Pedagogia della disabilità 2012

Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


+293
maria formisano
Federica Marzano
ascione ass
Silvia De Sisto
domenica moccia
antoniodisabato
mariaidaferraro
Cozzolino Chiara1987
iolandadigennaro
daniela oliva
rossellastallone
Federica Riccardo
rosa romano
Lorenza Baratta
anna abbate
angela cuomo
Gisella Santonastaso
Fiorella Moio
Maria Aprea
Manuela Arienzo
de cicco luisa
mariangela manna
Melfi Roberta
federica pirozzi
federica sbrescia
Silvana Marchese 1990
soleluna
ERIKA IARNONE
Stefania befà
Maria Improta
Melania Moscato
Letizia Panariello
simona micillo
Annarita Riviergi
Adele La Porto
Antonia Aletta
anna flaminio
roberta case
maria russo
Valentina Morra
Gaetana Cozzolino
DANILO ROMANO
Antonella Leonetti
MARIA VITTORIA PIROZZI
Valentina Gaudioso
Piccolo Emilia
silvana marconi
Gervasio Concetta91
lucia lettera
Stefania Scafati
Mena Pace
fabiola lucignano
Cristina Cardillo Zallo
RITA MASSA
valeria cefariello
Carmela Attanasio
Maresca Socc. Addolorata
mariana scamardella
elenacapobianco
Gabriella Barecchia
Francesca Starita
MARIO RIEMMA
Giuseppina Chianese
Marcello De Martino
Martina Marotta
Teresa Buonanno
Mario Cavallaccio
simonamanzoni
palmina formato
ilaria cardinale
Francesca Sommella
Maria Di Caterino92
teresa perretta
rosa d'onofrio
Maria Grande
valeria scognamiglio
maddalena cacciapuoti
Cinzia Guadagno
Maria Natale
Teresa Nazzaro
Angela Scarpato
francesca anello
carmela clemente
roberta silvestro
milone lucia
DI MASO CLAUDIA
elena capasso
Maria Pia Palvelli
MAURIELLO JESSICA
maria.lancellotti
Elvira Scarpato
Izzo Maria Teresa
TammaroAlessia89
Gallo Luisa
Lucilla Graziani
rosa manno
Maria Maestoso
Ilaria Musella
Marianna Di Caterino91
michela di bernardo
anna piscitelli
Vittoria Camposano
daiana martino
Maddalena Pontone
iolanda martino
Sara Costigliola
Serena Vivenzio
Claudia Carbonaro
Maria Rosaria Coppola
Francesca Izzo
annalisa de flora
Marta Iannaccone
SerenaMele
Antonella De Rosa
luisa formisano
emma mariniello
Roberta Narici
Adriana De Rosa
peluso cristina
Loredana Calise
giovanna costagliola
ROSA NUVOLETTA
Valentina Caponigro
Iolanda Puca
Marianna Carfora
cloe
Ornella Cangiano
Nunzia D'Amore
Micaela Crescenzo
Anna Pasquariello
Barbara Pepe
alessandra sbrizzi
rosa capasso
Fiorella Savino
alessia maruzzella
Annunziata Langella
Sabrina Campaiola
Rachele Di Tuccio
marigliano francesca
Marianna Gallo
maria rosaria russino
francypetraglia
rosa corbo
Ilaria Saviano
Luisiana Spinelli
serenalestingi
Ilenia Caiazza
Laura polverino
arianna annunziata
Miriana Medaglia
Miryam Polidoro
ANNA CARANNANTE
Flavia Cozzolino
Angela Di Marzo
Nadia Frascadore
serena murolo
Denise Di Gennaro
daniela picascia
Elvira Romano
Serena Conte
conte claudia
Maria Grazia Zingone
maria.vigna
francesca de falco
Carmela Perillo
alessandra sorrentino
Brunella Casaretti
Luisa Masturzi
Roberta Bortone
Serena Elia90
Anna Carmela Capasso
Pezzella Vincenza
Martina Molino
Cristina Ambrosio
Carmen D'Alessio
luciana sollazzo
Milena Capasso
Votto Michelina
francescacella
Fabiola Mangini
edvige garofano
Alessandra Mavrokefalos
Chiara Di Mare
emiliana della gatta
VALERIAILLIANO
Marfella Valeria
veronicagiordano
Lucia Casaburo
erica caputo
valeria ottaviano
Noemi de Martino
ida errico
Chiara Verace
fabiola loffredo
maria giovanna toriello
anna di maggio
Antonia Manguso
frascogna domenica
Giulia Marciano
rosannapetrone
Chiara Di Napoli
RaffaellaPagano1990
Valentina Paolillo
Carmela Frascarino
Emilia De Blasio89
Rita Desiato
FLAVIA AGOSTINO
Aiello Raissa
Noemi Martuccelli
giuseppina tramo
Laura testa
Diana Autiello
maria11
Annamaria Bruno
Palma Napolano
miriam perrella
Orsola Cimmino
Rossella Ascione
Danila Cacciapuoti
Monica Miele
anastasia manzueto
Claudia Zuccoli
MarySalvati
Tommasina Cataldo
MARTINA MARFE'
LAURA BUONANNO89
maria pignata
Angela Ascanio
carmela migliaccio
Russo Livia Maria
Roberta Ingargiola
Antonella Camposano
maria84
Rita Esposito
luigia palumbo
Diana Emma
angela32
carmela aversano 88
Antonella Pagliaro
mariarescigno91
DE STEFANO ANGELA
raffaella piccolo
cavagnuolo giuseppina91
PAOLA MUSELLA
Daria Casolare
elisabetta.monto
Rita Gaita 1990
anna gemma buono1
Stefania Tufano
MIRIAM MUSTO
elena.scognamiglio89
rossellamaiorano91
valeriaminucci
simonaesp
Lucia Esposito
Baldascino Francesco
giusy armida
Baldascino Concetta
Imma Saviano
SERAFINA CILIENTO
antonia petrella
Antonella Russo
Ilaria cozzolino
ilenia medici
carmela accurso
Eleonora Cardella
maria riccardi 90
Antonella Pirozzi
Luisa Ratti
ASCIONE ANNARITA
eleonora daniele
Daniela D'urso
Irene De Vita
Sabrina Vitulano
Lùcia Pisapia
Rossella Palumbo
Melania castoro90
Maria Starace91
Brusini Rosa
Diana Maddalena
Marianna Romano
lucia schiano lomoriello
Fortuna Di Mauro
Cira Toscano
simona capasso
Fabrizia Nosso
Anna Bianco
nunzia apicella
viviana.imparato
filomena mosca
donatella tipaldi
Giovanna Di Francesco
Admin
297 partecipanti

    Prova intercorso (riapre a giugno)

    Serena Elia90
    Serena Elia90


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Serena Elia90 Dom Mag 13, 2012 3:39 pm

    Quando parliamo della disabilità è necessario riflettere su come l’ uomo si sia interrogato sull’ ‘eziologia’ in modo da controllare le conoscenze scientifiche acquisite, al fine di giungere ad una diagnosi piu’ precisa e rapida, così da applicare le terapie piu’ specifiche e idonee alla risoluzione del caso. E’ per questo motivo che nasce l’ OMS (1948- Ginevra), ‘Organizzazione Mondiale della Sanità’, che fonda le CLASSIFICAZIONI. La prima classificazione elaborata dall’ OMS è l’ ICD (1970), ‘Organizzazione Internazionale delle Malattie’ che concentra la sua attenzione sull’ eziologia, ovvero la patologia. Essa fornisce per ogni sindrome, o disturbo, una descrizione delle principali caratteristiche cliniche rispondendo all’ esigenza di cogliere la causa delle patologie. In questo caso diviene importante riflettere al momento della nascita di un bambino perché spesso si dà per scontato che un bambino appena nato sia in salute e quindi ‘normale’. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’ analisi dei dati secondo lo schema ‘Eziologia- patologia- manifestazione clinica'. La disabilità diviene così una vera patologia clinica. Quest’organizzazione, però trascurava il fattore delle relazioni personali e ambientali che influenzano, in maniera significativa, tutta la vita dell’ individuo e che, per questo, costituiscono due aspetti imprescindibili della salute e della malattia. Nel 1980 l’ OMS fonda una nuova classificazione: l’ ICIDH ‘International Classification of Impairments, Disabilites and Handicaps’, che sostituisce i termini ‘menomazione, disabilità ed handicap’(che si soffermavano in particolar modo sulle difficoltà della persona identificando l’ impossibilità di modificare le disfunzioni, le quali impedivano alla persona di condurre una vita normale) con le parole ‘menomazione, abilità e partecipazione’, questo significa dare piu’ attenzione alle capacità del soggetto e offrire allo stesso tempo un coinvolgimento sociale attivo. A tale scopo nasce l’ ICF (2001), la ‘Classificazione del Funzionamento, della Salute e della Disabilità’, che considera la disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Con quest’ultima si ha un cambiamento nel modo di concepire la malattia, l’ handicap, la menomazione che accompagnano l’ individuo lungo tutto il percorso della sua vita, in relazione all’ ambiente esterno e al contesto particolare in cui si trova a vivere. L’ ICF si prefigge come scopo quello di garantire condizioni di vita ottimali, in quanto l’ handicap non costituisce piu’ una situazione irreversibile, poiché un intervento puo’ sempre migliorare la situazione, anche se non puo’ cambiarla del tutto. Adesso i fattori biomedici non sono gli unici ad essere presi in considerazione perché vari studi medici hanno dimostrato, con successo, che l’ interazione sociale è indispensabile. Il vero cambiamento, in realtà, sta nel pensare a dare più importanza alla condizione di SALUTE (=essere tesi verso un equilibrio fisco, psicologico e spirituale) piuttosto che alla malattia, il BENESSERE, dunque, deve racchiudere tutti gli aspetti della vita umana, inclusi gli aspetti fisici, mentali e sociali. Questo passaggio modifica la visione complessiva dell’ uomo e del concetto salute-malattia. L’ ICF si allontana dal modello di pensiero tradizionale: l’ attenzione si sposta sulla globalità dell’ individuo nella sua componente biologica, psicologica e sociale. Nell’ ambito della disabilità Canevaro sosteneva che la scelta delle parole va fatta con ponderazione, perché utilizzare termini non consoni puo’ aumentare l’ handicap invece che ridurlo. Il termine ‘DISABILE’ ha valore dispregiativo dato che indica un soggetto che non è abile in qualcosa. In tal caso sarebbe piu’ appropriato utilizzare il termine ‘DIVERSABILITà’ in modo da esaltare delle diverse abilità del soggetto che vanno scoperte e potenziate. Inoltre emergono numerosi pregiudizi e stereotipi nei confronti di queste persone etichettati come “diversi”. La diversità porta alla costruzione di categorie, in tal modo la persona viene riconosciuta non piu’ nella sua unicità, bensì nella sua condizione di disabile. In questo caso è importante il riferimento al laboratorio sulla mappa degli stereotipi e sono giunta alla conclusione che è errato definire una persona ‘disabile’ , ‘handicappata’, ‘sorda’, ‘tetraplecica’; non bisogna avere un atteggiamento di pietismo oppure paura di qualcosa che non conosciamo, questo perché tutti siamo UOMINI, diversi solo ed esclusivamente nella nostra UNICITA’: “ Ricorda sempre che sei unico, esattamente come tutti gli altri” [cit.]. E’ necessario abbandonare pregiudizi e luoghi comuni, bisogna essere aperti alle novità perché queste sono persone che vogliono essere chiamate col proprio nome, essere riconosciute per quelle che sono e non per quello che non hanno: “Abbiate nuovi occhi per scoprire che, prima di tutto, io SONO” [cit.]. Le diversità non contano, anzi esse arricchiscono l’ essere della persona. Chi ha fede, chi ama incondizionatamente, chi ha la forza di sorridere anche nei momenti piu’ bui puo’ superare ogni situazione avversa. E’ Simona Atzori un grande esempio di resilienza, di vita.. la determinazione e il coraggio con cui affronta la sua esistenza è davvero un qualcosa di impressionante ed è la dimostrazione del fatto che sono quelle che noi definiamo diversità ad implicare dei limiti “presenti soltanto negli occhi di chi ci guarda”.
    E’ interessante come la professoressa Anna Maria Murdaca abbia preso a cuore questa questione così delicata. Infatti nel suo libro “Complessità della persona con disabilità”, il suo discorso si articola, in particolare, in tre aspetti molto importanti:
    -la rimodulazione del termine ‘integrazione’
    - la ricostruzione di una nuova cultura sulla disabilità
    - la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità.
    Ricostruire una nuova cultura vuol dire riflettere sulle norme che regolano e tutelano i servizi per agevolare i disabili, norme che purtroppo non sempre vengono applicate. Ripensando ai video visionati in aula è opportuno il riferimento al problema delle barriere architettoniche. Per un disabile la vita in città diventa sempre piu’ complicata: è inaccettabile l’ indifferenza dei cittadini che sono soliti parcheggiare automobili dinnanzi a scivoli dei marciapiedi.. oppure vedere come il personale di una metropolitana non svolge al meglio il proprio dovere. I macchinari delle metropolitane risultano fuori uso, le stazioni ancora non sono attrezzate per aiutare queste persone. Ma allora i disabili come fanno a svolgere attività che per noi risultano scontate? Riflettendo sulla mia giornata tipo mi rendo conto che un disabile al mio posto incontrerebbe numerose difficoltà anche per oltrepassare la porta d’ ingresso, figuriamoci per giungere all’ università. Ormai la tecnologia fa parte del nostro mondo, è difficile distaccarsi da essa, un mondo senza macchine, televisioni, cellulari e quant’ altro è impensabile. Ma perché in questo campo non si sono compiuti altrettanti passi di evoluzione? Ogni paese dovrebbe abolire la propria negligenza, andare l’ oltre l’ egoismo e la frenesia dei giorni per guardare quello che accade nel mondo e per far cio’ credo che sia indispensabile un educazione rivolta al cittadino per sensibilizzarlo al problema. L’ obiettivo, quindi, è mirato al riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione, per questo è indispensabile rimodulare l’ integrazione. Integrare vuol dire inserire una persona in un ambiente in modo da renderlo piu’ completo ed efficace, vuol dire anche ricercare il rapporto con l’ altro, con il diverso da sé dato che solo in questo mondo è possibile il miglioramento comune. Per ridefinire un progetto di vita per le persone con disabilità è necessario guardare alla GLOBALITA’ della persona, dirigersi verso l’ inclusione. La persona vuole essere riconosciuta a tutti gli effetti, deve essere valorizzata in tutti i suoi aspetti, vuole essere rispettata per la sua differenza, vuole avere un’ identità. Il contesto sociale influenza molto il disabile perché è quest’ ultimo che determina la condizione di handicap e a favorire il processo di esclusione e di emarginazione: la società, la famiglia, il contesto lavorativo, la scuola possono incidere sulla salute della persona in difficoltà questo perché, molto spesso non si conosce il modo migliore di approcciarsi. L’ integrazione deve essere rivolta in tutti gli ambiti della vita, per questo ‘non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione’, dato che i disabili sono persone che si caratterizzano per le loro capacita e non per quello che non sanno fare. Il disabile è persona, cittadino a pieno titolo con la sua storia. E’ necessario accompagnare i disabili verso una loro indipendenza, verso l’ emancipazione. Per realizzare questo progetto occorre ripensare l’ intera società con appositi spazi di formazione dove i soggetti hanno la possibilità di costruire la propria identità, utile per il raggiungimento della propria autonomia. . Il rapporto con l’ altro è fondamentale e tale rapporto comprende l’ educatore stesso che deve valorizzare al meglio le dotazioni individuali evidenziando le potenzialità, senza mettere in luce le sue mancanze. A questo punto è importante riflettere sulla RELAZIONE EDUCATIVA che può avvenire tra: madre-figlio, educatore-educando e docente-discente. Si ha un nuovo modo di pensare alla relazione che rinvia all’ idea di una grande famiglia perché essa raggiunge gli obiettivi prefissi attraverso un incontro, uno scambio di opinioni e di emozioni affettive, è un vero dare e ricevere da entrambe le parti. L’ educatore deve trasmettere qualcosa di positivo nelle relazioni che costruisce, una relazione che va coltivata, che nasce pian pino, giorno dopo giorno attraverso l’ ascolto, deve essere fortemente empatico e sensibile in modo da considerare i bisogni del soggetto, conoscere la sua emotività, le sue paure come quella di non farcela, di soffrire o di essere discriminato. Ciò permette di instaurare quel clima di fiducia e serenità, quel rapporto alla pari che fa sentire il soggetto a suo agio che a questo punto si sente libero di esprimere la sua opinione. L’ educatore deve, ancora, riconoscere i suoi sbagli, così come quelli dell’ educando, deve essere una guida che tiene per mano il disabile e che veglia su di lui per farlo sentire protetto e amato.
    Abbiamo detto che il contesto sociale influenza notevolmente la vita del soggetto, infatti la società inculca dei modelli anche sull’ immagine della donna, la quale sente il dovere di migliorarsi fisicamente per il bisogno di sentirsi bella. Remaury sostiene che la donna vuole essere a tutti i costi perfetta, come se giovinezza e bellezza fossero gli unici trend per non sentirsi fuori posto nel mondo. Sappiamo che il canone di bellezza varia a seconda dell’ epoca, oggi la magrezza, la taglia 42 sembrano essere gli unici standard di prfezione: quelle che non vi rientrano si sentono umiliate, brutte…. Lipovetsky sostiene che la donna è tesa verso modelli imposti dalla società, ossia verso un corpo sano, magro e giovane, libero dalla malattia, dal peso e dal tempo. Gli unici valori che contano sono l’ eterna giovinezza, la perfezione, la bellezza e la salute. Col tempo la donna diviene, come sostiene Rosi Braidotti, un mostro, dalle forme disumane. E’ opportuno far riferimento all’ anoressia. Molte giovani per sentirsi adeguate tentano in maniera drastica di dimagrire anche attraverso farmaci, senza mangiare oppure vomitando. La malattia stessa è diventata un modello estetico da seguire e da raggiungere a tutti i costi anche attraverso l’ uso della chirurgia estetica. A questo punto non puo’ piu’ esistere un corpo sano perché’ la magrezza incarna la malattia stessa, non puo’ dunque, esistere perfezione e bellezza. Perché ricorrere alla chirurgia estetica per sentirsi piu’ belle? Bisognerebbe pensare a chi ha seri problemi fisici, piuttosto che correre dietro modelli che portano all’ omologazione. Sono contro alla chirurgia nel momento in cui si vuole aderire ad un modello sociale, ma non quando è necessaria per risolvere deficit. Bisognerebbe accettarsi per quello che si è.. a cosa serve essere belli e perfetti se poi si è privi di valori? Gli stereotipi non ci rendono perfetti, basta essere se stessi perché ognuno a suo modo è perfetto nella sua unicità.
    Roberta Bortone
    Roberta Bortone


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 34

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Roberta Bortone Dom Mag 13, 2012 5:11 pm

    1)
    ICD è l’enciclopedia delle malattie o meglio, La Classificazione Internazionale delle malattie ,elaborata nel 1970 dall’OMS ,Organizzazione Mondiale della sanità.
    L’ICD ha lo scopo di fornire per ogni sindrome o disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche.
    Dieci anni più tardi l’ ICIDH va a sostituire l’ICD per valorizzare oltre gli aspetti fisici anche quelli psicologici. L’ICIDH non coglie la causa della patologia, ma l’importanza e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazioni.
    Poi nel 2001 si è passati a “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute” denominato ICF che pone al centro la qualità della vita delle persone affette da una patologia ,quindi ha come obiettivo migliorare l’esistenza del disabile attraverso ausili e tecnologia.
    Con l’ICF si aggiunge un altro fattore quello sociale (ambiti esistenziali, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità.
    A differenza con le due precedenti, l’ ICF ha riferimento a termini che analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.

    Parliamo di disabilità ma chi è il disabile?Chi è il diverso?
    Il DISABILE è cittadino a pieno titolo,quindi deve avere tutti i confort che gli spettano. Non dovrebbe esistere il problema di prendere un autobus,di salire ad un piano,di usufruire di un bagno pubblico,di entrare in un edificio(porta stretta, mancanza di una pedana ecc).
    Vi sono tante leggi,norme per la tutela della persona con disabilità, tante attrezzature ma meno della metà vengono messe in atto.
    Noi,persone "normali", nel quotidiano viviamo disagi,figuriamoci i disabili.
    C'è bisogno di sensibilizzare maggiormente la comunità e di adoperare in tutti i modi,in tutti i sensi norme e quant altro.
    Purtroppo il disabile
    viene percepito come diverso questo a causa dei pregiudizi degli altri che sono sani.
    Il pregiudizio talvolta non resta solo un pensiero, ma diventa azione: dallo sguardo si passa al comportamento… e da qui stigmatizzazione, emarginazione, isolamento, custodialismo, punizione.
    Ma che cos’è la diversità ? Essere fuori dalla norma???
    Ma quale norma? È estremamente difficile e delicata l’operazione dello stabilire sia la normalità sia la anormalità!
    Il diverso viene emarginato.
    Diverso da chi? Ovviamente diverso da me o da te, diverso dalle persone che incontriamo ogni giorno. Ognuno è diverso e quindi non normale rispetto all'altro. Ognuno infatti dentro di sé si sente normale nel modo di vestirsi, di comportarsi, di parlare e tante volte di vivere.
    Ecco che la normalità è soggettiva, per cui ognuno di noi ne ha una propria definizione. Bisogna ripensare alla società e senza venir meno alle difficoltà di coloro che hanno disagi; bisogna aiutare,agevolare il disabile.



    2)
    Anna Maria Murdaca è una docente e autrice competente sul campo della disabilità.
    Ella mira a rimodulare il termine integrazione attraverso il punto di vista di” chi è da integrare” e quello del “contesto che integra” .
    L’integrazione è basata sul rapporto con l’altro ,l’altro ed io; è un processo continuo.
    L’integrazione entra in una prospettiva umanistica: guardare alla globalità della persona. Nasce una cultura nuova della disabilità,attenta sia ad analizzare i temi del funzionamento,del comportamento e dell’assistenza del soggetto disabile ,sia sul riconoscimento della persona nella sua dimensione olistica.
    Una nuova cultura questa che ha lo scopo la valorizzazione della persona.

    3)
    Remaury e Lipovetsky affrontano i temi della bellezza,della salute e della giovinezza .
    Facciamo parte di una società che orienta alla perfezione,alla cultura dell’immagine specialmente la donna deve continuamente prendersi cura del corpo ,deve dirigersi con la scienza e altre discipline verso IL CORPO ESATTO . Vi è inoltre il IL CORPO TRASFIGURATO :immagine della perfezione corporea; ed il CORPO LIBERATO:corpo liberato dalla malattia,dal peso e dal tempo.
    Lipovetsky sostiene che la donna deve riuscire a gestire la propria immagine all’interno dei vari contesti e deve conquistare l’eterna giovinezza apparente.
    Quest’ultima ha affermato l’attività fisica come miglioramento del corpo ,ma la ricerca della bellezza spesso cade in mode,stereotipi da diventare malattie come l’anoressia,la bulimia. La magrezza eccessiva ha fatto diventare mostruosa la femminilità attraverso forme disumane.
    Parla di femminismo mostruoso Rosi Braidotti ,dicendo :ciò che accomuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità. Ed avere un corpo troppo magro non è normale ma anormale,diverso. Riflette anche sulla capacità della donna di deformare nella maternità il proprio corpo, che diventa per l’uomo allo stesso tempo madre e mostro, quindi qualcosa di orribile ma anche di affascinante.
    Braidotti parla di un corpo mostruoso, che definisce “corpo-macchina” sul quale la donna lavora attraverso un rapporto sempre più stretto con la tecnologia. La società ci vuole uguali,e si fa ricorso alla chirurgia per essere tutti simili ,tutti belli.
    Non sono favorevole alla chirurgia estetica ma quando sotto a un aspetto magari poco gradevole di alcune parti del corpo ci sono dei reali problemi allora si.
    Ma che cos’è la bellezza?
    La bellezza è qualcosa di soggettivo, “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”.
    E’ anche un ideale,un canone :più un viso è perfettamente simmetrico, più è bello... più un corpo è proporzionato, più è bello.
    avatar
    Luisa Masturzi


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Luisa Masturzi Dom Mag 13, 2012 6:20 pm

    1)Molto spesso si utilizzano parole nel campo della disabilità senza distinzione;queste invece sono molto importanti e vanno usate nel modo giusto, poiché contengono dei simboli. Confondere queste parole può essere un modo per aumentare l’handicap, invece di ridurlo. E’ ritenuto quindi importante formare delle classificazioni. La prima classificazione elaborata dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (oms) è l’ ICD del 1970 ossia la classificazione Internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali, che corrisponde alla necessità di cogliere la causa delle malattie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche.
    Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Per cercare di risolvere questo problema di definizione, l’ Organizzazione Mondiale della Sanità ,ha elaborato nel 1980 una classificazione internazionale detta ICIDH. Questa proposta dell’ oms si basa su tre elementi interdipendenti tra loro: la menomazione, la disabilità e l’handicap.
    -MENOMAZIONE: perdita o anormalità di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica.
    -DISABILITà: incapacità di svolgere determinate funzioni e compiti nel modo considerato “normale” per un individuo.
    -HANDICAP: disegno sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità.
    Nel 2001 l’oms pubblica il manuale di classificazione ICF che sta per “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. L’ICF è una classificazione sistematica, in quanto descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati. L’ ICD classifica solo le condizioni di salute ,malattia e traumi, l’ ICF invece pone al centro, la qualità della vita delle persone affette da una patologia e permette di evidenziare come convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla per arrivare ad un’esistenza costruttiva e serena.
    Adottando l’ ICF si accetta il diritto delle persone con disabilità,ad essere parte naturale della società stessa. In questo ambito è utile riflettere sulle parole:disabile e diverso.
    Il disabile è un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive e quindi una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità o dal loro diverso funzionamento.
    Questo termine dice però solo che a questo individuo mancano delle competenze, senza però affermare che egli possiede anche delle abilità. Il disabile ci fa paura perché è diverso da noi e questa sua diversità è concepita come non-normalità, ma la normalità è semplicemente considerata come ciò che rientra nel parametro generale, quindi è relativa e soggettiva. Il termine diversabilità sembra essere invece quello più giusto, perché mette in risalto, il fatto che la persona disabile oltre ad avere delle mancanze, ha anche delle abilità che sono diverse dagli altri.
    Molti tra barriere architettoniche e culturali, non riescono ad uscire dallo schema della compassione… Spesso i portatori di handicap vengono trattate come persone di un altro pianeta…Perché si è spinti da una compassione che non aiuta, ma ferisce. Atzori è ad esempio la dimostrazione che quello che sembra impossibile in realtà non lo è…e che superare le categorie fisse della propria mente, si può, basta volerlo…
    A volte il disabile è persino visto come “mostro”, come una persona inferiore e ritengo simbolico in questo senso il racconto di Harbert G. Wells, “Il paese dei ciechi”, dove i non vedenti si ritengono una razza superiore rispetto a chi è dotato della vista, tanto da considerarlo un mostro che per poter sposare uno di loro dovrà privarsi degli anormali organi, quali sono gli occhi.
    Grazie alla tecnologia, si possono recuperare oggi l’ uso di parti del corpo, attraverso le protesi. Di quest’ultime però nella società moderna ci si sta approfittando un po’ tanto, utilizzandole soprattutto per motivi estetici…
    2) Anna Maria Murdaca è l’autrice del testo “Complessità della persona e disabilità”. Secondo la Murdaca c’è bisogno di una nuova cultura e conoscenza della disabilità, che non si preoccupi soltanto di analizzare il funzionamento, il comportamento e l’assistenza al disabile, ma che sia anche attenta alla persona nella sua globalità…
    L’obiettivo è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. Il testo “Complessità della persona e disabilità”, mira alla rimodulazione del termine integrazione che è inteso come, un processo continuo e non un punto di arrivo, una continua ricerca di soluzioni, di strategie migliori a preservare i diritti dei disabili.
    Nessuno deve essere trattato per sottrazione, perché le persone disabili si caratterizzano per capacità e non per quello che non sanno fare. Inoltre non basta soltanto l’educazione classica, ma anche la “fantasia ermeneutica” dell’educatore che consente la crescita della persona in tutte le dimensioni.
    Il testo della Murdaca propone anche di ripensare ad una società con dei veri spazi di formazione per i soggetti disabili. Si pensa ad una comunità sociale che superi i limiti di una società che trascura spesso i soggetti disabili, perché il menefreghismo delle istituzioni aumenta la solitudine delle persone che vivono una disabilità.
    Nel testo si parla molto di relazione educativa. Quando una persona stabilisce una comunicazione con un’altra, con una finalità educativa, si dice “relazione educativa”, questa attraversa una serie di tematiche perché và dalla relazione familiare e quindi affettiva a quella scolastica e più propriamente formativa.
    Una relazione educativa è anche uno scambio di emozioni tra due o più persone, alla base vi è la volontà di costruire un rapporto predisponendosi all’accoglienza, all’ ascolto, per poter così costruire insieme un progetto di vita.
    L’ insegnante deve trasmettere le proprie competenze culturali e didattiche, ma non deve limitarsi alla classica lezione fatta di nozioni, date e eventi. Deve prima di tutto creare un clima sereno, coinvolgere l’alunno facendolo intervenire e facendolo confrontare con gli altri, con il rispetto e la stima per le sue opinioni. Per quanto riguarda la relazione educativa al disabile, l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile, cercando di portarlo su un piano di pari opportunità con i normodotati.
    L’insegnante deve decondizionare il bambino condizionato negativamente, cioè che si sente inferiore, attraverso delle strategie didattiche, una di queste è “la pedagogia del successo scolastico”, si tratta di non criticare le negatività, ma di esaltare le qualità del bambino.
    Lo scopo finale di questo lavoro della Murdaca, vuole essere quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere.

    3)Nella società moderna si ritiene che la bellezza, anche se “artificiale”, impreziosisca il proprio spirito, facendoci sembrare, persone migliori. Ecco perché negli ultimi anni cresce sempre di più il fenomeno della chirurgia plastica.
    Già nel mondo classico, vi era l’idea della bellezza, come si può vedere dai monumenti greci e romani, dove tutto è allineato e simmetrico, ma sicuramente non esisteva ancora l’ idea di andare dal chirurgo per ritoccare tutte le parti del corpo che non ci soddisfano. Questo pensiero della società moderna a mio parere negativo, nasce dal fatto che oggi si giudicano le persone per quello che appaiono e non per come sono dentro. Io credo che ognuno di noi debba fare sempre tutto per migliorare il proprio corpo, ma sempre nei limiti della naturalezza e semplicità.
    Remaury nel “Il gentil sesso debole” dice che siamo orientati tutti verso una corsa alla perfezione e che abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute. Con questo libro Remaury vuole portare alla luce tutto ciò che rafforza il rapporto di soggezione che fa dell’individuo uno schiavo del proprio corpo.
    Lipovetsky nel suo libro “La terza donna” racconta della donna come colei che gestisce la propria immagine all’interno dei molteplici modelli sociali. Un corpo secondo Lipovetsky è considerato libero e perfetto quando si svincola dalle minacce esterne.
    Rosi Braidotti nel testo “ Madri, mostri e macchine” si occupa della donna che capace com’è di deformare nella maternità il proprio corpo, diventa nell’immaginario maschile, qualcosa di orribile:mostro e madre al contempo.
    Tutte e tre questi riferimenti fanno riflettere sul tema del “mostro”, nei quali in tutte le sue declinazioni, compreso l’esser-donna, risiede la paura del diverso, dell’altro, dell’anomalo e quindi del non-umano.
    Brunella Casaretti
    Brunella Casaretti


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 16.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Brunella Casaretti Dom Mag 13, 2012 6:24 pm

    “Molte parole non sono mai indizio di molta sapienza”Talete.
    Ho scelto di iniziare da questa frase perché penso sia la più adatta per affrontare il discorso sulla scelta delle parole nel campo della disabilità.
    L’uomo ha commesso molti errori nel corso della propria vita,ha “strafatto” e “straparlato” talvolta senza neanche avvicinarsi al Giusto.La nostra intelligenza è stata artefice di molti errori perché ha spesso guardato dalla sua privilegiata e ristretta visuale scientifica che l’ha allontanata dall’Uomo.
    Le parole hanno un peso,ed è questo che stiamo provando a capire,che possono essere dardi se usate senza cognizione ed è bene,quindi,imparare ad usare la bilancia della senisibilità.

    Intorno agli anni Settanta del secolo passato il malato,il diverso erano visti come qualcosa di completamente parallelo alla normalità.
    In quegli anni nacque l’ICD ovvero la prima classificazione che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva fatto riguardo le malattie,una serie di “operazioni matematiche” che permettevano di classificare un individuo e la sua malattia in base a delle formule fisse contrassegnate da codici.
    Mi spiego meglio.
    Se un soggetto X presentava i sintomi Y,SICURAMENTE la causa delle sue PATOLOGIE sarà stata Z e la cura sarebbe stata uguale a tutti coloro che presentavano tali sintomi Y.
    Insomma una vera e propria “enciclopedia del malato” che rendeva tale anche la disabilità, eclissando l’esistenza di qualsiasi altra variabile nella cura del problema.
    Arriviamo agli anni Ottanta.
    Oltre ad essere un decennio famoso per la caduta del muro di Berlino,avvenuta nell’89,possiamo dire che nello stesso frangente,furono abbattuti altri muri,ovvero l’OMS ridefinì la classificazione internazionale delle malattie,che prese la sigla di ICIDH che sta per Classificazione Internazionale delle Menomazioni,Disabilità(incapacità,a causa di una menomazione,di svolgere determinate funzioni nel modo ritenuto “normale”)ed Handicap(ostacolo che impedisce a una persona con deficit di portare a termine una particolare attività),la quale vedeva questi tre aspetti come interagenti e tra loro inscindibili.
    In seguito queste tre parole verranno sostituite da: Menomazione(qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o una funzione psicologica,fisiologica o anatomica),Abilità e Partecipazione,dove l’ultima delle quali designa l’interesse verso il soggetto,e non solo verso il paziente,cercando quindi di captare le sue capacità nell’ambito sociale.
    Arriviamo ai giorni nostri,nel nostro secolo.
    Nel 2001 l’OMS ,rivisitando l’ormai vecchio ICIDH,pubblicò il manuale di classificazione ICF che sta per “Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute”.
    L’innovazione di questo manuale stava nella sua apertura,nel suo modo di guardare il soggetto interessato che si ha di fronte. Ci si rese conto che il disabile non poteva essere più collocato in un magro quadro di statiche variabili,le cui causa della disabilità dipendevano unicamente dal bagaglio genetico del soggetto.
    L’ICF nello studiare le disabilità considerava che questa fosse <<una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole>>,tale contesto,infatti,influisce sull’opportunità che ha il disabile di esprimere le proprie capacità.
    Così i termini caratterizzanti l’ICIDH sono sostituiti da: funzioni,strutture corporee,attività e partecipazione.
    Tutto questo ha comportato l’ampliamento della panoramica circa il disabile,puntando alla sua integrazione e alla sua valorizzazione in quanto individuo che vive a contatto con altri uomini.
    Altro obiettivo a cui bisogna puntare ,come ho accennato in principio,è fare chiarezza sulle parole.
    Le più importanti emerse in questo contesto e su cui ci siamo soffermati a lungo,sono:DISABILE e DIVERSO.
    Troppo spesso l’essere disabile consegue l’essere visto come un diverso(non accade sempre il contrario),questo perché siamo bombardati da stereotipi che quasi ci ottundono la mente e viviamo,inoltre,in una società che fa ben poco per lenirli,anzi,li accentua non progettando città e ambienti adatti a loro.
    Nel mio commento circa le “barriere architettoniche” e “L’orologio” ho proprio raccontato come per me sarebbe difficile anche solo recarmi all’università,e lì svolgere una giornata,se io fossi disabile e dotata di una sedia a rotelle.
    A tale proposito mi chiedo perché ci si riempie la bocca di discorsi impregnati di modernità quando neanche un pullman è adatto all’ingresso\uscita di un disabile.
    E’ poi inutile negare che,di prim’impatto,siamo tutti colpiti quando ne vediamo uno,e la sua disabilità diventa per noi un elemento che lo rende distinguibile dagli altri.
    Com’è anche stato detto,il disabile scopre la propria disabilità proprio nel confronto con gli altri e con il resto del mondo che lo circonda, più questi elementi saranno impreparati e inadatti a lui,più l’impatto con la “sua” realtà sarà duro.
    Il diverso,invece,è colui che,per noi,non rientra nell’ideale di “bello,alla moda,magro,alto,della stessa razza” e tanto altro…
    Il diverso dipende inesorabilmente da altri stereotipi che noi,giorno dopo giorno,nel nostro piccolo avalliamo.
    In un mondo ideale il diverso dovrebbe essere la nostra fonte di arricchimento,lo spunto per guardarci attorno e capire che non esiste solo il nostro modo di pensare,o che il nostro è l’unico giusto.
    Ciò che io ho scritto non lo rinnego,per me il diverso è l’Altro da me,perché non esistono cloni o fotocopie animate,esistiamo noi,ma l’importante sta nel capire che esistono gli altri e che noi senza di loro saremmo persi perché non avremmo stimoli per crescere!
    In un altro commento riguardo “la simulazione della città” ho anche detto che è estremamente difficile mettersi nei panni degli altri. Immaginare,simulare,sentire sono cose estremamente diverse dalla realtà;è così difficile mettersi nei panni dell’altro che mai potremmo sapere lui cosa pensa e prova quando subisce l’emarginazione in quanto ritenuto altro come sinonimo di diverso.
    Come resoconto possiamo dire che i primi ostacoli,per una convivenza naturale e spontanea
    dei disabili,siamo noi,la nostra società e la cultura di cui questa è figlia.
    Anna Maria Murdaca,docente e autrice di tematiche circa le persone con disabilità,tramite il suo testo “Complessità della persona e disabilita.Le nuove frontiere culturali dell’integrazione.”
    ha cercato di perorale la causa circa una reale integrazione dei disabili all’interno della nostra società,specificando che tutto ciò debba essere accompagnato da un nuovo modo di vedere e di vivere il disabile e sollecitando una maggiore attenzione alle realtà circostanti questo.
    Spesso noi crediamo di sapere,ma in realtà ci stiamo facendo suggestionare da alcuni nostri impliciti culturali errati.
    Quando vediamo una persona che non può camminare senza l’ausilio di un sostegno o di un vero e proprio mezzo di locomozione,crediamo che probabilmente non sia in grado di capire ciò che uno gli dice e per questo,e tanti altri motivi,siamo portati a provare verso di lui una grande tenerezza,che cade spesso in compassione.
    Il problema è proprio che siamo noi,come persone e come cittadini,a sottolineare e addirittura a creare l’handicap di quella persona.
    E a buona ragione l’ICF ha introdotto tra le variabili da considerare valide nella disabilità ,quella dell’ambiente.
    Quando una persona sulla sedia a rotelle non accompagnata perché “ABILE” a circolare da sola,non può scendere dal marciapiede mediante lo scivolo d’asfalto perché qualcuno ha parcheggiato l’auto davanti,chi gliel’ha creato l’handicap?(…)
    C’è poco da fare,ma noi non siamo pronti alle persone con disabilità,o almeno non lo siamo tutti purtroppo.
    Abbiamo alzato tra noi e loro delle mura mentali difficili da abbattere,poiché è troppo scarsa l’opera di sensibilizzazione che vi si fa a riguardo.
    Se io fossi disabile e mi trovassi di fronte ad un ostacolo, che in natura non sarebbe tale,ma effettivamente lo è perché così me l’hanno posto,sarei pervasa da un senso di rabbia inaudito.
    Ma quanti di noi riescono a capire che dietro la disabilità c’è una persona come noi,che ha le nostre stesse esigenze come: andare al bagno senza dover chiedere l’aiuto di nessuno,o andare a mangiare un gelato in un pomeriggio di sole,ricevere un’istruzione e un’educazione che gli consentano di proseguire gli studi fino a quando lo si desidera.
    Come dice A.M Murdaca “l’obiettivo è la valorizzazione della PERSONA” e non l’evidenziare la sua disabilità(aggiungo io).
    Altro ponte per giungere all’oasi dell’ integrazione è la CURA,voglio esprimermi a riguardo tramite un esempio: quando si ha una piantina e ci si accorge che questa ha il fusto che non la sorregge,chi sa come comportarsi,legherà vicino a quel fusto uno stecchetto,con pazienza aspetterà poi il momento in cui potrà togliere quel sostegno per vedere il fusto della piantina reggersi fiero e da solo.
    Che cos’è questo se non l’aver CURA?
    E’ fare le cose con amorevole (e non compassionevole) dedizione,aspettare poi il momento giusto per farsi lasciare la mano e vedere come il destinatario di tali cure,riesce poi a progredire da solo.
    Un educatore deve saper reinventarsi,dice Murdaca,abbandonare alle volte l’educazione classica,a vantaggio di un’educazione poliedrica che sappia acuire le abilità di chi si ha davanti.
    In tale modo il disabile per primo assumerà verso se stesso un atteggiamento differente,dettato quasi da una nuova scoperta di sé,con coscienza delle sue “forze resilienti”.
    Un disabile che avrà una migliore concezione di sé assumerà,di conseguenza, più sicurezza anche nelle relazioni con gli altri.
    Passiamo quindi a sottolineare l’importanza delle relazione educativa,la quale non avviene solo in ambito scolastico,ma anche in ambito familiare e in qualunque circostanza in cui ci sia un’interazione tra due o più persone.(si ritorna quindi anche al discorso sull’importanza dell’altro).
    La relazione educativa è tale quando c’è uno scambio e non quando una delle due parte alza un persistente muro; altre prerogative di questa sono lo scambio di emozioni e la capacità di saper chiedere aiuto,ma anche di capire quando una persona ne ha bisogno ma non sa chiederlo.
    E’ per questo che bisogna essere muniti di grande pazienza,perché così come si suol dire che “ Roma non è stata costruita in un giorno”,possiamo dire anche lo stesso per la relazione educativa,che può inizialmente presentarsi come ostica.
    Bisogna vestirsi di grande umiltà,saper fare silenzio e ascoltare,mettere a freno giudizi quando si entra in intimo contatto con una persona che affiancheremo nel suo percorso di crescita.
    “Cambiamento e l’intenzionalità”
    Due parole riportate nel manuale che fanno riferimento alla relazione educativa;
    IL cambiamento è qualcosa che ci accompagna dalla nascita,nessuno muore così com’è nato!!!
    Ma non è sempre un processo indolore,sia perché talvolta lo affrontiamo in maniera inconsapevole ,altre invece in maniera più cosciente,quindi intenzionale.
    Questo nostro cambiamento può anche trovare dei freni,forse proprio nell’ambiente circostante il cui giudizio ci inibisce e si riflette sulle nostre emozioni,ed è appunto per questo che Nanetti,nel testo,sottolinea l’importanza della competenza degli educatori,i quali devono essere dotati di comprensione,che però non deve scadere nell’eaccondiscendenza.
    Lo spirito,i sentimenti di una persona trovano limiti,inoltre,anche nel proprio corpo,che è pura materia(filosoficamente parlando) e a maggior ragione dobbiamo munirci della capacità di guardare attorno e attraverso le persone che ci sono davanti!
    Il corpo.
    Intorno questo,alle sue gambe,al suo giro vita,al suo petto,il suo naso e tutto il resto,girano le convenzioni,la moda,il tempo che passa inesorabile,la voglia di non doversi mai dire “Basta!”
    Ci sono tante persone che non si accettano e trovano conforto nella sicurezza di potersi modificare,senza pensare che il cambiarsi fuori non equivarrà per forza allo stare meglio con se stessi,ma potrebbe portare ad una incalzante insoddisfazione.
    Non voglio arrogantemente appropriarmi il potere di giudicare,perché so che ci sono persone per le quali cambiare è una necessità,ma “est modus in rebus”.
    I Latini dicevano “Mens sana in corpore sano”,forse non immaginavano che prima o poi questo continuo rincorrere il “corpore sano”(lasciando anni luce indietro la “mens sana”) avrebbe portato ad una vera e propria deformazione,a mò di blob,della bellezza.
    Oltretutto,facendo sempre riferimento ai nostri avi,il caro Luigi Pirandello oggi più di allora si sarebbe creato tanti di quei contorcimenti mentali osservandoci alla luce di quella lente che lui definiva “umorismo”.
    Autori come Remaury,Lipovetsky e Braidotti riflettono sulla bellezza,sul corpo e soprattutto circa il suo rapporto con la donna,soggetto più attivo nell’interazione cangiante con il corpo.
    E’ triste leggere ciò che loro pensano,a mio parere,ma non lo si può definire sbagliato.
    Il primo,con le parole giovinezza-bellezza-salute,ricalca la donna come nella continua ricerca di questi tre elementi che rappresentano l’acmè della soddisfazione.
    Una soddisfazione che trova,a mio parere,riscontri solo nei propri limiti e nei luoghi comuni di cui ci si rende schiavi.Non a caso la bellezza non è più qualcosa di soggettivo,ma ormai deve ruotare attorno a dei cardini fissi e non discostarsi dai loro raggi disegnati dall’assopimento delle menti,e dai media che ci marciano su,consci delle emulazioni che suscitano.
    Lipovetsky,invece,sembra voler dire qualcosa di meno distruttivo,ma io,leggendolo,mi sento irritata.
    Dire che la donna “è colei che controlla e gestisce la propria immagine”non è nulla di cui andare troppo fieri.
    Mi spiego meglio. Ad oggi noi donne non abbiamo l’opportunità di scegliere chi essere facendo riferimento a grandi personaggi contemporanei che incarnano virtù,intelligenza,pudore e conquista
    (fatte salve le proprie madri).
    Conscia di ciò,non posso analizzare in modo meno permaloso l’affermazione sopra citata.
    E con ciò non voglio designare un’impossibilità di riemergere in questo mare inquinato,anche perché è certo che donne o giovani donne con valori non mancano,ma bisogna collocare ciò che si dice nelle coordinate spazio-tempo,perché loro possono stravolgere tutto.
    Infatti si conclude dicendo che l’obbiettivo più prefissato è quello di raggiungere l’eterna giovinezza apparente,allontanandosi,quindi,sempre più da quel “Basta!” che ho voluto inizialmente citare.
    In ultimo,la Braidotti,quasi muove una provocazione partendo dall’immagine della donna madre in attesa che,deformando il proprio corpo,è vista dall’uomo come un vero e proprio mostro.
    Spinge allora le donne ad accostare la propria figura definita mostruosa anche alla tecnologia,dando vita ad un corpo macchina che rivolga le spalle ai tempi passati in cui la donna subiva l’immagine alla quale doveva sposarsi.
    Voglio concludere dicendo che ,secondo il mio parere,la donna (ma anche l’uomo) non riuscirà mai a “divorziare” dal “dover essere” e le sue immagini.
    Non viviamo in mezzo al nulla e non possiamo,almeno da fuori tramite il nostro corpo e le sue manifestazioni,differenziarci gli uni dagli altri.
    Ogni cultura detta leggi e mode silenti e non e noi tutti le indossiamo e,oltre a quella di dover essere AUTORIFLESSIVI,non abbiamo la facoltà di giudicare gli altri,soprattutto le altre culture,poiché ognuna ha i propri chiaro-scuro.
    alessandra sorrentino
    alessandra sorrentino


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 14.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  alessandra sorrentino Dom Mag 13, 2012 7:48 pm

    ESERCIZIO 1
    L'OMS è l'organizzazione mondiale della sanità ed ha elaborato varie classificazioni delle malattie.
    La prima classificazione è " la classificazione Internazionale delle malattie " o ICD.Dal 1970 risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie,fornendo per ogni sindrome e disturbo,una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche.Tale classificazione focalizza l'attenzione sull'aspetto eziologico delle malattie;le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, e l'analisi dei dati.Nel 1980 l'OMS elaborò un'altra classifcazione L'ICIDH sviluppata su tre fattori:
    1)menomazione
    2)abilità
    3)partecipazione ( attenzione sulle abilità del soggetto con disabilità non sulle sue possibilità,e per fare aumentare le sue capacità e possibilità di coinvolgimento sociale)
    La menomazione è una perdita o anormalità funzionale ad un settore specifico del nostro corpo che comporta una mancanza o un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo.La disabilità è la limitazione o perdita parziale/totale della capacità di svolgere una funzione .Nel momento in cui menomazione e disabilità causano una difformità tra l'efficienza e lo stato del soggetto,si parla di handicap.L'handicap è la difficoltà che la persona con disablità,affronta nel confronto con gli altri;il disagio sociale che deriva da una perdita di funzione o di capacità.Nel 2001 l'OMS elabora la terza classificazione l'ICF che considera la disabilità una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.L'ICF non classifica solamente condizioni di salute,malattie,disordini o traumi,che sono di interesse dell'ICD, bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute,la salute e gli stati di salute ad essa correlati e pone come centrale la qualità della vita affetta da una patologia .Permette ,quindi,di evidenziare come i disabili convivono la loro condizione e come sia possibile migliorarla.( Lab.Barriere Architettoniche )
    La nostra società non favorisce l'integrazione dei disabili.Pregiudizi,limitazioni strutturali,barriere architettoniche impediscono ancora a troppi disabili un'esistenza che sarebbe altrimenti soddisfacente.
    Molte città ,non godono di tutte quelle strutture necessarie ad agevolare la vita quotidiana dei disabili;marciapiedi adeguati,accessi per disabili nelle strutture pubbliche.
    Ad esempio,prelevare del denaro presso uno sportello bancomat può diventare una impresa impossibile.Non basta nascondersi dietro la mancanza di fondi;ciò che occorre è la volontà politica e economica di chi ci governa e una maggiore sensibilità di tutti noi.
    Spesso utilizziamo i termini " diverso " e " diasabile " come se fossero sinonimi ma non lo sono.
    Disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana,un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive,una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abiltà.Tutti siamo diversi, ma non disabili;la diversità può essere data dal colore della pelle,dall'appartenenza a religioni o etnie diverse può potare in alcuni casi all'emarginazione.(Lab.Emarginazione) Per capire meglio il problema dell'emarginazione in aula abbiamo affrontato una simulazione durante la quale la professoressa era un sindaco ed ha emarginato le ragazze con gli occhiali. Tutte le altre ragazze erano sedute e rappresentavano una città dove tutti i cittadini dovevano organizzare una festa. Io ero una cittadina e ho provato ne confronti delle ragazze emarginate un senso di tenerezza in quanto non avendo la possibilità di esprimere le proprie opinioni,risultavano escluse dalla simulazione. Questo accade spesso nella vita reale dove determinati individui vengono emarginati a causa della loro appartenenza a diverse etnie o religioni. Secondo me bisognerebbe porre più attenzone a queste persone dandogli la possibilità di esprimere le proprie opinioni.

    ESERCIZIO2
    Anna Maria Murdaca nel suo testo mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,alla rimodulazione del termine emarginazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita,quale ruolo possono assumere i soggetti disabili. Secondo Maria occorre abbandonae la logica dell'inserimento e dirigersi verso l'inclusione della globalità.
    -La nuova cultura della disabilità deve essere attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento,del comportamento del disabile,ma deve anche essere centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione.
    -Rimodulazione del termine integrazione l'ambiente ha un impotanza nella vita degli individui;è inteso come fattore contestuale determinante nel definire la disabilità,può essere una barriera o un facilitatore. Se parliamo di ambiente e persona dobbiamo parlare anche dell'integrazione del disabile in un determinato ambiente. L'integrazone è un processo continuo non un punto di arrivo,una continua ricerca di soluzioni,di strategie idonee a preservare i dirtti acquisiti dei disabili.
    -Elaborazone di una nuova relazione educativa (Lab. La Relazione Educativa) La relazione educativa è l'insieme dei rapporti sociali che stabiliscono l'educatore e coloro che egli educa,per andare verso gli obiettivi educativi,all'interno di una data struttura istituzionale,rapporti che possegono delle caratteristiche cognitive ed affettive identificabili che hanno uno svolgmento e una stora. L'educatore deve trasmettere qualcosa d positivo nelle relazione che costruisce arricchendole di conoscenze. Assolutamente necessario e fondamentale deve essere l rispetto reciproco tra l'educatore e l'educando. Vari sono gli esempi di relazoni educative:la più comune è quella tra madre e figlio,tra insegnante e allievo e tra educatore e educando.

    ESERCIZIO 3
    La società odierna impone sempre più degli steriotpi di belllezza e perfezione difficili da raggiungere. Autori come Remaury Lipovetsky e Braidotti affermano che la cultura dell'immagine,nella scala dei valori odierni e di primaria importanza quindi la donna ha il dovere di coltivare la sua femminilità migliorando il suo aspetto fisico ed estetico. Si cerca di cambiare il proprio corpo con protesi estetiche. (Lab. Protesi Estetiche) Molte donne ma anche molti uomini utilizzano protesi per migliorare il proprio corpo. Sono d'accordo se usate per una malformazione al viso,lesioni dovute ad incidenti,o nel caso di Pistorius servite per realizzare un proprio sogno quello di correre;non sono d'accordo se usate invece per imitare un modello televisivo. L' importante è mantenere una propria identità. Quindi perchè non accettarsi cosi come siamo e non renderci tutti uguali per piacere ad altri o per imitare un modello imposto dalla società?
    Carmela Perillo
    Carmela Perillo


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 17.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Carmela Perillo Dom Mag 13, 2012 9:45 pm

    1)L’OMS è l’organizzazione Mondiale della Sanità, la prima classificazione elaborata da essa è ICD cioè la classificazione Internazionale delle Malattie, che risponde all’esigenza di cogliere le cause delle patologie per fornire una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Tale classificazione focalizza l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia, le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Inoltre avvicina le disabilità alle patologie cliniche facendo dell’elenco un’enciclopedia medica, ma nelle successive classificazioni questa prassi verrà abbandonata. Per cercare di ovviare a questo problema di definizione l’Oms ha messo a punto ICIDH cioè l’International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps. Questa nuova proposta dell’Oms si basa su tre fattori integranti e interdipendenti tra loro: menomazione, disabilità e handicap che verranno poi sostituiti da menomazione, abilità e partecipazione.
    - Menomazione -> E’ menomazione qualsiasi perdita o anomalia a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Le sue caratteristiche sono perdite materiali o anormalità che possono essere transitorie o permanenti e comprende l’esistenza o l’evenienza di anomalie, difetti o perdite a carico di arti, tessuti o altre strutture del corpo. Inoltre essa rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e riflette i disturbi manifestati a livello d’organo. E’ infatti un danno organico o funzionale relativo ad uno specifico settore.
    - Disabilità -> Si intende per disabilità una limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di comprendere un’attività considerata normale. Quindi è l’incapacità di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti ritenuti normali per un individuo. Dunque la disabilità non è solo un deficit, privazione a livello organico e psichico ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali e architettoniche. Un esempio è la resiliente Simona Atzori che con la mancanza delle braccia è incapace di svolgere i compiti cosiddetti “normali” ma nonostante ciò Simona vive la vita nelle sue sfaccettature grazie alle sue gambe. I suoi arti inferiori sono stati la sua “salvezza” per vivere una vita serena … infatti lei ringraziava Dio per tutto quello che le ha dato .. vive la vita senza le sue braccia come un dono.
    - Handicap -> L’handicap è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri.
    Proprio tra i diversi laboratori abbiamo affrontato il tema dell’handicap esaminando una nostra giornata tipo .. capendo in questo modo quante barriere architettoniche un disabile potrebbe incontrare. Facendo questo esercizio io mi sono accorta che le barriere architettoniche nella mia giornata tipo sono numerose .. partendo dalle scale di casa mia che dividono la casa in due piani arrivando alle numerose scale che faccio per andare a prendere il treno. Inoltre in classe vedemmo un video .. guardando il filmato mi sono resa conto che le barriere per un disabile esistono un po’ ovunque. Queste barriere per me non dovrebbero esistere perchè come noi siamo liberi di andare dove vogliamo e fare quello che vogliamo anche per i disabili dovrebbe essere così!!!
    Il manuale di classificazione ICF è stato pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Salute e propone una definizione del concetto di disabilità multidimensionale. ICF sta per Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute. Secondo ICF la disabilità è una condizione di saluta derivata da un contesto sfavorevole. Essa è una classificazione sistematica che descrive le modifiche di salute di una persona e gli stati ad essa correlati, ma non si ferma alle condizioni di salute ma alle conseguenze associate alle condizioni di salute. La disabilità viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di esplorare. I termini menomazione, disabilità, handicap vengono sostituiti con funzioni, strutture corporee e attività e partecipazione. Tale classificazione considera qualsiasi disturbo funzionale associato alle condizioni di salute del corpo della persone e della società. L’ICF è stato introdotta perché le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica non erano giudicate sufficienti per avere il quadro funzionale della persona ed è stato ideato per essere usato con tutte le persone di qualunque età. Questa classificazione rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale, dell’istruzione, del lavoro ecc… Adottandola si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società stessa. La classificazione ICF suddivide le informazioni sulla salute della persona in due parti: Funzionamento e Disabilità; Fattori Contestuali. Nella seconda parte della classificazione rientrano i fattori ambientali che influenzano tutte le componenti del funzionamento e della disabilità. I fattori personali non vengono classificati in quanto possono essere diversi da soggetto a soggetto, da luogo a luogo. In questo caso è molto utile parlare di disabile e diverso. Il disabile è un soggetto con disturbi fisici o psichici che spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate. La disabilità può essere temporanea per cui può essere anche una indisposizione momentanea a differenza dell’handicap che non si può parlare di curabilità ma semplicemente di intervento per il miglioramento della vita di una persona. Il termine diversabilità mette invece in risalto anche le abilità diverse degli altri per questo è più corretto parlare di diversamente abili. La diversità porta la categorizzazione di certe persone in determinate categorie. Il diverso di solito non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società per questo il sentimento di diversità si accompagna solitamente alla sensazione di essere Altro. Il termine diverso lo abbiamo incontrato in una nostra simulazione. In questa simulazione c’era il sindaco che dettava le leggi .. una delle leggi era quella di “cacciare” fuori dalla città le persone con gli occhiali e quindi in città rimanevano solo le persone senza occhiali che dovevano organizzare una festa . Questo è un esempio di categorizzare le persone con caratteristiche diverse e far sì che si crea l’emarginazione -> restare fuori .. è un sentimento che secondo me nessuno dovrebbe provare.

    2)Il testo Complessità della persona e disabilità di Anna Maria Murdaca mira a tre punti: alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita. Secondo l’autrice occorre adottare l’ottica della globalità ovvero bisogna avere una nuova cultura e conoscenza della disabilità, attenta ad analizzare i temi del funzionamento, del comportamento e-o dell’assistenza del soggetto disabile ma bisogna essere anche centrati sul riconoscimento della persona in evoluzione. Infatti l’obiettivo è la valorizzazione della persona con il rispetto delle differenze e delle identità.
    L’integrazione è un processo continuo di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili. Nel parlare di integrazione si fa riferimento al valorizzare al meglio le dotazioni individuali. Quindi per integrazione si intende come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica e come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia,identità, potenzialità personali. Inoltre Murdaca introduce il concetto di cura di sé ossia una ridefinizione del proprio essere,in quanto la cura è vista come una continua emancipazione dei soggetti coinvolti alla realizzazione dell’uomo per ciò che è e per ciò che egli vuole diventare. Quando ella parla di integrazione fa riferimento alla relazione educativa.. Essa è uno spazio in cui il soggetto definisce se stesso avvicinando l’altro nel rispetto della sua distanza e differenza. In ogni relazione educativa si crea un legame complesso che si forma tra gli individui e si alimenta giorno per giorno. In essa è importante il dialogo che si deve basare sull’esprimersi e sull’ascoltare per questo ogni relazione è definita bilaterale cioè si deve dare e ricevere. Inoltre è importante anche l’approccio tra i “protagonisti” del legame che sia costante e che sia cucito tra le persone che ne fanno parte perché deve essere un rapporto alla pari e i luoghi che devono far sentire gli individui a proprio agio e devono essere diversi tra di loro. La relazione è formata da educatori e educandi .. essa attraversa diverse tematiche in base da come è formata, infatti può essere: relazione madre/figlio, docente/discente, mono-direzionale. I loro legami possono essere alcune volte in difficoltà o alcune volte affettive. In aula in uno dei nostri laboratori abbiamo fatto delle simulazioni di relazioni educative, questo per me è stato fondamentale perché ho capito come bisogna comportarsi(da educatore) in un setting.

    3)La cultura dell’immagine nelle donne si confonde con quella della bellezza e per questo che la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. Il suo miglioramento fisico ed estetico è l’adempimento dei suoi bisogni che sono stati suggeriti e imposti dalla stessa società.
    Remaury nel Il gentil sesso debole dice che le donne sono orientate e dirette verso una corsa alla perfezione quindi hanno un triplice obiettivo giovinezza- bellezza- salute. Egli parla di tre corpi che portano nella loro mutazione alla perfezione: Corpo trasfigurato -> è legato all’immagine della perfezione corporea, cioè il corpo deve ascendere la scala della perfezione grazie ai progressi della scienza. Corpo esatto -> compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza e ad altre discipline ed è il modello dominante. Corpo libero -> lo è dalla malattia, dal peso e dal tempo, obbligatoriamente perfetto.
    La liberazione de la Terza donna celebrata da Lipovetsky nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati. I tre valori che la donna deve scegliere per lui sono eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale. Il controllo della propria immagine conduce la donna verso il corpo realizzato ovvero la conquista di un corpo perfetto in quanto prodotto dal lavoro su se stessa attraverso il conseguimento di bellezza e salute. Secondo Lipovetsky la donna ha raggiunto una fase positiva basata sull’apparente acquisizione di grazia. La teoria della maturità positiva della donna la fa venire fuori come colei che controlla e gestisce la propria immagine all’interno della variegata offerta di modelli sociali. Il limite di questa maturità è la convinzione che la donna si identifichi in qui determinati modelli.
    Rosi Braidotti collega il corpo a qualcosa di immateriale … nel suo libro Madri mostri e macchine ha parlato e criticato il corpo della donna in divenire perchè va in contro ad un processo di metamorfosi quando essa è in attesa di un bambino. Questo corpo appare dinanzi agli occhi degli uomini come Mostro-Madre perché con la maternità la donna si deforma e viene vista orribile. Per questo motivo la Braidotti propone il corpo-macchina ovvero che la donna grazia ad un rapporto più stretto con la tecnologia determina la nascita di un nuovo corpo femminile.
    Di questi argomenti trattati dagli autori Braidotti, Remaury e Lipovetsky ne abbiamo parlato anche in uno dei nostri laboratori definendo che lo sviluppo della tecnologia ha portato la nascita delle protesi per miglioramenti del corpo e quindi della vita di un disabile. Ma molto spesso la tecnologia non è ricorsa solo alla disabilità ma anche all’esteticità come affermato dagli autori prima. Si è ricorsi alla tecnologia per la propria esteticità perché c’è un disprezzo del proprio corpo che tende a modificarlo per raggiungere il proprio ideale di bellezza dettato e imposto dalla società e dai media, infatti questi mutamenti sono cambiamenti che riguardano il corpo ma anche il pensiero dell’uomo portando così un cambiamento di immagine che l’uomo ha di se e degli altri.
    avatar
    francesca de falco


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 14.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  francesca de falco Lun Mag 14, 2012 9:29 am

    1)La prima classificazione elaborata dall’organizzazione mondiale della sanità è ICD stabilito nel 1970 che risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie fornendo per ogni disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche.Tale classificazione focalizza l’attenzione sull’aspetto delle malattie , le malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione , la ricerca e l’analisi dei dati. Inoltre avvicina le disabilità alle patologie cliniche facendo dell’elenco una sorta di enciclopedia medica . I termini principali dell’ICD sono: 1)menomazione, 2)disabilità, 3)handicap.
    LA MENOMAZIONE è qualsiasi perdita a carico di una struttura o di una funzione psicologica , fisiologica o anatomica. Rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e in linea di principio riflette i disturbi manifestati a livello d’organo , infatti è un danno organico e funzionale relativo ad un settore specifico. La menomazione come danno organico è una disfunzione che comporta una mancanza come non esistenza o un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo o una qualsiasi perdita a carico di una struttura o di una funzione.
    Per DISABILITà si intende qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un attività nel modo considerato normale per un essere umano. Disabilità in una prospettiva più ampia è qualsiasi restrizione o carenza della capacità di svolgere una attività nei modi e nei limiti ritenuti normali per un essere umano ,ossia l’incapacità di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti.
    L’HANDICAP è una difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto con gli altri , il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità .
    Mentre il manuale di classificazione ICF è stato pubblicato dall’organizzazione mondiale della sanità nel 2001 e propone una definizione del concetto di disabilità multidimensionale e dalla portata innovativa rispetto alle precedenti classificazioni. L’ICF è una classificazione sistematica che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati, per L’CF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole e viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di espletare e non più una condizione soggettiva.
    I termini rispetto all’ICD cambiano e sono: 1)funzioni, 2) strutture corporee, 3)attività e partecipazione. L’ICF è descritto dall’ OMS come un linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione degli stati a essa correlati . E’ bene spiegare che L’ICF non classifica solo condizioni di salute , malattie , disordini o traumi che sono d’interesse dell’ICD , bensì le conseguenze associate a condizioni di salute. Inoltre rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale , gli ambiti in cui può essere utilizzato L’ICF sono:
    -sanitario, sociale, educativo, ricerca , politica e sanitaria.
    Infine si ritiene molto utile una riflessione sulle parole “disabile” e “diverso” . Partendo dalla definizione di disabile possiamo dire che è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana , una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità “RICORDA CHE SEI UNICO ESATTAMENTE COME TUTTI GLI ALTRI”.
    Invece il termine diverso mette in risalto oltre che una dis-abilità anche delle abilità diverse dagli altri da scoprire far emergere e potenziare. Inoltre la diversità porta alla categorizzazione cioè alla collocazione di certe persone in determinate categorie però una cosa importante è che il diverso di solito non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società suo malgrado.
    A questo argomento si può collegare il laboratorio “OROLOGIO /BARRIERE ARCHIDETTONICHE dove si riflette proprio sulle difficoltò che un disabile dovrebbe svolgere le attività della nostra vita personale dove io ritengo inutile descrivere la mia giornata tipo perché se ci penso mi rendo conto che un disabile troverebbe mille difficoltà dallo scendere le scale visto ke manca l’ascensore, dal prendere i mezzi visto che fuori la fermata non c’è nessun aiuto per un disabile ma soprattutto dal lavoro ke svolgo visto ke insegno in una piscina e credo che un disabile avrebbe mille difficoltà.
    Un altro laboratorio che può essere associato è quello della “MAPPA DEGLI STEREOTIPI” dove diverso , mostro, disabile tutte parole che se analizzate hanno lo stesso significato e quella che mi ha fatto pensare di più è DIVERSO e mi domando perché esiste questa parola? Noi possiamo essere diversi nel vestire nel ragionare ma non si può associare alla parola diverso una persona con difficoltà.


    2)ANNA MARIA MURDACA mira alla:
    -rimoducazione del termine integrazione
    -ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    -alla comprensione delle reali condizioni di vita
    Inoltre la murdaca si sofferma su tematiche molto importanti che mirano ad un nuovo modo di relazione educative e sono:
    1)rilettura dell’handicap: dove sottolinea che l’handicap è la condizione di svantaggio conseguente a una menomazione e a una disabilità che un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età , al sesso, e ai fattori socioculturali.
    L’handicap si manifesta in una compromissione della capacità di sostenere quelle che possono essere definite funzioni della sopravvivenza. E’ il contesto sociale a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione.
    2)L’ambiente : L’ICF sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui che possono influenzare lo stato di salute . La famiglia si dovrebbe liberare quanto prima dal senso e dalla percezione di impossibilità di miglioramento della situazione psico-fisica di un figlio o una figlia disabile. Anche gli insegnanti dovrebbero imparare a guardare oltre la scuola che rappresenta un canale importante ma che può anche contribuire a sviluppare una buona integrazione e buone capacità e competenze dell’alunno disabile.
    3)La persona : “che cosa c’è in un nome ?quella che noi chiamiamo rosa , anche chiamata con un’altra parola avrebbe lo stesso odore soave” . Il testo complessità della persona e disabilità mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità , alla rimodulazione del termine integrazione alla comprensione delle reali condizioni dii vita , quale ruolo possono assumere i soggetti disabili e quali sevizi vengono erogati per le loro esigenze. L’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo , una continua ricerca di soluzioni , di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili , rivoluzionari solo a parole mentre obsolete nella pratica.
    4)Lo spazio : sono necessarie misure di sostegno pedagogico sociale sanitario legislativo per risvegliare le coscienze disponibili e il nuovo scenario è:
    -accoglimento, luogo di quel profondo sapere esistenziale in cui il soggetto definisce se stesso avvicinando l’altro nel rispetto della sua distanza e differenza. In realtà Murdaca si riferisce a collegare continuamente le esperienze che il soggetto quotidianamente affronta con il suo fare alla biografia emotiva/affettiva e come tale collegamento diventi poi struttura stabile è utile sia per una diagnosi clinica funzionale quanto per sottolineare l’importanza delle precocità degli interventi multidisciplinari. Infine è utile sottolineare la nuova politica socio-educativa che consiste in :
    -INTEGRAZIONE
    -DIFFERENZIAZIONE
    -PERSONALIZZAZIONE e ci interessano i:
    -contesti di apprendimento
    - le strategie
    -gli ausili , anche alternativi
    -la costruzione della conoscenza.


    3)Analizzando il testo di Remaury possiamo dire che la cultura dell’immagine delle donne si confonde con quella della bellezza , la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarle. Diverse indagini hanno dimostrato che alle persone con un aspetto giudicato attraente vengono attribuite anche presunte virtù interiori come onestà , bontà , gentilezza .
    Remaury afferma che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione , abbiamo un triplice obiettivo : giovinezza-bellezza –salute. Il corpo trasfigurato è legato all’immagine della perfezione corporea , in pratica il corpo deve ascendere faticosamente la scala della perfezione grazie ai progressi della scienza. Il corpo esatto compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza e altre discipline ed è il modello dominante , mentre il corpo liberato lo è dalla malattia , dal peso e dal tempo perfetto.
    La liberazione de “la terza donna” nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati e per questo è obbligata dal sociale a percorrere una delle strade possibili verso il corpo perfetto. Il controllo della propria immagine conduce la donna verso il corpo realizzato.
    Lipovetsky nel suo libro ha raggiunto una fase positiva della donna , la fa venire fuori come colei che controlla e gestisce la propria immagine all’interno della variegata offerta dei modelli sociali. Il limite di questa maturità positiva è la convizione che la donna si identifichi in quei determinati modelli. Infine abbiamo Braidotti he si oppone all’inflazione discorsiva intorno alla materia corporea perché va ripensato il rapporto corpo-mente . La braidotti critica il divenire donna di Deleure caratterizzato da un movimento potenziale che permette di sottrarsi ai discorsi dominanti per sfuggire alle identità definite socialmente. Secondo la braidotti è solo il segno di trasformazioni in atto e consiglia una asimmetrica tra i sessi riappropriandosi del pensiero della differenza.
    Un laboratorio svolto in classe è inerente a questo argomento ossia quello sulle PROTESI : io ritengo che la bellezza non è nel viso ma nel cuore ,tutti parlano di bellezza esteriore sottovalutando che la vera bellezza è dentro di noi , nei gesti che facciamo , nelle scelte di vita che prendiamo e nella voglia di aiutare qualcuno , questa è la vera bellezza e di fronte all’argomento delle protesi io nn sono molto d’accordo proprio perché una persona non può negare l’evidenza anche se è giusto che se una persona sente il bisogno perché in quel modo si sente migliore allora è giusto che sia così.
    maria.vigna
    maria.vigna


    Messaggi : 21
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 34
    Località : boscotrecase

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Prova intercorso!

    Messaggio  maria.vigna Lun Mag 14, 2012 10:14 am

    1)Come abbiamo potuto constatare nelle varie lezioni del corso, ad ogni parola dobbiamo dare il giusto peso per non cadere in errore e soprattutto per non ferire ingiustamente qualcuno. Spesso, l’errato utilizzo delle parole, può aumentare anziché diminuire l’handicap. Proprio per questo motivo l’Oms(Organizzazione Mondiale della Sanità) ha elaborato una classificazione internazionale delle malattie, conosciuta con l’acronimo ICD, in modo da fornire per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle caratteristiche cliniche principali. Questa classificazione pone l’attenzione sulle cause della malattia e le diagnosi vengono tradotte in codici numerici in modo da rendere possibile la memorizzazione la ricerca e l’analisi dei dati. Durante il corso ci siamo occupati in particolare della persona con disabilità ed è stato chiarito che la persona disabile non è una persona diversa come la maggior parte delle persone crede. E’ bene fare una distinzione fondamentale: quella tra MENOMAZIONE,DISABILITA’ E HANDICAP
    -MENOMAZIONE: si intende per menomazione qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche. La menomazione è caratterizzata da perdite o anormalità che possono essere transitorie o permanenti e comprende l'esistenza o l'evenienza di anomalie, difetti o perdite a carico di arti, organi, tessuti o altre strutture del corpo, incluso il sistema delle funzioni mentali. La menomazione rappresenta l'esteriorizzazione di uno stato patologico e, in linea di principio, essa riflette i disturbi a livello d'organo.
    -DISABILITA’: si intende per disabilità qualsiasi restrizione o carenza (conseguente ad una menomazione) della capacità di svolgere un'attività nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano. La disabilità é caratterizzata da scostamenti, per eccesso o per difetto, nella realizzazione dei compiti e nell’ espressione dei comportamenti rispetto a ciò che sarebbe normalmente atteso. Le disabilità possono avere un carattere transitorio o permanente ed essere reversibili o irreversibili, progressive o regressive. Le disabilità possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione del soggetto, specialmente da un punto di vista psicologico, a una menomazione e come tale riflette disturbi a livello della persona.
    -HANDICAP: si intende per handicap una condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita e impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio. L'handicap riguarda una situazione o esperienza individuale quando essa si scosta dalla normalità. Esso è caratterizzato dalla differenza tra l'efficienza o lo stato del soggetto e le aspettative di efficienza e di stato sia dello stesso soggetto che del particolare gruppo di cui egli fa parte. L'handicap rappresenta le conseguenze culturali, sociali, economiche e ambientali che per l'individuo derivano dalla presenza della menomazione e della disabilità. Lo svantaggio proviene dalla diminuzione o dalla perdita della capacità di conformarsi alle aspettative o alle norme proprie dell'universo che circonda l'individuo.
    Spesso queste parole vengono utilizzate come sinonimi, specialmente deficit e handicap, e ciò comporta delle gravi conseguenze come ad esempio quella di considerare che tutti coloro che sono colpiti da qualche deficit non sono uomini come tutti gli altri oppure quella di considerare l’handicap come un problema riservato a chi è colpito da un qualche deficit. I termini sopraindicati furono poi sostituiti da menomazione, abilità e partecipazione e ciò comportò una maggiore attenzione alla persona disabile vista non più come un emarginato ma come una persona con delle capacità che deve essere coinvolta nella società. Il 22 maggio 2001 l’Oms giunge alla stesura di una nuova classificazione “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF. L’ICF si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. Tramite l’ICF si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale e mettere in luce l’individuo non solo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità. Anche qui i termini appartenenti alla precedente classificazione, menomazione disabilità e handicap, vengono sostituiti da funzioni , strutture corporee e da attività e partecipazione con lo scopo di porre più attenzione alle capacità del soggetto. Questa nuova classificazione è davvero innovativa in quanto a differenza delle precedenti classificazioni (ICD e ICIDH), dove veniva dato più spazio alla descrizione delle malattie dell’individuo, ricorrendo a termini come malattia, menomazione ed handicap (usati prevalentemente in modo negativo, con riferimento a situazioni di deficit) nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento a termini che analizzano la salute dell’individuo in modo positivo (come funzionamento e salute). Inoltre questa classificazione è uno strumento importante per gli operatori sanitari e dei settori dei servizi sociali, dell’istruzione ecc.. poichè adottandolo si accetta il diritto delle persone con disabilità ad essere parte integrante della società. Durante il corso abbiamo poi riflettuto sulle parole disabile e diverso: attraverso varie lezioni abbiamo approfondito questo argomento e grazie ai commenti lasciati sul forum ho potuto riflettere su queste due parole che sembrano così simili ma che sono del tutto diverse. Il disabile è colui che è impossibilitato a svolgere le normali attività quotidiane, è una persona caratterizzata da mancanza o diverso funzionamento di abilità oppure è una persona affetta da disfunzioni motorie e/o cognitive. La disabilità diventa un’etichetta. Esistono però persone con disabilità che non si sentono tali e a questo proposito possiamo ricordare la Atzori e Pistorius, due grandi esempi di resilienza, ognuno con la sua storia, ma entrambi accomunati dalla forza di volontà che li spinge ad andare avanti e a volere sempre di più da loro stessi e dalla propria vita nonostante le difficoltà che le loro menomazioni comportano. Nel testo “handicap e pregiudizio” Lascioli, afferma che l’handicap si esprime con gli atteggiamenti di emarginazione ed esclusione nei confronti dei diversi è come se si volesse chiudere in un cerchio chiuso questa categoria. Questa sensazione di emarginazione l’ho provata io stessa durante una simulazione in classe propostaci dalla professoressa: tutte le persone con gli occhiali dovevano alzarsi e mettersi in disparte mentre il resto della classe parlava con la prof. Io facevo parte del gruppo degli emarginati e devo dire che la sensazione di stare in disparte e di non essere presa in considerazione pur parlando è stata davvero sgradevole. In questo modo ho avuto occasione di capire cosa prova una persona disabile che viene emarginata solo per i pregiudizi e gli stereotipi degli altri.
    2)Anna Maria Murdaca, docente e autrice esperta in questioni relative la persona con disabilità, scrive il testo “Complessità della persona e disabilità”. In questo testo fa emergere temi come l’integrazione, la cura della relazione educativa, la complessità e umanità della persona disabile, l’inserimento del disabile, l’ambiente, la globalità della persona ecc… e punta alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita del disabile. La Murdaca sostiene che bisogna abbandonare la logica dell’inserimento (legge 118 del 1971)per dirigersi verso l’inclusione e bisogna quindi adottare la prospettiva della globalità. L’autrice si sofferma molto sul termine handicap sostenendo che questa è la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione e che il contesto sociale gioca un ruolo determinante sulla condizione di handicap in quanto sono proprio le barriere architettoniche, culturali e soprattutto mentali a favorire emarginazione e esclusione. Inoltre, l’ambiente, può svolgere il ruolo sia di facilitatore che di barriera in quanto se prima la famiglia e poi la scuola attraverso gli insegnanti riuscissero a liberarsi dall’idea che il figlio non possa migliorare e a guardare oltre la scuola e quindi a trasferire le capacità della persona disabile anche fuori dalla scuola, allora anche l’ambiente cambierebbe il significato che attribuisce all’handicap poiché questo è un fenomeno sociale. Si intuisce quindi che il testo della Murdaca vuole puntare alla valorizzazione della persona e all’integrazione che è un processo continuo che deve servire appunto a valorizzare quanto più è possibile le doti individuali. Per quanto riguarda l’idea della cura bisogna tenere presente che in quest’ambito è inteso come inerente all’azione educativa, cioè cura come aiuto nei confronti della persona con disabilità per far sì che ci sia un riscatto da parte sua. Ed è proprio qui l’innovazione, non si accudisce più la persona con disabilità ma si aiuta ad andare verso l’emancipazione e proprio qui entra in gioco l’educatore che aiuta il disabile a sperimentare alcune situazioni per elaborare delle opportunità educative in modo che lui possa eliminare qualsiasi disagio e ripensare a cosa può fare grazie alle sue capacità. La relazione educativa è un incontro umano e come tale è educativo poiché nell’incontro ci si scambia sempre qualcosa, è uno scambio alla pari. Questa può avvenire anche tra madre e figlio, docente e discente, educatore e educando, e proprio in classe simulammo l’incontro tra un educatore e una madre in difficoltà; l’educatore in questo caso fu’ molto disponibile e pronto a capire chi aveva di fronte, quali erano le sue difficoltà senza fermarsi alle apparenze e questo è stato utile per mettere a proprio agio l’educando. Da questa simulazione ho capito che è importante stabilire una situazione di rispetto reciproco e predisporsi sempre all’accoglienza e all’ascolto.
    3)Attraverso i media veniamo bombardati da figure di donne e uomini perfetti, con fisici statuari, senza un piccolo difetto e ci lasciamo incantare da tutto ciò sperando di poter un giorno migliorare il nostro corpo e farlo avvicinare ai modelli che la tv vuole imporci. Cerchiamo in tutti i modi di avvicinarci a questi standard e spesso lo si fa attraverso l’uso della chirurgia estetica e proprio su questo argomento abbiamo riflettuto durante una lezione. Io credo che sia assurdo che ridursi a modificare, a stravolgere il nostro corpo per poter somigliare a qualcun’altro. Purtroppo siamo troppo deboli e ci lasciamo incantare da quella falsa bellezza e da quella finta perfezione che vogliono imporci a tutti i costi. La cosa che più trovo paradossale è che si abbandona in questo modo l’idea della chirurgia estetica come rimedio nei casi di seri problemi fisici o di salute per passare all’idea della chirurgia estetica utilizzata per capriccio. Io sono per quel tipo di chirurgia che aiuta le persone a sentirsi meglio con se stessi solo nei casi in cui ce n’è veramente bisogno e nel forum riportai il caso di Aicha una ragazza di 16 anni che era stata condannata da un giudice del suo paese all’amputazione di naso e orecchie perché aveva provato a scappare dalla propria casa dove veniva trattata come una schiava. Fortunatamente è stata aiutata dall’associazione Women for Afghan Women che le hanno restituito la dignità facendola sottoporre ad un intervento e ora può mostrare il proprio viso senza vergognarsi. Come possiamo constatare ogni giorno, sono sempre più le donne ad essere viste come coloro che devono a qualunque costo coltivare la propria bellezza. Remaury nel “Il gentil sesso debole” sostiene che siamo sempre diretti verso una corsa alla perfezione e che abbiamo un triplice obiettivo : giovinezza-bellezza-salute. Coloro che non riescono ad adeguarsi a tutto ciò finiscono con il sentirsi umiliate perché non riescono a rientrare in questi standard. Lipovetsky nel suo libro “La terza donna” ha raggiunto una fase più positiva della bellezza vista come acquisizione di grazia. In questo modo mette da parte la sottomissione della donna ai modelli che la società offre e elabora il suo cammino verso un corpo perfetto affermando che la donna di oggi, ossia la terza donna come la chiama lui, è riuscita a raggiungere la perfetta bellezza attraverso, come dicevo prima, l’acquisizione della grazia. Braidotti invece in “Madri mostri e macchine”, esamina il rapporta che si crea tra corpo e mente affermando che c’è una grande differenza i due sessi sia sul modo di pensare sia per l’approccio alla cultura. Analizza anche il rapporto corpo-macchina dove il corpo è un corpo trasformato che diventa per questo mostruoso, come ad esempio la donna durante la gravidanza trasforma il proprio corpo e viene vista dall’uomo come madre e mostro allo stesso tempo. A mio parere ognuno dovrebbe accettarsi, anche se spesso risulta difficile, così come si è con tutti i pregi e tutti i difetti perché siamo belli anche nella nostra imperfezione. La bellezza è negli occhi di chi guarda.
    Maria Grazia Zingone
    Maria Grazia Zingone


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 34

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty prova intercorso

    Messaggio  Maria Grazia Zingone Lun Mag 14, 2012 11:43 am

    ESERCIZIO 1
    Per OMS si intende l’Organizzazione Mondiale della Sanità,ha elaborato la prima classificazione nel 1970 ossia “la classificazione internazionale delle malattie o ICD” che si occupa di cogliere la causa delle patologie fornendo per ogni sindrome,la descrizione delle principali caratteristiche cliniche fondate sull’aspetto eziologico delle malattie.Le diagnosi verranno tradotte in codici numerici che renderanno possibile la memorizzazione,la ricerca e l’analisi dei dati.Nel 1980 l’OMS ha messo a punto una classificazione internazionale chiamata ICDH basata su tre fattori molto interdipendenti tra loro.I termini sono menomazione,disabilità e handicap che poi verranno sostituiti in seguito da:menomazione,abilità e partecipazione.
    LA MENOMAZIONE: è una perdita o anormalità a carico di una struttura fisiologica,anatomica o psicologica;per menomazione si intende un danno organico che comporta un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo;la menomazione viene contraddistinta per una qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione del corpo umano.
    LA DISABILITA’:viene intesa come limitazione o perdita della capacità di compiere un’attività.Si fonda sull’incapacità di svolgere determinate funzioni.
    L’ HANDICAP:è inteso come svantaggio vissuto da una persona a seguito di disabilità o menomazione.L’handicap è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confrontandosi con gli altri,il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità.Nel linguaggio comune deficit e handicap vengono assimilati l’uno all’altro.Ciò comporta due gravi conseguenze:
    -considerare handicap un problema solo persone che hanno deficit
    -pensare che coloro che convivono con qualche deficit non sono uomini uguali a tutti ma si fanno delle differenze,pensiero rafforzato dall’utilizzo del termine dispregiativo handicappati.
    L’ICF,è il manuale di classificazione che è stato pubblicato dall’OMS,organizzazione mondiale della sanità nel 2011.Secondo la classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute (ICF), la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.
    L’handicap è un ostacolo che impedisce a una persona con deficit di portare a termine una determinata attività.
    I disabili non sono gli unici a essere diversi,noi tutti siamo diversi,non siamo persone uguali,ognuno di noi si differenzia per qualcosa.Proprio di questo abbiamo discusso con la professoressa nei laboratori sia di Pistorius sia dell’Atzori;in entrambi si discute di due persone disabili che anche se lo sono,loro come persone non accusano questa disabilità.Pistorius deve essere un esempio per tutti ed un esempio di vita.Lui è un atleta paralimpico.Sin da quando era piccolo è stato costretto all’amputazione di entrambe le gambe per una grave malformazione agli arti inferiori.Grazie a delle protesi particolari ha ripreso la sua vita sia naturale che di atleta,riuscendo a superare le tante avversità della vita,la voglia di vivere gli è stata ridata da due protesi costituite in fibra di carbonio “FLEX FOOT”,piedi flessibili a forma di C;così lui si propose di partecipare alle olimpiadi di Pechino nel 2008,ma la richiesta fu respinta in quanto la commissione scientifica stabilì che un atleta con protesi ha un netto vantaggio rispetto ad una persona che dispone di gambe naturali. L’altra persona che abbiamo citato prima è una donna Simona Atzori,un’artista e una ballerina.Pur non avendo gli arti superiori sin dalla nascita, non si è mai persa la voglia di vivere ed ha intrapreso sin da giovane l'attività di pittrice e di ballerina classica.Durante la visione dei video ho pensato che nonostante ci siano presenti problemi così duri e difficili nella vita non bisogna mai abbattersi,bisogna sempre guardare avanti ed essere fieri di quello che siamo. I veri limiti della vita sono le problematiche che i disabili incorrono ogni giorno,nella quotidianità ovvero le famose barriere architettoniche.Ogni città comune o comunità,che ospita una persona con un problema motorio, deve cercare di abbattere tutte le barriere,in modo da rendere la loro vita un po’ più semplice ed alla portata di tutti,non regalandogli ostacoli ma eliminarli affinchè la loro vita sia più facile. Grazie all’esercizio dell’orologio,durante la visione del video in classe che parlava delle persone diversamente abili,mi sono sentita per la prima volta nella mia vita,molto a disagio in quanto ho fatto un paragone confrontando la mia vita con quella di un disabile.Il disabile deve riuscire ad avere la sua autonomia personale,non è giusto vedere quello che vedo sempre ogni volta che esco di casa.Incontrando durante la mia camminata marciapiedi sprovvisti dell’accesso per le persone disabili o che siano bloccati da un’auto in sosta oppure un posto auto delimitato con strisce gialle sia occupato da un’altra autovettura sprovvista di tagliandino.Spero che prima o poi le cose migliorino proprio per aiutare al meglio queste persone che veramente hanno molto bisogno.Secondo il mio pensiero queste persone non devono essere emarginate ma aiutate nel miglior modo possibile da tutti.

    ESERCIZIO 2
    Anna Maria Murduca nel testo complessità della persona con disabilità,si occupa dei problemi che riguardano le persone con disabilità.Il testo di Murduca mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,alla rimodulazione del termine integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita ovvero quale ruolo possono assumere i disabili e quali servizi vengono erogati per le loro esigenze di vita.Bisogna abbandonare la logica dell’inserimento legge 118 del 1971 e dirigersi verso l’inclusione, occorre adottare l’ottica della globalità;una nuova cultura della disabilità,attenta non solo ad analizzare i temi del funzionamento,del comportamento ma anche concentrata sul riconoscimento della persona.Bisogna valorizzare la persona rispettando le differenze e le identità.L’integrazione è un processo continuo,non un punto di arrivo ma una ricerca di soluzioni per cercare di preservare i diritti acquisiti dai disabili.Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione senza perdere di umanità,perché si tratta di persone e si caratterizzano per capacità non per quello che non sanno fare.La Murduca introduce anche il concetto di cura,inteso come l’agire educativo,volta alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e per ciò che egli può diventare(ricordando Jonas) che definisce tale concetto come atto capace di aiutare la persona con deficit a ridare senso e significato alla sua personale esperienza,per accettarsi e convivere con la propria specialità.Si può parlare anche della relazione educativa considerando il rapporto tra madre e figlio,tra docente e discente,educatore e educando ecc.Il rapporto che si stabilisce tra madre e figlio è una relazione educativa.In questi casi i protagonisti sono i bambini,ma non sempre.Ad essere educati non sono sempre e solo loro,a volte sono anche loro ad educare gli adulti.Anche il legame che si forma tra docente e discente è una relazione educativa.Quest’ambito mi affascina un po’ di più rispetto agli altri,in quanto ogni relazione,ogni incontro è educativo,tale relazione deve essere un incontro e scambio,partecipazione e alleanza.
    ESERCIZIO 3
    Quando si parla di disabilità si parla anche di corpo.La tecnologia tende a migliorare il corpo dell’uomo,non solo quando è collegata alle problematiche riguardanti le disabilità fisiche,ma anche quando sono dettate da motivazioni estetiche.Con l’avvento dei media è apparsa in modo evidente la politica di non accettare il proprio corpo.La TV ci bombarda solo di persone e cose perfette,cioè stereotipi che tutti definiscono come corpi belli e perfetti.Il corpo femminile in modo particolare tende ad assomigliare a loro,cercando di trasformare il loro corpo ricorrendo alla chirurgia plastica. Remaury ”nel gentil sesso debole”,parla dei canoni di bellezza,affermando che l’obbiettivo della donna è la giovinezza,la bellezza e la salute.La donna se vuole apparire deve prendersi cura di se stessa.Lipovetsky all’interno del testo “terza donna” deve scegliere tra eterna giovinezza,perfetta bellezza e salute totale.Mentre Braidotti,propone il termine di tecnocorpo,cioè un soggetto umano incarnato che è interconnesso a elementi tecnologici,ossia quando il computer diventa parte del corpo umano.Rosi Braidotti distingue in “Madri mostri e macchine”,ripropone il discorso sugli straordinari mutamenti indotti dalle bio-tecnologie che stanno modificando le pratiche della riproduzione.I mostri cyborg della fantascienza femminista delineano confini politici piuttosto diversi da quelli proposti dalla finzione terrena dell’uomo e della donna.I corpi sono mappe di potere e dell’identità,loro ne ci dominano ne ci minacciano.Per la studiosa occorre ripensare la relazione tra madri mostri e le macchine attraverso il corpo e la sua rappresentazione simbolica.
    avatar
    conte claudia


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 33

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Prova intercorso.

    Messaggio  conte claudia Lun Mag 14, 2012 11:54 am

    1)Nel 1970 l'OMS(organizzazione mondiale della sanità)elaborò la prima "classificazione internazionale delle malattie" o ICD,che coglie le cause delle patologie fornendo per ogni disturbo una accurata descrizione clinica e traducendo le diagnosi in codici numerici.
    Circa dieci anni dopo nacque l'ICIDH(international classification of impairments,disabilities and handicaps)basata su:
    MENOMAZIONE= intesa come perdita o anormalità di una funzione a livello fisiologico,psicologico o anatomico che può essere transitoria o permanente;
    DISABILITà= conseguenza della menomazione che comporta una incapacità nello svolgere un'attività nei modi ritenuti "normali" per un essere umano;
    HANDICAP= disagio sociale,difficoltà che la persona disabile ha confrontandosi con gli altri ed è una conseguenza della menomazione o della disabilità.
    Nel 2001 nascè l'ICF(classificazione internazionale del funzionamento,della disabilità e della salute)secondo cui la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole,essa si occupa principalmente delle conseguenze associate alle condizioni di salute e suddivide le informazioni sulla salute della persona in due parti:funzionamento/disabilità e fattori contestuali.
    L'ICF prende in considerazione aspetti medici,sociali e soprattutto il contesto ambientale in cui la persona vive che in determinate situazioni può creare delle difficoltà ed essere determinante nel definire la disabilità;proprio in questo ambito risulta utile l'intervento di Canevaro il quale affronta il tema dell'importanza delle parole che devono essere scelte ed utilizzate con ponderazione poichè un loro utilizzo improprio potrebbe aumentare l'handicap.
    La persona disabile è sicuramente impossibilitata a svolgere normali attività di vita quotidiana,è affetta da disfunzioni motorie o cognitive e i disagi sociali che incontra finiscono spesso per influenzare anche la sfera psicologica soprattutto a causa delle "etichette" di disabile,paraplegico,sordo ecc. che gli vengono attribuite.
    Erroneamente tendiamo a confondere la diversità con la disabilità,ma la persona disabile non è "diversa" è semplicemente "diversamente abile" nel senso che non possiede alcune delle competenze che noi abbiamo ma possiede comunque delle abilità diverse dalle nostre;considerarla una persona "non normale" è sbagliato principalmente per il fatto che la normalità è un concetto soggettivo poichè non esiste un parametro generale al quale potersi rifare per definire questo termine.
    I disabili sono anzitutto persone e cittadini a pieno titolo ed è importante ricordarlo perchè proprio per questo dovrebbero poter godere dei nostri stessi diritti e non essere vittime di inutili forme di discriminazione ed emarginazione;ogni essere umano è diverso e dotato di una unicità e ricchezza inimitabile,questo è il motivo per il quale qualsiasi forma di diversità dovrebbe essere riconosciuta ed esaltata e non condannata come sfortunatamente spesso accade.

    2)Anna Maria Murdaca nel testo "Complessità della persona e disabilità" affronta importanti questioni riguardanti la persona con disabilità,l'esperta afferma che occorre una nuova "cultura della disabilità" la quale deve essere attenta a vari aspetti:norme che tutelano i servizi in favore dei soggetti disabili,possibilità di inserimento nel mondo del lavoro e il problema delle barriere architettoniche.
    Quest'ultimo aspetto rappresenta una vergogna in un Paese come il nostro che sembra essere così tanto evoluto,il problema più evidente resta la disorganizzazione,il mancato intervento delle istituzioni e il disinteresse totale di noi cittadini; Murdaca afferma appunto che a determinare la condizione di handicap non sono solo le barriere fisiche ma anche quelle culturali e mentali per questo il contesto sociale è importante,perchè è un elemento che può influenzare lo stato di salute in modo positivo o negativo.
    Il secondo obiettivo è la "rimodulazione del termine integrazione" che deve essere inteso come processo continuo che miri a valorizzare la persona e a preservare i suoi diritti poichè non conta ciò che una persona sà o meno fare,quello che conta è la sua capacità di sentire,pensare e agire in un modo unico e singolare;risulta quindi rilevante il concetto della "cura di sè" inteso come aiutare la persona con deficit a ricordarsi di sè,ad accettarsi e a convivere con la sua unicità.L'integrazione deve comprendere vari ambiti: sociale,scolastico,lavorativo guardando alla globalità della persona per raggiungere la sua indipendenza ed emancipazione;comprendere le reali condizioni di vita delle persone,capire quale ruolo possono assumere i soggetti disabili e realizzare veri spazi di formazione per loro servirebbe per "definire un vero e proprio progetto di vita".
    La relazione educativa in ambito familiare o scolastico rappresenta una modalità di integrazione valida per il soggetto,il legame che grazie ad essa viene a crearsi produce apprendimento e crea rapporti sociali caratterizzati da incontro e scambio tra l'educatore e l'educando; questa relazione nasconde anche valori e significati che si danno e si ricevono in sincronia,ciò non accade solo nella relazione tra docente e discente ma in tutte le esperienze di vita.
    Ogni relazione costituisce una crescita,formazione,guida,scambio di emozioni e sensazioni,accoglienza,ascolto e accettazione in ogni ambito,nell'amicizia,nei rapporti coniugali,in famiglia,perchè tutti possono insegnare e allo stesso modo tutti possono imparare.

    3)Tematica molto interessante è l'idea del "dovere" della donna di coltivare la propria bellezza,un dovere che gli viene imposto dalla società stessa;oggi tutti i media suggeriscono canoni di bellezza e perfezione corporea,caratteristiche che ogni donna deve avere "a tutti i costi" soprattutto per continare a lavorare nel contesto televisivo.
    Col passare del tempo è sicuramente cambiata l'idea e la visione del corpo,nelle passerelle ad esempio troviamo il modello della magrezza,ragazze anoressiche seguite ed imitate dalla maggioranza ma che in realtà rappresentano delle vere e proprie donne dis-umane senza carne nè curve,nonostante ciò l'anoressia è sicuramente una tendenza molto diffusa principalmente nel capo della moda e non solo.
    Su questo tema si sono espresse tre figure significative:
    BRAIDOTTI= afferma che la donna è vista come "mostro madre" allo stesso tempo perchè capace di deformare il proprio corpo durante la maternità;
    LIPOVETSKY= dice che la donna è "obbligata" dalla società a conquistare un corpo perfetto che deve essere conseguito con salute e bellezza e i valori tra i quali può scegliere sono quelli della salute totale,eterna giovinezza e perfetta bellezza;
    REMAURY= scondo cui oggi siamo orientati verso il raggiungimento della triade giovinezza/salute/benessere anche grazie alla scienza e ad altre discipline.
    L'uomo ha cercato da sempre di raggiungere la perfezione del corpo anche perchè nell'immaginario comune ad un corpo perfetto vengono attribuite numerose virtù interiori non sempre esistenti;ricorrere all'uso delle protesi estetiche per migliorare il proprio aspetto fisico è diventata una vera e propria "moda" e non più una reale esigenza fisica,credo invece che ciascuno di noi dovrebbe accettarsi con i propri pregi e difetti,anche in una società come la nostra la quale sembra essere orientata solo all'estetica.
    Come intendeva mostrarci il grande poeta Giacomo Leopardi nella poesia "A Silvia",la bellezza è qualcosa di precario,insicuro e momentaneo che a poco a poco sfiorisce a differenza invece della bellezza interiore che non invecchia mai;la bellezza è celata dietro tutte le cose anche quelle imperfette,basta solo scovarla!
    Serena Conte
    Serena Conte


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 33

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Serena Conte Lun Mag 14, 2012 3:46 pm

    1) ICD (classificazione internazionale delle malattie) elaborata nel 1970 dall'OMS (organizzazione mondiale della sanità) fornisce per ogni sindrome e per ogni disturbo una descrizione delle principale caratteristiche chimiche e le principali indicazioni diagnostiche rendendo possibile cogliere le cause delle patologie soffermandosi quindi sull'aspetto eziologico. Successivamente (1980) l' OMS mette a punto l' ICIDH basata su tre fattori: menomazione (si intende per menomazione qualsiasi perdita o anomalia a carico di una struttura o funzione) , abilità e partecipazione ponendo cosi una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e ponendo l'accento sulle sue possibilità di coinvolgimento sociale. Nel 2001 l' OMS pubblica il Manuale di classificazione ICF (classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute) proponendo cosi una definizione innovativa del concetto di disabilità da un punto di vista multidimensionale considerandola, cioè, una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. I termini menomazione, disabilità ed handicap vengono sostituiti rispettivamente da funzioni, strutture corporee e partecipazione. Al di là delle varie classificazioni in ambito medico ritengo opportuno soffermarci su quelle che sono le “classificazioni” che comunemente si fanno e sui preconcetti che le persone “normali” hanno nei confronti dei disabili. Solitamente si tende ad associare la parola disabile con la parola diverso ignorando il fatto che esse siano in realtà due concetti molto differenti. Consideriamo troppo spesso il diverso in modo negativo o , peggio, non lo consideriamo proprio come ho notato nel corso del laboratorio “sindaco-cittadino”. Durante questa simulazione, come ho già detto, io da cittadino tendevo ad ignorare il gruppo degli emarginati considerandolo altro da me e quindi con meno diritto di me di divertirsi e partecipare alla festa. Per quanto il laboratorio potesse essere una semplificazione della realtà senza conseguenze ha avuto il potere di farmi rendere conto della mia superficialità e del mio egoismo nel confronti del diverso. La scarsa considerazione che in questo mondo (ma forse sarebbe meglio dire in questo paese) si dà ai disabili, proprio perché considerati semplicemente diversi, si nota anche dalle numerose barriere architettoniche presenti sul nostro territorio che non permettono ad una persona diversamente abile( sottolineo che a parer mio il termine diverso può essere associato al termine disabile solo per sottolineare la capacità di questi individui di sviluppare appieno le proprie abilità sopperendo cosi alle “mancanze”) di vivere in pieno ad autonomamente. Le nostre città, come ho già illustrato nel laboratorio sulle barriere architettoniche, non sono a misura di disabile e anzi, in un atteggiamento di distrazione e noncuranza, gli poniamo dinanzi barriere che sarebbe semplice abbattere e qualora vi siano strutture adatte alle loro esigenze, confermando il nostro egoismo, tendiamo ad ignorare il loro disagio e a renderle inutilizzabili (per esempio parcheggiando dinanzi agli scivoli o nei parcheggi riservati). Ritengo che siamo tutti un po' troppo prigionieri del nostro pregiudizio e della nostra visione del mondo semplificata che ci porta ad ignorare il disabile senza neanche conoscerlo o, al massimo e un po' anche per far pace con la nostra coscienza, a considerarlo con pietismo facendogli pesare cosi la sua condizione da noi considerata diversa e svantaggiata anche laddove la persona stessa non ne avverte il peso (vediamo ad esempio l' Atzoni e Pistorius che non sentono la stessa “pesantezza” che noi attribuiamo alla loro condizione di disabilità).
    2) Anna Maria Murdaca nel suo testo Complessità della persona e disabilità mira a far si che vi sia la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità rimodulando il termine integrazione e cercando di comprendere le reali condizioni di vita e il ruolo nella società della persona portatrice di handicap. L'autrice propone di adottare un' ottica della globalità che miri ad una nuova cultura e che sia capace di riconoscere la persona in evoluzione e di coglierla in una visione complessiva. L'obiettivo della Murdaca è quello di favorire la nascita di una nuova cultura che non analizzi solo i temi del comportamento e dell'assistenza alla persona disabile ma che valorizzi la sua umanità rispettando le sue differenze e la sua identità smettendo di definire la persona portatrice di handicap “per sottrazione”. In questa ottica viene a delinearsi anche la diversa concezione del termine integrazione che diviene accoglienza verso le diverse identità e condivisione di valori etici. L'integrazione deve essere intesa come un processo continuo, un modo per ricercare strategie idonee per preservare i diritti del disabile e permettendo di inserire il soggetto in un contesto in modo che ne diventi parte organica. Come già detto nel laboratorio sulla relazione educativa essa deve essere intesa non solo come uno scambio unidirezionale ma come l'instaurarsi di un rapporto che mira ad arricchire entrambe le parti coinvolte ponendo l'educatore non nel ruolo di persona onnisciente e portatrice di verità ma di interlocutore che aiuti a delineare la situazione in maniere più chiara e di facilitatore nella ricerca delle soluzioni. Un educatore che ha come educando una persona disabile deve tenere conto della diversa situazione e deve mettere in atto programmi specifici che devono necessariamente tendere ad innalzare la qualità di vita del soggetto disabile aiutandolo a sviluppare la propria identità e ad aumentare la propria autostima anche attraverso luoghi rassicuranti e capaci di sviluppare le potenzialità personali. Ritengo sia fondamentale valorizzare le differenze e far si che la relazione educativa, sia essa tra docente e discende o fra genitore e figlio, sia in grado di accrescere la personalità del disabile ma anche, e soprattutto, della società in cui è, o dovrebbe essere, inserito. Fondamentale è la progettazione di spazi dove può venire a instaurarsi una nuova politica socio-educativa che consiste in un' integrazione, differenziazione e personalizzazione sollecitando nei soggetti disabili lo sviluppo di indipendenza ( è fondamentale che un soggetto non senza il peso della sua disabilità ne che tale peso venga avvertito da chi lo circonda) e l'emancipazione. La relazione educativa deve quindi essere uno spazio ripartitivo nel quale il disabile sperimenta con l'educatore una serie di situazioni e di vissuti emotivo-affettivi dando modo al soggetto di ripensare al proprio stato eliminando qualsiasi disagio attingendo anche alla sua forza resiliente. Bisogna quindi creare luoghi rassicuranti capaci di sviluppare le potenzialità personali e valorizzare le risorse cambiando anche e soprattutto la rete dei servizi che la società mette a disposizione, servizi che si vantano di essere all'avanguardia ma che in realtà funzionano male e sono male organizzati soprattutto se si tiene conto dell'epoca all'insegna dell'avanguardia che stiamo vivendo.
    3) Al giorno d'oggi la cultura ci impone un' idea di bellezza che, sebbene sia per i più irraggiungibile, è diventata il centro dell'esistenza. Si tende a pensare ad una persona bella come portatrice di caratteristiche positive, anche caratterialmente parlando, e quindi si fa di tutto per arrivare a quel dato canone di bellezza. Remaury nel “il gentil sesso debole” dice che la corsa alla perfezione ha come obiettivo quello di essere giovani, belle e in salute soprattutto al di la del tempo ascendendo faticosamente alla perfezione grazie ai progressi della scienza (si pensi all'uso smodato della chirurgia estetica e della diffusione di quella che io definisco la donna-barbie rifatta in ogni sua parte che, per me, perde ogni parvenza di bellezza ) Lipovetsky celebra invece La terza donna che si sottomette ai modelli dominanti che vedono il corpo libero da malattie, dal peso e dal tempo. La donna eternamente sana, magra e giovane diviene di conseguenza la donna perfetta ed i valori tra cui scegliere divengono, appunto, questi. La donna basa cosi la sua esistenza sull'apparente acquisizione di grazie smettendo cosi di servirsi del suo corpo ma divenendo succube dello stesso. La società di oggi è basata sulla spasmodica ricerca della bellezza, non solo femminile, ponendo in secondo piano gli altri valori e facendo predominare l'idea della bellezza come uno scopo da perseguire e come unico modo per affermarsi. Rosi Braidotti scrive Madri mostri e macchine dove si occupa dell'iscrizione del corpo femminile nell'orizzonte della discorsività postmoderna. La Braidotti parla del corpo femminile connesso alla tecnologia del corpo-macchina. Nella fase della gestazione il corpo femminile va incontro inevitabilmente a dei cambiamento e, secondo l'autrice, assume le duplici fattezze di mostruoso e quindi poco affascinante e di materno quindi affettuoso. Da tale trasformazione viene riproposta alla donna di incarnare anche il corpo-macchina che determina la nascita di un nuovo corpo umano; è dunque presente questo connubio tra corpo femminile e tecnologie estetiche che al giorno d'oggi è diventato, come ho già avuto modo di affermare nel laboratorio sulle protesi estetiche, malsano facendo si che le nostre energie siano proiettate esclusivamente al miglioramento del corpo e che un fallimento in tale miglioramento possa farci sentire inadatte ed inutili.
    Elvira Romano
    Elvira Romano


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Elvira Romano Lun Mag 14, 2012 3:46 pm

    Nel 1970 l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) ha elaborato l’ICD una classificazione internazionale delle malattie, la quale fornisce per ogni sindrome una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche . In tale classificazione le diagnosi vengono tradotte in codici numerici in modo da rendere possibile la ricerca, la menomazione e l’analisi dei dati. Pertanto l’ ICD (International classification of diaseases ) classifica le condizioni di salute ,le malattie o i traumi formando un’enciclopedia medica. Ma tale sistema di classificazione nel 1980 viene sostituito dall’ ICIDH( International classification of impairments disabilities and handicaps) la quale si basa su tre fattori tra loro interagenti: menomazione, disabilità e handicap o svantaggio. Infatti la disabilità può portare all’handicap, ovvero allo svantaggio sociale che si manifesta a seguito dell’interazione con l’ambiente e l’handicap ,a sua volta, può portare ad una menomazione. Infine nel 2011 tale classificazione viene sostituita dall’ ICF perchè le informazioni che vengono date dalle diagnosi mediche non sono sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona. . L’ICF è una classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute ,la quale afferma che la disabilità è una condizione di salute derivata sa un contesto sfavorevole. Inoltre classifica la salute e gli stati di salute ad esse correlate ponendo la qualità della vita delle persone affette da una patologia come centrale. Può essere usata con tutte le persone di qualsiasi età per descrivere la presenza o l’ assenza di menomazioni nelle funzioni corporee. Pertanto l’ICF rappresenta uno strumento importante perché permette di accertarsi del diritto delle persone con disabilità e le loro condizioni di salute. Inoltre esso suddivide le informazioni sulla salute delle persone in due parti : 1)funzionamento e disabilità , 2)fattori contestuali. Riguardo ciò che concerne le componenti funzionamento e disabilità esse possono essere lette per indicare dei problemi o aspetti non problematici della salute, ,mentre nei fattori contestuali rientrano tutti quei fattori ambientali che influenzano le componenti della disabilità. Quindi per l’ICF il fattore ambientale è fondamentale in quanto può provocare gravi disagi. Ne è prova la lezione che si è tenuta sulle barriere architettoniche dove , attraverso l’esercizio “orologio” , abbiamo potuto notare quante difficoltà un disabile deve affrontare quotidianamente a causa di un sistema che non funziona bene , e abbiamo anche potuto riflettere su come un disabile possa vivere una vita autonoma se tutte le strutture e i macchinari atti ad aiutarli funzionassero correttamente. Attraverso questi laboratori abbiamo osservato quante difficoltà e quanti pregiudizi queste persone devono affrontare ogni giorno. Questo è dovuto anche all’uso scorretto di alcuni termini . Ad esempio il termine disabile spesso diviene un’etichetta che dichiara che ad un individuo mancano una o più competenze senza considerare le sue abilità. Inoltre ,spesso, la disabilità viene confusa con la diversità ma questi due termini sono molto diversi. Infatti diversabile è un termine positivo, a differenza del termine disabilità, che indica ,oltre ad una disabilità , anche delle abilità. Per tale motivo si preferisce parlare di diversabili o diversamente abili. Questo termine nasce dall’esigenza di non trascurare il valore della persona. Infatti si tende a considerare i diversamente abili tutti uguali , spesso i normodotati si rivolgono a loro con un atteggiamento di pietismo , o peggio ancora,li etichettano e li emarginano. Infatti la diversità porta alla categorizzazione ,ovvero una condizione di disabilità diviene il fattore che identifica la persona. In classe abbiamo potuto sperimentare l’esperienza dell’emarginazione grazie al laboratorio “sindaco” dove la professoressa ha diviso le persone che portavano gli occhiali dalle altre e ha emarginato coloro che li portavano. E’ stato un esperimento molto utile perché ci ha permesso di capire cosa prova una persona che viene emarginata, allontanata e abbiamo potuto riflettere su come un gesto o un’azione ,anche minima, possa essere importante. L’emarginazione deriva dal pregiudizio il quale si basa su considerazioni aprioristiche e prive di ogni fondamento. Questo perché tutto ciò che è diverso fa paura, in quanto la diversità è percepita come non normalità. Ma il concetto di normalità è molto relativo e quindi è insensato basare qualsiasi cosa su di esso. Tutti questi meccanismi di esclusione fanno si che tutti coloro che ne sono vittima si sentano inferiori ed inadeguati.
    Molto importante nel campo della disabilità è il testo “complessità della persona con disabilità” di Anna Maria Murdaca. Questo testo mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita di un disabile. Secondo l’autrice occorre avere una nuova conoscenza della disabilità e avere una cultura centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione. Pertanto si deve adottare l’ottica della globalità. Inoltre ,la Murdaca, afferma che una persona diversamente abile deve essere colta nella sua dimensione olistica. L’autrice ci fa notare come il contesto sociale determini una condizione di handicap e come le barriere architettoniche favoriscano il processo di emarginazione. Infatti l’ambiente può essere una barriera ma anche un facilitatore. Inoltre ,oggigiorno, la ricerca può produrre delle soluzioni tecnologiche che migliorano l’ambiente rendendolo adatto anche per un diversabile. Un esempio di queste tecnologie è la casa domotica la quale permette ad una persona affetta da disabilità di compiere in completa autonomia le azioni quotidiane permettendogli , quindi, di vivere da solo. L’obiettivo principale di queste tecnologie è quello di rendere autonoma il soggetto e di valorizzare la persona umana con il rispetto della sua identità e delle sue caratteristiche. Gli vuole , pertanto, garantire una corretta integrazione all’interno della società di appartenenza. L’integrazione è un processo continuo che cerca di valorizzare al meglio le capacità dell’individuo e di emancipare il soggetto diversamente abile. Per rendere possibile tale integrazione occorre costruire una serie di attività didattiche atte a rendere significativa la presenza dei disabili. Non basta ,quindi, un’educazione classica ma vi è bisogno di un educatore in grado di consentire la consentire al soggetto la crescita del suo senso di appartenenza e delle sue caratteristiche di persona. La Murdaca parla quindi di relazione educativa ,ovvero uno spazio dove il disabile sperimenta con gli educatori e con gli insegnanti una serie di situazioni che consentono agli operatori di progettare delle opportunità educative da offrire al disabile affinché egli stesso ripensi al proprio stato e alle proprie capacità. Quindi la relazione educativa è un legame che si forma tra l’educatore e l’educando, uno scambio emozionale, un arricchimento reciproco. Alla base di essa vi deve essere un rapporto basato sull’ascolto reciproco, sulla fiducia e sulla volontà di costruire insieme un progetto di vita. Vi deve quindi essere un confronto alla pari basato sul rispetto e sul dialogo. Costruire una relazione educativa richiede molto tempo e pazienza,infatti si costruisce giorno per giorno e porta alla nascita di un vero legame affettivo. Ogni esperienza di vita può essere intesa come relazione educativa. Inoltre essa può essere di tipo familiare (madre/figlio) o formata da più persone (educatore/educando). La relazione educativa della famiglia è la più importante perché è il primo ente educativo con cui il bambino entra in contatto. Spesso l’educatore attraverso l’empatia, l’ascolto e il dialogo fa le veci del genitore, guidando il bambino nella crescita e cercando di capire le sue esigenze, le sue priorità, le sue emozioni e i suoi comportamenti. Un esempio di relazione educativa ci è stato offerto dalla professoressa che nel corso, durante un laboratorio ha allestito due setting dove abbiamo assistito a quello che potrebbe essere una possibile situazione tipo nel nostro futuro lavorativo. Il setting è l’incontro tra l’educatore e l’educando, dove il primo ha un ruolo fondamentale. Con esso ho capito l’importanza che assume la postura dell’educatore in quanto può trasmettere ,a chi ha di fronte, un sentimento di apertura o di chiusura nei suoi confronti pregiudicando ,quindi, l’esito dell’incontro. Importante ai fini di un approccio positivo è anche la creazione di un clima sereno, familiare, e l’attuazione di un atteggiamento positivo che faccia sentire l’educando a suo agio.
    Nel corso dei vari incontri abbiamo potuto capire come l’ambiente sociale influenzi le vite di tutti noi. Infatti è risaputo che l’opinione pubblica, le mode e quindi il contesto sociale influenzi enormemente i comportamenti e la visione del mondo delle persone. Ne è un esempio lampante il tema della bellezza. Esso è un tema molto complesso in quando non è qualcosa di oggettivo ma varia con il passare delle epoche, delle mode e ciascuno di noi ha una propria idea di bellezza che sia influenzata oppure no dalla moda di passaggio. E’ tuttavia strano come un concetto così astratto possa influenzare intere generazioni portandole ad odiare il proprio corpo perché non conforme alla moda del tempo. Molti sono gli autori che hanno affrontato questo tema, tra cui i principali sono : Remaury , Lipovetsky e Braidotti. Oggi più che mai siamo circondati da immagini che ci propongono ideali di bellezza irraggiungibili che creano solo gravi danni alla salute delle persone. La propaganda mediatica suggerisce canoni di bellezza e perfezione corporea facendo sentire umiliate coloro che non si adeguano ad essi. Per tali motivi tutte cercano la bellezza e l’eterna giovinezza ricorrendo sempre più spesso al chirurgo. Tutti questi interventi esterni al corpo hanno finito per cambiare l’idea di bellezza relativa al corpo. Infatti esso inizia ad essere maltrattato al punto da condurre alla morte, come mostra il modello anoressico. Tale modello è stato imposto dalle passerelle diventando un modello di bellezza e femminilità. In questo modo la malattia si è imposta come modello estetico. Remaury tratta del tema della bellezza nel “il gentil sesso debole” dove parla della triade : giovinezza- bellezza- salute ovvero un corpo è considerato perfetto quando si libera dalla malattia quindi corpo sano, dal peso quindi corpo magro e dal tempo quindi corpo giovane. Infine la Braidotti afferma che la donna è capace di deformare il proprio corpo nella maternità diventando nell’immaginario maschile mostro e madre determinando così la nascita di un nuovo corpo. Io penso che la nostra società sia fondata troppo sulle apparenze..infondo un concetto universale di bellezza non esiste e trovo inutile basare una cultura su un concetto così relativo . Non è la bellezza esteriore che conta,ma quella interiore che rimane immutata con il passare degli anni, delle culture e delle mode.
    daniela picascia
    daniela picascia


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  daniela picascia Lun Mag 14, 2012 3:58 pm

    1)l’OMS è l’organizzazione Mondiale della Sanità. La prima classifica elaborata dall’ OMS è l’ ICD “classificazione internazionale delle malattie” sorta intorno al 1970 che favorisce per ogni sindrome o disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Nel 2001 è stato pubblicato dall’OMS il manuale di classificazione ICF “classificazione Internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute” . Secondo l’ ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Essa descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati da essa correlati. I termini come MENOMAZIONE , DISABILITA E HANDICAP vengono sostituiti da termini come FUNZIONI, STRUTTURE CORPOREE, ATTIVITA’ E PARTECIPAZIONE. L’ ICF non classifica solo condizioni di salute, malattie e traumi, ma si occupa delle conseguenze associate alle condizioni di salute, pone al centro la qualità della vita delle persone affette da una patologia evidenziandone come condividono con le loro condizioni e come è possibile migliorarle. Il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana, una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità. Nei confronti delle persone affette da disabilità spesso si tende ad assumere un atteggiamento di pietismo. Fortunatamente esistono persone che non si “arrendono” alla loro disabilità, innumerevoli sono gli esempi di resilienza che si possono fare, persone come Simona Aztori, che con il suo amore per la danza, la sua forza d’animo e la sua voglia di vivere ha fatto della sua disabilità un punto di forza o Pistorius un grande atleta, prova evidente che la tecnologia ha compiuto passi da gigante, grazie alle protesi che ha alle gambe compie una vita del tutto normale, come lui stesso afferma la volontà umana supera qualunque ostacolo, senza arrendersi dinanzi a nulla dimostrando che i veri limiti sono quelli della mente. Inoltre che una sostanziale differenza tra DISABILE e DIVERSITA’. Disabile è una persona che non necessariamente è affetta da menomazione fisica o psichica ma si distingue dagli altri per le sue caratteristiche, viene definita diversa una persona con lingua, cultura, razza, abitudini diverse dalle nostre. Molto spesso del diverso si ha paura, viene isolato, non viene capito…quasi sempre perché non ci proviamo neanche! In una simulazione fatta in classe la professoressa ci ha divisi in due gruppi: cittadini ed emarginati. Io facevo parte dei cittadini, per tutto il tempo della simulazione mi sentivo in colpa nei confronti delle mie colleghe che in quel momento a differenza mia erano nel gruppo degli emarginati.
    2)Anna Maria Murdaca esperta di questioni relative a persone affette da disabilità e autrice del testo “Complessità della persona e disabilità” mira :
    - alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    - alla rimodulazione del termine integrazione
    - comprensioni delle reali condizioni di vita che possono assumere i soggetti disabili, quali servizi vengono erogati per le loro esigenze.
    Secondo Murdaca bisogna abbandonare la logia dell’inserimento e adottare l’ottica della globalità. L’handicap è una condizione di svantaggio conseguente a una menomazione che limita e impedisce l’adempimento di ruoli normali. Il contesto in cui si vive determina le condizione di Handicap, sono i limiti e i pregiudizi che hanno le persone a favorire l’esclusione o l’emarginazione dell’ handicap, anche l’ambiente in cui viviamo può svolgere il ruolo di facilitatore o allo stesso tempo può diventa una barriera. Il testo di Murdaca mira alla valorizzazione della persona. L’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo. “Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione”. La vera maturazione psicosociale ha bisogno di ambienti e contesti attendibili e sostenibili. La costruzione dell’identità deve avvenire in luoghi rassicuranti in grado di sviluppare le potenzialità personali. Ogni incontro umano è educativo, portatore di significati, valori, opinioni è un prendere e un dare. Da ogni relazione educativa: che sia tra madre e figlia, tra docente e discendente si riceva qualcosa, qualsiasi esperienza della vita è educativa che sia positiva o negativa. Se alla base c’è la volontà, il rispetto reciproco, uno scambio di idee tra i due interlocutori, se si ha un rapporto alla pari all’insegna del rispetto , del confronto. La relazione educativa quindi si costruisce con l’altro.
    3) La società e il contesto in cui viviamo sono in grado di influenzarci molto, questo non riguarda solo le persone disabili ma tutti noi che, ogni giorno attraverso i mass media ci vengono proposti modelli di bellezza sempre più difficili da raggiungere. Remaury, nel suo testo “le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute” afferma che la cultura dell’immagine della donna si confonde con quella della bellezza, che oggi risulta essere di primaria importanza nella scala dei valori. La bellezza è associata all’ idea che la donna abbia di dover coltivare: il suo miglioramento fisico ed estetico, il suo bisogno di sentirsi bella. Siamo tutti orientati e diretti verso una corsa alla perfezione avendo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute. Lipovetsky nel suo libro “la terza donna” sostiene che la donna deve scegliere tra eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale, e solo attraverso il raggiungimento di questi tre obiettivi la donna giungerà al suo ideale di perfezione. Infine la Bradotti nel suo saggio “madri mostri e macchine” ci parla di corpo-macchina, un corpo che si trasforma al tal punto da diventare mostruoso sul quale la donna lavora a stretto contatto con la tecnologia. Sono favorevole alle protesi estetiche come miglioramento, in casi in cui servono per migliorare la qualità di vita di una persona. La bellezza non è solo quella estetica, la vera bellezza è quella dell’anima, ognuno di noi è diverso dall’altro, ognuno ha la sua bellezza, la bellezza del proprio cuore ed è quella la cosa che ci completa e ci rende unici e speciali.
    Denise Di Gennaro
    Denise Di Gennaro


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 16.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Denise Di Gennaro Lun Mag 14, 2012 4:29 pm

    1) La prima catalogazione studiata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, detta anche O.M.S, è la classificazione internazionale delle malattie detta anche I.C.D.(1970), la quale soddisfa l'esigenza di comprendere la causa delle patologie, mostrando per ogni disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Per quanto riguarda le diagnosi, esse vengono decifrate in base a codici numerici, favorendo la ricerca e l'analisi dei dati. Nel 1980 nasce l' I.C.I.D.H., la nuova proposta dell'OMS che si basa su tre elementi tra loro interdipendenti:menomazione, disabilità e handicap. Questi termini, in seguito,saranno sostituiti da:menomazione,abilità e partecipazione. Nel 1990 l' I.C.F. descrive i cambiamenti dello stato di salute di un soggetto e gli stati ad essa correlati. I termini ancora una volta vengono sostituiti dalla seguenti parole:funzioni,strutture corporee,attività e partecipazione, con l'obiettivo di descrivere attentamente le capacità della persona e le sue possibilità di coinvolgimento sociale. Il passaggio dall'ICD all'ICF avvenne perchè le informazioni date dalla diagnosi medica,non erano sufficienti nel definire ciò che la persona era in grado di fare e ciò che non era in grado di fare. La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello fisico o psichico,ma è una condizione che supera le barriere mentali e architettoniche. Handicap è la difficoltà che il soggetto con disabilità affronta nel confronto con gli altri coetanei, é una condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità, che in un certo soggetto limita o impedisce l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all' età o al sesso. Il diverso non è colui che ha il colore della pelle differente dalla nostra, o abitudini,cultura,tradizione diversa, ma conta ciò che ti hanno insegnato a fare, l'educazione ricevuta dalla famiglia. Proprio sul tema della diversità,in classe abbiamo visto alcune parti del film "indovina chi viene a cena". Sempre durante una delle lezioni svolte in classe,abbiamo avuto modo di partecipare ad un'esperienza di simulazione sulla città ed io facevo parte dei cittadini. Mi sono sentita partecipe, attiva in questa prova svolta.Ho provato a mettermi nei panni delle ragazze che facevano parte del gruppo degli emarginati. Credo sia molto difficile che queste persone (emarginate)debbano subire questo disagio sempre: L'essere esclusi,appunto messi da parte. 2) Prendendo in considerazione il testo "complessità della persona e disabilità" di Murdaca, riflettiamo sulle questioni relative alla persona con disabilità. L'autrice esamina una nuova cultura e conoscenza della disabilità, basata sul riconoscimento della persona in evoluzione. L'ICF segna l' importanza di valutare l'influenza dell'ambiente sulla vita dei soggetti:troviamo la famiglia, la società, il contesto lavorativo e scolastico, appunto elementi che possono influenzare lo stato di salute, ridurre le nostre competenze di svolgere le mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà. In sintesi, migliorando l'ambiente diminuisce la disabilità. L'obiettivo di Murdaca è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle difficoltà e delle identità. Parlando del termine integrazione, lo si definisce un processo continuo, in quanto in continua ricerca di soluzioni, di strategie appropriate a garantire i diritti acquisiti dei disabili. Con il termine "integrazione", maggior importanza è valorizzare al meglio le dotazioni individuali. Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione tipo non ha,o,non sa fare, ma dare la possibilità alla persona con disabilità di farla esprimere ed agire al meglio. Questa nuova cultura deve mirare a due punti fondamentali: a)cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive; b)perfezionare la qualità della vita delle persone. L' importante è sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppo dell'indipendena. Fondamentali sono i contesti di apprendimento, le strategie e gli ausili. La relazione educativa è uno "spazio riparativo"nel quale il soggetto disabile conosce gli educatori, una serie di situazioni, di vissuti emotivo- affettivi che vengono elaborati e integrati nel qui e ora della seguente relazione. Quest'ultima attraversa una serie di tematiche:relazione madre - figlio, è appunto la prima che si stabilisce subito; relazione docente -discente in un contesto scolastico. Necessario è il rispetto reciproco nella relazione che s'instaura tra i protagonisti. In una relazione è fondamentale che ci siano delle emozioni tra due o più attori. Il soggetto deve sentirsi libero di esprimere la propria opinione e cosa più fondamentale si deve creare un contesto che possa mettere a proprio agio il soggetto che si ha di fronte. Anche in classe abbiamo fatto una simulazione su come si instaura la relazione educativa. 3) Prendendo in analisi i diversi modelli di perfezione, di bellezza e di giovinezza, conosciamo che diversi studi hanno dimostrato che una persona non la si giudica soltanto come appare esteticamente, ma contano quelle virtù interiori come onestà, bontà, gentilezza e altre. Remaury afferma che siamo diretti verso una corsa alla perfezione e abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza, bellezza e salute. Si parla di corpo transfigurato, poichè il corpo deve elevarsi all'immagine di perfezione. Il corpo esatto compie progressi verso l'ideale della perfezione grazie ai progressi delle varie scienze ed è il modello dominante. Infine il corpo liberato deve essere sano, quindi privo di malattie, in peso forma(magro)e nel contempo giovane. Lipovetsky si basa su una teoria che ci spiega come la donna controlla la propria immagine all'interno delle varie offerte di modelli sociali e decide di prendere in considerazione il più consono.La Braidotti riflette su come la donna cambia il proprio corpo in maternità e questo diventa qualcosa di orribile nell'immaginario maschile. Da questa visione, Braidotti propone alle donne di raffigurare, oltre alla maternità e alla mostruosità, anche la macchina,prestandosi al gioco di ridefinire sia le tecnologie attuali sia l'immaginario che le sostiene. Il mostro è definito come qualcosa di differente dalla norma, è un anormale. Sappiamo che ci sono diversi tipi di protesi:al seno,ai denti,apparecchio acustico. Abbiamo visto che la protesi è un dispositivo artificiale, atto a sostituire una parte del corpo mancante o a integrarne una danneggiata. Non esistono solo protesi estetiche, ma anche quelle per gli sportivi, un esempio:Oscar Pistorius.


    Ultima modifica di Denise Di Gennaro il Mer Mag 16, 2012 10:49 am - modificato 1 volta.
    avatar
    serena murolo


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  serena murolo Lun Mag 14, 2012 5:41 pm

    La prima descrizione delle principali caratteristiche di una malattia elaborata nel 1970 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fu l’ ICD ( Classificazione Internazionale delle Malattie ). Le diagnosi erano tradotte in codici numerici che permettevano la memorizzazione e la ricerca dei dati però nel 1980 ci fu la modifica dell’ ICD in ICIDH all’interno della quale i termini: menomazione,disabilità e handicap, contenuti nel ICD, vengono sostituiti : da menomazione, ossia perdita o anormalità a carico di una struttura psicologica,fisiologica o anatomica ; da abilità e da partecipazione, cioè attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale .
    Nel 2001 viene elaborato il ICF che propone una definizione del concetto di disabilità ossia una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole e descrive le modifiche dello stato di salute di una persona. La Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute ha il compito di capire la vita delle persone affette da una malattia evidenziando come convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla.
    Aiutare queste persone significa anche fare attenzione ai termini che utilizziamo ,spesso sbagliamo o meglio confondiamo alcuni termini come disabile e diverso. Il disabile è una persona che ha difficoltà a svolgere le normali attività della vita quotidiana, i disturbi fisici o psichici un disabile li scopre spesso confrontandosi con le persone normodotate ma il termine disabile dichiara solamente che a un individuo mancano una o più competenze senza considerare che egli possiede anche delle abilità, per questo motivo si preferisce, oggi ,usare il termine diversamente abile . Invece il termine diverso fa riferimento a un soggetto che presenta schemi mentali,fisici e comportamentali deformi alla normalità ed è necessario sottolineare che il concetto di normalità è relativo e soggettivo , non c’e’ una definizione comune a ciò che è considerato normale come non c’è un parametro generale al quale potersi rifare.
    Questo è testimoniato dalle storie di Simona Atzori e di PIstorius, infatti nel caso di Simona la sua bellezza e tenacia quasi sicuramente non sarebbero stati così grandi se le persone che la circondano fossero rimaste prigioniere di un rigido concetto di NORMALITA’ e come dice Simona, se vogliamo esprimere noi stessi non c’e’ limite che tenga, perché i limiti sono negli occhi e nella mente di chi guarda!.
    I limiti nei nostri occhi e nelle nostre menti riguardano anche ,come abbiamo visto in aula, l’ignorare le difficoltà che i disabili trovano in città ; le barriere architettoniche sono un problema di un intera nazione e c’è bisogno di rispetto , di mettere in pratica i diritti che le persone diversamente abili hanno a disposizione, affinché possano vivere autonomamente la città e l’ attenzione alle condizioni di vita dei disabili , alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e alla rimodulazione del termine integrazione è stata posta dalla docente Anna Maria Murdaca. Secondo Murdaca è l’ambiente a determinare la condizione di handicap e a favorire il processo di esclusione o di emarginazione ed è per questo motivo che occorre soffermarsi sulla complessità della persona con disabilità : la sua integrazione in ambito educativo,linguistico e corporeo. L’obbiettivo è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità e l’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo,una continua ricerca di soluzioni,di strategie idonee a preservare i diritti dei disabili .La docente suggerisce che non si deve definire nessuno per sottrazione e bisogna considerare il soggetto per ciò che egli è e per ciò che egli può diventare(Jonas).
    Quindi il testo Complessità della persona con disabilità vuole arrivare a una società con spazi di cura e di formazione per i soggetti con disabilità ,a una società che superi i limiti che non trascuri i soggetti disabili e ciò deve avvenire con attenzione alla persona,alla socializzazione,alla globalizzazione,all’integrazione. In aula abbiamo simulato un caso di “emarginazione” , in quel contesto io ero una cittadina ero tranquilla perché non mi sentivo classificata anzi mi sentivo privilegiata e considerata , non mi sono preoccupata e soffermata sulle sensazioni degli emarginati e ascoltando anche le opinioni degli altri cittadini questa simulazione sottolinea e conferma la poca attenzione e considerazione che rivolgiamo agli altri. Anche per questo motivo è molto importante la relazione educativa ,intesa non solo tra docente e discente ma anche tra madre/figlio e in entrambi i casi è una relazione di dare e avere dove c’e’ bisogno di rispetto, dove bisogna ascoltare l’altro.
    L’educatore non deve mai dare il cattivo esempio,anzi ci si aspetta un modello da seguire, un punto di riferimento ed è importante creare un serie di situazioni che possono mettere a proprio agio il soggetto che ci si ha di fronte, l’obbiettivo dell’educatore è quello di rieducare e condurre il soggetto a cambiamenti positivi, al contrario l'obiettivo dell'educando è quello di apprendere. Anche in questo caso abbiamo simulato entrambe le relazioni ed è stato molto utile perché ci siamo rese conto di quanto sia difficile costruire una relazione e delle mille capacità e compiti che un educatore deve avere.
    Quando si parla di disabilità inevitabilmente si parla anche delle protesi che permettono un miglioramento della vita di queste persone. Gli autori Ramaury, Lipovetsky e Braidotti si sono occupati del bisogno di bellezza, giovinezza “eterna “ e salute delle donne ; Remaury afferma che le donne sono alla ricerca di una perfezione corporea che rende il corpo libero dalla malattia, dal peso e dal tempo. Lipovetsky invece sostiene che la donna nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati , e quindi la donna è obbligata dalla società a percorrere una delle strade possibili verso il corpo perfetto. In fine Braidotti parla di corpo macchina, donne che modificano il proprio corpo per ritrovare la giovinezza e per essere piacenti . Quando abbiamo trattato in aula l’argomento riguardante le protesi estetiche io ho “ condannato” chi si rivolge alla chirurgia per un capriccio per una ruga fuori posto e mi ha colpito molto l’opera di Botero “ la ballerina” un fisico per niente perfetto che mi ha dato un senso di libertà in quanto la non paura di mostrare quell’ “imperfezione” e svolgere la propria vita e la propria passione senza pensare all’idea di perfezione.
    Nadia Frascadore
    Nadia Frascadore


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Nadia Frascadore Lun Mag 14, 2012 5:50 pm

    1)Esponi il passaggio dall’Icd all’Icf, soffermandoti poi sul contesto e sulle parole disabile e diverso, personalizzando il tuo discorso attraverso una ripresa degli interventi ai laboratori che hai proposto ‘orologio’ /‘barriere architettoniche’, ‘la mappa degli stereotipi’, Sindaco/esperienza di ‘emarginazione’

    La prima classificazione elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS),risale al 1970 e prende il nome di ICD,l’acronimo sta per International Classification of Diseases. L’attenzione viene puntata sul concetto di malattia,questo strumento classificatorio tende infatti ad individuare le cause delle patologie fornendo per ognuna di esse una descrizione delle caratteristiche cliniche e limitandosi a tradurre i dati raccolti dall’analisi in codici numerici.
    L’ICD focalizza cioè l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia al punto da spingere l’OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione, più attento alle diverse componenti ambientali del soggetto che vive una specifica patologia.
    Già nel 1980 l’OMS definiva, distingueva e classificava handicap, disabilità e menomazioni con la pubblicazione dell’International Classification of Impairement Disabilities and handicaps (ICIDH).
    Appare chiaro fin dalla sua prima analisi che l’attenzione di questo nuovo strumento di classificazione si focalizzi non più sul concetto di malattia bensì su quelli di menomazione , disabilità e handicap. Si ritiene cioè che non sia tanto importante partire dall’analisi della causa della patologia, ma analizzare al contrario l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazioni.
    • “Si intende per menomazione qualsiasi perdita o anomalia a carico di una struttura o di funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche”. Essa comprende quindi sia le alterazioni transitorie o permanenti e le perdite di organi, sia i deficit di apparati funzionali (ivi compresa la funzione mentale) e rappresenta l’allontanamento dalla norma nella situazione biomedica individuale.
    • “Si intende per disabilità qualsiasi restrizione o carenza (conseguente ad una menomazione) della capacità di svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti normali per un essere umano”. La disabilità, che può essere transitoria o permanente, si traduce in difficoltà nel realizzare i compiti normalmente attendibili da parte del soggetto considerato”.
    • “Si intende per handicap una condizione di svantaggio vissuta da una determinata persona in conseguenza di una menomazione o disabilità che limita o impedisce la possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quella persona (in base all’età, al sesso, ai fattori culturali e sociali)”. L’handicap risulta allora dalla discrepanza tra l’efficienza reale o lo stato del soggetto e le aspettative di efficienza o di stato che egli stesso o il gruppo al quale appartiene hanno nei suoi confronti. L’handicap rappresenta quindi la socializzazione di una menomazione o di una disabilità e riflette le conseguenze culturali, sociali, economiche e ambientali della disabilità nell’esistenza dell’individuo considerato.
    Appare evidente che le espressioni di menomazione, disabilità ed handicap, pur essendo tra di loro in relazione, indicano condizioni diverse e non possono essere usate in modo genericamente interscambiabile. In seguito ad alcune revisioni operate dall’OMS sull’ICIDH nasce l’ICF (International Classification of Functioning, Disabilities and Health). A differenza delle precedenti classificazioni (ICD e ICIDH) nelle quali veniva dato ampio spazio alla descrizione delle malattie dell’individuo ricorrendo a termini quali malattia, menomazione ed handicap (usati prevalentemente in accezione negativa) nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento all’analisi della salute dell’individuo in chiave assolutamente positiva. Attraverso la classificazione si vuole fornire la più completa ed approfondita analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute ed ambiente, arrivando alla definizione di disabilità intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Questa nuova classificazione mette tutte le malattie e le patologie sullo stesso piano, senza distinguerle in rapporto a ciò che le ha causate. Inoltre, analizza il contesto sociale, familiare, abitativo o lavorativo del soggetto. Esamina cioè tutti gli elementi che possono influire sulla qualità della vita della persona.
    La diversità e la disabilità sono termini che spesso vengono confusi ma allo stesso tempo sono carichi di molteplici significati. Il tema del diverso suscita da sempre sentimenti contrastanti, di curiosità, di rifiuto, di paura…
    Invece la diversità dovrebbe stimolare la curiosità,l’interesse e il desiderio di conoscere meglio gli altri,perché se non ci fosse diversità tra gli altri ci sarebbe solo una noiosa uguaglianza e monotonia. La diversità si rivela agli occhi,alla mente e al cuore di ognuno di noi nel confronto,nella conoscenza e nell’interesse per l’altro. Ogni persona migliora e si arricchisce a contatto con l’altro perché ogni uomo ha delle caratteristiche che lo rendono unico e irripetibile. Il diverso viene isolato,incute timore,non lo capiamo…il diverso viene il più delle volte emarginato e spesso non ha la forza necessaria di reintegrarsi. Per quanto riguarda il termine disabilità riteniamo tale una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana,una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità. Il disabile è un soggetto che presenta disturbi fisici o psichici che diventano un disagio nel momento in cui ci si confronta con persone normodotate. Esistono anche persone con disabilità e non si sentono tali perchè riescono a svolgere qualsiasi tipo di attività,esempio imminente è Simona Atzori ,nata senza braccia, ma ha saputo trasformare questo handicap in un punto di forza, e realizzare i suoi grandi sogni: dipingere e diventare una ballerina;oppure Oscar Pistorius che nasce con una grave malformazione agli arti inferiori, all'età di soli undici mesi gli vengono amputati entrambi i piedi,oggi Oscar corre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio denominate "flex feet". Tutto ciò ci fa riflettere sul fatto che ogni individuo ha caratteristiche peculiari che lo contraddistinguono come unico e irripetibile;molte volte le persone con disabilità sono "invisibili" ma dobbiamo renderci conto che la disabilità non è un mondo a parte ma è una parte del mondo!

    2)Anna Maria Murdaca scrive il testo Complessità della persona con disabilità, rifletti su quali logiche guidano il suo discorso, riguardo:
     la rimodulazione del termine integrazione
     la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
     la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità
    riportando come, attraverso le tematiche proposte (il contesto sociale, la persona, lo spazio di cura come luogo riparativo), possiamo pensare in modo nuovo ad una relazione educativa
    (anche qui riporta i tuoi laboratori laddove ritenuto congruo).

    La docente Anna Maria Murdaca nel suo testo “Complessità della persona e disabilità” affronta temi molto importanti come:l’integrazione ,la complessità e l’umanità della persona,l’inclusione e l’inserimento del disabile,l’ambiente,lo spazio ripartivo e quindi la globalità della persona considerando i disabili cittadini a pieno titolo. Ciò a cui mira il testo di Murdaca è quindi ricostruire una nuova cultura della disabilità,rimodulare il termine ‘integrazione’ e cercare di comprendere le reali condizioni di vita, quale ruolo possono assumere i soggetti disabili e quali servizi vengono erogati per le loro esigenze. Sappiamo molto bene che è il contesto sociale ,le barriere architettoniche che vanno a determinare la condizione di handicap,infatti è importante valutare l’influenza del’ambiente sulla vita degli individui. Con la tecnologia si può migliorare l’ambiente delle persone diminuendo così la disabilità,mi riferisco in modo particolare alla domotica,una scienza che studia l’utilizzo delle tecnologie che servono a migliorare la qualità della vita;con i dispositivi domotici infatti è possibile compiere molte azioni quotidiane con pochi o addirittura nessun gesto. Esempio è Andrea Ferrari affetto da tetraplegia spastica che vive a Verona in una casa domotica. Nonostante ciò bisogna lavorare ancora tanto per fare in modo che la comunità sociale superi i limiti di una società che spesso trascura i soggetti disabili.
    L’obiettivo principale è quello di valorizzare la persona umana rispettando le sue differenze,bisogna saper prendersi cura degli altri,aiutare la persona con deficit a ridare senso e significato alla sua personale esperienza e fargli capire che la sua storia è unica accettandosi e convivendo con la propria specialità. Da qui nasce l’esigenza di parlare di ‘integrazione’ intesa sia come accoglienza verso diverse identità sia come condivisione di valori etici,quindi non basta soltanto una educazione classica ma è necessaria una educazione che consenta la crescita della persona in tutte le varie dimensioni. Importante è la relazione educativa che si instaura tra l’educatore e l’educando,dove ognuno impara dall’altro,si mette in comune qualcosa,e si comunica in modo profondo. Senz’altro i ruoli sono differenti ma questo non vuol dire che siano su piani differenti perché la cosa importante è che entrambi sappiano ascoltare ed ascoltarsi e mettano in comune i sentimenti ed anche i vissuti personali. Si può avere una comunicazione del genere solo se c’è forte fiducia reciproca;occorre che l’educatore,che spesso è costretto dal suo ruolo si tolga la ‘maschera’ e sia se stesso,per ottenere rispetto non deve giudicare,censurare opinioni e scelte ma mostrargli tolleranza e riconoscimento. Ma una relazione educativa non è solo quella tra educatore ed educando ma anche quella tra madre e figlio,quindi il loro rapporto in ambito familiare,oppure tra docente e discente,un legame che produce apprendimento.
    La volontà sta alla base di una relazione educativa,per predisporsi all’accoglienza,all’ascolto e lasciando spazio alla libertà dell’altro ma costruendo insieme poco per volta un progetto di vita personale ed originale.

    3)Remaury, Lipovetsky e Braidotti: proponi, arricchendole di riferimenti, le tue riflessioni su questi autori sul corpo trasformato e mostruoso (anche in riferimento al laboratorio le protesi estetiche).

    Bellezza e salute sono gli ideali del nostro tempo. La pubblicità, che prima di essere l’anima del commercio è lo spirito della nostra civiltà, pone al centro della sua attenzione quasi sempre un’immagine che idealizza la bellezza, la giovinezza e la salute femminile. Quante e quante ore passano oggi le donne in palestra, o presso i centri estetici, per tenersi in forma o rigenerarsi! Per non parlare dei chirurghi estetici che, propongono e realizzano interventi rimodellanti di parti più o meno ampie parti del corpo: a volte con risultati discutibili. Poi, ancora, bisogna chiedersi perché questo canone estetico sia così coinvolgente; perché venga vissuto come un dovere assoluto, al punto da far sì che per molti ne vada di mezzo l’identità intera della propria persona; quali conflitti profondi genera la tensione fra realtà e modello nelle donne che non riescono ad adeguarsi ad esso nella misura in cui vorrebbero. Sono questioni, tutte queste, che vengono affrontate nei testi di alcuni autori come Remaury,Lipovetsky e Braidotti.
    Remaury nel suo testo ‘Il gentil sesso debole’ dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione e miriamo alla triade giovinezza-bellezza-salute,l’immagine ideale della donna proposta dai media;Lipovetsky invece nel suo testo ‘La terza donna’ parla della donna come colei che controlla e gestisce la propria immagine all’interno dei modelli sociali. Quindi ,diciamo, che un corpo è considerato libero o liberato e perfetto quando si libera dalla malattia,quando è un corpo sano e giovane,un corpo magro. La magrezza non è solo bellezza,modelle anoressiche purtroppo rappresentano un prototipo di bello ma in realtà è qualcosa di mostruoso e deforme. Braidotti nel suo testo ‘Madri,mostri e macchine’ riflette sulla relazione antica, complessa e multiforme che c'è tra le madri, i mostri e le macchine, relazione che passa per il corpo ma anche per la sua rappresentazione simbolica. Il corpo gravido e quello mostruoso si mischiano da sempre nell'immaginario maschile come qualcosa di orribile e meraviglioso, affascinante e mortalmente terribile. Viene affrontato anche il tema del corpo macchina,un legame tra femminismo e tecnologia che certamente è un rischio e non dà alle donne la certezza di uscirne vincitrici.
    Angela Di Marzo
    Angela Di Marzo


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 32
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Angela Di Marzo Lun Mag 14, 2012 5:55 pm

    ESERCIZIO 1
    Negli anni 70 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute)elabora l’ICD che è la Classificazione Internazionale delle Malattie,essa risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie,fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e indicazioni diagnostiche.
    Essa trascurava quindi gli aspetti relazionali, ambientali e contestuali che al contrario, come la scienza degli ultimi anni ha mostrato, sono fattori imprescindibili della salute o della malattia, che condizionano il percorso umano e sociale degli individui con la stessa forza della patologia stessa, trasformandosi o in fattori di rischio aggravanti il disturbo o in fattori di protezione che generano miglioramento della salute.
    Negli anni 80 l’OMS mette a punto l’ICIDH (Classificazione delle Menomazioni, Disabilità ed Handicap) che si basa su tre fattori:menomazione,disabilità ed handicap i quali verranno sostituiti da:menomazione,abilità e partecipazione,e nel 2001 propone una definizione del concetto di disabilità multidimensionale elaborando l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute).
    Secondo tale classificazione la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole,il disturbo di per sé,quindi,non è così rilevante e statico se inserito in un contesto di vita favorevoli.
    Sono le barriere mentali, culturali e anche architettoniche a determinare il processo di esclusione ed emarginazione, le persone disabili vengono considerate così DIVERSE.
    La giornata di qualsiasi persona normodotata è per un disabile piena di difficoltà a causa di tali barriere …
    Non tutti sono in grado di guardare oltre l’esteriorità di una persona … mi vengono in mente le parole di Simona Atzori :"Se vogliamo esprimere noi stessi..non c'è limite che tenga,i limiti li pongono le altre persone"... Ella nonostante la sua condizione riesce anche ad avere fede , dovremmo essere noi ad imparare da lei, invece di considerarla “diversa” e “inferiore”.

    L’ICF è descritto dall’OMS come un “linguaggio standard e unificato che serva da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati a essa correlati”, classifica le conseguenze associate alle condizioni di salute,ed è stato introdotto perché le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica non erano giudicate sufficienti per capire che cosa quella persona è in grado di fare e quali sono invece le attività nelle quali ha difficoltà.
    Con l’ICF il cambiamento è nel pensare le condizioni di salute più che le condizioni di malattia, la disabilità come un evento dinamico e non statico, l’handicap come determinato da barriere esterne e non come condizione del singolo. Oggi con l’ICF il termine benessere diviene centrale proprio perché considera fondamentale esaltare le risorse personali fisiche, sociali e ambientali delle persone al fine di garantire condizioni di vita ottimali.

    ESERCIZIO 2
    Anna Maria Murdaca ha come obiettivo la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità.
    Ella parla di integrazione come accoglienza e come condivisione di valori. L’accoglimento è visto come luogo in cui il soggetto definisce se stesso avvicinando l’altro e riesce ad emancipare il soggetto con disabilità.
    Si vuole portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità,della propria autostima.. la nuova cultura della disabilità deve essere attenta a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive e innalzare la qualità della vita dei soggetti.
    La costruzione dell’identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti e capaci di sviluppare le potenzialità personali.
    Rimodulare l’integrazione significa guardare alla globalità della persona senza scomporla in funzioni da curare separatamente. Bisogna lavorare per progettare spazi in cui si faccia attenzione alla persona, alla socializzazione ,alla globalizzazione e all’integrazione.
    Bisogna trattare i disabili come cittadini a pieno titolo, ripensando ad una comunità con veri spazi di formazione per loro che superi i limiti di una società che li trascura, bisogna dargli voce guardando di più alla presenza del soggetto piuttosto che all’assenza delle funzioni
    Sono necessari ambienti di apprendimento nei quali anche educatori/insegnanti siano preparati ad una ricostruzione del diverso .
    In ogni relazione ogni individuo riceve qualcosa, l’educatore deve trasmettere qualcosa di positivo nelle relazioni che costruisce arricchendole di conoscenze.
    Nella relazione educativa al disabile ,l’educatore deve mettere in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile.
    Non bisogna mettere in luce le mancanze ma evidenziare le potenzialità, non bisogna DEFINIRE NESSUNA PERSONA PER SOTTRAZIONE: non ha, non sa fare, etc. perché non è la mancanza di qualcosa che può contraddistinguere qualcuno, ma la sua capacità di sentire, di fare, di agire e di pensare nell’unico suo modo specifico e personale.
    Ogni disabile ha una sua storia; ed è tale storia che deve essere letta, codificata e decodificata se si vuole raggiungere il successo formativo.
    Si tratterebbe di educare il soggetto a realizzare la propria libertà di essere diverso.

    ESERCIZIO 3
    Secondo Remaury nelle rappresentazioni della femminilità la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. La responsabilità e la cura della salute è da sempre affidata alla donna.
    La costruzione estetica del corpo si attiene ai modelli dominanti del proprio tempo:è proprio così viviamo in una società basata sull'immagine in cui se il proprio aspetto non rientra in certi canoni non ci si accetta e si entra in conflitto con se stessi. Abbiamo modelli di bellezza che ci impongono di avere determinate caratteristiche , sminuendo il valore della diversità, la quale ci rende unici e pertanto ancora più belli!
    La propaganda mediatica suggerisce i canoni della bellezza e della perfezione corporea, quelle che non si adeguano finiscono con il sentirsi umiliate.
    Remaury , nel “il gentil sesso debole” dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione ,abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute
    Il “corpo esatto” compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza e ad altre discipline, ed è il modello dominante
    Il “corpo liberato” lo è dalla malattia cioè sano,dal peso cioè magro e dal tempo cioè giovane.. la terza donna celebrata da Lipovetsky nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti.
    La Braidotti critica il divenire donna di Deleuze che è semplicemente il “divenire altro” e non riguarda le donne , secondo la autrice è solo il segno di trasformazioni in atto e consiglia un’asimmetria tra i sessi. Ciò che accomuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità.
    Ci sono molte persone che ricorrono alla chirurgia estetica solo per sentirsi accettati dagli altri,ma a mio parere accettarsi e sentirsi belli per quello che si è,è la vera "operazione" da fare. Credo che la perfezione sia pura soggettività..
    Chiaramente esistono canoni di bellezza che chiunque non può negare ma la perfezione rimane un miraggio della propria individualità!
    Flavia Cozzolino
    Flavia Cozzolino


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Flavia Cozzolino Lun Mag 14, 2012 6:15 pm

    1.IL PASSAGGIO DALL’ICD ALL’ICF
    L’ Oms(Organizzazione Mondiale della Sanità) elaborò la prima classificazione nel 1970:la classificazione Internazionale delle malattie o ICD si pose come obiettivo quello di cogliere le cause delle patologie, fornendo una descrizione delle caratteristiche cliniche e delle indicazioni diagnostiche. L’ICD focalizza l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia, ovvero crea un’identificazione tra malattia e disabilità, traducendo le diagnosi in codici numerici e facendo dell’elenco una sorta di enciclopedia medica. Nel 1980, l’OMS elaborò una seconda classificazione, che superò la prima: l’ICIDH ,International Classification of Impairments,Disabilities and Handicaps. La nuova proposta si basava su tre fattori: MENOMAZIONE,DISABILITà E HANDICAP sostituiti rispettivamente da MENOMAZIONE, ABILITà E PARTECIPAZIONE. Menomazione: perdite o anormalità a carico di una funzione psicologia, fisiologica o anatomica che possono essere transitorie o permanenti. Disabilità: limitazione o perdita, conseguente a menomazione, ossia l’incapacità di svolgere determinate funzioni e particolari compiti nel modo e nell’ampiezza considerati “normali” per un individuo. Handicap: traducibile in italiano con”svantaggio” ,indica la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri, evidenziandone il disagio sociale e la condizione di svantaggio. Pubblicato dall’ Oms nel 2001 è stato l’ ICF: Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. Secondo cui la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. La disabilità non è solo condizione soggettiva o caratteristica propria della persona ma viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di espletare. Per tale motivo i termini della classificazione precedente ( menomazione ,disabilità e handicap) saranno sostituiti da FUNZIONI,STRUTTURE CORPOREE E ATTIVITà E PARTECIPAZIONE. L’ICF non classifica solo condizioni di salute(come l’ICD) bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute, studiando le condizioni possibili per migliorare la qualità della vita delle persone affette da patologie. L’ ICF trova applicazione in diversi abiti: educativo, sociale, sanitario, ricerca, politico sociale e sanitaria. Ed è sempre all’interno dell’ICF che si parla di CHECKLIST, una lista di controllo che fornisce una descrizione del tutto neutrale sugli aspetti positivi e negativi della persona, la presenza o l’assenza di menomazioni riguardanti le funzioni delle strutture corporee e sui fattori contestuali e della loro influenza positiva o negativa. Il passaggio dall’ ICD all’ICF è avvenuto proprio per mettere in risalto l’interazione tra diversi settori, prendendo in considerazione non solo gli aspetti medici legati alla presenza di una condizione di salute, ma anche gli aspetti sociali conseguenti alla condizione di salute, il contesto ambientale in cui vive il soggetto. Di fondamentale importanza è stato il laboratorio ”Barriere architettoniche\Orologio”, un’occasione che ci ha fatto riflettere sulle difficoltà sempre crescenti che le persone affette da patologie affrontano ogni giorno. Abbiamo notato quanta indifferenza e quanto egoismo prevale nella nostra società…mi sono chiesta: com'è possibile che in un mondo super tecnologico, in cui sono tanti i progressi avviatisi, dove si dice che vi è un alto tenore di vita che oscilla tra benessere e libertà, vi siano ancora tutte queste difficoltà??? Facciamo l’esempio di una persona disabile, potrebbe incontrare difficoltà già varcando l’uscio di casa: presenza di scale, ascensore poco comoda, i pullman non muniti di pedana, metropolitana sempre più affollate, strade strette, marciapiedi occupati da auto parcheggiate male…Il disabile non è una persona? Non ha diritto alla vita, alla propria indipendenza e autonomia??? I disabili sono PERSONE, e la loro vita va rispettata e riconosciuta! Al riguardo è utile una riflessione tra disabile e diverso. Chi è il Disabile? Il disabile è una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana dovuta da disfunzioni motorie e\o cognitive, inoltre un disagio sociale potrebbe ricadere sulla sua sfera psicologica. Molto spesso nei confronti della persona con disabilità si tende ad assumere un atteggiamento di pietismo, facendo gravare sulle loro spalle il peso di inutili barriere architettoniche .Inoltre esistono anche persone con disabilità che non si sentono tali, un esempio può essere Maria Atzori, dimostrazione vivente che i limiti non esistono, ma sono presenti solo in chi con superficialità ci guarda. Molto spesso il termine disabile viene confuso con DIVERSO. La diversità porta alla categorizzazione, cioè alla collocazione di certe persone in determinate categorie, portando a interiorizzare sentimenti di inferiorità e inadeguatezza,inducendo all’autosvalutazione e all’autoesclusione. Durante la simulazione ”SINDACO\ESPERIENZA “EMARGINAZIONE”, notammo quanto sia facile isolare, emarginare, etichettare una persona o un gruppo simili(in quel caso le persone con gli occhiali) e quanto sia invece difficile, prendere visione dell’esclusione provocata e dei sentimenti procurati. Si è troppo attenti a se stessi, e convinti che il diverso sia lo straniero, l’handicappato, il genio, colui che non si adegua alla norma, il diverso fa paura, incute timore…Ma poche volte ci siamo chiesti: DIVERSO DA CHI O DA COSA? …Tutti sono diversi; ma non tutti sono disabili.


    2.ANNA MARIA MURDACA
    Anna Maria Murdaca, docente esperta e autrice competente in questioni relative la persona con disabilità nel suo testo COMPLESSITà DELLA PERSONA CON DISABILITà, tiene conto di diverse tematiche, come: integrazione, inclusione e l’inserimento del disabile, la cura e la relazione educativa, i paradigma del benessere, i nuovi scenari prospetti, l’ambiente, lo spazio riparativo ,le capacità funzionali, la biografia emotiva-affettiva, la globalità della persona, disabili: cittadini a pieno titolo. Il testo mira soprattutto alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione e alla ridefinizione di un progetto di vita per persona con disabilità. Per Murdaca è necessario dirigersi verso l’inclusione, adottando l’ottica della globalità: riconoscimento e valorizzazione della persona, rispettando differenze e identità(non a caso, per l’autrice è importante abbandonare la logica dell’inserimento legge 118 del 1971). L’integrazione è una ricerca continua di soluzioni, di strategie idonee a perseverare i diritti acquisiti dei disabili, con lo scopo di valorizzare al meglio le capacità individuali. Le persone dovrebbero essere definite per ciò che sanno fare, per le loro dotazioni, senza perdere umanità, ma molto spesso esse sono definite per “sottrazione”, per le loro carenze o “limiti” se così possiamo definirli. Inoltre, la logica della disabilità è la stessa del linguaggio: deve essere multilineare, deve analizzare il soggetto e il contesto. Ed è proprio quest’ultimo, uno dei concetti su cui si focalizza l’attenzione di Marduca. è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche che confluiscono ad escludere la persona disabile. L’ambiente è un fattore determinante nel definire la disabilità, può fare da barriera o da facilitatore. L’identità della persona con handicap viene definita da due valutazioni: il sistema delle opinioni personali ed il sistema delle informazioni istituzionali e formali. La nuova cultura della disabilità deve mirare a cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive quanto a innalzare le qualità della vita dei soggetti. L’obiettivo è sempre lo stesso: guardare alla globalità della persona che non può essere scomposta in funzioni che possono essere curate separatamente, perdendo di vista l’insieme. È opportuno, al riguardo attivare una rete di servizi che realizzino un processo di empowerment per la cittadinanza attiva , il tutto è finalizzato a sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppo di indipendenza e emancipazione. La società dovrebbe promuovere veri spazi di formazione per i soggetti disabili, rendendoli responsabili e attivi nelle relazioni. Questa è un’altra tematica proposta nel testo Complessità della persona con disabilità: far in modo che i disabili siano rispettati e ritenuti cittadini a pieno titolo. Questo aspetto mi ricorda l’incontro avvenuto con alcuni membri dell’U.N.I.Vo.C , Unione Nazionale Italiana Volontari Pro Ciechi),che ha come scopo attività di volontariato a favore dei ciechi e in più in generale dei minorati della vista. Gli ospiti presentarono il progetto “Vediamo di muoverci” con l’auspicio di realizzare un “Muoviamoci Insieme”. L’obiettivo è quello di rendere la città accessibile a tutti , una città senza barriere architettoniche, che spesso sono barriere culturali. Bisogna scrollarsi da pregiudizi o da inutili forme di pietismo, vederli come persone, permettergli di svolgere una vita normale come tutti gli altri, rendere possibile la loro autonomia, perché ciò è dovuto, è un loro DIRITTO. Questo non permette il superamento di angosce interiori o di difficoltà psicologiche, questi sono aspetti diversi, ciò che conta è aiutare sin dall’inizio e perseguire il superamento dei fattori che ostacolano l’integrazione sociale, culturale e lavorativa dei non vedenti. Anche l’incontro con il prof Palladino, è stato significativo per comprendere il ruolo fondamentale dell’ambiente: dal contesto familiare, alla assistenza sociosanitaria, alla scuola, alle politiche sociali. Vi deve essere una sana collaborazione fra i vari ambienti, la famiglia deve liberarsi quanto prima del senso di impossibilità di miglioramento della situazione psico-fisica del figlio\a, l’insegnante dovrebbe guardare oltre la scuola per sviluppare buone capacità, buone competenze e un’ottima integrazione che possano essere utili nella vita lavorativa futura. A questo punto è opportuno riflettere su cosa sia la relazione educativa. Essa attraversa diverse tematiche...La relazione madre\figlio: questa si costituisce in ambito familiare, e vede come protagonisti i bambini ,ma essi non sono gli unici soggetti a partecipare alla relazione educativa. Educandi in difficoltà: come accennato, a volte gli educandi sono anche adulti in difficoltà, come i tossicodipendenti, gli alcolisti ,i carcerati. La relazione educativa è anche quella che si instaura tra docente e discente, un legame che crea apprendimento, una profonda interconnessione che porta alla fusione delle conoscenze, è un prendere e dare in sincronia. Inoltre fondamentale è anche la relazione che si va stabilire con un disabile, qui è necessario prendere visione della diversa situazione e mettere così in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile, conducendolo su un piano di opportunità con i normodotati. La relazione educativa significa scambio di emozioni tra due o più persone, è indispensabile predisporsi all'ascolto, all'accoglienza, al dialogo, alla reciprocità, all'integrazione educativa ma soprattutto quanto sia necessario assumere un comportamento positivo, basato sul rispetto e sulla parità. Durante le simulazioni, sono emersi diversi aspetti che caratterizzano la figura dell’educatore: la disponibilità, la postura che si assume, la modalità con cui si accoglie la persona in difficoltà, tutto è importante, ogni aspetto svolge una funzione decisiva, nessun dettaglio può essere trascurato.


    3.REMAURY,LIPOVETSKY E BRAIDOTTI
    Remaury autore di: Il Gentil Sesso Debole, Le Immagini Del Corpo Femminile Tra Cosmetica e Salute” sottolinea quanto la cultura dell’immagine nelle donne va confondendosi sempre più con quella di bellezza. Questo aspetto nelle società mass-medialogiche risulta di primaria importanza nella scala dei valori. Il bisogno di essere bella, divenuto ormai un dovere per la donna, risulta imposto dalla stessa società, che guida verso una corsa alla perfezione, mirando alla realizzazione di un triplice obiettivo: giovinezza, bellezza, salute. Fondamentale è il ricorso alla medicina e alla chirurgia, mezzi attraverso cui si è modificata l’idea del corpo, giungendo al corpo trasfigurato(legato all’immagine della perfezione corporea). Lipovetsky offre il suo contributo con “La Terza Donna”, testo in cui si sottolinea i valori a cui la donna deve aderire per il raggiungimento del corpo realizzato: eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale, cioè un corpo sano dalla malattia , magro dal peso, giovane dal tempo. Ed è Rosi Braidotti a ritenere che non esiste un corpo slegato dalla mente e dalla sua struttura emotiva che possa determinare forma e salute. La nostra situazione fisica influenza i nostri pensieri e le nostre emozioni. Nel saggio, Madri mostri e macchine, la Braidotti afferma che ciò che accomuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità: il loro essere stati visti da sempre come mostruosi, come deformi rispetto alla norma che rappresenta il grado zero di mostruosità. Per la Braidotti il divenire donna è solo segno di trasformazioni in atto e consiglia una asimmetria tra i sessi che è indice di una radicale differenza tra donne e uomini sia per quanto riguarda il pensare, la scrittura sia per l’atteggiamento nei confronti della storia e della politica. Nel testo ritroviamo anche il tema corpo-macchina, creando un legame tra femminismo e tecnologia. In relazione anche al testo CORPO,TECNOLOGIE E DISABILITà, a proposito del corpo femminile abbiamo notato che esso sin dal passato ha subito delle modifiche. Basti pensare all’utilizzo di collari per allungare il collo, ai piedi fasciati per non farli crescere o all’uso dei corpetti per stringere la vita, insomma il corpo femminile ha sempre subito nel corso della storia delle manipolazione atte alla modifica della sua corporietà.
    avatar
    ANNA CARANNANTE


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 33
    Località : bacoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  ANNA CARANNANTE Lun Mag 14, 2012 7:43 pm

    Dietro alle parole si nascondono le persone ,o in certi casi proprio le barriere che si vuole abbattere .Cosi anche la parola disabilità può sembrare un concetto scontato ,ma non è cosi. Il riconoscimento che il disabile è prima di tutto una persona è frutto di battaglie.Infatti nel 1970 l'OMS (organizzazione Mondiale della Sanità )fece una prima classificazione chiamata ICD (classificazione Internazionale delle malattie),fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche .Tale classificazione focalizza l ' attenzione sull' aspetto eziologico della malattia ,le diagnosi vengono tradotte in codici ,numeri che rendono possibile la memorizzazione la ricerca e l' analisi dei dati, formando una vera enciclopedia medica.Quindi inizialmente l' OMS considerava la possibilità in termini di malattia ,disordine e disturbo.Ma questa concezione di disabilità è superata.Possiamo considerarla come una condizione universale che tutti possono sperimentare .Infatti proprio nella simulazione fatta in aula in cui ci siamo bendati, li ho sentito di essere disabile nell' animo ,in quanto barcolliamo ,cadiamo,abbiamo paura e non sempre riusciamo ad avere un equilibrio fisico psichico e spirituale, e quindi una condizione di salute ottimale.Possiamo affermare , che la disabilità è parte integrante dell' essere umano al di là del tempo,dello spazio e delle differenze culturali e geografiche.Ciò lo si ricava anche dalla"classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute" ,più conosciuta come ICF ,lo strumento varato dall' OMS nel 2001 .Nella classificazione ICF la disabilità viene considerata non più come malattia, disordine o disturbo, ma come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e ambientali che rappresentano il contesto in cui vive .In altre parole la disabilità è una condizione di salute in un ambiente sfavorevole che determina la condizione di handicap . Quindi con il termine disabile ai intende una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana, un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive che ha mancanza di una o più abilità .Quindi si evidenzia le abilità che una persona non ha si punta l' attenzione sui suoi limiti .Intesa in questo modo l' essere disabile diviene un' etichetta quindi non si parla più di una persona, di un bambino o di una donna ma si parla del disabile,del paraplegico del sordo ecc....Invece il termine più appropriato è quello della diversa abilità ,in quanto si pone l 'attenzione su le abilità che il soggetto possiede,e creando ausili per potenziarle e sopperire alle mancanze.E solo in questo modo si puo diminuire o far scomparire del tutto le condizioni di handicap.Oggi in Italia aumentano sempre di più tale condizione, in quanto vi sono sempre più barriere architettoniche che impediscono al disabile di essere cittadino a pieno titolo ,attivo nella società.Basti pensare alle fermate degli autobus,poste su marciapiedi con superfice irregolare senza scivoli,treni in cui ci sono solo gli scalini e tante altre difficoltà.La mancanza di ausili porta il diversamente abile a vivere ai margini della società ,in quanto si viene a creare condizioni sfavorevoli per la sua integrazione .Creando un' forte divario tra i normodotati ,che si ritrovano all' interno della società ,considerati persone non utili per il progresso e lo sviluppo sociale .Arrivati a questa conclusione bisogna dare spazio come afferma ANNA MARIA MURDACA, a una nuova cultura e conoscenza della disabilità , che non presta attenzione solo al funzionamento, al comportamento o all' assistenza del soggetto disabile ma presta attenzione alla complessità della persona con disabilità valorizzandola.E solo riconoscendola come persona si può attuare il processo di integrazione che non ha un punto di arrivo ma è un processo continuo , una continua ricerca di soluzioni , di strategie idonee a perseverare i diritti acquisiti dei disabili valorizzando al meglio le dotazioni individuali .Non definendo nessuno per sottrazione ma per le proprie capacità. Per far si che tale integrazione possa avvenire occorre un luogo di cura.Per cura A.M.M intende progressiva emancipazione dei soggetti realizzando l' uomo per ciò che è e per ciò che può diventare.L' educazione deve collegare continuamente le esperienze che il soggetto quotidianamente affronta con il suo fare alla biografia emotivo,affettiva e tale collegamento deve diventare per una diagnosi clinica funzionale e per sottolineare l' importanza della precocità degli interventi,multi disciplinari.E solo in questo modo è possibile portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità ,della propria autostima.Importante è coniugare l' aspetto educativo con quello didattico ,quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale in modo che si possa garantire a costoro , quell' diritto di integrazione piena assicurando iniziative di promozione personale,innalzando la qualità della vita dei soggetti. Ciò l' abbiamo visto anche con l' Atzori ,mamma,moglie,figlia,ballerina,guidatrice, pittrice senza braccia.Li è vissuta in un ambiente di cura in cui ho promosso la propria persona e ha elevato la qualità della vita portandola a un perfetto stato di salute,trovando un equilibrio fisico,psichico e spirituale ma sopratutto un equilibrio con l' ambiente che la circonda. Ciò è avvenuta si perchè l'Atzori ha avuto alle spalle un ambiente familiare di cura molto forte , m perchè è una donna , con una forte resilienza che ama profondamente la vita e la vive pienamente.L'Atzori la possiamo considerare come una donna che va "contro corrente" che si ama e si accetta per quello che è ,riconoscendo la sua unicità.Non tutte le donne la pensano cosi, in quanto devono essere belle, giovani per poter essere accettate dalla società che la osserva con un occhio sempre piu critico .E di questo ne hanno parlato anche autori come REMAURY,LIPOVETSKY E ROSI BRAIDOTTI.Parlano di donne che vogliono lottare contro i segni del tempo e per questo si sottopongono frequentemente anche ad interventi chirurgici per migliorarsi sempre di più.Mentre BRAIDOTTI parla di un corpo mostruoso che definisce "corpo macchina" sul quale la donna lavora attraverso un rapporto sempre più stretto con la tecnologia.Ritengo che il nostro corpo è un dono di Dio ,per chi crede, della natura per chi non crede , che abbiamo ricevuto gratis , senza sforzi,senza meriti.Contiene la nostra identità,la nostra essenza la nostra anima ,la nostra coscienza,è bello non secondo i canoni dell' estetica o della moda ma perchè ogni sua parte raggiunge la perfezione ed anche quando è maltrattato ,malato o invecchiato riesce sempre a stupirci.E per questo lo dobbiamo accettare, valorizzarlo e preservarlo.

    Miryam Polidoro
    Miryam Polidoro


    Messaggi : 26
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 32

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Miryam Polidoro Mar Mag 15, 2012 8:33 am

    1) Quante volte sentiamo parole come deficit, disabilità e handicap utilizzate in maniera inappropriata?Quante volte non sappiamo quale termine utilizzare per indicare un determinato concetto?Quante volte sentiamo questi termini utilizzati in maniera offensiva, per cercare di offendere qualcuno..le persone sanno davvero quello che dicono? Sanno davvero il significato profondo di ciascuno di questi termini o li classificano quasi come sinonimi?Proprio per questo, nel 1970 L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha pubblicato “la classificazione Internazionale delle malattie” o ICD, per evitare di utilizzare termini come deficit, disabilità ed handicap in maniera impropria causando un aumento dell'handicap. L’ ICD analizza le patologie fornendo per ogni sindrome una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia (individuare ed analizzare le cause di essa). Successivamente, nel 1980, l’ICD si trasforma in ICIDH, che si basava su tre fattori:menomazione, disabilità ed handicap , successivamente sostituiti da menomazione, abilità e partecipazione, ponendo così maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. Nel 2001, però, dato che le informazioni che vengono date nella diagnosi medica non erano giudicate sufficienti per avere il reale quadro funzionale ella persona, viene stilata la “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabilità e della salute”, ovvero l’ICF, che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati. Per l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole, quindi l’ICF descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati, per questo i termini della precedente classificazione (menomazione, disabilità ed handicap) vengono sostituiti da termini quali funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione. Scopo dell’ICF era quindi di indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale, perché bisogna tenere in considerazione il fatto che la persona disabile è un individuo, con una propria identità. Queste classificazioni sono state fondamentali perché per me le parole sono l'arma più potente che abbiamo, una volta dette a qualcuno,una volta cacciate fuori, così, senza riflettere pienamente non possono più tornare indietro, per questo bisogna pesarle,è necessario conoscerne pienamente il significato,se si tratta di persone che hanno qualche tipo di disabilità,se si tratta di persone alte, persone magre, di qualsiasi tipo di persona; perchè noi, prima di essere persone con i capelli scuri, con gli occhi castani, persone brave in matematica, persone inesperte col computer, persone che hanno un tipo di deficit, persone che hanno una disabilità in qualcosa, siamo soprattutto PERSONE. Per questo mi ha colpito molto la frase detta dal ragazzo protagonista del film "Indovina chi viene a cena" nel discutere col padre sul fatto che non fosse favorevole al matrimonio del figlio con una ragazza "bianca": "ti consideri ancora un uomo di colore mentre io mi considero un uomo"..questa frase abbatte ogni tipo di stereotipo, di classificazione. Spesso, purtroppo, ci si dimentica che le persone con disabilità sono soprattutto persone con un nome, una propria identità, un proprio carattere, delle proprie ambizione e la parola disabilità viene confusa con la diversità. Abbiamo visto come nel corso della storia l’uomo ha emarginato il “diverso” (sappiamo tutti a cosa ha portato ciò che è iniziato come'emarginazione degli ebrei), ma anche nella letteratura italiana abbiamo studiato "Rosso Malpelo" di Giovanni Verga, la storia di un ragazzo emarginato da tutti, addirittura dalla mamma, a causa del colore dei suoi capelli. Studiando per l'esame di pedagogia della devianza e della marginalità abbiamo visto che emarginato significa colui che si trova ai margini, al bordo della pagina..ricordo che da piccola la parte del foglio che mi piaceva di più era il bordo, perchè mi divertivo a fare delle cornicette colorate lungo tutto il margine del foglio..forse è davvero così..forse coloro che vengono messi ai margini della pagina sono davvero la parte più bella del foglio, e magari facendo frutto di ciò che abbiamo imparato sulla relazione come scambio di opinioni e arricchimento reciproco potremmo davvero imparare molto da loro. Abbiamo visto, inoltre, come le etichette, il giudizio delle persone, i loro occhi indiscreti, possano peggiorare ulteriormente lo stato d’animo e le condizioni fisiche e psicologiche di una persona..mi correggo, più che visto l’abbiamo udito, in particolare quando abbiamo bendato i nostri occhi con un foulard e la professoressa ci ha letto delle bellissime poesie scritte da ragazze e ragazzi non vedenti, tra le quali ce n’era una scritta da un ragazzo che affermava di aver paura di cadere "non tanto per il dolore che si potrebbe avvertire, ma per il peso degli occhi delle persone che sul quel pavimento mi potrebbero inchiodare". Occorrerebbe, quindi soffermarsi sulla complessità della PERSONA con disabilità: la sua integrazione, in ambito educativo, linguistico e corporeo, le cause socioculturali della marginalità sociale.

    2) Anna Maria Murdaca, docente esperta e autrice competente in questioni relative la persona con disabilità, nel 2008 ha scritto il testo “Complessità della persona e disabilità. Le nuove frontiere culturali dell’integrazione”. Nel suo testo Anna Maria Murdaca afferma che è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, e sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione. Abbiamo visto in aula dei servizi che mostrano come la nostra città, come pure le altre, siano piene di barriere architettoniche per le persone disabili (cosa che possiamo notare facilmente facendo una passeggiata o stilando una scaletta della nostra giornata tipo). La tecnologia, però, sta cercando di abbattere queste barriere attraverso la domotica. La casa domotica offre infiniti vantaggi in particolare alle persone con disabilità: consente loro di vivere la vita in maniera autonoma, di crearsi una propria indipendenza, cose fondamentali per la vita di ognuno e in particolare per l’integrazione di una persona disabile. L’obiettivo del testo di Anna Maria Murdaca è, quindi, la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. Oltre alle barriere architettoniche, vi sono anche le barriere sociali, che, però, possono essere abbattute tramite l’ambiente di una persona (famiglia, scuola), e, quindi, in particolare grazie all’aiuto della relazione educativa. La relazione,in generale, è un incontro umano portatore di valori, opinioni,vissuti, di fondamentale importanza per la crescita umana, perchè soprattutto è fondato su uno scambio reciproco. La relazione educativa può riguardare il rapporto madre-padre/figlio, docente/discente, educatore/educando, ciò che è fondamentale, però, è che il rapporto si rafforzi in maniera costante grazie ad un comportamento basato sul rispetto e la parità. Il testo “Complessità della persona con disabilità”, mette alla luce un aspetto di fondamentale importanza nell’educazione educativa con persona disabili: non considerarli come soggetti passivi di pietismo ma altrettanto responsabili di questa relazione. Bisognerebbe, quindi, ri-pensare ad una società con veri spazi di formazione per i soggetti con disabilità. Non bisogna assolutamente mettere in luce le “mancanze” ma evidenziare le potenzialità, al tempo stesso non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione, perché si tratta di persone, e si caratterizzano per capacità, non per quello che non sanno fare.

    3)Remaury, Lipovetsky e Braidotti sono tra autori che hanno affrontato il tema del corpo trasformato e mostruoso. In tutti e tre i testi si affronta il fatto che la cultura dell’immagine nelle donne si confonde con quella della bellezza (che nella società mass-mediologica è di primaria importanza nella scala dei valori). Remaury, nel “gentil sesso” ice che siamo orientati verso una corsa alla perfezione, e che abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza, bellezza e salute. Lipovetsky ne “La terza donna” afferma che ci sono tre tipi di corpo verso il quale si protende: corpo trasfigurato (legato all’immagine della perfezione corporea, in particolare il corpo deve ascendere faticosamente ma inesorabilmente la scala della perfezione grazie ai progressi della scienza), il corpo esatto (che compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza ed è il modello dominante), il corpo liberato (che lo è dalla malattia, dal peso, dal tempo, obbligatoriamente perfetto). Vorrei riportare una frase di Jean Baudrillard ,teorico della virtualità del mondo apparente, per riflettere sulla concezione di estetica che si cela nel vasto uso della chirurgia estetica e delle protesi estetiche nella società attuale: “il corpo che si pone il problema della propria esistenza è già quasi morto, e il culto che attualmente gli si dedica, metà yogico metà estetico, è una preoccupazione funebre”. Oggi pare che si sia travalicato lo scopo essenzialmente terapeutico e ricostruttivo della chirurgia estetica dedicandogli un uso eccessivo scaturente da un vero e proprio culto dell’apparenza. Come dice il filosofo è diventata una preoccupazione quasi funebre..nel senso che si celebra il funerale della vera essenza dell’umanità a favore del virtuale e dell’effimero, pare che si sia spostato l’asse dell’interesse dall’interiorità dell’uomo alla sua esteriorità, al suo apparire in pubblico più che al suo essere. I cambiamenti degli anni diventano per molti fonte di ansia e di nevrosi, le piccole imperfezioni sinonimo di originalità e unicità vengono vissute come mutilazioni addrittura già nell’adolescenza, non sono rare le notizie riportanti operazioni estetiche regalate come dono per il raggiungimento della maggiore età!!! Quando il corpo con le sue imperfezioni diventa fonte di problema esistenziale è già quasi morto…. Una affermazione forte ma che induce proprio a riflettere sulla concezione di vita che si sta diffondendo nella società moderna… una vita dove bisogna ricalcare i modelli di perfezione estetica proposti da i mass media , dove si è pronti a sottoporsi a dolorose e costose operazioni pur di raggiungere quell’ideale proposto da essi… è estremamente attuale l'affermazione di Postman: "oggi si pensa che il corpo sia obsoleto e perciò si lavora duramente, perlopiù in maniera inconsapevole, per sostituirlo con qualcosa di meglio".
    Rosi Braidotti, in “Madri mostri e macchine afferma che “ciò che accomuna tutte le diversità è la distanza di quei corpi dalla normalità: il loro essere stati visti da sempre come mostruosi, come deformi rispetto alla norma che rappresenta il grado zero della mostruosità” .Personalmente mi ha fatto molto riflettere la parola Mostro: potremmo intendere il mostro come persona capace di compiere atti orrendi incutendo paura..riflettendoci bene, spesso la parola viene intesa anche in senso positivo come prodigio, come una persona particolarmente dotata in qualcosa..sono arrivata alla conclusione che in realtà un mostro è semplicemente una persona capace di fare qualcosa che va al di là delle nostre aspettative, che è capace di meravigliarci, sia in positivo, che in negativo. La stessa parola “mostro” dal greco significa allo stesso tempo orribile e meraviglioso, oggetto di aberrazione ed adorazione.
    Miriana Medaglia
    Miriana Medaglia


    Messaggi : 23
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 33
    Località : Caserta

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty PROVA INTERCORSO

    Messaggio  Miriana Medaglia Mar Mag 15, 2012 9:24 am

    Le parole sono importanti”, sostiene Canevaro, e noi in questo corso ce ne siamo accorti. Usavamo, senza discriminarli, i termini disabile, diverso, menomato, handicappato come sinonimi ed era necessario fare un po’ di ordine.
    Per menomazione si intende l’esteriorizzazione di una perdita (momentanea o permanente) di una funzionalità fisica o psicologica, è un danno funzionale che porta ad un’ anormalità di uno specifico settore (arto, memoria, ecc…). Se è degenarativa può portare alla disabilità.
    Per disabilità intendiamo, invece, l’incapacità o la limitazione nello svolgere determinate funzioni considerate normali per l’individuo; è una conseguenza della menomazione, è la sua applicazione in termini pratici. Ma la disabilità va oltre la limitazione perché non coinvolge solamente l’aspetto fisiologico dell’individuo, ma anche e soprattutto quello sociale. Essendo limitato nel compiere attività considerate “normali”, il disabile vive anche un disagio psico - sociale dettato dal disadattamento che può vivere (fortunatamente non sempre) nella società. Qui si parla di handicap, ovvero la difficoltà che il disabile trova nel contesto territoriale e sociale, lo svantaggio che impedisce la sua realizzazione integrale come uomo e come cittadino; è lo scarto che si viene a creare tra la condizione reale del soggetto e le aspettative che il soggetto ha della propria condizione. Essendo dipendente dal contesto socio-culturale, esso può essere aumentato, ridotto o addirittura annullato: le barriere architettoniche, per esempio, lo aumentano, gli ausili (ascensori, pedane, sedie a rotelle) lo riducono, ma credo che solamente la comunità dove è inserito il disabile può annullarlo, perché i veri portatori di handicap siamo noi, come ho scritto anche nell’intervento sulle barriere architettoniche, perché siamo noi che con il nostro egoismo e la nostra disattenzione aumentiamo il disagio di queste persone e impediamo la loro effettiva integrazione. Integrazione significa non solo inserire qualcuno in un contesto, ma anche e soprattutto cercare un rapporto con lui, cercare di uniformarlo a tale contesto e al tempo stesso saper valorizzare le sue individualità, le sue abilità, senza guardare al deficit ma guardando alla globalità della persona che ci è davanti. Dicevo che siamo una società di egoisti e “distratti” e solo con l’esercizio dell’orologio mi sono soffermata a pensare a quante difficoltà vivono ogni giorno i disabili, agli handicap che trovano in ogni città, al disagio che essi vivono a causa delle mancate strutture e a causa della nostra indifferenza, oltre che all’enorme quantità di tempo in più che servirebbe per fare il solito percorso fino all’università (proprio io che vado sempre di fretta e corro tra un treno e l‘altro…).
    Quindi è scorretto confondere il termine disabile con quello di handicappato, così come è scorretto confonderlo con quello di diverso. Il diverso è colui che non inseriamo nel nostro campo semantico, chi ci è lontano fisicamente e psicologicamente, chi non conosciamo e ci fa, quindi, paura. Come ho detto dell’intervento sugli stereotipi, è una concezione altamente soggettiva perché diversa posso essere io per alcuni e per altri no, diverso lo si è per gli altri che ci vedono “altro”. Ma questo può anche non essere un fattore negativo perché essere altro significa avere abilità diverse e uniche che gli altri non hanno; allora si che il disabile può essere diverso, anzi è un diversabile, perché ha disabilità e abilità come tutti gli esseri umani; ha un deficit, che forse noi non abbiamo, ma che viene posto finalmente in secondo piano per dare spazio alle sue potenzialità. Tutti questi termini si sono, nel corso degli anni, aggiunti e accavallati tra di loro e la confusione che abbiamo forse dipende anche dalle diverse classificazioni elaborate nel corso degli anni dall’Oms. Negli anni ‘70 viene formulata l’ICD, intesa come una classificazione enciclopedica delle malattie ( nelle quali rientravano anche tutte le forme di disabilità), dalle loro caratteristiche patologiche alla diagnosi, identificate attraverso un codice numerico. Dieci anni dopo, con l’introduzione dell’ ICIDH viene abbandonato questo sistema, dando più spazio ai concetti di disabilità, menomazione e handicap. Successivamente questi termini verranno sostituiti da quelli più sani di abilità e partecipazione ( i disabili non sono più definiti per sottrazione ma per le loro individuali dotazioni, non sono più oggetti di pietismo ma attivi cittadini aventi diritti sociali, civili, scolastici, lavorativi). In anni più recenti l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato l’ICF, che introduce i concetti di salute, attività, partecipazione. La disabilità è qui intesa come una condizione di salute data da un contesto sfavorevole, dove per salute si vuole intendere la propensione verso un equilibrio fisico, sociale, psicologico che miri all’innalzamento della qualità di vita del soggetto. Al fattore medico si aggiunge, quindi, quello sociale e contestuale, perché sono quest’ultimi che possono garantire il benessere ai disabili e la loro valorizzazione come persone, la loro inclusione e il loro accoglimento nella società, la quale dovrà provvedere al rispetto delle norme, alla rimozione degli ostacoli e alla considerazione della personalità del soggetto con disabilità.
    Questi sono alcuni degli obiettivi che Anna Maria Murdaca pone nel suo testo “Complessità della persona e disabilità” per la realizzazione di una nuova cultura della disabilità.
    Appurato che è il contesto sociale a determinare l’integrazione o l’esclusione dell’individuo con diversità/disabilità, partiamo proprio dal concetto già introdotto di integrazione, intesa come valorizzazione della persona e delle sue peculiarità. La tendenza a definire i disabili per sottrazione è purtroppo molto diffusa (privo della vista, delle gambe, dell’udito) e questo, oltre ad essere grave di per sé, offusca la nostra attenzione e ci impedisce di vedere oltre, di osservare le capacità che hanno e non ci fa riflettere sull’umanità che li caratterizza (spesso, invece, li priviamo anche di questo). Dimentichiamo, forse, che ognuno di noi ha delle abilità e delle dis-abilità che tendiamo a nascondere e a non evidenziare e mai ci sogneremmo di essere identificati per quelle nostre mancanze piuttosto che per le nostre abilità. Ma purtroppo questo è quello che accade ai disabili, essere definiti per sottrazione, per quello che non hanno o non fanno piuttosto che per le loro capacità (dicevo dell’ Atzori “quante cose lei riesce a fare -e benissimo- con i piedi, cose che noi non saremmo capaci di fare neanche con le mani!” ). Per questo mi piace il termine diversabilità, perché pone tutti noi sullo stesso piano, disabili e non, perché ognuno di noi ha delle eccellenze e delle insufficienze, dei punti di forza e dei punti deboli. Proviamo a pensare a Pistorius come ad un disabile. Non ci riusciremmo neanche per un secondo perché ha fatto di una sua “ mancanza” un motivo di successo personale e professionale e risulta impensabile definirlo “uno senza gambe” (definizione per sottrazione) perché ormai è per tutti noi un ottimo atleta (definizione per abilità). Pistorius, oltre ad essere un esempio di resilienza, ha centrato in pieno l’obiettivo: essere considerato per quello che si è e non per quello che non si ha! Quindi è proprio vero che “i veri limiti sono negli occhi di chi guarda”. A tal proposito, è urgente, nella nostra società, che si riformuli una nuova idea di integrazione, perché questa riguarda non solo chi dev’essere integrato ma soprattutto chi integra, perché è su quest’ultimi che bisogna lavorare affinché acquisiscano una visione olistica della persona con disabilità, completa dei propri limiti e delle proprie potenzialità. Dicevo prima che integrazione è cercare un rapporto, un avvicinamento reciproco nel rispetto delle rispettive differenze. Questo è un processo continuo perché continua è la ricerca di strategie e soluzioni per far si che la società risulti omogenea, accogliente e garante dei diritti dei disabili, in quanto cittadini a pieno titolo. Con questo intento, la Murdaca propone di ripensare la società come uno spazio che si apre ai disabili e alla relazione con essi, favorendo la comunicazione e la socializzazione, specialmente in ambito scolastico e familiare, dove possiamo parlare di cura educativa. Educare significa guidare qualcuno alla costruzione della propria identità personale, attraverso la conoscenza del proprio sé, della propria storia e delle proprie unicità, nel bene o nel male. E’ soltanto all’interno della relazione educativa che vi è crescita, come dicevo nell’intervento su questo tema, perché essa prevede partecipazione, scambio di opinioni e sentimenti, progettazione e condivisione; è uno spazio riparativo dove si elaborano e si ricostruiscono i propri vissuti emotivi. Questo, che può sembrare pura fantascienza, l’abbiamo visto concretizzarsi, seppur sottoforma di simulazione, il 19 Aprile, dove abbiamo visto l’importanza del rapporto con l’educatore e di come egli possa intervenire per favorire l’integrazione sociale; un rapporto che va oltre la professionalità e che diventa un’ ancora di sicurezza per chi si trova in situazioni difficili. Quello dell’emarginazione è un problema serio e purtroppo ampiamente diffuso e anche su questo abbiamo fatto una simulazione, che ci ha permesso di riflettere sull’assurdità dei motivi che portano a questa drastica realtà e su come è chi emargina ad avere la situazione in pugno, a decidere chi emarginare e per quanto tempo. Si emarginano i diversi, quelli che non sono come noi o che non vorremmo diventassero come noi e li allontaniamo per paura che possano cambiare le cose, portare disordine e invadere il nostro spazio. Nella mappa degli stereotipi una delle parole proposte era “mostro” perché anche questo è un aspetto della diversità; chi non è conforme all’ideale di bellezza, che è diverso dalla massa, chi si allontana dai canoni estetici socialmente accettati è un mostro. Sei non sei bella, se non sei magra, se non sei giovane sei un mostro, almeno nella società mass-mediologica dove conta solo l’apparire e non l’essere. Tempi duri per le donne, come ritiene Remaury, che hanno il dovere di essere belle perché questo è quello che chiede la società e questo è quello di cui (vogliono farci credere) abbiamo bisogno. E’ una società strana, la nostra, perché non importa come si è all’interno: se si è belli fuori automaticamente lo si è anche dentro. Divenire belli fuori, però, comporta una vera fatica; è come scalare una montagna (di falsi valori) in cima alla quale vi è la perfezione e ogni tanto, per fermarsi un po’, si fa tappa dal chirurgo estetico, dal dentista, dal dietologo per rincorrere ossessivamente la perfezione. La Mernissi osserva a ragione che noi occidentali siamo vittime della taglia 42; essa è ovunque e non si può far a meno di raggiungerla, è il modello dominante del nostro secolo e le donne hanno il dovere di conquistarlo; in caso contrario, subentra la frustrazione e l’ umiliazione di non riuscire ad essere come la società vuole. Oggi vi sono tre tabù: vecchiaia, malattia, bruttezza, per cui le donne hanno, per Remaury, un triplice obiettivo: giovinezza, salute, bellezza. Lipovetsky parla della donna che si è liberata da questi tabù, sottomettendosi ai modelli dominanti e illudendosi di poter scegliere quello che è a lei più congeniale (ella crede di scegliere e gestire la propria immagine in maniera libera, in realtà sta solo scegliendo a quale modello adattarsi). Ci troviamo di fronte al corpo trasfigurato di cui parla Remaury, legato all’immagine della perfezione da raggiungere, un corpo che rischia di avvicinarsi drasticamente alla mostruosità. Una donna eccessivamente magra non è una donna, viene privata della sua femminilità, che trova massima espressione nelle forme e nella carne, diventando così un corpo deforme, de-femminilizzato, malato, col rischio di imporre la patologia come nuovo canone estetico. La Braidotti, invece, riflette sul rapporto femminismo- tecnologia, quasi a sfidare le donne che, oltre a essere madri e “mostri”, possono essere anche macchine. Come risultato di “questa continua ricerca della perfezione che porta a trasformazioni violente e invasive, si arriva al punto in cui il corpo diventa una macchina, un dispositivo artificiale e decisamente non-umano” (cit. intervento sulle protesi estetiche)
    Il corpo della donna (ma non solo) diventa così “macchina” e si allontana inevitabilmente dall’ideale di femminilità e maternità; riducendo il suo grado di umanità a zero. Non sempre, però, è così. Nel caso della domotica, per esempio, le macchine possono amplificare l’umanità dei soggetti con disabilità, restituendogli una vita sociale e autonoma; più in generale, le macchine possono essere un prolungamento delle nostre capacità e, a volte, integrare una menomazione. Sono sicuramente degli ottimi ausili, ma non dimentichiamo di essere esseri umani e come tali avremo sempre bisogno di un pezzo di umanità vicino a noi, sia il nostro stato di salute sano o di disabilità.
    arianna annunziata
    arianna annunziata


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 18.03.12
    Età : 34

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  arianna annunziata Mar Mag 15, 2012 10:13 am

    “Le parole che fanno la differenza”…credo che il titolo di un libro sia sempre indicativo,ricco di significato,è come se fosse un biglietto da visita,una targa di riconoscimento,ed è per questo che sono convinta che il messaggio che Canevaro vuole diffondere sia già contenuto pienamente nel titolo del suo libro.Egli vuole divulgare l’importanza dell’utilizzo della parola,l’attenzione della parola,che risulta essere fondementale,non per una questione formale,ma piuttosto perché ogni parola contiene dei simboli.Se l’utilizzo appropiato delle parole è fondamentale nella vita quotidiana,lo è ancor di più in relazione alla disabilità.”La scelta delle parole va fatta con ponderazione” afferma C.,ponderare una parola equivale al bene del disabile,è risaputo che utilizzare termini non appropiati può solo aumentare e non diminuire l’handicap.Al centro delle definizioni,delle parole c‘è la persona,ecco perché è fondamentale saper utilizzare la giusta terminologia,e per questo credo che il lavoro compiuto in questi anni dall’OMS sia stato fondamentale.L’OMS è l’organizzazione Mondiale Della Sanità, agenzia specializzata dell'ONU per la salute,l'obiettivo dell'OMS,è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute,ed è proprio l’OMS ad aver stilato la classificazione internazionale delle malattie, nel 1970 chiamata ICD.L’ICD appartiene alla famiglia delle classificazioni internazionali sviluppate dall’OMS che forniscono un modello di riferimento che permette di codificare un’ampia gamma di informazioni relative alla salute (es. diagnosi, funzionamento e disabilità, ragioni del contatto con i servizi sanitari) e usa un linguaggio comune standardizzato che permette la comunicazione in materia di salute ed assistenza sanitaria in tutto il mondo, e tra varie scienze e discipline.Pone l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia,tutto è ridotto ad un codice di classificazione,e non si da importanza alla dimensione funzionale, che descriva quindi l’impatto della malattia sul funzionamento di un settore corporeo nell’insieme del corpo stesso, e della persona all’interno della sua quotidianità.Nel 1980 l’OMS,migliora la funzionalità della classificazione delle malattia,e così nasce l’ICIDH,tradotta in Italia come ‘Classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli svantaggi esistenziali.In tale classificazione viene fatta l’importanze distinzione tra MENOMAZIONE,ABILITà,PARTECIPAZIONE,termini tra loro interconnessi e interdipendenti e sono anche i termini sostitutivi di menomazione,disabilità,e handicap.(per la prima volta Canevaro utilizza il termine DIVERSABILE,non si parla più di disabile,ma diversamente abile,meta importante per le persone che venivano e vengono ancora etichettate per una mancata abilità.Le persone hanno bisogno di non essere etichettate, nel forum “simulazione e avviso”ho parlato della poesia chiamatemi per nome in tal modo…”è racchiuso in essa il desiderio forte,l'urlo di rifiuto,la voglia di non essere giudicati per quello che non si ha,ma per ciò che si è.non chiameremmo mai un ragazzo,portatore di occhi castani,allora perchè mai definirla portatrice di handicap.ed ecco che si ritorna al valore,fin troppo sottovalutato,delle parole...così taglienti a volte che lasciano cicatrici più profonde di una lama.”) Nell’ICDH si defiscono i termini di:Menomazione(o deficit):ovvero qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica;di Disabilità: ossia qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano;e di Handicap:condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, sesso e fattori socio-culturali.Purtroppo nel linguaggio comune il deficit e l’handicap viene assimilitato l’uno all’altro e ciò porta delle conseguenze gravi,ovvero si considera l’handicap come un problema solo di chi ha dei deficit,e si considerano coloro che hanno dei deficit,come uomini diversi,non uomini come tutti gli altri.L’handicap è un fatto relativo e non un assoluto, al contrario di ciò che si può dire per il deficit.Un’amputazione non può essere negata ed è quindi assoluta; lo svantaggio (handicap) è invece relativo alle condizioni di vita e di lavoro, in una parola della realtà in cui l’individuo amputato è collocato.Nel 2001 è stato poi pubblicato L’ICF,ovvero la “classificazione internazionale del funzionamento,della disabilità e della salute”.Essa mette a punto il concetto di disabilità sotto l’aspetto multidimensionale,la disabilità viene ora considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di espletare.Ecco perché in questa classificazione si da importanza a termini quali:FUNZIONI,STRUTTURE CORPOREE,ATTIVITà E PARTECIPAZIONE.Finalmente siamo arrivati ad una classificazione che tiene conto delle persona,delle sue capascità e delle sue possibilità.Si tiene conto di tutti i suoi aspetti a 360gradi,non si parla solo di malattie,deficit,mancanze,svantaggi,ma della persona,e delle sue capacità in relazione al contesto e alla società,della possibilità di vivere,e non di sopravvivere.Credo che il passaggio dall’ICD all’ICF sia stato importantissimo,e penso che questo percorso storico,in cui si è passati da una mera classificazione codificata e disumanizzata di malattia,ad una classificazione che tiene conto dell’uomo,e di ciò che può fare e non di ciò che non ha,sia rappresentativo della nostra società,che deve crescere,imparare dosare le parole,ad usarle nel modo giusto e a rendersi conto dell’importanza che hanno queste persone,c’è una disabitudine rispetto a quello che ci si aspetta,quando si vede qualcosa di diverso da ciò che la società ci propone come standard di salute e bellessere.e essa deve essere eliminata.Ma in realtà cos’è diverso?ciò che la società ci impone di pensare come diverso,ciò che non è conforme ai suoi ideali?Credo sia troppo facile giustificarsi in tal modo,mettendo in risalto la società e i suoi errori,siamo anche noi che ci adeguiamo troppo facilmente agli steriotipi e pregiudizi dominanti.Chi è il disabile?perché viene sempre etichettato come diverso? Nel forum la mappa degli steriotipi,ho potuto riflettere proprio su questo argomento,utilizzando tali parole:”è stato un esercizio che all'apparenza sembrava scorrevole,facile da svolgere,eppure ci abbiamo messo un pò prima di riuscire a trovare le parole giuste da scrivere.ci siamo rese conto che siamo in un contesto dove prevalgono i pregiudizi,i preconcetti,dove tutto è etichettato...e la cosa peggiore è che si etichetta nella totale ignoranza.termini quali il diverso,lo straniero,il disabile,nella società risuonano come un qualcosa sempre al negativo.eppure cosa c'è di negativo nell'altro...perchè in effetti è di questo che stiamo parlando,è come se qualsiasi cosa sia diversa da noi venga automaticamente definita in un’accezione negativa,come nel video visionato in aula,”indovina chi viene a cena”.Il timore per l'altro,per la diversità è evidente in tutto il film,inoltre ce ci riflettiamo bene,è la società stessa che ci impone un determinato prototipo di essere umano e noi siamo automaticamente portati a identificare come diverso,tutto ciò che non rientra in questi standard.ecco perchè se vediamo una persona senza un arto,il nostro viso trapela una espressione quasi di disgusto,perchè non è conforme alle aspettative sociali.credo che in una società dove l'uomo è arrivato agli apici dell'evoluzione,sia doveroso,educare alla diversità...perchè un bambino che sin dai primi anni viene educato al fatto che ci sono molteplici forme di essere esseri umani,sarà la salvezza del mondo”.La riflessione verte sui termini DISABILE E DIVERSO.Il disabile è colui che è impossibilitato a svolgere le normali attività della vita quotidiana,è affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive,è inoltre influenzata la sua sfera cognitiva a causa dei disagi sociali.il problema principale è che si tende ad avere un atteggiamento di pietà nei confronti dei disabili,come se fosse inferiori o sfortunati,è lo stesso atteggiamento che odiava il protagonista del film,di cui abbiamo visionato alcune scene in aula,QUASI AMICI,Philippe è un uomo paralizzato dal collo in giù,proprio come uno dei protagonisti dei video sulla domotica visti insieme,e ha preferito un ragazzo di nome Driss del tutto privo di esperienza,ad assistenti qualificati,proprio perché Driss non lo ha mai considerato disabile,né tanto meno diverso da lui,e lo ha sempre trattato come era doveroso fare,talvolta si dimenticava persino dell’impossibilità di Philippe di muoversi e faceva gesti come porgergli il telefono aspettando che lui lo prendesse.Sono fermamente convinta che è la società,che rende disabili le persone,perché non si occupa a pieno di loro,non ci sarebbero disabili,se le strade,le città,le case fossero a misura di ogni uomo.Come ho affermato nel laboratorio sulla domotica, .”ho potuto notare la differenza che c'era tra i due,tra il protagonista del video e quello del film,mentre uno è riuscito a raggiungere una certa autonomia,grazie alla domotica,l'altro era costretto ad essere totalmente dipendente,in questo caso dal badante Driss.credo sia un enorme passo avanti per la scienza e la tecnologia mettere in atto un tipo di casa del genere,ma credo lo sia ancor di più per i disabili,che grazie ad un prototipo di casa del genere riuscirebbero a non dipendere da alcuno.c'è da dire che per quanto sia allettante una casa del genere,purtroppo non è accessibile a molti,a causa degli elevati costi,infatti nel terzo video si parla di un costo superiore ai cento mila euro.una cifra enorme,e impensabile da raccimolare.(se non per porchi eletti).fatto sta che però la scienza sta andando sempre più perfezionandosi,e cercando di ottimizzare i prezzi per poter diventare più accessibile,e perchè no un bene per tutti”.Se la società fosse più interessata a facilitare la vita di queste persone,si sarebbe messa all’opera da un bel po’,ma purtroppo mancano ancora molte cose basilari,figuriamoci il resto.”Tutti sono disersi,non tutti sono disabili”credo che questa frase racchiuda un po’ il senso di questa riflessione,il diverso chi è?siamo tutti diversi,l’uno dall’altro,anche se il diverso viene considerato colui che è emarginato,il ladro,lo straniero,il “mostro”ecc tutti modelli non conformi all’ideale di normalità.Ma esiste la normalità?la persona normale è relativamente normale a chi la concepisce come tale,ovvero ognuno ha una propria idea di normalità e diversità,ma credo che sia doveroso per noi che siamo le educatrici di domani,far capire che il diverso da noi non è per forza un mostro da allontanare,ma anzi la diversità arricchisce il nostro essere,e lo rende migliore.Le persone disabili non si sentono coinvolte dalla società. Lo dimostrano i tanti studenti disabili, la cui integrazione è difficile e a cui spesso è negato il diritto di studio. E lo dimostrano anche i tanti disabili adulti che non riescono a svolgere la loro professione.In Francia, con la legge 2005 sull'Uguaglianza dei diritti e delle opportunità, la partecipazione e la cittadinanza delle persone con disabilità, si è cercato di abbattere le barriere e offrire possibilità di impiego e coinvolgimento dei disabili.Le leggi a favore dei disabili sono indubbiamente utili, perché migliorano materialmente la qualità della vita dei disabili. Tuttavia gli interventi legislativi si occupano solo di aspetti materiali della vita dei disabili, non affrontando il vero problema culturale riguardo alla disabilità: l’integrazione del disabile nella società.Spesso a scuola o nel settore lavorativo la diversità viene vissuta come causa di disagio e intralcio, nonostante l'esistenza di leggi adeguate.Le barriere che ancora oggi permangono sono quelle mentali. Se da una parte lo Stato interviene “imponendo” leggi specifiche, dall’altra la società non è ancora pronta ad accettarle del tutto e a metterle in atto spontaneamente.Spesso è la famiglia stessa a negare l’integrazione del disabile, per un eccesso di protezione nei suoi confronti o per evitargli l’umiliazione del rifiuto altrui.La persona “abile”deve abituarsi a dividere il proprio spazio e la propria aria con chi abile non è; non deve temere di sedersi al suo fianco e di parlargli, magari intorno a una tavola imbandita o dinanzi ad un meraviglioso tramonto, perché le idee, i sentimenti e l’energia di ogni individuo non sono soggetti a limiti e risiedono in ogni essere umano.Soltanto dopo aver superato concretamente e radicalmente il problema dell’integrazione si potrà parlare di una reale svolta culturale.Insieme alle leggi, quindi, è necessario che scendano in campo la scuola, i mass media e la sensibilità di quelle famiglie che, avendo preso coscienza dell’importanza del loro ruolo educativo, formino figli più consapevoli.A tal proposito,Anna Maria Murdaca,docente e autrice di vari libri tra cui COMPLESSITà DELLA PERSONA E DISABILITà,ha evidenziato proprio in questo libro l’importanza dell’integrazione,della cura e della relazione educativa,dell’inserimento del disabile,e di altri temi come le capacità funzionali,la globalità della persona,e soprattutto del disabile come cittadino a pieno titolo.Bisogna entrare nell’ottica della globalità,questo è il punto di partenza dell’autrice,ideare una nuova cultura della disabilità,che sia attenta alla persona in evoluzione,in continuo cambiamento.Ci sono dei punti che vanno evidenziati e sottolineati nella riflessione dell’autrice,non è l’handicap che impedisce la persona lo svolgimento delle normali attività quotidiane,ma è l’ostacolo!L’ostacolo è il contesto sociale,ed è proprio il contesto sociale a determinare la condizione di handicap,sono gli ostacoli,le barriere fisiche e mentali che favoriscono il processo di esclusione o peggio ancora quello di emarginazione.Il passaggio dall’ICD all’ICF è stato fondamentale in questo senso,perché l’ICF mette in evidenzia l’importanza dell’influenza dell’ambiente sulla vita dell’individuo.Di conseguenza,la società,la famiglia,il contesto lavorativo,possono influenzare lo stato di salute,inibire le nostre capacità,e metterci in una situazione di difficoltà.La famiglia stessa è il primo nucleo sociale con cui il disabile entra in contatto,ed è per questo che deve assolutamente evitare atteggiamenti di pietismo,compassione o eccessiva protezione nei confronti del figlio,altrimenti non sarà mai in grado di sentirsi all’altezza del resto del mondo,se per prima la famiglia non ha fiducia nelle sue possibilità e non lo spinge a dare il meglio di sé.Segregare il proprio figlio in casa per paura che il mondo possa essere crudele con lui,equivale a partire sconfitti,a non voler lottare contro le ingiustizie dovute alla noncuranza del resto del mondo.é necessario liberarsi dalla convinzione di non miglioramento,dalla sfiducia e dallo sconforto.Un esempio da seguire è quello dei genitori dell’associazione AUTISM AID ONLUS che il 2aprile,in occasione della giornata mondiale dell’autismo sono venuti a darci testimonianza del loro operato,credo che in questo caso si possa parlare di resilienza non solo per quanto riguarda i bambini affetti da autismo,ma soprattutto per quanto riguarda questi fantastici genitori,di cui ho parlato nel mio commento con queste parole:”(avevo postato un’immagine con una maglia su cui c’era una scritta significativa per me.) credo che non ci sia immagine più eloquente di questa!SONO UN PADRE ORGOGLIOSO DI UN FIGLIO AUTISTICO.ecco credo che nonostante non indossassero questa maglia,i due genitori che sono intervenuti in aula,ce l'avessero scritto negli occhi.è proprio ciò che ho visto il 2 aprile,nella giornata mondiale dell'autismo,quando abbiamo avuto l'onore di ospitare coloro che fanno parte dell'AUTISM AID ONLUS,una associazione che nasce nel 2004,quando i genitori di bambini autistici,si recano in america per apprendere le tecniche più avanzate al mondo per "curare" l'autismo.questi ammirevoli genitori sono venuti in questa speciale occasione a darci testimonianza del loro operato,dei passi avanti compiuti e dei molteplici passi che si devono ancora fare.ho visto nei loro occhi ardere un fuoco,il fuoco della speranza,quella di riuscire a rendere partecipi il più possibile gli altri,perchè come abbiamo detto prima,l'autismo si cura con le persone,e più persone si interessano di questi piccoli esseri unici nel loro genere,più possibilità ci sono di arrivare sempre più vicino alla soluzione,e perchè no alla cura di questa malattia.”questo per me è l’esempio della resilienza,perché non si sono limitati ad adeguarsi a ciò che la società poteva offrire ai propri figli,non li hanno rinchiusi in casa per paura che il resto del mondo li potesse giudicare come strani,o diversi,hanno valorizzato fino all’estremo le capacità di ogni piccolo esserino autistico,senza tralasciare l’importanza della loro persona,senza sottovalutarla,senza emarginarla.C’è bisogno di una valorizzazione della persona umana,mettendo in risalto la sue capacità,evitando di incorrere nel solito errore di definirla per sottrazione.NON SI DOVREBBE DEFINIRE NESSUNO PER SOTTRAZIONE,sono queste le parole che più di tutte mi sono saltate all’occhio.oramai è di uso comune,etichettare i disabili per ciò che non hanno,non ha la vista,non può camminare,non ha l’udito ecc.è discriminanta,umiliante e del tutto inadeguato.Come afferma Canevaro questo può solo aumentare l’handicap non diminiurlo.Inoltre Murdaca cambia anche l’accezione solita di Cura,non vuol dire accudire,credo sia vicina all’I care di Don Milani,ovvero mi interessa.Infatti è una cura che mira all’emancipazione del soggetto con disabilità.Emancipazione che può avvenire solo in una società che pone il cittadino disabile alla pari con gli altri cittadini,che lo reputa come un cittadino a pieno titolo.Un cittadino a pieno titolo è integrato nel contesto,nella società,sono necessari ambienti di apprendimento,dove gli educatori siano pronti ad una ricostruzione dell’interno del diverso.Per favorire l’integrazione è necessaria una RELAZIONE EDUCATIVA.La relazione educativa abbraccia vari ambiti.un esempio di relazione educativa è proprio il rapporto che si instaura tra madre e figlio,un ottimo trampolino di lancio nella società,è la spinta,il motore verso l’esterno.la famiglia fa molto,pur non rendendosene conto,è sostenitrice o demolitrice dell’autostima del figlio.una madre che riesce a non far sentire “diverso” il proprio piccolo nell’ambito domestico,ha già compiuto un grande passo,perché il bambino nell’uscire di casa non avrà timore del suo essere disabile.credo che sia fondamentale nella relazione educativa madre figlio,la progettazione,ovvero,far si che insieme si riesca a creare un progetto da raggiungere,una meta.in ogni relazione educativa,lo scopo,il raggiungimento di un obiettivo è fondamentale,pensare che il proprio figlio non potrà fare nulla della propria vita,non lo rende disabile,lo rende privo di speranza.è come partire già sconfitti.differente è la relazione docente-discente,che è un legame che si crea tra i due,che produce apprendimento,attraverso la fusione delle conoscenze.è importante dire che qualsiasi esperienza della vita è educativa.la relazione educativa tra educatore ed educando deve essere basata sul rispetto reciproco,per far si che vi sia un arricchimento reciproco,inoltre è compito dell’educatore di trasmettere qualcosa di positivo nelle relazioni che instaura.fondamentale nella relazione educativa è il legame affettivo,è proprio quest’ultimo che permette all’educando di fidarsi dell’educatore,di aprirsi,e di risolvere le problematiche che lo affliggono.inoltre è risaputo che anche nella scuola se non vi è un legame affettivo tra insegnante e alunno non vi è apprendimento,perché il rifiuto che si ha nei confronti dell’insegnante di cui non si ha stima lo si riversa anche sulla materia da lui insegnata.non è esatto pensare che la relazione educativa educatore-educando,sia unitalerale,ovvero l’educatore trasmette nozioni, e l’allievo le apprende,anzi è proprio l’inverso è BILATERALE,ovvero l’educando apprende grazie all’educatore,e l’educatore a sua volta grazie all’educando può perfezionare le sue tecniche di educazione,arricchendole con l’esperienza,come nel caso dell’educazione al disabile,dove non vi sono casi specifici,ma l’educatore deve prendere in considerazione il caso specifico,e creare dei programmi a misura del disabile,ovvero in grado di far emergere le sue capacità.in una relazione educativa emerge l’importanza della motivazione,che come sappiamo può essere sia esterna che interna,l’educatore ha il compito di sostenere,motivare l’educando con una motivazione esterna fatta di gratificazioni,condivisione,regole ecc.Noi educatori del futuro,quindi dobbiamo essere in grado di fortificare,motivare,far crescere ed inserire nella società i nostri educandi.non è per niente un compito semplice,perché la società ha i suoi standard,ha i suoi modelli di perfezione,che si scontrano con un immagine di “non sano” che può avere il ragazzino disabile.credo che l’unica cosa non sana,sia proprio la società,che man mano sta imponendo canoni impossibili da raggiungere.Ed è proprio la triade,di cui parla Remaury,bellezza salute e giovinezza,che il mondo,soprattutto quello femminile vuole raggiungere.la cura del corpo è sempre stata una prerogativa al femminile,anche se oggi cultori del corpo lo siamo tutti,è inevitabile.anche gli uomini sono portati ad immergersi in questa ottica secondo la quale un bel corpo piace..ed ecco tutti a correre in palestra,tutti a farsi lampade abbronzanti,ecc.Ma restano comunque più colpite le donne,come se fossero ormai risucchiate dal vortice della dovuta bellezza,dell’inevitabile giovinezza infinita e della salute.è ormai risaputo che l’idea di bellezza viene associato a qualità morali,quali l’onestà,la gentilezza,sono convinta che questa idea sia alla base anche delle fiabe,dove il principe azzurro è stupendo,abile condottiero,gentiluomo,galante e affascinante,e la principessa,bella sensibile e gentile,solo da qualche tempo sono stati cambiati i canoni di bellezza delle fiabe,nelle quali ora anche un orco e un’orchessa diventano re e regina.(Shrek).la pubblicità,la televisione,i giornali e i media,portano a un condizionamento tale da sentirsi inferiori se non si raggiunge un certo standard.Lipovetsky, ha scritto ne LA TERZA DONNA,che la donna è sottomessa ai modelli dominanti imposti e strutturati,per cui è obbligata dal sociale a raggiungere il corpo perfetto.è necessario raggiungere l’eterna giovinezza,la perfetta bellezza,e la salute totale.nel laboratorio protesi estetiche,ho parlato proprio dei complessi di inferiorità,delle ossessioni dovute al bombardamento dei media,della società,e l’ho fatto con queste parole:”se avessi qualche chilo in meno,se fossi più scura di carnagione,se avessi gli occhi chiari,se non fossi così bassa,se i miei piedi non fossero così sproporzionati.è più o meno quello che ci diciamo si e no ogni giorno,ed è ciò che ci inducono a pensare ogni secondo della nostra vita.perchè se non hai una quinta di seno,sei piatta,se sei piatta non sei una donna.se non hai un sedere alto,sodo,piccolo non sei bella.perchè se non sei come vogliono loro,sei diversa.è lì che sorge il problema.le differenze sono controproducenti in una società che cerca in tutti i modi di omologare.crea modelli di bellezza che sono raggiungibili solo attraverso la chirugia..o la malattia,perchè no.ti fanno sentire piccola,invisibile,di fronte a cartelloni immensi,che per strada dipingono una falsa bellezza,quella dell'ipocria,del photoshop.e c'è chi non si accetta,chi si guarda allo specchio il più poco possibile per non vedere i suoi difetti,senza capire che è nei suoi difetti che c'è la perfezione della natura.senza capire che ciò che è,è molto di più di un pò di cellulite,o di un pò di pancetta.la perfezione non esiste..esistiamo noi donne,così tremendamente belle,così infinitamente ricche nell'animo,che se solo sfoggiassimo un millessimo di ciò che siamo,il mondo sarebbe un'incanto.”Braidotti afferma che la donna è così in grado di trasformare il suo corpo da diventare agli occhi dell’uomo un mostro.e a proposito del tema della mostruosità,ho postato in uno dei commenti un tema per me importante,sul quale c’è molto da riflettere,e che rispecchia a pieno la condizione ormai scandalosa della nostra società. “la BARBIE UMANA:Valeria Lukyanova.Valeria Lukyanova è una ragazza di soli ventuno anni che per il suo tentativo di assumere esattamente l’aspetto di una Barbie, ha fatto discutere il mondo intero. Capelli biondissimi e lunghissimi, occhi da vera e propria bambola,pelle del colore dell’avorio, ciglia lunghissime, labbra carnose ed un fisico magrissimo, proprio come quello della bambola più famosa al mondo! Proprio pochi giorni fa le immagini di questa giovane ragazza avevano fatto il giro del web, lasciando senza parole il mondo intero.questa ragazza ha speso milioni in chirurgia plastica per diventare una vera e propria barbie.credo che in tal caso ci sia molto su cui discutere,le protesi estestiche non hanno apportato alcun miglioramento ma sono state utilizzate solo ed esclusivamente per assecondare un capriccio.inoltre vorrei proprio chiedere il perchè a questa ragazza,cosa l'ha spinta ad arrivare a tutto ciò,forse la società con i suoi modelli irraggiungibili di bellezza.o cos'altro?”C’è molto su cui riflettere,ci sono persone che si sono suicidate,perché non hanno sostenuto il peso delle critiche altrui,perché troppo grasse rispetto ad una modella anoressica che pesa 40 chili.Le star della televisione sono perennemente da un chirurgo per l’ennesimo ritocchino,Sophia Loren una delle donne più belle al mondo,non ha mai visto il suo volto invecchiare,e nemmeno noi.Non ci sono più ragazze in giro senza unghie finte,extention,ciglia finte,sopracciglia tatuate,tutte uguali,senza distinzione.La bellezza della vita è che è fatta di fasi,l’infanzia,la gioventù in cui è la tua pelle è limpida,salutare,distesa,e la vecchiaia dove non puoi non ammirare i segni del tempo sul tuo corpo,perché è inevitabile,ed è inutile lottare contro l’impossibile,l’eterna giovinezza è quella dell’animo.








    avatar
    Laura polverino


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Laura polverino Mar Mag 15, 2012 10:33 am

    Nel 1970 l’OMS,l’organizzazione mondiale della sanità,elabora l’International Classification of Diseases(ICD),focalizzata sulla causa,sulla descrizione delle principali caratteristiche cliniche e sulle indicazioni diagnostiche delle patologie. Inoltre,al fine di rispondere alla necessità di un omogeneizzazione dei dati nel mondo,le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione,la ricerca e l’analisi dei dati. Nel 1980 l’OMS ha sostituito l’ICD con l’ICIDH(International Classification of Impairments Disabilities and Handicaps),che si basa su tre fattori tra loro interagenti:la menomazione,ovvero la perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica,fisiologica o anatomica. La disabilità,ossia l’incapacità conseguente alla menomazione di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti,considerati “normali” per un individuo. L’handicap,ovvero la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto con gli altri e con il mondo esterno. Nel 2001 l’OMS propone una nuova classificazione ICF (Classificazione internazionale del funzionamento,della disabilità e della salute).Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. L’ICF non classifica solo condizioni di salute o malattie,ma tiene conto delle conseguenze associate alle condizioni di salute e inoltre rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario,adottandolo si accetterà anche il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società. C’è ancora difficoltà nell’usare questi termini in modo appropriato,infatti come già ho spiegato nel laboratorio riguardante il problema delle parole e degli stereotipi,è importante considerare i termini cui è affidato il compito di definire,il loro uso si situa a sfondo di modi di pensare e interpretare le persone che influiscono sulle relazioni che istituiamo con loro. Oggi i termini quotidianamente più diffusi sono”idiota”,”cretino”,”deficiente”,”imbecille”,tutti vengono usati per riferirsi a persone che non rispondono ai parametri di normalità socialmente diffusi e accettati. Si tratta di gente ignorante e superba che si nutre di pregiudizi,il loro scopo è solo quello di ferire la sensibilità, visto che questi termini diventano veri e propri insulti. Sentirsi isolate ,emarginate spezza veramente il cuore,infatti nella simulazione dell’emarginazione ,le ragazze che portavano gli occhiali si sentivano escluse ,senza avere voce in capitolo. Vi è una netta distinzione tra disabile e diverso,il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività di vita quotidiana,il diverso è una persona che ha oltre che una disabilità anche delle abilità diverse dagli altri,da scoprire,far emergere e potenziare. Per questo motivo si ritiene più corretto parlare di diversamente abili. A mio parere nessuno è in grado di poter giudicare diverso una persona,magari solo perché ha una menomazione fisica o una cultura diversa, ognuno di noi ha un qualcosa di diverso che lo distingue dall’altro ed è proprio questo che ci rende unici e inimitabili. TUTTI SONO DIVERSI,NON TUTTI SONO DISABILI. La persona disabile spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate e nota differenze visibili o avvertite come tali. Qui ,deve esserci la bravura delle persone che lo circondano , di non assumere atteggiamenti pietistici,ma farli integrare,non lasciandoli ai margini della società. Esistono anche persone con disabilità che non si sentono tali,come ad esempio Simona Atzori e Pistorius ,due persone vincenti nonostante le loro situazioni avverse. Non esistono limiti se esiste la volontà e la passione per poterli superare,i veri limiti sono negli occhi di chi ti guarda. Ciò che risalta ancora di più la discriminazione delle persone disabili sono le numerose barriere architettoniche ,malgrado le leggi che ne impongono l’eliminazione. Infatti un semplice scalino o la larghezza di una porta sono loro di impedimento nelle varie occasioni di vita sociale. È il contesto sociale(come suggerisce Maria Murdaca),a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere(mentali e culturali) a favorire il processo di esclusione e di emarginazione. Murdaca sottolinea l’importanza dell’integrazione, intesa come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica,come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità,autonomia,identità,potenzialità personali. È importante riconoscere ,allora ,una nuova cultura della disabilità che deve cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive e innalzare la qualità della vita dei soggetti ed è per questo che bisogna guardare alla globalità della persona che non può venire scomposta in funzioni curate separatamente, perdendo la capacità d’integrare e di considerare nell’insieme. Per favorire l’integrazione e l’emancipazione delle persone disabili è necessaria la presenza di un educatore che consentirà la crescita della persona in tutte le varie dimensioni. Per fare tutto ciò è necessario intervenire sull’ambiente (famiglia,scuola) che è determinante nel definire la disabilità,può essere una barriera o un facilitatore. Il ruolo dell’educatore si esplica soprattutto nella relazione educativa, basata su un rapporto dinamico non solo tra educatore-educando,ma anche tra docente-discente,genitore-figlio,il cui compito è quello di mirare allo sviluppo integrale della personalità dell’individuo. Io credo che l’educatore è un facilitatore che deve innanzitutto costruire un rapporto di fiducia e sicurezza emotiva,da cui scaturirà il processo di educazione e formazione della persona. Una delle principali caratteristiche della relazione educativa è infatti l’intenzionalità che fa dell’atto educativo un evento mirato a obiettivi precisi e non improvvisato. L’intenzionalità fa agire l’educatore con la consapevolezza e la certezza di sapere sempre i motivi per i quali si fa o non si fa una cosa. Ci deve sempre essere uno scambio reciproco,ognuno dà qualcosa di sé all’altro. Anche io diventerò un’educatrice e l’aspetto rilevante da tener in considerazione sono ,la fiducia e la sicurezza,l’educando deve sentirsi amato dal proprio educatore,deve considerarlo una persona su cui poter poggiare le sue paure,solo così si otterranno risultati brillanti.
    Nella società odierna si punta molto sull’apparire,l’aspetto fisico è rilevante. Remaury nel gentil sesso debole ,dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione,abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza-bellezza-salute. Il sistema di comunicazione di massa si è da tempo impadronita di queste tematiche ,contribuendo a diffondere stereotipi ben noti su corpo e immagine. Tutti puntano ad un fisico magro,la magrezza non è solo bellezza ,dal momento che le modelle anoressiche rappresentano un prototipo di bello che diventa mostruoso. Anche Lipovetsky ,riprende questo tema e dice che “la terza donna” deve liberarsi dalla malattia cioè sano,dal peso cioè magro e dal tempo cioè giovane. Braidotti ,parla anche di un corpo- macchina ,ella dice che creare un legame tra femminismo e tecnologia è certamente un rischio e non dà alle donne la certezza di uscirne vincitrici da questa sfida. Questo tema lo abbiamo affrontato quando abbiamo parlato di protesi estetiche, io sono a favore delle protesi perché aiutano a potenziare il tuo livello di autostima e allo stesso tempo ti fanno sentire più integrati con gli altri. Tutto ciò sempre nei limiti,perché se si esagera , proprio come dice Braidotti non ne usciamo vincitrici. Bisogna stare sempre prima bene con sé stessi e poi con gli altri .

    avatar
    Ilenia Caiazza


    Messaggi : 12
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Ilenia Caiazza Mar Mag 15, 2012 10:37 am

    Dall’ ICD all’ ICF :
    L’ Organizzazione Mondiale della Sanità è un’agenzia specializzata dell’ ONU per la salute, che ha elaborato una classificazione che analizza e descrive la disabilità come esperienza umana che tutti possono sperimentare.
    La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche . L’ ICD era come una grande enciclopedia che conteneva tutte le malattie, le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
    Ma l’ ICD ben presto rivela vari limiti di applicazione e ciò induce l’OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze: “la Classificazione Internazionale delle menomazioni , delle disabilità e degli handicap” (ICIDH).
    L’ ICIDH non coglie la causa della patologia, ma l’importanza e l’influenza che il contesto di malattie ambientali esercita sullo stato di salute delle popolazioni. Con l’ ICDH non si parte più dal concetto di malattie, inteso come menomazione, ma dal concetto di salute, inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale che riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con l’ambiente.
    L’ICIDH è caratterizzata da tre componenti fondamentali, attraverso le quali vengono analizzate a valutare le conseguenze delle malattie:
    - la menomazione: come danno organico e/o funzionale;
    - la disabilità: come perdita di capacità operative subentrate nella persona a causa della menomazione
    -svantaggio (handicap): come difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione.
    Nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità riesce ad elaborare una classificazione innovativa, multidisciplinare e dall’approccio universale: “la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute” (ICF). Secondo l’ ICF si vuole descrivere non la persona, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l’individuo non solo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità.
    L’ ICF fornisce la definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. La disabilità viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di tralasciare, non più soltanto una condizione soggettiva o come una caratteristica propria della persona. La classificazione dell’ICF evidenzia l’importanza di avvicinarsi alla disabilità facendo riferimento ai molteplici aspetti che la denotano come esperienza umana universale, che tutti possono vivere nell’arco della loro esistenza.
    L’ utilizzazione dell’ ICF non solo consente di reperire informazioni sulla mortalità delle popolazioni, sulla morbilità, sugli esiti non fatali delle malattie e di comparare dati sulle condizioni di salute di una popolazione in momenti diversi e tra differenti popolazioni, ma anche di favorire interventi in campo socio-sanitario in grado di migliorare la qualità della vita delle persone.
    La disabilità non è solo un deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche. Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non sente. L’ ICF sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui: la società, la famiglia, il contesto lavorativo possono influenzare lo stato di salute, diminuire le nostre capacità di svolgere mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà.
    Il diverso può essere una persona non necessariamente affetta da menomazione fisica o psichica ma che si distingue dagli altri per le sue caratteristiche, una persona diversa per lingua,cultura, costume, abitudini, razza, religione … Il diverso di solito non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società suo malgrado.
    Essere speciali, essere diversi, distinguersi dalla massa, a volte può significare anche sentirsi soli. Ma non bisogna mai abbattersi ma continuare ad essere come si è sempre stati: UNICI.

    ANNA MARIA MURDACA:
    Anna Maria Murdaca, docente esperta in questioni relative la persona con disabilità, ritiene che le barriere mentali e culturali sono degli ostacoli che determinano l’esclusione e l’emarginazione dell’individuo disabile dal contesto sociale. "E' l'ostacolo che impedisce a una eprsona con deficit di portare a termine una particolare attività".
    L’ambiente è un elemento fondamentale che determina o meno l’integrazione del disabile nella società. Infatti a favorire una integrazione ed un’influenza positiva nella vita di un disabile sono la famiglia, la stessa società e la scuola dove essi appaiono come quegli elementi primari che favoriscono la relazione che il disabile stesso attiverà all’interno di essa. Spesso si parla di disabile visto come oggetto da porre all’interno di un contesto adeguato ma il disabile è prima di tutto una persona con la P maiuscola, egli infatti dovrebbe essere considerato attraverso non solo l’aspetto fisico , ma anche attraverso i suoi modi di fare e il suo carattere e per questo non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione. Infatti Murdaca attraverso complessità della persona e disabilità, cerca di andare a valorizzare la persona vista all’interno di un tema Olistico dove si considera il tutto prima delle parti,dove il disabile diventa parte integrante della società stessa senza fare distinzioni. Bisogna abbandonare ogni tipo di pregiudizio ed essere aperti all’ inclusione e alla globalità dove diventa fondamentale andare a valorizzare la persona stessa attraverso la sua identità sottoponendola ad un fenomeno di evoluzione attraverso quindi un processo di integrazione che andrà a riprendere le caratteristiche individuali per poi valorizzarle. Quindi bisogna avere cura della propria persona, avere cura di sé attraverso l’emancipazione e la crescita personale sentendosi cosi appartenenti alla comunità educatrice dove essa diventa il luogo da cui ci si può riparare da tutti i mali di questo mondo. Infatti nel luogo educativo si respira un’aria positiva piena di fiducia e solidarietà che nasce dalla relazione educativa che si instaura tra educatore ed educando. L’educatore oltre che ad occuparsi dell’integrazione sociale e del sostegno dei piccoli, egli prefigurerà anche come un supporto per gli adulti, in quanto dovrà essere pronto ad affrontare ma soprattutto a saper ascoltare le problematiche di chi avrà davanti a sé, i rapporti educativi prima di essere tali sono rapporti umani e la scuola dovrebbe essere la dimensione perfetta dove avvengono questi interventi educativi i quali una volta applicati diverranno Apprendimento. L’educatore attraverso la relazione educativa, determinerà la crescita dell’educando, infatti,per far nascere una buona relazione educativa l’educatore stesso deve impostare tutto ciò che fa sul rispetto reciproco dove esso determinerà quel legame tra educatore ed educando. L’educatore non deve mai dare il cattivo esempio ma deve basare il suo rapporto sulla fiducia, sulla stima reciproca ma soprattutto sulla complicità in modo da mettere a suo agio e rendere semplice anche una situazione insostenibile la quale ha portato alla distruzione colui che ci chiede aiuto. L’educatore nei confronti del disabile, deve essere in grado attraverso se stesso di riuscire a portare colui che si sente diverso alla pari di un individuo normodotato, per poi mettere in luce le sue doti ma l’educatore non è visto da parte del disabile come la soluzione totale dei suoi problemi, ma egli riuscirà attraverso i suoi interventi educativi a migliorare di molto la situazione del disabile stesso.

    Remaury, Lipovetsky, Braidotti:
    Oggi ci troviamo in una società dove incombe la bellezza, la perfezione e pur di assomigliare a qualcuno si fà di tutto. La cosa più spaventosa è quello di vedere ragazze che rifiutano il cibo per avere una taglia 40, per piacere ad altri, per assomigliare a dei prototipi sbagliati, cadendo in alcune famose e diffuse malattie facile ad entrare ma difficile ad uscire: ANORESSIA / BULIMIA.
    Remaury e Lipovetsky espongono proprio il concetto di bellezza e quanto sia diventato un obiettivo che ogni individuo pretende di raggiungere per facilitarsi l’accesso nella società. Remaury ci dice che il miglioramento dell’aspetto fisico fa parte dei bisogni da compiere, bisogni che sono a loro volta imposti dalla società stessa.
    Lipovetsky, invece, ci evidenzia come l’eterna giovinezza, la perfetta bellezza e la salute totale siano diventate dei campi obbligatori,soprattutto per la donna. Ormai la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla.
    Rosi Braidotti parla di corpo-macchina, un corpo in cui la donna lavora con la tecnologia e che spesso diventa mostruoso.
    In questi giorni in televisione,su facebook sta girando una foto in cui una ragazza di soli 21 anni ha speso 800mila dollari per assomigliare a una Barbie. Una notizia sconvolgente! Io sono a favore della chirurgia ma fatta per futili motivi.
    La cosa più bella che può esistere è quella di essere noi stessi, è questo che ci rende Unici, non dobbiamo assomigliare a nessuno perché nessuno è migliore di noi.

    serenalestingi
    serenalestingi


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  serenalestingi Mar Mag 15, 2012 10:57 am

    1 ESERCIZIO

    Chi è il disabile?Chi è il diverso?
    Occorre fare chiarezza su questi due termini che molto spesso vengono confusi. Dobbiamo stare attenti nell’utilizzo dei termini.
    Il diverso è una persona che ha le abilità diverse dagli altri,bisogna scoprirle e farle emergere. Esso viene etichettato diverso dalla società e raramente è lui che scegli di essere diverso.
    La diversità porta a collocare certe persone in determinate categorie,questi meccanismi portano le persone a sentirsi inferiori rispetto agli altri.
    Il disabile invece è una persona impossibilitata a svolgere le normali attività,è una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità.
    Il disabile è un soggetto con disturbi fisici o psichici che scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate.
    “TUTTI SONO DIVERSI MA NON TUTTI SONO DISABILI”
    Attraverso vari esercizi-forum svolti durante le lezioni ci siamo soffermati a riflettere sull’importanza dei pregiudizi.
    In una lezione abbiamo visto il film:”INDOVINA CHI VIENE A CENA”,attraverso questo film possiamo notare come le persone si basano su degli stereotipi,sul caso specifico lo stereotipo era basato sul colore della pelle.
    Questo film mi ha fatto riflettere sul fatto che molto spesso usiamo i termini in maniera scorretta.
    In un’altra lezione invece ci siamo soffermati a riflettere sulle difficoltà giornaliere che riscontrano i disabili.
    Attraverso alcuni video emergeva come in molte città ci sono molte difficoltà per le persone disabili, come per esempio la difficoltà di attraversare la strada per i non vedenti.
    In uno di questi video una signora con disabilità affermava che sono cambiate tante cose da trenta anni a questa parte ma che ancora tante ne devono cambiare.
    La società infatti deve ancora migliorare tanto perché dobbiamo ricordarci di tutti sempre perché tutti siamo uguali nella nostra diversità.
    La professoressa in una lezione ci ha fatto notare in una simulazione cosa significa essere discriminati e emarginati dalla società.
    In una simulazione lei interpretava il ruolo del sindaco e eliminava dalla città,che era composta da noi studenti,tutte le persone che avevano gli occhiali.
    I cittadini che restavano in città potevano organizzare una festa,comprare dei regali mentre gli altri erano stati discriminati .
    Io inizialmente ero tranquilla ma mentre tutti i cittadini pensavano alla festa io guardavo gli “emarginati” e notavo che loro cercavano di farsi notare mentre noi usavamo l’INDIFFERENZA.
    Quante volte si usa l’indifferenza con persone che noi riteniamo diverse,in una società frenetica come la nostra siamo abituati sempre di più a essere indifferenti verso gli altri.
    Questa era solo una simulazione ma ci deve far riflettere molto perché è capitato fin troppe volte.
    Negli anni ci sono stati vari studi sulla disabilità proprio per cercare di aiutare le persone affette da disabilità.
    Proprio per questo l’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’ ha sancito la prima classificazione internazionale delle malattie o ICD nel 1970,che dà la possibilità di capire la causa delle patologie.
    L’ICD fornisce per ogni sindrome una descrizione delle caratteristiche cliniche principali,inoltre avvicina la disabilità alle patologie cliniche con una sorta di enciclopedia medica.
    Nel 2001 l’OMS pubblica il manuale di classificazione ICF che propone una definizione del concetto di disabilità multidimensionale.
    Esso è stato introdotto perché le informazioni date dalle diagnosi mediche non erano sufficienti per avere una situazione reale e completa della persona.
    La sigla ICF significa classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute.
    L’ ICF è una classificazione sistematica che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona inoltre è un valido strumento per gli operatori del campo sanitario.
    Esso non classifica solo le condizioni di malattia che sono d’interesse dell’ICD, ma si occupa anche delle conseguenze legate alle condizioni di salute e ed evidenzia come convivono le persone affette da una patologia e come sia possibile migliorarla.


    2 ESERCIZIO
    Il testo di MURDACA:”COMPLESSITA’ DELLA PERSONA E DELLA DISABILITA’” mira a ricostruire una nuova cultura della disabilità,a rimodulare l’integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita.
    Per Murdaca è importante valorizzare la persona con il rispetto delle differenze e non bisogna mai definire nessuno per sottrazione.
    L’integrazione è un continuo processo necessario affinchè i disabili abbiano la possibilità di avere dei diritti adatti per le loro esigenze.
    Bisogna valorizzare al meglio le dotazioni individuali come condivisione di valori etici che tengano conto della dignità e delle potenzialità personali.
    La novità di questo testo è che mira all’emancipazione del soggetto con disabilità che fa parte di un processo psico-cognitivo, psico-affettivo e psicosociale che richiede l’aiuto di relazioni educative intese come “SPAZIO RIPARATIVO”.
    C’ è la necessità di creare una nuova cultura della disabilità che deve occuparsi di innalzare le qualità della vita dei soggetti,partendo dal presupposto che sono prima di tutto PERSONE è in quanto tali vanno rispettate.
    Mi ricordo una poesia che la professoressa ci ha letto durante il corso,dove un disabile esplicitava il fatto che voleva essere chiamato per NOME e non DISABILE,questa citazione mi ha fatto riflettere molto perché e proprio vero bisogna guardare prima la persona in quanto tale e poi il resto.
    Oltre a creare una nuova cultura v’è bisogno di rimodulare l’integrazione perché bisogna guardare la persona nella sua globalità che non può essere separata.
    Tutto questo aiuta i soggetti disabili nello sviluppo dell’indipendenza e dell’emancipazione,ricordandoci che:”OGNI DISABILE HA LA SUA STORIA”.
    Un’altra fonte importante per i soggetti con disabilità è la RELAZIONE EDUCATIVA.
    Per relazione educativa si intende una relazione tra madre/figlio,docente/discente,educatore/educando.
    Tutte queste relazioni devono essere basate sulla fiducia e il rispetto reciproco.
    In qualsiasi relazione tra i due deve avvenire uno scambio paritario dove si dà e si riceve anche.
    Tra i due si istaura un rapporto di emozioni,dove alla base c’è una volontà di costruire un rapporto basato sull’ascolto e sull’accoglienza.
    In aula abbiamo simulato una relazione educativa ed emergeva il fatto che la persona che si rapportava all’educatore riusciva ad aprirsi in modo più semplice se dall’altro lato trovava una persona disposta all’accoglienza e all’ascolto.
    La relazione educativa deve nascere su delle basi profonde che sono:la gratificazione,le regole,la condivisione e la preferenza.
    Per quanto riguarda la relazione educativa per i disabili,l’educatore deve adeguare i programmi in base al soggetto che deve educare in modo da far emergere le sue doti.
    Nella nostra società bisogna lavorare tanto sulle relazioni educative perché sono fondamentali per i soggetti “normodotati” e per quelli con “disabilità”.




    3 ESERCIZIO
    Quali sono i modelli di perfezione,di bellezza e di giovinezza?
    Analizzando il testo di REMAURY”IL GENTIL SESSO DEBOLE” si nota come l’immagine delle donne si confonde con quella della bellezza.
    Remaury afferma che siamo orientati alla perfezione,abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute.
    Lipovetsky attraverso la sua opera si sottomette ai modelli dominanti della bellezza imposti dalla società.
    In una lezione ci siamo soffermati sull’idea di bellezza che a mio parere è molto soggettiva e relativa ma soprattutto ritengo che la bellezza è lo stare bene con se stessi.
    Attraverso il testo:”MADRI,MOSTRI E MACCHINE” di BRAIDOTTI possiamo capire chi sono i mostri? Sono dei soggetti nati con malformazioni congenite. Essi vengono considerati dalla società persone da emarginare soprattutto perché persone considerate “diverse” dalla “normalità” suscitano paura.
    Un altro tema importante affrontato dalla Braidotti è quello sul “DIVENIRE DONNA”.
    Per lei è la trasformazione in atto della differenza dei due sessi che è fondamentale,perché essi sono diversi nel pensare,nella scrittura e nella storia, criticando la teoria di Delueze che afferma che il “divenir donna” è semplicemente il divenire altro che non riguarda la donna.
    La tecnologia attraverso l’utilizzo delle protesi estetiche aiuta il concetto di perfezione,in molti casi le protesi sono necessarie perché aiutano il soggetto a vivere in maniera dignitosa ma molto spesso le protesi vengono semplicemente utilizzate per raggiungere un’ideale di perfezione.
    Per capire concetti come la bellezza e la mostruosità dobbiamo chiederci secondo quali canoni?quale cultura? Solo DECOSTRUENDO i nostri concetti e poi RICOSTRUENDOLI possiamo capire da cosa scaturiscono i nostri giudizi sui i temi trattati.

    Contenuto sponsorizzato


    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 6 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Contenuto sponsorizzato


      La data/ora di oggi è Ven Nov 01, 2024 5:27 am