Pedagogia della disabilità 2012

Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


+293
maria formisano
Federica Marzano
ascione ass
Silvia De Sisto
domenica moccia
antoniodisabato
mariaidaferraro
Cozzolino Chiara1987
iolandadigennaro
daniela oliva
rossellastallone
Federica Riccardo
rosa romano
Lorenza Baratta
anna abbate
angela cuomo
Gisella Santonastaso
Fiorella Moio
Maria Aprea
Manuela Arienzo
de cicco luisa
mariangela manna
Melfi Roberta
federica pirozzi
federica sbrescia
Silvana Marchese 1990
soleluna
ERIKA IARNONE
Stefania befà
Maria Improta
Melania Moscato
Letizia Panariello
simona micillo
Annarita Riviergi
Adele La Porto
Antonia Aletta
anna flaminio
roberta case
maria russo
Valentina Morra
Gaetana Cozzolino
DANILO ROMANO
Antonella Leonetti
MARIA VITTORIA PIROZZI
Valentina Gaudioso
Piccolo Emilia
silvana marconi
Gervasio Concetta91
lucia lettera
Stefania Scafati
Mena Pace
fabiola lucignano
Cristina Cardillo Zallo
RITA MASSA
valeria cefariello
Carmela Attanasio
Maresca Socc. Addolorata
mariana scamardella
elenacapobianco
Gabriella Barecchia
Francesca Starita
MARIO RIEMMA
Giuseppina Chianese
Marcello De Martino
Martina Marotta
Teresa Buonanno
Mario Cavallaccio
simonamanzoni
palmina formato
ilaria cardinale
Francesca Sommella
Maria Di Caterino92
teresa perretta
rosa d'onofrio
Maria Grande
valeria scognamiglio
maddalena cacciapuoti
Cinzia Guadagno
Maria Natale
Teresa Nazzaro
Angela Scarpato
francesca anello
carmela clemente
roberta silvestro
milone lucia
DI MASO CLAUDIA
elena capasso
Maria Pia Palvelli
MAURIELLO JESSICA
maria.lancellotti
Elvira Scarpato
Izzo Maria Teresa
TammaroAlessia89
Gallo Luisa
Lucilla Graziani
rosa manno
Maria Maestoso
Ilaria Musella
Marianna Di Caterino91
michela di bernardo
anna piscitelli
Vittoria Camposano
daiana martino
Maddalena Pontone
iolanda martino
Sara Costigliola
Serena Vivenzio
Claudia Carbonaro
Maria Rosaria Coppola
Francesca Izzo
annalisa de flora
Marta Iannaccone
SerenaMele
Antonella De Rosa
luisa formisano
emma mariniello
Roberta Narici
Adriana De Rosa
peluso cristina
Loredana Calise
giovanna costagliola
ROSA NUVOLETTA
Valentina Caponigro
Iolanda Puca
Marianna Carfora
cloe
Ornella Cangiano
Nunzia D'Amore
Micaela Crescenzo
Anna Pasquariello
Barbara Pepe
alessandra sbrizzi
rosa capasso
Fiorella Savino
alessia maruzzella
Annunziata Langella
Sabrina Campaiola
Rachele Di Tuccio
marigliano francesca
Marianna Gallo
maria rosaria russino
francypetraglia
rosa corbo
Ilaria Saviano
Luisiana Spinelli
serenalestingi
Ilenia Caiazza
Laura polverino
arianna annunziata
Miriana Medaglia
Miryam Polidoro
ANNA CARANNANTE
Flavia Cozzolino
Angela Di Marzo
Nadia Frascadore
serena murolo
Denise Di Gennaro
daniela picascia
Elvira Romano
Serena Conte
conte claudia
Maria Grazia Zingone
maria.vigna
francesca de falco
Carmela Perillo
alessandra sorrentino
Brunella Casaretti
Luisa Masturzi
Roberta Bortone
Serena Elia90
Anna Carmela Capasso
Pezzella Vincenza
Martina Molino
Cristina Ambrosio
Carmen D'Alessio
luciana sollazzo
Milena Capasso
Votto Michelina
francescacella
Fabiola Mangini
edvige garofano
Alessandra Mavrokefalos
Chiara Di Mare
emiliana della gatta
VALERIAILLIANO
Marfella Valeria
veronicagiordano
Lucia Casaburo
erica caputo
valeria ottaviano
Noemi de Martino
ida errico
Chiara Verace
fabiola loffredo
maria giovanna toriello
anna di maggio
Antonia Manguso
frascogna domenica
Giulia Marciano
rosannapetrone
Chiara Di Napoli
RaffaellaPagano1990
Valentina Paolillo
Carmela Frascarino
Emilia De Blasio89
Rita Desiato
FLAVIA AGOSTINO
Aiello Raissa
Noemi Martuccelli
giuseppina tramo
Laura testa
Diana Autiello
maria11
Annamaria Bruno
Palma Napolano
miriam perrella
Orsola Cimmino
Rossella Ascione
Danila Cacciapuoti
Monica Miele
anastasia manzueto
Claudia Zuccoli
MarySalvati
Tommasina Cataldo
MARTINA MARFE'
LAURA BUONANNO89
maria pignata
Angela Ascanio
carmela migliaccio
Russo Livia Maria
Roberta Ingargiola
Antonella Camposano
maria84
Rita Esposito
luigia palumbo
Diana Emma
angela32
carmela aversano 88
Antonella Pagliaro
mariarescigno91
DE STEFANO ANGELA
raffaella piccolo
cavagnuolo giuseppina91
PAOLA MUSELLA
Daria Casolare
elisabetta.monto
Rita Gaita 1990
anna gemma buono1
Stefania Tufano
MIRIAM MUSTO
elena.scognamiglio89
rossellamaiorano91
valeriaminucci
simonaesp
Lucia Esposito
Baldascino Francesco
giusy armida
Baldascino Concetta
Imma Saviano
SERAFINA CILIENTO
antonia petrella
Antonella Russo
Ilaria cozzolino
ilenia medici
carmela accurso
Eleonora Cardella
maria riccardi 90
Antonella Pirozzi
Luisa Ratti
ASCIONE ANNARITA
eleonora daniele
Daniela D'urso
Irene De Vita
Sabrina Vitulano
Lùcia Pisapia
Rossella Palumbo
Melania castoro90
Maria Starace91
Brusini Rosa
Diana Maddalena
Marianna Romano
lucia schiano lomoriello
Fortuna Di Mauro
Cira Toscano
simona capasso
Fabrizia Nosso
Anna Bianco
nunzia apicella
viviana.imparato
filomena mosca
donatella tipaldi
Giovanna Di Francesco
Admin
297 partecipanti

    Prova intercorso (riapre a giugno)

    Luisiana Spinelli
    Luisiana Spinelli


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 32
    Località : Monte di Procida (NA)

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Luisiana Spinelli Mar Mag 15, 2012 12:49 pm

    -L'organizzazione mondiale della sanità o OMS,ha elaborato una serie di classificazioni con lo scopo di migliorare l'analisi delle patologie,fornendo per ogni malattia la descrizione delle principali caratteristiche.La prima classificazione è l'ICD ovvero Classificazione Internazionale delle malattie elaborata nel 1970 al fine di cogliere la causa delle patologie fornendo per ognuna di esse una descrizione delle caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche.Essa focalizza l'attenzione sull'aspetto eziologico della malattia è volta cioè a cogliere le cause della patologia;una volta fatta la diagnosi quest'ultima viene tradotta in codici numerici che servono per la memorizzazione,la ricerca e l'analisi dei dati seguendo lo schema eziologia-patologia e manifestazione clinica. Nel 1980 l'OMS ha elaborato una ulteriore classificazione:l'ICIDH(Classificazione delle Menomazioni,delle Disabilità e degli Handicap) che si basa su tre fattori interdipendenti:menomazioni,disabilità e svantaggio; questi termini saranno poi sostituiti da menomazione,abilità e partecipazione volti a dare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto garantendo un cambiamento nell'atteggiamento nei confronti dei soggetti con deficit. MENOMAZIONE come perdita o anormalità di una struttura,come danno organico di un settore specifico, DISABILITà come perdita o limitazione della capacità di compiere un'attività,HANDICAP come disagio sociale conseguente alla disabilità e alla menomazione,determina una condizione di svantaggio che si manifesta a seguito dell'interazione con l'ambiente creando difficoltà al soggetto nel confrontarsi con gli altri.Nel 2001 l'OMS elabora la Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute secondo la quale la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.Questa classificazione descrive le modifiche dello stato di salute di una persona;in effetti analizza le conseguenze associate alle condizioni di salute in quanto pone l'accento sulla vita delle persone affette da patologie sottolineando come esse vivono nella loro condizione e come sia possibile migliorarla.L'ICF è organizzata suddividendo le informazioni sulla salute della persona in due parti: Funzionamento e Disabilità per indicare problemi e contribuire a definire il concetto di disabilità e, Fattori Contestuali o ambientali che influenzano la vita dell'individuo come la società,la famiglia,il contesto lavorativo cioè elementi che possono influenzare lo stato di salute e ridurre le capacità di svolgere eventuali mansioni. Abbiamo sin ora parlato di disabilità, soffermiamoci ora su due termini che spesso vengono usati allo stesso modo,ma in realtà sono differenti: DISABILE e DIVERSO. Chi è il disabile? Il disabile è una persona che a causa della mancanza di una o più abilità è impossibilitata a svolgere le azioni quotidiane; il disabile non è dunque il diverso poichè un individuo che manca di un'abilità ne possiede comunque delle altre "Tutti sono diversi,non tutti sono disabili". Si potrebbe invece usare il termine DIVERSABILITà,che evidenzia il fatto che un soggetto oltre ad avere una disabilità è comunque dotato di altre abilità da far emergere.Attraverso questo termine si intende dare importanza alla persona e alle sue abilità guardando il disabile seguendo una nuova prospettiva.Spesso,come sappiamo,è il contesto a creare delle difficoltà,a categorizzare,ad escludere e ad attuare un processo di etichettamento;in effetti il pregiudizio(come meccanismo di difesa,di presa di distanza da condizioni ritenute estranee) che esiste nella società porta a guardare il diverso con pietismo,orrore o paura,paura di qualcosa che non conosciamo che vediamo distante da noi e di non simile alla maggior parte delle persone.A proposito del processo di esclusione e di etichettamento faccio riferimento all'esercizio svolto in aula sul cittadino e l'emarginato dove io facevo parte dei cittadini,pur essendo un semplice esercizio ci ha aiutati a riflettere su come i processi di emarginazione siano presenti nella quotidianità.Guardare tutto ciò che è diverso con paura è sbagliato poichè tende a farci percepire la diversità come la non normalità ;mentre il concetto di normalità è relativo e soggettivo. Il diverso è unico ,è irripetibile,ha delle caratteristiche peculiari uniche.A tal proposito faccio riferimento all' intervento del laboratorio dove ho già affermato che a mio parere la diversità è momento di incontro,di crescita,momento di apprendimento e di scambio (un dare e ricevere in sincronia),non dovrebbero esistere differenze poichè la bellezza del mondo sta nella varietà delle cose...e mi riferisco a tutti i tipi di differenze.Nel mio intervento ho ad esempio parlato della differenza di razza dove ho affermato che la razza è una categoria inconsistente sulla cui base non è possibile classificare un individuo poichè non è la razza a determinare il comportamento umano.Riallacciandomi al discorso di prima sull'esclusione e l'emarginazione,spesso è il contesto sociale a creare delle difficoltà,degli svantaggi e dunque a determinare le barriere fisiche come quelle mentali e culturali volte a favorire il processo di esclusione e di emarginazione.
    Parliamo delle cosiddette "barriere architettoniche" come l'ostacolo che ogni giorno la persona deve affrontare per svolgere le azioni quotidiane.Soltanto migliorando l'ambiente della persona è possibile diminuire le disabilità.L'handicap è lo svantaggio sociale dipendente dal contesto socioculturale che può essere aumentato,ridotto o annullato.In effetti sono sempre maggiori le barriere architettoniche con le quali il disabile è chiamato a confrontarsi quotidianamente,strade dissestate,mancanza di montascale,di sali scendi,mancanza di sostegno per disabili nei trasporti pubblici,abitazioni poco consone ai bisogni della persona con deficit.Si pensi alle strette porte del treno che ho già citato nell’ esercizio orologio, alla mancanza in alcune abitazioni di strutture come l'ascensore(ad esempio la mia casa), gran parte delle abitazioni non sono infatti allestite per un disabile,marciapiedi che non permettono ad una sedia a rotelle di passeggiare normalmente,ma come ho già detto purtroppo pochi si rendono conto dello svantaggio che il disabile percepisce poichè chi non vive in prima persona quest'esperienza riesce difficilmente a capire i reali problemi che queste persone incontrano anche nella semplice azione di salire o scendere un gradino!Bisognerebbe pensare con più attenzione a queste problematiche per evitare l'isolamento e l'esclusione sociale concludo citando questa frase del libro "La disabilità non è un mondo a parte ma una parte del mondo!"

    -Anna Maria Murdaca nel suo testo "Complessità della persona e disabilità" mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,alla rimodulazione del termine integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita dei soggetti disabili.In effetti,il suo intento è quello di creare una nuova cultura e conoscenza della disabilità attraverso l'ottica della globalità;cioè guardare la persona nella sua totalità e complessità soffermandosi sulla sua evoluzione.L'obiettivo è la valorizzazione del soggetto attraverso il rispetto delle differenze e delle diverse identità.L'integrazione viene vista come un processo continuo volto a valorizzare al meglio le caratteristiche di ognuno descrivendo la persona per ciò che è e non per ciò che non è "Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione" La Murdaca si sofferma inoltre sul concetto di cura come progressiva emancipazione per la realizzazione delle aspettative della persona;l'integrazione che intende promuovere si basa sull'accoglienza di diverse identità,condivisione di valori etici...Importante è la relazione educativa che viene ad instaurarsi tra l'educando e l'educatore,L'educatore dovrà consentire la crescita della persona in tutte le sue dimensioni attraverso la creazione di una relazione educativa in cui progettare delle opportunità educative da offrire al disabile. La ricerca intende portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità,autostima attuando un progetto di promozione personale atto a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive e ad innalzare la vita dei soggetti.Tutto è finalizzato a sollecitare nei disabili lo sviluppo di indipendenza e di emancipazione attraverso stili cognitivi individuali.Nel testo inoltre afferma l'importanza di ripensare ad una società con spazi di formazione per disabili attraverso la presa in carico,la messa in relazione e la comunicazione.Riporto l'intervento del laboratorio sulla relazione educativa come momento di formazione sia per l'educando che per l'educatore,poichè oltre all'educando che apprende grazie all'educatore,l'educatore può perfezionare le proprie tecniche.Questa figura è fondamentale in quanto rappresenta un modello,un punto di riferimento con l'obiettivo di condurre il soggetto verso dei cambiamenti positivi All'interno della relazione educativa è importante anche il legame affettivo come scambio di relazione e di valori,la pazienza,l'ascolto,l'attenzione alla diversità,la valorizzazione delle caratteristiche di ognuno.L'educatore deve mettere a proprio agio creando un rapporto alla pari senza differenze,in cui il soggetto si senta libero di esprimersi.Il percorso da seguire è:dialogo,reciprocità ed integrazione comunicativa.Ricordiamo ad esempio il setting svolto in aula tra l'educatrice che incontra un genitore e l'educatrice che incontra un'adolescente in difficoltà;in entrambe le situazioni esse si sono mostrate pazienti, cordiali,e disponibili.
    Per quanto riguarda il disabile,l'educatore deve mettere in atto programmi specifici per far emergere le caratteristiche del disabile,attuare programmi mirati su un piano di pari opportunità con i normodotati.Non mettendo in risalto le mancanze,ma evidenziando le potenzialità del soggetto.Ciò che caratterizza la relazione è la volontà di costruire un rapporto di reciprocità poichè la relazione educativa si costruisce con l'altro e per l'altro.

    -Remaury, Lipovetsky e Braidotti sono coloro che si occupano della tematica del corpo e soprattutto del corpo della donna,che come sappiamo oggi è sempre più sotto ai riflettori.La concezione odierna del corpo è molto cambiata rispetto a quella che si aveva in passato,l'ideale di bellezza femminile greco-romano valorizzava le curve,i fianchi e le proporzioni;oggi invece il modello a cui tutti sembrano attingere è la magrezza che è diventata un vero e proprio modello di perfezione.L'mmagine del corpo perfetto è trasmessa soprattutto dai media che ogni giorno invadono il nostro quotidiano trasmettendo e inculcando ideali di bellezza sbagliati.La televisione fornisce informazioni alimentari scorrette provocando gravi disturbi psicofici ai danni di chi ascolta.Remaury afferma che la donna si sente in dovere di coltivare la bellezza poichè sente il bisogno di essere bella.Nella sua opera "Il gentil sesso" afferma che tutti siamo diretti verso la perfezione perseguendo un triplice obiettivo:giovinezza,bellezza e salute.Egli ci parla del corpo trasfigurato ovvero legato all'immagine della perfezione corporea, grazie anche ai progressi della scienza,del corpo esatto che compire progressi verso la perfezione e che appare come modello dominante e infine del corpo liberato dalla malattia,dal peso e dal tempo.Lipovetsky ne "La terza donna"afferma che la donna nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti e strutturati e i valori tra cui può scegliere sono quelli di eterna giovinezza,perfetta bellezza e salute.In"Madri Mostri e Macchine" Rosi Braidotti ci parla della donna come capace di deformare nella maternità il proprio corpo che diventa nell'immaginario maschile qualcosa di orribile:mostro e madre allo stesso tempo.La Braidotti propone alla donna di incarnare la macchina cioè creare un legame tra femminismo e tecnologia.Per quanto riguarda il laboratorio svolto in classe sull'uso delle protesi estetiche ribadisco anche qui il mio disaccordo poichè non serve a niente avere un corpo magro e slanciato e poi essere privi di virtù interiori come l'onestà,la bontà e l'intelligenza.Ammetto l'uso della chirurgia estetica laddove ce ne sia un reale bisogno;indubbiamente la causa di tutto questo sono i media e la televisione (riporto la frase dell intervento)"che continuano a trasmettere ed inculcare stereotipi e messaggi sbagliati sull'utilizzo e sul concetto di CORPO."E' l'essere diversi che ci rende unici per questo bisogna smettere di omologarsi e cominciare ad essere se stessi!
    avatar
    Ilaria Saviano


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 16.03.12
    Età : 32
    Località : frattamaggiore (NA)

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Ilaria Saviano Mar Mag 15, 2012 1:16 pm

    1 ) Vi sono molte definizioni importanti, di cui tenere conto, nel mondo della disabilità. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ne ha raggruppate diverse, in tre classificazioni. La prima, “Classificazione internazionale delle malattie”, ICD, cerca le cause di tutti i tipi di disturbi o di patologie, fisiche o psichiche, che esistono. Questa classificazione introdusse tre termini: menomazione, disabilità, handicap. Tale classificazione venne chiamata anche “enciclopedia medica”. La seconda classificazione è l’ICDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps). Inizialmente i termini, da essa usati erano uguali a quelli dell’ICD ma, successivamente, si iniziarono ad usare i termini: menomazione, abilità (= diversabile), partecipazione (ciò che il soggetto sa e può fare). In queste prime due classificazioni, vengono analizzati i seguenti termini: MENOMAZIONE (qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Queste perdite possono essere o transitorie o permanenti) DISABILITÀ (è qualsiasi restrizione o carenza della capacità di svolgere un’attività nei modi e nei limiti ritenuti normali per un essere umano) HANDICAP (l’handicap è uno svantaggio, è la difficoltà a maturare quelle disposizioni o capacità della persona necessarie alla realizzazione progressiva della personalità integrale. Ciò porta a considerare l’handicap solo un problema di chi ne è afflitto, con la conseguenza di considerare i disabili anormali). L’ultima classificazione dell’OMS è l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute) secondo la quale, la disabilità è una condizione de salute derivata da un contesto sfavorevole. I nuovi termini che vengono usati sono: funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione. L’ICF classifica le conseguenze associate alle condizioni di salute. Dopo aver esposto le tre classificazioni è bene soffermarsi sulla differenza tra le parole: DISABILE e DIVERSO. Il disabile è una persona che non può svolgere le normali attività della vita quotidiana, è colui che è affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive, ed è una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità, oppure dal diverso funzionamento di esse. Il diverso è colui che viene etichettato dalla società come tale, perché ha degli schemi mentali, fisici e comportamentali difformi dalla normalità. Per questo il diverso ci spaventa e ci rende diffidenti. È molto importante ricordare che, molto spesso, la disabilità è più grave quanto più difficile è il contesto in cui lo svantaggiato vive, come dice l’ICF. Per quanto riguarda l’ambiente, ho notato che, il disabile, soprattutto quello costretto sulla sedia a rotelle, non ha molte agevolazioni, infatti, incontra molto spesso barriere architettoniche di ogni tipo. Queste barriere gli ostacolano ogni movimento e gli impediscono di raggiungere luoghi importanti come l’ufficio o l’università. Ciò che fa più male ad un disabile, secondo me, sono le parole. È orrendo sentir dire “quella persona è un MOSTRO” solo perché ha una menomazione fisica o perché non può camminare e quindi si serve di protesi. Ciò non fa altro che emarginare sempre più il disabile. Proprio l’esperienza dell’emarginazione, che ho vissuto in prima persona durante una simulazione in aula, può far sentire qualcuno “diverso”, a tal punto da odiare se stessi e il mondo che lo circonda.
    2 ) Anna Maria Murdaca, esperta in questioni relative alla persona con disabilità, ha scritto un libro molto importante “Complessità della persona con disabilità”. La Murdaca, per prima cosa, parla di una ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e lo fa partendo dal contesto sociale. È proprio quest’ultimo a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione o di emarginazione. Quindi, dato che l’ambiente può essere sia un facilitatore che una barriera della disabilità, è importante partire da esso per poter vedere con occhi nuovi l’handicap. Il secondo argomento ,di cui parla nel suo libro, è la rimodulazione del termine integrazione, attraverso la valorizzazione della persona. L’integrazione è un processo continuo, una continua ricerca di soluzioni, di strategie atte a preservare i diritti acquisiti dei disabili. Lo scopo dell’integrazione è quello di valorizzare al meglio le possibilità del disabile. Infatti, quando si parla di una persona non bisogna mai definirla per sottrazione. Questo vale in particolare per il disabile. Non ci si dovrebbe mai riferire da esso come a colui che non ha, o che non sa, o che non può, ma bisogna riferirsi al disabile come a colui che sa fare qualcosa che gli altri non possono fare. È importante ricordare che il disabile, a modo suo e con le sue capacità, sa esprimersi e farsi capire. Nell’ambito dell’integrazione si inserisce il concetto di “cura”. Quest’ultima viene vista come progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti, volta alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è, e per ciò che egli può diventare. Nasce l’esigenza di parlare in modo nuovo di integrazione. Si cerca un nuovo termine in quanto, lo stesso, va riformulato: - come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica; - come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia, identità, potenzialità personali. La relazione educativa è uno “spazio riparativo” nel quale: il disabile sperimenta con gli educatori, con gli insegnanti, una serie di situazioni, di vissuti emotivo-affettivo, che dli vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nel qui e ora della relazione educativa. La nuova cultura della disabilità deve essere attenta a: cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive, quanto a innalzare la qualità di vita dei soggetti. Rimodulare l’integrazione vuol dire considerare il disabile nella sua globalità, e quindi senza scomporlo, perdendo la capacità di integrare. Ogni disabile ha la sua storia, il tutto è finalizzato a sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppo di indipendenza ed emancipazione. L’ultimo tema, del libro della Murdaca, è: la ridefinizione di un progetto di vita delle persone con disabilità. Per far vivere meglio il disabile, per prima cosa, è importante rimodulare gli spazi, è necessario “rileggere la sostenibilità sociale attraverso l’azione forte delle istituzioni, per dar voce ai disabili, per creare uno spazio, un contesto attendibile”. Sono necessari ambienti di apprendimento, nei quali, anche educatori/insegnati, siano preparati ad una ricostruzione dell’intero del diverso, che solitamente viene visto come un frammento. La relazione educativa è un complesso legame che si forma tra docente e discente, un legame che produce l’apprendimento attraverso una profonda interconnessione che porta alla fusione delle conoscenze. Tale relazione deve essere incontro e scambio, partecipazione ed alleanza e non deve essere contrassegnata da una disparità di potere tra insegnate e alunno. Nella relazione educativa tutti, sono messi sullo stesso piano. Questo vale soprattutto quando il discente è un disabile. Quest’ultimo deve avere le pari opportunità che hanno i normodotati, altrimenti non si potrà mai integrare, completamente, nella società in cui vive. È importante, infine, ricordare che, nella relazione con gli altri è necessario il rispetto reciproco, perché se non c’è rispetto non c’è nessuna relazione. L’importante è saper ascoltare gli altri e avere tanta pazienza, perché sicuramente, dopo, si sarà ripagati di tutti i sacrifici fatti.
    3 ) Remaury, Lipovetsky e Rosi Braidotti, sono tre scrittori e filosofi contemporanei, i quali hanno affrontato il tema della bellezza e delle trasformazioni del corpo. Il primo di cui parlerò è Remaury. Egli nel suo libro “Il gentile sesso debole, Le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute”, dichiara che nella cultura dell’immagine, la donna, molto spesso, è confusa o associata, alla bellezza. Ci si aspetta che la donna coltivi a tutti i costi la sua bellezza, il suo corpo, e che il miglioramento fisico ed estetico, sia l’adempimento ai suoi bisogni primari, e cioè quelli di essere bella, attraente e perfetta. Questi bisogni impellenti di essere sempre belli, perfetti e di apparire sempre giovani, sono stati indotti dalla società, la quale ci bombarda ogni attimo con immagini di corpi perfetti, giovani e sani. Da sempre la cura del corpo è stata associata ala donna, in modo particolare alla donna bianca, magra, famosa e giovane. Molti pensano che essere belli fuori significhi esserlo anche dentro e quindi, per raggiungere questo livello di perfezione (taglia 42) si fa di tutto. Si trasforma il proprio corpo in ogni modo, come fanno le donne orientali. Queste ragazze sono disposte a sottomettersi ad ogni intervento chirurgico, anche quello più doloroso ed estremo, come il prolungamento degli arti inferiori, pur di somigliare alle donne occidentali. Quest’ultime, dal canto loro, sono sempre più spesso vittime delle malattie “del cibo”, come anoressia e bulimia, per arrivare allo stereotipo della donna perfetta. Per Remaury, l’obiettivo di tutti è: giovinezza- bellezza- salute. Il corpo perfetto è quello liberato da tutti i “mali”. Lipovetsky parla, ne “La terza donna”, di un corpo liberato dalle malattie e quindi sano, libero dal tempo e quindi giovane e libero dal peso quindi magro. La donna, nel controllare la propria immagine, si avvia sempre più verso il corpo realizzato, ossia verso la conquista di un corpo perfetto, ottenuto attraverso la bellezza e la salute. La terza donna di Lipovetsky, raggiunge una maturazione positiva nella quale, la donna, gestisce la propria immagine, con la capacità di scegliere, tra i tanti modelli proposti dalla società, quello perfetto per lei. È bene ricordare che magrezza non è uguale a bellezza. Un esempio sono le modelle anoressiche, che rappresentano il bello che diventa mostruoso. La modella anoressica è diventato il modello per eccellenza da seguire, a cui tutte le ragazze aspirano. È il femminile mancante, deformante (senza carne, curve o sviluppo), dalle forme disumane. Il mostruoso, con la malattia, diventa un modello estetico, e di desiderio maschile. Anche Rosi Braidotti si ricollega all’idea mostruosa del corpo deformato in “Madri, mostri e macchine”. La Braidotti si oppone alla “inflazione discorsiva intorno alla materia corporea”, perché va ripensato, come già detto, il rapporto corpo – mente. Ella critica il “divenire donna” di Delueze, seconda la quale, il divenire donna è semplicemente il divenire altro, non riguarda la donna, mentre per la Braidotti è solo il segno di trasformazioni in atto e consiglia una asimmetria tra i sessi, riappropriandosi del pensiero della differenza, cioè una radicata differenza tra i sessi. Infine viene da pensare, come mai tutti cercano la perfezione? Si è convinti che senza la bellezza fisica non si possa raggiungere nulla nella vita. Io sono convinta del contrario, sono convinta che l’imperfezione ci renda perfetti e che quindi non ci sia il bisogno di diventare dei MOSTRI, per raggiungere uno scopo.
    avatar
    rosa corbo


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 18.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  rosa corbo Mar Mag 15, 2012 2:21 pm

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie. La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.
    L’ICD rivela ben presto vari limiti di applicazione e ciò induce l’OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze: “la Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH, 1980). L’ICIDH non coglie la causa della patologia, ma l’importanza e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazioni. Con l’ICIDH non si parte più dal concetto di malattia inteso come menomazione, ma dal concetto di salute, inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale che riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con l’ambiente. L’OMS dichiara l’importanza di utilizzare e l’ICIDH in modo complementare, favorendo l’analisi e la comprensione delle condizioni di salute dell’individuo in una prospettiva più ampia.
    L’ICIDH è caratterizzato da tre componenti fondamentali, attraverso le quali vengono analizzate a valutate le conseguenze delle malattie:
    -la menomazione, come danno organico e/o funzionale;
    - la disabilità, come perdita di capacità operative subentrate nella persona a causa della menomazione;
    -handicap come difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione.
    Nel 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF.
    L’ICF si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. Tramite l’ICF si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l’individuo non solo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità.
    La classificazione ICF, tramite l’analisi delle varie componenti che la caratterizzano, evidenzia l’importanza di avvicinarsi alla disabilità facendo riferimento ai molteplici aspetti che la denotano come esperienza umana universale, che tutti possono vivere nell’arco della loro esistenza. La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche.
    Ciò l’ho abbiamo notato durante il laboratorio sulle barriere architettoniche, dove è stato possibile evidenziare gli ostacoli che un disabile incontra durante l’arco della propria giornata. Gli ostacoli causati dalla mancanza di pedane per i pullman, mancanza di scivoli sui marciapiedi ed è davvero impressionante come una persona disabile trovi difficoltà nella società di oggi, inoltre nella società di oggi si fa confusione all’uso scorretto di termini DISABILE, DIVERSO E HANDICAPPATO. Si ritiene però, molto utile fare una riflessione sulle parole disabile e diverso. Disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana, un individuo affetto da disfunzioni motorie o cognitive, una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più disabilità. Il disabile è un soggetto con disturbi fisici o psichici che spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate, deve essere analizzata sia come fattore personale e sia sociale. La disabilità spesso viene confusa con la diversità ma sono due termini profondamente carichi di molteplici significati che meritano una riflessione. Il termine diversabilità mette invece in risalto oltre che una dis-abilità anche delle abilità diverse dagli altri, da scoprire , far emergere e potenziare. Per questo ed altri motivi si ritiene più corretto parlare di diversamente abili o diversabili, definizione che è stata recentemente sostituita a quella usuale. Infatti in una lezione recente la prof. FLORIANA BRIGANTI ci ha fatto bendare e con la voce un po’ rauca ha iniziato a leggere delle poesie. Non erano semplici poesie, erano poesie delle persone disabili, poesie in cui esprimevano ciò che vivevano. Durante questa lettura, ero seduta e dentro di me si è scatenato qualcosa e ho pensato che nella vita le cose più importanti sono ben altre e in quel momento mi sono sentita una persona indifesa. Ciò che prevale in questa società è che il disabile spesso si sente emarginato, isolato ed ho capito grazie a questo corso che è una cosa bruttissima, perché loro sono persone come tutti gli altri così come è considerata anche una persona DIVERSA. Ognuno di noi deve superare i pregiudizi, perché tutti siamo diversi, tutti abbiamo pregi e difetti ma tutii siamo esseri umani.
    Ad interessarsi della disabilità è Anna Maria Murdaca grazie al suo testo “complessità della persona e disabilità”. Il testo di Murdaca mira :
    - alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    - -alla rimodulazione del termine integrazione
    - alla comprensione delle reali condizioni di vita.
    Il testo mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione alla comprensione delle reali condizioni di vita. L’obiettivo è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. L’integrazione è un processo continuo, una continua ricerca di soluzioni di strategie e viene visto come accoglienza verso identità diverse e a favorirla è senz’altro la RELAZIONE EDUCATIVA: e cioè quando una persona stabiliscee una comunicazione con un'altra. E' una relazione fra persone che produce un apprendimento in una delle due e serve proprio as insegnare qualkcosa in maniera efficace , grazie alla complicità che nasce fra le due persone. E' una relazione che ha una finalità educativa e si basa su obiettivi da raggiungere e percorsi che l'educatore e l'educando devono seguire. Lo scopo è appunto quello della crescita psicologica e dell'apprendimento. l'educatore insegna e indirizza, l'educando sperimenta ed impara. Il rapporto madre–figlia e’ una delle relazioni piu’ complesse che rimarra’ centrale durante tutta la vita per entrambe le donne e diventera’ significativo per ogni rapporto che la figlia avra’ nella sua vita poiche’ prima che una donna diventi grande e’ figlia di sua madre.
    Nonostante gli inevitabili cambiamenti gli aspetti emotivi di questo rapporto rimangono costanti nel tempo.
    Tale relazione è strettamente coneessa ai fattori ambientali e quindi al contesto sociale. Autori come Remaury, Lipovetcky e Braidotti hanno messo in luce lo status del corpo della donna.
    Remaury parla dei canoni di bellezza e afferma che la donna se vuole apparire deve continuare a prendersi cura di sé e della propria bellezza.. dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, abbiamo un triplice obiettvo: giovinezza-bellezza-salute.
    Sostiene che il corpo trasfigurato è legato all’immagine della perfezione corporea, all’immagine della perfezione corporea; il corpo esatto compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza ed altre discipline ed è il modello dominante.
    LIPOVETSKY sostiene che la donna è impegnata a scegliere tra l’eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale. Essa attraverso la conquista di questi 3 obiettivi riuscirà a raggiungere la sua perfezione da lei ha tanto desiderata. Egli inoltre sostiene che un corpo diventa libero energetico e perfetto quando esso riesce a tenere lontano o a liberarsi dalle minacce che incombono dal mondo
    ROSI BRAIDOTTI ha parlato della figura materna la quale va incontro ad una metamorfosi corporea quando essa è in attesa di un bambino, questo corpo appare agli occhi degli uomini come il MOSTRO- MADRE dal corpo deforme, e per questo motivo viene riproposto alla donna un nuovo corpo definito corpo- macchina che determina la nascita di un corpo nuovo.
    A tale proposito si può parlare di protesi estetiche confrontandosi anche in aula con la prof e le collegheinnanzitutto io sono a favore di quelle persone che vogliono cambiare qualkosa del proprio corpo, una persona deve sentirsi bella sia interiormente e soprattutto esteriormente, devono eliminare quel disagio e mancanza che è in loro.
    la tecnologia si è evoluta nel corso del tempo e le protesi estetiche sono considerate come protesi di miglioramento. sono favorevole, come già detto, a trattamenti che possono aiutare le persone a vivere meglio. la vera bellezza non è truccarsi e vestirsi bene x far vedere che si è preparati ma la vera bellezza di ogni persona ridiedi nell'anima.
    francypetraglia
    francypetraglia


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 19.03.12
    Età : 43
    Località : napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty prova intercorso "nozioni introduttive di pedagogia della disabilità"

    Messaggio  francypetraglia Mar Mag 15, 2012 2:37 pm

    1) Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) esistono diversi modi per classificare le patologie: la prima ,che risale al 1970, è l’ ICD che pone l’accento sull’aspetto eziologico della malattia.
    Secondo tale classificazione ad ogni patologia corrisponde una diagnosi la quale a sua volta è tradotta in un codice numerico che viene utilizzato per fini statistici e di ricerca.
    La seconda risale invece al 1980 ed è ICIDH la quale partendo dall’analisi del contesto sociale nel quale il soggetto disabile vive e la sua capacità di relazionarsi ad esso, trasforma i termini: menomazione,disabilità e handicap in: menomazione , abilità e partecipazione .
    La terza classificazione risalente al 2001 è l’ ICF ossia la classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute. In tal caso l’accento viene posto non più sulla eziologia della patologia , bensì sulle modalità di funzionamento del soggetto disabile all’interno di un determinato contesto sociale.
    I nuovi termini introdotti dall’ICF sono quelli di : funzione , strutture corporee e di attività e partecipazione.
    Tale passaggio dall’ICD all’ICF è avvenuto sulla base di alcune considerazioni che si discostavano dal considerare la menomazione,disabilità ed handicap solo come condizioni di salute,malattie,disordini o traumi, focalizzando al contrario l’attenzione sulle conseguenze associate alle condizioni di salute ed ha portato ad analizzare la disabilità in un’altra ottica ossia valorizzando le risorse personali del soggetto disabile.
    Per quanto riguarda invece le definizioni di DISABILE e DIVERSO, spesso tali termini vengono confusi. Per DISABILE si intende una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana a causa di disfunzioni motorie e/o cognitive e i disagi sociali che riscontra il soggetto possono avere delle ripercussioni negative sul suo assetto psicologico.
    Il disabile spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone NORMODOTATE (familiari,amici di scuola…) La disabilità non è solo un deficit,una privazione a livello organico o psichico ma è una condizione che supera le barriere mentali ed architettoniche.
    Ma a volte sono proprio quest’ultime a determinare una limitazione nel soggetto disabile e causa di numerosi ostacoli nella sua vita quotidiana, anche i movimenti che per noi possono sembrare i più semplici,come per esempio uscire di casa,prendere un autobus, nel soggetto disabile possono essere impraticabili , infatti pensando ad una mia giornata tipo ho potuto constatare come sarebbe stata difficile per un disabile. Purtroppo ancora oggi nel 2012 continuiamo a parlare di questi argomenti ed ancora non tutti possono sentirsi “cittadini liberi”.
    La DIVERSITA’ è sinonimo di categorizzazione in quanto comporta la collocazione di certe persone in determinate categorie, diverso viene considerato colui che crede in un’altra religione oppure diverso per lingua, razza ecc…
    Ciò induce le persone che ne sono vittima ad interiorizzare sentimenti di inferiorità e inadeguatezza che possono portare all’ autosvalutazione e autoesclusione.
    Del diverso forse si ha paura, perché non lo conosciamo, ci sembra lontano da noi e spesso non lo capiamo forse perché non lo vogliamo capire.
    La diversità fa parte di quegli stereotipi che purtroppo la nostra società ci trasmette, come avere paura di colui che ha un altro colore di pelle, ed è proprio tale emozione che potrebbe portarci a non andare oltre quello che è l'aspetto esteriore di una persona e di conseguenza condurci erroneamente nella creazione di un pregiudizio.
    In caso contrario quando non si teme l’incontro con l’altro la “diversità” si trasforma in integrazione.

    2) Ed è proprio l’integrazione, uno degli argomenti trattati da AnnaMaria Murdaca,
    docente esperta in questioni relative alla persona con disabilità, nel suo testo
    “ Complessità della persona e disabilità” .
    Il suo testo mira non solo ad occuparsi della rimodulazione del termine integrazione , ma affronta anche altri argomenti come : la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e la comprensione delle reali condizioni di vita dei disabili e quali servizi vengono dati per le loro esigenze.
    L’autrice pone l’attenzione sulla PERSONA nella sua dimensione olistica cioè considerando ogni aspetto di essa non solo la sua disabilità. L’obiettivo è quello di valorizzare la persona umana rispettando quelle che possono essere le differenze e le identità.
    Ciò potrà portare ad un vero processo di integrazione che sarà utile per difendere i diritti acquisiti dai disabili.
    Un aspetto importante trattato dall’autrice,che può determinare la progressiva emancipazione delle persone con deficit, è la CURA la quale aiuta quest’ultimi a ridare senso e significato alla loro esperienza per accettarsi e convivere con la propria specialità.
    Quindi da CURA diventa CURA DI SE’ intesa non come accudimento bensì come emancipazione della persona con disabilità.
    In questo la relazione educativa ha un ruolo fondamentale in quanto permette alla persona in difficoltà di esprimere le proprie emozioni e affinché essa possa realizzarsi il confronto con l'altro è fondamentale perché solo attraverso il confronto si può iniziare un percorso di crescita e di dialogo.
    TUTTI GLI INCONTRI SONO EDUCATIVI E FORMATIVI non solo quelli che si creano tra docente/discente,educatore/educando ma fanno parte di una relazione educativa anche l'incontro madre/figlio, qualsiasi esperienza della vita è educativa sia se è positiva o negativa.
    In una buona relazione educativa è importante creare un rapporto alla pari, senza creare differenze, in modo tale che il soggetto si senta libero di poter esprimere le proprie idee e confrontarsi liberamente con altri soggetti.
    Annamaria Murdaca ha anche il merito di aver effettuato una rilettura dell’handicap, allontanandolo da quello che è il suo significato medico ed indicando l’handicap come condizione determinata dal contesto sociale comportando l’esclusione o emarginazione del soggetto, infatti ella ritiene che maggiori sono le barriere, mentali e culturali, maggiore è l’handicap.
    L’ ICF infatti sottolinea l’importanza dell’ AMBIENTE nella vita degli individui: la società, la famiglia, il contesto lavorativo sono tutti elementi che possono influenzare il nostro stato di salute e porci in una situazione di difficoltà.
    Ma l’ambiente potrebbe essere, grazie alla ricerca e soluzioni tecnologiche, anche un facilitatore migliorando così la vita delle persone con disabilità.
    La “casa domotica” può essere un esempio di ambiente facilitatore: costruita per poter facilitare l'adempimento di molte e semplici azioni che si svolgono in casa ma che per alcune persone non sono tali.
    Oggi la domotica potrebbe diventare un’arma indispensabile per quei disabili molto gravi che vogliono riappropriarsi della loro autonomia e ciò potrebbe significare anche di poter consentire ad un disabile di coltivare in piena libertà dei rapporti d’amicizia che possono farlo sentire meno solo.
    Troppo spesso, a seguito di traumi fortemente invalidanti, molte persone si trovano nella condizione di dover dipendere interamente dai familiari o, nei casi meno fortunati, da sconosciuti. Dall’impossibilità di svolgere quelle attività che da sempre hanno costituito la quotidianità di un individuo, deriva quasi sempre una perdita profonda di autostima che rende sempre più lungo e complesso il processo riabilitativo.

    3) Nella cultura della civiltà occidentale, il concetto di bellezza è sinonimo di femminilità, nel senso che la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla.
    Per sentirsi bella, ogni donna tende inesorabilmente a migliorare il suo aspetto fisico, ricorrendo molto spesso ad interventi chirurgici anche molto rischiosi , pur di raggiungere uno stereotipo di perfezione estetica. Pietro Galfione, sostiene infatti che per una donna il raggiungimento di un canone di bellezza è più importante rispetto agli effetti collaterali che possono derivare da eventuali interventi chirurgici.
    Ma che cosa si nasconde dietro la ricerca della perfezione voluta ad ogni costo e che a volte sottopone il corpo a numerosi interventi chirurgici pur di raggiungere un proprio modello di bellezza?
    Vi è sicuramente la paura di non voler accettare il passar del tempo ma soprattutto di notarlo sul proprio corpo.
    Nella società in cui viviamo, continuamente veniamo bombardati, dai media, da una serie di immagini che ritraggono modelle dalle forme longilinee, in alcuni casi esasperate fino all'eccesso,come per esempio il caso della modella Isabelle Caro fotografata da Oliviero Toscani per una pubblicità, dove il corpo, così come afferma l’autrice Remaury, viene inteso come “corpo trasfigurato”, nel senso che esso deve raggiungere faticosamente la scala della perfezione.
    Un’altra autrice riprende lo stesso tema, parlando di “corpo liberato” , intendendo cioè la liberazione della donna dal tempo, dal peso e dalla malattia. I valori a cui una donna deve ambire devono essere cioè rivolti alla eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale.
    E’ importante infine riportare anche il pensiero di un’altra autrice, Rosi Braidotti, la quale sottolinea come il corpo diventa mostruoso nel momento in cui si tende alla ricerca esasperata della bellezza allontanandosi così dalla normalità.







    avatar
    maria rosaria russino


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  maria rosaria russino Mar Mag 15, 2012 4:53 pm

    Vorrei iniziare col dire che ,prima dell’inizio di questo corso,non avevo mai dato peso alla differenza di termini tra DISABILE e DIVERSO.
    Come sostiene Canevaro ,innanzitutto, non bisogna far confusione tra deficit ,disabilità ed handicap.
    L’ICD o OMS ,cioè Organizzazione Mondiale della Sanità. ha elaborato una “classificazione Internazionale delle Malattie “ (1970), con lo scopo di cogliere cause di patologie individualizzando per ognuna di essa caratteristiche e indicazioni diagnostiche. Nel 1980 l’OMS ha dato una nuova proposta basata su tre fattori :
    MENOMAZIONE: perdita o anormalità di funzione psicologica,fisiologica o anatomica,
    DISABILITA’ : incapacità di svolgere determinate funzioni o assolvere alcuni compiti;
    HANDICAP o SVANTAGGIO : è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel vivere quotidiano, di cui ne deriva un disagio sociale.
    Spesso si confonde il termine “deficit” con “handicap”, e quindi si fa confusione tra difetto organico e difficoltà del soggetto a maturare capacità per conseguire la realizzazione della personalità integrale.
    La menomazione a sua volta può essere temporanea, accidentale,degenerativa .E’ la disabilità che può portare all’handicap, e quest’ultimo può avvenire in seguito a menomazione ,senza comportare disabilità permanente.
    Nel 2001 si è verificato un passaggio da ICD a ICF , “classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute ; innovazione di termini:
    MENOMAZIONE-------- FUNZIONI
    DISABILITA’---------- STRUTTURE CORPOREE
    HANDICAP ---------- ATTIVITA’ E PARTECIPAZIONE
    Con lo scopo di dare maggiore attenzione alla capacità del soggetto e al suo coinvolgimento sociale.
    Per l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole;esso non classifica solo le malattie ,traumi e condizioni di salute,bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute.
    Lo scopo della WHO-FIC cioè dell’ICD e ICF ,è quello di garantire informazioni di salute tra i vari Paesi e addetti specializzati.
    L’ICF ,inoltre, è utilizzato in diversi campi: sanitario,sociale ,educativo,ricerca….
    Di qui è importante riflettere sulle parole disabile e diverso.
    Disabile è colui che è impossibilitato a svolgere normale attività per cause varie come disfunzioni motorie o cognitive ,per mancanza di abilità di funzionamento .
    Spesso il disabile è identificato come un “poveretto” ed è la società che lo etichetta come colui che è DIVERSO. A partire dal 2003 ,anno Europeo dei disabili,si propone l’uso di un nuovo termine ,sostituendo la disabilità con DIVERSABILITA’ ; questo per evidenziare l’essere diversamente abile di persona con deficit. La cultura è quel sistema che porta all’elaborazione del pregiudizio sociale,dando una visione restrittiva ad una persona o categoria. Quindi la diversità porta alla categorizzazione , ma in realtà colui che è diverso può non per forza avere menomazione, ma può distinguersi anche per diverse caratteristiche.
    La diversità ha tanti volti , e noi stessi siamo diversi e unici per il nostro modo di essere e fare esperienza.
    L’ICF ,inoltre , proprio per avere una visione globale e unitaria non cura solo gli aspetti medici,ma aspetti sociali tenendo conto del CONTESTO in cui la persona vive.
    Collegandomi al laboratorio sulle “ barriere architettoniche “ voglio riportare in breve parte del mio commento : “ una semplice giornata che per noi tutti possa sembrare normale priva di difficoltà, per una persona disabile può essere resa complicata dalle tante barriere che si presentano nel loro quotidiano e che solo loro ,talvolta, riescono a percepire…” Questo per evidenziare come il contesto in cui viviamo può ostacolare la vita o una semplice azione di coloro che per piccoli o gravi deficit sono etichettati come diversi e emarginati dal semplice vivere sociale….


    Anna Maria Murdaca nel suo libro “ complessità della persona e disabilità “ tratta temi importanti come : integrazione, complessità della persona, inclusione e inserimento del disabile ,la relazione educativa,le capacità funzionali …..
    L’autrice parte dall’idea che occorre elaborare “una nuova cultura “ e conoscenza della disabilità ,fondata sull’evoluzione della persona. E’ secondo lei il CONTESTO SOCIALE che determina la condizione di handicap!!
    L’obiettivo della nuova cultura è la valorizzazione della persona umana,con il rispetto delle differenze e dell’identità.
    E’ attraverso la continua integrazione e ricerca di soluzioni e idee che si preservano i diritti dei disabili. E’ anche il concetto di CURA come “nuovo paradigma del benessere” che mira all’emancipazione del soggetto con disabilità. Sono importanti attività che consentono la partecipazione attiva di questi, stipulando con educatori e insegnanti un rapporto integrativo e cioè una RELAZIONE EDUCATIVA. Per relazione educativa sono intesi quei rapporti in cui emergono i vissuti intrapsichici ,proiettati per offrire al disabile opportunità educative ; sarà il soggetto con il suo essere resiliente e le sue forze a superare così le sue difficoltà. E’ la ricerca EMPOWERED che vuole portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità e della propria autostima.
    Come l’autrice afferma è solo con lo sviluppo di strategie integrate che si giungerà ad una vera parità delle opportunità e ad un corretto riconoscimento delle potenzialità delle persone disabili.
    Questo argomento è ampio e ci collega a diversi interventi ,da quello della “resilienza” a quello della “mappa degli stereotipi”.
    Per riprendere il primo argomento basta ricordare l’Atzori , prima bambina e poi donna unica ,lei stessa dimostrazione resiliente di andare oltre tutto e tutti e che anche grazie a quella parte di società ,di cultura nuova che è riuscita ad essere oggi un esempio di soggetto disabile e che nonostante tutto vive una vita semplice come tutti…
    Nel secondo argomento trattato si può riprendere il film visto in aula riguardante la diversità creata ed ostacolata dal contesto sociale,ma che grazie al coraggio dei due innamorati ,riescono a dimostrare quanto quella diversità è inesistente e quindi frutto di cultura e contesto sociale.


    Remaury ,Lipovetsky e Braidotti a modo loro hanno espresso loro pareri in seguito alla scrittura di
    testi. Il primo nel testo “il gentil sesso debole” ci racconta l’immagine di cultura nelle donne che si confonde con la bellezza; la donna vuole coltivare i suoi bisogni solo per giungere al trio GIOVINEZZA-BELLEZZA.SALUTE e avere tutte quelle caratteristiche che le permettono di apparire .
    Anche Lipovetsky nel suo suo testo “la terza donna” afferma come la donna è legata alla bellezza e giovinezza eterna. Infine la Braidotti nel suo teso “madri mostri e macchine “ distingue nuovamente i due sessi ….la donna si congiunge all’uomo apparendo così’ come un essere mostruoso e poi allo stesso tempo madre…
    Il concetto di bellezza è collegato oggi al CONTESTO SOCIALE …è la nostra società che ci lascia apparire come persuasori di bellezza…anzicchè concentrarsi sul conseguimento di equilibrio e bellezza interiore.
    Anche per questo argomento possiam collegarci al laboratorio sulle protesi estetiche ,viste come motivo di bellezza senza tutelare quello che dovrebbe essere il loro ruolo di sostegno abilitante….la bellezza è comunque vista in modo diverso ed espressa anche attraverso un semplice dipinto….Picasso esprime la bellezza distorta nei suoi disegni!!

    Terminando posso affremare come il punto di incontro nei tre argomenti trattati è la dipendenza legata al contesto in cui si vive….e cioè alla cultura!


    avatar
    Marianna Gallo


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 15.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty PROVA INTERCORSO

    Messaggio  Marianna Gallo Mar Mag 15, 2012 5:02 pm

    1)ESERCIZIO
    L’ICD è la classificazione internazionale delle malattie stilata dall’organizzazione mondiale della sanita’ (OMS); lo scopo dell’icd è quello di individuare le cause delle diverse patologie. In seguito nel 1980 l’oms ha sviluppato l’ICIDH (International classification of impairments,disabilities and handicaps)il cui compito è quello di integrare parole come menome nazione,disabilità e handicap che ben presto saranno sostituite da abilità e partecipazione. Qualche anno dopo nel 2001 in seguito allo sviluppo,all’emancipazione ci siamo trovati affiancati dall’ICF ossia la classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute. Questa ideologia considera la disabilità una condizione di salute che deriva da un contesto sfavorevole,ed inoltre si presenta come modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati. Il suo obiettivo oltre a classificare le condizioni di salute di malattie riguarda anche quelle che sono le conseguenze. L’icf è una classificazione usata per i soggetti di qualsiasi età per evidenziare la presenza o l’assenza di menome nazioni nelle funzioni e strutture corporee. Spesso le parole disabile e diverso sono utilizzate come sinonimo anche se in realtà notevole è la differenza: il disabile è colui affetto da una minoranza a un assenza di abilità;il diverso invece è colui che mostra delle abilità diverse dagli altri. Il disabile è una persona che ha una forza interiore,una voglia di vivere superiore rispetto a quella di un normadotato ,solo che a volte involontariamente tendiamo a giudicare queste persone guardandolo con occhi teneri e facendo la classica affermazione:POVERINO! Senza capire che sono proprio queste le situazioni e le espressioni che fanno sentire questi soggetti disabili. Nonostante i loro limiti e le difficoltà che incontrano nella vita quotidiana hanno davvero tanto da insegnarci;a questo proposito faccio riferimento alla lezione che abbiamo svolto con il prof. Palladino il quale in solo poco tempo ci trasmise un senso di ottimismo,entusiasmo,sottolineò quelli che sono i valori della vita ed in fine ci fece capire cge la vita è una cosa meravigliosa che va vissuta a 350’.

    2)ESERCIZIO
    Colei che si è occupata di ricostruire una nuova cultura della disabilità è senza dubbio Anna Maria Murdaca,che,inoltre nel suo testo si sofferma anche su quello che è il tema dell’integrazione. L’obiettivo del testo riguarda la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. L’HANDICAP è un limite che impedisce al soggetto portatore di soddisfare aspettative correlate all’età,al sesso e alla condizione sociale all’interno del gruppo di appartenenza;spesso però ciò che lo determina è il contesto sociale il quale favorisce il processo di esclusione e di emarginazione. E’ opportuno soffermarsi sulla complessità della persona disabile sulla sua integrazione e sulle cause della sua marginalità. Secondo il documento di Miur l’integrazione è un processo diretto a valorizzare le doti individuali sempre in via di sviluppo e non un semplice punto d’arrivo. Ciò che potrebbe consentire a un disabile di svolgere una vita normale,di interagire come tale nella realtà circostante sarebbe la produzione di una casa domotica pronta a risolvere le sue esigenze. La domotica altro non è che una scienza di cui si occupa dello studio delle tecnologie finalizzate a rendere migliore la qualità della vita in casa,ciò potrebbe risultare una vera e propria cura per i soggetti coinvolti.
    Di notevole rilevanza risulta essere la figura dell’educatore il cui compito è quello di mettere il disabile sullo stesso livello di un normadotato.L’educatore deve sviluppare dei programmi specifici per far emergere le doti del disabile e per evidenziare le sue potenzialità invece delle mancanze.

    3)ESERCIZIO
    Tutto ciò che appaga gli occhi i sensi e la mente è bellezza; va però visionato pure quello che viene considerato il lato opposto ossia il brutto e il mostruoso. Diversi sono gli autori che si sono occupati di questa tematica tra cui Remaury e Lipovetsky. Il primo (remaury) dice che noi esseri umani siamo sempre orientati verso la perfezione e che il nostro obiettivo riguarda la giovinezza-la bellezza-e la salute. Personalmente condivido il fatto che siamo diretti verso la perfezione vi è però da specificare se questa è esteriore o interiore. La prima riguarda l’estetica,possiamo quindi parlare anche di chirurgia usata sia in casa futili sia in casi seri esempio eclatante è Oscar Pistorius il quale affetto da una grave malformazione ha deciso di avvalersi delle flex foot protesi in fibre di carbonio. Nel suo testo Remaury ci mostra come la donna col tempo si è avvicinata al concetto di bellezza. Purtroppo questo risulta essere un argomento molto critico dal momento che la nostra societa’ influenzata dai media propone come figure ideali donne alte,magre,perfette aumentando sempre di piu’ fenomeni come la bulimia e l’anoressia. Tante sono le battaglie che propongono contro queste malattie e alla fine per le sfilate,in tv sono richieste sempre e solo ragazze taglia 38-40. Per quanto riguarda invece il teorico Lipovetsky in uno dei suoi testi introduce la teoria della maturità il quale presenta il modello di donna che controlla il suo corpo e lo gestisce nonostante i cambiamenti e i modelli sociali. In fine abbiamo i saggi do Rosi Braidotti in uno dei quali afferma che la donna è in grado di modificare il proprio corpo nella maternità diventando contemporaneamente madre e mostro nell’immaginario maschile.
    marigliano francesca
    marigliano francesca


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 19.03.12
    Età : 33
    Località : napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  marigliano francesca Mar Mag 15, 2012 7:30 pm

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità, conosciuta brevemente come OMS dal 1970 al 1990 ha sentito l’esigenza di fornire tre classificazioni accurate inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie. Come già si è potuto capire la prima elaborazione di questa classificazione si è avuta nel 1970 con la cosiddetta ICD (Classificazione Internazionale delle malattie), dove non solo si è cercato di dare descrizioni più accurate dei disturbi e delle sindromi, ma ad ogni diagnosi veniva attribuito un codice numerico in modo tale da facilitare la memorizzazione,la ricerca e l’analisi dei dati, fungendo in questo modo anche da enciclopedia medica. Nel 1980 vi è la seconda classificazione l’ ICIDH (Classificazione Internazionale del funzionamento e delle disabilità), che ha basato il suo lavoro su tre termini ritenuti fondamentali :
    1-Menomazione: danno organico (transitorio o permanente) che comporta una mancanza come non esistenza, o un malfunzionamento di un arto o di una parte del corpo.
    2-Abilità: intesa dal punto di vista della disabilità e quindi perdita di funzioni, di una capacità operativa, conseguente alla menomazione, ovvero qualsiasi limitazione o perdita della capacità di compiere una attività nel modo e nell’ampiezza considerati normali.
    3-Partecipazione: si pone maggiore attenzione alle capacità del soggetto con deficit e alle sue possibilità di coinvolgimento e inserimento sociale.
    L’ultima modificazione dell’OMS nettamente innovativa rispetto le due precedenti è stata elaborata nel 1990 dando vita all’ICF (Classificazione Internazionale della disabilità e della salute) che pone la disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole, e non più soltanto uno stato soggettivo o una caratteristica propria della persona. A questo punto bisogna ben precisare che essa non classifica solo condizioni di salute, malattie, disordini o traumi come già si è occupata l’ ICD, bensì si interessa delle conseguenze associate alle condizioni di salute, ponendo l’accento sulla qualità della vita delle persone affette da una patologia in relazione ai loro ambiti esistenziali, quale sociale, familiare, lavorativo evidenziando i problemi che possono incontrare nel convivere con le proprie difficoltà che nel contesto socio-culturale possono causare disabilità, al fine di migliorare la loro condizione di vita.
    Tale classificazione è stata creata per essere utilizzata con persone di ogni età per descrivere la presenza o l’assenza di menomazioni nelle funzioni e strutture corporee, il funzionamento, la disabilità e il contesto delle persone che hanno un’influenza sullo stato di salute. Lo strumento descrive tali situazioni adottando un linguaggio standard ed unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il mondo. Utilizzando tale criterio si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società stessa. Durante il corso ci siamo soffermati a riflettere sull’importanza e il significato dei termini. Mi sembra giusto, pertanto, riprendere i risultati di tale riflessione. Prima di allora non avevo mai pensato quanto potesse essere grande la differenza tra termini come diverso, disabile, handicap, deficit , poi mi sono resa conto di come sia frequente l’abitudine di utilizzarli come sinonimi dando poco peso alle forti conseguenze che possono avere, come aumentare l’handicap anziché ridurlo. Il termine diverso ha assunto un significato negativo nella concezione di ogni singolo essere umano. Associamo a tale parola pensieri negativi, che ci fanno paura perché non conosciamo, andando ad edificare così una posizione di pregiudizio nei confronti del cosiddetto “diverso”. Ma a questo punto chi è il diverso? E che cosa si intende per diverso? Il diverso è colui che possiede un colore diverso di pelle dal nostro? O che ha una propria cultura, delle proprie origini? O che ha delle diverse abilità motorie? Chi ha stabilito che tali cose siano delle diversità? La diversità è caratteristica fondamentale di ognuno di noi, particolare che spesso viene tralasciato, soffermandosi dinanzi alle apparenze. Tutti quanti noi possediamo un nostro bagaglio da condividere, da scambiare con altre persone. Due amiche, due fratelli, un docente e un discente e così via … pur passando molto tempo e avendo vissuto alcune fasi della propria vita insieme sono comunque individui distinti tra loro proprio perché vi sono esperienze o ad ogni modo altre fasi della vita che vanno a plasmare la loro personalità rendendola unica ed irripetibile. Anche se la realtà è che siamo soggetti a schemi mentali prestabiliti, dove appunto la diversità è attribuita a colui che non si trova in “norma” con la maggioranza: la normalità. Il soggetto in questione, ossia il “diverso” non sceglie di esserlo, piuttosto è un fenomeno che gli viene attribuito indipendentemente dalle sue azioni, ma soprattutto a prescindere dalla sua concreta volontà. Rispondo alle domande poc’anzi proposte affermando che: la diversità è una sovrastruttura creata dall’ uomo. Si nasce uguali per poi crescere diversi. Con tale affermazione intendo dire che da quando nasciamo fino ai primi anni di vita siamo tutti quanti uguali, tutti i bambini sono predisposti a conoscenze, a tutto ciò che è nuovo e diverso, in essi c’è curiosità. I bambini non vedono differenze fino a quando non li si educa in tal senso. Crescendo, e mi riferisco in particolar modo al contesto sociale, ci viene indotto il pregiudizio, un preconcetto inoltre difficile da abbandonare. Il discorso non è poi così diverso per i disabili, stessi preoconcetti, innalzamenti di muri non solo concreti ma anche morali e tanto altro ancora. Il disabile è una persona impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana, ma è pur sempre una persona. Dimentichiamo spesso che queste persone hanno gli stessi nostri diritti, esse non sono solo vittime dei loro deficit, ma sono anche vittime dell’ambiente in cui vivono. Noi persone perfettamente agevoli nel progettare la costruzione di edifici non ci preoccupiamo di realizzarli secondo le norme, con adeguati spazi per i diversamente abili. Ad esempio il palazzo in cui abito possiede delle scale (ostacolo) per poter accedere all’ascensore e inoltre quest’ultimo è troppo stretto(altro impedimento), le famiglie con figli piccoli sono costrette a chiudere i passeggini per utilizzarlo, figuriamoci se una carrozzella può accedervi. E inoltre le città italiane sono ricche di barriere architettoniche, un disabile ha anch’egli diritto di fare una passeggiata e di potersi muovere come vuole, ma in Italia ciò non è possibile, i mezzi pubblici mancano di apposite attrezzature per disabili anche se paradossalmente al loro interno vi sono posti a loro riservati. Le strade sono inaccessibili, con marciapiedi troppo stretti sia per carrozzelle che per mamme con passeggini, inoltre vi sono strisce pedonali in prossimità di bordi sollevati che costituiscono veri e propri impedimenti trasformando un momento di piacere e di svago in una specie di gara ad ostacoli. Rimanendo in tema una grandissima esperta della figura della persona con disabilità Anna Maria Marduca a tal proposito ha scritto un libro dal titolo “Complessità della persona e disabilità” dove tratta tre punti fondamentali:
    •La ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    •La rimodulazione dei termini integrazione
    •La comprensione delle reali condizioni di vita, quale ruolo effettivamente possono assumere i soggetti disabili, quali servizi vengono erogati per le loro esigenze.
    L’esperta sostiene che bisogna discostarsi dalla logica dell’inserimento legge 118 del 1971, dirigendosi verso l’inclusione, adottando l’ottica della globalità. Secondo l’autrice a determinare la condizione di handicap, ossia l’ostacolo che impedisce alla persona con deficit di portare a compimento una particolare attività, sia dovuta proprio al contesto sociale il quale è caratterizzato da molteplici ostacoli, barriere fisiche, mentali e culturali che possono favorire un processo di esclusione o di emarginazione. Quindi contesti come quello familiare, scolastico, lavorativo, l’assistenza sociosanitaria e molti altri ancora possono fungere da barriere o da facilitatore nel definire la disabilità. E a porsi come arma vincente nel far emergere le caratteristiche migliori della persona con disabilità è la ricerca che si impegna nel trovare soluzioni avanzate al fine di migliorare lo stato di vita delle persone, diminuendo la disabilità. La nuova politica socio-educativa ha come scopo quello di valorizzare la persona sviluppando strategie idonee che consentono la globale integrazione, ovviamente quest’ultima non va intesa come punto di arrivo, ma come un qualcosa di aggiuntivo, di completamento che continua a migliorarsi attraverso costanti ricerche che mirano alla piena inclusione del soggetto in questione cercando di valorizzare le sue doti all’interno dei vari ambienti che caratterizzano la società. Ed è per questo che si cerca di creare luoghi idonei all’apprendimento, muniti di ausili alternativi che con l’aiuto di apposite strategie vanno a contribuire alla costruzione della conoscenza in modo da aumentare l’autostima e sviluppare la propria identità, tenendo conto che ogni disabile ha la sua storia. Tutto ciò perché ad ogni modo non va tralasciato che la maggior parte di queste persone vengono continuamente anche in modo involontario messe da parte, situazione questa che li mette in una posizione di svantaggio, che aumenta la bassa autostima e la considerazione che hanno di se. Nel laboratorio sindaco/esperienza di emarginazione svolto con il gruppo classe si è riprodotto la situazione di una città gestita da un sindaco che non voleva tra i suoi cittadini persone con gli occhiali, a mio avviso, credo l’idea dell’essere emarginato sia emersa in modo molto chiaro. In questa esperienza io mi sono trovata proprio nell’emarginazione, e sembrerà scontato, ma per capire cosa si significa essere messo ai margini bisogna solo provarlo sulla propria pelle, e per quanto possa essere stata solo una simulazione mi sono sentita invisibile, come se mi fosse stata tolta la parola, in quel breve lasso di tempo la mia opinione non sembrava contare niente per gli altri. Tornando a casa ho riflettuto molto sulla situazione creata in aula, e pensavo che l’episodio non era poi così diverso dalla realtà. Le ragazze organizzando insieme al sindaco una grande festa, a cui tra l’altro noi emarginati non potevamo partecipare non si curavano di avere un atteggiamento più attento nei nostri confronti. Ed è così che nella vita di tutti i giorni un cieco, un disabile con carrozzella o semplicemente una persona che non è riuscita ad integrarsi nel gruppo dei coetanei perché ha soltanto modi diversi di approcciare, di vedere la vita, di conoscere le cose, vengono esclusi volontariamente o involontariamente dalla società, o ancora gli vengono attribuiti sentimenti che creano in loro regressione, che gli impediscono di crescere di essere autonomi. Ed è per questo che attraverso la nuova lettura della cultura della disabilità si cerca di abbandonare quella che è l’idea di accudimento di una persona disabile, situazione questa che sicuramente non la rende autonoma, e per evitare ciò quest’ultima viene preparata all’emancipazione grazie all’aiuto combinato dell’ambiente creato che poc'anzi ho menzionato e con il contributo fondamentale di educatori ed insegnanti esperti nel campo. Mentre c’è chi si impegna nel creare ambienti e situazioni più favorevoli per l’inclusione delle persone con deficit all’interno della società, attraverso numerose ricerche innovative, troviamo anche chi ritiene necessario soffermarsi sull’idea di bellezza che da sempre ha catturato l’interesse delle società. Va anche detto che ogni epoca ed ogni cultura ha il proprio prototipo di bellezza, infatti, si è passati da un’idea di bellezza “rotonda”, ad un’idea di bellezza “mostro” caratterizzata da corpi longilinei, scarni, anoressici. E se un tempo la bellezza era associata al benessere e alla salute, ora associamo essa al malessere, all’insano, ad un malato bisogno di essere omologati a tutti quei modelli che vengono offerti, a tutti quei messaggi sbagliati che i media trasmettono. Remaury ne “Il gentil sesso debole” sostiene che gli esseri umani sono diretti verso una corsa alla perfezione, orientati in una lotta continua contro il tempo stabilendosi un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute. La voglia della perfezione è legata senza ombra di dubbio ai progressi della scienza che ha avuto l’opportunità di dominare il secolo attuale attraverso continue innovazioni che hanno invaso tutti i campi. Alla stregua di Remaury vi è Lipovetsky che tratta la liberazione del corpo ne “La terza donna”, approcciando anch’egli all’argomento con l’utilizzo di tre binomi chiave:
    malattia/sano
    peso/magro
    tempo/giovinezza
    Quindi il corpo deve liberarsi dalla malattia ed essere sano, dal peso ed essere magro e dal tempo per essere giovane. In questo testo l’autore fa emergere come la donna oggi in un certo senso sia costretta da quello che la società le impone, ella deve scegliere tra i modelli che le vengono proposti e in base a questi perfezionare nel modo che le sembra più consono il proprio corpo. Mentre la Braidotti invita a riflettere come il corpo della donna sia capace di deformarsi durante la maternità assumendo forme orribili nell’immaginario maschile, proponendo al sesso femminile di incarnare oltre alla maternità e alla mostruosità anche la macchina in rapporto alla tecnologia, quest’ultima sicuramente una sfida difficile, attraverso il quale le donne non hanno la certezza di uscirne vincitrici. Concludo affermando quanto già detto in un commento che affronta tali tematiche. Viviamo in un’epoca caratterizzata da forti innovazioni tecnologiche, che superano i limiti dell’immaginario umano. In una sociètà che sforna ogni giorno prototipi in serie, dove fantasia e stravaganza non hanno più dimora. Gli adolescenti in masse sempre più grandi seguono la moda del momento andandosi ad unificare con qualcosa di ripetitivo e frivolo, discostandosi sempre di più dall’idea di essere unici. Tralasciando il fatto che tutte le persone possiedono una propria unicità, ma, in realtà, il problema più grande è che la maggior parte di esse la perdono nel momento in cui scelgono di apparire in modo diverso da ciò che sono.
    Rachele Di Tuccio
    Rachele Di Tuccio


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Prova intercorso

    Messaggio  Rachele Di Tuccio Mar Mag 15, 2012 8:07 pm

    Le parole che fanno la differenza. E’ qui che iniziando questa prova vorrei soffermarmi, in particolare nel mondo della disabilità. Canevaro sostiene che sia molto importante fare con ponderazione la scelta delle parole, in quanto utilizzate in modo improprio posso creare o addirittura aumentare delle difficoltà. E’ quindi fondamentale analizzare il significato di ogni termine e farne un buon uso, termini che sono stati particolari protagonisti durante tutto il corso. Per tale motivo nasce l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità che elabora la prima classificazione importante, la classificazione Internazionale delle malattie, l’ICD. L'obiettivo di questa organizzazione, cercando di specificare le cause delle patologie, arricchendo ogni difetto o disturbo delle proprie caratteristiche cliniche principali, è proprio il raggiungimento, da parte delle persone, del livello abbastanza elevato della salute, quindi un benessere fisico, mentale e sociale e non inteso soltanto come assenza di difetti o malattie. L’OMS con la nuova classificazione internazionale definita ICIDH focalizza l’attenzione su tre particolari termini che interagiscono tra loro e sono la menomazione, la disabilità e l’handicap. Intendiamo per DISABILITA’ qualsiasi perdita o limite corrispondente ad una menomazione, ossia una mancanza o un cattivo funzionamento di alcune parti del corpo, della capacità di svolgere delle attività nei modi o limiti ritenuti assolutamente normali per un essere umano. Nel momento in cui vi è una divergenza tra le funzionalità, l’agilità e lo stato della persona si parla di handicap. L’handicap è il cosiddetto disagio sociale, che consiste nelle difficoltà che la persona con disabilità ha nel confronto con la società, con gli altri. Due sono le difficoltà che può presentare un disabile, il deficit che è un difetto organico e l’handicap ossia lo svantaggio sociale che può limitare o impedire la corretta relazione tra il soggetto e i fattori sociali, culturali, economici e ambientali.
    Il disabile è si una persona che ha delle particolari difficoltà nel svolgere normalmente le attività quotidiane ma la disabilità è anche una condizione che va oltre i limiti e le perdite, che grazie al superamento delle barriere e alle nuove tecnologie permettono alla persona di compiere alcune attività e consentono quindi il recupero di una certa autonomia. Recentemente questo termine poiché mette in evidenza soltanto le disfunzioni, i disturbi e altro è stato sostituito con la definizione DIVERSABILITA’ o diversamente abili in quanto specifica che si tratta di una persona che oltre che una disabilità ha anche delle abilità da scoprire e valorizzare. Tutti sono diversi, ma non tutti sono disabili. Ed è proprio a tal proposito che nel 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità propone una ridefinizione del concetto di disabilità attraverso il manuale di Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilita e della Salute, l’ICF. Rappresenta uno strumento molto importante in vari settori e soprattutto come viene descritto dall’OMS diviene un linguaggio standard, quindi che sia comune e che permetta di avere un reale quadro di informazioni sulla persona. Secondo questa classificazione la disabilità non è più una caratteristica propria della persona per questo motivo i termini della prima classificazione ICIDH vengono sostituiti dai termini come funzioni, strutture corporee e partecipazione quindi viene focalizzata l’attenzione sulle capacità della persona e sul possibile coinvolgimento sociale. Ricordo che in un laboratorio che riguardava le barriere architettoniche e quindi sull’attività dell’orologio scrissi questo:La vita di un disabile, non è una vita di un’extraterrestre ma è la vita di una semplice persona, di un’ essere umano che essendo tale ha dei diritti, dei doveri, forse con qualche deficit in più, ma comuni ad ogni altro essere. E’ proprio quel che penso, non è facile oggi passeggiare liberamente in un centro abitato con una sedia a rotelle perché sono presenti delle barriere, perché ci sono tante difficoltà, quello che non tollero personalmente è il disinteressamento e l’indifferenza che viene mostrato per queste persone che ce la mettono tutta per cercare di vivere la propria vita normalmente ed autonomamente. Potenziare qualsiasi tipo di persona a prescindere dal suo essere diversamente abile credo sia assolutamente fondamentale, ogni essere ha in sé un suo mondo, ha dei propri valori e ricollegandomi al laboratorio la mappa degli stereotipi in cui la diversità era il tema principale, un tema che interessa tutti, riaffermo che ogni persona si distingue dall’altra per le sue caratteristiche, come la lingua, la cultura, la religione, le semplici abitudini così come evidenzia perfettamente una frase di uno dei miei libri preferiti di Paulo Coelho: È grave voler essere uguali, perché questo significa forzare la natura, significa andare contro le leggi di Dio che in tutti i boschi del mondo, non ha creato una sola foglia identica all'altra. Il diverso spesso però non sceglie di esserlo, ma viene etichettato dalla società, collocato quindi in una determinata categoria. Qualunque sia la diversità, la persona spesso viene isolata, è considerata lontana da quello che siamo noi e quindi il diverso viene emarginato. Noi stessi siamo diversi da ‘prima’ con le molteplici esperienze che affrontiamo: “Nessun uomo si bagna nello stesso fiume due volte”. Il diverso è anche l’altro, è il fatto di essere escluso e di non appartenere al proprio gruppo può portare all’incomprensione e al disadattamento, e in verità sono proprio questi i sentimenti che provai alla simulazione dell’emarginazione in aula, dove la Prof era il Sindaco, i ragazzi erano gli abitanti della città e gli altri erano quelli emarginati (portatori di occhiali).

    Parlare di disabilità è parlare di persone, è un concetto questo che spesso riprende l’autrice Anna Maria Murdaca che mi ha sempre affascinato molto. La necessità di dover adottare una nuova cultura e conoscenza della disabilità, con il riconoscimento non solo del soggetto disabile ma soprattutto della persona, dell’identità dell’individuo con disabilità è presenti in numerosi temi come l’integrazione, l’inserimento del disabile, la cura, la complessità, umanità e globalità della persona e la relazione educativa. Con Anna Maria Murdaca vi è una rimodulazione del termine integrazione, comprendendo le reali condizioni di vita, i ruoli che possono assumere all’interno della società e soprattutto quali servizi sono messi a disposizione per le loro esigenze. Quindi è una nuova conoscenza della disabilità che mira non solo all’assistenza del disabile ma anche al riconoscimento della persona. In tal proposito mi ricollego alla famosa domanda vantaggio o svantaggio, riguardante il laboratorio sul grande atleta Pistorius, come già affermai l'integrazione o non di queste persone avviene qualora si ha la comprensione delle condizioni reali di vita. L’integrazione non è assolutamente un punto di arrivo ma è un continuo processo che mira attraverso la valorizzazione della persona al suo completamento, alla sua normalità, rendendola parte integrante di un determinato contesto. Nel promuovere una nuova cultura della disabilità, l’autrice cerca di evidenziare alcuni aspetti fondamentali come l’accoglienza verso le diverse identità, luogo in cui il soggetto definisce se stesso rispettando l’altro, e la condivisione dei valori sollecitando nelle persone lo sviluppo dell’indipendenza e emancipazione. Infine ma non ultimo come importanza parla di Relazione Educativa, è una relazione mediante la quale entrambe le persone sono coinvolte, insegnando e apprendendo a vicenda. L’incontro con l’altro, segna sia in modo positivo che negativo ambedue le persone in quanto ogni essere umano sente il bisogno di esprimere liberamente le proprie idee confrontandosi con gli altri, creando quindi un rapporto senza differenze, un rapporto alla pari. Occorre una certa sensibilità,creando una situazione che possa mettere a proprio agio la persona che si ha di fronte, considerando le sue esigenze, conoscerla, coinvolgerla e ascoltarla. Proprio come nella simulazione del laboratorio sulla relazione educativa considerandola come una scelta professionale che ci accompagna per tutta la vita.
    Altro tema protagonista delle nostre lezioni che abbiamo affrontato diverse volte è la resilienza, ovvero la capacità di affrontare e superare ostacoli, situazioni dolorose, e il disagio esistenziale. Un grande esempio di resilienza per me è il Professor Palladino, una persona straordinaria che con grande coraggio e amore vive la vita in tutte le sue sfumature, l’amore, la passione, la sua voglia di donare, con la sua famiglia sono l’esempio vivente che se si vuole veramente con il cuore, con cura e con tutto la gioia si può assolutamente vivere bene e serenamente.

    Autori che hanno evidenziato il ruolo della donna, ma soprattutto il suo cambiamento negli anni sono Remaury, Lipovetsky e Braidotti. Remaury nella sua opera Il gentil sesso debole ci propone l’immagine della donna sempre bella, una bellezza che la donna ha il dovere di coltivare, e il suo miglioramento estetico diviene uno dei suoi bisogni principali, orientata e diretta verso la perfezione. Questo è un ideale di donna che domina nei media, nella moda, sulle riviste. Il corpo che mira alla perfezione è il corpo trasfigurato, il corpo che diventa un modello dominante attraverso la scienza è il corpo esatto e il corpo obbligatoriamente perfetto è il corpo liberato. Mentre Lipovetsky nella sua opera La terza donna, non si rifà ai corpi strutturati e imposti ma si occupa di valori come l’eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale, un po’ come la donna di oggi che è interessata principalmente al raggiungimento della bellezza e della salute. Anche Rosi Braidotti nella sua famosa opera Madri mostri e macchine parla del corpo femminile ricollegato però al tema del corpo macchina. La donna è capace di deformare il proprio corpo nella maternità diventando allo stesso tempo mostro e madre ed è proprio qui, creando un legame tra femminismo e tecnologia, che propone alle donne di incarnare anche la macchina. L’idea del corpo-macchina può essere un rischio e soprattutto non dà alle donne la certezza di uscirne vincitrici da questa sfida. Affrontando il tema corpo-macchina abbiamo ripreso nei laboratori il tema delle protesi estetiche, che a parer mio si dovrebbe ricorrere solo in casi di problemi abbastanza seri di salute come lo stesso Pistorius che ne ha tratto un vero e proprio giovamento per se stesso, per la sua vita. Ma rinnegare il proprio corpo per semplici difetti fisici e quindi non per necessità ma per raggiungere un determinato ideale di bellezza non è assolutamente necessario. Bisogna ricordarsi sempre che ogni essere umano nella sua complessità e potenzialità è unico, esattamente come tutti gli altri.
    avatar
    Sabrina Campaiola


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 15.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Sabrina Campaiola Mar Mag 15, 2012 9:09 pm

    1)L’ ICD è la classificazione internazionale delle malattie del 1970 ,la prima elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS).
    Però nel 1980 OSM ha fornito una classificazione internazionale detta ICIDH ,basandosi su tre fattori che interagiscono tra di loro:la menomazione,disabilità,handicap che poi saranno sostituiti da abilità,partecipazione.Nel 2001 l’ Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato l’ICF ossia “Classificazione Internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute “ e spiega le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati.Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute scaturita da contesto sfavorevole e non si occupa solo di descrivere le condizioni di salute ma anche le rispettive conseguenze .Queste classificazioni sono state fondamentali per le parole disabilità e diversità che spesso sono considerate sinonimi.Chi è il disabile? Chi è il diverso?Il disabile è un individuo che è impossibilitato a svolgere delle normali azioni quotidiane ed è affetto da disturbi fisici o psichici.Spesso nei confronti dei disabili si tende ad avere un atteggiamento di pietismo.Tanti in aula sono stati i video mostrati relativi a queste persone che per poter affrontare al meglio le loro azioni quotidiane ,sarebbe opportuno eliminare le varie barriere architettoniche che non fanno altro che alimentare uno stato di emarginazione sociale,lavorativa ecc. Invece per diversità si intende ciò che esula dall’ ordinarietà dei fatti,appare come pericolo ,una minaccia della propria identità dovuta al colore della pelle ,alla razza.Questo tema l’abbiamo riscontrato nel film visto in aula “Indovina chi viene a cena”,nel quale una coppia di coniugi sono sconvolti dall’annuncio che la loro figlia sposi un medico nero.Anche i genitori di quest’ultimo non nascondono il loro disappunto .Per chi è diverso spesso proviamo vergogna ,compassione.Importante sarebbe percepire la differenza ,la diversità no come limite alla comunicazione ,ma come un valore ,riserva ,un diritto per l’incontro con l’altro.”RICORDA SEMPRE CHE SEI UNICO ESATTAMENTE COME TUTTI GLI ALTRI”.
    2)Anna Maria Murdaca nel suo testo "complessità della persona e disabilità "fa affiorare temi che meritano di essere presi in considerazione tra cui:
    la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità(importante perché valorizza la persona ,la sua identita e le sue rispettive differenze),
    la rimodulazione del termine integrazione.
    Integrazione altro non è che l’insieme dei processi sociali e culturali che rendono l’individuo membro di una società.Questo processo consente di guardare la persona nella sua globalità.Come è difficile integrarsi per i soggetti normodotati lo è ancora di più per i disabili in quanto hanno difficoltà a relazionarsi con la realtà e gli spazi circostanti .Per migliorare la qualità della vita dei diversabili sarebbe opportuno l’utilizzo della domotica .Per domotica si intende quella scienza interdisciplinare che si occupa dello studio delle tecnologie atte a cambiare le abitudini delle persone.In aula ci sono stati mostrati video di persone disabili all’ interno di strutture domotiche ,consentendo a coloro di poter svolgere attraverso l’utilizzo di vari mezzi tecnologici le varie azioni quotidiane,le stesse svolte dai normodotati.La casa domotica consente ai disabili di poter essere autonomi ,indipendenti ,liberi non chiedendo l’appoggio e l’aiuto di neanche un individuo perché hanno la possibilità di compiere da soli le varie attività.E’ fondamentale che via sia la presenza quindi di contesti di apprendimento nei quali insegnanti ed educatori siano pronti ad accogliere il diverso.Spesso gli educandi sono soggetti aventi difficoltà è quindi il compito dell’educatore è capire quali sono stati i motivi che spingono tali soggetti a compotarsi in un determinato modo,lavorando sui punti di forza e sulle qualità dell’individuo.Ciò che si crea tra educatore ed educando è una relazione educativa,la quale altro non è che l’insieme dei rapporti sociali che si creano tra di loro.In questa relazione fondamentale risulta essere il principio di reciprocità.Essa non deve mai essere contraddistinta da una disparità di potere .Ogni incontro è educativo ed assume importanza nella crescita di colui che la riceve ,visto che nella relazione ogni individuo riceve qualcosa.
    3)La bellezza è una sfumatura che caratterizza ogni persona.Ognuno di noi ha una propria visione del bello diverso dall’altro.Molti teorici considerano il brutto la” rispettiva ombra del bello”.Remaury nei testi “il gentil sesso debole “ e le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute sottolinea che la donna ha il dovere di coltivare la bellezza .L’emblema della bellezza ci viene dettato sotto forme diverse dalla realtà circostante , tanto che spesso si ricorre agli interventi chirurgici sia per modificare e rendere perfetto il proprio aspetto sia per completare il proprio corpo attraverso l’uso di tecnologie integrative; essenziale risulta essere a questo proposito l’esempio di Oscar Pistorius,il quale grazie a questa tecnologia ha avuto la possibilità di farsi impiantare delle protesi in fibra di carbonio che gli ha concesso di partecipare alle olimpiadi.Come Remaury anche Lipovetsky ritiene che la donna mira sempre a raggiungere quel grado di eccellenza,di eterna giovinezza ,perfetta bellezza e salute,a mio parere questa e la fatale immaturità che ci contraddistingue.Infine Braidotti nel suo testo "Madri, Mostri e Macchina" dimostra la capacità della donna di deformare il proprio corpo nella maternità,diventando per l’uomo madre e mostro e quindi contemporaneamente orribile e affascinabile.




    Annunziata Langella
    Annunziata Langella


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 42

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Prova intercorso

    Messaggio  Annunziata Langella Mar Mag 15, 2012 9:10 pm

    L'ICD (l'International Classification of Disabilities) è la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, proposta dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 1970. Questa è una vera e propria enciclopedia, che ha al suo interno, una completa classificazione di tutte le malattie, cogliendone le cause, e fornendo di ogni sindrome una descrizione dei principali sintomi, traducendo le patologie in codici numerici per facilitarne la memorizzazione ed un successivo utilizzo in campo di ricerca ed analisi dei dati. Questa classificazione però, tendeva ad essere eccessivamente eziologica e ad avvicinare la disabilità (che non può essere curata) alle patologie cliniche. Per sopperire a teli problemi l'OMS costituisce nel 1980 una nuova classificazione l'ICIDH (l'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps) che sostituiva i termini menomazione, disabilità e svantaggio o handicap con menomazione, abilità, partecipazione dando maggiore attenzione alle capacità del singolo individuo, alla sue abilità ed alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. Un ulteriore passo avanti viene fatto nel 2001 dall'OMS che propone un'ennesima classificazione, l'ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) che sostituisce ulteriormente le parole menomazione, disabilità e handicap con funzioni, strutture corporee e attività e partecipazione; integrando fattori biomedici, patologie con fattori ambientali e contestuali, con lo scopo di mettere in evidenza che quando l'ambiente è un “facilitatore” (non ci sono barriere fisiche e culturali) l'Handicap (o disagio sociale)non si manifesta.
    Dall'istituzione di quest'ultima classificazione ad oggi sono passati 11 anni e purtroppo bisogna constatare che non c'è stata ancora un'adeguata assimilazione dei suoi concetti base (ovvero l'importanza dell'individuo che viene prima delle sue abilità e il contesto “facilitatore”) da parte della società. Fatto che viene costantemente messo in evidenza nella quotidianità e che è stato sottolineato, durante una lezione, con la visione di alcuni spezzoni di trasmissioni dove alcune persone denunciavano proprio l'abbandono da parte delle istituzioni. Persone che, prendendoci per mano, con ironia ed amarezza, ci hanno aperto un varco nella loro quotidianità, fatta di ostacoli, rinunce e proteste silenziose, uno spiraglio da cui osservare il "loro" mondo. Ci sembra assurdo eppure distrattamente lo viviamo ogni giorno. Sentiamo dire "In 30 anni molto è stato fatto, ma c'è ancora tanto da fare" ma 30 anni sono una vita! Una vita passata a non vedere considerata priorità, le necessità di molti. Quanto tempo dovrà passare prima di riuscire a fare una passeggiata senza rischiare la vita? O poter fare la spesa senza sperare che un passante ti aiuti in caso di necessità?
    E' triste, ma si finisce con il considerare le cose solo quando ci si sbatte contro, quando ormai è troppo tardi e con l'esercizio dell'Orologio sono stata indirizzata ad immaginare a tutte le difficoltà cui sarei soggetta quotidianamente se avessi una disabilità, dall'assenza di ascensore nel mio palazzo, allo scalino in bagno, all'incoscienza di alcune persone, che non considerando il problema, parcheggiano sulle strisce ed in corrispondenza degli scivoli, senza contare che anche alcune strutture pubbliche presentano barriere insormontabili.
    Forse troppo distratti a pensare a noi stessi, dai propri problemi, dai propri affari, dalla propria famiglia..(come mi è venuto da considerare all'interno di un'altra simulazione, quella del sindaco, in un contesto di emarginazione) distratti a pensare alla nostra omologazione, che ci porta a valutare il disabile solo nell'atto di incrociarlo per strada, regalandogli qualche sguardo di commiserazione, per poi girare l'angolo e parcheggiare in corrispondenza di uno scivolo. Senza dare un effettivo valore alla sua diversità, quella stessa diversità che ci fa tutti assolutamente unici, così unici da metterci in condizione di faticare quasi nel cercare elementi comuni, come è accaduto durante il Questionario svolto in gruppo. Infatti, la cosa più complicata, in quella occasione, è stata proprio giungere ad un accordo. Tre ragazze molto simili, che si trovano piacevoli, quindi nemmeno eccessivamente diverse, che non riescono a trovare cose in comune, né tra ciò che vogliono, né tra ciò che non vogliono. Sarà per la leggera differenza d'età, ma devo ammettere che si è rivelato uno dei compiti più complicati, almeno tra quelli proposti durante queste lezioni.
    La disabilità è l'incapacità, in seguito ad una menomazione di svolgere determinate funzioni (come la cura della propria persona o la capacità di saper camminare o il controllo delle funzioni escretorie, la capacità di lavarsi o alimentarsi) nel modo e nell'ampiezza, considerati “normali” per un individuo.
    Spesso di confonde tra disabilità e diversità, ma sono due termini ricchi di innumerevoli significati. Con il termine diversabilità si mette in evidenza oltre ad una dis-abilità, anche della abilità diverse dagli altri, da scoprire e potenziare, quindi volutamente fondata su una visione speranzosa.

    Come già detto la disabilità è dovuta ad una menomazione. Per far fronte ad alcune necessità, in alcuni casi, c'è bisogno di un ausilio che è un apparecchio con cui la persona con deficit riduce l'handicap. L'handicap è perciò, la condizione di svantaggio, un ostacolo, che in un certo soggetto limita o impedisce l'apprendimento di alcune funzioni, in relazione all'età al sesso ed altri fattori. E' il contesto sociale, quindi, a determinare l'handicap, ovvero, sono le barriere fisiche o socio-culturali a favorire un processo di esclusione o emarginazione.
    Anna Maria Murdaca, docente ed autrice, affronta il tema della disabilità nella sua complessità, nel testo “Complessità della persona con disabilità”, sottolineando (come già detto per l'ICF) l'importanza dell'ambiente nella vita degli individui, su come la famiglia, la scuola, l'ambiente lavorativo, possono inficiare sullo stato di salute.
    Il discorso della Murdaca, mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, partendo dal soggetto, dalla sua integrazione, in ambito educativo, linguistico, corporeo, dall'integrazione sociale, con l'obiettivo di valorizzare la persona umana nel rispetto delle sue differenze e della sua identità.
    Secondo l'autrice, bisogna abbandonare l'idea dell'inserimento ed abbracciare la logica dell'inclusione, o integrazione, in un processo continuo, e non come punto d'arrivo.
    Sottolinea l'importanza del NON definire per sottrazione, ma tenere sempre presente che si tratta di esseri umani che non possono essere classificati per ciò che non sanno fare. Definisce, la necessità di partire da “cosa si deve ancora fare, quando si può fare ancora e quanto non si fa”, bisogna dar voce ai disabili per creare un contesto accogliente, portando attenzione alla persona, alla socializzazione, all'integrazione.
    Il “nuovo paradigma del benessere”, per la Murdaca, va inteso, non come accudimento, ma sempre come progressiva emancipazione del soggetto coinvolto, un soggetto mutante e differenziato. A questo punto risulta necessario un altro concetto di educazione, non più solo quella classica, ma che mira alla crescita dell'individuo in tutte le sue dimensioni. Quindi, un'educazione che consiste in Integrazione, Differenziazione, Personalizzazione.
    A questo punto non si può fare a meno di parlare di Relazione Educativa. In particolare, questo corso ci ha messo di fronte all'evidenza di alcune particolari tipologie di relazioni educative, che come ci hanno spiegato, si verificano in ogni ambito, per cui si possono considerare infinite. Ovviamente noi ne abbiamo trattate solo alcune, quelle più importanti, quelle che solitamente siamo abituati a considerare più comuni e che in qualche modo comprendono anche le altre: come la relazione tra Docente e Discente, in qualunque ambito formativo; o quella Familiare, tra Madre e Figlio, o altri membri, a seconda della complessità della famiglia in questione.
    Tutte si basano sul rispetto reciproco, sull'ascolto e sull'attenzione ai differenti tempi di reazione, si deve tener presente che una relazione è sempre Bilaterale, quindi "si da e si riceve", che il più grande insegnamento è dato dall'esempio, che non esiste solo la formazione del bambino, che bisogna sempre mettersi sullo stesso piano dell'interlocutore e per un giusto confronto tener sempre presente l'importanza del coltivare la relazione, come una preziosa piantina, con la stessa attenzione, cura e costanza.
    Particolare attenzione va data all'ambiente, che deve essere confortevole, capace di non mettere in soggezione la persona che si ha di fronte (anche se molto spesso non è possibile modificare e rendere "accogliente" la stanza, per motivi strutturali prefissati). Importante è anche la Prossemica (il linguaggio del corpo) che sono tutti quegli atteggiamenti in-volontari che abbiamo, e che in qualche modo parlano di noi, del nostro modo di porci e comunicano non verbalmente tutto quello che proviamo, anche in questo caso va considerata bilateralmente.

    Perché per quanto si provi a nascondere certe condizioni, il nostro corpo, con i suoi atteggiamenti riesce sempre a tradirsi. Forse anche per l'eccessiva stanchezza di questi tempi, sempre attento a non fare o a fare cose, costretto in abbigliamenti deformanti, da alimentazioni limitate o in situazioni di eccessivo rigore, il nostro corpo, trova la sua valvola di sfogo in questi piccoli gesti di comunicazione disperata. L'essere umano ha sempre avuto la sua idea del bello, che si è evoluta con lui attraverso i secoli, modificando abitudini, stili di vita, mode. Solo negli ultimi tempi queste modificazioni, risultano essere così invadenti da arrivare a compromettere la vita stessa di alcune persone che per seguire questa strada, accettano volontariamente condizioni di esistenza disumane, fino a vedere degenerare la situazione ed a perderne il controllo. Si è passati nell'arco di un paio di secoli, dal farsi servire dal corpo, al servirlo, come dice Baudrillarò. Un corpo che prima veniva modellato dal lavoro e che ora viene deformato dalla sedentarietà e ricostruito in palestra, dall'eccessiva cura che porta al tracollo della situazione. Cura della persona e per l'altro, che per secoli sono stati affidati alla donna, che ora eredita l'eccessiva responsabilità di questo ruolo che la porta, in casi estremi, all'ossessione maniacale. E come dice Remaury, nei suoi libri, è la cultura dell'immagine della donna che spesso si confonde con la bellezza, alla quale siamo abituati ad attribuire anche altre virtù, come l'onestà, la bontà, la gentilezza e per renderci più attraenti ed amabili abbiamo la necessità di scolpire il nostro corpo. Siamo abituati a pensare che il bene è nel bello e sano, e che la gioventù eterna sia il mezzo per giungere a questo. La stessa tesi viene portata anche da Lipovetsky, che sottolinea come la donna in quest'ultima fase sia “liberata”, dalla malattia, dal peso, dal tempo. Che ha l'obbligo di percorrere ogni strada possibile, per giungere ad un corpo perfetto, come prodotto del lavoro su se stessa, anche se questo porta all'annientamento del femminile, che deperendo, lentamente, perde forme, come nel caso di molte modelle scheletriche, che trascendendo si trasformano lentamente in mostri, fino a perdere se stesse. Una degenerazione dell'eccessiva cura di se che porta alla malattia (anoressia) come modello estremo di bellezza.
    In fine, un tentativo della Braidotti di mettere in scala bellezza e mostruosità, con la normalità che in questo caso rappresenta il grado zero di mostruosità. Porta la differenza tra uomini e donne in tutto ed alla base di tutto, sottolineando la propensione della donna alla deformità, in quanto abituata, nell'atto di diventare madre e di ritenere naturale tale trasformazione, mettendola al grado zero di mostruosità, cioè, a metà strada tra il bello ed il mostruoso.
    Questo mi spinge ad una piccola riflessione sul concetto del bello, e dell'accettazione sociale, che è alla base della nostra società. Una società spietata ed intransigente, capace di scandalizzarsi per ogni difetto come fosse un crimine mostruoso, e di tollerare con una certa leggerezza la mancanza di rispetto verso se stessi. Purtroppo viviamo in un tempo in cui non è possibile essere diverso, non è possibile sentirsi apprezzato, senza dover apportare accorgimenti alla propria persona, gli ideali di bellezza imposti governano i nostri bisogni e non riusciamo e renderci conto di quanto questo ci faccia male, soprattutto quando questo ci porta ad affrontare operazione spesso inutili. Purtroppo non riesco a pensare a tutto ciò senza temere eventuali conseguenze, con tutti i rischi che questo comporta, a dover ponderare benissimo sulla faccenda, e molto spesso ad avere un consulto psicologico, per determinare la reale mancanza dov'è e come riempire quel vuoto.

    alessia maruzzella
    alessia maruzzella


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 38

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  alessia maruzzella Mar Mag 15, 2012 9:13 pm

    1)L’OMS è l’organizzazione Mondiale della Sanità,la prima classificazione elaborata da essa e la ICD o “classificazione Internazionale delle malattie”, è nata nel 1970 per cogliere la cause delle patologie e fornire per ogni sindrome o disturbo una descrizione. L’ ICD si focalizza sull’aspetto eziologico della malattia, le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono cosi possibile la memorizzazione, e la ricerca dei dati. Ad ogni patologia viene attribuita la disabilità, formando una sorta di Enciclopedia Medica.
    Tale classificazione negli anni viene prima sostituita con ICIDH (= classificazione delle menomazioni ,disabilità,handicap) sorta nel 1980 sorta come classificazione internazionale che cerca di risolvere alcuni problemi inerenti alla definizioni.
    I processi di revisione hanno portato dall’ ICIDH all’attuale ICF (2001), (classificazione del funzionamento della salute e della disabilità). Secondo la classificazione del funzionamento della disabilità e della salute, la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.
    L’ ICF è una classificazione che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona. L’ ICF è descritto dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, come un linguaggio standard e unificato che serve da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati correlati, cioè che facilitando la comunicazione tra professionalità ed esperienze diverse sullo stesso campo, può nello stesso tempo promuovere nuovi orizzonti di ricerca.
    ICF non classifica solo condizioni di salute malattie, disordini o traumi, di cui principalmente se ne occupa l’ ICD (International Classification of Diseases),bensi alle conseguenze associate alle condizioni di salute . la Classificazione del funzionamento della disabilità e della salute, è stata introdotta perché le informazioni che vengono date dalla diagnosi medica, che sono molto importanti ma non sono sufficienti per avere il quadro completo della funzionalità della persona, cioè possiamo essere messi a conoscenza della persona di cosa e in grado di fare e quale sono le attività che ha difficoltà.
    L’ ICF e molto importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale,dell’istruzione, del lavoro, adottando questa classificazione si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte della società. La classificazione ICF divide le informazioni della persona e sulla salute in due parti : Funzionamento e Disabilità, Fattori Contestuali. Le componenti del Funzionamento e della disabilità possono indicare dei problemi come menomazioni,l’imitazioni dell’attività, e a definire il termine disabilità, o possono indicare gli aspetti non problematici della salute della persona.
    Mentre nella seconda classificazione Fattori Contestuali, rientrano i fattori ambientali che influenzano tutte le componenti del funzionamento e della disabilità e sono organizzati secondo un ordine che va dall’ambiente più vicino alla persona a quello più lontano. I fattori personali non possono essere classificati dall’ ICf in quanto possono essere diversi da soggetto a soggetto. Gli ambiti in cui possiamo trovare questa classificazione sono :-Sanitario, -Sociale,-Educativo,-Ricerca,-Statistico,-Politica sociale e sanitaria.
    In altri termini ICF della disabilità e delle persone si concentra sulla salute di queste ultime.
    Nel corso abbiamo parlato ci siamo confrontati, su due termini che spesso vengono usati in modo non idoneo, vengono usati in modo dispregiativo, ma in realtà non e cosi anzi non deve essere cosi, perché i due termini che ora scrivo non sono per niente parole che devono essere usati in modo sbagliato sto parlando di : Disabile e Diverso.
    Il Disabile spesso viene considerato diverso da noi normodotati a causa delle sue dis-abilità, e questo porta una sorta di discriminazione e di emarginazione, ma non deve essere assolutamente cosi perché il disabile e speciale,ha qualcosa in più che noi normodotati non abbiamo, hanno sicuramente un cuore che avvolte noi non abbiamo, spesso non ci rendiamo conto che usare una parola non adatta a noi non fa male ma a loro sicuramente si, ciechi sordi paraplegici sono tutte persone come noi, hanno diritto di vivere la loro vita di lottare per i loro sogni e realizzarli, hanno diritto di far sentire la loro voce in questa società che va a rotoli e che per loro ormai non offre più servizi, loro hanno diritto di passeggiare senza dover chiedere aiuto a nessuno, hanno il diritto di respirare udire vedere e toccare ciò che il mondo ci offre, loro non sono diversi noi siamo diversi o meglio noi siamo mostri perché non riusciamo a vedere ciò che loro sono in grado di regalarci di offrirci. Mostro non e colui che non ha una gamba o un braccio colui che ha una deformazione al viso loro sono persone normali sono persone non mostri non disabili loro sono semplicemente individui, persone, hanno il pieno diritto di essere chiamati per nome, senza nomignoli, chiamandoli cosi vengono feriti ma loro sanno nascondere, loro non devono essere emarginati devono partecipare alla vita scolastica, si deve insegnare sin da quando si e piccoli ai bambini, che coloro con problemi non sono diversi , hanno solo qualche problema ma sono uguali e non esiste differenza , se non e cosi crescendo si diventa cattivi si diventa mostri non si accettano gli altri.
    La parola disabile sta a indicare :
    -una persona che e impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana.
    -un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive,inoltre disagi sociali che riscontra il soggetto possono influenzare la sua sfera psicologica.
    -una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità
    Nei confronti della persona con disabilità si tende ad assumere un atteggiamento ed uno sguardo di pietismo,spesso usiamo la parola poveretto. Il disabile e un soggetto con disturbi fisici o psichici che spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate, nota differenze visibili. Viviamo in un mondo ricco di barriere architettoniche dove non esistono abbastanza scivoli per consentire di salire e scendere dai marciapiedi senza aiuto, dove non ci sono i mezzi pubblici che consentono l’entrata e l’uscita di carrozzine,nella nostra quotidianità incontriamo molte barriere ma non ci facciamo caso perché non abbiamo bisogno di aiuto propongo l’orologio: Mi sveglio alle 9.00
    Vado in bagno il mio bagno ha uno scalino
    Vado all’ università
    -con pullman
    -metropolitana
    Seguo la lezione
    Torno a casa con i mezzi citati sopra
    pranzo
    Spesso nel pomeriggio esco con le amiche
    Vado a l bar
    Poi torno a casa spesso in pullman
    Arrivo a casa salgo le scale
    Ceno
    E poi vado a letto
    Questa e una delle mie giornate, e so che e impossibile che una persona che vive su una sedia possa svolgere le attività che ho citato.
    Esistono anche persone con disabilità che non si sentono tali,e riescono a compiere qualsiasi tipo di attività. Il termine disabile non sta ad indicare solo che a un individuo mancando una o più competenze,ma si deve anche considerare che egli possiede altre abilità. Il 2003 è stato definito “Anno Europeo dei disabili”, le motivazioni sono: stimolare la discussione sul tema,aumentare la sensibilizzazione,promuovere lo scambio di esperienze e sostenere l’integrazione scolastica e sociale delle persone disabili”
    Si inizia ad usare la parola diversabilità al posto di disabilità, la nascita del termine diversabilità sta ad indicare che la persona disabile e un individuo con una propria identità, diversabile e un termine del tutto positivo mette in evidenza l’essere diversamente abili di molte persone con deficit, lo scopo e osservare le persone con deficit in una prospettiva nuova.
    Quindi il diversabile e una persona con disabilità che esprime le proprie abilità in modo differente rispetto alla maggior parte delle persone. Il disabile spesso fa paura perché è diverso da noi, e di conseguenza la diversità è concepita come non normalità, se parliamo di normalità il concetto e soggettivo, non esiste una definizione comune di ciò che viene considerato normale.
    Per quanto riguardo il diverso si pensa ad un individuo non simile alla maggior parte delle persone che vivono intorno a lui, è colui che la società etichetta come tale, perché ha schemi mentali,fisici e comportamentali difformi dalla normalità.
    Diverso può essere una persona non necessariamente con menomazione fisica o psichica ma che si distingue dagli altri per caratteristiche, si pensi allo straniero al genio una persona che non si adatta alle regole etc…
    Di solito il diverso di solito non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società, il diverso viene tenuto lontano,spesso viene definito il mostro,il diverso è sempre lontano o distante da quello che siamo noi, il diverso non lo capiamo ma perché spesso ci rifiutiamo, proviamo vergogna.
    Tutti sono diversi;ma non tutti non sono disabili.

    2)
    Anna Murdaca è una docente e autrice, competente in questioni relative la persona con disabilità.
    Il testo di Murdaca “Complessità della persona e disabilità” si focalizza su tre punti principali:
    -ricostruzione di una nuova cultura sulla disabilità
    -rimodulazione del termine integrazione
    -comprensione delle reali condizioni di vita di soggetti disabili
    La nostra società nonostante e molto avanti,sia per lo sviluppo scientifico, sia per lo sviluppo tecnologico, sia per i modi di pensare, ma quando si parla di disabilità siamo ancora una società analfabeta. Sembra che la disabilità e qualcosa che non riguarda noi ma gli altri, di fronte alla disabilità ci sentiamo impotenti sono veramente poche le persone che si mobilitano per cambiare la vita di queste persone, e che si battono per l’inclusione, l’inserimento di queste persone.
    Ritornando alla docente e autrice Anna Murdaca, egli afferma che bisogna dirigersi verso l’inclusione cioè bisogna avere una nuova conoscenza della disabilità che sia centrata soprattutto sul riconoscimento della persona in evoluzione. L’ obiettivo è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze.
    Integrare significa inserire una persona o un gruppo in un ambiente in modo che ne diventi parte organica. Nel parlare di integrazione si fa riferimento quindi a valorizzare al meglio le dotazioni individuali. Si cerca un nuovo termine di integrazione: come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica; e come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia,identità. Non di dovrebbe definire nessuno per sottrazione perché si tratta di persone, e si caratterizzano per le loro capacità non per quello che non sanno fare.
    Quindi bisogna pensare ad una società con spazi di formazione per disabili i quali non sono soggetti passivi di pietismo ma sono responsabili di questa relazione. Bisogna stabilire una buona relazione educativa. La prima e sicuramente quella che si istaura tra madre e figlio. La seconda è quella tra docente e discente, un legame che produce l’apprendimento,attraverso un interconnessione che porta alla fusione di conoscenze.
    Ogni relazione è educativa in quanto è portatore di significati,di valori,di opinioni quindi avviene uno scambio dove si da ma si riceve anche qualcosa. E’ un prendere e un dare.
    Come abbiamo visto durante la simulazione in aula l’educatore deve trasmettere qualcosa di positivo nella relazione, deve capire chi ha di fronte, i suoi problemi, le sue difficoltà senza soffermasi sulle apparenze ma cercando i fattori che portano il soggetto a comportarsi in un certo modo.
    Si devono creare delle situazioni in modo da poter mettere a proprio agio il soggetto. Nel caso in cui si ha di fronte una persona disabile l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere in atto programmi per far emergere le doti del disabile.
    3)Durante le lezioni spesso ci siamo soffermati a parlare su un argomento attuale, le protesi estetiche.
    Nella società di oggi purtroppo tutto e quasi concentrato sull’apparenza si trascura del tutto la cosa più importante la sostanza, e ciò porta soprattutto nelle donne di avere un corpo perfetto, ricco di pregi. Tre autori come Remaury, Lipovetsky e Braidotti si sono soffermati su questo argomento. La bellezza estetica e diventata una necessità, un qualcosa che non può mancare, e quindi automaticamente si ha un netto rifiuto su un corpo trasfigurato,mostruoso,deforme, non conforme ai comuni canoni della bellezza.
    Remaury nel teso “ il gentil sesso debole” sostiene che siamo sempre più orientati verso la perfezione, avendo un triplice obietto: giovinezza-bellezza e salute.
    Per quanto riguarda Lipovetsky, ci propone una terza donna che nasconde la sua sottomissione ai modelli dominati imposti e strutturati. Essa e costretta a scegliere tra i seguenti valori, evidenziati già da Remaury: eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale.
    Infine la Braidotti fa riferimento al corpo mostruoso che allo stesso tempo e orribile e meraviglioso,basti pensare alla donna che durante la gravidanza trasforma il suo corpo e questo diventa,nell’immaginario maschile qualcosa di orribile, ma nello stesso tempo anche gioia, quindi mostro e madre allo stesso tempo. Il mio pensiero e che nessuno dovrebbe farsi influenzare da questi modelli di assoluta perfezione imposti dalla società, che per me sono negativi non hanno lati positivi, e non ci fanno apprezzare la nostra fortuna nell’essere come siamo e ad amarci, con le nostre imperfezioni , la cosa importante e capire che non si può diventare come le persone perfette che si vedono in tv siamo diversi la nostra bellezza sta nel fatto che tutti siamo diversi. La nostra bellezza sta nelle differenze che abbiamo l’uno dall’altro.
    avatar
    Fiorella Savino


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 15.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Prova intercorso

    Messaggio  Fiorella Savino Mar Mag 15, 2012 9:53 pm

    1)Durante questo corso abbiamo affrontato diversi temi e soprattutto ci siamo soffermati sul significato delle parole utilizzate nel campo della disabilità:DEFICIT,DISABILITA'ED HANDICAP.
    Tante volte ci è capitato di non dare il giusto peso a queste parole,recando un danno a chi ci ascolta.
    La disabilità non è solo deficit,mancanza,privazione a livello organico o psichico ma è una condizione che va oltre la limitazione.
    La voglia di conoscere sempre di più le varie forme di disabilità ha portato alla nascita dell'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità.La prima classificazione elaborata dall'OMS è la Classificazione Mondiale delle Malattie ICD che nasce nel 1970 e risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie,fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e le relative indicazioni diagniostiche,che concentra l'attenzione sull'aspetto eziologico della malattia,le diagniosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibili la memorizzazione.
    Per ovviare ai problemi di definizione inerenti al tema della disabilità,l'OMS nel 1980 elabora una nuova classificazione internazionale detta ICIDH (Classificazione Internazionale della Menomazione,Disabilità ed Handicap)che si basa su tre fattori:la menomazione,la disabilità e l'handicap.Termini che verranno sostituiti con menomazione,abilità e partecipazione.
    -MENOMAZIONE:perdita fisica
    -DISABILITA':l'incapacità di svolgere determinate funzioni o compiti a causa di una menomazione
    -HANDICAP:è la difficoltà che la persona affronta nel confronto con gli altri
    Nel 2001 nasce un'altra classificazione dell'OMS ovvero ICF che sta per "Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute.
    Il passaggio dall'ICD all'ICF avvenne perchè le informazioni date dalla diagniosi medica,non erano sufficienti a definire il reale quadro funzionale della persona.Secondo l'ICF la disabilità è una condizione di salute nata da un contesto sfavorevole.L'ICF non classifica solo le condizioni di salute,ma le conseguenze associate ad esse e pone al primo posto la qualità della vita delle persone affette da una patologia.
    In questo corso si è parlato di disabilità e diversità,due termini completamente diversi.
    Per DISABILITA'si intende colui che non è in grado di svolgere determinate funzioni o compiti nei modi o nei limiti considerati normali per un individuo.Il disabile è una persona affetta da disfunzioni motorie e psicologiche.
    Su questo tema in aula abbiamo visto dei video relativi alle barriere archittettoniche che i disabili incontrano tutti i giorni,non essendo liberi di spostarsi.Dopo la visione di questo video per un momento mi sono messa nei panni di queste persone ed ho capito che non è facile ,non solo da un punto di vista fisico,ma soprattutto nella vita quotidiana affrontare gli ostacoli.E'sconvolgente vedere i disagi che incontrano i disabili lungo la strada.Vi sono persone con disabilità che non si sentono tali,infatti riescono a compiere qualsiasi tipo di attività e queste sono Simona Aztori e Oscar Pistorius che nonostante la loro disabilita'hanno trasmesso a tutti noi la forza e la capacità di condurre al meglio la propria vita,senza fermarsi davanti agli ostacoli.Infatti loro rappresentano per eccellenza la RESILIENZA,ovvero persone o cose resistenti alle avversita'.
    Il DIVERSO è colui che viene etichettato dalla società come tale perchè ha degli schemi mentali ,fisici differenti dalla normalità.Il diverso non è solo colui che è affetto da una menomazione fisica,il diverso è lo straniero,il mostro,il genio e di solito non sceglie di esserlo,viene emarginato dalla società.
    "RICORDA SEMPRE CHE SEI UNICO ESATTAMENTE COME TUTTI GLI ALTRI"ANONIMO
    Per me il diverso non è l'omosessuale o la persona di colore,anzi è l'unica persona che ha il coraggio di essere se stesso,reale e sincero,nonostante non venga accettato dalla società,ma è colui che discrimina queste persone.La discriminazione fa parte dell'ignoranza!!!
    Ricollegandomi al tema della disabilità mi viene in mente una lezione dove la professoressa ha allestito un setting e fingendosi sindaco della città ha escluso da essa tutte le ragazze che portavano gli occhiali e voltandole le spalle ha proposto al resto del popolo soldi,cibo e lavoro.Per me l'emarginazione non fa altro che allontanare le persone diverse,suscitando in esse sentimenti negativi.

    2)Anna Maria Murdaca esperta nel campo della disabilità,nel suo teso"Complessità della persona con disabilità"tratta di tematiche come:l'integrazione,la complessità della persona,la cura e la relazione educativa ecc.
    Secondo l'autrice,bisogna dirigersi verso un'ottica della globalità,ovvero avere una nuova cultura e conoscenza della disabilità,centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione,perchè sono le barriere mentali e culturali che determinano l'esclusione e l'emarginazione del disabile dal contesto sociale.Quindi bisogna considerare queste persone come cittadini a pieno titolo e provvedere affinchè ognuna di essa raggiunga una perfetta integrazione all'interno dell'ambiente in cui si trova.
    Infatti il termine "INTEGRAZIONE"significa proprio inserire una persona o gruppo in un ambiente in modo che ne diventi parte di esso.L'integrazione è un processo continuo ,non un punto d'arrivo,è una continua ricerca di soluzioni.Murdaca dice che "non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione "perchè il disabile è una persona e quindi si caratterizza per le sue capacità e non per quello che non sa fare.
    Si parla di una nuova cultura della disabilità che tende a mettere in luce la qualità della vita dei soggetti e a ripensare una società con spazi di formazione per i disabili.
    La relazione educativa è uno spazio riparatore perchè ha un ruolo fondamentale nel processo di integrazione del soggetto con disabilità ed è il rapporto tra una persona"guida"e una in difficoltà.In questa relazione l'educatore deve cercare di capire chi si ha di fronte,i suoi problemi,le sue paure,cercando di capire quali sono i fattori che spingono il soggetto a comportarsi in quel modo.Fondamentale in una relazione è il rispetto reciproco,l'educando deve fidarsi completamente del suo educatore per poter esprimere le proprie emozioni.
    In una lezione fu fatta una simulazione sulla relazione educativa che riguardava l'incontro tra l'educatore e l'educando,dove si noto'da parte dell'educatrice una forte disponibilità all'ascolto nei confronti dell'educando con problemi.
    Credo che tale relazione sia un dare/avere è uno scambio bilaterale dove l'educando apprende grazie all'educatore e viceversa.
    Per quanto riguarda la relazione educativa al disabile l'educatore deve mettere a disposizione dei programmi specifici per esaltare le doti del disabile cercando di portarlo sullo stesso piano del normodotato,mettendo in luce le potenzialità e non le mancanze .

    3)Oggi i media tempestano la televisione con ideali di bellezza e perfezione fisica,influenzando le persone che ricorrono alla chirurgia estetica per migliorare il proprio corpo.
    REMAURY nel "Il gentil sesso debole"parla della bellezza della donna e dice che siamo orientati verso una corsa alla perfezione seguendo un triplice obiettivo:GIOVINEZZA,BELLEZZA,SALUTE.
    Dice che il corpo trasfigurato è legato all'immagine della perfezione corporea,il corpo esatto compie progressi verso la perfezione e il corpo liberato lo è dalla malattia,dal peso e dal tempo.
    LIPOVETSKY nel suo libro"La terza donna"dice che la donna è obbligata dal sociale a raggiungere la perfezione come il corpo replicato.
    BRADOTTI introduce in "Madri mostri e macchine la figura della donna madre la quale durante la gravidanza il corpo subisce un cambiamento e quindi appare agli uomini come un mostro,qualcosa di orribile,capace di trasfigurare il suo corpo,per questo il corpo viene considerato una macchina.
    Secondo me non esiste una bellezza assoluta,ognuno è bello in maniera diversa.Io penso che le protesi estetiche servano a migliorare un difetto fisico o una malformazione ma quasi sempre vengono utilizzate dalle persone per apparire ancora più belle.




    avatar
    rosa capasso


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 15.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  rosa capasso Mer Mag 16, 2012 8:02 am

    Siamo oramai al termine di questo corso posso dire che davvero mi ha molto arricchito. Abbiamo affrontato diversi temi che girano intorno ad una tema centrale: La Disabilità.
    Abbiamo parlato anche delle difficoltà che le persone affette da disabilità affrontano nella loro vita:dai pregiudizi delle persone alle barriere architettoniche.
    Nel 1970 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) elaborò l’ICD ,una classificazione internazionale delle malattie. Quest’ultima si pone l’obiettivo di fornire per ogni sindrome una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche,focalizzando la sua attenzione sull’aspetto eziologico della malattia. E’ una sorta di enciclopedia medica, le diagnosi vengono tradotte numericamente. Per rimediare il problema sulle definizioni , nel 1980 l’OMS ha messo a punto l’ ICIDH, una classificazione internazionale delle menomazioni, disabilità ed handicap. L’ ICIDH si basa su tre fattori tra loro interdipendenti : menomazione,abilità e partecipazione; pone maggiore attenzione alle capacità del soggetto. La menomazione come danno organico è una disfunzione che comporta una mancanza o un cattivo funzionamento di un arto;
    per disabilità si intende l’incapacità di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti nel modo considerato normale ; infine parliamo di handicap, essa è la difficoltà che la persona disabile affronta nel confronto esistenziale con gli altri,la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione che limita il suo agire. Nel 2001 si propone una nuova classificazione ICF (classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute)
    propone una definizione di disabilità multidimensionale e diversa dalle precedenti. In questa classificazione i fattori biomedici e patologici non sono gli unici presi in considerazione, ma si considera anche l'interazione sociale: l'approccio, così, diventa multiprospettico: biologico, personale, sociale”. L’ ICF classifica le conseguenze associate alle condizioni di salute, l’ICD forniva solo la diagnosi della malattia e ciò non era sufficiente.
    Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.Non è più vista come una caratteristica propria della persona , l’ ICF viene considerata un modello di riferimento ;adottando questo tipo di classificazione si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società. Dopo aver parlato di disabilità, handicap e menomazioni bisogna porre molto attenzione alle parole che si usano,perché a volte sono queste ultime ad alimentare l’handicap. Iniziamo a distinguere il disabile dal diverso, sempre di più si etichetta il disabile come diverso, ma tutti noi siamo diversi ma non tutti disabili. La persona affetta da disabilità è una persona che ha abilità diverse da noi , che è impossibilitata a svolgere alcune attività per noi normali, ed è un individuo che presenta disfunzioni motorie e cognitive. Ogni volta che si incontra un disabile ci si rivolge con PIETISMO ed è questa la vera disabilità. Ci sono persone con disabilità che non si sentono tali e riescono a compiere qualsiasi tipo di attività. I disabili come ho detto vengono considerati diversi ed è per questo che vengono emarginati , il pregiudizio come costruzione sociale è una visione restrittiva.
    Durante il corso ci è stato presentato un sondaggio ,c’erano diversi termini a cui dovevamo dare un signficato, ma una parola in particolare mi ha colpito: “MOSTRO” in tale termine credo che si intrinsecano tra loro il concetto di diverso e disabile ,colui che ha una menomazione fisica e per questo considerato diverso,ci si rivolge con terrore, con distanza ci fa impressione!!!
    Il tema del diverso ,credo,che stia alla base del film visionato in aula: Indovina chi viene a cena?.
    Il film tratta di aspetti diversi rispetto ai film visionati in precedenza ma il tema di fondo è sempre lo stesso:DIVERSITà.
    Una diversità presente sulla pelle ,il suo COLORE. Come si fa a considerare un individuo inferiore solo perché ha un colore di pelle diverso?
    Ma mi domando chi sia inferiore.i bianchi o i neri? Credo i bianchi con i loro pregiudizi e il loro disprezzo . Nel guardare queste persone considerate diverse si provava,no pietà, ma disprezzo e non c’è limite ed inferiorità peggiore.Oggi,credo che questa idea sia stata superata, non c’è quasi piu questa differenza. Una frase mi ha colpito nel film: “Il mondo sono loro,e loro lo cambieranno” , e lo hanno cambiato.Sono uomini ,non sono neri ,e in quanto tali devono essere rispettati.

    L’ICF come ho precedentemente detto prende in considerazione oltre agli aspetti medici,anche quelli sociali conseguenti alla condizione di salute, tenendo in considerazione il contesto ambientale in cui è inserita la persona disabile. A volte è il contesto ad aumentare l’handicap con le cosiddette:barriere architettoniche. Durante i corsi abbiamo avuto la possibilità di vedere ,attraverso alcuni video,come in tante parti d’Italia ci sia questo problema.Si parla continuamente delle differenze esistenti tra nord e sud ma nel modo in cui ci si rapporta con un disabile è uguale, lo si guarda sempre con indifferenza o ci si rivolge a lui con atteggiamenti di pietismo.
    Secondo me sono loro ad avere pietà di noi, dei limiti e barriere che noi creiamo. La disabilita non può e non deve togliere a loro il diritto di vita , sono persone e in quanto tali cittadini dobbiamo iniziare ad accoglierli, non accettarli, integrandoli nella società.
    Dobbiamo iniziare a vedere oltre ad ogni limite e non soffermarci ad una menomazione, o ad una sedie a rotelle hanno bisogno di sentirsi normali perché è cosi che loro si sentono.
    I video risalgono al 2007,oggi siamo nel 2012 ma le cose non sono cambiate tanto
    Ammetto che da persona normodotata non mi sono mai soffermata a pensare come un disabile avrebbe svolto le mie azioni quotidiane,ma una cosa è certa per lui sarebbe stato un duro lavoro.
    Si riallaccia al tema della disabilità Anna Maria Murdaca che nel suo libro:Complessità della persona e disabilità,mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità adottando l’ottica della globalità ,una cultura e una conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione ,valorizzare la persona con disabilità , rispettando le loro differenze . Bisogna riflettere le norme che tutelano i soggetti in disagio. Il problema che i disabili affrontano ogni giorno delle barriere architettoniche e la possibilità di integrarsi lavorativamente.Bisogna riflettere sul termine integrazione. Il termine significa l’inserimento di una persona o in un ambiente in modo che diventi parte organica. Bisogna riflettere: sull’identita dell’individuo disabile,sulla situazione del contesto sociale, sull’effettivo compimento di normative nella realtà odierna. Occorre promuovere un integrazione che sia sociale ,scolastica e lavorativa. Per un’integrazione scolastica degli alunni è importante, il clima della classe ,la valutazione, collaborazione con le famiglie. Nel parlare di integrazione si fa riferimento al valorizzare al meglio le dotazioni individuali. La nuova Politica Socio Educativa consiste in integrazione,differenziazione e personalizzazione.
    Si mira all’emancipazione del soggetto con disabilità. Quindi portare ad una comunità sociale a superare i limiti di una società che trascura i soggetti disabili e li si guarda con diffidenza. Assume un ruolo importante la relazione educativa, soffermiamoci su quest’ultima.La relazione educativa avviene tra due persone, ciò che noi siamo è il frutto di varie relazioni che
    abbiamo attraversato nella nostra vita: relazione madre/figlio,docente/discente,educatore/educando.
    Ne abbiamo parlato e abbiamo fatto alcune simulazioni su questo argomento in aula ,ed ha colpito tutti noi nel profondo parlando del ruolo di noi educatori all’interno di una relazione. Ogni approccio tra due persone è una relazione, essa è educativa in quanto i protagonisti di una relazione devono essere portatori di significati, valori, deve essere un arricchimento da entrambe le parti. Noi, che saremo futuri educatori , con la speranza che questa figura possa essere riconosciuta un giorno , abbiamo un peso nelle relazione. Ogni momento della nostra vita ci troviamo a far parte delle relazioni e all’interno di essa dobbiamo rispettare l’altro, rispettare le sue idee ,non contrastarle,e se sbagliate fargli capire dove ha sbagliato. Da educatori dobbiamo accompagnare per mano l’altro;dobbiamo arricchirci di loro. Sin dalla nascita siamo pronti a relazionarci con i nostri genitori, poi iniziamo a relazionarci con il docente. Da qualsiasi tipo di relazioni noi ci portiamo qualcosa,ogni relazione ti arricchisce..Da educatori dobbiamo guardare,rispettare e aiutare l’altro a sviluppare le sue capacità,non soffermandoci sulle sue peculiarità. Dobbiamo motivare,incentivare l’alunno non appiattirlo rendendolo passivo attraverso,la sola,trasmissione di nozioni. L’educatore deve diventare un punto di riferimento.Quindi, sintetizzando, la relazione educativa è il confronto tra l’educatore e l’individuo da educare,è l’incontro con l’altro , deve essere uno scambio alla pari,senza creare delle differenze. La Simulazione avvenuta in aula è il SETTING:
    Il primo setting ha visto come protagonisti EDUCATORE\MADRE:la madre nell’incontro con l’educatore esterna una sua preoccupazione dovuta ad un ennesima assenza inavvertita della maestra di sostegno di suo figlio. L’approccio con l’educatore è stato molto agevolato dalla disponibilità offertagli dall’educatore, che si è subito rivolta alla madre con un tono rassicurativo e dolce.
    Il secondo setting ha avuto come protagonisti: EDUCATORE\RAGAZZA: qui la situazione è diversa. Una ragazza 17enne si rivolge ad un educatore per cercare una strada per uscire dalla sua eccessiva timidezza che la limita ad avere una vita sociale.. Qui l’approccio era un passo fondamentale, la ragazza si presentava molto ansiosa, ha raccontato che lei si sentiva sempre un gradino al di sotto degli altri e si sentiva anche dal tono di voce molto basso che aveva,quasi come se fosse inconsapevole di ciò che stesse dicendo. La prof ci ha consigliato di replicare ciò che la persona in difficoltà ci dice,per renderla consapevole di ciò che ci ha detto.Penso che in entrambi i casi sia mancata ciò che la gran parte delle volte può accadere da parte della persona in difficoltà,ossia restare impietriti di fronte all’altro ,all’educatore,e penso che questa sia la prova più dura che un educatore debba affrontare.Per questo dico che anche un educatore deve continuare ad imparare,anche sbagliando. A volte ci dobbiamo relazionare con persone che presentano difficoltà, quindi dobbiamo essere delle guide. Nella relazione docente/discente, come ho detto prima,non solo la trasmissione di nozioni,ma deve partecipare il discente ed avere fiducia nel docente,questo ultimo deve creare un clima sereno. E’ fondamentale che si crei un rapporto alla pari in modo che il soggetto si senta libero e non intimorito qualora volesse esprimere una sua idea. L’insegnante deve adottare la tecnica del dialogo,dell’integrazione comunicativa e della reciprocità. Lo studente deve contare sul fatto che vi sia una persona di cui si possa fidare. L’insegnante deve basarsi sul rispetto,
    insegnamento e apprendimento reciproco. L’obiettivo dell’educatore è quello di rieducare e condurre il soggetto a cambiamenti positivi e corretti. Riguardo all’educazione al disabile, l’educatore deve prendere in considerazione la particolare situazione e mettere in atto un programma specifico per far emergere le sue doti,evidenziando le capacità. Ogni alunno ,ogni persona ha una sua storia ed è portatore di problematiche ,quindi l’educatore deve essere disponibile,accompagnare l’altro ed ascoltarlo. Sintetizzando la relazione educativa è l’accompagnare con la mano e camminare l’uno accanto all’altro e sorvegliare su di lu. Per definire la disabilità abbiamo parlato della disabilità , mostruosità e bellezza. Su quest’ultima ci soffermiamo riferendoci a Remaury ,Lypovetsky e alla Braidotti.
    Nel testo di Remaury, Il gentil sesso debole,l e immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute, la cultura dell’immagine nelle donne si confonde con quelle della bellezza. Il bisogno principale diventa sempre di più quello di essere bella. Quest’ultimo obiettivo ci viene imposto dalla società. I modelli di giovinezza, bellezza e perfezione sono quelli che ci provengono dalla propaganda mediatica, la quale suggerisce canoni di bellezza e della perfezione. Sempre di più nella società odierna si è schiave della taglia 42. Si è in cerca di giovinezza –bellezza-salute. La donna continua a tenere sotto controllo la propria immagine, per realizzare un corpo perfetto. Anche Lypovetsky nel suo libro: La terza Donna dove la bellezza si basa sull’acquisizione di grazia.Lipovetsky parla della teoria della maturità positiva. La donna è colei che controlla e gestisce la propria immagine. Quindi un corpo è libero ,perfetto ,energico se si libera dal peso,malattia e tempo. Tutti tendono a ridursi pelle-ossa ,a sottoporsi a continue diete fino a ridursi anoressiche e bulimiche,questi ultimi si impostano come modello prevalente di una nuova femminilità.Le modelle che noi guardiamo sfilare sulle passerelle dei più grandi stilisti,sono alcune modelle anoressiche alcune invece che sono fisicamente dotate,ma la modella anoressica rappresenta il femminile mancante. Infine troviamo Rosi Braidotti,con Madri Mostri e Macchine, la quale si oppone all’inflazione discorsiva intorno alla materia corporea. Ella critica il divenire donna di Deleuze ossia il divenire altro,non riguarda le donne! Invece, la Braidotti, sostiene che il divenire donna è il segno di trasformazioni in atto e consiglia una asimmetria tra i sessi che indica una differenza tra donne e uomini.La donna è capace di deformare il proprio corpo in qualcosa di mostruoso. Anche attraverso le varie tecnologie:integrativa, come Potenziamento,abilitanti e come miglioramento.
    Su quest ultimo argomento ci siamo soffermati a lezione. prendendo in considerazione le protesi estetiche.La deformazione del proprio corpo avviene nell’ottica della perfezione e quindi si
    ricorre sempre di più alla chirurgia estetica. Nella società odierna si pensa sempre di più ad apparire che ad essere, questo modo di pensare e che ci condiziona proviene dalla televisione. Ciò che viene considerato importante è la bellezza estetica,la perfezione. Si cerca di cambiare ciò che non piace del proprio corpo,il quale è visto ormai come una macchina come un insieme di pezzi intercambiabili come pare e piace, come si vuole e quando si vuole. Non ci si accetta più come si è, si cerca sempre di essere perfetti. Si vuole attingere ad una perfezione esteriore, ed è questo che porta alle ragazze a ridursi pelle-ossa, a cadere in un burrone, come i disturbi alimentari: anoressia e bulimia. Si vuole esorcizzare la malattia, la vecchiaia e la morte ;si vuole arrivare all’altro corpo bello e perfetto. Quando sei grassa o hai qualche difetto fisico le persone iniziano a guardarti come se fossi un alieno, perché sono troppo tele-dipendenti, solo li si trova la perfezione. Ed è per questo che non si può dire che siamo liberi, in realtà, tutti noi siamo prigionieri di una società omologata. Credo che esistano due motivi per i quali si ricorre alla chirurgia estetica: uno è stato poc’ anzi citato e l’altro,invece, è quando un proprio difetto sia diventato un disagio e ciò provoca un rifiuto del proprio essere. FINISCO COL DIRE:
    Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti o che non hanno mai inciampato. A loro non si è svelata la bellezza della vita .
    Ringrazio la prof. Di questo bellissimo corso che porteremo dentro di noi per la vita.
    alessandra sbrizzi
    alessandra sbrizzi


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  alessandra sbrizzi Mer Mag 16, 2012 11:16 am

    OMS è l'organizzazione mondiale della sanità.
    Intorno al 1970 è sorta la classificazione internazionale delle malattie ovvero l'ICD.
    Questa classificazione pone la sua attenzione sulle cause delle patologie,dando per ognuno di questi disturbi una descrizione delle principali caratteristiche.
    Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione ,la ricerca ricerca dei dati e le analisi.
    Nel 1980 questa classificazione viene sostituita passando prima ad ICIDH poi in seguito all''ICF (ovvero la classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute) che nacque nel 2001.
    Secondo l'icf la disabilità è una condizione di salute derivata sa un contesto sfavorevole ,infatti la disabilità viene considerata come misura delle attività e delle prestazioni che l'ambiente esterno consente di espletare.
    Il passaggio dal' ICD e l'ICF è avvenuto soprattutto perchè le informazioni che venivano date dalle diagnosi medica non erano sufficienti per definire ciò che il paziente potevano o non potevano fare.
    La classificazione dell'ICF è stata creata per qualsiasi fascia d'etè ,ed è utilizzato in campo :sanitario,sociale ed educativo.
    Come già detto nel laboratorio sulle barriere architettoniche dove abbiamo potuto constatare di quanto sia dura è spesso impossibile la giornata di un disabile,tutto ciò perchè c'è la mancanza di attenzione da parte dei cittadini e di manutenzione delle strade che spesso sono inaccessibili.
    Ci vogliono ulteriori chiarimento sulle parole disabile e diverso.
    Disabile infatti è una persona che ha un impossibilità a svolgere le attività quotidiane,perchè può avete disfunzioni motorie/cognitive disturbi psichici/fisici.
    Ma il problema principale è quello degli atteggiamento delle persone normodotate che per la maggior parte provano pietà ed etichettano le persone con disabilità.
    Poi però ci sono gli esempi di resilienza che sono: Atzori e Pistorius che anche essendo disabili hanno superato ogni limite.
    Poi c'è il termine diverso che a mio parere è sbagliato perchè indica una circostanza di isolamento che spesso viene attribuita ai disabili.
    Secondo Murdaca bisogna adottare per prima cosa l'ottica della globalità ovvero avere una nuova cultura e nuove conoscenze sulla disabilità che miri al riconoscimento del disabile come persona in evoluzione.
    Essa mira al rispetto delle persone per le loro differenze e le loro identità.è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap,sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione.
    L'ambiente ha una grande influenza nella vita degli individui infatti la società,la famiglia ,il contesto lavorativo sono elementi che possono influenzare la salute.
    La famiglia che ha un ruolo importante quanto difficile dovrebbe liberarsi dal al più presto dal pensiero che non ci possa essere un miglioramento della situazione psico-fisica del proprio figlio/a.
    L'integrazione è un processo difficile per il disabile.
    Esso è un processo continuo dove si ricercano strategie,soluzioni e diritti per i disabili.
    A favorire l'integrazione c'è la relazione educativa,essa è il momento in cui il disabile si trova insieme agli insegnanti ,educatori e sperimenta una serie di situazione che vengono criticate ed elaborate.
    La relazione educativa come quella che abbiamo svolto in aula può essere composta da due persone che possono essere figlio/madre educatore/educando docente/discente.
    Nei setting fatti in aula abbiamo constatato quanto sia importante il ruolo dell'educatore sia come lavoro ma anche nel modo di approcciarsi.
    Nella relazione educativa la formazione è bilaterale perchè si formano insieme alunno e e docente,diversa invece è la relazione educativa nel caso di un disabile perchè l'educatore deve adattare dei programmi specifici e deve evidenziare le sue capacità.Oggi come da molti anni ormai siamo circondati da donne bellissime e magrissime che tendono a diventare per le ragazze (e non solo)degli steriotipi da seguire e imitare per essere belle.
    Seguire questi canoni però può portare ad avere dei seri problemi da cui uscirne è molto difficile come l'anoressia.
    Autori come Remaury ,Lipovetsky e Braidotti si sono interessati al bisogno di migliorarsi delle donne e il loro voler raggiungere "l'eterna giovinezza".
    Lipovetsky ci propone l'immagine di una donna che nasconde la sottomissione ai modelli dominanti,rincorrendo il corpo perfetto.
    Remaury sostiene che le donne ricercano la perfezione corporea.
    Io credo che l'utilizzo delle protesi estetiche debba essere soprattutto per coloro che ne hanno davvero bisogno per migliorare il tenore della loro vita,ma capisco coloro che ne hanno bisogno fisicamente ma psicologicamente per stare bene con loro stessi.

    Barbara Pepe
    Barbara Pepe


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 35
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Prova intercorso: esercizio 1

    Messaggio  Barbara Pepe Mer Mag 16, 2012 11:42 am

    PROVA INTERCORSO (PEDAGOGIA DELLA DISABILITA’):
    Esercizio 1
    L’organizzazione mondiale della sanità (OMS) come prima classificazione elaborò nel 1970 l’ICD (Classificazione Internazionale delle Malattie) che soffermava la sua attenzione più che altro sugli aspetti clinici, diagnostici e sulle cause delle malattie accostando la disabilità ad una patologia clinica senza fornire informazioni sulla persona nella sua interezza, sulle sue capacità (positive o negative) e sulle conseguenze a cui questa persona sarebbe stata portata in seguito ad una condizione di disabilità o svantaggio o malattia. Per superare questa definizione circa dieci anni dopo, l’OMS elaborò un’altra classificazione internazionale, l’ICDH. Questa nuova classificazione aveva tre fattori fondamentali al suo interno ossia la menomazione, la disabilità e l’handicap che sarebbero poi stati sostituiti dai termini menomazione, abilità e partecipazione (concentrandosi di più sulle capacità del soggetto e sulla sua integrazione sociale portando inoltre un grande cambiamento dell’atteggiamento nei confronti di persone con disabilità). Ad esempio ricordo quando abbiamo fatto la simulazione di cecità in classe, a proposito di atteggiamenti nei confronti di persone con disabilità o deficit e per quanto potesse rattristirmi constatare come dev’essere difficile condurre una vita senza uno dei doni più belli al mondo (la vista), allo stesso tempo ricordo che ho provato una stima immensa nei confronti di queste persone perché nonostante tutto anche senza poter vedere con i loro occhi, possono vedere e sentire tutto con il loro cuore, un cuore immenso, possono amare e provare sensazioni proprio come chi possiede anche il dono della vista, ed è una cosa meravigliosa. Tornando a noi nel 2001 l’OMS ha pubblicato la definitiva classificazione del tutto innovativa rispetto alle altre che propone una definizione di disabilità multidimensionale, l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) che propone la disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Quindi non siamo più concentrati su una caratteristica propria della singola persona con disabilità ma gli orizzonti si allargano anche al contesto in cui vive e soprattutto alle conseguenze che una persona con disabilità deve affrontare, nonché ai modi in cui può vivere produttivamente e serenamente pur avendo questa disabilità. I termini di fatto vengono sostituiti con Funzionamento, Strutture corporee e Abilità e partecipazione con maggiore attenzione alle capacità del soggetto e a quello che può fare, a come può coinvolgersi a livello sociale, a informare sulle condizioni di vita di queste persone e su come possono migliorarne la qualità, non solo informazioni sulla salute come il precedente ICD. Noi alunni a tal proposito abbiamo constatato in classe con la lezione circa le barriere architettoniche, come possa essere difficile per alcune persone con disabilità dover affrontare in certi contesti difficoltà immani giorno per giorno per potersi spostare, per poter partecipare ad attività come tutti gli altri, a volte anche per praticare le azioni più consuete e “normali” della vita quotidiana, proprio a causa delle barriere architettoniche esistenti nel nostro caso in Italia (perché per esempio in Spagna ho visto addirittura lo scivolo per persone sulla sedie a rotelle che portava direttamente all’interno del treno metropolitano). Attraverso ausili e le nuove tecnologie fortunatamente si è trovato un modo per migliorare e rendere più serena la vita per una persona disabile al fine di poter ridurre quanto più possibile questa condizione e permettere il suo inserimento sociale senza doversi sentire inadeguato perché è un cittadino proprio come tutti gli altri. Per quanto riguarda i termini “disabile” e “diverso”, molto spesso le persone fanno confusione associandoli e, carichi di pregiudizi derivanti da un’ignoranza a tal riguardo con considerazioni aprioristiche, ne sono intimoriti, distanti e tentano quanto più possono per escludere questi soggetti considerati diversi e quindi secondo loro “anormali”. Abbiamo detto che la disabilità è una condizione di svantaggio rispetto a determinate attività che può portare disagi sociali, disfunzioni fisiche o cognitive, o che possiede una mancanza di un certo funzionamento e di certe abilità. La parola diverso richiede una riflessione estrema perché innanzitutto mi viene da chiedere: ”Diverso da chi?”, cioè chi è in grado di dirci universalmente cos’è normale, cos’è diverso? Per non parlare dell’etichettatura di queste persone che ormai sono diventate “I disabili” senza neanche più il nome proprio, caratterizzati soltanto così per il loro deficit. Molto spesso le persone sono spaventate di fronte a coloro che (secondo loro) non sono normali perché quasi sempre non c’è neanche la voglia di voler capire, comprendere, aiutare, essere solidali, perlopiù si assistono a reazioni di compassione e pietismo se non di vero orrore purtroppo. Quello che fa specie è che le persone con pregiudizi hanno il coraggio e la superbia di ritenere qualcuno o qualcosa “diversa” e quindi inaccettabile per il loro senso di normalità escludendoli a priori dai contesti, come l’esempio fatto in classe di cittadini che potevano vivere in quella società e cittadini che, per una mancanza, erano emarginati senza possibilità di replica. Io credo che siamo tutti diversi nella nostra singolarità e tutti uguali nella condizione di uomini, che ognuno è speciale ed ha caratteristiche proprie e che siamo tutti unici proprio grazie alle nostre diversità.

    Esercizio 2

    Anna Maria Murdaca scrive “Complessità della persona e disabilità” affrontando temi come l’integrazione, la complessità umana e la persona nella sua globalità, la cura e la relazione educativa, i disabili come cittadini a pieno titolo. Gli obiettivi di questo testo sono:
    La ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,
    La rimodulazione del termine integrazione,
    La comprensione delle reali condizioni di vita a cui sono sottoposti i soggetti disabili, quale ruolo assumono e quali servizi possono essere utilizzati per le loro esigenze.
    Secondo la Murdaca innanzitutto bisogna guardare alla globalità appunto della persona al fine di arrivare ad un’inclusione completa, quindi non solo a quello che la persona non può fare bensì a quello che la persona è capace di fare e ciò in cui può migliorare: Non bisogna etichettare il disabile per i suoi svantaggi ma guardare complessivamente alla persona con sentimenti, opinioni, idee e non solo con deficit. “Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione”. Inoltre la docente sostiene che è il contesto sociale in cui la persona vive a determinare la condizione di handicap, ossia gli ostacoli e le barriere fisiche (mentali e culturali) a far sì che avvenga il processo di esclusione ed emarginazione delle persone con disabilità. L'ambiente è di un’influenza immane sulla vita degli individui, ambiente inteso in senso lato quindi anche la famiglia, il contesto lavorativo, la scuola, e possono influenzare il nostro stato di salute e porci in difficoltà. Ma, se da una parte l’ambiente può essere un ostacolo, dall’altra può anche facilitare le cose ad esempio in famiglie dove non c’è il pregiudizio di non potercela fare a migliorare la situazione psico-fisica del figlio disabile, oppure negli insegnanti che sappiano contribuire ad aiutare e migliorare l’integrazione dell’alunno disabile a scuola.
    Il testo mira quindi alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e alla rimodulazione del termine integrazione e si pone un obiettivo importante: Valorizzare la persona umana nel rispetto delle differenze e delle proprie identità. Sappiamo bene che l’integrazione, così come la formazione della persona, è un processo continuo che dura tutta la vita, non una semplice meta e non ci si riferisce più a questo termine come ad un’astratta normalità (che è propensione all’uniformità) ma anzi ad una valorizzazione migliore delle doti individuali delle persone. La persona non si può scomporre in varie funzioni ma deve essere guardata e analizzata nella sua totalità, a 360° con le sue particolarità e le sue differenze che la rendono unica e speciale rispetto alle altre persone.
    Già, perché si parla di persone e non di quel disabile, o di quel paraplegico o della persona sulla sedia a rotelle. Siamo tutte persone e cittadini a pieno titolo con uguali diritti ed uguali doveri ma soprattutto capacità di amare, sentire, provare, vivere.
    Per quanto riguarda la cura del soggetto con disabilità bisogna tener conto che non esiste cura farmacologica ma capire che questa cura è direttamente connessa con l’agire educativo che mira all’emancipazione del soggetto e alla valorizzazione dello stesso per ciò che è e per ciò che può diventare. Secondo la Murdaca questo è un nuovo paradigma del benessere, uno sfondo comune che integra i “diversi” dove, attraverso progetti flessibili, si tiene conto delle differenze di ogni soggetto e lo si aiuta verso il cammino dell’emancipazione personale e sociale. In tal senso il termine integrazione viene rimodulato, diventa:
    Accoglienza verso le varie identità,
    Condivisione di valori etici tenendo conto delle autonomie, dignità, identità e potenzialità di tutti.
    Occorre perciò costruire tutta una serie di attività che mirano all’emancipazione e non all’accudimento del disabile, che mirano a rendere significativa la loro presenza non solo attraverso l’educazione classica ma anche rifacendosi alla “fantasia ermeneutica dell’educatore” . Pertanto, la relazione educativa è fondamentale per raggiungere questi obiettivi, rappresenta uno spazio riparativo nel quale il disabile può sperimentare insieme agli educatori varie situazioni, vissuti emotivi-affettivi che vengono rielaborati, criticati e integrati all’interno della relazione educativa tenendo sempre conto dell’aspetto didattico-educativo e terapeutico-riabilitativo e sociale al fine di un’integrazione completa. La nuova cultura della disabilità pone l’attenzione quindi sul cogliere sia le disfunzioni comportamentali e cognitive che innalzare le qualità della vita di questi soggetti. Il luogo come abbiamo detto è importante perché non solo influenza la nostra vita ma fa da sfondo alla costruzione della nostra identità quindi deve essere un luogo rassicurante, capace di sviluppare le nostre capacità personali, valorizzare le differenze.

    Esercizio 3

    Remaury e Lipovetsky propongono una nuova triade da coltivare a tutti i costi per la cultura dell’immagine nella società mass-mediatica, quella di bellezza, salute e giovinezza. Oggi l’idea di perfezione e bellezza, soprattutto per il mondo femminile è associata all'idea che bisogna per forza raggiungere quella perfezione, come con obiettivo quello dell’eterna giovinezza (apparente), di una salute perfetta e di una bellezza senza tempo (grazie alla scienza e alla tecnologia del corpo trasformato). Sembra che i modelli di bellezza da seguire che ci impone la società siano quelli di anoressia (taglia 42 al massimo e fisico da modella, che per me è sinonimo di mostro quando si riduce a tal punto), della Barbie umana (chirurgia estetica a tutto volume se si vuole essere perfetti) per poter poi essere anche belli dentro, associazione questa tra bellezza esteriore e bellezza interiore del tutto erronea per quanto mi riguarda. Secondo me il concetto di bellezza come il concetto di normalità è del tutto relativo e soggettivo, non può esserci un concetto universale di bellezza in quanto ciò che può essere bello per me può essere brutto per un’altra persona e viceversa. Inoltre, come avevo già espresso nel laboratorio sulle protesi estetiche, accetto l’idea di protesi quando diventano necessarie a supplire qualche mancanza che per qualche motivo si è venuta a creare ma non quando serve solo a soddisfare inutili capricci estetici che poi, il più delle volte, si rivelano errori e si era meglio prima. Per me il corpo trasformato a quei livelli non è perfezione ma è solo un corpo artificiale in quanto se siamo stati fatti così ci dobbiamo accettare così come siamo, dobbiamo ritenerci perfetti così. Secondo la Braidotti, va ripensato il rapporto corpo-mente e attraverso la psicanalisi, ripensare il corpo per poterlo liberare da questo dualismo. Inoltre parla della donna in maternità, il cui corpo si deforma e diventa nell’immaginario maschile qualcosa di orribile, mostro e madre insieme. In realtà bisognerebbe ricostruire il grado zero della nostra visione e capire le parole e i significati che si attribuiscono a queste socialmente a seconda delle epoche, delle culture e delle varie diversità.


    Ultima modifica di Barbara Pepe il Dom Mag 20, 2012 8:06 pm - modificato 2 volte.
    Anna Pasquariello
    Anna Pasquariello


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Località : napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Anna Pasquariello Mer Mag 16, 2012 1:54 pm

    Nel 1970 nasce ICD, ovvero la classificazione Internazionale delle malattie, creato dalla Sanità, che descrive le cause delle patologie e le principali caratteristiche cliniche.
    Le registrazioni delle diagnisi vengono fatte attraverso una traduzione in codici numerici che permettono una ricerca e una visuale dei dati.
    Questa classificazione diventa una specie di enciclopedia medica, dove la disabilità si avvicina alle patologie cliniche.
    Per questo nel 1980, l'OMS propone una riverifica della classificazione con ICDH (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps) in cui si aggiungono i termini come: menomazione, handicap e disabilità.
    Solo nel 2001, l'OMS, attraverso il manuale di classificazione ICF, si presenta una definizione della disabilità come una sfera multicomponensiale.
    La disabilità è una condizione della salute che deriva da un contesto negativo.
    Una limitazione o perdita che porta a una menomazione delle capacità di svolgere attività quotidiane.
    Oggi nel 2012, anche se viviamo in una società molto sviluppata, intorno a noi esistono delle “barriere architettoniche”, che non permettono ai disabili di condurre una vita autonoma.
    Ad esempio la costruzione di palazzi, senza la presenza di ascensori, oppure all'interno di pulman una zona indicata apposta per i disabili.
    Tutte queste barriere provocano uno stato di disagio e di grossa difficoltà.
    Bisognerebbe agire in fretta, partendo da modifiche anche all'interno della propria abitazione, come si è potuto vedere con Andrea Ferari, un disabile, in cui vive in una casa domotica.
    La casa domotica è una super accessoriata e sauper tecnologica adatta ad ogni tipo di situazione ed esigenze, per rendere tutti più sereni.
    Le persone con disabilità devono essere seguite, aiutare a scavalcare i disagi provocati da tutte le circostanze che si presentano lungo il percorso della loro vita.
    Sono poche le persone che hanno avuto la forza di superare queste difficoltà, dimostrando una forte resilienza come il caso Atzori, una ballerina senza braccia, che non ha rinunciato al suo sogno continuando a dimostrare una grande forza di volontà.
    Purtroppo nella nostra società il disabile viene considerato come “il diverso”, colui che viene emarginato, isolato e considerato come una persona irrecuperabile.
    Facciamo spesso delle differenze, allontaniamo tutti coloro che non sono come noi, senza considerare i sentimenti che ogni uno possiede.
    Un' altro caso di cui si tiene conto come esempio è quello di Oscar Pistorius, un ragazzo che non possiede le gambe, e grazie alla tecnologia, utilizza delle Flex Foot, gambe in titanio che gli permettono di partecipare a delle gare di corsa.
    Questo dimostra una grande forza d'animo, un desiderio di vivere una vita sereni, sottolineando che pur essendo disabile, è sempre una persona come tutti gli altri.
    La docente Anna Maria Maurdaca ha scritto il testo “Complessità della persona e disabilità”.
    Essa si concentra sull'integrazione, inserimento della persona con disabilità all'interno di un contesto sociale.
    Questo è un fattore determinante, perchè può provocare condizioni di handicap, dinanzi alle barriere architettoniche, che portano all'esclusione ed emarginazione del soggetto.
    L'ICF afferma che ogni ambiente o contesto influisce sullo stato di salute di una persona, quindi bisogna valutare e sviluppare un integrazione all'interno di esso.
    Il testo di Anna Maria Murdaca si concentra sulla ricostruzione di una cultura della disabilità per andare verso l'inclusione adottando l'ottica della globalità.
    Le istituzioni come famiglia, scuola e le varie agenzie dovrebbero interagire tra di loro per creare un progetto educativo adeguato non solo per una persona “normale”, ma anche per un disabile.
    Un int5egrazione richiede un processo continuo nel tempo per permettere a tutti di stare sullo stesso livello e stabilire un rapporto sociale.
    Per progettare un percorso adeguato ad un tipo di integrazione è molto importante considerare ogni caso a sé, ogni uno con le proprie esigenze e problematiche da aiutare sopratutto a livello psicologico.
    Il disabile è prima di tutto un “uomo”, in quanto, come tutti, è considerato un cittadino avendo gli stessi diritti.
    Attraverso l'influenza dei mass media, si è arrivato ad un concetto di “bellezza” universale che ha influito molto sui modi di essere dell'uomo.
    Ad esempio, rispetto a prima dove la vera donna era quella in carne e grossa, oggi si prferisce una taglia 42, sottolineata da un corpo snello e sodo.
    Tutti cercano anche attraverso protesi estetiche di raggiungere la perfezione, quello che in quel momento la cultura diffonde.
    Naief Yeya, definisce tutti gli uomini che fanno utilizzo di protesi estetiche, dal semplice percing a corna di titanio sulla tempia come il caso Orlan, dei veri e propri cyborg.
    Remaury afferma che l'uomo cerca sempre la perfezione composta dal concetto di bellezza-salute-giovinezza.
    Queste sono le tre caratteristiche che ogni uno cerca di raggiungere e possedere se vuole apparire “adeguato” dinanzi ad una società che esclude il diverso.
    L'accettazione del proprio corpo diventa uno degli obiettivi centrali.
    Si crede che il corpo, essendo obsoleto, come definisce Postman, esso debba essere sostituito con qualcosa di meglio, che solo la tecnologia può fare, creando l'altro corpo.
    Secondo Lipovetsky, ogni donna può modificare e creare il suo corpo a suo piacimento seguendo i vari modelli che propongono le varie culture.
    In molte società c'è un sottolineare della differenza di sesso tra uomo e donna.
    Questo concetto ripreso da Braidotti, la quale si concentra sul modo di pensare, di comportarsi, di scrivere che li caratterizzano.
    Nei saggi “Madri mostri e macchine” essa vede nella donna un corpo pronto alla maternità, che subisce delle trasformazioni, e nell'immaginario maschile diventa una qualcosa di orribile.
    Da qui la donna mostro, che subisce cambiamenti accentuati anche grazie alla stessa natura.
    I pregiudizi, tutto quello che è diverso da noi, è visto come il diverso, il mostro, il cattivo.
    Purtroppo sono realtà che esistono pur trovandoci in una società che ci influenza terribilmente ed anche se cerchiamo di convincerci di essere liberi, siamo avvolti da un grande vortice che ci rende chiusi.


    Micaela Crescenzo
    Micaela Crescenzo


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 34
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Micaela Crescenzo Mer Mag 16, 2012 2:12 pm

    1) L’OMS è l’Organizzazione Mondiale della Sanita che ha elaborato un sistema di classificazione Internazionale delle malattie (ICD) che ne studia la causa e ne classifica le diagnosi traducendole in codici che rendono più facile la memorizzazione, l’analisi dei dati e la ricerca di quest’ultime. Per risolvere il problema di definizione di queste malattie l’OMS elabora un nuovo sistema di classificazione delle disabilità e degli handicap definito ICIDH. Esso si basa su tre fattori:
    - la menomazione,
    - la disabilità
    - l’handicap.
    L’handicap è un disagio sociale che deriva dalla perdita di una qualche funzione o capacità dell’individuo, tradotto in italiano il termine corrisponde a “svantaggio” e molto spesso viene confuso con il deficit che al contrario dell’handicap non deriva da uno svantaggio che si rispecchia nel vivere sociale, ma una vera e propria mancanza fisica o psichica che può anche non dipendere dal contesto sociale.
    La menomazione è una qualsiasi perdita psicologica, fisiologica o anatomica; infatti si tratta in questo caso di un danno organico relativo a una situazione specifica che comporta una mancanza o il malfunzionamento di una parte del corpo.
    La menomazione può essere inoltre:
    - temporanea (relativa a un tempo determinato e che può annullarsi)
    - accidentale (causata da un incidente)
    - degenerativa (che può portare pian piano alla disabilità)
    Infine la disabilità corrisponde all’incapacità,conseguente alla menomazione, di svolgere delle funzioni specifiche considerate “normali” per il collettivo.
    L’OMS nel 2001 decide di proporre un nuovo manuale di classificazione denominato ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute) che sostituisce i precedenti termini della classificazione ICD (menomazione, disabilità, handicap) nei nuovi:
    - funzioni
    - strutture corporee
    - attività e partecipazione
    Con una maggiore attenzione nei confronti del soggetto, delle sue capacità e sulla possibilità di coinvolgerlo socialmente.
    L’ICF oltre a classificare le malattie e le condizioni di salute ne classifica anche le conseguenze associate a queste malattie; permette quindi di analizzare la qualità di vita delle persone che soffrono di alcune malattie e come convivono col prossimo. Inoltre è stata introdotta perché la diagnosi medica non era sufficiente per avere il quadro totale della situazione personale di una persona.
    Avendo parlato ampiamente e soprattutto tecnicamente dell’OMS e delle sue classificazioni bisogna ora introdurre i soggetti di queste classificazioni e soprattutto di questo corso: il Disabile e il Diverso.
    Il disabile è tecnicamente colui che è impossibilitato a svolgere semplici funzioni quotidiane perché affetto da disfunzioni motorie o cognitive, il diverso è invece un qualcuno che ci spaventa perché lontano da noi e di conseguenza catalogato in un qualcosa di “non normale”.
    Durante il corso abbiamo svolto una serie di laboratori a riguardo e sono arrivata alla conclusione che il disabile o diverso non deve essere qualcosa che ci spaventa, che sia inferiore a noi stessi o che addirittura ci impietosisce; esempi reali di questi concetti sono Simona Atzori, danzatrice meravigliosa che, seppur sprovveduta di arti, svolge le attività quotidiane con grande naturalezza e soprattutto con la serenità di chi è più fortunato di lei; Oscar Pistorius, atleta paralimpico privato delle gambe sin dalla tenera età ma che nonostante questo evidente deficit ha potuto coronare il suo sogno di diventare un professionista grazie all’incredibile invenzione delle protesi sportive; ed infine, mi sembra lecito parlare anche dell’ultima donna conosciuta simbolo della resilienza, la Signora Tina sopravvissuta ad un intervento delicatissimo e ancora piena di gioia e di voglia di vivere.
    Ecco, queste persone per me sono simbolo della forza e del coraggio e fonte di ispirazione e non li reputo assolutamente diversi ma semplicemente DIVERSAMENTE ABILI da me.

    2) Nel testo di Anna Maria Murdaca ella mira a tre obbiettivi principali:
    - alla comprensione delle reali condizioni di vita dei disabili
    - alla rimodulazione del termine integrazione
    - ad una nuova cultura della disabilità
    Secondo l’autrice occorre includere i soggetti disabili nella globalità; infatti è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap di un individuo portandolo all’emarginazione. Allo stesso modo la famiglia, il lavoro, la società possono influenzare lo stato di salute, e il compito della famiglia, davanti a questa situazione, sarebbe quello di liberarsi dal senso di impossibilità di miglioramento della situazione psico-fisica dell’individuo disabile. Anche l’ambiente può essere una barriera o un facilitatore, infatti in uno dei primi laboratori affrontati al corso abbiamo visionato una serie di testimonianza di persone disabili che purtroppo si ritrovano ogni giorno a non poter svolgere azioni quotidiane semplici per un qualsiasi individuo (come prendere un treno o un pullman). Purtroppo questa situazione si verifica solamente in italia perché in alcuni paesi come l’Olanda le barriere architettoniche non esistono proprio e persone disabili se ne vanno in giro per la città con tranquillità e senza nessun problema.
    Nel testo di Murdaca traspare proprio la volontà dell’autrice di valorizzare la persona in quanto umana e diversa da tutte le altre per favorire il processo di integrazione. Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione perché si tratta di essere umani talvolta anche migliori di noi.
    Per realizzare ciò bisogna far capire alla società chi è il disabile e come lo si deve affrontare ma soprattutto realizzare oltre che ambienti sociali favorevoli all’inclusione dell’individuo anche veri e propri ambienti di apprendimento nei quali gli educatori siano preparati ad affrontare il diverso e ricostruire completamente il concetto comune.
    Entra in gioco così la relazione educativa, fondamentale per la realizzazione dei progetti già citati.
    La prima relazione educativa è sicuramente quella tra madre e figlio, ma sicuramente anche il legame che si forma tra docente e discente è una relazione educativa che produce l’apprendimento attraverso un incontro e scambio tra i soggetti della relazione senza nessuna disparità di potere. In senso generale si parla di relazioni educative in tutte le esperienze di vita. Il compito dell’educatore è quello di trasmettere qualcosa di positivo nelle relazioni che costruisce ma fondamentale è il rispetto reciproco nella relazione nei confronti dell’educando. Molto spesso però gli educandi non sono bambini piccoli bensì persone adulte con problemi di tossicodipendenza, alcool oppure persone carcerate. Quindi nella relazione si cerca di capire chi si ha di fronte in senso profondo e soprattutto capire le cause per le quali il soggetto si è spinto a comportarsi in un determinato modo. Altro aspetto importante è il legame affettivo che si crea tra educatore ed educando, perché esso permette alla persona in difficoltà di fidarsi per esprimere le proprie emozioni, e in ogni caso, il compito dell’educatore è quello di essere sempre pronto a mettersi in discussione e migliorarsi.
    3) Remaury e Lipovetsky discutono sulla famosa triade che domina nell’immaginario collettivo della bellezza, salute e giovinezza, ma prima di tutto chiariamo i concetti di bellezza.
    L’immagine della donna è la bellezza per eccellenza, e la donna ha il dovere di coltivarla. Il miglioramento fisico ed estetico le sono stati imposti dalla società.
    Negli ultimi decenni sono state fatte una serie di indagini che hanno dimostrato che alle persone con un bell’aspetto vengono spesso attribuiti valori interni come l’umiltà, la bontà o l’intelligenza magari inesistenti.
    Quindi riprendendo anche i canoni estetici proposti dalla tv o dalle passerelle di moda si è arrivati alla convinzione che solo chi rispecchia la magrezza, la salute e la giovinezza è valutato positivamente ma soprattutto può rientrare nella società. Remaury appunto riguardo questo argomento, discute sull’ormai dipendenza della societa da questa triade giovinezza-bellezza-salute; Lipovetsky parla invece ne “la terza donna”, di una donna che si libera di questi stereotipi assumendo il controllo della propria immagine scegliendo un modello di perfezione che le è più congeniale, ma il limite di questa apparente maturità positiva è la convinzione che la donna si identifichi necessariamente in quei modelli.
    Altra studiosa che affronta il tema della donna è Rosi Braidotti, lei proponeva un nuovo modo di pensare la femminilità e il rapporto uomo/donna, e lo si poteva fare partendo dall’idea di cosa vogliamo diventare, in modo da affrontare i cambiamenti di una società in continuo divenire. In sintesi la Braidotti voleva che la donna si distinguesse dall’uomo in quanto genere e che non venisse sottovalutata.
    In conclusione credo che la donna sia bella semplicemente perché ha la possibilità di poter creare un individuo da un seme, e solo per questo dovrebbe essere sopravvalutata.
    [/color]
    avatar
    Nunzia D'Amore


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 15.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Nunzia D'Amore Mer Mag 16, 2012 4:09 pm

    L'OMS è l'Organizzazione Mondiale della Sanità e nel 1970 ha elaborato "la classificazione Internazionale delle malattie" o ICD, che soddisfa l'esigenza di conoscere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche.
    Nel 1980 L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato un'altra classificazione internazionale detta ICIDH , che si basa su tre fattori:la menomazione,la disabilità e l'handicap.
    Nella quarta lezione abbiamo parlato proprio di queste parole e del loro valore che hanno nel campo della disabilità.Non si deve fare confusione tra deficit,disabilità ed handicap perchè utilizzare tali termini in mal modo aumenterebbe l'handicap,anzichè ridurlo.Nel linguaggio comune si fa caos tra i termini deficit ed handicap;deficit è il difetto organico mentre l'handicap è lo svantaggio che impedisce al soggetto portatore di svolgere il ruolo e di soddisfare le aspettative correlate al suo sesso,alla sua età e alla sua condizione sociale all'interno del gruppo di appartenenza.Quindi confondere tali termini comporta gravi conseguenze:considerare l'handicap come problema solo di chi ha qualche deficit e pensare che coloro che sono afflitti da qualche deficit non siano come tutti gli altri.LE PAROLE SONO IMPORTANTI!come disse Canevaro.
    Nel 2001 l'Organizzazione mondiale della sanità pubblica il manuale di classificazione ICF proponendo una definizione del concetto di disabilità multidimensionale e dalla portata innovativa rispetto alle precedenti classificazioni.ICF sta per " Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute",secondo tale classificazione la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.L'ICF è una classificazione che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati,e può promuovere nuovi orizzonti di ricerca.
    I concetti:menomazione,disabilità,handicap;delle precedenti classificazioni vengono sostituiti da altri concetti:funzioni,strutture corporee,attività e partecipazione;con il fine di indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibiltà di coinvolgimento sociale.
    L'ICF non classifica solo condizioni di salute,malattie e disordini(che se ne occupa l'ICD),ma le conseguenze associate alle condizioni di salute,e pone come centrale la qualità della vita delle persone affette da una patologia permettendo quindi di evidenziare come convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla.L'ICF è stato pubblicato perchè le informazioni che venivano dalla diagnosi medica non erano sufficienti per avere il reale quadro funzionale della persona,quindi non si sapeva cosa una persona era in grado di fare e quali invece erano le attività nelle quali aveva difficoltà.
    L'ICF rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale,delle assicurazioni,dell'istruzione,dell'economia,del lavoro.Adottandolo si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società.
    In questo contesto si ritiene adatta una riflessione sulle parole disabile e diverso.
    Il disabile è:una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana;un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive;una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità.Tale termine presenta delle limitazioni nella capacità di compiere un'attività nel modo considerato normale per un essre umano.
    Nella terza lezione abbiamo parlato prorpio delle difficoltà quotidiane che ha un portatore di handicap nello spostarsi in città,delle barriere architettoniche .La vita di tutti i giorni dei disabili è una vera è propria odissea.I bus sono irraggiungibili perchè nella maggior parte dei casi al mezzo non funziona la pedana che faciliti la salita al disabile.E lì si vede come operazioni semplici per una persona senza difficoltà motorie,come prendere un autobus,diventino ostacoli a volte insormontabili.Come è pure impossibile percorrere un marciapiede perchè sono sempre invasi dai motorini;e quindi persone che se ne fregano altamente dei disabili.E ci sarebbero tanti altri esempi...
    è impressionante come una persona disabile trovi difficoltà nella società di oggi.Una società che nel corso degli anni si è sviluppata tantissimo soprattutto nel campo dell'informatica,tecnologico e scientifico;sperimentando apparecchiature sofisticatissime.Una società,quindi, che ha saputo fare tanto ma che si perde nelle cose più semplici.
    Ritornando al termine disabilità,esso però,afferma solo che a un individuo mancano una o più competenze,senza considerare che egli possiede anche delle abilità.Il termine diversabilità mette invece in risalto che si tratta di una persona che ha,oltre che una dis-abilità,anche delle abilità diverse dagli altri,da scoprire,far emergere e potenziare.Per questo si ritiene più corretto parlare di diversamente abili o diversabili. Esempi eclatanti sono Atzori e Pistorius.


    Anna Maria Murdaca è una docente esperta e autrice competente in questioni relative la persona con disabilità.I temi trattati dalla docente nel testo Complessità della persona e disabilità riguardano:la rimodulazione del termine integrazione;la ricostruzione di una nuova cultura della dusabilità;la ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità.
    Secondo l'autrice bisogna abbadonare la logica dell'inserimento legge 118 del 1971 e adottare l'ottica della globalità,ovvero una nuova cultura e conoscenza della disabilità,attenta non solo ad analizzare il comportamento del soggetto disabile,ma anche centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione.
    Come afferma Anna Maria Murdaca è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap,sono gli ostacoli e le barriere fisiche e soprattutto quelle mentali e culturali a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione.L'ambiente può essere una barriera o un facilitatore.La ricerca può produrre soluzioni tecnologiche che,migliorando l'ambiente della persona,ne diminuiscono la disabilità.
    Anna Maria Murdaca con il suo testo Complessità della persona e disabilità ha come obiettivo la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità,considerazione innovativa nel campo della disabilità,presente nella riforma scolastica della legge delega 28 marzo 2003 n.53 art.1 a fronte dell'ICF.
    L'integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo,una continua ricerca di soluzioni,di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili,rivoluzionari solo a parole mentre obsolete nella pratica.Ne deriva l'esigenza di parlre in modo nuovo di integrazione:come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica e come condivisione di valori etici.Rimodulare l'integrazione in prospettiva umanistica significa guardare alla globalità della perona che non può venire scomposta in funzioni che possono essere curate separatamente perdendo la capacità di integrare,di considerare nell'insieme.L'integrazione deve consistere in un azione di sviluppo,interazione,modulazione,coordinazione di processi motori e psicomotori,risposte emotivo affettive e potenzialità cognitive e relazioni sensoriali.
    La nuova cultura della disabilità deve essere attenta a:cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive quanto a innalzare la qualità della vita dei soggetti.La costruzione dell'identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti capaci di sviluppare le potenzialità personali cercando i mezzi più idonei a valorizzare la differenza come risorsa.
    A rinforzare l'integrazione e questa nuova cultura della disabilità c'è la relazione educativa.La relazione educativa è: il rapporto che si stabilisce tra madre e figlio quindi in ambito familiare;un complesso legame che si forma fra docente e discente che produce l'apprendimento;il rapporto che s'instaura tra l'educatore e l'educando,ecc.La cosa importante è che al centro di ogni relazione educativa vi sia la volontà di costruire un rapporto basato sull'accoglienza,sull'ascolto,lasciando spazio alla libertà dell'altro e costruendo pian piano,insieme,un progetto di vita personale.Il legame affettivo è molto importante nella relazione educativa perchè permette alla persona in difficoltà ,ad esempio,di fidarsi per poi esprimere le proprie emozioni.L'educatore deve essere paziente,sensibile,attento alle diversità,accettare il pensiero diverso e soprattutto deve essere sempre pronto a mettersi in discussione e migliorarsi.Quindi si deve creare un rapporto alla pari senza suscitare differenze,in modo tale che il soggetto si senta libero di esprimere le proprie idee e confrontarsi liberamente con gli altri soggetti.La relazione educativa deve essere un incontro e uno scambio di idee,senza creare disparità tra l'educatore e l'educando e alla base deve esserci sempre il rispetto reciproco.

    Il contesto culturale nel quale siamo inseriti è un elemento determinante per la formazione degli ideali,delle convinzioni e delle aspettative degli adolescenti.Riviste,televisione,radio e mezzi multimediali hanno favorito la comunicazione dell'immagine,dell'apparenza e dell'esteriorità.Le modelle e i personaggi dello spettacolo forniscono modelli estetici spesso irrealizzabili per la maggior parte della popolazione.Il predominio dell'immagine ha enfatizzato l'attenzione al corpo.Il corpo perfetto è diventato così l'ideale di riferimento ed un modo considerato basilare per emergere nella vita.A questo modello è esposta soprattutto la donna che oggi deve essere per forza bella e magra.Paradassola appare anche l'attuale ideale socio-culturale che promuove accanto alla magrezza modelli contrapposti come:seni voluminosi e quindi interventi estetici.La società a noi contemporanea sembra imporci un modello di bellezza e perfezione da imitare, costumi, usi, consuetudini, che in realtà non fanno altro che sorreggere una sola parte della società che posso definire fattizia e non meritevole di essere adulata. Molte ragazzine oggi pensano che avere un seno più prosperoso a 18 anni o subire delle operazioni chirurgiche ( in molti casi non necessarie) solo per rientrare nei cosiddetti canoni di bellezza e perfezione sia una delle cose più importanti per il loro affermarsi nella vita comune, di tutti i giorni. Non c'è cosa più sbagliata.
    Remaury afferma,nel Il gentil sesso debole,noi siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza-bellezza-salute.Lipovetsky ,invece, ci propone l’immagine di una terza donna che nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti, percorrendo una delle strade possibili verso il corpo perfetto. Braidotti parla del corpo femminile connesso alla tecnologia, afferma che creare un legame tra femminismo e tecnologia,giocare con l'idea di un corpo-macchina è certamente un rischio e non da alle donne la certezza di uscirne vincitrici da questa sfida.In aula abbiamo spesso parlato del corpo-macchina,se siamo d'accordo oppure no sulla chirugia estetica.In realtà non è tutto pero come appare. Molte altre ragazze utilizzano protesi per altri scopi, sicuramente più meritevoli e giustificati. Uno degli esempi che mi piace riportare è ank quello di un modello tedesco divenuto famoso anche grazie all'utilizzo della sua protesi che gli ha permesso di realizzare il proprio sogno nel cassetto....... Ma chi l'ha detto che nel mondo della moda la parola d'ordine e' " perfezione"?...A dimostrazione che non sempre la perfezione e' di rigore e che non necessariamente si deve essere al top e' un modello di Amburgo in Germania, si chiama Mario Galla ed e' alto biondo e bello, ma con un difetto fisico divenuto ora il suo punto di forza! La sua gamba destra è più corta di dieci centimetri rispetto alla sinistra, e per pareggiarle utilizza quando sfila, così come nella sua quotidianità, una protesi. Quando Mario è comparso in passerella la prima volta con la gamba artificiale, il pubblico è rimasto colpito.Ora però Mario Galla sta diventando una stella tra i modelli maschi attivi in Germania e la sua protesi viene notata sempre meno durante le sue passerelle. Sfila per i più famosi stilisti, e il suo volto compare sempre più spesso in campagne pubblicitarie di marchi celebri.Un altra dimostrazione che solo la volonta' e la forza interiore ci fa raggiungere i nostri obiettivi e l'esempio di questo ragazzo ci insegna che nella vita nulla e' impossibile...non credete? Questa domanda cerco di pormela ogni giorno, e dovremmo cercare
    Tutte noi di dare a questa, una risposta soddisfacente e crederci.. Crederci sempre!

    Ornella Cangiano
    Ornella Cangiano


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 12.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Ornella Cangiano Mer Mag 16, 2012 4:30 pm

    Le parole utilizzate nel campo della disabilità sono molteplici e la scelta di ciascuna va fatta con ponderazione. Non bisogna fare confusione tra:deficit,disabilità ed handicap perché,se utilizzate impropriamente possono solo aumentare l’handicap invece di ridurlo. Prima di analizzare queste parole,ripercorriamo alcune definizioni importanti. L’OMS(Organizzazione Mondiale della Sanità),nel 1970,elaborò “La classificazione Internazionale delle Malattie”,(ICD).Essa forniva per ogni sindrome o disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni sulle diagnosi da svolgere. Queste diagnosi venivano trasformate in codici numerici che ne permettevano la memorizzazione,la ricerca e l’analisi dei dati;in pratica l’ICD era una sorta di enciclopedia medica,destinata a mutare e svanire nel tempo. Nel 1890 poi,l’OMS elaborò l’ICIDH che era un’altra classificazione che poneva l’attenzione sulle parole menomazione,disabilità ed handicap,termini che verranno sostituiti da:menomazione,abilità e partecipazione. La menomazione è qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o funzione psicologica,fisiologica o anatomica. Queste perdite o anormalità possono essere transitorie o permanenti. La menomazione può essere in qualche modo risolta o quantomeno ridotta,con le tecnologie integrative,ed in particolar modo con le protesi. Si pensi ad esempio ad Oscar Pistorius che grazie alle sue protesi in fibra di carbonio,le flex foot,è riuscito a diventare un campione mondiale e a realizzare il suo sogno:correre nonostante tutto. Come ho già citato nel mio forum a riguardo,sono state molte le discussioni circa questo argomento,soprattutto in riferimento al fatto che lui ha gareggiato nelle olimpiadi e non nelle paraolimpiadi. Sono pareri personali e pertanto opinabili. Tornando ad analizzare i termini,la disabilità è una conseguenza della menomazione in quanto è la limitazione o perdita delle capacità di compiere un’attività considerata normale per un essere umano. Oggi per un disabile è difficile vivere in un mondo come il nostro! Troppi ostacoli. Un mondo troppo impegnato a pensare ad "altro" piuttosto che al benessere di un cittadino con difficoltà. Ciò che per noi può essere una semplice barriera architettonica,per un disabile,può invece essere un ostacolo. L'ennesimo ostacolo di una vita già troppo limitata. In un'era sviluppata come la nostra,ciò che dovrebbe farsi,sarebbe garantire al maggior numero di persone il diritto alla libertà di movimento ma ciò non è ancora possibile e la cosa diventa ancora più evidente quando ad esempio mettiamo a confronto una nostra giornata tipo con quella di un disabile,proprio come abbiamo fatto nell’esercizio “Orologio”. Per finire l’analisi delle parole,l’handicap è la difficoltà che la persone con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri e significa svantaggio. Esso si differenzia però dal deficit,che è invece il difetto organico,termine con il quale viene spesso confuso. Nel 2001,infine,è stato pubblicato,sempre dall’OMS,l’ICF(Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute),che affermava che la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Questa classificazione descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati,e i termini menomazione,disabilità ed handicap,vengono sostituiti da:funzioni,strutture corporee e attività e partecipazione,con l’intento di indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. L’ICF classifica le conseguenze associate alle condizioni di salute e permette di evidenziare come i disabili convivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla;inoltre permette a costoro di essere parte naturale della società,cosa che spesso non accade perché si ritiene il disabile un diverso. Proprio sulla parola”diverso” vorrei soffermarmi:spesso si dice lui/lei è diverso/a…..ma diverso da chi?Diverso da cosa?Ogni persona è unica,e questa unicità la rende speciale non diversa. Personalmente credo sia più difficile abituarsi alla diversità dei normali che alla diversità dei diversi. Si pensi ad un disabile:è LUI ad adattarsi a questo mondo fatto NON omologato per il suo problema,è LUI che si adatta,che comprende,che riesce. E questo può considerarsi DIVERSO????Bé secondo il mio modesto parere può solo definirsi una persona UNICA e SPECIALE. Si può parlare di diversità di culture,di filosofie,di modelli,ma non di persone. Queste ultime di differenziano per caratteristiche somatiche,per lingua,ma non per questo possono o devono essere discriminate,proprio come accade nel film. Siamo tutte persone:possiamo essere bianche,nere,gialle,ma sempre e comunque persone. Anche i menomati che hanno subito un perdita a causa di una struttura o di una funzione psicologica,i disabili che sono limitati nel compiere attività,gli handicappati che hanno difficoltà a livello sociale,sono persone,con le loro difficoltà ma pur sempre persone. Queste sono esattamente le parole che ho riportato nel forum “la mappa degli stereotipi”.Il disabile DEVE essere chiamato col proprio nome,riconosciuto in quanto persona con tutti i diritti e i doveri. E su quest’ultima frase mi ritorna in mente una poesia di Gianni Scopellitti ”Chiamatemi per nome” che spiega esattamente ciò che ho tentato di dire anche io. I disabili vengono spesso emarginati. Durante una simulazione svolta in aula si è cercato di far capire,per grandi linee,cosa si prova ad essere emarginati,non considerati. Noi studenti siamo stati divisi in due grandi gruppi:i cittadini con gli occhiali e i cittadini senza occhiali. Io facevo parte di questi ultimi e la professoressa era il sindaco della nostra città e ci ha dato la possibilità di scegliere tutto ciò che volevamo che facesse parte di questa. Presa dalla foga e dall'entusiasmo di avere una città "perfetta" non ho badato ai "cittadini con gli occhiali" che si trovavano dal'altra parte. Loro si sono sentiti emarginati,non considerati,ma io nella mia posizione,non ho tenuto conto di loro. Quasi non esistevano per me. Ero felice di ciò che stavo avendo;riflettendoci poi,ho capito che forse le più grandi disgrazie successe nel corso dei secoli sono accadute proprio per questo motivo:per la discriminazione,per l'emarginazione e per la non considerazione di tutte quelle persone che,trovandosi in una condizione di svantaggio,non sono riuscite a farsi valere. Riflettendo su questa simulazione ho provato a mettermi “dall’altra parte”,dalla parte degli emarginati,dei soli e la loro non è certo una condizione facile,anzi. E’ una condizione complessa,proprio come dice Anna Maria Murdaca nel suo testo “Complessità della persona con disabilità”. Ella afferma che a determinare la condizione di disabilità,come è stato già detto,sono:il contesto sociale,gli ostacoli,le barriere che favoriscono l’esclusione e l’emarginazione. La scuola,la famiglia,dovrebbero cercare in un tutti i modi di migliorare l’ambiente per ridurre queste condizioni di svantaggio. Secondo la Murdaca,si dovrebbe mirare alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,valorizzare,dunque,il rispetto delle differenze e l’integrazione. L'obiettivo primario è quello di sottolineare la necessità di una nuova cultura e conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione. Da un lato una simile cultura impone necessariamente un'ottica progettuale e flessibile,dall'altro necessita di un ripensamento dell'integrazione, intesa come "spazio riparativo" dove il disabile può sperimentare con gli educatori e gli insegnanti una serie di situazioni e vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati nella relazione educativa. L'integrazione diviene così costruzione di luoghi di senso nei quali il disabile può trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell'autonomia. Lo scopo finale, dunque, è quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Perché ciò sia possibile è però necessario un lavoro integrato in grado di coniugare l'aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, assicurando iniziative di vera promozione personale e sociale. Un’altra proposta che ci offre il testo della Murdaca,e quella di ripensare ad una società in cui i soggetti con disabilità possano crearsi e formarsi senza essere passivi di pietismo me responsabili a pieno titolo della relazione che stanno creando. La relazione educativa rappresenta il fondamento per apprendere. Nei primi anni di scuola,l’insegnante instaura un rapporto molto particolare con i bambini,diventando molto spesso sostituto dei genitori,per cui si occupa non solo dell’insegnamento ma anche della cura. Col tempo,così come succede nel rapporto genitore-bambino,anche la relazione con l’insegnante può prendere pieghe diverse:alcune possono essere intime e affettuose,altre distanti e formali. Dal tipo di relazione instaurata,dipende l’adattamento del bambino a scuola. Costruire la relazione è un obiettivo educativo di primaria importanza che richiede tempo e l’impegno dei soggetti in causa. Ciò che caratterizza la relazione è la volontà di costruire un rapporto di reciprocità significativo, un legame quindi fra due persone. La relazione educativa si costruisce con l’altro e per l’altro, si dispone nella dimensione dell’essere-per l’altro, si traduce in ascolto. Secondo me,una relazione educativa è un incontro,uno scambio,una partecipazione e un’alleanza non contrassegnata da una disparità di potere tra educatore e educando. L' educatore deve seguire la strada del dialogo,è importante che tra i soggetti si istauri un rapporto basato sulla fiducia e sulla stima reciproca. Credo che per fare ciò ci si bisogno di un lavoro costante e giornaliero dove l’educando possa rendersi conto dell’ esistenza di una persona che può aiutarlo davanti alle difficoltà,incoraggiandolo, ma anche rimproverarlo al momento giusto. Una relazione educativa è anche uno scambio di emozioni tra due o più persone nel quale si è predisposti all’ascolto, all’accoglienza costruendo un progetto di vita personale e originale. Per quanto riguarda la relazione educativa tra disabile ed educatore,quest’ultimo deve cercare di essere paziente,sensibile,attento e pronto a mettersi in discussione e migliorarsi. Credo che oggi la figura dell’educatore sia molto importante ma forse troppo poco considerata. La nostra società è sempre più impegnata ad occuparsi del superficiale e del superfluo piuttosto che alle problematiche su citate. Ad esempio,oggi,i mas-media si sono impadroniti di temi che riguardano il corpo e la bellezza,contribuendo a creare e diffondere stereotipi ben noti su corpo e immagine;in particolare,la bellezza,è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. La responsabilità e la cura della salute è da sempre affidata alla donna. Remaury dice siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione. Giovane, bella e sana: questa è l'immagine ideale della donna che propongono i media e la pubblicità. Queste le caratteristiche che il corpo femminile deve avere secondo i giornali, la televisione, la moda. Su questo canone estetico le donne dovrebbero costruire la propria identità, affrontando spese e sofferenze fisiche alimentate da un fiorente mercato. Il corpo,ormai,risulta trasfigurato a furia di star dietro ai progressi della scienza. Lipovetsky,invece,nella sua opera “La terza donna”nasconde la sottomissione ai modelli dominanti imposti. C'era una volta la prima donna: svalutata, sfruttata, demonizzata. Poi è venuta la seconda: l'icona, l'ideale di virtù, la Beatrice. Ventunesimo secolo: è l'era della terza donna. Racchiude in sé le due precedenti, ma le supera in una nuova accezione: quella di donna indefinita. Un termine da non intendere in senso negativo, ma come il fondamento dell'autodeterminazione. Infine,la tesi della Braidotti in “Madri,mostri e macchine”,afferma che gli straordinari mutamenti indotti dalle bio-tecnologie stanno radicalmente modificando il discorso e le pratiche della riproduzione e la relazione degli umani con la materia corporea. In un orizzonte che si nutre di un immaginario di catastrofe imminente, si moltiplicano gli interrogativi sull'origine della vita e i poteri della scienza. Occorre dunque ripensare alla relazione antica, complessa e multiforme che c'è tra le madri, i mostri e le macchine, relazione che passa per il corpo ma anche per la sua rappresentazione simbolica. Per quanto mi riguarda io credo che seguire a tutti i costi un modello di perfezione non sempre porti ad avere risultati positivi,soprattutto se questa perfezione sfocia,ad esempio,nell’anoressia,nella bulimia,nella depressione. Certamente sono d'accordo con i progressi che ha fatto la scienza,la medicina,e di conseguenza la chirurgia,ma non quando quest'ultima eccede e cade nel ridicolo solo per una pura mania di protagonismo. Mi viene da pensare,ad esempio,a persone che si sono sfigurare pur di avere successo e farsi notare,persone che hanno fatto dell'apparire il loro essere il cui obiettivo è la sola conquista dell’eterna giovinezza apparente.
    avatar
    cloe


    Messaggi : 11
    Data di iscrizione : 22.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  cloe Mer Mag 16, 2012 5:01 pm

    La Felicità dipende da un nostro atteggiamento mentale, da una nostra condizione interiore, ed è presente in ognuno di noi ,è difficile da definire, ma sicuramente è facile riconoscerla quando la sentiamo. La felicità ci regala una sensazione di leggerezza, pienezza e benessere accompagnata da sprazzi di gioia e da un senso di essere, proprio in quel momento, nel posto giusto per noi.
    Quindi il concetto di felicità non ha una definizione certa, ma una certezza ce l’ha. E’ difficile da trovare.A mio parere,si può dire che non esiste una definizione universale di “felicità”che valga per tutti perché ognuno è libero di poterla intendere e interpretare a modo proprio. Nettle divide la felicità in tre livelli:
    felicità di primo livello:è quando si afferma di aver raggiunto uno stato di felicita'
    felicità di secondo livello:esaminare la propria vita bilanciando la quantità di emozioni negative e positive avutasi nella propria vita
    felicità di terzo livello:verificare le proprie capacità e potenzialità che si hanno nella vita.Il benessere (da ben – essere = "stare bene" o "esistere bene") è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell'essere umano Il concetto di benessere nel corso degli anni ha subito numerose modifiche e ampliamenti, che hanno condotto ad una visione del termine più ampia e completa, Anche nel rapporto della Commissione Salute dell'Osservatorio europeo su sistemi e politiche per la salute[1] (a cui partecipa il distaccamento europeo dell'OMS) è stata proposta definizione di benessere come "lo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società
    Ciò che si ritiene importante è la relazione tra ben-essere del singolo e sviluppo della collettività e infatti Canevaro ritiene che il ben-essere dell'individuo non è legato alla sua condizione individuale ma all'insieme di capacità che l'individuo stesso ha nell'organizzarsi e nell'adattarsi a ciò che gli circonda. La pedagogia del benessere si regge sul convincimento che “imparare a star bene” possa essere insegnato affinché i soggetti acquistino la capacità di costruire da se stessi il proprio personale benessere favorendo particolari processi di comunicazione tesi a sviluppare l’autonomia delle persone coinvolte. In conclusione la professoressa Iavarone sostiene che la pedagogia sociale ha il ruolo di occuparsi del soggetto puntando sulla sua educazione e salvaguardando il suo sviluppo a livello fisico ,psicologico e per quanto riguarda le relazioni sociali.
    avatar
    cloe


    Messaggi : 11
    Data di iscrizione : 22.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  cloe Mer Mag 16, 2012 5:24 pm

    Certo, all’inizio può spaventare: si apre con una lunga sequenza in soggettiva. Lo spettatore si trova a guardare ciò che vede il protagonista Jean-Dominique Bauby, direttore di Elle, che si risveglia dopo tre settimane di coma dovuto ad un improvviso ictus. Il primo passo dopo il coma è lungo, e lo spettatore si trova a vedere tutto offuscato, ombre di persone, suoni appena accennati.Lo scafandro e la farfalla è un film sulla sfida, sulla pazienza, sulla persistenza.Il protagonista era UN REDATTORE CAPO DI UNA RIVISTA DI MODA.La sua vita è cambiata a seguito dell'incidente.Prima vedeva la vita in maniera SUPERFICIALE dava importanza a cose FUTILI e inutili ,in seguito è riuscito ad apprrezzare LE PICCOLE COSE come la ricorrenza della festa del papà oppure l' emozione che provava alla semplice vista del mare.Il linguaggio del protagnista è VISIVO grazie all'aiuto dell' ORTOFONISTA MOLTO PAZIENTE che gli insegna come poter comunicare senza l'uso delle parole,ma solo attraverso il movimento dell'occhio ,in particolare devo dire che quello che più mi ha colpito è stato proprio il protagonista Jean-Dominique è un uomo che riesce a riprendere le redini della propria vita,un uomo che riesce a costruirsi una nuova realtà all’interno della quale non è un perdente ma un uomo in grado di dire qualcosa e di raccontarsi scrivendo un libro.






    avatar
    Marianna Carfora


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 16.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Marianna Carfora Mer Mag 16, 2012 5:25 pm

    1)Nel 1970 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha elaborato una “classificazione internazionale delle malattie”, che prende il nome di ICD. Questa classificazione mira a chiarire gli aspetti eziologici delle malattie, cioè, ad ogni patologia, sindrome o disturbo, viene collegata la descrizione delle principali caratteristiche cliniche e le indicazioni diagnostiche, allo scopo di trovare le cause che scatenano determinate malattie. Ogni diagnosi, inoltre, viene tradotta in codici numerici, in modo da permetterne la memorizzazione e la ricerca, ma, in questo modo, l’ICD finisce per essere una sorta di enciclopedia medica che elenca solo le caratteristiche delle patologie senza prendere in considerazione la persona che ne è affetta. Per aggirare questo problema che si è venuto a creare con l’ICD, nel 1980, l’OMS ha stilato una nuova classificazione internazionale, l’ICIDH (Internetional Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps). Esso si basa su tre termini principali, fortemente collegati tra di loro:
    -Menomazione, ossia una disfunzione che comporta una mancanza intesa come “non esistenza” o cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo, o una qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione;
    -Disabilità, è quella condizione per cui un individuo non è in grado di svolgere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano;
    -Handicap, cioè le difficoltà che una persona con disabilità si trova a dover affrontare ogni giorno nel confronto con gli altri e nelle normali attività quotidiane, piene di ostacoli non sempre dovuti alla malattia.
    Nel 2001 l’OMS pubblica l’ICF (Classificazione internazionale del Funzionamento della disabilità e della salute) che, a differenza delle due classificazioni precedenti, prende in considerazione anche l’interazione sociale del soggetto disabile, tenendo conto, quindi, delle realtà multidimensionale che è propria di questo campo: biologica, personale, sociale. Dunque la classificazione descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati. Proprio perché si guarda anche all’aspetto sociale, i termini menomazione, disabilità ed handicap, vengono sostituiti dai termini funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione, allo scopo di spostare l’attenzione sulle capacità del soggetto e sulle possibilità di coinvolgimento sociale e non sulle sue difficoltà. L’ICF prende quindi in considerazione le conseguenze associate alle condizioni di salute, ponendo l’accento sulla qualità della vita delle persone disabili e su come è possibile migliorarla. Questo nuovo tipo di classificazione si è resa necessaria proprio perché le informazioni date dalla diagnosi medica non bastano per capire realmente quali sono le reali condizioni di vita di un disabile; due persone con la stessa patologia diventano completamente diverse se una vive rinchiusa in casa e, invece, l’altra ha una vita sociale piena e attiva.
    Tutto questo deve essere preso in considerazione da chi sta dall’altra parte della barricata, cioè da tutti coloro che non sono disabili e che per questo non si sentono toccati da nessuno dei loro problemi, poiché, nel momento in cui si parla della vita sociale del disabile e del suo completo coinvolgimento sociale, stiamo parlando della nostra società, quella in cui ci siamo anche noi. Quindi sarebbe il caso di iniziare a porselo sul serio qualche problema, soprattutto se pensiamo che gli handicap siamo noi a provocarli nel momento in cui parcheggiamo sugli scivoli o nei posti riservati ai disabili, quando non si fa manutenzione a strade, marciapiedi, montascale e via dicendo… magari non possiamo risolvere al 100% i problemi di un disabile, ma possiamo senz’altro evitare di crearne altri.Nel momento in cui si parla di “disabili”, o ci si ritrova di fronte a soggetti disabili, spesso, la prima reazione e quella di provare pietà nei loro confronti e in questo modo non si fa altro che etichettare e sottolineare le difficoltà dell’individuo, senza tener conto della persona nella sua globalità. Ciò è dovuto anche dal termine stesso che viene usato, disabile , che tiene conto solo della carenza di capacità e competenze, offuscando completamente quelle che sono le abilità dell’individuo . Per questo motivo oggi si tende a parlare di diversamente abili o diversabili, proprio per far emergere e potenziare le cose che anche un disabile può e sa fare. Il concetto di disabilità è strettamente legato alla diversità, poiché il disabile viene visto come “non-normale” e quindi “diverso” da noi. La diversità ha come conseguenza la categorizzazione delle persone e si rientra quindi a far parte di una categoria dove le presone non sono identificate nella loro interezza di individuo, ma solo in base ad alcuni aspetti della loro esistenza. È così chiaro che chi viene considerato diverso non sceglie di esserlo, ma è una scelta della società che subisce suo malgrado. Un esempio di tutto questo, lo è la simulazione che abbiamo fatto in aula quando siamo diventati per qualche minuto cittadini di una città in cui tutti coloro che portavano gli occhiali sono stati automaticamente esclusi ed emarginati dal resto della cittadinanza. Quel gruppo non ha scelto di sua spontanea volontà di allontanarsi dalla società, ma ha dovuto subire questa condizione che era stata data dal resto dei cittadini (me compresa) che non si è posto proprio il problema della loro emarginazione. Questo ci può far riflettere sul fatto che l’azione, anche di uno solo, a volte può fare la differenza e che le cose e, in questo caso, gli atteggiamenti nei confronti dei disabili, non devono rimanere per forza uguali solo perché sono stati così fino ad adesso.


    2)Anna Maria Murdaca è una docente esperta nelle questioni relative alla persona con disabilità che ha scritto il testo “Complessità della persona disabilitata”, allo scopo di rivedere e ripensare la disabilità e tutti gli argomenti ad essa associati. In particolar modo, il testo mira:
    -alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità;
    -alla rimodulazione del termine disabilità;
    -a ripensare la vita del disabile per capire in che modo si può intervenire per migliorarla.
    Per rendere possibile tutto questo, bisogna: riflettere sulle norme e sulle leggi a favore dei disabili, per capire se vengono realmente applicate; migliorare tutte quelle situazioni in cui le barriere architettoniche diventano un problema non indifferente per il disabile; mettere a disposizione tecnologie e aiuti che agevolino l’inserimento del disabile all’interno della vita sociale e lavorativa.
    Questa riflessione si rende necessaria poiché spesso ci si dimentica che, quando parliamo di soggetti disabili, parliamo di persone e di cittadini a tutti gli effetti, che hanno il diritto di godere degli stessi servizi che sono a disposizione delle persone che non hanno problemi di disabilità. Solo in questo modo si può sperare nella completa emancipazione ed indipendenza dei disabili, indipendenza che deve essere possibile in ogni momento della loro giornata, dagli spostamenti, all’inserimento nel mondo del lavoro, ecc… Per questo motivo “non si dovrebbe definire mai nessuno per sottrazione”, cioè riferendoci alle cose che la persona non può fare, perché così non si guarda all’umanità della persona e non la si valorizza. La globalità della persona deve essere messa sempre in primo piano, perché stiamo parlando di persone… persone che magari non possono camminare, non possono vedere o ascoltare, ma pur sempre persone che come gli altri hanno emozioni, una vita, una famiglia e non devono sentirsi limitati dagli altri. La società deve imparare a “convivere” con la diversità e con la disabilità, poiché non c’è nulla di così mostruoso, spaventoso o pericoloso che giustifichi l’emarginazione di queste persone. In questo modo si crea un ambiente migliore per tutti, in cui le famiglie non eviteranno a tutti i costi di far uscire di casa il loro figlio disabile solo per risparmiargli l’umiliazione e la pietà degli altri, ma lo motiveranno ad avere una vita sociale attiva, rendendolo un individuo più forte e consapevole delle proprie capacità. Solo così il disabile potrà essere incluso (e non più inserito) all’interno del sistema sociale, grazie a un processo che, non può dirsi terminato nel momento stesso dell’integrazione, ma che deve essere continuo, deve saper guardare ai nuovi problemi, ricercando sempre nuove soluzioni e strategie che siano in grado di preservare i diritti dei disabili. Ovviamente tutti questi cambiamenti devono essere attivati anche all’interno delle istituzioni primarie, come la famiglia, la scuola, le associazioni, poiché è proprio dal rapporto educatore/educando che si avviano tutti quei processi che permettono l’emancipazione e la maturazione cognitiva, affettiva e sociale del soggetto con disabilità. Ne deriva che il ruolo dell’educatore è fondamentale, poiché è egli che accoglie l’educando, che lo ascolta e che cerca di risolvere insieme a lui i problemi. Tutto questo è stato evidente nei due setting che abbiamo fatto in aula (che rappresentano proprio l’incontro tra educatore ed educando), in cui è stato subito chiaro che ogni parola e ogni gesto dell’educatore erano finalizzati ad ottenere la fiducia, il rispetto e l’affetto del suo interlocutore… L’educatore non deve essere considerato solo come un “professionista” che svolge il proprio lavoro, ma deve essere considerato come una persona sulla quale si può contare, come un punto di riferimento, diventa quasi come un amico al quale l’educando può e deve mostrare il proprio affetto, raccontare i propri timori e i propri problemi, poiché la relazione che si instaura tra i due è proprio basata sul dare/ricevere. Nel momento educativo sono coinvolte entrambe le figure, sia l’educando che l’educatore, ed è quindi inevitabile che si instauri un legame basato sull’affetto, sul rispetto, sulla cura.



    3)Al giorno d’oggi la bellezza sembra essere diventato il valore principale e irrinunciabile delle persone, disposte a tutto pur di apparire sempre impeccabili. La colpa probabilmente può essere attribuita ai mass media, alle riviste, alla tv, alle pubblicità, che non fanno altro che proporci immagini di donne e uomini perfetti, belli, alti e magri, che non hanno un filo di carne fuori posto, diventando così “icone” alle quali ispirarsi. Nella maggior parte dei casi, le foto sono anche ritoccate, viene assottigliata la vita, aumentato il seno, allungato il collo, tutto per avvicinarsi il più possibile all’ideale di bellezza attuale. Ciò ha degli effetti notevoli sulla società, soprattutto sulle nuove generazioni, tanto che sono sempre di più le ragazze, e anche i ragazzi, che cadono nel baratro dei disturbi alimentari, poiché non sono mai contenti del loro aspetto, vedono la loro immagine sempre e irrimediabilmente troppo lontana rispetto a quelle che vedono sui cartelloni pubblicitari. L’altra faccia della medaglia, invece, ci mostra donne che tentano in tutti i modi di nascondere gli anni e le rughe, ricorrendo così a iniezioni di botulino, lifting e tante altre operazioni che trasformano radicalmente il corpo, poiché vedono nell’aspetto esteriore l’unico modo in cui si può “essere qualcuno”. È questa anche l’idea che ci passa la tv… vedo presentatrici che non cambiano di una virgola con il passare degli anni, se non per diventare “stranamente” più giovani e sempre meno naturali, ragazze che si rifanno il seno a 17 anni con la speranza di entrare nel mondo dello spettacolo… Ma in tutto questo, che fine ha fatto il rispetto per il proprio corpo? Perché non si accetta il fatto che il tempo ci cambia? Molti autori si sono espressi al riguardo, come Remaury e Lipovetsky. Remaury sostiene che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione che ci impone tre obiettivi: giovinezza – salute – bellezza; il corpo deve essere liberato dalla malattia, dal peso e dal tempo, poiché deve faticosamente e inesorabilmente salire la scala della perfezione grazie ai progressi della scienza. Lipovetsky, invece, nell’opera “La terza donna”, ci propone l’immagine di una donna che, nel corso dei secoli, è sempre costretta a rispondere a dei canoni di bellezza imposti dalla società, al fine di rendersi quanto più perfetta possibile, lavorando duramente sulla propria bellezza e salute. Braidotti, nel testo “Madri, mostri e macchine”, ci mostra una donna che, durante la gravidanza, è in grado di trasformare il proprio corpo, apparendo così, nell’immaginario maschile, come qualcosa di orribile: madre e mostro allo stesso tempo. Per questo vengono “imposti” modelli di bellezza che nulla hanno a che fare con il pancione e con i chili di troppo della gravidanza, poiché, tutto ciò che può apparire come mostruoso, si allontana dall’idea dell’”uomo normale”.
    Questa corsa affannosa verso la perfezione, a mio parere, è una lotta persa in partenza… Non possiamo pretendere di restare in eterno belli e sani, non è la nostra natura. Tutte le cose invecchiano e portano su di se i segni del tempo, anche gli animali, gli alberi, gli oggetti, nessuno è immune. In fin dei conti la bellezza non coincide per tutti con la perfezione fisica e l’eterna giovinezza; si può essere perfetti per qualcuno anche con degli enormi difetti, perché si sa, “la bellezza delle cose esiste negli occhi di chi guarda…”


    Iolanda Puca
    Iolanda Puca


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 21.03.12
    Località : Napoli

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Prova intercorso

    Messaggio  Iolanda Puca Mer Mag 16, 2012 6:02 pm

    ESERCIZIO 1

    L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 1970 elabora la sua prima classificazione l’ICD (classif. Internazionale delle malattie) ,che risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie fornendo per ogni sindrome le indicazioni diagnostiche. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. L’ICD nel 1980 venne sostituita con l’ICIDH, questa nuova proposta dell’ OMS si basa su tre fattori tra loro interdipendenti la menomazione, la disabilità e l’handicap che verranno sostituiti da menomazione, abilità e partecipazione. La MENOMAZIONE ossia qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologia,fisiologica o anatomica. Le caratteristiche della menomazione sono perdite materiali che possono essere transitorie o permanenti e comprende difetti a carico di arti,tessuti o altre strutture del corpo. Per DISABILITA’ si intende qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un’attività nel modo normale per un essere umano. L’HANDICAP invece è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri. Nel 2001 l’OMS ha proposto una nuova classificazione l’ICF e sta per classificazione Internazionale del Funzionamento,della disabilità e della salute. Il passaggio dall’ICD all’ICF avvenne per vari motivi, primo fra questi perché le informazioni che venivano date dalla diagnosi medica non erano considerate sufficiente nel definire ciò che la persona era in grado di fare o non. Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da una contesto sfavorevole. L’ICF non classifica solo condizioni di salute, malattie,disordini o traumi, che sono d’interesse dell’ICD, ma bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute. L’ICF viene utilizzato da tutti gli operatori sanitari ed educativi che per la loro professione entrano in contatto con persone che presentano una condizione di salute. Gli ambienti in cui può essere utilizzata l’ICF sono: Sanitario;sociale;educativo;ricerca;statistico;politico.
    E’ utile una riflessione sulle parole disabile e diverso. Disabile è una persona che ha impassibilità a svolgere le normali attività della vita quotidiana,una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità, che spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate come i componenti della sua famiglia o anche i compagni di scuola. Il termine diverso mette invece in risalto che si tratta di una persona che oltre ad una disabilità ha anche delle abilità diverse dagli altri, da scoprire e far emergere e per questo si ritiene più corretto parlare di diversamente abili o diversabili. Il termine diversabile è un termine positivo perché mette in evidenza l’essere diversamente abili di molte persone con deficit. L’ausilio è l’apparecchiatura che aiuta una persona con deficit a ridurre gli handicap. Per esempio la sedia a rotelle che rappresenta un po’ il simbolo dell’handicap è in realtà un ausilio, ciò che aiuta una persona con deficit a superare l’handicap del non potersi muovere autonomamente. Tutto ciò che è diverso e che non si conosce di solito può intimorire e il disabile ci fa paura perché è diverso da noi e di conseguenza la diversità è concepita come non normalità Chi è disabile molto spesso viene isolato, emarginato ed è ridicolo secondo me allontanare qualcuno solo perché è considerato diverso. Proprio riguardo all’EMARGINAZIONE svolgemmo una simulazione in aula dove eravamo divisi in 2 gruppi gli emarginati e i cittadini. Io entravo a far parte dei cittadini non so come avrei reagito se entravo far parte del gruppo degli emarginati in quanti gli emarginati sono stati isolati, erano invisibili agli occhi degli altri non avevano la libertà di esprimere una loro opinione. Ad un certo punto però non ero fiera di appartenere alla fascia dei cittadini insomma siamo tutti uguali, siamo delle persone e non c’è bisogno di fare delle differenze,distinzioni dovremmo avere tutti uguali diritti e doveri.
    ESERCIZIO 2
    Nel testo complessità della persona e disabilità di Anna Murdaca, docente esperta e autrice in questioni relative alla persona con disabilità, i temi che emergono sono stimolanti la Murdaca mira : alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità; alla rimodulazione del termine integrazione; alla comprensione delle reali considerazioni di vita; quale ruolo effettivamente possono assumere i soggetti disabili, quali servizi vengono erogati per le loro esigenze. Secondo l’autrice occorre adottare l’ottica della globalità cioè una nuova cultura e conoscenze della disabilità, attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento,del comportamento e dell’assistenza del soggetto disabile, ma anche centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta nella sua dimensione olistica che può essere disorganizzata da errate interazioni tra sistema biologico, psico intellettivo,affettivo,relazionale e sociale. E’ il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione o quello di emarginazione. La ricerca vuole portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità, della propria autostima. L’importante è consegnare l’aspetto educativo con quello didattico in modo che si possa garantire a costoro quel diritto alla piena integrazione. L’integrazione è un processo continuo,una continua ricerca di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dai disabili. Un’altra interessante proposta è ripensare ad una società con vari spazi formazione per i soggetti con disabilità, i quali, non sono soggetti di pietismo ma altrettanto responsabili di questa relazione. Sono necessari ambienti di apprendimento ai quali anche educatori ed insegnanti siano pronti ad una ricostruzione all’interno del diverso ,che solitamente viene visto come un frammento. A questo punto è importante stabilire cosa intendiamo per RELAZIONE EDUCATIVA. Essa è uno scambio di emozioni tra due o più persone come il rapporto che si stabilisce tra madre e figlio quindi in ambito familiare. La relazione educativa è fondamentale per la relazione docente e discente un legame che produce l’apprendimento delle conoscenze nella relazione educatore/educando, il futuro educatore deve trasmettere qualcosa di positivo nelle relazioni che costruisce, arricchendole di conoscenze e deve essere di rispetto reciproco al fine di un arricchimento reciproco. L’insegnate deve trasmettere le proprie competenze culturali e didattiche e deve far sentire a suo agio l’individuo creando un clima di fiducia. In una buona relazione educativa si devono creare una serie di situazioni che possono mettere a proprio agio il soggetto che si ha di fronte, creare un rapporto alla pari senza creare differenze. La relazione educativa deve essere un incontro e uno scambio di idee, senza creare dislivello tra l’insegnate e l’alunno, in modo che si crei un rapporto di fiducia e di stima che si consolidi in un dialogo personale e informale. Ognuno di noi è stato educatore nel corso della vita con un fratello, con un amico un figlio. Per questo motivo la relazione educativa si configura come uno scambio in cui “entrambe le persone” ricevono e danno qualcosa. Per quanti riguarda la relazione educativa al disabile l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile. Bisogna portare il disabile su un piano di pari opportunità con i normodotati e non mettere in luce le mancanze. In aula abbiamo affrontato il concetto di relazione educativa facendo due SETTING l’incontro tra educatore ed educando,qui è emerso come il ruolo dell’educatore è cosi importante che trovandosi d’avanti ad un individuo con delle difficoltà ha saputo ascoltarlo. Per un educatore è apprezzabile porsi in atteggiamenti disponibili verso un educando.
    ESERCIZIO 3
    REMAURY nel “Il gentil sesso” parla della bellezza delle donne dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, abbiamo un triplice obiettivo giovinezza,bellezza,salute. Il corpo trasfigurato è legato all’immagine della perfezione corporea. Il corpo esatto compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza e ad altre discipline. LIPOVETSKY all’interno del suo testo “la terza donna” nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti,imposti e strutturati. La terza donna ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza. La magrezza non è solo bellezza. La sottigliezza derivante da malattie anoressia, bulimia in pochi anni si è imposta come il modello prevalente di una nuova femminilità. Come la modella Kate Moss emblema della mancanza di carne,senza forme del corpo femminile, con un corpo di eccessivamente magro lontano dal canone della maternità che negli anni 80 aveva risollevato indignazione e interesse. Da allora l’anoressia è diventata una tendenza diffusa nella moda ovvero il corpo femminile deformante , senza curve, dalle forme disumane. Per BRAIDOTTI la donna nella maternità è capace di deformare il proprio corpo diventando nell’immaginario maschile qualcosa di orribile: mostro e madre nello stesso tempo e da ciò viene riproposto alla donna un nuovo corpo che viene definito corpo-macchina “al gioco di ridefinire sia le tecnologie attuali sia l’immaginario che le sostiene”.Oggi grazie alla tecnologia avanzata si può rincorrere anche all’uso delle pretesi estetiche proprio questo fu uno dei temi discusso in aula. Da un lato sono d’accordo con chi fa uso delle protesi dall’altro no. Se si rincorre alle protesi per un esigenza propria a causa di problemi fisici allora approvo l’uso delle protesi, ma se l’esigenza è quella di apparire perfetti e belli agli occhi degli altri sono contro. Oggi molte persone soprattutto i giovani danno molta importanza all’aspetto fisico farebbero di tutto pur di apparire “belli” .Il corpo perfetto è diventato l’ideale di riferimento ed un modo considerato basilare per emergere nella vita. Viene marcato il bisogno e la necessità di aderire a quel canone per aver successo e per essere apprezzati, ma la vera bellezza per me non è quella esteriore, ma è quello che c’è dentro che conta. Le cose belle non sono perfette, sono speciali. 
    Valentina Caponigro
    Valentina Caponigro


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 15.03.12
    Età : 35
    Località : Lioni(Av)

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Valentina Caponigro Mer Mag 16, 2012 6:46 pm

    Negli ultimi decenni, in una prospettiva basata sui diritti umani, il “problema” dei disabili ha raggiunto una maturazione a livello internazionale. Solo recentemente, infatti, gli Stati più avanzati hanno posto la loro attenzione, attraverso misure di politica sociale, alle persone con disabilità. Agli inizi del 900 la disabilità era vista o come conseguenza di un danno di cui nessuno aveva colpa, a cui la società rispondeva con un approccio” caritativo-assistenziale”(soluzioni di tipo istituzionale e/o monetario), o come conseguenza di un danno della salute della persona, a cui la società rispondeva con un approccio sostanzialmente “medico”. A partire dagli anni 60, poi, si è sviluppata una terza visione: la disabilità come condizione che procurava un forte rischio di discriminazione sociale per la persona, a cui la società rispondeva con progetti di “discriminazione positiva”. Bisogna adoperare termini appropriati, bisogna fare i conti con l’evoluzione lessicale e semantica, oltre che culturale, dei vari modi di porsi. “Utilizzare termini impropri e fare confusioni linguistiche può essere un modo per aumentare l’handicap, anziché ridurlo”. Appunto proprio la parola “handicap” viene usata con estrema disinvoltura ormai, dettato probabilmente dall’ignoranza e dal non affannarsi più di tanto alla definizione e classificazione della disabilità. Uno dei tanti motivi che ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a classificare, nel 1970, l’ICD(INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF DISEASES), la cosiddetta “Enciclopedia delle Malattie”, che individua le cause delle patologie descrivendone le caratteristiche cliniche e traducendo i dati raccolti in codici numerici. Dieci anni dopo l’OMS, con la pubblicazione dell’ICIDH (INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF IMPAIREMENT DISABILITIES AND HANDICAPS), definiva e classificava “menomazione”, quale qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica , fisiologica e anatomica; la “disabilità” quale l’incapacità di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti nel modo considerato “normale”; l’”handicap” quale la socializzazione di una disabilità o menomazione, riflettendo sulle conseguenze culturali, sociali, economiche ed ambientali della disabilità dell’individuo preso in considerazione. L’ICF(INTERNATIONAL CLASSIFICATION OF FUNCTIONING, DISABLITIES AND HEALTH), invece, nasce in seguito ad alcune revisioni operate dall’OMS all’ICIDH(anni 90). A differenza delle prime due, fa riferimento ad una classificazione completa ed approfondita dell’analisi dello stato di salute degli individui mettendo in correlazione salute ed ambiente, considerando quindi anche l’interazione sociale, familiare, abitativa e lavorativa del soggetto. Molto spesso infatti è proprio il contesto sociale a determinare la condizione di handicap. Se le persone (nessuno escluso) si sforzassero di cercare di non guardare le persone disabili con gli occhi della “pietà” e della “compassione” forse loro si sentirebbero anche più a proprio agio. Parte del peso che portano può essere allievato tramite un atteggiamento privo di etichette e pregiudizi nei loro confronti, eppure non sempre si riesce a farlo, come se i nostri occhi fossero abituati ad un’idea della normalità limitata alla sfera dei normodotati. Da qui mi ricollego al laboratorio “Barriere architettoniche” in cui abbiamo visto alcuni video di metropolitane di grandi città italiane non munite di strutture adeguate e funzionali per i disabili. Bisognerebbe incentivare tutte le istituzioni, comprese le città stesse, a non dimenticarli, perché avere a cuore le necessità dei disabili, oltre che la loro dignità, può offrire un’immagine migliore. Quando pensiamo al diverso, invece, si immagina una persona non uguale a noi. Anche in questo caso molto spesso vi è la perdita di tatto e di sensibilità, che conduce alla nascita di sentimenti di inferiorità ed esclusione. Pensiamo quindi anche agli emarginati e al laboratorio svolto in aula in cui io stessa mi sono trovata in questa condizione. Nonostante fosse soltanto una simulazione su un semplice difetto visivo è stato significativo per me: mi ha posto in una condizione di inadeguatezza, di rifiuto e mi ha portato ad immedesimarmi nei panni di coloro che lo sono per davvero. “Mi piacerebbe essere diverso da quello che sono, così tanto per cambiare e vedere un po' come ci si sente.”(Carl William Brown). Questa frase mi ha molto colpita perché oltre a cogliere il senso della simulazione, ci fa capire che la diversità non è sinonimo di stranezza, di paura, di mostruosità, anzi può essere una scoperta, un arricchimento. E’ molto facile puntare il dito e deridere ciò che ci sembra “bizzarro” piuttosto che comprendere come ci sentiremmo noi se fossimo al loro posto. Un vero e proprio etichettamento da parte della società che coglie vari aspetti: il diverso come colui che non si conosce, che non si capisce, che genera vergogna ,solidarietà o orrore. Pensiamo agli immigrati, agli omosessuali, ai portatori di handicap ecc. Eppure è proprio dalla diversità che si genera la vera uguaglianza, dal rispetto della persona e dalla dignità. La domanda da porsi è :”DIVERSO DA CHI?” , chi siamo noi per avere la presunzione di pensare che siamo noi quelli “giusti”? Basta con questi stereotipi! ”SONO SALITO SULLA CATTEDRA PER RICORDARE A ME STESSO CHE DOBBIAMO GUARDARE LE COSE SEMPRE DA ANGOLAZIONI DIVERSE”(L’attimo fuggente). Innanzitutto proviamo a considerare la diversità come un bene da tutelare, cresceremmo , affermeremmo la nostra identità e valorizzeremmo le differenze, tutte.
    Anna Maria Murdaca sottolinea con il testo “Complessità della persona e disabilità” la necessità di una nuova cultura e conoscenza della disabilità come una continua evoluzione. Si parla di integrazione, di complessità della persona, dell’inserimento del disabile, della cura e relazione educativa ,dell’ambiente, dello spazio riparativo. Secondo l’autrice occorre abbandonare la logica dell’inserimento legge 118 e attuare l’inclusione, centrando l’evoluzione e cogliendo la persona nella sua TOTALITA’ complessa, rispettandone le differenze e le identità. Da un lato una simile cultura implica un’ottica progettuale basata sulla modificabilità dei soggetti, dall’altro necessita di un ripensamento dell’integrazione intesa come “spazio riparativo“ in cui il disabile può sperimentare una serie di situazioni e vissuti emotivi-affettivi, divenendo costruzione di luoghi di senso nei quali egli può trovare gli elementi per costruire la propria identità. In particolare ci si riferisce all’idea che non basta soltanto l’educazione classica attraverso buone prassi didattiche, ma l’idea della “fantasia ermeneutica” dell’educatore che consentirà il senso di appartenenza a quella comunità educatrice. Bisogna quindi promuovere una vera INTEGRAZIONE dei disabili nella comunità( “non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione”). Anna Maria Murdaca parla in modo nuovo di integrazione, quale accoglienza verso diverse identità e condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia, identità, potenzialità personali. L a ricerca è azione, vuole portare il disabile verso lo sviluppo della propria autostima. Importante quindi coniugare l’aspetto didattico con quello educativo, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, promuovendo una nuova cultura della disabilità attenta sia a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive sia ad innalzare la qualità della vita dei soggetti. Tutto ciò deve avvenire in luoghi rassicuranti con personale professionale, persone, operatori, famiglie che realizzano un processo di crescita per la cittadinanza attiva, progettando spazi in cui il soggetto vive attraverso il CORPO, la MENTE e la RELAZIONE. OGNI DISABILE HA LA SUA STORIA. Un’altra interessante proposta che ci viene offerta dalla Murdaca è ripensare ad una società, per i soggetti con disabilità, con spazi di formazione senza nessun tipo di pietismo. L’atteggiamento pietistico nei confronti di una persona disabile significa pensare sostanzialmente in termini di "poverino" o "poverina", ed è una modalità di rendere l’altro stabilmente inferiore, subordinato. Fa scattare delle ribellioni o degli adattamenti nocivi ai rapporti. Per questo, attraverso l’azione forte delle istituzioni, si deve dar voce ai disabili, per creare un contesto attendibile. Sono necessari ambienti di apprendimento nei quali anche l’educatore/insegnate siano preparati ad accompagnare ogni azione educativa e didattica unendo la mente, la coscienza, il cervello, la percezione e l’immaginario. Il primo aspetto di cui tenere conto nell'accostarsi professionalmente alla persona che versa in condizioni di difficoltà è quello relativo all'instaurare una corretta Relazione Educativa, attraverso un’interconnessione tra un prendere e un dare. Si trova in vari ambiti: scolastico, familiare, lavorativo ecc, ed è un complesso legame che si forma tra vari individui ( esempio: docente-discente, educatore-bambino con disabilità). La Relazione Educative deve avvenire nel rispetto e nella parità, senza creare nessun tipo di dislivello e considerando i bisogni e l’esigenze dell’altro. INCONTRO CON L’ALTRO. L’educatore non è un “Dio”, non deve per forza dare soluzioni ma può, attraverso questa relazione, rendere meno disagiante una situazione particolare, lavorando anche e soprattutto su se stesso, sempre. La relazione educativa, dunque, costituisce la base di appoggio di qualsiasi intervento, la strategia più efficace per costruire un rapporto significativo e di fiducia senza il quale il lavoro educativo risulterebbe molto più faticoso e problematico, dal momento che ogni maturazione o cambiamento è impossibile in assenza di un coinvolgimento attivo dei soggetti nel processo che li rende attuali e possibili. In aula abbiamo svolto due simulazioni: il primo riguardava un’educatrice e una ragazza con suo figlio, il secondo una ragazza e un’educatrice. In entrambi i casi c’era un’atmosfera lieta ma mentre nel primo caso l’educatrice, attraverso l’uso delle parole e la dolcezza dei gesti, è riuscita a mettere a proprio agio la mamma e di conseguenza il figlio, facendoli sentire sereni nell’esporre il problema, nel secondo invece un uso forse distorto delle parole da parte dell’educatrice ha contribuito a far sì che la ragazza si chiudesse ancora di più nei suoi confronti. Ecco perché LE PAROLE SONO IMPORTANTI!
    Remaury, Lipovetsky e la Braidotti hanno trattato il tema del corpo trasformato e mostruoso. Il primo, nel suo testo “Il Gentil Sesso Debole”, analizza come la cultura dell’immagine della donna sia associata a quella della bellezza, intesa come bisogno ormai, e di come ci sia una corsa alla perfezione verso tre obiettivi: giovinezza, bellezza, salute. Infatti sono moltissime le donne che tentano di nascondere l’avanzare del tempo che passa attraverso la chirurgia plastica, che tentano di nascondere dei difetti fisici e che si lasciano condizionare dai mass media, dai vari modelli femminili che ci vengono mostrati, giovani e belli. Le recenti manipolazioni della materia corporea, ma anche medica, chirurgica e neurologica hanno appunto cambiato l’idea di corpo. Pensiamo alle modelle magre, spesso anoressiche. Il problema dell'anoressia appare sempre più drammatico, in una società che propone modelli e immagini pubblicitarie che inneggiano ad un concetto di forma fisica spesso distorto, che induce milioni di ragazzi e ragazze a dichiarare guerra al cibo. In questo senso fa molto piacere sentir dire, come è capitato di recente, che si vogliano vietare o almeno boicottare le sfilate di moda con protagoniste eccessivamente magre. Lipovetsky invece, nel suo libro “La Terza Donna” racchiude queste componenti: c'era una volta la prima donna, svalutata, sfruttata, demonizzata. Poi è venuta la seconda: l'icona, l'ideale di virtù, la Beatrice. Ventunesimo secolo: è l'era della terza donna. Racchiude in sé le due precedenti, ma le supera in una nuova accezione: quella di donna indefinita. Un termine da non intendere in senso negativo, ma come il fondamento dell'autodeterminazione. Il suo è un percorso volto a definire e sottolineare la parità dei sessi, ma anche la loro diversità intrinseca. Infine la Braidotti che ha definito la normalità “grado di mostruosità zero”. Occorre ripensare alla relazione antica, complessa e multiforme, che c’è tra le madri, i mostri e le macchine. Il corpo gravido e quello mostruoso si mischiano da sempre nell’immaginario maschile come qualcosa di orribile e meraviglioso, affascinante e mortalmente temibile. Personalmente sono d’accordo alla chirurgia quando è necessaria , quando serve a correggere gravi difetti fisici, e non per semplici capricci d’estetica. Ormai però è così, viviamo nell’epoca del “tutto è possibile e raggiungibile”, si può credere di far crescere la propria autostima accollandosi anche una “maschera” che non ci appartiene, aumentando il seno per sentirsi più belle per esempio. Bisognerebbe imparare ad accettarsi invece di pretendere qualcosa di innaturale.


    ROSA NUVOLETTA
    ROSA NUVOLETTA


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 13.03.12

    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  ROSA NUVOLETTA Mer Mag 16, 2012 7:41 pm

    ESERCIZIO 1

    La prima classificazione elaborata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità è stata quella inerente le malattie, le quali vengono raccolte in una vera e propria enciclopedia dove le malattie vengono associate a numeri :ICD . Come una e vara e propria enciclopedia , essa descrive le patologie fornendo per ogni sindrome e disturbo la descrizione delle caratteristiche cliniche.
    Nel 1980 l'OMS ha messo a punto un'altra classificazione internazionale per quanto riguarda i termini e le descrizioni associate alla disabilità detta ICIDH. Essa si basa su tre fattori : la menomazione ovvero la perdita di una funzione psicologica e fisiologica , le cui caratteristiche riguardano la perdita transitoria o permanente delle strutture fisiche o mentali come la perdita di arti; la disabilità ovvero privazione dell'utilizzo di determinate caratteristiche dovuta alla menomazione ; l'handicap. Successivamente sono stati sostituiti con : menomazione, abilità, partecipazione.
    Nel 2001 l'OMS ha pubblicato una nuova classificazione per proporre una definizione del concetto di disabilità : ICF (Classificazione Internazionale del funzionamento dalla Disabilità e della Salute).
    Descrive le modifiche dello stato di salute di una persona.Secondo l'ICF la disabilità deriva da un contesto sfavorevole. Ne abbiamo parlato appunto quando abbiamo affrontato il problema delle barriere architettoniche . Il contesto in cui viviamo è molto importante per le persone disabili poichè l'ambienete può aiutarli nelle mansioni di tutti i giorni. Non sempre è impossibile risolvere determinati "problemi", un semplice montascale può sostituire le loro gambe nell'intraprendere una rampa in metropolitana per esempio, il punto è essere attenti nel funzionamento di esso perchè non è necessario solo montarlo ma cercare di mantenere il servizio. Era proprio questo il filo del mio discorso, non basta montare un montascale per risollevarsi la coscienza e per essere convinti di aver fatto qualcosa per gli altri,è importante portare a termine l'impegno preso , interessandoci veramente al problema. Ma spesso io stessa ho riflettuto poco sulle loro difficoltà e su come una semplice struttura di casa possa condizionarli: per esempio in casa mia ci sono degli scalini per entrare nella doccia ...

    E' molto importante quindi la riflessione su tutto ciò che facciamo, anche e soprattutto sui termini che utilizziamo. Soffermiamoci sui termini DISABILE E DIVERSO.
    La persona disabile e colui che è impossibilitato nello svolgere le attività abitudinarie della vita di tutti i giorni.Non solo colui che disfunzioni motorie e cognitive, ma è anche colui che vive disagi sociali che lo portano ad essere ciò che gli altri credono che lui sia , proprio perchè i giudizi altrui possono incidere sulla sua sfera psicologica. Spesso nei confronti dei disabili tendiamo ad avere degli atteggiamenti di pietà che lo condizionano ,in oltre facciamo spesso l'errore di soffermarci su ciò che non possono svolgere piuttosto che soffermarci sulle loro capacità. Ma ci sono persone con disabilità che riescono a compiere tutte le funzioni quasi dimenticandosi del loro problema. Ricordiamo l'Atzori , un vero e proprio esempio di resilienza , colei nata senza braccia ma che ha fatto delle sue gambe e dei suoi piedi , le sue braccia e le sue mani. Posso solo esprimere ancora ammirazione per lei ma anche per Pistorius che attreverso delle protesi è riuscito a sostituire le sue gambe e a perseguire il suo sogno sportivo tanto da diventare un vero campione di corsa.
    La diversità porta alla collocazione di queste persone in determinate categorie. Queste esclusioni spingono l'individuo che le riceve ad interiorizzarle tanto da sentirsi inferiori. Il diverso , quindi, viene etichettato dagli altri come tale. Il sentimento di diversità si accompagna alla sensazione di sentirsi altro, di non appartenere al gruppo di riferimento.

    ESERCIZIO 2

    Anna Maria Murdaca srive il testo : Compkessità della persona e disabilità dove si interessa dei vari aspetti che riguardano la vita del disabile: l'integrazione , la complessità della persona con disabilitànla cura, la relazione educativa. Infatti l'autrice crede che sia importante dirigersi verso l'inclusione adottando l'otticadella globalità, intesa come globalità sia ambientale che personale del disabile.
    Il tgesto mira a tre obbiettivi prncipali:
    ° ricostruzione di una nuova cultura della disabilità
    ° rimodulazione del termine integrazione
    ° alla comprensione delle reali condizioni di vita , quale ruolo affettivo possono assumere i soggetti disabili.
    Per il suo progetto di integrazione secondo la Murdaca bisogna partire da un'analisi sul contesto sociale piochè esso determina la condizione di handicap ,proprio perchè gli ostacoli e ke barriere fisiche contribuiscono al processo di esclusione e di emarginazione che queste persone spesso sono cotrette a vivere.Proprio per questo è importante partire da le prime agenzie di socializzazione come la famiglia e la scuola. Per quanto riguarda la famiglia , il genitore deve liberarsi da quel senso di impotenza che lo spinge a credere di non poter fare molto per il proprio figlio e di poterne migliorrare la situazione.Ma anche la scuola dovrebbe cominciare a guardare oltre l'ambito scolastico cos' chè possa contribuire a svilupparne una buona integrazione nella società dello studente in questione. L'ambiente può essere visto sia come una barriera ma anche come un facilitatore.
    E' importante partire da presupposto che davanti abbiamo una persona complessa e quindi dobbiamo guardare nella totalità di essa per riuscire a comprendere il giusto modo per poter contribuire all'integrazione.L'obbiettivo è quello di valorizzare la persona e la propia identità oltre che le sue capacità, per questo l'integrazione è un processo CONTINUO, una continua ricerca di soluzioni per preservare i diritti dei disabili.
    Per quanto riguarda il concetto di cura riguarda l'agire educativo e per questo è una cura che tende all'emancipazione del soggetto con disabilità , volta alla realizzazione dell'uomo per ciò che realmente egli è e per ciòche può diventare. Murdaca scrive che ci troviamo di fronte ad un nuovo paradigma del benessere, uno sfondo integratore dei diversi che va analizzato in un'ottica prgettuale e flessibile piochè bisogna tener conto del soggetto mutante, non si mira all'accudimento ma all'emancipazione del soggetto con disabilità. Per questo è importante l'impegno nella costruzione di attività atte a rendere significativa la presenza del disabile attraverso appropriate prassi didattiche. Da qui possiamo parlare di relazione educativa , definita come un vero e proprio "spazio riparativo" nel quale il disabile sperimenta con gli educatori una serie di situazoni edi vissuti. E' importante il luogo che deve essere rassicurante per la persona per la costruzione dell'identità personale e soprattutto bisogna far sentire a proprio agio il soggetto. La relazione educativa attraversa una serie di tematiche: relazione madre e figlio ; relazione docente/ discente( legame che produce l'apprendimento. ). Le relazioni devono essere una sorta di scambio tra i due protagonisti della relazione,ma ci sono anche Relazioni monodirezionali dove tra due o più persone si da ma non si riceve, quindi non avviene lo scambio. Si può parlare anche di educandi in difficoltà ovvero adulti tossicodipendenti, alcolisti, e la relazione in questo caso è il rapporto tra una "guida " e colui che ha difficoltà.La relazione educativa è anche uno scambio di emozioni e alla base di essa c'è la volontà di costruire un rapporto predisposto all'accoglienza e all disponibilità.Si trasmettono valori da parte dell'insegnante a colui che ha difficolta, ma è uno scambio alla pari.Cosa principale bisogna essere aperti all'ascolto per far si che si crei un vero e prio legame affettivo tra due persone, alla conoscenza.

    ESERCIZIO 3

    Remaury nel testo Gentil sesso debole ci parla della corsa verso la perfezione corporea , che riguarda la triade giovinezza, bellezza, salute. Ci fa una distinzione tra corpo trasfigurato(legato all'immagine della perfezione corporea); corpo esatto(compie progressi grazie alla scienza); corpo liberato (libero dalla malattia, dal peso, dal tempo). A questo proposito Lipovetsky propone La terza donna ,ovvero colei che è libera dalla sottomissione di questi tre modelli di bellezza. La terza donna ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza basata sulla grazia apparente. Infine Braidotti in Madri mostri e macchine ci espone il pensiero del corpo femminile collegato al tema del corpo-macchina. La donna ha la capacità di deformare il proprio corpo durante la gravidanza in questo modo si divide tra madre e mostro.
    A tal proposito volevo fare una breve riflessione sul condizionamento mediatico che viviamo tutti i giorni. In tv e sui giornali noi donne , ma come anche gli uomini ormai, siamo costretti a vedere immagini di donne perfette che ci inducono , attraverso questa vera e propria violenza psicologica, a riflettere sulla nostra immagini e a modificarla cercando sempre più ad assomigliare a qualche personaggio pubblico. Ricordo che a lezione la prof ci chiese anche a chi vorremmo assomigliare, chi era il nostro modello di bellezza. Bè tutti ne avevano uno, anche io. Ormai tutti siamo condizionati dalla nostra immagini e si ricorre sempre più spesso a metodi di perfezionamento, me compresa. Mia madre direbbe:" Tanto sotto terra sempre cartone si diventa !".

    Contenuto sponsorizzato


    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 7 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Contenuto sponsorizzato


      La data/ora di oggi è Ven Nov 01, 2024 7:25 am