’attenzione dei ricercatori, medici e psicologi viene rivolta verso la prospettiva dei diritti umani e della dignità della persona con disabilità considerando quest’ ultima come “la risultante di influenze combinate di meccanismi biopsicosociali che influenzano gli individui e i contesti sociali in cui vengono vissute le menomazioni nell’attività o nella partecipazione” (dal testo “Ben-essere disabile” di E. Ghedin). Viene elaborata la nuova classificazione detta ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute; successivamente sarà elaborata anche l’ICF –CY, rivolta ai bambini e agli adolescenti) che introdurrà il concetto di “profilo di funzionamento” della persona disabile comunemente definito “diagnosi funzionale”, vale a dire ciò che la persona è realmente in grado di fare, indispensabile per la redazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato) o del PEP (Piano Educativo Personalizzato) in ambito scolastico ed extrascolastico. La stessa resilienza propria degli ospiti avuti in aula e non (Prof. Palladino, Simona Atzori, Oscar Pistorius, i membri dell’associazione U.N.I.VO.C…) dimostrano che la disabilità in seguito a menomazione genetica o progressiva non è un ostacolo all’autodeterminazione personale e alla ricerca della felicità, piuttosto è il contesto che ostacola e rende handicappati. A tale proposito, il laboratorio “Barriere architettoniche/orologio” con i relativi filmati visionati e le riflessioni sulla nostra giornata “tipo” da disabile, hanno messo in luce le reali ed occulte (almeno ai nostri occhi poco abituati a vedere) barriere che violano la libertà di movimento, di vivere la vita, la città da parte di una persona disabile come cittadino a pieno titolo. La stessa assenza delle persone disabili per le strade della nostra amata e bella città è una palese denuncia verso una società che viola i diritti umani. Durante l’esercizio svolto ho avuto una certa difficoltà ad immaginare me stessa quale “disabile in sedia a rotelle” nelle mie azioni quotidiane, nella relazione con la mia famiglia, nel muovermi nel mio appartamento costruito, seppure sul finire degli anni 70, senza altri criteri di “vivibilità” (porte strette, ascensore stretto, assenza di scivoli…). Evidentemente, tali concetti vengono bene recepiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità approvata da 34 Paesi nel 2004, nell’intento di modificare la visione delle persone con disabilità da “soggetti di carità” a “soggetti con diritti” identificati nei 50 Articoli della Convenzione. Nel 2007 vengono emanate dal Ministero della Pubblica Istruzione le “Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione” allo scopo di fornire agli insegnanti una nuova cornice di riferimento (rappresentata dallo scenario della nuova società multietnica che si va delineando). Alcuni temi delle “Indicazioni” quali integrazione, centralità della persona e la cura dell’ambiente d’apprendimento vengono ripresi dalla docente esperta in disabilità, Anna Maria Murdaca nel testo “Complessità della persona e disabilità”, soprattutto in merito alla definizione olistica di persona quale unità di cervello-mente e corpo: queste sono inscindibili, interagenti e trasversali (si può lavorare sul corpo e la fisicità intervenendo indirettamente sulla mente, si può lavorare sul cervello e fornire schemi posturali da interpretare o da eseguire con il corpo). Così come suggerisce l’ICF, anche la Murdaca ritiene che è il contesto sociale a determinare l’handicap e a favorire l’esclusione e l’emarginazione delle persone con disabilità: occorre liberarsi dai pregiudizi nei confronti di qualsiasi diversità, occorre ri-pensare il ruolo e la collocazione della persona disabile nella società, valorizzare le sue potenzialità e la sua specificità di persona. La relazione educativa, sia essa in famiglia che in ambiente extrascolastico che scolastico, viene definita non a caso lo “ spazio della cura come luogo riparativo” , lo spazio all’interno del quale si forniscono gli strumenti utili per dare senso e specificità costruttiva all’ esperienza personale, per prendere coscienza della propria identità di persona titolare di diritti, per avere la percezione di sé come soggetto attivo e non passivo. Ogni relazione educativa (Caregiver- discente ) deve fondarsi sul rispetto e fiducia reciproca, su di un piano orizzontale e non più verticale (entrambe le parti coinvolte apprendono, crescono, migliorano se stesse…) Un’educazione che superando la logica dell’inserimento scolastico della Legge 118/1971 diventa “inclusiva” nel momento in cui ha l’obbligo di dare il “benvenuto” alla diversità tra tutti gli allievi (UNESCO, 2009), alla disabilità, all’originalità e all’unicità di ogni essere umano, un’educazione vista come “la necessaria Utopia” (Commissione Internazionale sull’Educazione) nello sviluppo della persona e delle società (UNESCO, 2001). Ogni persona va contestualizzata rispetto alla sua storia personale, rispetto alla sua esperienza, va motivata e sostenuta nella continua cura e stimolazione non solo della sfera cognitiva ma anche di quella affettivo-relazionale, nei suoi legami con il territorio prossimo e lontano di riferimento, secondo la logica dell’integrazione quale “processo continuo e non punto di arrivo” attraverso la predisposizione di un ambiente accogliente, di un clima disteso, strategie e soluzioni idonee atte a preservare il diritto di uguaglianza e delle pari opportunità. La sinergia e la costante comunicazione tra i soggetti che interagiscono a vari titolo con la persona disabile è fondamentale (così come testimoniato anche dai genitori membri dell’associazione Autism Aid Onlus ospitati in aula il 2 aprile scorso): bisogna dare un senso costruttivo e lineare al percorso educativo-formativo della persona in difficoltà (in generale di tutti i bambini). La relazione con l’altro diverso da sé, l’interazione con la diversità del proprio io, l’immagine del proprio corpo come percezione di sé nello spazio è evidentemente un passaggio importante per una persona disabile “posto che il movimento rappresenta ormai non solo un dei canali privilegiati per raggiungere il benessere psicofisico, ma anche un elemento collante per favorire processi educativi-abilitativi” (A. M. Murdaca –Complessità della persona e disabilità-). Il corpo rappresenta il vissuto “inter e intrapersonale” di ciascun soggetto: ci mette in relazione con il mondo esterno, media la capacità sensoriale dei sensi con quella della mente che su tali percezioni formula i pensieri, costruisce la conoscenza del mondo che vede, che sente, che tocca. E’ il nostro primo strumento di conoscenza: un neonato alla nascita ha bisogno del contatto fisico con la madre per rassicurarsi. E’ dotato di un proprio linguaggio: quello fisico, quello della postura, della mimica facciale …il corpo esprime a volte più delle parole (e tradisce anche). Il corretto rapporto con il proprio corpo gioca un ruolo importante nella vita di ogni individuo: è importante non percepire lo stesso come “manchevole” (Gehlen) e, soprattutto non essere mortificati da esso. Purtroppo però la società in cui viviamo impone una fisicità perfetta che contrasta il trascorrere del tempo e non ammette (pena l’esclusione) menomazioni. E’ interessante a proposito rivedere i pensieri di Remaury e Lipovetsky secondo i quali autori il tema del corpo e della bellezza è intrinsecamente connesso con la figura della donna. Nel laboratorio “protesi estetiche” ho effettuato una ricerca sul concetto del bello, ed effettivamente dalla Preistoria ai giorni nostri il bello viene riproposto riferito all’idea di “bellezza/ruolo femminile” che i vari contesti sociali e le epoche storiche elaborano e propongono. Così, Remaury nel suo libro “Il gentil sesso” propone la triade giovinezza-bellezza-salute: grazie alla scienza che progredisce potremo mirare ad un corpo trasfigurato ed esatto che ascende alla perfezione; ad un corpo liberato dalle malattie, dal peso e dal tempo. Analoghi concetti sono ripresi da Lipovetsky nel suo libro “La terza donna”, che propone l’immagine di una donna che crede di essere libera invece è schiava e sottomessa dai modelli dominanti che la società le impone come canoni di bellezza. La questione sociale che ne deriva è di seria rilevanza: disturbi alimentari (bulimia/anoressia), nevrosi, insoddisfazione del proprio aspetto fisico. Oltre all’autrice E. Morante che nei suoi romanzi propone corpi femminili quasi grotteschi, si discosta da questo concetto del bello e, soprattutto dalla visione della donna così riduttiva e stereotipante, Rosi Braidotti che riflette sulla magrezza femminile, sulla deformità e sulla diversità. Secondo la studiosa va ripensato il rapporto corpo-mente e a differenza di Donna Haraway che ripensava i corpi maschili e femminili in un’ottica post-gender, dove la dualità tra i sessi è superata dal cyborg e la tecnologia è vista come fonte di nuove forme di identità (è creata dall’uomo, per cui non può dominarci), la Braidotti invita le donne a ripensare se stesse e di incarnare oltre la maternità e la mostruosità, temi riproposti nel saggio “Madri, mostri e macchine”, anche la macchina (cybergirl), nella specificità del proprio ruolo, nell’ identità del proprio sesso, misurandosi su di un terreno che il preconcetto sociale vuole appartenere propriamente al sesso maschile. Le stesse tecnologie atte ad invadere il corpo dell’uomo ( dalla riproduzione alle protesi estetiche) ci impongono di parlare di tecnocorpo, ossia di un corpo interconnesso a strumenti tecnologici. Ciò detto, secondo Rosi Braidotti la taratologia , vale a dire lo studio del mostruoso, si appresta a divenire scienza dal momento in cui il mostro è oggetto di studi che per l’autrice altro non è che “l’incarnazione della differenza dalla norma dell’umano – base: è un deviante, un’anomalia, è abnorme”. Il corpo della donna in gravidanza è un assunto di mostruosità: è deformato, contiene un altro essere umano, lo nutre, lo fa crescere per poi partorirlo perfetto in tutti i suoi componenti. Dall’altro lato, c’è il corpo deforme di chi purtroppo nasce con malformazioni genetiche (non sempre la “macchina umana è perfetta”). Questa dissertazione mi fa capire quanto grande sia il fenomeno della procreazione, del pensiero, della fantasia, quanto grande sia il potere dell’uomo come essere non “perfetto” ma “perfettibile”, con la sua gamma infinita di potenzialità e concluderei questo mio componimento con le parole dell’antropologo Clifford Geertz che trovo geniali e correlate ai temi affrontati : “uno dei fatti più significativi e che noi tutti cominciamo con l’equipaggiamento naturale adatto per vivere mille tipi di vita, ma finiamo con l’averne vissuta una sola” (citazione ripresa dal testo “Ben-essere disabili” di E. Ghedin).
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    Messaggio  Silvana Marchese 1990 Dom Mag 20, 2012 8:46 pm

    Nel 1970 l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, elaborò l’ICD, Classifica Internazionale delle Malattie, focalizzata sulla causa, sulla descrizione delle principali caratteristiche cliniche e sulle principali indicazioni diagnostiche delle patologie. L’ICD,che ha particolare riguardo per l’aspetto eziologico della patologia, è una classificazione in cui assume un ruolo centrale il nesso di causa: eziologia – patologia –manifestazione clinica. Tale classificazione rappresenta una sorta di enciclopedia medica, dove le diagnosi sono tradotte in codici numerici per facilitare la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Il limite di tale classificazione era quello di non prevedere le conseguenze della patologia, tanto che qualche anno più tardi l’ICD venne affiancato da un testo che faceva riferimento a conseguenze di malattie e ai fenomeni ad esse legati. Vi fu, però, l’esigenza di un superamento concettuale della ICD, determinata dal fatto che le persone, oltre a subire le manifestazioni della malattia, potevano risultare incapaci di svolgere il ruolo sociale e di mantenere normali relazioni. Così, nel 1980, nacque ICIDH, una classificazione basata su un modello che distingueva menomazione,disabilità ed handicap. Molti paesi nel 1980 adottarono l’ICDIH nel tentativo di capire meglio cosa fare e come classificare la disabilità, ma tale modello ricevette molte critiche in quanto presentava dei limiti concettuali dovuti alla concezione di una disabilità consequenziale: hai una malattia quindi hai una menomazione, una disabilità ed un handicap. Numerose furono le critiche e le revisioni che vennero fatte di tale modello, nel corso degli anni, fino al maggio 2001 quando l’Oms pubblicò la nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Salute e Disabilità, ovvero L’ICF. 191 paesi riconobbero il nuovo modello elaborato dall’OMS per la classificazione di salute e di disabilità. L’ ICF, è una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. Con l’ ICF si vogliono descrivere le situazioni di vita quotidiana delle persone in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l’importanza dell’individuo, non come persona avente malattie o disabilità, ma come persona unica nella sua globalità. L’ICF riconosce una correlazione tra stato di salute ed ambiente circostante dando una nuova definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Tale ambiente sfavorevole è determinato da una molteplicità di fattori come la presenza di barriere architettoniche, l’ utilizzo inappropriato delle parole e, come spesso si vede, l’ignoranza delle persone.
    E’, davvero, impensabile ed assurdo vedere che nel XXI secolo esistano barriere architettoniche che impediscono alle persone, con difficoltà, di vivere una vita più semplice e sicura. Viviamo nel secolo della tecnologia e si preferisce abbellire città e palazzi piuttosto che investire in opere che tutelano l’autonomia e la dignità di persone che hanno il diritto di non dipendere dagli altri e di non sentirsi diverse. A volte, anche piccoli gesti di vita quotidiana rivelano delle difficoltà che accentuano le diversità nel superarle. Uscire di casa, spostarsi da un luogo all’altro con mezzi pubblici o, semplicemente, attraversare la strada, spesso rappresentano muri insormontabili che spingono il disabile nello sconforto, quando basta poco perché egli sia alla pari.
    Dare il giusto peso e il giusto significato alle parole, rappresenta uno dei fattori base per la creazione di rapporti e di relazioni con gli altri. Gli altri sono coloro presenti nella società che ci circonda, magari dei vicini di casa, o dei colleghi di lavoro, gli altri sono altri perché li consideriamo diversi da noi. Cosa significa essere diversi?
    Innanzitutto diversità, non è disabilità in quanto: “diverso” può essere una persona, non necessariamente affetta da menomazione fisica o psichica, ma che si distingue dagli altri per le sue caratteristiche, mentre “disabile” è colui che è impossibilitato a svolgere normali attività di vita quotidiana a causa di deficit psichici o fisici.
    Quando parliamo di disabilità è molto importante un uso corretto e ponderato delle parole, in quanto, come sostiene Canevaro, “sono le parole che fanno la differenza”, essendo simboli ricchi di significato che, se usati impropriamente, possono aumentare disagi e handicap, anziché ridurli. Con le parole ci si esprime, si comunica, si dà conforto ma nello stesso modo tramite le parole si esclude, si emargina, si deride, non pensando alle conseguenze a cui una parola sbagliata può portare. Spesso è il disabile, che viene emarginato, isolato e deriso e ciò deriva dall’ignoranza e spesso dalla cattiveria delle persone, perché si preferisce prendersela con i più indifesi. L’emarginazione e la derisione sono cause di uno stato di malessere che portano il disabile, o chi è più fragile ad autoisolarsi, a sentirsi solo e se a volte capita che la sofferenza fortifica, altre volte capita che essa ti spegne. I disabili sono solo persone, che differiscono dalle altre per una “D” in più, la “D” di disabilità e, come tali, hanno gli stessi diritti di persone normodotate, il diritto alla vita, alla gioia e alla dignità.
    Oltre all’ICF, anche la professoressa Anna Maria Murdaca ci suggerisce che l’ambiente ha un’influenza molto forte sulla vita degli individui, e che è proprio l’ambiente circostante a determinare condizioni di handicap dovute a barriere architettoniche fisiche, culturali e mentali che favoriscono processi di emarginazione ed isolamento. La professoressa Murdaca è l’autrice del libro “Complessità della persona e disabilità”. Tale testo affronta varie tematiche come l’integrazione, l’inclusione del disabile, la cura e la relazione educativa, l’ambiente, lo spazio riparativo , la globalità della persona . Ha l’obiettivo di sottolineare la necessità di una nuova cultura dell’educazione e della conoscenza della disabilità. Incentrata sul riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione e ha lo scopo di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Per la prof. Murdaca è importante che il soggetto venga riconosciuto nella sua globalità, per ciò che egli è e può diventare e non per ciò che è in grado o meno di fare o per ciò che ha o non ha. Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione in quanto ogni soggetto è unico e speciale nella propria singolarità. L’integrazione assume nel lavoro della prof Murdaca un’importanza centrale, è un processo continuo che non mira solo all’accudimento del soggetto con disabilità ma anche e soprattutto la sua emancipazione. Tramite il processo di integrazione, il soggetto acquisisce gli elementi e i mezzi per la costruzione dell’ identità personale e della propria autostima, indispensabili per il raggiungimento dell’autonomia.La costruzione dell’identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti dove il disabile può sperimentare con educatori ed insegnanti una serie di situazioni che vengono elaborate, criticate, ricostruite e integrate in modo da creare un processo di empowerment personale. E’ importante quindi, che vi sia un processo educativo che non sia quello classico, fondato semplicemente sullo studio teorico, ma che coinvolga il soggetto nella sua globalità, in modo tale da consentire la crescita della persona in tutte le sue dimensioni. Quando parliamo di processo educativo, bisogna prendere in considerazione la stabilità del rapporto che deve esserci tra educatore e il proprio educando. Tale rapporto deve essere stabile, basato sul rispetto reciproco, sulla fiducia e sulla comprensione così da favorire un’ educazione globale della persona che investe anche gli aspetti pratici della vita quotidiana, visto che l’educazione è un processo che dura tutta la vita.
    Remaury ,Lipovetsky e Braidotti affrontano il tema della “bellezza” del corpo, e in particolare la relazione che lega la donna al concetto di bellezza.
    Remaury definisce la donna “il gentil sesso debole”, orientato e diretto verso una corsa alla perfezione che ha come obiettivo la triade bellezza-giovinezza-salute.
    Lipovetsky ci parla di un corpo libero e perfetto, che diventa tale quando si svincola dalle minacce esterne della malattia, del peso e del tempo. Egli così ci parla di un corpo sano, magro e giovane, a cui la donna aspira sottomettendosi faticosamente ai modelli dominanti e imposti dalla società attuale.
    Braidotti ci parla invece della mostruosità del corpo, facendo riferimento al corpo della donna in gravidanza che, si presenta mostruoso e materno all’immaginario maschile, come qualcosa di orribile e meraviglioso, affascinante e terribile allo stesso modo. L’autrice ci parla di corpo macchina, corpo ricercato da donne madri, e non solo, che ricorrono alla chirurgia e alla scienza per tornare a sentirsi desiderate e piacenti agli occhi dei loro uomini che, a parte qualche eccezione, le amano così come sono.
    La bellezza e il denaro viaggiano sempre più di pari passo in una società conformista come la nostra, dove è presente il pensiero della realizzazione del corpo perfetto. Nel corso degli anni si è passati dal riconoscere come bello il corpo di donne formose, al riconoscere come prototipo di bellezza il corpo di donne filiformi, quasi scheletriche delle passerelle degli ultimi anni. La chirurgia plastica gioca un ruolo centrale, spesso usata per migliorare il proprio corpo piuttosto che per esigenze concrete.
    La bellezza deve essere soggettiva e non oggettiva.
    Il magro non è necessariamente bello.
    Credo che la perfezione non esista che, la giovinezza non sia eterna e che, la salute non debba essere minata dall’abuso di pratiche estetiche che spesso allontanano anziché avvicinare alla perfezione tanto desiderata.
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    Messaggio  federica sbrescia Dom Mag 20, 2012 9:25 pm

    1)L’uomo per sua natura cerca in qualsiasi modo di avere sempre la situazione sotto controllo,utilizzando tecniche,avanzate o meno,e svariate strategie ,trascurando però a volte la vera essenza delle cose e come vedremo successivamente anche delle parole,di cui spesso se ne fa un uso spropositato.
    Negli anni ’70 l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) elaborò la prima “classificazione Internazionale delle malattie”(ICD),che aveva come esigenza quella di cogliere le patologie ,fornendo per ogni sindrome e disturbi clinici le principali caratteristiche. Per la classificazione le cause venivano tradotti in cifre affinché la memorizzazione fosse più facile.
    Questo primo tipo di classificazione si ridusse però a una sorta di enciclopedia medica e per ovviare al problema un decennio dopo l’OMS elabo¬rò un nuovo manuale di classificazione, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze: “la Classifica¬zione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH). L’ICIDH ha come scopo quello di cogliere l’importanza e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazioni,ed è caratterizzato da tre componenti fondamentali:
    - la menomazione;danno organico o funzionale relativo ad un settore specifico
    - la disabilità;limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano
    - svantaggio;difficoltà che la persona con disabilità incontra nell’ambiente circostante
    Il 22 maggio 2001 L’OMS pubblicò uno strumento di classificazione,rispetto alle precedenti, del tutto innovativo e multidimensionale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF. L’ICF descrive le modifiche dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando così alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute data da un ambiente sfavorevole. Lo scopo principale è quello di capire cosa è pos¬sibile fare per migliorare la qualità della vita delle persone disabili favorendo interventi in campo socio-sanitari.
    Come ho accennato fin dall’inizio particolare attenzione va posta anche nei riguardi delle parole che spesso vengono adoperate con fin troppa superficialità. Quelle su cui ci siamo soffermati a lungo sono DISABILE e DIVERSO ,che a volte vengono utilizzate come se le due fossero sinonimi oppure in maniera del tutto inadatta.
    Il DISABILE come abbiamo potuto apprendere nel corso delle lezioni è colui che in seguito e una menomazione a contatto con il mondo esterno è incapace di svolgere determinate funzioni o compiti.
    Una persona disabile difatti nello svolgere una mia giornata tipo avrebbe molte difficoltà e questo l’ho potuto riscontrare nel momento in cui la professoressa ci ha invitato a notare quanto le nostre giornate siano ricche di barriere architettoniche,le quali possono inibire anche l’azione più elementare.
    DIVERSO è sicuramente la parola che ha più catturato la mia attenzione al punto da sceglierla nel sondaggio propostoci dalla professoressa sul forum. Personalmente credo che tutti gli uomini siano ugualmente diversi nelle loro specificità,modo di ragionare e di vivere,nella fisicità. Essere diversi vuol dire essere unici,rappresentare una ricchezza irripetibile per l’umanità. Purtroppo tutt’ora nel 2012 essere diversi assume spesso una valenza negativa, alimentata da pregiudizi e tanta ignoranza. Del diverso si ha paura e si cerca di alienarlo,proprio come durante la simulazione ho fatto io,”crudele cittadina” che ho messo al bando coloro che indossavano gli occhiali ,semplicemente perché mossa dall’egoismo, senza pensare alle conseguenze che avrebbe avuto questo mio comportamento.
    Il termine diverso fa sorgere in me tantissimi interrogativi. Diverso da chi?Rispetto a caso?
    Diverso è colui che si distacca da chi o cosa e normale. Ma chi è il normale o cos’è la normalità?
    Credo che la normalità non sia altro che un concetto utopistico che si basa sull’uguaglianza,ma ormai è risaputo ,e la storia fa da testimone,che tale uguaglianza è impossibile da raggiungere. Occorre dunque accettare le diversità e valorizzarle al fine di arricchire anche noi stessi.
    Come già ho scritto in passato sul forum l’unica uguaglianza per cui l’uomo deve lottare è quella legata ai diritti e ai doveri

    2)Anna Maria Murdaca è l’autrice del testo “Complessità della persona e disabilità”
    Il testo mira:
    -alla ricostruzione di una nuova cultura dela disabilità
    -alla rimodulazione del termine integrazione
    -alle comprensione delle reali condizioni di vita,quale ruolo i disabili possono assumere,quali servizi vengono messi a disposizione per le loro esigenze.
    L’autrice mette in evidenza il bisogno di abbandonare la logica dell’inserimento e di adottare l’ottica della globalità. Occorre dunque una nuova cultura della disabilità che miri alla vera integrazione del disabile nella comunità che li educa e li fa crescere. Si pensa ad una comunità sociale che superi i limiti e che non trascuri i disabili. Si pensa a città dove una persona dotata di sedia a rotelle non abbia problemi nell’andare a farel a spesa o a prendere un mezzo pubblico,come spesso succede.
    Al disabile va garantito un ambiente ottimale nel quale poter crescere ed affermarsi. La stessa famiglia si dovrebbe liberare del senso e dalla percezione di impossibilità di miglioramento della situazione psico-fisica del proprio figlio disabile. L’ambiente è proprio quel fattore contestuale determinante nella definizione della disabilità e dunque può rappresentare una barriera oppure un facilitatore.
    Il disabile è prima di tutto una persona,un cittadino, e come tale deve essere rispettato e valorizzato senza che sia mai definito per sottrazione.
    L’integrazione viene a rappresentare un processo continuo e c’è l’esigenza di riformulare il termine come:
    -accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica
    -condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia,identità,potenzialità personali
    Anna Maria Murdaca riformula anche il concetto di cura,intesa in questo caso come continua emancipazione da parte dei soggetti coinvolti che vengono guidati affinché si accettino e mirino alla propria realizzazione.
    In questo processo di emancipazione,di integrazione ,importantissima è la figura dell’educatore,che deve abbandonare l’educazione classica e mirare alla crescita della persona in tutte le varie dimensioni.
    L’educatore è colui che non deve risolvere necessariamente i problemi ma piuttosto saper guidare. Deve,in una relazione educativa,restituire al discente ciò che ha ascoltato così che egli prenda conoscenza di ciò che ha detto. Alla base della relazione educativa deve esserci innanzitutto rispetto e l’educatore deve rappresentare”il buon esempio” da seguire.
    Ovviamente quando si parla di educatore è sbagliato pensare solamente alla figura dell’insegnate,in quanto questo può essere anche un genitore,un parente,un amico.
    Creare una relazione educativa sicuramente non è cosa facile è questo è stato possibile costatarlo durante una simulazione in classe dove abbiamo creato dei veri e propri setting dove venivano proposte situazioni problematiche o meno. Anche se la nostra in aula è stata solo una simulazione si è potuto costatare quanto sia difficile istaurare un rapporto con la persona che ti trovi davanti
    Costruire un rapporto sincero ed aperto con una persona è una delle cose più impegnative quindi da parte dell’educatore deve esserci moltissima pazienza e forza perché spesso dall’altra parte ci si troverà un muro e il loro compito e quello di sfilarne un mattoncino alla volta fino a farlo crollare.

    3)Remaury,Lipovetsky e Braidotti si sono soffermati sulla figura della donna ormai schiava della ricerca della bellezza.
    Viviamo in un secolo dove ovunque andiamo veniamo influenzati da immagini di persone particolarmente belle e apparentemente perfette.Si pensi ai cartelloni pubblicitari,che se anche sponsorizzano cellulari ricorrono comunque alla presenza di modelli/e,oppure alle sfilate dove regna la ormai famosissima taglia 38.
    Vittime della cultura della bellezza sono in particolare le donne che ricorrono a modelli quasi irreali utilizzando tutti i mezzi possibili,ma non ci dimentichiamo degli uomini ormai anche loro vittime di questo meccanismo.
    Ormai il migliore amico delle donne,e mi permetto di dire di queste donne,è il chirurgo plastico che attraverso la chirugia estetica sembra che faccia miracoli.
    Personalmente credo che ogni persona,indistintamente dal sesso,debba curare il suo aspetto a seconda delle proprie esigenze e aspettative e non sono neanche contraria all’utilizzo della chrugia estetica se questa può portare alla maggiore accettazioni di sè. Purtroppo però oggi si assiste a casi esasperati.Le modelle proposte ormai dai migliori stilisti sono magrissime e questo ha fatto sì che migliaia di adolescenti ,e non , cadessero nel tunnel dell’anoressia.Gli stessi chirughi ,chiaramente alcuni, sono privi di responsabilità professionale e sono disposti a sottoporre pazienti,sicuramente mentalmente instabili ,anche a venti operazioni pure di raggiungere i loro canoni di bellezza.
    E pensare che la chirugia estetica ,al di là che può migliorare(e comunque non sempre)l’aspetto fisico ,può veramente migliorare la qualità della vita e a volte addirittura salvartela



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    Messaggio  federica pirozzi Lun Mag 21, 2012 1:17 am

    1) Oggi la definizione comune di soggetto portatore di handicap è il pensiero delle istituzioni come L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) si è evoluto. Proprio questo organismno è servito, in questi ultimi decenni a chiarire i concetti di menomazione, malattia, deficit, in particolare di eliminare tutta una serie di steriotipi e pregiudizi che circolano attornoi al mondo della disabilità procurando danni sociali, quali l'emarginazione, l'esclusione, la discriminazione. Nel corso di un trentennio gli operatori del settore sono passati da una classificazione a carattere eziologico (ICD del 1970), dove veniva sottolineata maggiormente la patologia, alla Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap = ICDH del 1980. L'ICDH portava un modello di tipo sequenziale dove la malattia provocava la menomazione di qualsiasi perdita temporanea o definitiva, in segiuto si verificherà una disabile compromissione delle abilità necessaria per l'esecuzione di un compito nel modo e nei tempi considerati adeguati per un essere umano, fino a giungere all'handicap, situazione di svantaggio causata da una meno mazione o disabilità, che un indivixuo limita o ostacola lo svolgimento del suo ruolo sociale, provocando una situazione di rischio emarginazione. Nel 2002 viene pubblicata l'innovativa classificazione promossa dall'OMS: ICF che permette di codificare un'ampia gamma d'informazioni riguardante la salute (diagnosi, funzionamento e disabilità, accesso ai servizi...). Nell'ICF il mutamento terminologico produce un cambiamento nel modo di concepire la malattia, la salute, la menomazione, la disabilitò, l'handicap, non più come contraddizione, bensìcome dinamiche mutevoli nel contesto del percorso all'ambiente esterno e al contesto particolare in cui si trova a vivere. La classificazione ICF rappresenta un'autentica rivoluzione nella definizione e quindi la percezione di salute e disabilità, infatti i nuovi principi evidenziano l'importanza di un approccio integrato, chetenga conto dei fattori ambientali, classificandoli in maniera sistematica ed elencando quelli che interagiscono a determinare la disabilità, non considerata più come un problema di pochi ma di tutti e definita come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui l'individuo vive: vengono proposte perciò, modalità per valutare l'impatto sociale e fisico sul funzionamento della persona. Il nuovo approccio permette la correlazione fra stato di salute e ambiente arrivando così alla definizionje di disabilità come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Un altro importante merito dell'ICF, è quello di aver cancellato dalla classificazione la parola handicap che in quasi tutto il mondoaveva preso una connotazione negativa.
    2) Anna Maria Murdaca, docente e autrice di “ complessità della persona e disabilità”. L'obiettivo primario che si pone il presente lavoro è sottolineare la necessità di una nuova cultura e conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione. Da un lato una simile cultura impone necessariamente un'ottica progettuale e flessibile, articolata su livelli teorico-operativi e sulla continua modificabilità del soggetto, da cogliere nella sua prospettiva biografica; dall'altro necessita di un ripensamento dell'integrazione, intesa - sulla falsariga delle teorie psicoanalitiche - come "spazio riparativo" dove il disabile può sperimentare con gli educatori e gli insegnanti una serie di situazioni e vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nel qui e ora della relazione educativa. L'integrazione diviene così costruzione di luoghi di senso nei quali il disabile può trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell'autonomia. Lo scopo finale, dunque, è quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Perché ciò sia possibile è però necessario un lavoro integrato in grado di coniugare l'aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, assicurando iniziative di vera promozione personale e sociale. Una delle simulazioni fatte in aula, abbiamo affrontato il concetto di relazione educativa facendo due impostazioni (l'impostazione rappresenta l’incontro tra educatore ed educando).
    3) REMAURY affronta i temi della bellezza, della salute e della giovinezza ed è soprattutto l'immagine che propongono i media e le pubblicità. Il "gentil sesso debole", rappresenta l'immagine rassicurante del femminiile che la culura oppone a quella del sesso debole. Bisogna anche tener conto che il rapporto tra donna e salute è una relazione in cui la cura di sè, la capacità di ascoltare il proprio corpo, il lavoro di se (per manatenere la propria bellezza) e l'inquietudine alla base di entrambi (il non voler soffrire, il non voler invecchiare) vengono impressi ancora più in profondità nella femminilità stessa: sono cioè modelii, pratiche e atteggiamenti che la donna è obbligata in etrno a subire, più di quanto sia l'uomo.). Lipovetsky celebra invece La terza donna che si sottomette ai modelli dominanti che vedono il corpo libero da malattie, dal peso e dal tempo; l'obbiettivo che ci si prefigge è la conquista dell'eterna giovinezza. A proposito del rapporto donna-tecnologia, Braidotti sostiene che occorre prendere atto che questa dimensione ci appartiene come una seconda pelle e che a partire dalla sua implosione è forse possibile disegnare prospettive diverse, contribuendo creativamente dal di dentro all’invenzione di nuovi universi di significazione, di altri ordini simbolici in cui la tecnologia non sia strumento di potere ma di soddisfacimento di bisogni.
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    Melfi Roberta


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    Messaggio  Melfi Roberta Lun Mag 21, 2012 9:34 am

    Testo di riferimento: F. Briganti, nozioni introduttive alla pedagogia della disabilità

    1. L’ICD è la “classificazione Internazionale delle malattie” elaborate nel 1970 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), al fine di fornire una descrizione dei principali aspetti clinici ed eziologici di ogni sindrome e disturbo e definire precisi criteri diagnostici per ciascuno di essi. Nell’ICD le disabilità sono elencate insieme alle patologie cliniche. Dall’ICD si passa all’ICF attraverso l’ICDH (1980), in cui vengono messi in evidenza tre fattori: menomazione, disabilità e svantaggio o handicap. Successivamente tali fattori saranno sostituiti da: menomazione, abilità e partecipazione. Con quest’ultimo termine si indica la tendenza a guardare e a rispettare le capacità del soggetto e a rivalutarne le risorse anche dal punto di vista sociale. L’Oms, dunque, parte da una tendenza prevalentemente tassonomica di carattere medico e giunge ad una visione più ampia della disabilità, intesa come condizione di vita che presenta aspetti diversi rispetto a ciò che comunemente è definito normale. L’ICF (2001), infatti, è la “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, in cui la disabilità è definita come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole: pone l’accento sull’aspetto multidimensionale della disabilità in virtù dell’interrelazione costante tra l’individuo e l’ambiente circostante, quindi delle stimolazioni ambientali (familiari e sociali) atti a favorire lo sviluppo delle abilità del soggetto. Tuttavia il contesto sociale non offre sempre condizioni favorevoli allo svolgimento delle attività quotidiane delle persone disabili, come più volte si è discusso durante il laboratorio, nel corso del quale sono stati evidenziati i limiti funzionali e sociali causati dalle barriere architettoniche e le inevitabili ripercussioni sullo stato emotivo e psicologico del soggetto. Infatti, tra le tante cose la professoressa Briganti ci ha invitato a riflettere sulle possibili differenze tra la strutturazione del tempo (orologio) di una persona normodotata e di una diversamente abile e su quanto ciò possa incidere sulla qualità di vita di quest’ultima. Tali riflessioni hanno suscitato in me sentimenti empatici, per cui ho immaginato e immagino ancora la sofferenza e la rabbia, il senso di inferiorità e di inadeguatezza che può provare un disabile quando prende i mezzi pubblici per raggiungere l’università o il luogo di lavoro e quando vuole semplicemente passeggiare per strada utilizzando i marciapiedi. Attività che per me possono risultare semplici e fonti di esperienze piacevoli (uscire con le amiche per mangiare un gelato o per fare shopping, incontrare le compagne in università, andare a visitare i musei della città ecc…), per una persona disabile tutto questo può comportare stress e un rafforzamento dell’etichetta di disabilità intesa come handicap e non come diversità e portare all’autosvalutazione e all’autoesclusione. Oltre ai fattori ambientali anche quelli relazionali possono indurre esclusione e svalutazione, ovvero il linguaggio verbale e quello non verbale: le parole che si utilizzano mentre si parla di e con persone disabili, la compassione o l’imbarazzo che anche involontariamente possiamo manifestare nei loro confronti, lo sguardo fisso che possiamo rivolgere a loro senza rendercene conto perché colpiti dalla diversità. Infatti tutto ciò che è diverso provoca in noi una reazione atavica di paura che spinge a categorizzare le persone diverse e ad alimentare gli stereotipi (normale/disabile -Lo stereotipo è uno spontaneo meccanismo di difesa dall’angoscia, dalla paura derivante dal nostro rifiuto di rispecchiarci in una immagine non gratificante e lo stereotipo sociale diventa giustificazione razionale della rimozione del problema. G. Cartelli, Handicap, pregiudizi e stereotipi, Bulzoni, Roma, 1993) in quanto la loro immagine mette in crisi le nostre certezze riguardo alla vita. Tendiamo a contrapporre la diversità con la disabilità, cioè con la mancanza di abilità. La diversità, invece, riguarda le qualità, le risorse, le potenzialità e le capacità di migliorare le proprie abilità e di acquisirne di nuove, caratteristiche queste che contraddistinguono ciascun individuo. Ognuno di noi è diverso dagli altri. Il disabile è diverso dagli altri non perché manca di alcune abilità ma perché è dotato di abilità diverse rispetto a quelle degli altri. Un disabile è diverso rispetto ad un altro disabile, un disabile è diverso rispetto a me; io sono diversa da un disabile, io sono diversa da un’altra persona che non presenta alcun deficit. E’così che possiamo imparare ad approcciarci, innanzitutto mentalmente, alle persone diverse da noi e incominciare a parlare di diversabilità. Il termine diversabile è un termine positivo perché mette in evidenza l’essere diversamente abili di molte persone con deficit, le quali imparano a sviluppare nuove abilità anche con l’ausilio di apparecchiature che aiutano a ridurre gli handicap. Quanti di noi sanno dipingere una tela con un pennello tenuto tra le dita del piede o legato alla fronte?? Quanti di noi sarebbero capaci di imparare movimenti di danza senza l’ausilio delle braccia?? Quanto possiamo imparare da chi partecipa alle Olimpiadi con le protesi agli arti inferiori o da chi cammina accompagnato da un cane perché non vedente oppure da chi presenta una paralisi fisica?? La prima cosa che mi viene in mente è che prendendo come esempio i diversabili possiamo imparare a guardare alla vita in modo completamente nuovo: non arrenderci facilmente dinanzi alle difficoltà; trovare il coraggio e la forza di risolvere i problemi; credere in noi stessi ed amarci per quello che siamo; imparare a godere anche delle cose più semplici, come il canto degli uccelli, i colori della natura, lo sguardo di una persona che amiamo, il suono della voce dei propri cari. Queste riflessioni dovrebbero trovare concreta esplicitazione nei comportamenti delle persone e nelle politiche di intervento sociale, in modo da rendere gli spazi cittadini utilizzabili da ciascuno con le proprie specifiche abilità.


    2. In quest’ottica si muove il pensiero di Anna Maria Murdaca secondo la quale è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap; essa afferma che sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione e di emarginazione. In “Complessità e disabilità” la Murdaca esprime una visione integrata della persona disabile: la sua integrazione psico- corporea e socioculturale. Integrazione che spesso non è favorita in primis dall’ambiente familiare in quanto spesso i familiari vivono il senso di impossibilità di miglioramento della situazione psicofisica del proprio figlio o parente. Anche gli insegnanti dovrebbero imparare a guardare oltre la scuola e contribuire a sviluppare una buona integrazione e buone capacità e competenze nell’alunno disabile, capacità e competenze trasferibili al di fuori del contesto scuola. L’ambiente esterno allargato può anch’esso limitare lo sviluppo delle capacità funzionali di chi è affetto da deficit. L’handicap, secondo la studiosa è un fenomeno sociale la cui identità è data dai significati culturali che vengono attribuiti ad esso ( Simona Atzori afferma: << la disabilità sta negli occhi di chi ci guarda >>).
    Dall’immagine sociale dell’handicap scaturiscono specifici comportamenti, e l’ambiente può agire come barriera o facilitatore. Considerare il disabile nella sua complessità di persona consente di avere una visione ampia dello stesso e di puntare alla sua valorizzazione. Infatti il disabile è una persona, come le altre, in continua evoluzione, il cui sviluppo si determina anche nel contesto sociale attraverso il processo continuo dell’integrazione, che si verifica come una continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee a preservare i propri diritti. L’integrazione quindi non è un concetto astratto bensì un comportamento di accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica e di condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia, identità, potenzialità personali. Rimodulare l’integrazione in prospettiva umanistica significa guardare alla globalità della persona e di promuove la nascita di una nuova cultura della disabilità, che sia attenta a cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive quanto ad innalzare la qualità della vita dei soggetti attraverso il potenziamento delle risorse individuali (emotive, cognitive, comportamentali e relazionali). La necessità di ridefinire un progetto di vita per le persone con disabilità, che favorisca l’indipendenza e l’autonomia dello stesso, è e deve essere interesse della comunità sociale, la quale può attrezzarsi con spazi di formazione capaci di sviluppare le potenzialità personali cercando i mezzi più idonei a valorizzare la differenza come risorsa nell’ambito di una relazione di reciproca responsabilità. Nella logica della disabilità della Murdaca, la cura del disabile consiste, quindi, nella progressiva emancipazione del soggetto, volta alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e per ciò che egli può diventare. Cura come atto di umana comprensione capace di aiutare la persona con deficit a ridare senso e significato alla sua personale esperienza, a ricordarsi di sé, dell’unicità della sua storia, per accettarsi e convivere con la propria specialità. Quindi diventa cura di sé ( P. Gaspari, Pedagogia dell’integrazione e cura educativa, Cedam, Padova, 2004).
    Il benessere della persona disabile non è più inteso come accudimento; il benessere è lo stato di autorealizzazione e autoaffermazione che ciascuno può costruirsi nel corso della propria esistenza. Al tal proposito sono di fondamentale importanza gli incontri e i luoghi, le relazioni significative, tra cui la relazione educativa nella quale il disabile sperimenta con gli educatori, con gli insegnanti una serie di situazioni, di vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nel qui e ora della relazione educativa.
    La relazione educativa assume varie forme. La relazione madre figlio, che è una relazione di per sé educativa. La relazione docente discente, che consiste nell’insieme dei rapporti sociali che si stabiliscono tra l’educatore e gli educanti; tale relazione deve essere incontro e scambio, partecipazione ed alleanza e non deve essere contrassegnata da una disparità di potere tra insegnante e alunno. La relazione educatore educando non si esaurisce ai contesti scolastici, bensì si estende a tutte le esperienze di vita. Ogni relazione è educativa, in quanto portatrice di significati, valori, o anche semplicemente di opinioni che assumono un peso educativo nella crescita di colui che li riceve. In qualsiasi relazione tra due o più persone avviene uno scambio dove si da e si riceve qualcosa, sia che si tratti di un’esperienza positiva sia che si tratti di un’esperienza negativa. Ogni relazione educativa può suscitare emozioni ed affetti. Ciò non esclude la difficoltà che un educatore può avere relazionandosi ad essi, infatti a volte gli educandi sono adulti in difficoltà, non solo in ambito scolastico ( insegnante e alunno), ma anche tra una madre e una figlia tra un educatore e un bambino ribelle. In questa relazione si cerca di non soffermarsi solo sulle apparenze ma quanto meno riuscire a cogliere le difficoltà, i problemi e le paure più profonde del soggetto che spingono lo stesso a comportarsi in un dato modo.
    Da qui si evince quanto sia impegnativo ed utile il lavoro degli educatori nei vari contesti delle relazioni umane e quanto la figura dell’educatore professionale si configuri oggi come facilitatore e sostegno dei processi evolutivi delle persone con difficoltà diverse.
    3. Altro aspetto che determina gli stereotipi di normalità e di disabilità è la bellezza, che oggi rientra in canoni prefissati rigidamente. Tale immagine di bellezza è riportata in quasi tutte le riviste e ostentata dalla televisione, inducendo a paragoni soprattutto le ragazze, le quali spesso desiderano un aspetto corporeo che non tiene per nulla in conto le proprie qualità fisiche. Remaury nel suo testo “Il gentil sesso debole, Le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute”, sottolinea la riduzione dei bisogni della donna moderna al solo miglioramento fisico ed estetico. Secondo l’autore il Gentil sesso debole auspica alla perfezione estetica anche attraverso il ricorso alla chirurgia – corpo trasfigurato, corpo esatto. Il corpo liberato invece lo è dalla malattia, dal peso e dal tempo, obbligatoriamente perfetto. Anche Lipovetsky ne La terza donna evidenzia la tendenza della donna a liberare il proprio corpo non solo dalla malattia ma anche dal peso e dal tempo. Il controllo della propria immagine tramite la scelta tra i modelli sociali,conduce la donna verso il corpo realizzato, ossia la conquista di un corpo perfetto.
    Rosa Braidotti suggerisce di ripensare al rapporto corpo-mente e ritiene che la psicoanalisi sia lo strumento per ripensare il corpo liberandolo dal dualismo. Secondo la Braidotti la donna, capace di deformare nella maternità il proprio corpo, diventa nell’immaginario maschile qualcosa di orribile: mostro e madre al contempo. È ha patire da questa visione che la Braidotti propone alle donne di incarnare, oltre alla maternità e alla mostruosità, anche la macchina, intesa come corpo tecnologico.
    La mostruosità è rappresentato da tutto ciò che è diverso anche esteticamente e si cerca di appianare la diversità estetica attraverso il ricorso alle nuove tecnologie.
    Secondo me l’utilizzo di tali tecnologie può migliorare la qualità di vita delle persone qualora abbiano scopo medico, curativo e riabilitativo;invece non condivido il ricorso a tali tecnologie per soddisfare il desiderio di uniformarsi all'ideale di bellezza perfezione.


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