“Le parole che fanno la differenza”…credo che il titolo di un libro sia sempre indicativo,ricco di significato,è come se fosse un biglietto da visita,una targa di riconoscimento,ed è per questo che sono convinta che il messaggio che Canevaro vuole diffondere sia già contenuto pienamente nel titolo del suo libro.Egli vuole divulgare l’importanza dell’utilizzo della parola,l’attenzione della parola,che risulta essere fondementale,non per una questione formale,ma piuttosto perché ogni parola contiene dei simboli.Se l’utilizzo appropiato delle parole è fondamentale nella vita quotidiana,lo è ancor di più in relazione alla disabilità.”La scelta delle parole va fatta con ponderazione” afferma C.,ponderare una parola equivale al bene del disabile,è risaputo che utilizzare termini non appropiati può solo aumentare e non diminuire l’handicap.Al centro delle definizioni,delle parole c‘è la persona,ecco perché è fondamentale saper utilizzare la giusta terminologia,e per questo credo che il lavoro compiuto in questi anni dall’OMS sia stato fondamentale.L’OMS è l’organizzazione Mondiale Della Sanità, agenzia specializzata dell'ONU per la salute,l'obiettivo dell'OMS,è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute,ed è proprio l’OMS ad aver stilato la classificazione internazionale delle malattie, nel 1970 chiamata ICD.L’ICD appartiene alla famiglia delle classificazioni internazionali sviluppate dall’OMS che forniscono un modello di riferimento che permette di codificare un’ampia gamma di informazioni relative alla salute (es. diagnosi, funzionamento e disabilità, ragioni del contatto con i servizi sanitari) e usa un linguaggio comune standardizzato che permette la comunicazione in materia di salute ed assistenza sanitaria in tutto il mondo, e tra varie scienze e discipline.Pone l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia,tutto è ridotto ad un codice di classificazione,e non si da importanza alla dimensione funzionale, che descriva quindi l’impatto della malattia sul funzionamento di un settore corporeo nell’insieme del corpo stesso, e della persona all’interno della sua quotidianità.Nel 1980 l’OMS,migliora la funzionalità della classificazione delle malattia,e così nasce l’ICIDH,tradotta in Italia come ‘Classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli svantaggi esistenziali.In tale classificazione viene fatta l’importanze distinzione tra MENOMAZIONE,ABILITà,PARTECIPAZIONE,termini tra loro interconnessi e interdipendenti e sono anche i termini sostitutivi di menomazione,disabilità,e handicap.(per la prima volta Canevaro utilizza il termine DIVERSABILE,non si parla più di disabile,ma diversamente abile,meta importante per le persone che venivano e vengono ancora etichettate per una mancata abilità.Le persone hanno bisogno di non essere etichettate, nel forum “simulazione e avviso”ho parlato della poesia chiamatemi per nome in tal modo…”è racchiuso in essa il desiderio forte,l'urlo di rifiuto,la voglia di non essere giudicati per quello che non si ha,ma per ciò che si è.non chiameremmo mai un ragazzo,portatore di occhi castani,allora perchè mai definirla portatrice di handicap.ed ecco che si ritorna al valore,fin troppo sottovalutato,delle parole...così taglienti a volte che lasciano cicatrici più profonde di una lama.”) Nell’ICDH si defiscono i termini di:Menomazione(o deficit):ovvero qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica;di Disabilità: ossia qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano;e di Handicap:condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, sesso e fattori socio-culturali.Purtroppo nel linguaggio comune il deficit e l’handicap viene assimilitato l’uno all’altro e ciò porta delle conseguenze gravi,ovvero si considera l’handicap come un problema solo di chi ha dei deficit,e si considerano coloro che hanno dei deficit,come uomini diversi,non uomini come tutti gli altri.L’handicap è un fatto relativo e non un assoluto, al contrario di ciò che si può dire per il deficit.Un’amputazione non può essere negata ed è quindi assoluta; lo svantaggio (handicap) è invece relativo alle condizioni di vita e di lavoro, in una parola della realtà in cui l’individuo amputato è collocato.Nel 2001 è stato poi pubblicato L’ICF,ovvero la “classificazione internazionale del funzionamento,della disabilità e della salute”.Essa mette a punto il concetto di disabilità sotto l’aspetto multidimensionale,la disabilità viene ora considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l’ambiente esterno consente di espletare.Ecco perché in questa classificazione si da importanza a termini quali:FUNZIONI,STRUTTURE CORPOREE,ATTIVITà E PARTECIPAZIONE.Finalmente siamo arrivati ad una classificazione che tiene conto delle persona,delle sue capascità e delle sue possibilità.Si tiene conto di tutti i suoi aspetti a 360gradi,non si parla solo di malattie,deficit,mancanze,svantaggi,ma della persona,e delle sue capacità in relazione al contesto e alla società,della possibilità di vivere,e non di sopravvivere.Credo che il passaggio dall’ICD all’ICF sia stato importantissimo,e penso che questo percorso storico,in cui si è passati da una mera classificazione codificata e disumanizzata di malattia,ad una classificazione che tiene conto dell’uomo,e di ciò che può fare e non di ciò che non ha,sia rappresentativo della nostra società,che deve crescere,imparare dosare le parole,ad usarle nel modo giusto e a rendersi conto dell’importanza che hanno queste persone,c’è una disabitudine rispetto a quello che ci si aspetta,quando si vede qualcosa di diverso da ciò che la società ci propone come standard di salute e bellessere.e essa deve essere eliminata.Ma in realtà cos’è diverso?ciò che la società ci impone di pensare come diverso,ciò che non è conforme ai suoi ideali?Credo sia troppo facile giustificarsi in tal modo,mettendo in risalto la società e i suoi errori,siamo anche noi che ci adeguiamo troppo facilmente agli steriotipi e pregiudizi dominanti.Chi è il disabile?perché viene sempre etichettato come diverso? Nel forum la mappa degli steriotipi,ho potuto riflettere proprio su questo argomento,utilizzando tali parole:”è stato un esercizio che all'apparenza sembrava scorrevole,facile da svolgere,eppure ci abbiamo messo un pò prima di riuscire a trovare le parole giuste da scrivere.ci siamo rese conto che siamo in un contesto dove prevalgono i pregiudizi,i preconcetti,dove tutto è etichettato...e la cosa peggiore è che si etichetta nella totale ignoranza.termini quali il diverso,lo straniero,il disabile,nella società risuonano come un qualcosa sempre al negativo.eppure cosa c'è di negativo nell'altro...perchè in effetti è di questo che stiamo parlando,è come se qualsiasi cosa sia diversa da noi venga automaticamente definita in un’accezione negativa,come nel video visionato in aula,”indovina chi viene a cena”.Il timore per l'altro,per la diversità è evidente in tutto il film,inoltre ce ci riflettiamo bene,è la società stessa che ci impone un determinato prototipo di essere umano e noi siamo automaticamente portati a identificare come diverso,tutto ciò che non rientra in questi standard.ecco perchè se vediamo una persona senza un arto,il nostro viso trapela una espressione quasi di disgusto,perchè non è conforme alle aspettative sociali.credo che in una società dove l'uomo è arrivato agli apici dell'evoluzione,sia doveroso,educare alla diversità...perchè un bambino che sin dai primi anni viene educato al fatto che ci sono molteplici forme di essere esseri umani,sarà la salvezza del mondo”.La riflessione verte sui termini DISABILE E DIVERSO.Il disabile è colui che è impossibilitato a svolgere le normali attività della vita quotidiana,è affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive,è inoltre influenzata la sua sfera cognitiva a causa dei disagi sociali.il problema principale è che si tende ad avere un atteggiamento di pietà nei confronti dei disabili,come se fosse inferiori o sfortunati,è lo stesso atteggiamento che odiava il protagonista del film,di cui abbiamo visionato alcune scene in aula,QUASI AMICI,Philippe è un uomo paralizzato dal collo in giù,proprio come uno dei protagonisti dei video sulla domotica visti insieme,e ha preferito un ragazzo di nome Driss del tutto privo di esperienza,ad assistenti qualificati,proprio perché Driss non lo ha mai considerato disabile,né tanto meno diverso da lui,e lo ha sempre trattato come era doveroso fare,talvolta si dimenticava persino dell’impossibilità di Philippe di muoversi e faceva gesti come porgergli il telefono aspettando che lui lo prendesse.Sono fermamente convinta che è la società,che rende disabili le persone,perché non si occupa a pieno di loro,non ci sarebbero disabili,se le strade,le città,le case fossero a misura di ogni uomo.Come ho affermato nel laboratorio sulla domotica, .”ho potuto notare la differenza che c'era tra i due,tra il protagonista del video e quello del film,mentre uno è riuscito a raggiungere una certa autonomia,grazie alla domotica,l'altro era costretto ad essere totalmente dipendente,in questo caso dal badante Driss.credo sia un enorme passo avanti per la scienza e la tecnologia mettere in atto un tipo di casa del genere,ma credo lo sia ancor di più per i disabili,che grazie ad un prototipo di casa del genere riuscirebbero a non dipendere da alcuno.c'è da dire che per quanto sia allettante una casa del genere,purtroppo non è accessibile a molti,a causa degli elevati costi,infatti nel terzo video si parla di un costo superiore ai cento mila euro.una cifra enorme,e impensabile da raccimolare.(se non per porchi eletti).fatto sta che però la scienza sta andando sempre più perfezionandosi,e cercando di ottimizzare i prezzi per poter diventare più accessibile,e perchè no un bene per tutti”.Se la società fosse più interessata a facilitare la vita di queste persone,si sarebbe messa all’opera da un bel po’,ma purtroppo mancano ancora molte cose basilari,figuriamoci il resto.”Tutti sono disersi,non tutti sono disabili”credo che questa frase racchiuda un po’ il senso di questa riflessione,il diverso chi è?siamo tutti diversi,l’uno dall’altro,anche se il diverso viene considerato colui che è emarginato,il ladro,lo straniero,il “mostro”ecc tutti modelli non conformi all’ideale di normalità.Ma esiste la normalità?la persona normale è relativamente normale a chi la concepisce come tale,ovvero ognuno ha una propria idea di normalità e diversità,ma credo che sia doveroso per noi che siamo le educatrici di domani,far capire che il diverso da noi non è per forza un mostro da allontanare,ma anzi la diversità arricchisce il nostro essere,e lo rende migliore.Le persone disabili non si sentono coinvolte dalla società. Lo dimostrano i tanti studenti disabili, la cui integrazione è difficile e a cui spesso è negato il diritto di studio. E lo dimostrano anche i tanti disabili adulti che non riescono a svolgere la loro professione.In Francia, con la legge 2005 sull'Uguaglianza dei diritti e delle opportunità, la partecipazione e la cittadinanza delle persone con disabilità, si è cercato di abbattere le barriere e offrire possibilità di impiego e coinvolgimento dei disabili.Le leggi a favore dei disabili sono indubbiamente utili, perché migliorano materialmente la qualità della vita dei disabili. Tuttavia gli interventi legislativi si occupano solo di aspetti materiali della vita dei disabili, non affrontando il vero problema culturale riguardo alla disabilità: l’integrazione del disabile nella società.Spesso a scuola o nel settore lavorativo la diversità viene vissuta come causa di disagio e intralcio, nonostante l'esistenza di leggi adeguate.Le barriere che ancora oggi permangono sono quelle mentali. Se da una parte lo Stato interviene “imponendo” leggi specifiche, dall’altra la società non è ancora pronta ad accettarle del tutto e a metterle in atto spontaneamente.Spesso è la famiglia stessa a negare l’integrazione del disabile, per un eccesso di protezione nei suoi confronti o per evitargli l’umiliazione del rifiuto altrui.La persona “abile”deve abituarsi a dividere il proprio spazio e la propria aria con chi abile non è; non deve temere di sedersi al suo fianco e di parlargli, magari intorno a una tavola imbandita o dinanzi ad un meraviglioso tramonto, perché le idee, i sentimenti e l’energia di ogni individuo non sono soggetti a limiti e risiedono in ogni essere umano.Soltanto dopo aver superato concretamente e radicalmente il problema dell’integrazione si potrà parlare di una reale svolta culturale.Insieme alle leggi, quindi, è necessario che scendano in campo la scuola, i mass media e la sensibilità di quelle famiglie che, avendo preso coscienza dell’importanza del loro ruolo educativo, formino figli più consapevoli.A tal proposito,Anna Maria Murdaca,docente e autrice di vari libri tra cui COMPLESSITà DELLA PERSONA E DISABILITà,ha evidenziato proprio in questo libro l’importanza dell’integrazione,della cura e della relazione educativa,dell’inserimento del disabile,e di altri temi come le capacità funzionali,la globalità della persona,e soprattutto del disabile come cittadino a pieno titolo.Bisogna entrare nell’ottica della globalità,questo è il punto di partenza dell’autrice,ideare una nuova cultura della disabilità,che sia attenta alla persona in evoluzione,in continuo cambiamento.Ci sono dei punti che vanno evidenziati e sottolineati nella riflessione dell’autrice,non è l’handicap che impedisce la persona lo svolgimento delle normali attività quotidiane,ma è l’ostacolo!L’ostacolo è il contesto sociale,ed è proprio il contesto sociale a determinare la condizione di handicap,sono gli ostacoli,le barriere fisiche e mentali che favoriscono il processo di esclusione o peggio ancora quello di emarginazione.Il passaggio dall’ICD all’ICF è stato fondamentale in questo senso,perché l’ICF mette in evidenzia l’importanza dell’influenza dell’ambiente sulla vita dell’individuo.Di conseguenza,la società,la famiglia,il contesto lavorativo,possono influenzare lo stato di salute,inibire le nostre capacità,e metterci in una situazione di difficoltà.La famiglia stessa è il primo nucleo sociale con cui il disabile entra in contatto,ed è per questo che deve assolutamente evitare atteggiamenti di pietismo,compassione o eccessiva protezione nei confronti del figlio,altrimenti non sarà mai in grado di sentirsi all’altezza del resto del mondo,se per prima la famiglia non ha fiducia nelle sue possibilità e non lo spinge a dare il meglio di sé.Segregare il proprio figlio in casa per paura che il mondo possa essere crudele con lui,equivale a partire sconfitti,a non voler lottare contro le ingiustizie dovute alla noncuranza del resto del mondo.é necessario liberarsi dalla convinzione di non miglioramento,dalla sfiducia e dallo sconforto.Un esempio da seguire è quello dei genitori dell’associazione AUTISM AID ONLUS che il 2aprile,in occasione della giornata mondiale dell’autismo sono venuti a darci testimonianza del loro operato,credo che in questo caso si possa parlare di resilienza non solo per quanto riguarda i bambini affetti da autismo,ma soprattutto per quanto riguarda questi fantastici genitori,di cui ho parlato nel mio commento con queste parole:”(avevo postato un’immagine con una maglia su cui c’era una scritta significativa per me.) credo che non ci sia immagine più eloquente di questa!SONO UN PADRE ORGOGLIOSO DI UN FIGLIO AUTISTICO.ecco credo che nonostante non indossassero questa maglia,i due genitori che sono intervenuti in aula,ce l'avessero scritto negli occhi.è proprio ciò che ho visto il 2 aprile,nella giornata mondiale dell'autismo,quando abbiamo avuto l'onore di ospitare coloro che fanno parte dell'AUTISM AID ONLUS,una associazione che nasce nel 2004,quando i genitori di bambini autistici,si recano in america per apprendere le tecniche più avanzate al mondo per "curare" l'autismo.questi ammirevoli genitori sono venuti in questa speciale occasione a darci testimonianza del loro operato,dei passi avanti compiuti e dei molteplici passi che si devono ancora fare.ho visto nei loro occhi ardere un fuoco,il fuoco della speranza,quella di riuscire a rendere partecipi il più possibile gli altri,perchè come abbiamo detto prima,l'autismo si cura con le persone,e più persone si interessano di questi piccoli esseri unici nel loro genere,più possibilità ci sono di arrivare sempre più vicino alla soluzione,e perchè no alla cura di questa malattia.”questo per me è l’esempio della resilienza,perché non si sono limitati ad adeguarsi a ciò che la società poteva offrire ai propri figli,non li hanno rinchiusi in casa per paura che il resto del mondo li potesse giudicare come strani,o diversi,hanno valorizzato fino all’estremo le capacità di ogni piccolo esserino autistico,senza tralasciare l’importanza della loro persona,senza sottovalutarla,senza emarginarla.C’è bisogno di una valorizzazione della persona umana,mettendo in risalto la sue capacità,evitando di incorrere nel solito errore di definirla per sottrazione.NON SI DOVREBBE DEFINIRE NESSUNO PER SOTTRAZIONE,sono queste le parole che più di tutte mi sono saltate all’occhio.oramai è di uso comune,etichettare i disabili per ciò che non hanno,non ha la vista,non può camminare,non ha l’udito ecc.è discriminanta,umiliante e del tutto inadeguato.Come afferma Canevaro questo può solo aumentare l’handicap non diminiurlo.Inoltre Murdaca cambia anche l’accezione solita di Cura,non vuol dire accudire,credo sia vicina all’I care di Don Milani,ovvero mi interessa.Infatti è una cura che mira all’emancipazione del soggetto con disabilità.Emancipazione che può avvenire solo in una società che pone il cittadino disabile alla pari con gli altri cittadini,che lo reputa come un cittadino a pieno titolo.Un cittadino a pieno titolo è integrato nel contesto,nella società,sono necessari ambienti di apprendimento,dove gli educatori siano pronti ad una ricostruzione dell’interno del diverso.Per favorire l’integrazione è necessaria una RELAZIONE EDUCATIVA.La relazione educativa abbraccia vari ambiti.un esempio di relazione educativa è proprio il rapporto che si instaura tra madre e figlio,un ottimo trampolino di lancio nella società,è la spinta,il motore verso l’esterno.la famiglia fa molto,pur non rendendosene conto,è sostenitrice o demolitrice dell’autostima del figlio.una madre che riesce a non far sentire “diverso” il proprio piccolo nell’ambito domestico,ha già compiuto un grande passo,perché il bambino nell’uscire di casa non avrà timore del suo essere disabile.credo che sia fondamentale nella relazione educativa madre figlio,la progettazione,ovvero,far si che insieme si riesca a creare un progetto da raggiungere,una meta.in ogni relazione educativa,lo scopo,il raggiungimento di un obiettivo è fondamentale,pensare che il proprio figlio non potrà fare nulla della propria vita,non lo rende disabile,lo rende privo di speranza.è come partire già sconfitti.differente è la relazione docente-discente,che è un legame che si crea tra i due,che produce apprendimento,attraverso la fusione delle conoscenze.è importante dire che qualsiasi esperienza della vita è educativa.la relazione educativa tra educatore ed educando deve essere basata sul rispetto reciproco,per far si che vi sia un arricchimento reciproco,inoltre è compito dell’educatore di trasmettere qualcosa di positivo nelle relazioni che instaura.fondamentale nella relazione educativa è il legame affettivo,è proprio quest’ultimo che permette all’educando di fidarsi dell’educatore,di aprirsi,e di risolvere le problematiche che lo affliggono.inoltre è risaputo che anche nella scuola se non vi è un legame affettivo tra insegnante e alunno non vi è apprendimento,perché il rifiuto che si ha nei confronti dell’insegnante di cui non si ha stima lo si riversa anche sulla materia da lui insegnata.non è esatto pensare che la relazione educativa educatore-educando,sia unitalerale,ovvero l’educatore trasmette nozioni, e l’allievo le apprende,anzi è proprio l’inverso è BILATERALE,ovvero l’educando apprende grazie all’educatore,e l’educatore a sua volta grazie all’educando può perfezionare le sue tecniche di educazione,arricchendole con l’esperienza,come nel caso dell’educazione al disabile,dove non vi sono casi specifici,ma l’educatore deve prendere in considerazione il caso specifico,e creare dei programmi a misura del disabile,ovvero in grado di far emergere le sue capacità.in una relazione educativa emerge l’importanza della motivazione,che come sappiamo può essere sia esterna che interna,l’educatore ha il compito di sostenere,motivare l’educando con una motivazione esterna fatta di gratificazioni,condivisione,regole ecc.Noi educatori del futuro,quindi dobbiamo essere in grado di fortificare,motivare,far crescere ed inserire nella società i nostri educandi.non è per niente un compito semplice,perché la società ha i suoi standard,ha i suoi modelli di perfezione,che si scontrano con un immagine di “non sano” che può avere il ragazzino disabile.credo che l’unica cosa non sana,sia proprio la società,che man mano sta imponendo canoni impossibili da raggiungere.Ed è proprio la triade,di cui parla Remaury,bellezza salute e giovinezza,che il mondo,soprattutto quello femminile vuole raggiungere.la cura del corpo è sempre stata una prerogativa al femminile,anche se oggi cultori del corpo lo siamo tutti,è inevitabile.anche gli uomini sono portati ad immergersi in questa ottica secondo la quale un bel corpo piace..ed ecco tutti a correre in palestra,tutti a farsi lampade abbronzanti,ecc.Ma restano comunque più colpite le donne,come se fossero ormai risucchiate dal vortice della dovuta bellezza,dell’inevitabile giovinezza infinita e della salute.è ormai risaputo che l’idea di bellezza viene associato a qualità morali,quali l’onestà,la gentilezza,sono convinta che questa idea sia alla base anche delle fiabe,dove il principe azzurro è stupendo,abile condottiero,gentiluomo,galante e affascinante,e la principessa,bella sensibile e gentile,solo da qualche tempo sono stati cambiati i canoni di bellezza delle fiabe,nelle quali ora anche un orco e un’orchessa diventano re e regina.(Shrek).la pubblicità,la televisione,i giornali e i media,portano a un condizionamento tale da sentirsi inferiori se non si raggiunge un certo standard.Lipovetsky, ha scritto ne LA TERZA DONNA,che la donna è sottomessa ai modelli dominanti imposti e strutturati,per cui è obbligata dal sociale a raggiungere il corpo perfetto.è necessario raggiungere l’eterna giovinezza,la perfetta bellezza,e la salute totale.nel laboratorio protesi estetiche,ho parlato proprio dei complessi di inferiorità,delle ossessioni dovute al bombardamento dei media,della società,e l’ho fatto con queste parole:”se avessi qualche chilo in meno,se fossi più scura di carnagione,se avessi gli occhi chiari,se non fossi così bassa,se i miei piedi non fossero così sproporzionati.è più o meno quello che ci diciamo si e no ogni giorno,ed è ciò che ci inducono a pensare ogni secondo della nostra vita.perchè se non hai una quinta di seno,sei piatta,se sei piatta non sei una donna.se non hai un sedere alto,sodo,piccolo non sei bella.perchè se non sei come vogliono loro,sei diversa.è lì che sorge il problema.le differenze sono controproducenti in una società che cerca in tutti i modi di omologare.crea modelli di bellezza che sono raggiungibili solo attraverso la chirugia..o la malattia,perchè no.ti fanno sentire piccola,invisibile,di fronte a cartelloni immensi,che per strada dipingono una falsa bellezza,quella dell'ipocria,del photoshop.e c'è chi non si accetta,chi si guarda allo specchio il più poco possibile per non vedere i suoi difetti,senza capire che è nei suoi difetti che c'è la perfezione della natura.senza capire che ciò che è,è molto di più di un pò di cellulite,o di un pò di pancetta.la perfezione non esiste..esistiamo noi donne,così tremendamente belle,così infinitamente ricche nell'animo,che se solo sfoggiassimo un millessimo di ciò che siamo,il mondo sarebbe un'incanto.”Braidotti afferma che la donna è così in grado di trasformare il suo corpo da diventare agli occhi dell’uomo un mostro.e a proposito del tema della mostruosità,ho postato in uno dei commenti un tema per me importante,sul quale c’è molto da riflettere,e che rispecchia a pieno la condizione ormai scandalosa della nostra società. “la BARBIE UMANA:Valeria Lukyanova.Valeria Lukyanova è una ragazza di soli ventuno anni che per il suo tentativo di assumere esattamente l’aspetto di una Barbie, ha fatto discutere il mondo intero. Capelli biondissimi e lunghissimi, occhi da vera e propria bambola,pelle del colore dell’avorio, ciglia lunghissime, labbra carnose ed un fisico magrissimo, proprio come quello della bambola più famosa al mondo! Proprio pochi giorni fa le immagini di questa giovane ragazza avevano fatto il giro del web, lasciando senza parole il mondo intero.questa ragazza ha speso milioni in chirurgia plastica per diventare una vera e propria barbie.credo che in tal caso ci sia molto su cui discutere,le protesi estestiche non hanno apportato alcun miglioramento ma sono state utilizzate solo ed esclusivamente per assecondare un capriccio.inoltre vorrei proprio chiedere il perchè a questa ragazza,cosa l'ha spinta ad arrivare a tutto ciò,forse la società con i suoi modelli irraggiungibili di bellezza.o cos'altro?”C’è molto su cui riflettere,ci sono persone che si sono suicidate,perché non hanno sostenuto il peso delle critiche altrui,perché troppo grasse rispetto ad una modella anoressica che pesa 40 chili.Le star della televisione sono perennemente da un chirurgo per l’ennesimo ritocchino,Sophia Loren una delle donne più belle al mondo,non ha mai visto il suo volto invecchiare,e nemmeno noi.Non ci sono più ragazze in giro senza unghie finte,extention,ciglia finte,sopracciglia tatuate,tutte uguali,senza distinzione.La bellezza della vita è che è fatta di fasi,l’infanzia,la gioventù in cui è la tua pelle è limpida,salutare,distesa,e la vecchiaia dove non puoi non ammirare i segni del tempo sul tuo corpo,perché è inevitabile,ed è inutile lottare contro l’impossibile,l’eterna giovinezza è quella dell’animo.