Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    giovanna costagliola


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    Messaggio  giovanna costagliola Mer Mag 16, 2012 8:17 pm


    1)L'OMS è l'organizzazione mondiale della sanità, prima sua classificazione e la "classificazione Internazionale delle malattie" o ICD (1970) che risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e indicazioni diagnostiche. Tale classificazione focalizza l'attenzione sull'aspetto eziologico della malattia cercando di creare una vera e propria enciclopedia medica. Dall'ICD all'ICF vi è stato un passaggio intermedio l'ICDH(1980) ossia l'Internazional Classification of Impairtments , Disabilities and Handicaps. Questa nuova proposta dell'OMS si basava sulla classificazione di tre fattori: menomazione -disabilità -handicap che poi verranno sostituite da menomazione-abilità-partecipazione ciò equivale a maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. Ponendo l'attenzione anche sul sociale ecco che si passa all'ICF in questa classificazione i fattori biomeci e patologici non sono gli unici presi in considerazione,ma si considera anche l'approccio ,così diventa multiprospettico :biologico, personale e sociale. Secondo l'ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Quando si parla di disabilità ossia incapacità di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti considerati normali per un individuo è necessario fare un'attenta riflessione sulle parole DISABILE e DIVERSO. Il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana ,un individuo affetto da disfunzioni motorie e/o cognitive che influenzano la sua sfera psicologica e caratterizzato dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità. Il termine disabile però dichiara solamente che a un individuo manca qualcosa senza considerare che egli possiede anche delle abilità da ciò il termine DIVERSABILITA' ossia diversamente abile. Le lezioni svolte in classe sono state sempre accompagnate da laboratori in cui si poteva esprime le proprie emozioni idee e pensieri. Sul tema della disabilità abbiamo parlato delle barriere architettoniche che sono da ostacolo alla vita di un disabile la docente ha cercato di far confrontare la nostra vita con un diversamente abile nella sua quotidianità, si sono riscontrati tanti contro e nessun pro perchè la nostra società ma anche le persone che ci vivono non hanno rispetto per persone con handicap, per far si che la loro vita sia al pari passo con la nostra.
    La diversità porta alla categorizzazione cioè alla collocazione di certe persone in determinate categorie. Quando pensiamo al diverso immaginiamo un soggetto non omologato ,un individuo non simile alla maggior parte delle persone che vivono intorno a lui. E' colui il quale la società etichetta come tale perchè ha degli schemi mentali , fisici e comportamentali difformi dalla normalità. Diverso può essere una persona non necessariamente affetta da menomazione fisica o psichica ma che si distingue dagli altri per le sue caratteristiche, si pensi alle seguenti etichette: lo straniero, l'handicappato ,il genio ,colui che non si adegua alla norma, una persona diversa per lingua, cultura, costume ,abitudini ,razza e religioni. Il diverso di solito non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società suo malgrado; del diverso si ha paura, esso viene isolato perchè incute timore e identificato come un mostro. Per chi è diverso proviamo vergogna, compassione ,desiderio di essere solidali, desiderio di compiacere, desiderio di solidarietà, imbarazzo, spesso ci voltiamo dall'altra parte per non guardare chi ha una menomazione fisica visibile, a volte guardiamo sconvolti una fisicità che non è conforme alla norma. Con il tema della diversità abbiamo visualizzato in aula un Film intitolato "Chi viene a cena stasera" dove emerge il tema della discriminazione raziale e della paura dei pettegolezzi degli altri... la frase che mi colpì fu quella del giovane negro al padre dicendo che lui non si vede nè negro e nè bianco ma un uomo come tutti gli altri ed è così che deve essere perchè tutti siamo fatti allo stesso modo tutti abbiamo dei sentimenti e non solo. Come si è detto al diverso si associa il termine mostro ma per me il vero mostro e colui che non sa apprezzare le diversità delle persone e non le sa capire dentro in quanto hanno bisogno solo di amore e d'appoggio e non essere giudicati. Infine posso dire solo una cosa se davvero si vuole che l'umanità debba andare avanti bisogna aiutare il prossimo mettendosi nei panni dei piu deboli e capire che la vita è uguale per tutti basta solo coglierla dal lato giusto...

    2)Il testo di Anna Murdaca "Complessità della persona e disabilità" mira alla: ricostruzione di una nuova cultura della disabilità; rimodulazione del termine integrazione; comprensione delle reali condizioni di vita dei soggetti disabili.
    Una nuova cultura e conoscenza della disabilità è attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento, del comportamento e/o dell'assistenza del soggetto disabile, ma anche centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta nella sua dimensione olistica. L'obiettivo è la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità, considerazione innovativa nel campo della disabilità. Tale cultura deve essere attenta a innalzare la qualità della vita dei soggetti.
    Secondo l'autrice occorre abbandonare la logica dell'inserimento e dirigersi verso l'inclusione adottando l'ottica della globalità attraverso l'integrazione che è un processo continuo non un punto di arrivo, una continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili, rivoluzionari solo a parole mentre obsolete nella pratica. Secondo il Documento del Miur l'integrazione è intesa come "astratta normalità" ossia "propensione all'uniformità, bensì al valorizzare al meglio le dotazioni individuali". Nel parlare di integrazione , non si fa riferimento più ad un’astratta normalità bensì al valorizzare al meglio le dotazioni individuali. Collegato al concetto di integrazione vi è quello di cura come progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti, volta alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli e per ciò che egli può diventare. La vera novità è che non mira all’accudimento ma all’emancipazione del soggetto con disabilità. Inoltre occorre costruire una serie di attività atte a rendere significativa la presenza dei disabili attraverso buone prassi didattiche. La relazione educativa è uno spazio riparativo nel quale il disabile sperimenta con gli educatori, con gli insegnanti una serie di situazioni, di vissuti emotivo - affettivo che vengono elaborati e criticati. La costruzione dell’identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti in luoghi capaci di sviluppare le potenzialità personali cercando i mezzi più idonei a valorizzare la differenza come risorsa. Una rete di servizi è data dall’incontro di professionalità, di persone, di operatori e di famiglie. Tutto ciò con lo scopo di rendere la vita di persone con deficit più semplice e alla pari di tutti.

    3)Con i tre autori quali Remaury Lipovetsky e Braidotti si è parlato della famosa triade bellezza salute e giovinezza.
    Per Ramaury l'immagine della donna si confonde con quella di bellezza che diventa obbligatorio coltivarla anche perchè le viene imposto dai media e dalla società . Contrariamente per Lipovetsky appare una nuova caratteristica della donna l'acquisizione della grazia che le permette di gestire la propria immagine all'interno della variegata offerta di modelli sociali tra i quali sceglie il piu congeniale.
    Il punto di partenza della Braidotti non era sapere chi siamo ma cosa vogliamo diventare rappresentava dunque un discorso creativo nei confronti della tecnologia che poteva servire ad affrontare le trasformazioni del tempo.
    Dunque qui si parla di corpo, trasformazioni, bellezza che nell'ultimo decennio sono stati favoriti dalla tecnologia con le protesi estetiche come ad esempio quelle al seno. Non mi sono mai interessata di questo argomento forse perchè non ho mai sentito la necessità nè per bellezza e nè per salute. Sono d'accordo per le protesi utilizzate per salute perchè probabilmente possono dare un'occasione in più a chi come Pistorius non poteva più camminare e rincorrere il suo sogno che grazie alle protesi in fibra di carbonio le cosidette flex foot è riuscito pienamente. La vita ci è regalata così com'è secondo me non bisogna cambiarla con cose artificiali solo per essere giudicati o per apparire , la vera persona è dentro di noi.
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    Messaggio  Loredana Calise Mer Mag 16, 2012 8:24 pm


    ESERCIZIO 1
    L'OMS è l'Organizzazione Mondiale della Sanità. La prima classificazione elaborata dall'OMS è "la Classificazione Internazionale delle Malattie" (ICD) che risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteriztiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Questa classificazione, col trascorrere del tempo, ci si rese conto che non era esaustiva poichè ci si allontanava dalle successive classificazioni. Per cercare di ovviare a questo problema l'OMS, nel 1980, propone prima una classificazione generale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap, indicandoci che l'handicap è la condizione di svantaggio conseguente ad un deficit (menomazione o disabilità) che limita l'adempimento del ruolo normale per tale soggetto, in relazione all'età, sesso e fattori socio-culturali. Quindi l'handicap è la conseguenza del deficit, non il deficit stesso. Per menomazione si indica qualsiasi perdita o anomalia a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica.
    La nuova proposta dell'OMS sostituiva i termini "menomazione", "disabilità ed "handicap" con "menomazione", "abilità" e "partecipazione". Poi, successivamente, nel 2001 l'OMS propone ICF, propone cioè una definizione del concetto di disabilità multidimensionale e dalla portata innovativa rispetto alle precedenti classificazioni. Secondo l'ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. L'ICF non classifica solo condizioni di salute, malattie, disordini o traumi, che sono d'interesse dell'ICD (International Classification of Diseases) bensì, la salute e gli stati di salute ad essa correlati e pone centrale la qualità della vita delle persone affette da una patologia, permette quidi di evidenziare come con la loro condizione e come sia possibile migliorarla affinchè possano contare su un'esistenza produttiva e serena. A tale proposito, ricordiamo l'esercizion proposto dalla prof.Briganti riguardante le barriere architettoniche e di come un disabile trovi difficoltà a svolgere le attività più semplici come, per esempio, andare all'università, oppure ancora più semplice, lavarsi, entrare nella doccia (per una persona affetta dalla sindrome di Guillain-Barrè è quasi impossibile entrare in una doccia con il ripiano rialzato). Ritornando all'ICF effettivamente, rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario e dei settori della sicurezza sociale, delle assicurazioni, dell'istruzione, dell'economia, del lavoro. Adottandolo si accetterà il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società stessa.
    Un'altro esercizio proposto dalla professoressa era di riflettere su alcune parole, essenzialmente di facile definizione; parole a cui non avevo mai pensato a definire. Parole come "diverso", "disabile". Pensando ad una definizion, è stato non facile; lavorando in gruppo, abbiamo dovuto riflettere molto. Il termine disabile, effettuando alcune ricerche, notiamo che ha un duplice significato. La disabilità è un universo e come tale riguarda tutti; perchè tutti, in vari periodi della nostra vita siamo disabili. Per questo il concetto di disabilità si sposta su due modelli: il modello medico e il modello disabile.
    Il primo valuta la disabilità come un problema della oersona causato dalla malattia, trauma e perciò necessita di professionisti per la cura e la riabilitazione,. Ill secondo esamina gli aspetti sociali ammettendo che la disabilità è "un problema causato dalla società", dalla mancanza d'integrazione degli individui nella società.
    La disabilitàà non è la caratteristica di un individuo ma un insieme di condizioni, molte delle quali è causato salla società. A tale proposito ricordiamo un'altro esercizio proposto sempre dalla professoressa. Un esercizio dove mi sono sentita emarginata, diversa. Una diversità causata dalla società; un esercizio che mi ha fatto riflettere molto sul discorso della disabilità, sull'emarginazione appunto. Credo che il sogno di ogni persona "disabile" sia di essere "normale, senza tutti quegli stereotipi che lo definiscono e lo emarginano. Una frase nota, riproposta anche dalla Briganti, è "Ricorda sempre che sei unico, esattamente come tutti gli altri". Questa è una delle molte frasi che mi hanno fatto riflettere e pensare allo stesso tempo, tutti hanno gli stessi diritti e le stesse possibilità, ma che tutti noi siamo diversi in quanto UNICI.

    ESERCIZIO 2
    Anna Maria Murdacanel suo testo discute dei problemi della formazione, dell'istruzione, dell'integrazione dei disabili essendo, oggi, un argomento inevitabile in un ottica globale. Ciò impone una nuova cultura e conoscenza della disabilità attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento, del comportamento e dell'assistenza del soggetto disabile ma di riconoscere e tornare alla persona in evoluzione, guardandola nella sua dimensione OLISTICA, che può essere disorganizzata da errate interazioni tra sistema biologico, psico/intellettivo, affettivo, relazionale e sociale. La Murdaca tende a valorizzate la persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità, considerazione innovativa nel campo della disabilità. L'integrazione è un processo continuo non più un punto d'arrivo, una continua ricerca di soluzioni, di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili, rivoluzionari solo a parole mentre obsolete nella pratica. Nel parlare di integrazione, non si fa riferimento più ad un'astratta normalità, bensì a valorizzare al meglio le dotazioni individuali. La Murdaca ribadisce che non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione poichè si tratta pur sempre di persone, e si caratterizzano per capacità non per quello che non sanno fare. Per quanto riguarda il concetto di CURA, bisogna tener presente che il termine è intrinseco all'agire educativo, cura come progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti, volta alla realizzazione dell'uomo per ciò che egli è e non per ciò che egli può diventare.
    La vera novità è che non si mira solo all'accudimento ma anche all'emancipazione del soggetto con disabilità; in particolare ci si riferisce all'idea che non basta soltanto l'educazione classica, ma all'idea della "fantasia ermeneutica" dell'educatore che consentirà la crescita della persona in tutte le varie dimensioni e il senso di appartenenza della comunità educativa.
    La costruzione dell'identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti, in luoghi capaci di sviluppare le potenzialità personali cercando i mezzi più idonei a valorizzare la differenza come risorsa. L'integrazione deve consistere in un'azione di sviluppo, interazione, modulazione, coordinazione di processi motori e psicomotori, risposte emotivo affettive e potenzialità cognitive e relazioni sensoriali.
    Un'altra interessante proposta del teesto della Murdaca è ripensare ad una società con vari spazi di formazione per soggetti con disabilità, i quali, non sono soggetti passivi di pietismo ma altrettanto responsabili di questa relazione. Si pensa così, ad una comunità sociale che superi i limiti di una società che trascura spesso i soggetti disabili.

    ESERCIZIO 3
    La cultura dell'immagine nelle donne si confnde con quella della bellezza. Nelle rappresentazioni della femminilità, la bellezza è associata all'idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. Il suo miglioramento fisico ed estetico è l'ademppimento dei suoi bisogni. Ma questi ultimi, a loro volta, sono stati suggeriti, pervasi ed imposti dalla stessa società. Si passa dal modello grasso e delle rotondità, al modello muscoloso.
    Le recenti manipolazioni della materia corporea, non solo di tipo genetico, ma anche medico, chirurgico, dietetico, odontoiatrico, oculistico, neurologico, hanno cambiato radicalmente l'idea di corpo. Ad esempio, Remaury, ribadisce che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute.
    Il corpo trasfigurato è legato all'immagine della perfezione corporea. Il corpo esatto compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza ed altre discipline, ed è il modello dominante. Il corpo liberato lo è dalla malattia, dal peso e dal tempo, obbligatoriamente perfetto.
    Il controllo della propria immagine, tramite la scelta tra i modelli sociali, conduce la donna verso il corpo realizzato, ossia la conquista di un corpo perfetto in quanto prodotto del lavoro su se stessa, assicurato principalmente attraverso il conseguimento di bellezza e salute.
    Secondo quanto descrive Lipovetsky, la terza donna ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza, basata sull'apparente acquisizione di grazia. La teoria cone colei che controlla e gestisce la propria immagine quali sembra poter scegliere quello che le è più congeniale.
    Rosi Braidotti, nella sua opera "madri-mostri e macchine" ha parlato della figura materna la quale va incontro ad una metamorfosi corporea quando essa è in attesa di un bambino. Questa donna diventa, così, nell'immaginario maschile qualcosa di orribile: mostro e madre al contempo. E' a partire da questa visione che la Braidotti propone alle donne di incarnare, oltre alla maternità e alla mostruosità, anche la macchina prestandosi "al gioco di ridefinire sia le tecnologie attuali sia l'immaginario che lo sostiene".
    Subentra così il tema del corpo macchine creando un legame tra femminismo e tecnologia, giocando con l'idea di un corpo-macchina. A tale proposito potremmo parlare delle protesi estetiche. Esse, sono state definite come una grande arte, ed è uno dei motivi per cui ha avuto ed ha ancora un grande successo. Modificare il proprio corpo a seconda di come lo si desidera. Si parla sempre più di protesi al seno, o rimodellamento del naso, e di altre parti del corppo che riteniamo "imperfette", prendendo come esempio sempre qualche celebrità, inculcataci dai mass-media e dalla società stessa.
    Due casi molto noti e molto differenti rientrano in questa categoria.
    Il primo caso è il caso Orlan. Ella si occupa di chirurgia e ibridazione del corpo, tanto con il reale, quanto con il virtuale. E' considerata un'artista che rappresenta con il suo corpo i criteri estetici standard della nostra società affinche si parli di corpo mutante. Orlan ribadisce "fate il contrario di ciò che vi viene imposto dalla società".
    Il secondo caso riguarda Pistorius, e le sue flex foot. Pistorius e molti altri usano le protesi per mancanza di un'articolazione o altro ancora. Sinceramente, io sono contraria alla chirurgia estetica, alle protesi per migliorare il corpo solo perchè la società impone un modello magro, alto, con il naso alla francese o altro. Ritengo che le protesi debbano essere usate solo per mancanza di parti del corpo, ritenuti essenziali per una vita serena ed agiata, come nel caso di Pistorius e molti altri come lui.
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    Messaggio  peluso cristina Mer Mag 16, 2012 9:16 pm


    ESERCIZIO 1
    PASSAGGIO DALL’ICD ALL’ICF
    Nel 1970, l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) elabora “l'International Classification of Diseases” ( La Classificazione Internazionale delle Malattie) (ICD), focalizzata sulla causa, sulla descrizione delle principali caratteristiche cliniche e sulle indicazioni diagnostiche delle patologie. Inoltre, al fine di rispondere alla necessità di un'omogeneizzazione dei dati nel mondo, le diagnosi vengono tradotte in codici numerici. Ad ogni patologia viene attribuito la disabilità, creando una vera e propria Enciclopedia Medica. In questa prima classificazione come si legge il concetto di disabilità risulta strettamente collegato alla sola malattia . Nel 1980 però questo sistema di classificazione fu sostituito con ICIDH “ International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps . In tale pubblicazione veniva fatta l’importante distinzione fra "menomazione" (impairment) che veniva definita come (perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psico-logica, fisiologica o anatomica) , "disabilità" (disability) come (qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano) e "handicap" come la (condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali), termini che verranno in seguito sostituiti con Menomazione, Abilità e Partecipazione. L’aspetto significativo di questo classificazione è stato quello di associare lo stato di un individuo non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad attività a livello individuale o di partecipazione nella vita sociale. Successivamente intorno all’ anno 2001 l’OMS pubblicò un secondo documento” International Classification of Functioning, Disability and Health.” (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) (ICF), uno strumento messo a punto per ottenere una classificazione sistematica che descriva le modificazioni dello stato di salute di una persona e gli stati correlati .Questo sistema di classificazione opera attraverso una serie di categorie raggruppate e ordinate secondo il criterio fornito dal modello biopsicosociale, che guarda alla persona nella sua interezza: non solo dal punto di vista sanitario, ma anche nella consuetudine delle relazioni sociali di tutti i giorni. Già questo titolo è indicativo di un cambiamento sostanziale nel modo di porsi di fronte al problema di fornire un quadro di riferimento e un linguaggio unificato per descrivere lo stato di una persona. Non ci si riferisce più a un disturbo, strutturale o funzionale, senza prima rapportarlo a uno stato considerato di "salute". Concludendo diremo che l’ICD classifica solo le condizioni di salute e traumi , mentre l’ICF basa la sua classificazione sulle condizioni di salute in riferimento alla qualità della vita , l’ambiente in cui si vive , garantendo una buona esistenza della persona stessa in qualsiasi fascia di età , infatti l’ICF viene utilizzato in diversi campi come quello medico-sanitario, socio-educativo.

    DISABILILITA’ E DIVERSITA’
    Tante volte ci chiediamo chi è la persona disabile? chi è la persona diversa?, ci si confonde tra i due termini e non sappiamo dare una giusta e chiara spiegazione. Spesso si considera la persona disabile come diversa questo viene evidenziato anche dalla nostra società per cui il disabile si ritrova emarginato da tutto e da tutti ma in effetti tutto questo non è vero il disabile è una persona che in seguito ad una o più menomazione ha una ridotta capacità di svolgere normali attività della vita di tutti i giorni e spesso si trova in condizioni di svantaggio per partecipare alla vita sociale, spesso scopre il suo disagio confrontandosi con persone normodotate. Nonostante questo esistono persone con disabilità che non si sentono tali superando barriere e pregiudizi, come ad esempio la ballerina ATZORI , si potrebbe considerare una donna diversa e no-normale in quanto non è dotata di braccia, ma questa situazione la rende ancora più grande , infatti pur non avendo le braccia riesce a
    trasmettere emozioni e amore quando balla, i sui piedi sono anche le sue mani per guidare, per truccarsi , dai suoi occhi si sprigiona voglia di vivere e si sente felice di essere viva. Altro esempio che mi ha molto colpita è la storia di PISTORIUS un uomo mancante degli arti inferiori che con l’aiuto di tecnologie integrative e con la sua forza di andare avanti è riuscito a poter realizzare il suo sogno, partecipare alle Olimpiadi e vincerle. Questi sono esempi di vita che ci insegnalo di andare sempre avanti e il motto deve essere sempre VOLORE è POTERE e tutto si può ottenere basta avere FORZA. VOLONTA e IMPEGNO. Il diverso “suo malgrado” viene etichettato dalla società per le sue caratteristiche che possono essere quale il colore della pelle, il suo modo di vivere, il suo modo di pensare o la sua nazionalità, può essere una persona senza menomazioni fisiche o psichiche ma si distingue dagli altri,.... è diverso………quindi viene isolato, condannato e indicato come diverso da noi, emarginandolo, senza motivo senza cercare di capirlo senza aiutarlo……io allora mi chiedo …ma noi chi siamo per giudicare?.

    ESERCIZIO 2
    Anna Maria Murdaca, docente esperta e autrice competente in questioni relative la persona con disabilità, ha scritto il testo “Complessità della persona con disabilità” . La Professoressa in questo testo analizza dei temi stimolanti come l’integrazione, la complessità e umanità della persona, l’inclusione e l’inserimento del disabile, la cura e la relazione educativa, tutto questo per indicare la strada verso una ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, una rimodulazione del termine integrazione e alla comprensione delle reali condizioni di vita dei soggetti disabili e quali servizi vengono erogati per le loro esigenze. Secondo la Prof.ssa Murdaca bisogna dirigersi verso l’inclusione, abbandonando la logica dell’inserimento, occorre adottare l’ottica della globalità avendo una nuova cultura e conoscenza della disabilità, analizzando non solo il comportamento del soggetto ma riconoscendo l’evoluzione della persona. Come sostiene la Prof.ssa la condizione di handicap ( sono gli ostacoli, le barriere fisiche) è dato dal contesto sociale che determina l’esclusione o l’emarginazione. Fattore importante è l’ambiente ( nel senso ampio del termine , dal contesto familiare, alla assistenza sociosanitaria, alla scuola, alle politiche sociali). Altro obiettivo e la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità, creando un processo continuo con l’integrazione che non è un punto di arrivo ma una ricerca continua di soluzioni, di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dai disabili. L’integrazione viene intesa come “spazio ripartivo” dove il disabile può sperimentare con gli educatori e gli insegnanti una serie di situazioni e vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, criticati, proiettati, ricostruiti e integrati . L'integrazione diviene così costruzione di luoghi di senso nei quali il disabile può trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell'autonomia. Lo scopo finale, dunque, è quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Perché ciò sia possibile è però necessario un lavoro integrato in grado di coniugare l'aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, assicurando iniziative di vera promozione personale e sociale.

    ESERCIZIO 3
    Giovane, bella e sana: questa è l’immagine ideale della donna che propongono i media , la pubblicità e soprattutto la società. Queste le caratteristiche che il corpo femminile deve avere secondo i giornali, la televisione, la moda. Su questo canone estetico evidentemente irraggiungibile le donne dovrebbero costruire la propria identità, affrontando spese e sofferenze fisiche alimentate da un fiorente mercato (che va dalla cosmetica alla chirurgia estetica, all’abbigliamento). La bellezza è il principale obiettivo nella vita di una donna la magrezza è cruciale per raggiungere il successo il benessere l’immagine è sostanziale , il grasso dimostra la loro personale responsabilità di essere deboli, una donna vincente può rinnovarsi e trasformarsi attraverso la moda, la dieta e l’esercizio fisico. Quindi diremo che GIOVINEZZA e BELLEZZA sono le caratteristiche che una donna oggi deve continuare ad avere per apparire e restare sempre in prima file. Infatti anche Remaury nel suo libro “Il gentil sesso debole” evidenzia che quasi tutte le donne sono orientate e dirette verso una corsa alla perfezione , con un triplice obiettivo Giovinezza-Bellezza-Salute. In base a questi obiettivi si cerca di creare un corpo libero dalla malattia, dal peso e dal tempo, un corpo esatto grazie alla scienza e ad altre discipline. Mentre Lipovetsky nel suo libro “ La terza donna” racconta di un percorso avvenuto nel tempo della donna, prima svalutata, sfruttata, demonizzata poi diventa l’icone ,l’ideale di virtù, per arrivare poi ad una donna che riesce a controllare e gestire raggiungendo una fase positiva della cultura della bellezza. La Rosi Braidotti invece nel suo libro “Madri, mostri e macchine” mette in evidenza la figura della donna quando è in attesa di un bimbo, il suo corpo si trasforma apparendo agli occhi del maschio come il 2Mostro- Madre” dal corpo deformato. La scrittrice propone alle donne un nuovo corpo creando un legame tra femminismo e tecnologia, che viene definito corpo-macchina.
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    Messaggio  Adriana De Rosa Gio Mag 17, 2012 8:36 am

    L'OMS è l'Organizzazione Mondiale della Sanità,un'agenzia specializzata dall'ONU per la salute,fondata nel 1948 con sede a Ginevra.L'obiettivo dell'OMS è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto di salute.A questo scopo elaborò nel 1970 l'ICD,ossia la Classificazione Internazionale delle malattie che nasceva dall'esigenza di conoscerne le cause,descrivendone le principali caratteristiche cliniche e soffermandosi sull'aspetto eziologico della patologia,e cioè sui motivi e le variabili causali.In questa classificazione,le diagnosi vengono tradotte in codici numerici grazie ai quali avviene la memorizzazione,la ricerca e l'analisi dei dati.L'OMS occupandosi anche di disabilità,elaborò un'altra classificazione,e cioè L'ICIDH con lo scopo di fornire il giusto significato alle parole come menomazione,handicap e disabilità al fine di usarle con ponderazione e cognizione.Ritenendo inoltre,che la salute sia una condizione di completo benessere non solo fisico,ma anche mentale e sociale,l'Organizzazione Mondiale della Sanità,pubblicò nel 2001 il manuale di classificazione ICF,che sta per Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute.
    E' una classificazione sistematica che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa connessi.L'ICF quindi descrive non solo le condizioni di salute ,le malattie,come nel caso dell'ICD;fornisce anche informazioni sul quadro funzionale della persona ossia su cosa quella persona sia in grado o meno di fare,guardando al soggetto nella sua interezza anche in merito alle relazioni sociali.
    Le informazioni date dall'ICF sono suddivise in due parti:Funzionamento e Disabilità,e cioè descrivono eventuali menomazioni,disabilità o invece gli aspetti non problematici;e i Fattori Contestuali,ossia i fattori ambientali,il contesto che influenza la vita del soggetto.
    Il contesto è inteso come l'ambiente in cui la persona affetta da disabilità vive e troppo spesso si dimentica che il disabile è una persona,ma anche un cittadino e come tale ha il diritto di svolgere le proprie attività quotidiane senza doversi trovare di fronte barriere architettoniche,che limitano maggiormente l' autonomia,rendendo ancor più difficile l'esistenza,finendo addirittura per aumentare l' handicap,inteso come la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto con gli altri,quindi come disagio sociale.Fondamentale proprio al fine di non aumentare l'handicap è anche usare le parole con senso,conoscerne il reale significato;sempre più spesso infatti in modo anche inconsapevole si associa la parola ''disabile'' al termine ''diverso'' ,non considerando,così,quelle che sono le abilità che una persona con disabilità possiede.L'associazione di queste due parole alimenta,secondo me,la formazione di stereotipi e pregiudizi che rappresentano la morte della persona nella propria individualità e unicità,dimenticando che si è prima di tutto esseri umani e che ogni forma di etichettamento rappresenta una violenza fatta all'uomo nella sua specialità.
    A parlare di handicap è anche AnnaMaria Murdaca nel suo testo ‘’Complessità della persona con disabilità’’;definisce l’handicap come la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o disabilità che impedisce ad una persona con deficit di portare avanti una particolare attività.E’ insomma un fenomeno sociale,è cioè il contesto sociale a determinarlo.Necessario è quindi,soffermarsi sulla complessità della persona con disabilità,prestare attenzione non solo ai temi del funzionamento,ma anche al riconoscimento della persona nella sua evoluzione.
    ‘’Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione’’sostiene la Murdaca,piuttosto bisognerebbe puntare alla valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e dell’identità.
    E’ questo secondo me il fine ultimo di una relazione educativa,intesa come complesso legame che si instaura tra educatore ed educando;come l’insieme dei rapporti sociali;come scambio reciproco non solo di conoscenze,bensì di emozioni,sentimenti,rispetto e soprattutto fiducia.
    Un educatore che si definisca tale,ha il dovere di prendere in considerazione la persona con disabilità nella sua complessità,mirare come dice la Murdaca non all’accudimento bensì all’emancipazione dei soggetti coinvolti,attraverso quello che lei stessa definisce lo spazio della ‘’cura’’ ,che miri alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e per quello che vuole diventare.
    A mio avviso, partendo da queste considerazioni,una relazione educativa deve basarsi su un confronto alla pari;l’educatore deve essere in grado di sviluppare le potenzialità della persona,facendo si che emerga per quello che è,nella sua interezza e complessità.Deve tener conto della storia di vita di ogni singola persona,realizzando per ognuna uno specifico progetto educativo con l’obiettivo di tirar fuori le capacità di ognuno potenziandole al massimo;un buon educatore,insomma,deve cercare di rendere consapevole la persona con disabilità della sua storia,della sua condizione evidenziandone l’unicità e mettendone in risalto le peculiarità.
    Tutto questo affinchè la persona in questione,non viva con la perenne sensazione di non avere qualcosa,ma piuttosto di avere qualcosa in più che lo rende unico;unici come del resto siamo tutti,ognuno con il proprio vissuto,le proprie emozioni,le proprie caratteristiche che ci rendono speciali e ‘’diversi’’ dagli altri.
    Ed è, a mio avviso, proprio il valore dell’unicità dato dalla diversità ad essere dimenticato;’’siamo diretti verso una corsa alla perfezione,abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza,bellezza e salute’’,questo è il pensiero di Remaury circa il corpo che sempre più spesso è manipolato chirurgicamente e non solo.Credo che sia la stessa società attraverso i media a suggerire i canoni di bellezza e perfezione corporea;al giorno d’oggi giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che una donna deve avere e coltivare per raggiungere obiettivi di diverso genere,dalla posizione sociale a quella lavorativa,sottomettendosi,come afferma Lipovetsky ai modelli dominanti imposti.Per tutti questi motivi si ricorre sempre più spesso alla tecnologia,all’uso cioè di protesi estetiche che non hanno più solo una funzione curativa,bensì di bellezza.Si assiste ad un uso smisurato di questi dispositi,essendo sempre alla ricerca della perfezione:una meta illusoria alla quale consegue un perenne stato di insoddisfazione.
    ‘’La donna capace di deformare il proprio corpo nella maternità diventa per l’uomo qualcosa di orribile,è mostro e madre allo stesso tempo’’,sostiene la Braidotti,la quale propone quindi di incarnare oltre alla maternità e alla mostruosità anche la macchina.
    Credo che,pur essendo secondo me lecito ricorrere all’utilizzo di protesi estetiche trasformando così il proprio corpo nel caso in cui si viva un disagio,non bisogna comunque dimenticare che l’imperfezione rappresenta l’unicità e che la bellezza risiede negli occhi di chi guarda;nel momento stesso in cui chi guarda riconosce la nostra bellezza,dimostra di aver colto l’essenza della nostra anima!
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    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 8 Empty "Siamo noi gli inabili che pure avendo a volte non diamo"

    Messaggio  Roberta Narici Gio Mag 17, 2012 8:51 am

    Dare peso alle parole, e utilizzarle correttamente, può essere un modo per ridurre il disagio delle persone con disabilità, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 1970, ha elaborato l’ICD che fornisce ad ogni disturbo la giusta descrizione, favorendo la chiarezza delle parole e focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico ovvero sulle cause della malattia.
    Nonostante la chiarezza della descrizione, con l’ICD, la disabilità non risulta ancora studiata sotto tutti i suoi aspetti, mettendo, in secondo piano, uno svantaggio fondamentale per le persone con disabilità ovvero quello sociale. Nel 1980 l’ OMS ha favorito la nascita dell’ICIDH ovvero (International Classification of Impairments,Disabilities and Handicaps) che si occupa di una dettagliata classificazione dei termini menomazione abilità e partecipazione per evidenziare i fattori positivi della persona con disabilità. Questo è un passaggio di notevole importanza in quanto si mette in primo piano l’integrazione del soggetto nella società. Quando si parla di menomazione, si intende un danno organico che comporta un danno o un cattivo funzionamento di una parte del corpo, mentre la disabilità è l’incapacità, conseguente da una menomazione di svolgere particolari funzioni considerate “normali” per un individuo.
    L’handicap, invece, è un fenomeno sociale perché è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto con gli altri; è dunque uno svantaggio che limita e, in tanti casi nega, categoricamente lo sviluppo di una vita sociale. È importante sapere, però, che non tutte le persone con disabilità hanno un handicap e non è necessario avere un deficit per essere handicappati.
    Nel 2001,l’OMS ha elaborato un ultima classificazione conosciuta con l’acronimo ICF che sta per “Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute” che vede la disabilità come una condizione di salute derivata da un contesto sociale sfavorevole ed evidenzia parole come capacità e partecipazione con l’intento di partire dalle competenze del soggetto e non dalla malattia.
    L’ICF promuove un’immagine della realtà sia per quanto riguarda la salute fisica della persona sia il benessere della stessa, vista però nella sua globalità. Mentre l’ICD aveva il limite di descrivere solo la malattia e le sue cause, con l’ICF si ha un cambiamento radicale perché si dà importanza soprattutto alle PERSONE più che alla loro disabilità, riuscendo ad avere un quadro funzionale che descrive tutte le capacità del soggetto.
    La parola disabilità sottolinea la mancanza di qualcosa nel soggetto ma questo non esclude che le persone con disabilità non abbiano delle abilità e, a questo proposito, nasce il termine diversabilità che aggiunge le potenzialità del soggetto alla parola.
    Nel commento sugli stereotipi, ho introdotto un termine, la METONIMIA, che è una figura retorica che usa una parte per descrivere il tutto, ovvero sostituisce l’intero con una sua caratteristica. Spesso e magari involontariamente nel nostro linguaggio comune usiamo numerose metonimie nei confronti della disabilità, perché etichettiamo con la disabilità che portano le persone, con un termine: il cieco, il sordo, il paraplegico, quando invece quelle persone portano quella disabilità ma non vuol dire che li definisce. Disabilità dev’ essere letto come un aggettivo e non un sostantivo perché le conseguenze sono l’ulteriore disagio e l’emarginazione delle persone nella società.
    La volontà alla restituzione di dignità, sotto quest aspetto, la evidenzia Gianni Scopelliti nella poesia che abbiamo ascoltato bendate, “Chiamatemi per nome” per sottolineare che prima ancora della disabilità, sua figlia Benedetta, esiste, è una persona a tutti gli effetti e come tale va rispettata e amata.
    Nell’immagine-icona della disabilità che ho ideato, ho cercato di descrivere il disagio e la lotta per la dignità delle persone con disabilità con un punto rosso, aggiunto e non mancato, allo Yin&Yang, emblema della perfezione e dell’equilibrio arricchendo il simbolo, per renderlo più bello.
    Nell’esperienza della simulazione della città, il quale sindaco aveva emarginato me, e tutte le persone “portatrici di occhiali”, abbiamo avuto una sana riproduzione di ciò che accade nella realtà e di quanto la diversità abbia dei paradigmi stabiliti praticamente da nessuno.
    Chi decide cos’è normale e cosa diverso? Tutti siamo diversi nella nostra unicità e la disabilità non è diversità. A questo proposito, Anna Maria Murdaca, nel testo “Complessità della persona e disabilità”mira ad evidenziare l’importanza all’integrazione della persona con disabilità nella società, che non si deve fermare al semplice inserimento ma è necessario che ci sia un processo di inclusione per rendere il soggetto parte del mondo e non una persona di un mondo a parte. Poiché il benessere si realizza soprattutto nell’ambito dello spazio sociale, di importanza fondamentale è il contesto nel quale la persona con disabilità vive.
    Questo, delimita la condizione di handicap e stabilisce i rapporti favorendo l’emarginazione o l’integrazione nella società. E’ necessario dare importanza e valorizzare la persona nella sua complessità e non definire mai nessuno per sottrazione dunque, per quello che non ha, perché siamo tutti responsabili dell’integrazione.
    Qualsiasi azione, anche un solo sguardo può determinare disagio, infatti, qualsiasi incontro umano ha un peso educativo perché ogni persona che passa nella nostra vita lascia un po’ di sé e prende un po’ di noi. In ogni rapporto umano c’è uno scambio alla pari e, durante questo corso, abbiamo incontrato tante persone speciali, tra cui il prof.Palladino, che nonostante la cecità ci ha dato una vera e propria lezione di vita ma cosi come la storia di Oscar Pistorius, Simona Atzori, il signor Ronga, i papà dei bambini autistici, la signora Tina, sono chiari esempi delle numerose risorse e capacità, oltre alla resilienza, che hanno queste persone e degli insegnamenti che ci hanno donato, arricchendo ognuno di noi e aiutandoci a vedere la vita da un'altra prospettiva. Non sono queste le loro abilità? La forza, la tenacia, la voglia di vivere…non sono queste le caratteristiche che li definiscono prima ancora della loro disabilità? Non sono le loro capacità che ricordiamo?
    Anna Maria Murdaca, scrive dell’integrazione e della sua riformulazione e la definisce come accoglienza dell’altro e come condivisione di valori etici. Inoltre, bisogna guardare alla persona nella sua globalità e non definirla per le sue funzioni perché, come già detto, la disabilità è una caratteristica che non definisce la persona.
    L’integrazione è dunque un processo continuo di ricerca di inclusione, non una meta, ma un percorso,è il sollecitare nelle persona con disabilità lo sviluppo dell’indipendenza, la loro unicità e le loro competenze. Le persone con disabilità sono cittadini a pieno titolo e,come tali, hanno diritti e doveri: il diritto ad avere una vita dignitosa e attiva e il dovere di ricercare negli altri e in sé stessi il benessere partendo dai punti di forza. Aver cura degli altri vuol dire dare senso e significato alle esperienze della persona e aiutare a non perdere la speranza nel rispetto della vita. Seppure le barriere architettoniche, il non adempimento delle leggi costituzionali e la poca sensibilità delle istituzioni, impediscono il pieno sviluppo delle persone con disabilità, il vero cambiamento deve partire da noi cittadini per restituire loro il diritto a una vita normale e senza barriere di alcun genere.
    Quando parliamo di disabilità e di disagio parliamo soprattutto di corpo perché più questo è “conforme” alle attuali regole di bellezza, più sottile sarà la difficoltà di integrazione nella società.
    Non sempre, però, le protesi estetiche necessitano di disabilità e vecchiaia, perché oggi hanno il tentativo di dominare la natura e remare contro il creato per raggiungere la sempre più lontana perfezione.
    Nella scala dei valori dei mass media, la bellezza risulta ai primi posti perché il bisogno di essere belli, è una necessità imposta dalla società per avere successo ed essere apprezzati.
    Giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che una donna oggi deve necessariamente avere per restare in televisione, per cui, i modelli che ci vengono proposti dai mass media sono pericolosi e spesso illusori. Remaury, ne “Il gentil sesso debole” sostiene che tutti noi siamo orientati verso la perfezione e abbiamo come obiettivi giovinezza, bellezza e salute. Oggi, infatti, si lotta contro malattia, vecchiaia e morte che sono i tre tabù della società ma grazie ai processi della scienza e della tecnologia, i prototipi di bellezza che ci vengono proposti, possono essere raggiunti, correndo però il rischio di rimetterci la salute.
    Lipovetsky, nel suo libro “la terza donna”, descrive la donna che nasconde la sua sottomissione ai canoni di perfezione ma che percorre la strada per raggiungere il corpo perfetto avvalendosi soprattutto di interventi chirurgici. Purtroppo viviamo in un mondo fatto di stereotipi, dove l’apparire ha la priorità sull’ essere senza capire che la bellezza è qualcosa di più profondo, personale e spirituale.
    Nel suo testo “Madri, mostri e macchine”, Rosi Braidotti, scrive che il rapporto tra madri e mostri viene collegato dagli uomini perché la donna, nella maternità modifica, deformando, il proprio corpo fino a diventare orribile. Rosi Braidotti propone alle donne, immagine di maternità e mostruosità allo stesso tempo, di incarnare anche la macchina perché capace di restituire alla donna la femminilità persa agli occhi degli uomini.
    La diversità è un valore aggiunto, cerchiamo di migliorare la nostra anima arricchendoci con la conoscenza dell’altro.
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    Messaggio  emma mariniello Gio Mag 17, 2012 10:22 am

    Nel 1970 l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) ha elaborato la prima classificazione delle malattie: ICD,essa favorisce la causa delle patologie per ogni disturbo,dando una piena descrizione.
    Negli anni 80 l’ICD viene sostituita dall’ OMS in ICIDH (International classification of impairments disabilities and handicaps) basata su 3 cause menomazione,disabilità e svantaggio,che presto verranno sostituite in:

    -menomazione :qualsiasi anomalia di una funzione psicologica e fisiologica;

    - abilità :incapacità di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti;

    - partecipazione: attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale.

    Nel 2001 viene progettato ICF (classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute) che propone una determinata definizione di disabilità: la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole.
    L’ ICF è considerato dall’OMS come un linguaggio standard che serve da modello di riferimento,esso rappresenta uno strumento per gli operatori nel campo sanitario,sociale e educativi.
    Nel campo della disabilità,ci dobbiamo soffermare sull’utilizzo delle parole. La scelta delle parole va fatta con riflessione perché contengono diversi significati. La disabilità non è solo un deficit,ma è un impegno che va oltre le barriere mentali e architettoniche.
    Spesso non si da molta peso alle parole attirando un aspetto importante,che possono essere dannose per colore che ci ascoltano ,quindi bisogna differenziare le parole.
    Prendiamo come esempio disabile e diverso, la disabilità spesso viene confusa con la diversità. Il disabile è una persona con disturbi fisici o psichici,che non può svolgere normalmente diverse attività quotidiane,differente invece il diverso,perché tutti siamo diversi tra noi,Dio ci ha resi unici.
    La diversità porta alla collocazione di certe persone in un determinato fattore.
    “TUTTI SONO DIVERSI;NON TUTTI SONO DISABILI.”
    Ci sono persone disabili che non si sentono tali,pensiamo ai due esempi di resilienza che abbiamo discusso in aula (Atzori e Pistorius),loro non si sono fermati davanti a nulla,anzi sono ripartiti affrontando tutto gli ostacoli che si ponevano dinanzi a loro,vivendo una vita “normale”.Affrontando le loro barrire,quelle barriere che spesso incontra un disabile con la sedia a rotelle,quante difficoltà che ci sono nel quotidiano.
    Oggi il termine disabile è stato sostituito da DIVERSAMENTE ABILI.
    L’idea di diversabilità nasce dall’esigenza di non trascurare il valore delle persone,mettendo in risalto delle abilità diverse dagli altri,che fa emergere e potenziare,lo scopo è di osservare le persone con un disturbo in una prospettiva nuova. Spesso i ragazzi con disabilità sono invisibili.
    La disabilità non è un mondo a parte ma una parte del mondo.
    “Non si deve definire nessuno per sottrazione” parole della docente ANNA MARIA MURDACA nel libro Complessità delle persone e disabilità. Spesso si parla di disabile visto come un oggetto,ma esso è prima di tutto una persona,e dovrebbe essere considerato non solo per il suo aspetto fisico ma per il suo carattere e i suoi modi di fare.
    Il docente nel suo libro ci propone argomenti importanti come:l’integrazione,la complessità,la cura e la relazione educativa,la globalità delle persone,la disabilità.
    Murdaca mira alla ricostruzione di una nuova cultura del disabile,alle condizioni di vita, a quali ruoli possono assumere e a quali servizi vengono erogati per la loro esigenza.
    Ha dedotto che sono da ostacoli le barriere mentali e culturali le quali determinano l’emarginazione dell’individuo disabile dal contesto sociale,infatti l’ambiente è un elemento che determina l’integrazione del disabile nella società. L’integrazione è un processo continuo,una ricerca continua di soluzioni e si fa riferimento a valorizzare le dotazione individuali.
    Per quanto riguarda il concetto di cura è un atto capace di aiutare le persone con deficit,ridando senso e significato alla propria esperienza personale,diventando cura di sé verso l’accettazione di loro come persone. C’è bisogno quindi di una nuova cultura,attenta a cogliere i comportamenti cognitivi e la qualità di vita dei soggetti,avere cura della propria persona attraverso l’emancipazione sentendosi appartenenti alla comunità educatrice,dove diventa il luogo da cui ci si ripara da tutti i mali. Nel luogo educativo si respira un’aria solidale piena di vita ,nascendo tutto dalle relazioni educative che si istaura tra educatore ed educando. L’educatore anticipa un supporto,in quanto è pronto ad affrontare e sostenere le problematiche del educando,essi sono soprattutto rapporti umani. Infatti nelle scuole,nei centri sociali dovrebbe essere un vero e proprio arricchimento di formazione dell’educatore, e deve essere predisposto all’ascolto ,cercando di separare le differenti situazioni che si mostrano e i diversi fattori che si presentano come:l’età,la situazione familiare e la nazionalità. In aula abbiamo assistito a due esempi di relazioni educative,tra madre figlio e educatrice,e adolescente educatrice,entrando così nel vivo,emergendo diversi aspetti,come quello del cambiamento,non essendo immediato a volte non avverrà mai,l’importante non arrendersi e impegnarsi in un costante impiego ma soprattutto metterci tanto amore.
    E’ importante educare ogni singola persona in modo tale da trasmettere ottimi e veri modelli di esempi,no come i media di oggi,che distruggono la testa delle ragazza influenzando con dimostrazione sbagliate. E di bellezza ne parlano proprio gli autori Remaury, Lipovetsky e Braidotti soffermandosi nella cultura dell’immagine nelle donne confondendosi con la bellezza. Bellezza e bruttezza sembrano concetti antitetici. Per la società di oggi giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che una donna deve continuare ad avere, e recentemente grazie alla chirurgia estetica hanno permesso di manipolare la materia del corpo,cambiando radicalmente l’idea del corpo stesso. Remaury nel “Il gentil sesso debole” dice che siamo orientati verso la perfezione mirando ad un triplice obiettivo: bellezza giovinezza e salute. Il corpo trasfigurato è legato all’immagine della perfezione; il corpo esatto compie progressi verso la perfezione; il corpo liberato lo è dalla malattia è così che Lipovetsky nasconde la sottomissione dei modelli dominanti imposti. Nel suo libro “La terza donna” è basata sull’apparente acquisizione di grazia,facendola venire fuori come colei che gestisce la propria immagine, un corpo è considerato libero e perfetto.
    Braidotti con il suo testo “ Madri mostri e macchine” intende interrogarsi sulle modalità e visione del corpo femminile in attesa di un bambino. Questo corpo appare agli occhi degli uomini come mostro-madre dal corpo deforme,ed è per questo che viene riproposto alla donna un nuovo corpo definito corpo –macchina determina dalla nascita di un nuovo corpo. A questo possiamo riallacciarci alle chirurgia estetica,ormai il mondo di oggi vive tutto con molto superficialità,basandosi solo sull’apparenza e non sforzandosi di andare oltre. Ma è anche vero che se le persone ricorrono alla chirurgia estetica è per un aiuto a non sentirsi sconfitti e a piacersi, perchè se abbiamo autostima di noi,non cadiamo nell’errore oppure in una malattia che dopo è difficile uscire. Vi porto l’esempio di mia cugina che sperimentava tutte le diete del mondo per dimagrire,ma non si riusciva mai a piacere perché aveva un seno enorme,da quando si è operata e si è ridotta il seno,lei è più sicura di se e non si nasconde più quando si affronta un dialogo, soprattutto se questa persona è un uomo. Abbattiamo le nostre barriere mentali,superiamo i nostri ostacoli e non permettiamo a nessuno di non toglierci il sorriso,perché dobbiamo sorridere alla vita e prima o poi la vita ci sorriderà.
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    Messaggio  luisa formisano Gio Mag 17, 2012 11:16 am

    L’OMS rappresenta l’ organizzazione mondiale della sanità di cui la prima classificazione elaborata è stata la classificazione internazionale delle malattie ovvero ICD nel 1970 fatta per dare una causa alle malattie viste da un punto di vista eziologico e in cui le diagnosi sono tradotte in codici numerici per facilitare la memorizzazione e la ricerca. (menomazione, disabilità, handicap). Nel 1980 nasce ICDH ,una nuova proposta dell’ OMS, basata su tre elementi interagenti e interdipendenti: menomazione, abilità e partecipazione cioè si comincia a dare importanza alle sue possibilità e capacità di essere coinvolto in società. Bisogna utilizzare in maniera corretta le parole poiché disordini linguistici possono aumentare l’ handicap anziché ridurlo. Per menomazione si intende qualsiasi perdita o anormalità di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Essa rappresenta un danno organico o funzionale relativo ad uno specifico settore. La menomazione intesa come perdita o anomalia può essere temporanea, accidentale e degenerativa. Per disabilità si intende una incapacità si svolgere una attività ,particolari compiti o funzioni nei modi e nei limiti ritenuti normali per l’ uomo. Per handicap si intende il disagio sociale e le difficoltà che le persone con disabilità incontrano nel confronto esistenziale con gli altri; indica uno situazione di svantaggio dovuta da menomazione o disabilità impedisce al soggetto l’ adempimento di un ruolo. Non bisogna confondere deficit con handicap poiché ciò crea confusione tra difetto organico (deficit) e la difficoltà nel maturare capacità necessarie per una progressiva realizzazione della personalità del soggetto. Tutto ciò dunque ci induce a riflettere su queste parole e bisogna capire che la disabilità può portare all’ handicap ovvero le difficoltà che il soggetto incontra rapportandosi all’ ambiente; invece l’ handicap può avvenire per una menomazione ma senza comportare uno stato di disabilità. Nel 2001 nasce una nuova classificazione ICF secondo la quale la disabilità è considerata una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. I termini menomazione, disabilità e handicap vengono sostituiti da funzioni , strutture corporee, attività e partecipazione per indicare una maggior attenzione alle capacità e possibilità di coinvolgimento sociale del soggetto. L’ icf è un linguaggio standard utile per descrivere la salute e gli stati a essa correlati , essa può essere utilizzata in diversi ambiti sanitario. Educativo,sociale. L’ ICF non classifica solo condizioni di salute , malattie come ICD ma le conseguenze associate alle condizioni di salute ponendo come punto principale la qualità della vita delle persone affette da una patologia . tutte le persone con disabilità hanno diritto di essere parte naturale della società. È necessario inoltre saper distinguere inoltre i termini disabile e diverso io stessa ho trovato difficoltà nel farlo quando la professoressa ci ha proposto un esercizio di gruppo che consisteva nell’ attribuire un significato ad alcune parole tra cui queste . uno degli aspetti positivi dell’ esercizio è che vi era la possibilità di negoziare diversi punti di vista con altri colleghi dunque la possibilità di crescere professionalmente. Il disabile è colui che è impossibilitato a svolgere le normali attività, colui che è affetto da disfunzioni motorie o cognitive , colui che ha una mancanza di una abilità oppure il diverso funzionamento di essa. Il disabile è anche ciò che gli altri pensano di lui di solito nei confronti dei disabili si usa un atteggiamento di pietismo o di comune indifferenza. Credo che non sia giusto utilizzare il termine disabili ma diversamente abile in quanto un individuo può non avere delle competenze ma ciò non significa che non abbia delle altre abilità. “tutti sono diversi; non tutti sono disabili”. Ho potuto constatare ciò grazie a alcune esperienze che io e le mie colleghe abbiamo potuto vivere grazie alla docente quali l’ esperienza sulla cecità nella quale tutti noi ci siamo bendati con dei foular e abbiamo vissuto qualche istante da ciechi. Ciò che mi colpito è il fatto che in quei momenti ho dato importanza a cose che normalmente non noto da “normodotata” : i piccoli rumori , le voci anche un soffio di vento sembrava attirare la mia attenzione. Dunque chi è cieco non deve essere visto come disabile ma diversamente abile perché questi soggetti hanno la capacità di percepire le cose in modo diverso da noi ma ciò dunque non significa che non siano in grado di farlo. Un’ altra esperienza che mi colpita riferita a ciò è stata quella di simona atzori che nonostante non abbia le braccia riesca a fare quello che noi normalmente facciamo ballare , dipingere con estremo equilibrio e armonia. Probabilmente se mi trovassi nella sua stessa situazione non sarei affatto capace di dipingere e danzare con il solo utilizzo dei piedi. Ma ciò che caratterizza queste persone e un qualcosa che sicuramente è da ammirare cioè la resilienza , il voler affrontare tutto e tutti con forza e coraggio nonostante le avversità.
    Ricorda sempre che sei unico esattamente come tutti gli altri
    2) anna maria murdarca è l’ autrice del testo complessità della persona e disabilità. Il suo testo mira a tre elementi principali : ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, rimodulazione del termine integrazione , le comprensioni delle reali condizioni di vita di una persona disabile. Innanzitutto bisogna offrontare il discorso sulla disabilità adottando l’ ottica della globalità cioè in tutti i suoi aspetti . l’ autrice ,riguardo all’ handicap, afferma che è il contesto sociale a favorire il processo di emarginazione ed esclusione del soggetto. Una delle tematiche affrontate dall’ autrice è quella di ambiente (scuola, famiglia) che può essere considerato come barriera o come facilitatore per la persona con disabilità. In riferimento a quest’ ultima murdarca indaga sui ruoli che le persone disabili possono assumere e su quali servizi vengono fatti per le loro esigenze. Bisogna valorizzare la persona umana cosi per come è senza definire nessuno per sottrazione cioè senza definire il soggetto con disabilità per quel che non sa fare . l’ integrazione è un processo continuo ,una continua ricerca di soluzioni per preservare i diritti delle persone disabili. ogni disabile ha a sua storia ciò che è importante è sviluppare nei soggetti disabili indipendenza e emancipazione. È necessario vedere i disabile come cittadino a pieno titolo coiè c’ è bisogno di una società che non dimentichi il disabile ma che si interroghi su ciò che si può ancora fare per loro , guardare i disabie per la sua presenza e non assenza di funzioni. Un’ esperienza di emarginazione è stata vissuta in aula con a docente mediante una simulazione : In aula abbiamo simulato un esempio di emarginazione nel rapporto sindaco- cittadini prendendo di riferimento come categoria di emarginati le persone che portano gli occhiali che venivano messe cosi da parte dimenticate da tutti e tutto senza permettere loro di prendere voce in capitolo. Credo che l’emarginazione ad una determinata categoria di persone non possa essere da noi attribuita sulla base di pregiudizi, ignoranza ma che si il soggetto a scegliere di vivere in solitudine oppure meno poiche deve essere libero di fare scelte per la propria vita e di vivere come vuole. Un’ atro tema affrontato dall’ autrice è quello dell’ educazione per il disabile. In una relazione educativa tra docente e ragazzo disabile è importante far emergere le doti di quest’ ultimo con programmi specifichi, occorre mettere in luce non le sue mancanze ma abilità. Costruire una relazione significa costruire qualcosa di significativo che induce al cambiamento di entrambi i partner coinvolti. L’ educatore deve porsi in un atteggiamento di accoglienza ; accogliere significa lasciare spazio alla libertà dell’ altro, è necessario dunque predisporsi all’ ascolto. Esistono diversi tipi di relazioni mamma-figlio; educatore-educando ciascuna basata su una motivazione per esempio quella del bambino è fatta per motivi di bisogno e sopravvivenza; nel caso della relazione educativa la finalità è quella di educare alla relazione con gli altri. In qualsiasi relazione tra due o più persone avviene uno scambio dove si da e si riceve qualcosa ed è uno scambio di emozioni tra persone
    3) nel corso degli anni l’ idea di bellezza relativa al corpo femminile è mutata prima veniva adottato il collare perche si riteneva che avere un collo lungo fosse bello esteticamente ; uso del corpetto per avere un girovita strettissimo ecc…. oggi traspare un altro ideale di bellezza grazie alla diffusione dei mass media ossia quello legato alla figura della donna magrissima con qualche ricorso alla chirurgia estetica per gonfiarsi un pò le labbra e rifarsi il seno. Oggi si è diffuso ancor di più il disprezzo per il corpo che è visto come qualcosa di mancante come una macchina che va riparata o in cui c’ è bisogno di sostituire qualcosa. A proposito di tale argomento la braidotti afferma che la donna riuscendo a cambiare il proprio corpo diventa agli occhi del sesso maschile qualcosa di orribile, un mostro. Nel suo testo MADRI MOSTRI E MACCHINE l’ autrice definisce il suo concetto di mostro che per lei è l’ incarnazione della differenza dalla norma dell’ umano-base: è un a-normale, abnorme. REMAURY afferma dice che oggi siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione ci poniamo un triplice obbiettivo : giovinezza-bellezza-salute. Lipovetsky invece nel suo testo “la terza donna” ci mostra tre passaggi epocali: c’era una volta la prima donna, svalutata, sfruttata… poi è venuta la seconda donna: l’icona, l’ideale di virtù; ed infine la terza donna: che racchiude in sé le due precedenti ma finisce col superarle in una nuova accezione: cioè quella di donna indefinita. Oggi la bellezza per il corpo è diventata un ossessione per quasi tutte le donne e ciò a mio avviso risulta preoccupante , in fondo bisogna essere felici per come si è e non cercare di essere diversi da se stessi.

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    Messaggio  Antonella De Rosa Gio Mag 17, 2012 4:41 pm

    Nel 1970 L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) al fine di migliorare la qualità della diagnosi elaborò l’ ICD, ovvero una classificazione Internazionale delle malattie, al fine di riuscir a cogliere le cause delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche, e divenendo così un ‘enciclopedia medica. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici, i quali, rendono possibile la memorizzazione , la ricerca e l’analisi dei dati. Con il passar del tempo L’OMS , a causa di alcuni limiti dell’ ICD nell’ applicazione,nel 1980 istituisce ICIDH, ovvero “Classificazione Internazionale delle malattie”,in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze. Con l’ICIDH, a differenza dell’ICD il quale classificava la disabilità come malattia, non si parte più dal concetto di malattia inteso come menomazione, ma dal concetto di salute, inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale che riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con l’ambiente. Lo schema che segue l’ICIDH è il seguente:
    -Menomazione.
    -Abilità
    -Partecipazione.
    Quest’ultimo fattore implica una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale, al fine di favorire un cambiamento nell’atteggiamento assunto nei confronti del disabile. L’ ICIDH, quindi, nasce come classificazione che favorisce i vantaggi piuttosto che gli svantaggi. Essa è caratterizzata da tre componenti fondamentali:
    •Menomazione: qualsiasi perdita o anormalità transitorie o permanenti a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica
    •Disabilità: limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un’attività nel modo cosiddetto normale.
    •Handicap: difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione.
    Nel 2001 l’ OMS sviluppò l’ultima classificazione, ovvero ICF “La Classificazione Internazionale del funzionamento,disabilità e salute”, secondo la quale la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Essa descrive lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. È il contesto sociale, quindi, a determinare la condizione di handicap!
    Una delle tante difficoltà delle persone disabili è senz’altro causata delle barriere architettoniche! In aula abbiamo tanto discusso su questo problema e attraverso l’esercizio dell’ orologio e dalla visione di alcuni filmati abbiamo potuto constatare che attualmente per un disabile è veramente difficile vivere la vita con serenità. Ciò perché gli ostacoli si trovano ovunque,in casa ( per chi non ha la fortuna di potersi permettere una casa domotica, che come abbiamo potuto vedere è di grande aiuto per le persone disabili grazie ad un sistema che rende intelligenti le apparecchiature e i sistemi della casa, i quali possono essere controllati dalla persona tramite opportune interfacce utente), e soprattutto per strada,basti pensare alle strade rotte, agli autobus senza le apposite pedane, alle auto che egoisticamente parcheggiano nei posti riservati ai disabili o a coloro che parcheggiano sulla discesa. si comprende così come l’handicap possa essere definito tale solo in rapporto alla situazione ed al contesto socioculturale che la persona ha attorno a sé.
    Molto importante, inoltre, è riflettere sulle parole, queste ultime sono armi a doppio taglio e noi dobbiamo dargli il giusto peso e capirne il vero significato soprattutto quando si parla di persone con disabilità. Dobbiamo scegliere le parole da usare con ponderazione . Non dobbiamo e non possiamo confondere parole come disabile , deficit, malattia ed handicap. Ognuna di queste parole racchiude un significato diverso , dietro a ciascun termine c’è una disagio , una storia , una persona.. Mi colpì molto una citazione di Canevaro “ utilizzare termini impropri e fare confusioni linguistiche, può essere un modo per aumentare l’ handicap anziché ridurlo”. Alcuni dei termini di cui si fa spesso un uso improprio sono disabile e diverso.
    Il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana a causa di disfunzioni motore o cognitive.
    Di solito nei confronti del disabile si tende ad assumere un atteggiamento di pietà. Esistono persone che scoprono il proprio disagio nel momento in cui si confrontano con persone normodotate, e altre che non si sentono tali e compiono qualsiasi attività come Simona Atzori la quale disse "i veri limiti sono negli occhi di chi ci guarda".
    Il diverso, invece, è colui che viene categorizzato, classificato dalla società perché portatore di schemi mentali, fisici e comportamentali difformi dalla normalità. Di solito il diverso non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società suo malgrado,esempio esemplare a mio avviso è il lavoro svolto in aula sulla città, le ragazze con gli occhiali vennero del tutto emarginate per una cosa futile,ma nessuno le degnò di considerazione, vennero ignorate del tutto solo perché in quella situazione loro erano le diverse da allontanare!!! Di solito del diverso si ha paura si cerca di isolarlo poiché incute terrore. A tal proposito mi viene in mente il film che abbiamo visto in aula“indovina chi viene a cena” in cui un uomo veniva rinnegato solo perché nero! ( Ricorda sempre che sei unico, esattamente come tutti gli altri Anonimo).
    Tutto ciò avviene perché come afferma Anna Maria Murdaca nel testo Complessità della persona e disabilità la società attuale non ha ancora adottato l’ottica dell’inclusione e della globalità. Per poter affrontare tematiche come integrazione, l’inclusione e l’inserimento del disabile, la globalità delle persone … occorre abbandonare i propri limiti ed aprirsi ad una cultura ricca di orizzonti nuovi,lavorare sulla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità. Per fare ciò bisogna riflettere sulle principali norme e disposizioni che regolano la tutela ed i servizi in favore dei soggetti in situazione di disagio; sul problema delle barriere architettoniche e delle emergenze, sulle possibilità e le potenzialità di inserimento lavorativo. Non bisogna essere superficiali ma occorre soffermarsi sull’ identità dell’individuo con disabilità, poiché non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione dal momento in cui si tratta di persone, i quali devono essere, come tutti, caratterizzati per capacità non per quello che non sanno fare. Alle volte basterebbe anche solo ricordarsi che parlare di disabilità parlare di persone.
    L’obiettivo finale proposto da Murdaca è la valorizzazione delle persone attraverso una nuova politica socio-educativa, basata sull’integrazione,sulla differenziazione e sulla personalizzazione.
    L’integrazione è un processo composto da una continua ricerca di soluzioni al fine di salvaguardare i diritti dei disabili! Inoltre essa va guardata sotto due aspetti:
    •come accoglienza verso diverse identità in prospettiva umanistica
    •come condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità – autonomia, identità, potenzialità personali.
    Murdaca, si sofferma tanto sul concetto di integrazione perché afferma che è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap a causa degli ostacoli che favoriscono l’esclusione. A tal proposito,ella, parla anche dell’ambiente e della sua influenza sulla vita delle persone. La famiglie e gli insegnanti devono guardare oltre la scuola ed entrare nell’ottica che le capacità e le competenza devono uscire dalle aule scolastiche ed entrare nel mondo lavorativo. Per fare ciò è necessario parlare di relazione educativa che vede educatore ed educando interagire tra loro. Essa è un momento di scambio reciproco, di arricchimento personale sia per l’uno che per l’altro. Ogni componente di tale relazione lascia qualcosa di se ne riceve qualcosa in cambio. L’educatore deve essere predisposto al dialogo e all’ascolto, deve saper interpretare anche i gesti del ragazzo che ha di fronte perché quelle che contano sono più le parole non dette che quelle dette!!
    Come ho già accennato in precedenza l’ambiente, il contesto sociale, l’opinione delle persone; condizionano molto la persona poiché oggi apparire è più importante di essere. E ciò lo possiamo constatare anche dalle pubblicità che invado la nostra vita quotidianamente. Durante il corso abbiamo anche parlato delle protesi estetiche, e ci siamo travate tutte d’accordo sul fatto che oggi se non sei alta, snella e con un bel viso non vai da nessuna parte! Per questo ora in giro si vedono molte, anzi moltissimi bambole di silicone, tutte uguali, tutte con lo stesso viso, perdendo così quell’unicità che ci caratterizza. Questo tema viene trattato da diversi autori tra cui: Remaury, Lipovetsky e Braidotti.
    Remaury, scrive “il gentil sesso” e le “immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute”.In questi libri, parla della bellezza delle donne le quali mirano alla perfezione ponendosi un triplice obbiettivo: giovinezza – bellezza- salute.
    Lipovetsky scrive “la terza donna” in cui ci mostra il passaggio epocale della donna in 3 fasi:
    1)La prima donna era svalutata e sfruttate …
    2)La seconda donna era l’icona, l’ideale di virtù
    3)La terza, infine, racchiude in sé le due precedenti ma le supera formando l’ eccezione della donna indefinita. Costretta a percorrere la via della perfezione poiché è quello che la società offre.
    Braidotti scrive “madri mostri e macchine” e tratta il tema della figura femminile la quale nel periodo materno va incontro ad una trasformazione corporea, questo corpo agli occhi dell’uomo appare come il mostro-madre dal corpo deforme, e per questo identificato come un corpo-macchina… orribile ma allo stesso tempo affascinante.
    Voglio concludere con una frase che mi disse mia nonna ad una mia frase ironica, ovvero “Nonna perché non vai a toglierti tutte queste rughe?” E lei mi disse: “ Queste rughe sono parte del mio cammino, sono i miei sorrisi e le mie lacrime… Non le toglierei mai perché sono fiera di portarle…”
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    Messaggio  SerenaMele Gio Mag 17, 2012 6:44 pm

    1)L' OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, elaborò, nel 1970, una prima classificazione Internazionale delle malattie, ICD. Questa classificazione fornisce per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. E' una sorta di enciclopedia medica in cui le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibili la memorizzazione e la ricerca. La disabilità viene paragonata alla malattia.
    Nel 1980, l'OMS, elaborò una nuova classificazione internazionale, ICIDH.
    Questa classificazione si basa su tre fattori: la menomazione, anormalità transitoria o permanente che comprende difetti o perdite di arti,tessuti o il sistema delle funzioni mentali; la disabilità, qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione di qualche capacità; l'handicap, lo svantaggio, la difficoltà nel confronto esistenziale con gli altri, il disagio sociale. Queste verranno sostituite da menomazione, abilità, partecipazione (il coinvolgimento sociale).
    Nel 2001, l'OMS, pubblicò il manuale di classificazione ICF secondo cui la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. I termini menomazione, disabilità, handicap vengono sostituiti da funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione.
    L'intento di questa classificazione è quello di indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. Evidenzia come le persone vivono con la loro condizione e come sia possibile migliorarla.
    Nel campo della disabilità è molto importante riflettere sui termini da utilizzare.
    Utilizzare termini impropri o fare disordini linguistici può essere un modo per aumentare l'handicap anzichè ridurlo.
    Essere disabile non significa essere diverso. Spesso sono glio occhi degli altri che fanno sentire diversi, come si è evinto dalle poesie scritte da persone con disabilità quali "L'ANGELO DEL SIGNORE" di Riccardo Fafnir e "Chiamatemi per nome" di Gianni Scopelliti. Ognuno di noi è diverso dall'altro, per cui chi può stabilire qual'è la "normalità"?.
    Inoltre, non bisogna provare pietà per coloro che hanno una disabilità perchè questo non significa aiutarli. Avere limiti non è una cosa standard, se non te li senti non ce l'hai. Spesso succede che, intenzionalmente o no, si tende ad emarginare persone con disabilità come se fossimo tutti abitanti di una città e una parte di noi (es: coloro che indossano gli occhiali) fossero emarginati. Questa osservazione ci permette di immedesimarci nella vita dell'altro. Si riesce a riflettere bene a come ci si può sentire lontano dalla società e non riuscire ad integrarsi, e a come, invece, si possa, anche involontariamente, non prestare attenzione a quanto a volte le nostre azioni possano influire sugli altri negativamente. Nel nostro caso di cittadini ed emarginati, ho notato come gli emarginati siano rimasti in disparte senza provare a dar voce alle proprie emozioni ma che, se qualche cittadino fosse corso in loro aiuto, facendoli partecipare alla festa, l'avrebbero fatto con molto piacere.
    Bisogna pensare all'integrazione dei disabili anche attraverso il superamento delle barriere architettoniche. Presi dalla quotidianetà sono rari i momenti in cui si pensa a come i disabili svolgano la loro quotidianetà. Prestando attenzione alle strade che ogni giorno percorriamo e ai servizi di cui usufruiamo, risalta subito agli occhi quanto le strade e i servizi pubblici non siano adatti per una persona disabile (mancanza di scivoli vicino ai marciapiedi, montacarichi o ascensori nelle metropolitane, ecc...). Questo non aiuta di sicuro a vivere una vita serena se si hanno anche difficoltà (evitabili) per andare a comprare un giornale.
    Purtroppo molti disabili si sentono diversi proprio perchè non riescono a svolgere una vita in completa autonomia, sia in casa propria sia nello svolgere determinati lavori.


    2) Anna Maria Murdaca è l'autrice del testo "Complessità della persona e disabilità".
    Murdaca ritiene che occorre abbandonare la logica dell'inserimento e dirigersi verso l'inclusione, ovvero bisogna guardare la globalità di una persona, non scomporla in funzioni evidenziando ciò che non può fare ma, anzi, bisogna dare importanza alle capacità residue.
    Spesso è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap. Le barriere architettoniche e/o mentali contribuiscono a favorire il processo di esclusione ed emarginazione. Ad esempio, come barriera, limite, mentale si può considerare la riflessione sulle diverse "categorie". Si può notare quanto sia diffice dare una spiegazione a vari termini grazie ai limiti mentali che un essere umano può avere. Ad esempio se si pensa alla categoria "mostro" può risaltare alla mente l'immagine di una persona con malformazioni fisiche ma chi dice che è così? Non ci sono parametri che stabiliscono qual'è e cos'è la normalità ma sono solo dei limiti imposti da noi stessi.
    Si pensi a quanto anche le barriere architettoniche contribuiscano a favorire le esclusioni. Se uscendo da casa, o stesso in casa propria, non si riesce a svolgere determinate azioni che una persona normodotata può svolgere con tranquillità ci si sente diverso e allo stesso tempo emarginato. Con il passare del tempo per fortuna la tecnologia, con le case domotiche, sta aiutando le persone disabili a vivere la vita esattamente come tutti gli altri senza dover rinunciare a niente, nemmeno a vivere da soli senza aver bisogno dell'aiuto di nessuno.
    Per cui l'integrazione della persona con disabilità è un processo continuo che comprende contemporaneamente vari ambiti quali famiglia, scuola, società. (legge 5.92 n° 104)
    Non si mira all'accudimento ma all'emancipazione del soggetto con disabilità. Lo si deve aiutare a trovare una propria identità e il suo posto nel mondo.
    L'educatore deve offrire al disabile delle opportunità affinchè questo possa riflettere su di sè e sulle proprie capacità eliminando maschere e disagi e scoprendo le forze resilienti capaci di far superare le difficoltà. Un esempio di resilienza lo possiamo riscontrare in Simona Atzori. Una ragazza nata senza braccia che nonostante ciò non rinuncia a vivere. Danza, dipinge e scrive con i piedi. Simona non rimpiange quello che lei è poichè ritiene che "Dio non mi ha tolto niente. E' così che è Simona ed è così che doveva essere".
    Ogni rapporto umano è educativo perchè si riceve sempre qualcosa in cambio. E' molto importante il rispetto reciproco, educatore/educando, e saper rispettare i tempi delle persone. Non bisogna impostare il rapporto come "io insegno e tu appendi" ma bisogna mettersi sullo stesso piano senza precludersi la possibilità di imparare cose nuove.
    In aula abbiamo fatto varie simulazioni su come ci si deve comportare durante gli incontri educatore/educando e di quanta importanza abbiano i movimenti del corpo. Bisogna essere accoglienti e amichevoli. Protendendo il corpo verso colui che ci chiede aiuto si mette l'altro a proprio agio e si ispira un senso di fiducia. Può succedere, specialmente ai primi incontri, che l'interlocutore che avremo difronte non parli, non si esponga, per cui è molto importante creare un ambiente familiare e di fiducia.
    Bisogna tener conto che ogni disabile ha la sua storia, non siamo tutti uguali per cui ogni processo educativo deve essere differenziato e personalizzato e deve puntare a potenziare le capacità di ogni persona e non a evidenziare ciò che non si può fare.
    Bisogna guardare il soggetto con disabilità in tutta la sua globalità e mirare alla sua inclusione nella società.



    3) Ai giorni d'oggi tutti, ma in particolare le donne, sono sottomessi ai canoni di giovinezza, bellezza e salute proposti dai mass media e dalla moda. Spesso per raggiungere questi obbiettivi si ricorre anche alla chirurgia plastica e alle protesi estetiche e, quindi, anche a provare dolore pur di essere belli, come la società ci vuole. Queste tecniche spesso sono prese troppo alla leggera. Se una persona ha un reale senso di inadeguatezza dovuto a qualche difetto fisico pronunciato, le protesi estetiche possono aiutare a sentirsi meglio; ma spesso oggi le protesi e la chirurgia in generale vengono usate per somigliare a qualche personaggio pubblico o per migliorare un fisico che non ne ha bisogno, procurando anche difetti e conseguenze irreparabili.
    Vari autori si sono soffermati sul concetto di bellezza e perfezione:
    Remaury , nel "Il gentil sesso debole", ritiene che siamo orientati verso la perfezione perseguendo l'obiettivo di giovinezza-bellezza-salute. Un corpo può essere considerato trasfigurato, quando è legato all’immagine della perfezione corporea, grazie anche ai progressi della scienza.
    Lipovetsky sostiene che la donna riuscirà a raggiungere la perfezione, tanto desiderata, scegliendo tra l'eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale. Egli ritiene che un corpo diventa libero, energico e perfetto quando si libera dalle minacce provenienti dal mondo esterno quali peso, tempo e malattie.
    Rosi Braidotti, nel suo libro "madri, mostri e macchine", tratta il corpo femminile che, durante la maternità, si deforma trasformandosi in qualcosa, per l'immaginario maschile, di mostruoso, ma allo stesso tempo da vita a qualcosa di meraviglioso. Madri e mostri allo stesso tempo.
    Marta Iannaccone
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    Messaggio  Marta Iannaccone Gio Mag 17, 2012 6:45 pm

    Il passaggio che si è avuto dall'ICD all'ICF è un passaggio di grande importanza.La prima classificazione elaborata dall'Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) fu nel 1970 e si trattava della Classificazione Internazionale delle Malattie,in breve ICD.Questa classificazione aveva come scopo quello di fornire una descrizione delle principali caratteristiche di sindromi e di disturbi.Quindi notiamo già dalle parole,fondamentali per formulare i nostri discorsi in ogni campo,ma nel campo della disabilità in modo particolare come vedremo più avanti,che questa classificazione DESCRIVE,ci da delle informazioni circa le caratteristiche cliniche e indicazioni diagnostiche in riferimento a sindromi e disturbi,insomma funge come una sorta di enciclopedia medica.Con lCF ci si discosta da questa prospettiva assumendone una del tutto nuova ed anche più significativa.La Classificazione Internazionale del funzionamento della disabilità e della salute,in breve ICF,la disabilità viene descritta anche in base ad altri criteri e diviene una condizione di salute che deriva da un contesto sfavorevole.I termini utilizzati in precedenza come menomazione,disabilità ed handicap vengono sostituiti da altri tipi di termini come
    • funzioni
    • strutture corporee
    • attività e partecipazione
    con un intento importante e cioè quello di dare una maggiore attenzione non a quello che il soggetto non sa fare,ma di porre l'accento su ciò che il soggetto può fare e alle sue possibilità di coinvolgimento all'interno della società.Quindi qui,in questo contesto, si vuole andare un pò oltre le condizioni di salute e si vogliono andare ad osservare le conseguenze che sono associate alle condizioni di salute.Ci si inizia a preoccupare della qualità della vita delle persone affette da patologie,si cerca di vederne i punti forti e quelli deboli per poter migliorare la loro condizione.Per avere un quadro completo della persona affetta da disabilità non è infatti possibile basarsi sulle informazioni più che altro mediche fornite dall'icd,bisogna andare oltre abbracciando anche altri ambiti come ad esempio quello
    • educativo
    • sociale
    diventa importante guardare alla persona nella sua interezza che comprende anche le relazioni sociali.La classificazione dell'icf inoltre divide le informazioni che riguardano la salute della persona in due parti:Funzionamento e disabilità e fattori contestuali.
    In ''funzionamento e disabilità'' qui possono essere sia individuati i problemi che possono contribuire a definire il termine di disabilità oppure possono anche occuparsi degli aspetti non problematici della salute del soggetto.
    Nei ''fattori contestuali'',come ci suggerisce già l'espressione,sono presi in considerazione i fattori ambientali.

    Come ho accennato precedentemente ogni parola ha un suo peso e per questo motivo ogni parola deve essere utilizzata con attenzione per non generare confusioni.Spesso ad esempio facciamo un gran caos tra le parole come ''disabile'' e ''diverso''.
    Partiamo dal primo termine.Con il termine disabile ci si riferisce ad un soggetto che
    non ha la possibilità di svolgere le attività quotidiane al pari di un soggetto normodotato,che può avere delle disfunzioni ti tipo motorio e\o cognitivo e che è caratterizzato dal mancanza di una oppure più abilità o dal loro diverso funzionamento.
    Importante dire che spesso il disabile soffre a livello psicologico della sua disabilità,non in quanto tale,ma di ciò che gli altri pensano di quest'ultima,per esempio nel video dell'Atzori visto in aula,a tutti è riomasta impressa la frase che dice che i nostri limiti sono negli occhi di chi ci guarda.Molte volte infatti il disabile viene trattato con atteggiamenti pietistici,le persone sono dispiaciute dalla sua disabilità anche se il soggetto in questione non fa della sua disabilità un dramma perchè ha imparato il giusto modo di convivere con essa,dunque la disabilità non consiste solo nell'avere un limite,nel vedere solo cosa il soggetto NON sa fare bensì bisogna vedere anche ciò che il soggetto è riuscito e riesce a fare per superare una difficoltà.Per il motivo di cui ho parlato pocanzi infatti con il passar degli anni stiamo assistendo ad una maggiore ''insofferenza'' al termine ''disabilità'' volendo sostituire questa parola con il termine più preciso di ''diversabilità'' che secondo me va a conferire maggiore ''giustizia'' a queste persone.Ma spesso chi vive in modo diverso dal nostro fa paura,non sappiamo come affrontare la cosa e purtroppo,troppo spesso tendiamo ad emarginarlo,ad allontanarlo da noi.In aula,durante uno dei nostri laboratori,abbiamo fatto una simulazione del genere che si basava sull'emarginazione.Io sono stata parte del gruppo di emarginati e anche se era solo una simulazione io,come tutti i miei colleghi,abbiamo capito in piccolo cosa una persona prova nel momento in cui il mondo va avanti,le persone vivono la propria vita e tu sei lì,fermo,che osservi gli altri senza essere coinvolto in nessun tipo di situazione.è questa l'impressione che mi da l'emarginazione...quella di un mondo frenetico,di persone che vivono e l'emarginato che guarda in disparte.Spesso sono proprio i disabili che diventano emarginati anche perchè viviamo in una società che non permette loro di vivere una vita ''normale'',poichè almeno qui in Italia,viviamo in città stracolme di barriere architettoniche dove non è assolutamente possibile nemmeno fare le cose più banali come abbiamo potuto vedere anche nel video delle iene.Già pensare alla NOSTRA vita,cercando di metterci nei panni di un disabile,sembra tutto così ostacolato come abbiamo visto nell'esercizio dell'orologio dove dovevamo appunto percorrere le tappe di una giornata-tipo per riflettere sull'enorme presenza delle barriere architettoniche.

    Esercizio2
    Anna Maria Murdaca scrive il testo “Complessità della persona e disabilità” dove troviamo degli argomenti particolarmente stimolanti e di particolare interesse. Il testo di questa autrice mira in particolare a tre obiettivi principali: Alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,alla rimodulazione del termine “integrazione” ed alla comprensione delle reali condizioni di vita del soggetto disabile,quali potrebbero essere i suoi ruoli all’interno della società ed infine a quali sono i servizi che la società eroga in risposta alle loro esigenze.
    Per ciò che riguarda il primo punto,la Murdaca propone appunto di dare alla parola “integrazione” un nuovo significato che abbandona la prospettiva dell’inserimento e si sposta piuttosto verso l’inclusione. Integrazione nel senso di includere una persona in un gruppo,all’interno di un ambiente in modo che ne diventi parte organica. Inoltre il processo di integrazione è un processo continuo,che non si arresta mai,è una continua ricerca di strategie per assicurare ai disabili i loro diritti che purtroppo sono presenti solo in forma di leggi scritte. Abbiamo verificato con i nostri stessi occhi la situazione di disabili su sedia a rotelle,di come sia impossibile vivere in un modo normale per queste persone. La persona disabile viene vista come persona portatrice di handicap solo perché,come scrive la Murdaca,è il contesto sociale a porre dei limiti,delle barriere che vanno poi a favorire il processo di esclusione del soggetto colpito da disabilità. L’ambiente dunque,come già ICF ci dice,può avere una grande influenza sulla vita delle persone e per questo motivo deve essere preso in considerazione dal momento che l’handicap è prima di tutto un fenomeno sociale. Inoltre occorre soffermarsi sulla complessità della persona disabile,bisogna valorizzare la persona umana rispettando le differenze tra gli individui cosa che è ritenuta innovativa nel campo della disabilità. Non bisognerebbe mai definire qualcuno per sottrazione,ovvero prestando attenzione solo a ciò che il soggetto non riesce a fare,bisogna sempre tenere in mente che parliamo di persone,non di oggetti. Da questo ultimo concetto ci possiamo ricollegare ad un altro concetto e cioè quello di cura. Con il concetto di cura intendiamo una progressiva emancipazione dei soggetti volta a realizzare ciò che un uomo può diventare. Bisogna aiutare il soggetto ad accettare e convivere con la sua specialità,cosa che quindi non deve diventare la base per l’esclusione,anzi!Ci spostiamo quindi dal semplice “fornire cure” all’emancipazione del soggetto che è ben altra cosa. Per favorire l’emancipazione però non basta l’educazione classica,c’è bisogno dell’educatore che possa permettere una crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In particolare si parla di relazione educativa come “spazio riparativo” all’interno del quale il disabile insieme agli altri attori del sistema educativo quali insegnanti ed educatori,possa sperimentare varie situazioni,vissuti emotivo-affettivi che vengono discussi,elaborati,criticati nel qui e nell’ora della relazione educativa. Tutto ciò affinchè il disabile possa riflettere sul proprio stato ed alle proprie capacità funzionali rafforzando se stesso. Bisogna in sostanza coniugare vari aspetti,l’educativo con quello didattico,quello terapeutico con quello sociale e riabilitativo in modo che si possa promuovere a pieno la sua personalità. In particolare la costruzione di un’identità personale deve avvenire in luoghi che sono in grado di sviluppare le capacità personali andando a valorizzare le differenze di ognuno e a questo scopo utilizzando i mezzi più idonei per ciascuno (personalizzazione). La tappa finale di questo percorso ci porta quindi alla ridefinizione del progetto di vita per i soggetti disabili che mira alla realizzazione dell’indipendenza e dell’emancipazione perché queste persone sono esattamente come noi,devono essere dei cittadini a pieno titolo e per questo la Murdaca nel suo testo ci invita a ripensare ad una società con degli spazi di formazione per questi soggetti,formazione che si attua all’interno anche di una relazione educativa. Sentiamo spesso,come futuri educatori,parlare di relazione educativa. La relazione educativa può avere molteplici significati può essere riferita al rapporto che si instaura tra una madre ed un figlio,il legame che si forma tra allievo ed insegnante ma la cosa importante da dire è che non importa molto CHI coinvolge ma che tipo di comportamenti si mettono in atto in questo tipo di relazione. Le relazioni in genere condividono i punti seguenti:

     All’interno di una qualsiasi relazione tra due o più persone non c’è mai uno scambio di tipo UNIDIREZIONALE,lo scambio è sempre un qualcosa di mutuale si dà qualcosa e si riceve sempre qualcos’altro dalla controparte.
     L’educatore deve sempre trasmettere qualcosa di positivo e ci deve essere sempre un reciproco rispetto (cosa che nella nostra società basata sui talkshow televisivi stiamo progressivamente perdendo).
     L’educatore in genere è una guida,soprattutto in casi di educandi con difficoltà come alcolismo ecc. Qui entrano in gioco due aspetti fondamentali:l’ascolto e la comprensione
     Si ha sempre uno scambio di emozioni e si crea un legame affettivo
     L’educatore (ma anche nel caso degli insegnanti) deve comunicare dei valori oltre che fornire delle semplici conoscenze didattiche.

    Mi sono voluta soffermare sui punti salienti della relazione educativa per tre motivi il primo è perché è una parte importante della pedagogia,il secondo è semplicemente perché è un argomento che mi è piaciuto molto ed in aula abbiamo avuto l’opportunità di provare a mettere in atto una relazione educativa…si vede davvero di come i due soggetti entrino in relazione profonda ed infine il terzo:la relazione educativa riveste un importante significato quando ci si rapporta anche alla persona disabile.La prima cosa che si deve fare è capire la situazione del disabile e mettere in atto un percorso personalizzato (come già detto sopra) per far si che il disabile possa mettere in evidenza le sue potenzialità,in quanto “ogni disabile ha la sua storia”.
    Esercizio 3
    Altro tema di cui abbiamo discusso in aula è il tema,tra l’altro molto attuale,del corpo trasformato con riferimenti in particolare alle protesi estetiche. Ai giorni nostri più che mai siamo sommersi continuamente dagli ideali di bellezza che la società ci trasmette attraverso i media (a proposito della tv già Karl Popper nel 1994 aveva parlato della televisione come “cattiva maestra”),i cartelloni pubblicitari ecc. Quale donna COMUNE si guarda allo specchio e si ritiene soddisfatta del proprio corpo? Diventa sempre più difficile vivere da donna in una società che ci propone dei modelli perfetti,impossibili da raggiungere ma che per forza di cose DEVONO essere raggiunti. Per questo motivo spingiamo i nostri corpi a cose estreme,come dice il motto americano “make the most of yourself” ovvero cerca di ottenere il massimo da te stesso. Abbiamo creato man mano un vero e proprio culto del corpo che spinge molte donne (in particolare) a fare cose talvolta “folli” per appartenere al tipo di donna che la società ci impone di essere. Vediamo ogni giorno queste modelle taglia 38 e la donna comune ormai sembra intrappolata nella taglia 42 come afferma Fatema Mernissi in l’”harem delle donne occidentali”.Insomma giovinezza e bellezza sono le due caratteristiche principali che una donna deve possedere SEMPRE,anche se nella magrezza estrema non riesco comunque a vedere né salute né bellezza,che addirittura si mostra in tutta la sua mostruosità nei casi di anoressia di cui oggi sentiamo troppo spesso parlare. Sono molti gli autori che si sono dedicati a questo tema come ad esempio Remaury,Lipovetsky e Rosi Braidotti.Remaury scrive il testo “Il gentil sesso debole” dove afferma proprio che siamo orientati in una corsa verso la perfezione e dove i nostri obiettivi sono: giovinezza,bellezza e salute. Lipovetsky invece scrive il testo “la terza donna”,ma chi è in realtà questa terza donna?La scrittrice distingue tre tipi di donne appartenenti ognuna ad un generazione .La prima donna è quella del passato,colei che era svalutata,sfruttata alla quale è seguita la seconda donna,la Beatrice,la salvatrice. La terza donna è colei che risulta essere sottomessa ai modelli dominanti per cui si sente obbligata dal sociale a perseguire lo scopo del corpo perfetto. Infine troviamo Rosi Braidotti con “Madri,mostri e macchine” in cui ci parla del corpo come corpo-macchina sempre più oggetto di modificazioni da parte delle tecnologie. Io come già ho avuto occasione di dire nel forum dedicato a questo argomento,sono molto più propensa ad accettare la chirurgia plastica in caso di malformazioni dovute a malattie,incidenti ecc…la trovo una cosa un po’ superficiale affrontare pericolosi interventi solo perché la società ci impone dei modelli che si insinuano nelle nostre menti e che vogliono trasformarci. Siamo quel che siamo e credo che dovremmo accettare i cambiamenti del nostro corpo anche perché non si può restare giovani e belli in eterno,il corpo è soggetto a mutamenti e quando non saremmo poi così belli e sani sarà allora che capiremo cosa conta davvero. Curare il proprio corpo è giusto,ma non deve essere un’ossessione dobbiamo imparare ad essere felici di essere come siamo.
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    Messaggio  annalisa de flora Gio Mag 17, 2012 7:46 pm

    1.PASSAGGIO DA ICD A ICDIH
    L'OMS è L' ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITà.
    NEL 1970 NASCE LA PRIMA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DELLE MALATTIE DETTA (ICD),ESSA FORNISCE UNA DESCRIZIONE DELLE PRINCIPALI CARATTERISTICHE CLINICHE E INDICAZIONI DIAGNOSTICHE FOCALIZZANDO L' ATTENZIONE SU L' ASPETTO EZIOLOGICO DELLA MALATTIA.
    LE DIAGNOSI VENGONO TRADOTTEIN IN CODICI NUMERICI CHE RENDONO POSSIBILE LA MEMORIZZAZIONE, LA RICERCA E L' ANALISI DEI DATI.
    SUCCESSIVAMENTE NEL 1980 L' OMS PROPONE UNA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DETTA (ICIDH), QUESTA NUOVA PROPOSTA SI BASA SU TRE FATTORI INTERDIPENDENTI FRA LORO OSSIA:
    1.MENOMAZIONE
    2.DISABILITà
    3.HANDICAP
    CHE SUCCESSIVAMENTE VERRANNO SOSTITUITE DA TERMINI COME:
    1.MENOMAZIONE
    2.ABILITà
    3.PARTECIPAZIONE
    E' MOLTO IMPORTANTE QUINDI NON FAR CONFUSIONE TRA I VARI TERMINI: DEFICIT,DISABILITà ED HANDICAP, UTILIZZANDO IL PIù DELLE VOLTE TERMINI IMPROPRI.
    LA MENOMAZIONE è LA PERDITA O ANORMALITà A CARICO DI UNA STRUTTURA O UNA FUNZIONE PSICOLOGICA, FISIOLOGICA O ANATOMICA.
    SI TRATTA DI PERDITE CHE A VOLTE POSSONO ESSERE PERMANENTI COMPORTANDO DELLE ANOMALIE O DIFETTI A ARTI, TESSUTI E ALTRE PARTI DEL CORPO.
    PER QUANDO RIGUARDA LA DISABILITà ESSA è L' ESTERIORIZZAZIONE DELLA CAUSA PSICO-FISIOLOGICA CHE DA VITA AD UNA DISABILITà OSSIA L' INCAPACITà CONSEGUENTE ALLA MENOMAZIONE DI SVOLGERE DETERMINATE FUNZIONI E DI ASSOLVERE PARTICOLARI FUNZIONI.
    L' HANDICAP INVECE è LA DIFFICOLTà A MATURARE DISPOSIZIONI NECESSARIE ALLA REALIZZAZIONE PROGRESSIVA DELLA PERSONALITà INTEGRALE,è LA DIFFICOLTà CHE IMPEDISCE AL SOGGETTO DI AVERE QUELLE FUNZIONALITà CHE HA LA PERSONA NORMODOTATA,L' HANDICAP è UNA DIFFICOLTà CHE LA PERSONA CON DISABILITà AFFRONTA NEL CONFRONTO ESISTENZIALE CON GLI ALTRI.
    NEL 2001 VIENE PUBBLICATO DALL' OMS IN MANUALE DI CLASSIFICAZIONE DETTO (ICF)-> CHE STA AD INDICARE LA CLASSIFICAZIONE INTERNAZIONALE DEL FUNZIONAMENTO, DELLA DISABILITà E DELLA SALUTE.
    SECONDO TALE CLASSIFICAZIONE (ICF) LA DISABILITà è UNA CONDIZIONE DI SALUTE DERIVATA DA UN CONTESTO SFAVOREVOLE,L' OBIETTIVO DELL' ICF è QUELLO DI RIFLETTERE SUI CONCETTI DI SALUTE E MALATTIA, STUDIANDO LA DISABILITà PRENDENDO IN CONSIDERAZIONE LO STATO DI SALUTE.
    SPESSO SI FA CONFUSIONE ANCHE CON SALUTE E MALATTIA.
    PER SALUTE -> SI INTENDE ESSERE TESI VERSO UN EQUILIBRIO DAL PUNTO DI VISTA FISICO,PSICOLOGICO E SPIRITUALE
    MENTRE LA MALATTIA -> SI INTENDE UNO STATO PATOLOGICO PER ALTERAZIONI DELLE FUNZIONI DI UN ORGANO O DI TUTTO L' ORGANISMO CHE NECESSITA DI ESSERE CURATO PER POTER RIPRISTINARE LA SALUTE PRECEDENTE.
    LA CLASSIFICAZIONE DELL' ICF SI OCCUPA DI NON RIGUARDARE UN UNICA PERSONA, MA CHIUNQUE VIVE IN UNA CONDIZIONE DI SALUTE IN UN AMBIENTE SFAVOREVOLE CHE LO OSTACOLA.
    DURANTE LE ATTIVITà LABORATORIALI ABBIAMO AVUTO L' OPPORTUNITà DI VISIONARE ALCUNI VIDEO RIGUARDANTI << le barriere architettoniche>> ATTRAVERSO LA PROIEZIONE, MI SONO RESA CONTO DI QUANTO SIA DIFFICILE AL GIORNO D' OGGI PER UN DISABILE SVOLGERE QUELLE CHE SONO LE PROPRIE GIORNATE QUOTIDIANE, ANCHE UNA SEMPLICE PASSEGGIATA RISULTAVA ESSERE COMPLICATA A CAUSA DEI VARI OSTACOLI CHE SI INCONTRANO AD ESEMPIO: MANCANZA DEI SCIVOLI, MARCIAPIEDI E PORTE STRETTE ,METROPOLITANE NON ADATTE ECC.
    LA SOCIETà ODIERNA è UN CHIARO ESEMPIO DI COME LA MANCANZA DI RISPETTO NON HA LIMITE NEMMENO QUANDO IN QUESTIONE VI è UNA PERSONA DISABILE.
    SPESSO SI TENDE AD ASSUMERE UN ATTEGGIAMENTO ED UNO SGUARDO DI PIETISMO NEI CONFRONTI DEI SOGGETTI DISABILI,IL DISABILE HA DEI DISTURBI FISICI O PSICHICI MA SPESSO SCOPRE LA SUA DISABILITà NEL MOMENTO IN CUI SI CONFRONTA CON PERSONE NORMODOTATE, ESISTONO PERSONE CON DISABILITà MA NON SI SENTONO TALI, ANZI RIESCONO A COMPIERE QUALSIASI TIPO DI ATTIVITà E GRAZIE AL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE E ALLO SVILUPPO DELLE TECNOLOGIE RIESCONO AD ACQUISIRE UNA CERTA AUTONOMIA.
    UN ESEMPIO NE è PISTORIUS CHE RIESCE A VIVERE UNA VITA SENZA LIMITI GRAZIE AL SUO CORAGGIO E LA SUA FORZA D'ANIMO, GRAZIE ALL' USO AVANZATO DELLA TECNOLOGIA CHE GLI PERMETTE DI UTILIZZARE DELLE FIBRE DI CARBONIO DETTE "FLEX FOOT" CHE GLI CONSENTONO DI CORONARE IL SUO GRANDE SOGNO CORRERE DA ATLETA.
    IL TERMINE DISABILE, DICHIARA SOLAMENTE CHE A UN INDIVIDUO MANCA UNA O PIù COMPETENZE, SENZA CONSIDERARE CHE EGLI POSSIEDE ANCHE DELLE ABILITà.
    C'è UNA FRASE CHE PIù MI HA COLPITA DURANTE IL CORSO ED è "TUTTI SONO DIVERSI... MA NON TUTTI SONO DISABILI."





    2.ANNA MARIA MURDACA

    ANNA MARIA MURACA, DOCENTE ESPERTA CHE SI OCCUPA DI QUESTIONI RELATIVE ALLA PERSONA CON DISABILITà NEL SUO TESTO "COMPLESSITà DELLA PERSONA CON DISABILITà" MIRA :
    1. ALLA RICOSTRUZIONE DI UNA NUOVA CULTURA DELLA DISABILITà
    2.ALLA RIMODULAZIONE DEL TERMINE INTEGRAZIONE
    . ALLA COMPRENSIONE DELLE REALI CONDIZIONI DI VITA
    SECONDO L' AUTRICE OCCORRE ABBANDONARE L' IDEA DELL' INSERIMENTO è PRENDERE IN CONSIDERAZIONE L' IDEA DI INCLUSIONE ADOTTANDO L' OTTICA DELLA GLOBALITà.
    ATTRAVERSO UNA NUOVA CULTURA, MA SOPRATTUTTO ATTRAVERSO NUOVE CONOSCENZE DELLA DISABILITà SI PUò MIRARE NON SOLO AL FUNZIONAMENTO MA ANCHE AL COMPORTAMENTO DELL' ASSISTENZA DEL SOGGETTO DISABILE,IN MODO TALE CHE SIA CENTRATA SUL RICONOSCIMENTO DELLA PERSONA DURANTE LA SUA EVOLUZIONE.
    SECONDO L' AUTRICE LO STATO DI SALUTE è IL FATTORE A DETRMINARE L' HANDICAP.
    LO STATO DI SALUTE VIENE SPESSO INFLUENZATO DALLA SOCIETà,DALLA FAMIGLIA E DAL CONTESTO LAVORATIVO.
    LA FAMIGLIA SI DOVREBBE LIBERARE DA QUEL SENSO DI IMPOSSIBILITà DI MIGLIORAMENTO DELLA SITUAZIONE DI UN FIGLIO DISABILE.
    CIò VALE ANCHE PER GLI INSEGNANTI CHE DOVREBBERO IMPARARE A GUARDARE OLTRE LA SCUOLA IN MODO TALA DA CONTRIBUIRE E SVILUPPARE UNA BUONA INTEGRAZIONE NELL' ALUNNO DISABILE.
    L' AMBIENTE VIENE INTESO COME FATTORE CONTESTUALE NELLA DISABILITà, MA IL PIù DELLE VOLTE PUò ESSERE UNA BARRIERA O UN FACILITATORE.
    CI SIAMO MAI CHIESTI COME VIENE INTEGRATO NELL' AMBITO EDUCATIVO LA PERSONA CON DISABILITà?????
    L' INTEGRAZIONE è UN PROCESSO CONTINUO OSSIA UNA CONTINUA RICERCA DI SOLUZIONI IN MODO TALE CHE SIANO IN GRADO DI PRESERVARE I DIRITTI ACQUISITI DAI DISABILI.
    NEL PARLARE DI INTEGRAZIONE NON SI FA RIFERIMENTO AD UN' ASTRATTA NORMALITà, BENSI A VALORIZZARE MEGLIO LE DOTI INDIVIDUALI.
    SI TRATTA DI PERSONE CHE SI CARATTERIZZANO PER CAPACITà, NON PER QUELLO CHE NON SANNO FARE, QUANDO SI PARLA DI DISABILITà SI PARLA DI PERSONE.
    L'AGIRE EDUCATIVO è INTRISECO AL CONCETTO DI CURA IN QUANTO LA CURA è INTESA COME UNA PROGRESSIVA EMANCIPAZIONE DEI SOGGETTI VOLTA ALLA REALIZZAZIONE DELL' UOMO PER CIò CHE EGLI è E PER CIò CHE EGLI PUò DIVENTARE.
    IL TUTTO STA SU UNO SFONDO INTEGRATORE CHE VA ANALIZZATO IN UN' OTTICA FLESSIBILE PER LA QUALE SI TIENE CONTO DEL SOGGETTO MUTANTE .
    SI PARLA DUNQUE DI INTEGRAZIONE COME ACCOGLIENZA VERSO DIVERSE IDENTITà IN PROSPETTIVA UMANISTICA E COME CONDIVISIONE DI VALORI ETICI.
    SI PARLA DUNQUE DI EMANCIPAZIONE DEL SOGGETTO CON DISABILITà CHE RICHIEDE AMBIENTI E CONTESTI ATTENDIBILI, OCCORRE ANCHE COSTRUIRE NUOVE ATTIVITà E NUOVE PRASSI DIDATTICHE CHE PERMETTONO L' INTEGRAZIONE SOCIALE DELLE PERSONE DISABILI.
    LA NUOVA CULTURA DELLA DISABILITà DEVE ESSERE ATTENTA :
    1 . A COGLIERELE DISINFUNZIONI COMPORTAMENTALI
    2.A INNALZARE LA QUALITà DI VITA DEI SOGGETTI
    LA COSTRUZIONE DELL' IDENTITà PERSONALE DEVE AVVENIRE IN LUOGHI CAPACI DI SVILUPPARE LE POTENZIALITàPERSONALI DEL SOGGETTO ATTRAVERSO I MEZZI PIù IDONEI.
    OCCORRE DUNQUE RIMODULARE L' INTEGRAZIONE ATTRAVERSO LA GLOBALITà DELLA PERSONA,CHE NON PUò ESSERE SCOMPOSTA MA DEVE ESSERE CURATA INDIVIDUALMENTE E SEPARATAMENTE.
    L' INTEGRAZIONE STA IN UN'AZIONE DI SVILUPPO, MODULAZIONE DEI PROCESSI MOTORI, PSICOMOTORI E RELAZIONI SENSORIALI, SFOCIANDO IN UNA NUOVA POLITICA SOCIO- EDUCATIVA CHE CONSISTE NELL'
    1.INTEGRAZIONE
    2.DIFFERENZAZIONE
    3.PERSONALIZZAZIONE
    TENENDO IN CONSIDERAZIONE I CONTESTI , GLI AUDILI MA SOPRATTUTTO LA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA.
    MURDOCA AFFERMA CHE BISOGNA RIPENSARE AD UNA SOCIETà CON VERI SPAZI DI FORMAZIONE PER I SOGGETTI DISABILI, I QUALI NON SONO DA CONSIDERARE SOGGETTI PASSIVI MA BENSI CITTADINI A PIENO TITOLO.
    BISOGNA DUNQUE LAVORARE PER PERMETTERE LA REALIZZAZIONE DELLA PERSONA , GRAZIE AD UNA RELAZIONE EDUCATIVA IL DISABILE è IN GRADO DI SUPERARE GLI OSTACOLI ELIMINANDO I DISAGI, LE PAURE.
    PER RELAZIONE EDUCATIVA:SI INTENDE QUEL LEGAME TRA MADRE E FIGLIO SI TRATTA DUNQUE DI UN AMBITO FAMILIARE.
    PER RELAZIONE EDUCATIVA SI INTENDE ANCHE QUEL RAPPORTO RA DOCENE E DISCENTE PRODUCENDO L' APPRENDIMENTO ATTRAVERSO UNA PROFONDAINTERCONISSIONE CHE PORTA ALLA FUSIONE DELLA CONOSCENZA.
    UN ESEMPIO DI "RELAZIONE EDUCATIVA" è AVVENUTA DURANTE IL CORSO QUANDO LA PROF. CI FECE ASSISTERE A VARI SETTING TRA CUI RICORDO QUELLO DI DUE NOSTRE COLLEGHE IMMERSE NEI RUOLI DI EDUCATRICE ED EDUCANDA ENUNCIANDO I VARI DISAGI PERSONALI DOVUTI ALLA TIMIDEZZA E DI CONSEGUENZA LA PORTAVA AD EMARGINARSI DAL GRUPPO CLASSE,L' EDUCATRICE SI è MOSTRATA DISPONIBILE, SOLIDALE E SENSIBILE.
    LA RELAZIONE EDUCATIVANON è ALTRO CHE IL CONFRONTO TRA EDUCATORE ED EDUCANDO, CHE PORTA ALLA CRESCITA DI UNA FORMAZIONE.
    IL PIù DELLE VOLTE LA RELAZIONE EDUCATIVA è IL RAPPORTO TRA UNA PERSONA GUIDA E UNA PERSONA IN DIFFICOLTà,IN QUESTO TIPO DI RELAZIONE SI CERCA DI CAPIRENEL PROFONDO CHI SI HA DI FRONTE, I SUOI PROBLEMI, LE SUE DIFFICOLTà SENZA SOFFERMARSI SULLE APPARENZE MA CERCANDO DI COMPRENDERE IL PERCHè IL SOGGETTO SI SIA COMPORTATO IN TALE MODO .
    UNA RELAZIONE EDUCATIVA è ANCHE LO SCAMBIO RECIPROCO DI EMOZIONI TRA DUE PERSONE,ALLA FASE DI UNA RELAZIONE CI DEVE ESSERE VOLONTà, ASCOLTO, ACCOGLIENZA IN MODO TALE CHE SI POSSA COSTRUIRE PIAN PIANO UN PROGETTO DI VITA ORIGINALE.









    3.REMAURY.LIPOVETSKY E BRAIDOT

    REMAURYè L' AUTORE DI << GENTIL SESSO DEBOLE>>ALL' INTERNO DEL QUALE EVIDENZIA COME LA PERFEZIONE SIA L' OBIETTIVO CHE RIGUARDA LA TRIADE " GIOVINEZZA-BELLEZZA E SALUTE".
    SPESSO LA CULTURA DELL' IMMAGINE NELLE DONNE SI CONFONDE CON QUELLA DELLA BELLEZZA, IL CORPO è SPESSO ATTENTO ALLE DIRETTIVE DELLA TRIADE E AL DISCORSO DOMINANTE DEL MASS- MEDIA., EGLI FA UNA DISTINZIONE TRA VARI CORPI:
    1.CORPO TRASFIGURATO -> OSSIA IL CORPO LEGATO ALL' IMMAGINE DELLA PERFEZIONE CORPOREA.
    2. CORPO ESATTO -> OSSIA IL CORPO CHE COMPIE PROGRESSI VERSO LA PERFEZIONE GRAZIE ALLO SVILUPPO DELLA SCIENZA.
    3. CORPO LIBERATO -> LO è DALLA MALATTIA, DAL PESO MA SOPRATTUTTO DAL TEMPO.

    LA LIBERAZIONE DELLA TERZA DONNA ALABORATA DA LIPOVETSKY NASCONDE LA SUA SOTTOMISSIONE AI MODELLI DOMINANTI, SECONDO LIPOVETSKY NEL SUO LIBRO LA TERZA DONNA HA RAGGIUNTO UNA FASE PISITIVA DELLA CULTURA , DELLA BELLEZZA BASATA SULL' APPARIRE, L' OBIETTIVO STA NELLA CONQUISTA DI UN ETERNA GIOVINEZZA APPARENTE.

    ROSI BRAIDOTTI NEL TESTO <<MADRI MOSTRI E MACCHINE>> AFFERMA CHE LA DONNAè SIA MOSTRO CHE MADRE IN QUANTO HA DEFORMATO IL SUO CORPO, LA BRAIDOTTI EVIDENZIA ANCHE IL CORPO MACCHINA-> DOVE SI CREA UN LEGAME TRA FEMMINISMO E TECNOLOGIA , GIOCANDO CON L' IDEA DI UN CORPO MACCHINA CHE SICURAMENTE COMPORTA DEI RISCHI E NON CERTEZZE DI USCIRNE VINCITRICI.
    BRAIDOTTI EVIDENZIA ANCHE IL TEMA DELLA MOSTRUOSITà,SI SA CHE OLTRE A PARLARE DELLA BELLEZZA E DELLE SUE COMPLESSE SFUMATURE è NECESSARIO VISIONARE ANCHE L' ALTRA PARTE DEL BELLO LA PRTE OPPOSTA CONSIDERATA SPESSO COME MOSTRUOSA.
    RITORNANDO ALLA BRAIDOTTI ELLA SI PONE L' INTERROGATIVO SU CHI FOSSE IL MOSTRO?????
    I MOSTRI ERANO CONSIDERATI PERSONE NATE CON MALFORMAZIONI E RAPPRESENTAVANO L' INTERMEDIO , L' IBRIDO , CHE SI EVINCE DALLA PAROLA "MSTRO"CHE SIGNIFICA ALLO STESSO TEMPO SIA ORRIBILE CHE MERAVIGLIOSO.
    SOFFERMANDOMI SU QUESTA CONCEZIONE DELLA MOSTRUOSITà MI SALTA IN MENTE DI QUANTA DIFFICOLTà IO ABBIA AVUTO A DEFINIRE LA PAROLA MOSTRO DURANTE UN ESERCIZIO SVOLTO IN AULA, CONSIDERAVO LA PAROLA MOSTRO COME QUALCOSA DI ANORMALE.

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    Messaggio  Francesca Izzo Gio Mag 17, 2012 9:10 pm

    1)L’ IDC riesce a spiegare la causa delle patologie, esponendo le principali caratteristiche cliniche e diagnostiche.
    Le diagnosi vengono trasformate in codici numerici per permetterne la memorizzazione e l’analisi dei dati.
    A differenza dell’IDC , l’ICF cioè “Classificazione Internazionale del Funzionamento,della Disabilità e della Salute”
    espone anche il contesto sociale dello stato di salute,cioè come loro reagiscono alla propria patologia e di conseguenza cercare di migliorarla per rendergli la vita almeno più serena.
    Ed ecco perché avviene il passaggio dall’ICD all’ICF perché la classificazione ICF rappresenta uno strumento per gli operatori sanitari molto importante,per far sì che si accerti il diritto delle persone con disabilità e le loro condizioni di salute .L’ICF divide in due parti le informazioni sulla salute della persona .Da una parte troviamo il ‘Funzionamento’ e dall’altra la ‘Disabilità’.
    Quindi questo ci porta a riflettere sulle parole “disabile e diverso”.
    Il disabile è una persona la quale non riesce a svolgere le normali attività di vita quotidiana,con la mancanza di una o più abilità o semplicemente diverso funzionamento di queste abilità;ma esistono anche persone disabili che riescono a compiere qualsiasi attività ,questo ci porta a capire che è sbagliato che le persone assumano nei loro confronti atteggiamenti di pietismo. La parola ‘disabile’ significa che all’individuo manchi qualche competenza ma spesso dimentichiamo che egli possiedono molte abilità,di esempio è l’Atzori.
    Moltissime persone si sono soffermate sul fatto che lei non avesse le braccia,ma nonostante questo lei ha sempre lottato,continuando a credere in se stessa per diffondere il messaggio che lei è una persona normale come tutti noi,con molteplici abilità;soprattutto dichiarando di essere una persona normale come tutti noi.
    Ecco lei è una grande persona,tutti siamo diversi,ma questo non significa che tutti siano disabili.
    Spesso i disabili sono invisibili come ad esempio l’esperienza vissuta durante il laboratorio la mappa degli stereotipi.
    Fingendo di vivere in una città dove chi non portava gli occhiali poteva restare in città ad avere tutto quello che desiderava mentre, chi portava gli occhiali abbandonare la città e non venire considerato da nessuno.
    Io mi sentivo in colpa semplicemente perché vedevo la mia amica come un emarginata,non venendo considerata da nessuno,questo dimostra che siamo tutte persone con abilità diverse ma tutti con gli stessi diritti di vivere serenamente la nostra vita. Il ‘diverso ‘invece è quella persona che viene definita tale dalla società perché ha degli aspetti che possono essere fisici o mentali diversi dal loro concetto di “normalità” .
    Lui non sceglie di essere diverso, ma la società decide chi sia una persona normale ed una che invece è diversa.
    Come nel film “Indovina chi viene a cena” i protagonisti vivevano una meravigliosa storia d’amore,così profonda,ma per l’etichette messe dalla società venivano ostacolati semplicemente per il differente colore della pelle ed hanno lottato per far sì che il loro amore trionfasse ma soprattutto il dimostrare che tra lui e lei non ci fosse nessuna differenza.
    Ogni persona ha caratteristiche che lo rendono unico.


    2)Anna Maria Murdaca nel suo testo “Complessità della persona e disabilità” vuole condurci verso l’inclusione attraverso la globalità cioè una nuova cultura della disabilità improntata sul riconoscimento della persona in evoluzione.
    L’handicap è l’ostacolo che blocca una persona con deficit nel concludere una specifica attività.
    Egli afferma che le condizioni di handicap vengono determinate dal contesto sociale.
    L’ambiente incide molto sulla vita delle persone.
    La famiglia dovrebbe iniziare a pensare che ci sia una possibilità di miglioramento psico-fisico di una familiare disabile.
    L’ambiente può essere considerato come una barriera o un facilitatore.
    L’identità della persona con handicap viene stabilita da due livelli di valutazione cioè il sistema delle opinioni personali e quello delle informazioni formali e istituzionali.
    Secondo Anna Maria Murdaca dobbiamo orientarci come ho detto prima verso la globalizzazione.
    Dobbiamo vedere l’integrazione come una continua ricerca di soluzioni,cercare con questo di valorizzare sempre di più le dotazioni individuali.
    Nessuno è superiore a nessuno,non dobbiamo riconoscere nessuno per sottrazione anche perché non possiamo sottrarre nulla all’umanità,le persone si caratterizzano per capacità.
    L’autrice afferma che ci troviamo vicini ad un “nuovo paradigma di benessere”,c’è il bisogno di definire un nuovo modo di integrazione ,prendendo come meta l’emancipazione del soggetto con disabilità cioè aiutarlo attraverso l’ideazione di nuove attività rendendo significativa la presenza del disabile.
    La relazione educativa serve a far sì che il disabile possa sperimentare determinate situazione emotivo-affettivi.
    Portare il disabile allo sviluppo della propria identità ed autostima.
    Ogni disabile ha la propria storia.
    Relazione educativa sono i rapporti che riesci ad istaurare,come il rapporto tra madre e figlia ,o , tra docente e discente.
    È l’insieme dei rapporti sociali,ma questa relazione che nasce deve essere sia d’incontro che di scambio cioè un prendere e dare in sintonia.
    L’insegnante non deve solo dare e ricevere ma essere per gli alunni una guida cioè l’educatore deve stare al centro.
    Ma per accettarsi che la relazione educativa sia una buona relazione educativa si devono creare situazioni che mettano a proprio agio il soggetto che si ha di fronte.
    Stare tutti allo stesso livello così che il soggetto possa sentirsi libero di esprimere le proprie idee ,proprio come accadde durante il laboratorio ‘Relazioni educative’potevi notare come una semplice postura potesse cambiare tutto e mettere in difficoltà la persona vicino a te.
    Quando la relazione educativa riguarda un disabile bisogna mettere in atto programmi specifici per far notare le doti del disabile,con molta sensibilità cercando di conoscere le sue caratteristiche caratteriali.
    In ogni relazione in cui è in atto l’affettività della persona segue delle tappe di sviluppo.
    Accogliere significa lasciare spazio alla libertà dell’altro.

    3)Secondo Remaury la bellezza è legata all’idea che la donna debba coltivarla.
    Per lui la donna è in continuo cercare un miglioramento fisico per stare bene con se stessa,ma questo non è partito da lei ma gli è stato imposto dalla società che la circonda.
    Egli sostiene che il corpo macchina è l’idea di associare al corpo della donna,le stesse caratteristiche di una macchina.
    Tutte le donne che non si adeguano ,alla fine si sentono umiliate,questo perché giovinezza e bellezza sono le uniche caratteristiche che contano oggi in televisione.
    Afferma che noi siamo diretti verso una corsa alla perfezione avendo un triplice obbiettivo :”GIOVINEZZA,BELLEZZA,SALUTE”.
    Il Corpo Trasfigurato è legato all’immagine della perfezione corporea.
    Il Corpo Esatto cioè arrivare sempre di più vicini alla perfezione grazie alla scienza.
    Il Corpo Liberato lo è dalla malattia , dal peso del tempo.
    Secondo Lipovetsky i valori che una donna può e deve scegliere sono tre :”eterna giovinezza,perfetta bellezza e salute totale”.
    Lipovetsky afferma che la donna è arrivata ad una fase positiva della cultura della bellezza,basata sulla grazia.
    Questo la fa venir fuori come la donna che controlla la propria immagine,ma questo è un male perché la donna d’identifica solo in determinati modelli .
    Rosi Braidotti invece nella sua opera”Madri,mostri e macchine”parla di come la meternità deformi il corpo delle donne diventando per l’uomo qualcosa di orribile ,ecco perché maccine,perché nello stesso tempo porta il riferimento delle tecnologie oltre che alla maternità e alla mostruosità .
    Tutti pensiamo che la bellezza sia dovuta da quello che indossi,dal colore e l’acconciatura dei tuoi capelli,da quanto trucco riesci a metterti...ma la vera bellezza è la luce che risplende nei tuoi occhi,dall’allegria che riesci a portare nella vita di altre persone.
    La bellezza non è quello che continua a passare su tutti i programmi televisivi.
    Nel corso degli ultimi anni le persone ricorse a operazioni estetiche sono aumentare sempre di più,semplicemente per avere un seno più grande,un labbro più gonfio senza preoccupar arsi di nulla,trasformando il loro corpo in un corpo di plastica,semplicemente per assomigliare a qualcuno.
    Non si soffermano a pensare che posso esserci persone con ustioni e segni indelebili le quali non possono permettersi un operazione.
    Ormai è diventato tutto una cosa futile si è persa l’importanza di tutto.
    Maria Rosaria Coppola
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    Messaggio  Maria Rosaria Coppola Gio Mag 17, 2012 9:25 pm

    PUNTO 1
    Vorrei cominciare questo mio resoconto dicendo che questo corso è stato veramente formativo,mi ha aperto gli occhi e la mente su dei concetti che consideravo ovvi e scontati. Ho avuto,grazie ad esso,la possibilità di riflettere su una realtà che consideravo completamente lontana da me rendendomi conto che è molto più vicina di quanto potessi immaginare. Ho provato a guardare la vita con gli occhi di chi ogni giorno viene etichettato per una sua mancanza,di chi ogni giorno riesce a superare barriere fisiche e mentali,di chi ogni giorno,nonostante tutto,dice “si” alla vita e combatte per la sua normalità,capendo quanta diversità e normalità esiste in ognuno di noi,che oltre all’apparenza esiste una persona,un essere umano con la propria storia,con il proprio bagaglio. “Ognuno ha la sua valigia,ma una valigia è diversa dall’altra”,proprio per questo motivo è importante non solo rispettare l’altro,chiunque esso sia,ma è importante imparare a ponderare la scelta e l’uso delle parole. Infatti spesso si fa confusione tra i termini “disabilità”, “handicap” e “deficit” credendo che indicano tutti la stessa cosa,ma non è così e confonderli porta ad aumentare ancora di più il deficit anziché ridurlo. Per “disabilità” s’intende una menomazione,vale a dire quella perdita o anormalità a carico di una struttura fisica,psicologica o anatomica,che non permette ad un individuo di svolgere determinati compito attività nel modo ritenuti normali. Rappresenta una condizione che va oltre questa limitazione,che supera barriere architettoniche e mentali. Barriere architettoniche che nonostante la tecnologia,ormai molto avanzata, esistono ancora nella nostra società,una società sempre di corsa,frenetica,bendata di fronte a tali problematiche,una società cieca che, non vedendo il mondo,si limitano a subirlo,rimanendo immobile,impassibile di fronte a “piccoli problemi” che con un minimo di umanità e buon senso in più potrebbero essere risolti,dando a tutti la possibilità di vivere la propria autonomia. Basterebbe togliersi la benda e cominciare,finalmente, a vedere e vivere veramente la vita,a pensare a quelle cose che realmente contano,imparare che “se si ha fretta è necessario fare una passeggiata”(proverbio giapponese),al fine di cogliere ogni sfumatura che si presenta davanti ai nostri occhi,quelle sfumature che vanno oltre quei colori che tutti vedono,o credono di vedere. Il termine “handicap”,invece, si traduce in italiano come “svantaggio” e trova le sue origini nell’ambiente delle corse ippiche inglesi,in cui un fantino veniva costretto a gareggiare portando la mano sinistra, “hand”,sulla visiera del cappello,”cap”,avendo maggiore difficoltà nell’equilibrare la sua posizione rispetto a chi poteva utilizzare entrambe le mani. Proprio per questo motivo il termine “han in cap” indica una difficoltà che una persona disabile ha nel confrontarsi con gli altri,rappresenta un disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità. Molto spesso il termine “handicap” viene confuso con il termine “deficit” ma indicano cose completamente diverse: come già specificato l’handicap rappresenta la difficoltà nello sviluppare quelle capacità necessarie alla realizzazione della personalità integrale,invece il “deficit” rappresenta un difetto organico. Questa confusione porta a considerare tutti coloro che hanno un deficit come uomini diversi dagli altri senza capire che una persona può essere menomata senza essere disabile,e disabile senza essere handicappata. La disabilità può portare all’handicap, ad uno svantaggio che si manifesta con l’integrazione con l’ambiente,ma l’handicap può avvenire senza comportare però, uno stato di disabilità permanete. Proprio per questo continuo uso sbagliato di parole e continua confusione tra le diverse patologie l’OMS, l’organizzazione mondiale della sanità,nel 1970 elaborò una prima “classificazione internazionale delle malattie”,meglio nota come ICD,al fine di cogliere la causa di ogni patologia e classificarle in base ad ogni sindrome e disturbo,al quale veniva associata una descrizione con caratteristiche cliniche e diagnosi precise. Per rendere tutto meno complesso e rendere la ricerca e l’analisi dei dati più semplice e più veloce,ad ogni diagnosi venne assegnato un numero,un codice numerico. Nel 1980 l’OMS mise a punto una nuova classificazione internazionale detta ICIDH, ”International classification of impairments, disabilites and handicaps”,che prevedeva tre nuovi fattori,non più menomazione,abilità ed handicap ma menomazione ,abilità e partecipazione al fine di porre maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. Nel 2001 ,invece,pubblicò il manuale ICF, “classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute”,al fine di definire un nuovo concetto di disabilità. Secondo l’ICF,la disabilità non è nient’altro che una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole,infatti pone fattore principale la qualità di vita delle persone affinchè si evidenzi come queste persone vivono con la loro condizione e cosa di possa fare,e cosa si possa migliorare per una vita serena e tranquilla. L’ICF associa qualsiasi forma di disturbo di salute al corpo,alla persona,alla società,non classifica semplicemente le condizioni di salute,vale a dire malattie,traumi,disordini,ma anche le sue conseguenze,riguarda la persona nella sua interezza. L’ICF è stato introdotto perché le diagnosi mediche da sole non bastano per indicare le attività che un soggetto può o non può fare ,inoltre,tale classificazione,è stata ideata per poter essere usata con tutte le persone di qualsiasi età,per descrivere la presenza o l’assenza di menomazioni nelle funzioni e strutture corporee attraverso un “linguaggio internazionale”. Proprio per questo motivo,l’ICF rappresenta uno strumento importanti per tutti gli operatori,in ogni campo,da quello sanitario a quello economico perché accettandolo si attesta il diritto delle persone con disabilità ad essere parte naturale della società. L’ICF utilizza una checklist,ovvero una lista di controllo, che si basa su quattro punti: il funzionamento,la disabilità,la presenza/assenza di menomazioni e i fattori contestuali. Il funzionamento e la disabilità indicano i fattori positivi e quelli negativi cioè ciò che una persona è in grado di fare e ciò che una persona ha difficoltà a fare,quindi contribuiscono sia a definire la disabilità sia ad individuare aspetti non problematici legati alla salute e alla personalità. La presenza/assenza di menomazioni e i fattori contestuali riguardano le funzioni,le strutture corporee e l’influenza positiva o negativa che l’ambiente esterno ha sulla persona. Entrambe indicano quei fattori ambientali che influenzano il funzionamento della disabilità,partendo dall’ambiente più vicino a quello più lontano,escludendo i fattori personali perché variano da soggetto a soggetto. L’ICF si occupa,dunque ,anche dell’ambente che circonda la persona disabile,delle barriere che esso deve affrontare,i disagi psicologici che subisce,dal momento che disabile è anche ciò che gli altri pensano di lui,degli sguardi di compassione,della pietà o ribrezzo con cui viene guardato. Al disabile,infatti,vengono associate molte etichette,il disabile è il malato, è il poveretto verso il quale si prova pietà,dispiacere,è colui che soffre ,che non è conformato alla società,è il diverso che è sfortunato a non essere come noi. Ma il disabile è semplicemente un soggetto come tutti gli altri, è un essere umano che piange, ride e prova emozioni,presenta disturbi fisici o psichici,maggiori difficoltà a svolgere determinate attività,un soggetto che spesso scopre il suo disagio proprio confrontandosi con i “normodotati”notando differenze che magari fino a quel momento non aveva notato. La cosa che spesso si dimentica è proprio il fatto che si,è vero che il disabile è il diverso ,ma tutti siamo diversi,”siamo unici esattamente come tutti gli altri”,ma non tutti siamo disabili. Il termine disabile comporta un soggetto portatore di qualche difficoltà,di qualche mancanza,di qualche diversità ma tutti siamo portatori i qualcosa di diverso dall’altro,diverse abilità,diverse caratteristiche ma non ci etichettiamo di certo come “portatori di occhi castani”o “inabili a cantare”(chiamatemi per nome,Gianni Scopellitti), allora perché utilizzare tale termine dispregiativo che non fa altro che alzare barriere e aumentare le difficoltà quando,invece,è necessario distruggerle? Perché è necessario etichettare tutto ciò che è diverso dall’essere “normale”? Anche se è la normalità stessa a non avere una definizione precisa?Cos’è,infatti,il normale? Ciò che è normale per me,può essere a-normale o non normale per un altro,allora perché si ha la necessità di collocare delle persone in determinate categorie? Perché il diverso fa paura,il diverso è colui che non è simile alla maggior parte delle persone che vivono intorno a lui,non è necessariamente il malato,il disabile ma è colui che si distingue per caratteristiche diverse dalle altre,è lo straniero,è colui con lingua,cultura,razza,costume diversi. Il diverso viene isolato,incute timore,ansie perché non si conosce e lo stesso può avvenire per una persona disabile che,prima di conoscerlo è “quello sulla sedia a rotelle,quello con la faccia storpia”,ma poi viene visto in lui una persona. Il diverso è lontano da noi e da quello che siamo,il diverso è spesso quello “strano” che non capiamo,quasi sempre perché non ci proviamo nemmeno,è colui verso il quale si sente la necessità di essere solidali perché si prova per lui pietà,compassione e a volte anche ribrezzo,vergogna per una sua menomazione. Ma noi stessi siamo diversi,non solo l’uni con gli altri,ma anche con noi stessi,non siamo più quelli di qualche anno precedente,cresciamo,cambiamo e con noi i nostri pensieri e i modi di fare,che possono renderci diversi da altri soggetti. Cambiano le nostre abilità e le nostre dis-abilità ma non veniamo etichettati come “disabile” nel fare qualcosa. Il termine diversabilità,infatti,mette in risalto oltre che ad una disabilità,anche le diverse abilità che un individuo possiede al fine di farle emergere e potenziare. Dunque è più corretto usare il termine “diversamente abile”perché,anche se contiene anch’esso delle imprecisioni, è meno dispregiativo e valuta la persona nella sua essenziale umanità. Tale termine,inoltre,si basa su una visione speranzosa che vede un “mondo futuro” libero da ogni stereotipo e pregiudizio,libero da ogni conformismo ed omologazione, abile finalmente a vedere la vita e capire l’altro.
    PUNTO 2
    È necessario aprire gli occhi,togliersi la benda e ricostruire una nuova cultura della disabilità,libera da ogni forma di categorizzazione. È proprio questo uno degli obettivi che A.M.Murdaca pone nel suo testo “complessità della persona e disabilità”,in cui è attenta non solo ad analizzare i temi del funzionamento,del comportamento o dell’assistenza del soggetto disabile ma si è concentrata soprattutto sul riconoscimento della persona in evoluzione. L’obiettivo primario è quello di valorizzare la persona nella sua interezza umana con il rispetto delle differenze e delle identità,valorizzare la persona per ciò che ha e non per quello che non possiede,”non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione”,perché è di essere umani che si parla e non di oggetti,nessuno per nessun motivo,è inferiore a qualcun altro. È necessario valutare le noreme,le disposizioni che regolano la tutela ed i servizi a favore di soggetti in condizione di disagi,abbattere ogni forma di barriera ed usufruire di tutti quei materiali e quegli ausili che la tecnologia ci offre. Sono molteplici i casi di cui poter parlare: prima fra tutti quello di Andrea Ferrari,un ragazzo diversamente abile costretto a stare su una sedie a rotelle, ma che grazie alla domotica,una tecnologia capace di migliorare la vita dell’uomo attraverso attrezzature che permettono il controllo dell’intera casa da un unico punto attraverso interfacce quali telecomandi,tastiere,riconoscimento vocale,non ha rinunciato a vivere la sua autonomia. O il caso Pistorius,un’atleta paraolimpico che all’età di 10 mesi fu costretto all’amputazione di entrambi gli arti inferiori, ma che grazie alle tecnologie integrative non solo è riuscito a camminare,ma addirittura a correre e partecipare alle paraolimpiadi e alle olimpiadi. Felx food,queste le protesi utilizzate da Pistorius nella sua corsa,piedi flessili in fibra di carbonio a forma di C,che hanno permesso di abbattere le prime,di tante, barriere che la società ha imposto. A.M.Murdaca,così come l’ICF,dunque,sottolinea l’importanza di valutare il modo in cui l’ambiente esterno,la famiglia,la società,il contesto lavorativo possono influire sullo stato di salute del soggetto. Infatti,oltre la famiglia e la scuola,che dovrebbero migliorare di gran lunga lo stato psico-fisico del soggetto guardando in esso una persona come tutte le altre,l’ambiente esterno può essere sia una barriera che un facilitatore dal momento che la persona con disabilità o con handicap viene definita in base a due diversi tipi di valutazione: il sistema delle opinioni personali ed il sistema delle informazioni istituzionali e formali. Proprio per questo motivo l’obbiettivo primario che dovrebbe porsi la società è l’integrazione del soggetto disabile al fine di emanciparlo,e renderlo autonomo. Per integrazione si intende l’inserire una persona in un gruppoo in un ambiente in modo che ne diventi parte integrante,essa considera sia chi è da integrare sia il contesto che integra. È un processo continuo non un punto d’arrivo,è una continua ricerca di strategie,di soluzioni per preservare i diritti della persona disabile. È rendere qualcosa completo,non dare niente per scontato,è riflettere sul contesto,sulle leggi e le loro applicazioni. Integrazione è guardare alla globalità della persona,non si può scomporla e considerarla in parti separate ,è condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia,identità e potenzialità personali,è accoglienza verso diverse identità ,non è un’astratta normalità ma è un valorizzare al meglio le caratteristiche individuali. È importante,quindi secondo A.M.Murdaca, promuovere un’integrazione sociale,scolastica e lavorativa che guardi la persona a 360°,che veda nel disabile un cittadino a pieno titolo perché ogni disabile,essendo una persona,ha la propria storia e bisogna cercare in lui indipendenza e autonomia perché la disabilità non è sempre identificabile come malattia. Bisogna riflettere su “cosa si deve ancora fare,quanto si può ancora fare nonostante quanto non si fa” al fine di dare voce ai disabile per creare ambienti attendibili e sostenibili,ambienti di adattamento che guardino più alla presenza del soggetto piuttosto che all’assenza delle sue funzioni,ambienti educativi nei quali anche gli educatori e gli insegnanti siano preparati ad una ricostruzione che si basa su quella che è la relazione educativa,che non è solo quella in ambito scolastico ma anche quella in ambito famigliare,occasionale,d’amicizia perché in ogni relazione non solo si da ma si riceve anche qualcosa in cambio,ogni esperienza positiva o negativa può insegnare qualcosa. <<Tutti possono insegnare e tutti possono imparare>> ciò che più conta è il rispetto reciproco,rispettare ed essere rispettati,ascoltare ed essere ascoltati,è importante dare all’altro la possibilità,la libertà e il tempo di essere,è importante non fermarsi alle apparenze,cercare di capire chi si ha di fronte,i suoi problemi,le sue difficoltà,dunque è importante creare un legame affettivo che permette all’altro di fidarsi,e vedere in quella “figura”(educatore,insegnante,genitore),una persona con cui poter parlare liberamente. È importante che vi sia uno scambio alla pari,senza nessuna forma di distinzione o di superiorità,ne tra alunno-insegnante,ad esempio,ne tra i diversi alunni. È importante,dunque,che ogni docente,educatore,genitore conduca il soggetto a cambiamenti positivi,a nuove forme di pensiero,o visione del mondo,è importante far emergere sempre il meglio delle persone al fine di ricostruire finalmente una nuova visione della disabilità e non.
    PUNTO 3
    Bellezza,salute e giovinezza: questa la triade che accompagna e da sempre affligge la società. Caratteristiche necessarie,doverose,per essere parte integrante di essa. La bellezza,l’essere perfetta,l’essere femminile è un obbligo che ogni donna,di ogni secolo,di ogni età,di ogni epoca ha il dovere di coltivare. Ogni donna sente il bisogno di soddisfare i suoi bisogni,se così vogliamo chiamare qualcosa che la società ha “suggerito”,quelli di essere bella e perfetta,prima per gli altri e poi per se stessa. Non più colei che è responsabile della cura e della salute della propria famiglia,colei che si prende cura del “focolare domestico”,ma oggi la donna ha conquistato un posto nella società con i propri pro e i propri contro. Sono altri,oggi,gli ideali primari alla quale una donna ambisce,innanzitutto essere bella,giovane,essere perfetta e femminile sempre. Queste le tematiche che ritroviamo nel “il gentil sesso debole” di Remaury in cui si parla di corpo trasfigurato:un corpo che ascende faticosamente la scala della perfezione grazie ai progressi della scienza,un corpo esatto:un corpo che si avvicina alla perfezione non solo grazie alla scienza ma anche grazie alle altre discipline,ed infine si parla di corpo liberato ovvero quel corpo”finalmente”libero. Libero da qualsiasi difetto,libero dalla malattia,dal peso e dal tempo. È da questo corpo libero,da questa liberazione che nasce la “terza donna” di Lipovetsky,la donna sana,magra e giovane,la donna che controlla il suo corpo al fine di avvicinarsi a quel corpo realizzato il più possibile. Tante piccole macchine omologate ad un’unica immagine: taglia 40,fisico asciutto,magrissimo,viso perfetto,portando ad effetti disastrosi:primo fra tutti ad un corpo de-femminilizzato,privo di ogni forma femminile. Dal momento che magrezza non è sinonimo,non è possibile associare una malattia come l’anoressia o la bulimia,ad un modello estetico di perfezione. Inoltre con l’avvento della tecnologia estetica e il trascorrere del tempo ha portato a varcare sempre di più la soglia del limite:protesi estetiche nate come cura a malformazioni di salute sono diventate come matite e gomma nelle mani di bambini che possono cancellare e rifare il disegno ogni volta che c’è qualcosa di sbagliato. Abbiamo,infine,la proposta di una donna completamente diversa dalle due proposte fin ora. In “madri mostri e macchine” Rosi Braidotti propone una donna aperta alle novità,trasgressiva,tecnologica,una donna che è tecnologica anche nella riproduzione. Il corpo,infatti,per Braidotti,è strettamente legato alle tecnologie,è un incrocio tra corporeo e tecnologico ed è per questo che sono importanti quei mutamenti bio-tecnologici che modificano tutte le pratiche,anche quelle più “quotidiane”. Parla,inoltre,dell’asimmetria tra i sessi,della differenza tra l’uomo e la donna,del loro diverso modo di pensare,agire e vedere le cose come per esempio la maternità che,se per la donna è qualcosa di affascinante e meraviglioso,per l’uomo è qualcosa di orribile,di “mostruoso”,due corpi in un unico corpo. Parla della diversità come l’unico fattore che accomuna tutta l’umanità,un’umanità “da sempre mostruosa,deforme” rispetto al “grado zero della mostruosità” ,ovvero della normalità. Bellezza e bruttezza sembrerebbero due concetti in antitesi: al primo vengono associati virtù interiori come l’onestà,la bontà,la gentilezza, al secondo,invece,il concetto di mostro,caratteristiche che magari sono del tutto inesistenti in quel soggetto,basti pensare alla bestia de “la bella e la bestia”,mostro fuori,buono dentro. La bellezza non è nel naso perfetto,nelle labbra gonfie,nella taglia 40,la bellezza sta nella personalità di ogni individuo,nelle sue idee,nei suoi ideali e nei suoi valori. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui l’occhio si ferma all’apparenza e non riesce a guardare oltre,la bellezza non è più un sentimento disinteressato,ma uno standard,un modello con dei canoni ben precisi,e chi non li rispetta viene catapultato in una delle molteplici categorie esistenti.
    Claudia Carbonaro
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    Messaggio  Claudia Carbonaro Ven Mag 18, 2012 9:40 am

    l'organizzazione mondiale della sanità è stata fondata il 7aprile del 1948,con l’obiettivo di raggiungere il livello più alto possibile di salute,ed ha elaborato tre classificazioni.
    -l'ICD nel 1970,coglie la causa delle patologie fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche,dunque è una classificazione che focalizza l’attenzione sull’aspetto eziologico delle malattie.
    le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che semplificano la memorizzazione,la ricerca e l'analisi dei dati,dunque le disabilità vengono associate alle patologie cliniche,formando una sorta di enciclopedia medica.
    -l'ICIDH nel 1980,è basata su tre fattori,ovvero menomazione (qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica,fisiologia o anatomica),disabilità (incapacità di svolgere determinate funzioni e azioni normalmente attendibili da parte dell'individuo),ed handicap (ostacolo che limita o impedisce ad una persona con deficit il compimento di una determinata attività).
    -l'ICF nel 2001,propone una definizione del concetto di disabilità assolutamente innovativa rispetto alle precedenti classificazioni.
    secondo l'ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole,infatti descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlati.
    i termini menomazione,disabilità ed handicap vengono sostituiti dai temini funzioni,strutture corporee,attività e partecipazione,con l'intento di dedicare una maggior attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale.
    l'ICF è un linguaggio standard che serve da modello di riferimento per la descrizione della salute e degli stati a essa correlati,non classifica solo condizioni di salute,malattie,disordini o traumi,bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute e pone al centro la qualità della vita delle persone affette da una patologia e può essere usato nell'ambito sanitario,sociale,economico,educativo,statistico.
    in ambito pedagogico è importante imparare ad utilizzare in maniera adeguata le parole disabile e diverso,dunque bisogna analizzare e precisare accuratamente la differenza dei significati di questi due termini in quanto racchiudono molteplici significati.
    il termine disabile indica una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana,ed è caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità.
    però esistono anche persone che sono disabili ma mentalmente non si considerano tali in quanto riescono a svolgere tranquillamente qualsiasi attività...Simona Atzori e Oscar Pistorius possono dimostrarlo.
    il termine diverso invece indica semplicemente una persona che si distingue dagli altri per le sue caratteristiche,potrebbe trattarsi di una persona con una diversa lingua,cultura,costumi,abitudini o religione.
    Anna Maria Murdaca nel suo testo "complessità della persona e disabilità" si sofferma principalmente su tre aspetti fondamentali,ovvero la ricostruzione di una nuova cultura della disabilità,che deve cogliere tanto le disfunzioni psico-biologiche quanto evidenziare le capacità del soggetto,la rimodulazione del termine integrazione,in quanto occorre abbandonare la logica dell'inserimento e bisogna dirigersi verso l’inclusone adottando l’ottica della globalità,valutando l'influenza del contesto sociale sulla vita del soggetto,e la comprensione delle reali condizioni di vita.
    l'obiettivo principale dell’autrice è la valorizzazione della persona rispettando le differenze e l'identità,poichè non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione perchè si tratta di persone,e si caratterizzano per le loro capacità e non per quello che non sanno fare.
    è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap,sono gli ostacoli e le barriere culturali a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione.
    una società con vari spazi di formazione sicuramente contribuirebbe all'acquisizione di una maggiore indipendenza per i soggetti con disabilità,i quali non sono soggetti passivi di pietismo,ma cittadini a pieno titolo.
    è fondamentale la relazione educativa in tali casi,intesa come spazio riparativo nel quale la persona disabile sperimenta con l'educatore una serie di situazioni che vengono criticate,elaborate,costruite per condurla verso lo sviluppo della propria totale accettazione,autostima e valorizzazione delle proprie capacità.
    l’educatore deve prendere in considerazione le diverse situazioni e mettere a tal proposito in atto programmi differenti e specifici per far emergere le doti del disabile.
    l'atteggiamento dell’educatore implica l'accoglienza,il rispetto,l'ascolto,la flessibilità mentale,il confronto,e il suo compito è estrapolare le potenzialità del soggetto attraverso un percorso di vita personale ed integrarlo nella società con le medesime opportunità dei normodotati.
    dunque il concetto di cura è inteso come progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti,volta alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e per ciò che egli può diventare...fondamentalmente non si mira all'accudimento ma all'emancipazione del soggetto con disabilità.
    grazie al perfezionamento della tecnologia è possibile migliorare la qualità della vita delle persone disabili,in particolar modo con la domotica,però purtroppo l'uomo usufruisce di queste tecnologie innovative per ovviare ai problemi futili,rischiando di raggiungere un'atrofizzazione sia fisica che mentale.
    la bellezza e la salute sono gli ideali del nostro tempo,infatti la pubblicità,che prima di essere l’anima del commercio è lo spirito della nostra civiltà,propaga un’immagine che idealizza la bellezza,la giovinezza e la salute femminile.
    queste questioni vengono affrontate nei testi di alcuni autori come Remaury,Lipovetsky e Braidotti.
    Remaury nel suo testo "il gentil sesso debole" sostiene che siamo orientati verso una corsa alla perfezione e miriamo alla triade giovinezza-bellezza-salute,ovvero l’immagine ideale della donna proposta dalla nostra civiltà,dunque raffigura la donna come vittima e schiava della propria bellezza.
    Lipovetsky invece nel suo testo "la terza donna" ritrae la donna come colei che controlla e gestisce la propria immagine all’interno dei modelli sociali imposti,quindi un corpo è considerato libero o liberato e perfetto quando si libera dalla malattia,quando è sano,giovane e magro,ma la magrezza non è solo sinonimo di bellezza,ma è anche sinonimo di deforme,mostruoso,anoressico e bulimico.
    infine Braidotti nel suo testo "Madri,mostri e macchine" riflette sulla relazione complessa e multiforme che c'è tra le madri,i mostri e le macchine e associa il corpo a qualcosa di immateriale.
    la donna durante la gravidanza muta il suo aspetto,e diviene essere duplice madre e mostro.
    il corpo gravido e quello mostruoso si fondono da sempre nell'immaginario maschile come qualcosa di orribile e meraviglioso,affascinante e terribile.
    è da questa fase che Braidotti propone alle donne di incarnare oltre alla maternità e alla mostruosità anche la macchina...i corpi non sono altro che macchine in quanto questi vengono presi come modelli di perfezione.
    Serena Vivenzio
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    Prova intercorso (riapre a giugno) - Pagina 8 Empty Re: Prova intercorso (riapre a giugno)

    Messaggio  Serena Vivenzio Ven Mag 18, 2012 11:04 am

    1)
    L' OMS è l'Organizzazione Mondiale Della Sanità, agenzia specializzata dell' ONU per la salute, è stata fondata il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra. L'obbiettivo dell' OMS è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni dal livello più alto possibile di salute, definito nella medesima costituzione come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità. La prima classificazione elaborata dall' OMS è l' ICD, classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati. E' oggi alla decima edizione approvata appunto dall' OMS nel 1990 e utilizzata a partire dal 1994. L' ICD risponde all'esigenza di cogliere le cause delle patologie fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Questa classificazione focalizza l' attenzione sull' aspetto eziologico della malattia, le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l'analisi dei dati secondo lo schema eziologico-patologico, manifestazione clinica.
    L'ICD rivela ben presto vari limiti di applicazione e ciò induce l'OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione, in grado di focalizzare l'attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze. E' l'ICDH, classificazione internazionale delle menomazioni, disabilità e degli handicap, nata nel 1980. L'ICDH non coglie la causa della patologia, ma l'importanza e l'influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazioni. Con l' ICDH non si parte dal concetto di malattia inteso come menomazione, ma dal concetto di salute, inteso come benessere fisico,mentale,relazionale e sociale che riguarda l'individuo, la sua globalità e l'interazione con l'ambiente.
    Questa classificazione è caratterizzata da 3 componenti fondamentali, attraverso le quali vengono analizzate e valutate le conseguenze delle malattie,e sono la MENOMAZIONE, come danno organico e funzionale, la DISABILITA', come perdita di capacità operative subentrate nella persona a causa della menomazione, SVANTAGGIO (HANDICAP), come difficoltà che l'individuo incontra nell'ambiente circostante a causa della menomazione. La presenza di limiti concettuali nella classificazione dell' ICDH ha portato l' OMS alla stesura di un nuovo strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall'approccio universale, l' ICF, classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute. L' ICF è una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale,familiare,lavorativo), al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. Tramite l' ICF si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiane in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l'individuo, non solo come persona avente malattia o disabilità, ma soprattutto evidenziandone l'unicità e la globalità. L' ICF vuole fornire un ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Parole come disabilità, handicap, deficit, hanno un proprio peso, e come sostiene Canevaro la scelta delle parole va fatta con ponderazione. Esse sono molto importanti non solo per un presupposto armonioso o formale, ma per quanto contengono, in quanto simboli. Non si deve far confusione tra questi tre termini, utilizzare termini impropri o fare disordini linguistici possono essere un modo per aumentare l' handicap anzichè ridurlo.
    Infatti proprio per questo motivo ho deciso di introdurre il laboratorio " LA MAPPA DEGLI STEREOTIPI ". I modi descrivere un disabile, un diverso, se ci facciamo caso sono tutte parole " brutte ". E' quasi una vergogna doverlo ammettere, ma purtroppo è la realtà. Questo mi porta a pensare a quanto un disabile possa sentirsi discriminato, allontanato. L' esercizio è proprio questo che mi ha fatto capire, che per quanto il disabile non deve essere considerato " anormale ", si finisce sempre per definirlo con termini inadeguati, e se il nostro futuro sarà quello di aiutare il prossimo, allora dovremmo cambiare atteggiamento, e non allontanare un disabile...perchè è proprio lui che ha bisogno di noi!
    Anche con il laboratorio " BARRIERE ARCHITETTONICHE " possiamo introdurre il concetto di disabile e dei suoli limiti imposti dalla società. Ho visto persone lamentarsi perchè non hanno l'iphone o una borsa firmata, persone che camminano per strada con i cellulari in mano chattando su facebook, distratte al massimo, o altre ancora camminare sul tapis roulant in palestra giocando sull'iphone...ma come può migliorare la società se esiste ancora tutto questo ? Presi dalle cose futili e dalla nostra quotidianeità non ci accorgiamo di quanto possa essere difficile la vita di un disabile, piccole azioni che per noi sono normali e quotidiane, possono rendere la loro vita un inferno. Siamo nel 2012 e mentre la tecnologia è impeganata a creare modelli su modelli di cellulari, computer, televisioni, in molte città italiane un disabile, non può fare altro che restare chiuso in casa. Perchè ? Per la scarsa presenza di attrezzature, architetture per far si che la loro vita sia un po più " normale " e che non faccia pesare in ogni momento la loro disabilità.

    " TUTTI SONO DIVERSI, NON TUTTI SONO DISABILI "

    2)
    Anna Maria Murdaca, docente esperta e autrice in questioni relative la persona con disabilità, ha scritto il testo COMPLESSITA' DELA PERSONA E DISABILITA'. I temi che emergono in questo testo sono stimolanti e meritano di essere riesaminati. Essi sono l'integrazione, la complessità e umanità della persona, l'inclusione e l'inserimento del disabile, la cura e la relazione educativa, i paradigmi del benessere. Il testo mira in modo particolare alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione, alla comprensione delle reali condizioni di vita, quale ruolo effettivamente possono assumere i soggetti disabili.
    Come afferma Anna Maria Murdaca è il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, sono gli ostacoli e le barriere fisiche, come quelle mentali e culturali a favorire il processo di esclusione oppure di emarginazione. E' importante quindi soffermarsi sulla complessità della persona con disabilità, la sua integrazione, in ambito educativo, linguistico e corporeo, le cause socioculturali della marginalità sociale. Secondo l'autrice bisogna dirigersi verso l'inclusione, adottando l'ottica della globalità. Ovvero, una nuova cultura e conoscenza della disabilità, attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento, del comportamento e dell'assistenza del soggetto disabile, ma anche centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta nella sua dimensione olistica. L' obiettivo è quindi la valorizzazione della persona umana con il rispetto delle differenze e delle identità. L'integrazione è un processo continuo, non un punto di arrivo, è una continua ricerca di soluzioni, strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dei disabili. Nel parlare di integrazione quindi non si fa più riferimento ad un astratta normalità, ma a valorizzare al meglio le dotazioni individuali.
    Invece per quanto riguarda il concetto di CURA, bisogna ricordare che il termine è intrinseco all'agire educativo. Cura come progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti, volta alla realizzazione dell'uomo per ciò che egli è, e per ciò che egli può diventare. Ci troviamo quindi davanti un nuovo paradigma del benessere, la cui logica deriva dall'interdipendenza di alcune azioni dell'evoluzione biografica del soggetto impegnato. La nuova cultura della disabilità deve perciò essere attenta a cogliere tanto le disfunzioni comportamentali cognitive, quanto a innalzare la qualità della vita dei soggetti. Rimodulare l'integrazione in prospettiva umanistica significa guardare alla globalità della persona che non può venire scomposta in funzioni che possono essere curate separatamente, perdendo così la capacità di integrare, di considerare nell'insieme.. L'integrazione deve consistere in un azione di sviluppo, interazione, modulazione, coordinazione di processi motori e psicomotori, risposte emotivo affettive, e potenzialità cognitive e relazioni sensoriali. La realtà va per questo conosciuta, la cultura valutata come valore, si deve dare senso ai comportamenti, vedendo la propria storia collegata a quella degli altri.
    E' molto importante adesso riflettere sul concetto di RELAZIONE EDUCATIVA. Abbiamo la relazione tra madre e figlio, in cui i bambini sono i protagonisti che devono essere educati, ma a volte sono proprio loro a educare gli adulti, a trasmettere. Poi abbiamo la relazione tra docente e discente, ossia un legame che produce l'apprendimento attraverso una profonda interconnessione che porta alla fusione delle conoscenze. Ogni relazione, ogni incontro umano è educativo, in quanto è portatore di significati, di valori o anche di opinioni che assumono un peso educativo nella crescita di colui che li riceve. E' una sorta di prendere e dare in sincronia. Qualsiasi esperienza della vita è educativa, sia se è un esperienza positiva che negativa. Il futuro educatore deve trasmettere qualcosa di positivo nelle relazioni che costruisce, arricchendole di conoscenze. Alcune volte gli educandi sono adulti in difficoltà, come tossicodipendenti, alcolisti, carcerati. In questo caso la relazione educativa è il rapporto tra una persona GUIDA e una persona in difficoltà. In questa relazione si cerca di capire chi si ha di fronte, i suoi problemi, le sue difficoltà, le sue paure senza soffermarsi sulle apparenze, ma cercando di comprenderne i fattori che spingono un soggetto a comportarsi un dato modo, magari non approvato dalla società.
    Una relazione educativa può anche essere uno scambio di emozioni tra due o più persone. Alla base di una relazione educativa c'è la volontà di costruire un rapporto predisponendosi all'accoglienza, all'ascolto, lasciando spazio alla libertà dell'altro e costruendo insieme un progetto di vita personale e originale. Nella relazione educativa quindi il legame affettivo permette alla persona in difficoltà di fidarsi per poi esprimere le proprie emozioni. Infatti l'educatore deve imparare ad essere paziente, sensibile, attento alle diversità, e a mettersi in discussione e migliorarsi. La relazione educativa costituisce la parte più importante della pedagogia, si realizza in luoghi diversi, in strutture specializzate. L'obiettivo dell'educatore è quello di rieducare e condurre il soggetto a cambiamenti positivi e corretti.
    Anche in questo caso posso collegare il concetto di relazione educativa con il laboratorio " RELAZIONE EDUCATIVA E EMARGINAZIONE ".
    La lezione sulla Relazione Educativa, è stato per me il primo approccio all'argomento. Questa lezione mi ha permesso di conoscere le prime basi del rapporto docente-discente, rapporto che un giorno dovrò saper instaurare data la mia futura funzione di educatrice, che spero un giorno di riuscire a conseguire. E' molto importante in questa relazione che il docente si ponga " al fianco " del bambino o adolescente, e non " di fronte " ,quindi bisogna essere capaci di rispettare l'altro e metterlo sul nostro stesso piano e non farlo sentire inferiore o diverso. Un altra delle capacità importanti da acquisire è quella di saper ascoltare l'altro, di stare attenti a tutto ciò che ci circonda per poter aiutare al meglio la persona che abbiamo di fronte. Credo che la funzione che ha l'educatore in questa relazione è di grande responsabilità, perchè deve sempre cercare di mostrarsi una persona affidabile, deve dare sicurezza al bambino o alla persona adulta che sia, per far si che possa aprirsi e mostrare i suoi limiti e debolezze. Questo è un lavoro per me molto importante e non c'è niente di più gratificante che saper ascoltare una persona in difficoltà e trasmettergli un po di fiducia nella vita!

    Per quanto riguarda i Setting fatti in aula, mi ha colpito quello tra la ragazza diciassettenne e l'educatrice. Questa ragazza ha espresso la sua difficoltà nel relazionarsi con l'altro,e nonostante questo suo limite è riuscita comunque ad esporsi volontariamente senza che nessuno le imponesse niente. Credo quindi che questo rappresenti per lei già un passo in avanti che potrà così aiutarla in occasioni future per acquistare più coraggio per farsi avanti, senza la paura di poter essere giudicata. Anche in questo caso il lavoro dell'educatore è di grande capacità, anche se in questo caso è stata la ragazza stessa ad esporsi e quindi è stato più facile capire il suo problema e cercare di rassicurarla e aiutare. Ma nel caso in cui possa esserci una mancanza di espressione della persona, è proprio qui che entra in gioco la validità dell'educatore, riuscire a capire se c'è un problema, se si hanno delle difficoltà senza un espressione volontaria. Capire tutto questo solo con uno sguardo, con un atteggiamento, un movimento..Non è una cosa che si può imparare così dall'oggi al domani, ma credo che pasienza e passione siano già un passo giusto per cominciare.

    3)
    La cultura dell'immagine nelle donne si confonde con quella della bellezza che nella società mass-mediologica è di primaria importanza. Nelle rappresentazioni della femminilità quindi la bellezza è associata all'idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. Il corpo realizzato ad esempio è attento alle direttive della triade e al discorso dominante dei media. Il suo miglioramento fisico ed estetico è l'adempimento dei suoi bisogni, cioè il bisogno di essere bella. Ma a volte questi bisogni sono stati suggeriti, imposti dalla società stessa. L'autore Remaury nel suo testo il Gentil Sesso Debole dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, che abbiamo un triplice obiettivo, GIOVINEZZA,BELLEZZA,SALUTE.
    Il corpo TRASFIGURATO è legato all'immagine della perfezione corporea. In pratica il corpo deve ascendere faticosamente ma inesorabilmente la scala di perfezione grazie a i progressi della scienza. Il corpo ESATTO compie dei progressi verso la perfezione grazie alla scienza ed è il modello dominante. Il corpo LIBERATO lo è dalla malattia, da l peso e dal tempo, obbligatoriamente perfetto. L'autore Lipovetsky nella sua Liberazione De La Terza Donna nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti imposti, dalla malattia,cioè sano,dal peso cioè magro, dal tempo,cioè giovane. I valori tra cui può e deve scegliere sono quelli di eterna giovinezza, perfetta bellezza e salute totale. Il controllo della propria immagine tramite la scelta tra i modelli sociali conduce la donna verso il corpo realizzato, ossia la conquista di un corpo perfetto in quanto al prodotto del lavoro su se stessa, assicurato attraverso il conseguimento di bellezza e salute. Lipovetsky nel suo libro afferma che La Terza Donna ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza basata sull'apparente acquisizione di grazia.
    Inoltre è stato proprio nell' Ottocento che si è iniziata ad affermare l'idea che l'attività fisica dovesse essere diretta al miglioramento del corpo per raggiungere la perfezione. C'è poi un autrice Rosi Braidotti con il testo Madri mostri e macchine nel quale propone alle donne di incarnare oltre alla maternità e alla mostruosità, anche la macchina prestandosi al gioco di ridefinire sia le tecnologie attuali sia l'immaginario che le sostiene. Ritroviamo quindi il tema del corpo macchina. Creare un legame tra femminismo e tecnologia, giocare con l'dea di un corpo-macchina è certamente un rischio e non dà alle donne la certezza di uscirne vincitrici da questa sfida.
    Introduco così il laboratorio " PROTESI ESTETICHE "
    Il modello di bellezza credo sia un argomento ricco di riflessioni e non basterebbe una lezione intera per discuterne. Parto dal presupposto che per me la perfezione non esiste, per quanto si possa avere un fisico perfetto, si ha sempre qualche difetto. Quindi per quanto riguarda le protesi sono d'accordo come nel caso di Pistorius che gli hanno permesso di realizzare anche se in parte il sogno di correre. Sono d'accordo se c'è una difficoltà fisica e in alcuni casi anche quando c'è mancanza di autostima. Ad esempio possono esserci persone che cercando di cambiare qualche parte del proprio corpo perchè non stanno bene con se stessi, e questo incide in qualsiasi momento della loro vita. Deve esserci sempre però un " problema " che diventa una sorta di " malattia ". Anche se è un esempio stupido e banale prendendo in esame la modella Nina Moric, quante donne avrebbero voluto essere come lei ! Aveva un viso bellissimo prima di rifarsi bocca e zigomi. E' questo quello che non accetto, si è rovinata con le sue mani, era bellissima ed ora è diventata un mostro ! Mi fa così tanta rabbia che penso ce tutti quei soldi avrebbe potuto investirli in modo migliore... Questo solo per il gusto di sentirsi sempre migliore degli altri, senza accorgersi di quanta bellezza si possiede, e si finisce così per strafare e rovinarsi.

    " RICORDATI CHE LA PELLE AVVIZZISCE..
    I CAPELLI DIVENTANO BIANCHI E I GIORNI DIVENTANO ANNI,
    MA L' IMPORTANTE NON CAMBIA,
    LA TUA FORZA E LA TUA CONVINZIONE NON HANNO ETA'. "
    Madre Teresa Di Calcutta
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    Messaggio  Sara Costigliola Ven Mag 18, 2012 11:05 am

    1)L’OMS è l’Organizzazione Mondiale della Sanità fondata nel 7 aprile 1948. La prima classificazione sviluppata è l’ICD ovvero la classifica Internazionale delle malattie in cui si colgono le cause patologiche e sono fornite una descrizione delle principali caratteristiche per ogni sindrome e disturbo. In questa classificazione le diagnosi sono tradotte in codici numerici che permettono una facilitazione della memorizzazione, della ricerca e dell’analisi dei dati.
    Nel 2001 è stata ideata una nuova classifica chiamata ICF che sta per "Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute"; in questa nuova classifica si sostiene che la disabilità sia creata da un contesto sfavorevole. Inoltre i termini menomazione, disabilità, handicap, appartenenti alle precedenti classificazioni, sono sostituiti con funzioni, strutture corporee, attività e partecipazione.
    La sostanziale differenza tra l’ICD e l’ICF è che mentre nella prima sono classificate solo le condizioni di salute, le malattie, i disordini o i traumi, nella seconda s’includono anche le conseguenze alle condizioni di salute, in altre parole s’interessa alla qualità della vita delle persone che sono affette da determinate patologie o malattie.
    La classifica ICF suddivide in due parti le informazioni sulla salute della persona ovvero “funzionamento e disabilità” e “ fattori ambientali o contestuali”. Nella seconda parte inerente ai fattori ambientali l’attenzione è focalizzata verso l’ambiente più vicino alla persona, ma anche a quello più lontano, prendendo in considerazione anche le barriere architettoniche che si possono incontrare negli ambienti vicino o lontani. Le barriere architettoniche ostacolano l’autonomia delle persone con disabilità, iniziando dalla casa in cui si vive dove non sempre ci sono attrezzature tecniche in grado di aiutare il disabile a uscire da casa autonomamente, ma la cosa più grave è che nella maggior parte delle strutture pubbliche i dispositivi tecnici o non ci sono proprio oppure non sono funzionanti. Si nota con rammarico il disinteresse e l’insensibilità di chi dovrebbe occuparsi al funzionamento degli apparecchi.
    Molto importante in quest’ambito è sicuramente una riflessione sulle parole utilizzate nelle classifiche dell’OMS come ad esempio le parole disabile e diverso. Il disabile è colui che è impossibilitato a svolgere le attività della vita quotidiana; è colui che può avere delle disfunzioni motorie e cognitive; è una persona la quale ha un mancato o diverso funzionamento di una o più abilità. Con queste spiegazioni si evidenziano solo le abilità che a un individuo mancano senza prendere in considerazione che egli possiede anche delle abilità. Per tale ragione che il termine disabile è stata sostituita con diversamente abile o diversabile proprio per mettere in risalto che è una persona che possiede delle abilità che devono essere scoperte e potenziate.
    Il diversabile scopre il suo disagio soprattutto quando si confronta con le persone che lo circondano più da vicino come i familiari e gli amici, ma ci sono anche persone diversabili che non si sentono tali e affrontano i propri limiti con resilienza.
    Altra parola “fondamentale” è diverso, il diverso è colui che è collocato in una determinata categoria, infatti, il diverso “non sceglie di esserlo ma è etichettato dalla società suo malgrado”. Diverso non è solamente colui che ha una menomazione fisica o psichica, ma è colui che si distingue dalla “massa” come ad esempio una persona che si distingue per lingua, cultura, costume, religione ecc.
    Il diverso e il diversabile molto spesso è emarginato oltre che etichettato dalla società. Il diverso è isolato, è visto come un mostro, ci incute terrore perché non lo conosciamo; molto spesso proviamo compassione pronunciando la parola “Poverino”. Sotto i nostri occhi ogni giorno avvengono emarginazioni continue, delle volte le notiamo ma è più semplice 'girare la faccia' e interessarsi delle nostre faccende. Ciò è accaduto anche nel passato basti pensare alle percussioni degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, ma anche noi donne siamo state emarginate per secoli.
    2)Anna Maria Murdaca è una docente e autrice che s’interessa particolarmente alle questioni della persona con disabilità. Uno dei suoi testi importanti è Complessità della persona e disabilità, in questo testo l’autrice si concentra sulla riformulazione del termine integrazione; alla formazione di una nuova cultura della disabilità; e in fine sulla ridefinizione di un progetto di vita per le persone disabili.
    Fondamentale è il contesto sociale perché è quello che determina la condizione di disabilità attraverso le barriere architettoniche e fisiche, quali mentali e culturali, e quindi favorisce il processo di emarginazione della persona diversabile. Oltre al contesto sociale bisogna soffermarsi sulla persona con disabilità soprattutto interessarsi sulla sfera dell’integrazione e sulle cause della sua marginalità. Il processo d’integrazione non è un processo che ha una fine, anzi è continuo. L’obiettivo è di valorizzare la persona mantenendo solidi i diritti acquisiti dai disabili e valorizzare al meglio le doti individuali.
    Il concetto di cura è importante all’interno dell’integrazione perché permette un’emancipazione da parte del soggetto con disabilità ridandogli consapevolezza delle proprie capacità, dell’unicità della sua storia per accettarsi. Quindi secondo l’autrice Murdaca bisogna guardare e curare alla globalità della persona diversabile.
    Occorre creare una nuova cultura della disabilità fondata sull’unione dell’aspetto educativo didattico, terapeutico, riabilitativo e sociale, facendo attenzione sulle disfunzioni cognitive e elevando la qualità di vita del soggetto. Tutto ciò deve avvenire in luoghi rassicuranti per i soggetti con disabilità così da sviluppare e potenziare le capacità personali.
    Altro argomento importante trattato nel testo Complessità della persona con disabilità è di ripensare a una società che si occupi di ciò che si deve e che si può ancora fare, per far sì che si creino spazi, contesti e relazioni che permettono una formazione valida e solida per i soggetti con disabilità i quali hanno una consapevolezza e una responsabilità nei confronti di questa relazione e quindi da non considerare soggetti passivi di pietismo.
    A questo punto è importante parlare anche delle relazioni educative partendo dalle più comuni alle più specifiche.
    Le relazioni educative sono presenti nella vita di ogni persona dalla nascita, infatti, la prima relazione educativa che incontra, è quella tra madre e figlio. Questo tipo di rapporto si sviluppa in ambito familiare e i protagonisti non sono solo i bambini ma anche gli adulti, i quali possono imparare molto dai bambini.
    I bambini, poi, instaureranno una relazione educativa con i loro docenti. Nella relazione tra docente e discente troviamo un incontro e soprattutto di scambio di conoscenze e d’idee. In altre parole è "un prendere e dare in sincronia".
    La relazione educativa che più ci interessa è sicuramente quella tra educatore e educando. Premettendo che qualsiasi esperienza che sia negativa o positiva è pure sempre un'esperienza che arricchisce la vita, ma il compito principale dell'educatore è di trasmettere all'educando qualcosa di positivo che gli permetta di costruire e arricchire le proprie conoscenze. Alla base di questo rapporto, ma come del resto in ogni rapporto, ci deve essere il rispetto reciproco per permettere uno scambio e un arricchimento reciproco.
    Fondamentale in tutte le relazioni educative è quello di creare una situazione che possa far sentire a proprio agio il soggetto che si ha di fronte: in pratica creare un rapporto alla pari. E' ciò che è accaduto nella simulazione di questa lezione. Abbiamo simulato l'incontro tra educatore e educando: nel primo caso l'educatore si rapportava con la madre dell'educando rivolgendo attenzioni anche a esso, nel secondo caso l'educatore si rapportava in maniera diretta con l'educando.
    Nel primo caso il tema era l'assenteismo dell'insegnante di sostegno, nel secondo caso l'educando aveva problemi d’interazione con i suoi coetanei. Inizialmente c'era la difficoltà di approccio ma dopo pochi istanti in entrambe le simulazioni si è cercato di creare un ambiente sereno e positivo per mettere a proprio agio gli educandi, per farli sentire speciali e che avrebbero avuto l'aiuto necessario. L'importanza in questo rapporto non è solo l'ambiente, fondamentali sono sicuramente la gestualità e le parole che sono utilizzate.
    3)Ogni corpo è bello. Quanti realmente lo pensano?
    Tutto Nasce dal disprezzo del proprio corpo che ritroviamo già agli inizi del cattolicesimo che considera il corpo 'peccatore cedevole ai desideri della carne', ma soprattutto negli ultimi decenni il disprezzo del proprio corpo è influenzato dall'idea di bello trasmessa dai media. Così il rifiuto del corpo e l'idea di corpo di ricambio sono entrati nella cultura popolare, anche grazie al continuo sviluppo della tecnica e della scienza che permettono, attraverso le protesi estetiche, un cambiamento dell'aspetto estetico della persona.
    La figura della donna è messa a confronto con la sua bellezza, si ha la convinzione che essa debba coltivare la bellezza estetica ciò è suggerita e imposto dalla stessa società. Da sempre la donna ha avuto la responsabilità di curare sé e anche gli altri, adesso la cura di sé si è spinta oltre: curare se stessi per piacere agli altri. Giovinezza e bellezza sono le parole chiave per far sì che la donna sia considerata dalla società, la scrittrice Remaury nel suo teso Il gentil sesso debole sostiene che le donne sono alla continua ricerca di un corpo sano, oltre che giovane e bello; quindi a una continua corsa contro il tempo, contro il peso e contro la malattia. Lipovetsky, invece, trova un lato positivo di questa educazione culturale del corpo, essa permette di poter scegliere a quale modello di bellezza da poter imitare, il limite è che la donna non necessariamente se identifichi in uno di quei modelli. L’idea che emerge dal testo Madri mostri e macchine di Braidotti è di una donna corpo-macchina .
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    Messaggio  iolanda martino Ven Mag 18, 2012 11:13 am

    1)Durante le lezioni abbiamo capito che è molto importante non fare confusione tra deficit, disabilità ed handicap:
    con deficit si intende la mancanza totale o parziale di una determinata funzionalità fisica = deficit organico. L’handicap è invece la difficoltà, l’ostacolo che spesse volte viene imposto dalla società e che non consente alla persona di maturare quelle capacità necessarie per realizzare la personalità integrale. Gli handicap spesse volte vengono imposti dalla società con le varie barriere architettoniche; infatti facendo riferimento al laboratorio sulle barriere architettoniche se volessi già rivivere le semplici azioni quotidiane (come la preparazione, il trasporto ecc … ) ma pensando ad una persona su una sedia a rotelle, penso che incontrerebbe enormi difficoltà come: scendere le scale, mancanza di scivoli e scalini impraticabili alla stazione ecc; penso inoltre che la cosa più importante sia quella di attuare interventi immediati e diretti, progettare strutture adatte a rendere la loro vita meno frustante perché tutto questo comporta due gravi conseguenze:
    la prima è quella di considerare l’handicap problema solo di chi ha qualche deficit; la seconda è quella di pensare che coloro che sono afflitti da qualche deficit non siano uomini come tutti gli altri. La disabilità viene spesso confusa con la diversità, ma sono due termini carichi di vari significati; del diverso, si ha paura, viene isolato, per chi è diverso proviamo vergogna, compassione, imbarazzo, spesso ci voltiamo dall’altra parte per non guardare chi ha una menomazione fisica visibile. Riflettendo su questo termine mi balza in mente il film “indovina chi viene a cena” in quanto pone l’accento sull’esistenza di pregiudizi e discriminazioni: le famiglie non accettano i partner dei loro figli solo perché hanno un colore di pelle diversa, ma ciò che in realtà temono è il giudizio degli altri. Io credo che di fronte al DIVERSO ci chiudiamo in noi stessi e non solo non ci fidiamo di chi non è come noi ma persino di chi non sembra simile a noi. Bisognerebbe accettare le diverse ideologie,razze,religioni; promuovere il confronto, il dialogo come garanzia di una migliore convivenza. Può sentirsi diverso dagli altri anche colui che viene emarginato in una società o per un deficit o perché appartenente ad una cultura o una ideologia diversa; nel gioco fatto in aula sull’emarginazione non sono stata emarginata, mi trovavo in città. Non ho provato alcuna sensazione piacevole, al contrario ho pensato a coloro che erano stati emarginati ed ho cercato di immedesimarmi in loro pensando cosa stessero provando realmente, se si trovavano in una situazione disagiata e di imbarazzo perché giudicati ed esclusi dal gruppo della città solo perché portavano gli occhiali.
    Il disabile, invece, è un soggetto non abile, cioè non capace di fare qualcosa per via di un deficit che lo pone in difficoltà rispetto ad alcune funzioni ed attività della vita. Di tutto questo si è occupato l’OMS (l’organizzazione mondiale della sanità). La prima classificazione elaborata dall’OMS è la classificazione internazionale delle malattie (ICD) che cerca di cogliere le cause delle patologie fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea, quindi, come una classificazione che focalizza l’attenzione sull’aspetto eziologico della malattia. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Nel 1980 l’OMS ha attuato la Classificazione Internazionale della menomazione,disabilità ed handicap (ICIDH), basata su tre fattori tra loro interagenti e i termini verranno sostituiti da: MENOMAZIONE si intende qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione fisiologica, psicologica o anatomica; è menomazione anche un danno organico,una patologia. Tali caratteristiche, che possono essere transitori o permanenti, comportano l’incapacità di svolgere determinate funzioni e di compiere particolari compiti. ABILITÀ e PARTECIPAZIONE, ciò significa che viene data maggior attenzione alle capacità del soggetto o alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. A partire dagli anni ‘90 si è passato a parlare di ICF che questa sta per Classificazione Internazionale Del Funzionamento della disabilità e della salute, secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole, in questo caso la disabilità non è solo una malattia, ma si identifica con lo stato di salute. La disabilità può essere una condizione transitoria, permanente, regressiva, progressiva. In questa classificazione, oltre ai fattori biomedici e patologici, viene presa in considerazione l’interazione sociale; l’approccio così diventa biologico, personale e sociale al tempo stesso.

    2)Il testo di Murdaca mira prima di tutto a ricostruire una nuova cultura della disabilità: occorre cioè secondo la Murdaca abbandonare la logica dell’inserimento (legge 118 del 1971) e dirigersi verso l’inclusione, pensare ad una nuova cultura e conoscenza della disabilità, attenta non soltanto ad analizzare i temi del funzionamento, del comportamento e dell’assistenza del soggetto disabile, ma anche centrata sul riconoscimento della persona. Infatti, l’obiettivo principale è quello di riuscire a valorizzare la persona umana, rispettando le differenze e le identità.
    Murdaca scrive che ci troviamo davanti ad un nuovo paradigma del benessere che ha alla base un analisi in un ottica progettuale della vita del soggetto preso in considerazione. Ne deriva l’esigenza di rimodulare il termine integrazione come condivisione di valori etici e come accoglimento cioè come luogo in cui ogni soggetto, definisce se stesso. La vera novità e che non si mira ad accudire ma ad emancipare il soggetto con disabilità: tutto ciò può avvenire anche grazie ad una relazione educativa la quale viene vista come spazio RIPARATIVO nel quale il disabile sperimenta con gli educatori, con gli insegnanti una serie di situazione, di vissuti emotivi-affettivi che vengono elaborati, criticati, ricostruiti e integrati nella relazione educativa. Questi vissuti come afferma Murdaca consentono agli operatori di progettare delle opportunità educative, da offrire al disabile affinchè egli stesso ripensi al proprio stato e alle proprie capacità funzionali, eliminando maschere, disagi, scoprendo le forze resilienti capaci di far superare le loro difficoltà. La costruzione dell’identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti capaci di sviluppare le potenzialità personali e cercare i mezzi più idonei a valorizzare la differenza. Ciò può avvenire grazie all’incontro di professionalità di persone,di operatori,di famiglie che realizzano in processi di empowerment cioè si vuole portare il disabile lo sviluppo identità, della propria autostima, verso il cognitivo.
    E’ importante unire l’aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico, con quello riabilitativo e sociale per garantire così a costoro la piena integrazione. Inoltre rimodulare l’integrazione significa guardare alla globalità della persona, di considerarla nell’insieme. L’integrazione infatti deve consistere in un’azione di sviluppo, di interazione, modulazione e di coordinazione di processi motori e psicomotori, risposte emotivo -affettive,potenzialità cognitive.
    Il tutto finalizzato a sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppo di indipendenza ed emancipazione. Soprattutto sono necessari ambienti nei quali anche educatore/insegnanti siano preparati ad una riorganizzazione dell’intero del diverso, considerato un frammento. Ogni azione educativa, infatti, dovrebbe attuare un unione tra mente e coscienza, cervello, percezione e immaginario perché come dice Bruner la storia del disabile è orientata contestualmente. Per quanto riguarda il concetto di CURA è un termine interno all’agire educativo, vista come emancipazione dei soggetti coinvolti. La CURA EDUCATIVA va intesa come atto di umana comprensione capace di aiutare la persona con deficit a ridare senso alla sua esperienza personale, a ricordarsi di sé, della sua storia, per accettarsi e convivere con la propria specialità. Quindi diventa cura di sé nel ridefinire il proprio progetto personale. Infatti, durante il corso,abbiamo formulato una prova come esempio di comportamento tra educatore ed educando e compito dell’educatore è saper applicare in maniera individuale, quindi secondo le difficoltà del soggetto, strategie e metodi educativi che favoriscono una maggiore adattamento all’ambiente sociale.

    3)Alla donna è da sempre affidata la responsabilità e cura della salute prima per gli altri oggi anche per sé. Migliorare il suo aspetto fisico ed estetico significa compiere un bisogno: quello di essere bella. Ne il gentil sesso debole Remaury, infatti, dice che siamo diretti all’essere perfetti abbiamo un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza- salute. Si pensi al modello dell’assoluta magrezza imposto dalle passerelle della moda oppure a quelle caratteristiche di giovinezza e bellezza che una donna di spettacolo oggi deve possedere a tutti i costi se vuole apparire in televisione. All’immagine della perfezione corporea è legato il corpo trasfigurato dai progressi delle scienze.
    Lipovetsky ci parla di “terza donna” ossia quella del 21° secolo che racchiude in sé le due figure di donna che l’hanno preceduta ossia la prima donna ossia svalutata, sfruttata; la seconda ossia l’ideale di virtù, ma oltre a racchiuderle le supera in una nuova accezione: quella di donna che si autodetermina. Celebra nel suo libro appunto intitolato La terza donna la sua liberazione, una liberazione sottomessa ai modelli dominanti e imposti dal sociale. La scelta tra i modelli sociali conduce la donna verso il corpo realizzato, ossia la conquista di un corpo perfetto in quanto prodotto dal lavoro su se stessa per conseguire bellezza e salute. In realtà un corpo è considerato libero e perfetto quanto si libera dalle minacce esterne ossia: la liberazione dalla malattia (corpo sano), dal peso (corpo magro), dal tempo(corpo giovane). Io credo che difficilmente si sta bene con se stessi se ci si arricchisce l'estetica artificialmente, poichè si sa di piacere per quello che si ha solo ora ma che non si aveva prima; la gioia sarà solo per il presente e per il futuro, ma del passato non si avrà un ricordo felice visto che si è voluto cambiare e non sarà, appunto, una piena felicità. Secondo il mio parere la chirurgia estetica dovrebbe essere apprezzata solo dal punto di vista terapeutico, ovvero, in caso di ricostruzione dei tessuti dopo un incidente piuttosto che come intervento per modificare gravi difetti fisici che impossibilitano a vivere bene o ad avere una vita sociale. Il resto è secondo me da condannare...trovo infatti stupido spendere milioni per diventare ciò che non si è. Ma soprattutto trovo sia un importante segnale di come nella nostra società sia diventato così difficile accettarsi, infatti, la gente tende a voler essere uguale agli altri,ma credo che proprio nel momento in cui uno vuole emulare il suo simile che perde la sua originalità. Bisognerebbe accettarsi per quello che si è, senza ricercare un "io esteriore" che non è il nostro "io", senza voler piacere fisicamente a tutti i costi.
    La Braidotti individua una differenza tra donne e uomini non solo per quanto riguarda il pensare la scrittura ma anche per come si rapportano alla storia e alla politica. Soprattutto la Braidotti riflette sulla capacità che la donna ha di deformare il proprio corpo nella maternità e che diventa per l’uomo qualcosa di orribile: madre e mostro alla stesso tempo. Per questo motivo che l’autrice propone alla donna di incarnare in sé la macchina oltre alla maternità e alla mostruosità per poter così egli stessa ridefinire le tecnologie e l’immaginario attuale che le sostiene.

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    Maddalena Pontone


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    Messaggio  Maddalena Pontone Ven Mag 18, 2012 11:18 am

    1)Complesso è stato il percorso che ci ha portati a valorizzare la persona con disabilità. Come sostiene Canevaro la scelta delle parole è essenzialmente importante e,in quanto tale, va fatta con ponderazione. Innanzitutto Non bisogna fare confusione tra i termini deficit, disabilità e handicap perché il loro uso improprio può aumentare anziché ridurre la condizione di handicap trasformando così una persona in “diverso”. Prima di approfondire tale questione è opportuno soffermarci sulla funzione che l’ OMS (L’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha assunto nel campo della disabilità. Infatti l’OMS ha elaborato una serie di classificazioni. Si è passati dall’ICD (Classificazione Internazionale delle Malattie) del 1970 che analizza la causa delle patologie fornendo per ogni malattia o disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e indicazioni diagnostiche. L’ICD quindi fungeva da enciclopedia medica delle malattie in quanto ad ogni malattia corrispondeva una disabilità. Successivamente nel 1980 dall’ICD siamo giunti all’ICIDH (International Classification of Impairments,Disabilities and Handicaps) che si basa su tre fattori che interagiscono tra loro: MENOMAZIONE ossia una qualsiasi perdita transitoria o permanente di una parte del corpo o di una funzione psicologica,fisiologica o anatomica; DISABILITà ossia l’incapacità, conseguente alla menomazione, di svolgere determinate funzioni o assolvere particolari compiti e HANDICAP cioè la difficoltà ,l’ostacolo che una persona con disabilità affronta nel momento in cui si confronta con l’altro e la realtà che la circonda, il disagio sociale ,la condizione di svantaggio che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento di un determinato ruolo. L’handicap insieme al deficit (difetto organico) comportando due gravi conseguenze: la prima è quella di considerare l’handicap come un problema solo di chi ha qualche deficit;la seconda è quella di pensare che coloro che sono afflitti da qualche deficit non siano uomini come tutti gli altri. Ed ecco che subentra il concetto di Diversità. A tal proposito mi vengono in mente Simona Atzori e Oscar Pistorius, due esempi di resilienza che abbiamo affrontato durante il corso i quali,nonostante la mancanza degli arti superiori per Simona e di quelli inferiori per Oscar, sono usciti vincenti dalle loro situazioni avverse prima di tutto sentendosi se stessi e uguali agli altri,sconfiggendo i limiti che gli altri potevano vedere in loro e,inseguendo così,i loro sogni, quello di danzare e gareggiare alle olimpiadi! In un secondo momento i termini menomazione, disabilità ed handicap prima citati verranno sostituiti da : menomazione, abilità e partecipazione perché l’obbiettivo che si vuole perseguire nel campo della disabilità è quello appunto di dare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità nella realtà che lo circonda, valorizzando la persona disabile come un cittadino a tutti gli effetti e, realizzando così,lo sviluppo della sua personalità in maniera integrale. Tutto ciò si raggiungerà però nel 2001 quando l’OMS elabora la terza classificazione ovvero l’ICF che sta per “Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute” che considererà finalmente lo stato di salute e il contesto sociale. Secondo l’ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Dunque la disabilità non verrà più vista come una condizione soggettiva ma in riferimento alle attività e alle prestazioni che l’ambiente esterno consente di espletare. Vari sono gli ambiti in cui può essere utilizzato l’ICF: da quello sanitario, sociale ed educativo a quello statistico, della ricerca e della politica sociale e sanitaria. L’ICF non considera solo lo stato di salute, la malattia ma le conseguenze derivanti dalle condizioni di salute e soprattutto considera la persona nella sua interezza,in particolar modo in riferimento alle sue relazioni sociali. E se il contesto sociale non è favorevole c’è il rischio che il soggetto disabile si senta DIVERSO, INADATTO. Il diverso di solito non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società..spesso siamo noi che lo teniamo distante perché proviamo vergogna, compassione, pietismo. Ma è ingiusto considerare un disabile come un diverso in fondo “TUTTI SIAMO DIVERSI DAGLI ALTRI MA NON PER QUESTO TUTTI SIAMO DISABILI” . Il disabile è colui che è impossibilitato di svolgere le normali attività della vita quotidiana soprattutto dal momento in cui ha di fronte le cosiddette barriere architettoniche. Quest’ultime dovrebbero essere superate ma molto spesso ciò non avviene come abbiamo potuto notare attraverso alcuni video proiettati durante il corso, oppure si può ricorrere all’aiuto dell’ausilio ovvero l’apparecchiatura che aiuta una persona con deficit a ridurre l’handicap come nel caso del prof. Palladino,ospite durante una lezione il quale essendo un non vedente ci ha dimostrato che,attraverso l’ausilio della scrittura Braille,ha la possibilità anche lui di “leggere e avere tutte le informazioni anche se con mezzi diversi. Come possiamo notare tante possono essere le soluzioni per evitare di considerare un disabile diverso dagli altri perché tutti abbiamo le stesse possibilità di svolgere una vita normale..l’importante è liberarci da tutti quei pregiudizi, paure che non ci permettono di conoscere persone speciali come loro!

    2) Un’ altra grave conseguenza è che il disabile non riesce a sentirsi parte del contesto a cui appartiene, si sentirà quindi emarginato. L’obbiettivo sarà quindi quello di mirare alla sua piena integrazione. A tal proposito Anna Maria Murdaca, docente esperta in questioni che riguardano la persona con disabilità,nel testo “Complessità della persona e disabilità” affronta temi come l’integrazione, la complessità e globalità della persona, l’inclusione e l’inserimento del disabile, la cura e la relazione educativa con l’obbiettivo di mirare: - alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità e,quindi, riflettere sulle principali norme e disposizioni che regolano la tutela e i servizi a favore dei soggetti in situazioni di disagio, sul problema delle barriere architettoniche e sulle possibilità e potenzialità di inserimento lavorativo; - alla rimodulazione del termine integrazione intesa come accoglienza verso diverse identità, come condivisione di valori etici che tengano conto del rapporto dignità – autonomia – identità - potenzialità umane. L’integrazione è un ricercare incessantemente il rapporto con l’altro, è un processo continuo e non un punto di arrivo, è una continua ricerca di soluzioni, strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dalla persona disabile; - alla comprensione delle reali condizioni di vita, quale ruolo effettivamente possono assumere i soggetti disabili e quali servizi sono disponibili per le loro esigenze. Bisogna quindi dirigersi verso l’inclusione e adottare l’ottica della globalità: non bisogna solo porre l’attenzione sull’assistenza che un soggetto disabile deve avere ma dobbiamo riconoscere e valorizzare la persona con disabilità rispettando le differenze e le varie identità perché ogni disabile ha una sua storia ed infine bisogna favorire l’indipendenza e l’emancipazione dell’individuo disabile. Come sostiene sempre l’autrice “Non si deve definire nessuno per sottrazione” , anzi dobbiamo ricordare che parlare di disabilità significa semplicemente parlare di un individuo, di una persona come tutte le altre e, quindi, di un cittadino a tutti gli effetti. Ed è proprio il contesto sociale a determinare la condizione di handicap, sono le barriere fisiche,mentali e culturali a favorire il processo di esclusione o emarginazione. Dunque Bisogna considerare i disabili come soggetti non passivi al pietismo ma soggetti responsabili anche loro della relazione educativa. La relazione educativa è uno spazio “riparativo” nel quale entra in gioco il rapporto tra due figure: l’educatore e l’educando. In questo caso il disabile sperimenta con gli educatori una serie di situazioni , vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, ricostruiti ed integrati affinchè egli stesso possa ripensare alle proprie capacità funzionali eliminando maschere, blocchi o disagi. Ogni relazione si basa sullo scambio reciproco,incontro, partecipazione, alleanza, rispetto reciproco e non vi deve essere nessun tipo di disparità. Si cerca di capire chi si ha di fronte, i suoi problemi, le sue difficoltà,le sue paure senza soffermarsi alle apparenze ma bisogna comprendere i fattori che spingono un soggetto a comportarsi in quel modo. Il concetto di relazione educativa è stato affrontato durante il corso attraverso due setting e uno dei quali faceva emergere il rapporto tra educatore ed educando. Infatti il ruolo dell’educatore è essenzialmente importante: deve essere paziente, sensibile, attento alle difficoltà e ad accettare sempre il pensiero altrui ponendosi nell’ottica che anche lui possa mettere in discussione se stesso e quindi migliorarsi continuamente. Per quanto riguarda la relazione educativa al disabile, anche qui l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere in atto dei programmi specifici per evitare di evidenziare le sue “mancanze” ma, far emergere invece le doti, le potenzialità e capacità che possiede. A chiunque essa sia rivolta quindi, la relazione educativa si costruisce sempre con l’altro e per l’altro.

    3) Attualmente l’immagine della donna si confonde con quello della bellezza e al suo bisogno di essere a tutti i costi bella. Ma questo bisogno purtroppo è stato imposto dalla società stessa. Quest’ultima infatti propone degli ideali di bellezza troppo difficili da raggiungere ma a cui nessuna donna rinuncia perché il suo obbiettivo è proprio quello di apparire a tutti gli effetti. Basta riflettere al modello di bellezza che la società, i mass media impongono: ovvero quello della modella anoressica..Questi sono gli esempi a cui un’adolescente deve far riferimento? E poi perché la tv non fa altro che proiettare sempre le stesse immagini che offuscano la mente di tutte noi adolescenti in crescita? Oggi assistiamo a delle varie e proprie manipolazioni del corpo, manipolazioni di tipo estetico, chirurgico, dietetico. Basti pensare all’utilizzo delle protesi estetiche e al loro uso esagerato e speculativo che non fanno altro che rendere ogni donna sempre più consapevole di voler essere bella e di emergere rispetto alle altre. Ma anche in riferimento al discorso fatto durante il corso, le protesi estetiche possono fungere anche da miglioramento del proprio corpo per problemi gravi a livello medico e terapeutico. Autori come Remaury, Lipovetsky e Braidotti si sono interessati alla tematica della donna, al suo incessante bisogno di essere bella e perfetta. Remaury nel “Il gentil sesso debole” afferma noi donne siamo orientate alla perfezione che la si raggiunge grazie al contributo della scienza che rende così il corpo perfetto e libero dalla malattia,dal peso e dal tempo. Lipovetsky all’interno del suo testo” La terza donna” sostiene che la donna di oggi, quella del ventunesimo secolo, nasconde la sua sottomissione ai modelli imposti ed è quindi obbligata dal sociale a percorrere la sua strada verso la perfezione e quindi verso il corpo realizzato. Infine Rosi Braidotti nel testo “Madri mostri e macchine” parla del rapporto tra femminismo e tecnologia e affronta il tema del CORPO-MACCHINA ovvero di un corpo trasformato e mostruoso e sul quale la donna cerca di lavorare e modificare attraverso un rapporto sempre più stretto con la tecnologia. La perfezione non esiste in assoluto ma è in ognuno di noi perché ognuno di noi possiede delle caratteristiche particolari che ci rendono perfetti!
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    Messaggio  daiana martino Ven Mag 18, 2012 11:28 am

    1) L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), crea varie classificazioni tra cui l'ICD che spiega in modo dettagliato le varie malattie. Quest'ultime infatti, vengono tradotte in codici numarici per favorire la memorizzazione; l'ICD non fa altro che creare un'enciclopedia delle malattie. L'OMS oltre all'ICD crea un'ulteriore classificazione ovvero l'ICIDH (Classificazione Internazionale, Svalutazione della Disabilità e Handicap), essa è basata sulla sostituzione di vari termini: menomazione in menomazione, disabilità in abilità, svantaggio in partecipazione. Vi è anche l'ICF fondata dall'OMS (si occupa del funzionamento della disabilità e della salute), afferma la disabilità come condizione di salute che deriva da un contesto sfavorevole; anch'essa sostituisce alcuni termini: menomazione in funzione, didabilità in strutture corporee ed handicap in attività e partecipazione. In qualsiasi ambito, ma soprattutto in pedagogia è fondamentale usare una terminologia appropriata, bisogna infatti effettuare una netta distinzione sulle parole didabile, diverso, menomazione ed handicap; spesso noi ingenuamente ansi con molta superficialità ed ignoranza accomuniamo a più parole la stessa definizione. La menomazione è una perdita strutturale o funzionale, fisica o psichica che può essere sia permanente che temporanea. L'handicap invece è la difficoltà che un soggetto con disabilità affronta confrontandosi con gli altri. Il disabile è colui che possiede disturbi psichici o fisici, ha difficolta nello svolgere delle semplici attività della vita quitidiana (considerate normali quando si effettua un confronto con persone normodotate) in maniera del tutto autonoma. Col passar del tempo la nostra società è cambiata, sta Crescendo, Maturando una mentalità più elastica perchè se si pensa al passato un soggetto con menomazioni fisiche veniva chiamati in senso dispregiativo handicappato ed in casi più estremi veniva gettato dal Monte Taigeto, perchè vi era la concezione di una razza per eccellenza, anche se nel 1923 nella Rifirma Gentile vi è l'obbligo d'istruzione per sordomuti e non vedenti. E' vero alcuni aspetti sono cambiati, ma purtroppo non in modo radicale perchè il termine disabile viene considerato solo nie suoi aspetti negativi, come un oggetto, come qualche cosa che è lontana da noi stessi, lo si guarda, lo si sorride con un atteggiamento di pietismo; non tenendo minimamrnte in considerazione della propria identità, interiorità, di tutte le sue potenzialità. Il disabile è una persona, è un cittadino a pieno titolo, capace di provare sentimenti, sensazioni, di condividere le proprie esperienze (anche perchè possiede la propria storia), egli rispetta le norme sociali, esegue i pripri doveri e di conseguenza anche la stessa società deve tutelare, disporre servizi, favorire l'inserimento lavorativo; quindi deve garantire l'integrazione con l'altro. Sempre di più le persone disabili sono costrette a dover affrontare, superare numerose difficoltà causate dalle barriere architettoniche che la società impone, questo è dovuto dall'egoismo, dall'indifferenza che accomuna molti esseri umani, proprio perchè quest'ultimo pensa solo a se stesso; anche se naturalmente vi sono delle eccezioni. Gli ausili come ad esempio l'invenzione del display braille, dalla sedia a rotelle, dalle protesi, sono tante piccole eccezioni cioè delle apparecchiature che permettono di migliorare la vita delle persone con handicap. Non è il disabile a sentirsi diverdo, ma è la società stessa che permatte a quast'ultimo di esserlo . . . è importante non lasciare agli altri la possibilità di vedere dei limiti che tu non senti di avere (Atori). Il diverdo è colui che possiede idee, giudizi, usi , costumi, abitudini, opinioni e non necessariamente anche caratteristiche fisiche diverse da noi. Quando parliamo di diverso, mi sorge in mente una persona che viene isolata, emarginata da un gruppo ad esempio da una classe ed in casi estremi dalla società di cui esso ne è parte; (come è avvenuto durante la simulazione in aula). Essa è stata affettuata per comprendere che noi etichettiamo una persona per caratteristiche fisiche, pregi o difatti differenti dai nostri, come se noi stessi siamo perfetti, normali e l'altro no; ma alla fin dei conti che cos'è la normalità? Da chi è stabilita? Chi siamo noi per puntare l'indice contro l'altro e non verso noi stessi e girare all'altro le spalle con tanta superficialità!!! Noi, l'essere umano non è costituiti da una sola personalità, bensì da molteplici, infatti si comporta, si rivela con atteggiamenti differenti a seconda della situazione, è come un cubo formato da tante sfaccettature . . . noi siamo unici nella nostra diversità.

    2) Anna Maria Murdaca all'interno del testo "Complessità della persona e disabilità", riflette sul tema dell'integrazione, l'obiettivo è l'inclusione e l'inserimento del disabile, cioè la ricostruzione di una nuova cultura. Integrare significa, inserire, ansi rinserire una persona in un contesto ovvero permettere a quest'ultimo di essere parte organica. L'ICF sostiene che è l'ambiente in cui il disabile vive che riduce ulteriormente le capacità di svolgere determinete mansioni, infatti, migliorando l'ambiente diminuosce la disabilità. Bisogna eliminare tutti gli ostacoli, non solo le barriere architettoniche, bensì le barriere menteli che il contesto sociale crea affinchè il soggetto si inserisca a 360°. Naturalmente per favorire l'integrazione e di conseguenza eliminare l'emarginazione è fondamentale educare sin da piccoli le nuove generazioni ad aver maggior rispetto verso l'altro; rispetto non solo come atteggiamento di compassione, ma come cura, ovvero come l'emancipazione dei soggetti volta alla realizzazione di un uomo non solo per quello che è, bensì per quello che può diventare, donare all'altro. La formazione della nuova società possiamo affermare che avviene attraverso varie relazioni educative tre cui: la relazione madre/figlio e educatore/educando. In entrambe le relezioni si evincono diversi legami; il legame attettivo, il legame che produce apprendimento, quindi la relazione è un perendere e dare in sintonia. La relazione educativa è basata sul rapporto reciproco, cioè non considerare l'altro come quacosa d'inferiore solo perchè possediamo idee, valori, religioni ed età differenti; bensì considerarlo come una risorsa che ci arricchisce. All'interno di ogni relazione vi è sempre una sorte di guida, che può essere rappresenteta da uno dei due genitori oppure da un docente che cerca di comprendere, di sostenerci, di aiutarci in modo tale da non chiuderci in noi stessi, ma ad accettarci e convivere con la propria specificità, ad affrontare le difficoltà della vita. La vita non è una scala di cristallo, dove tutto è semplice, ma presenta varie difficoltà, problemi anche perchè secondo me dopo un pò ci stufiamo di avere una vita piatta, dove tutto ci è dovuto, dove non vi sono competizioni, litigi, emozioni, confronti, perchè è questo che nel bene e nel male ci fa Crescere, ci Migliora, ci aiuta ad apprezzare il valore dei semplici gesti, delle piccole cose. Per quanto riguarda la relazione educativa al disabile, è opportuno che il docente progetta programmi specifici per far emergere le doti dell'alunno stesso. L'educatore deve ispirare fiducia all'educando, qust'ultimo deve sentirsi a proprio agio cioè il docente non deve sentirsi, comportarsi come un'autorità e quindi di conseguenza stare su un piedistallo, ma deve essere alla pari affinchè si verifichi uno scambio di nozioni perchè anche un fanciullo può arricchire la nosta conoscenza perchè essa va continuamente alimentata, può insegnarci qualcosa, nonostante la sua tenera età e le sue prime esperienze. Il docente deve essere pronto a mettersi in discussione, perchè il suo fine ultino è quello di rieducare e condurre il soggetto a cambiamenti positivi e corretti, come dei tanti poccoli modelli utili per il futuro di un determinato soggetto. Bisogna mettere in luce le sue potenzialità, non solo ed esclusivamente in ambito scolastico, anche nella vita lavorativa (coniugare l'aspetto educativo con quello sociale, affinchè diventi emancipato ed indipentente).

    3) Alcuni studiosi tra cui Remaury, Lipovetsky e Braidotti, si sono occupati di dare verie spiegazioni inerenti al corpo; sin dall'antichità e naturalmente ancora oggi il corpo è oggetto di varie discussioni, all'interno della nostra società attraverso i mess-media siamo continuamente bombardati da immagini di uomini e donne esteticamente perfetti. Braidotti all'interno del testo "Madri mostri e macchine", sostiene che vi è un'asimmetria tra i due sessi cioè c'è una radicale differenza tra essi; sostiene che mostri, erano considerati tutti quei soggetti nati con malformazioni corporee rispetto alla norma. Attraverso varie ricerche è emerso che il numero di persone sottoposte ad interventi estetici col passar del tempo aumenta notevolmente, perchè tutte le persone che non si adeguano, si sentono umiliate, se non riescono a rientare degli standard che i mezzi di comunicazione sottopone, offre alla società. Ignare che l'aspetto fisico è solo la prima cosa che si nota perchè successivamente si va oltre, si scopre il nostro carattere, la nostra personalità, il nostro essere; con quanto appena detto non vuol dire che sono contraria alla chirugia soprattutto se serve per migliorare un difetto, una parte mancante del corpo dovuta da un incidente favarendo maggir accettazione di se stessi, ma non tollero l'eccesso.
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    Messaggio  Vittoria Camposano Ven Mag 18, 2012 12:43 pm

    1)In questo corso ci è stato insegnato che in campo della disabilità bisogna soffermarsi su ogni singola parola,senza far confusione dei termini .Prima di parlare della persona con disabilità, procediamo per gradi,ripercorrendo rapidamente alcune definizioni importanti. L’ OMS è l’ Organizzazione Mondiale della Sanità. La prima classificazione elaborata dall’ OMS è la “classificazione Internazionale delle malattie” o ICD del 1970, cioè l’ esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Per cercare di ovviare a questo problema di definizione l’ OMS ha messo nel 1980 una classificazione internazionale, ICIDH, l’ International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps. La nuova proposta dell’ OMS si basa su tre fattori: la menomazione, la disabilità e lo svantaggio o handicap. Questi termini verranno sostituiti da: 1.menomazione; 2.abilità; 3.partecipazione. La menomazione è qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Le sue caratteristiche sono: perdite materiali o anormalità che possono essere transitorie o permanenti, difetti e perdite a carico di arti, tessuti o altre strutture del corpo, incluso il sistema delle funzioni mentali. Menomazione è infatti un danno organico o funzionale relativo ad un settore specifico. Come danno organico essa è una disfunzione che comporta una mancanza come non esistenza, o un cattivo funzionamento di un arto o di una parte del corpo, o una qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione. La disabilità è qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere un’ attività nel modo o nell’ ampiezza considerati normali per un essere umano. Ossia l’ incapacità, conseguente alla menomazione, di svolgere determinate funzioni e di assolvere particolari compiti nel modo e nell’ ampiezza considerati normali per un individuo. L’ handicap è la difficoltà che la persona con disabilità affronta nel confronto esistenziale con gli altri, il disagio sociale che deriva da una perdita di funzioni o di capacità, la condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione o ad una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’ adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’ età, o al sesso. Tutto questo può portare all’ emarginazione. Un argomento molto discusso. Io penso che qualsiasi individuo con qualche handicap, disabilità, si senta emarginato, soprattutto se non riesce ad accettare questo disagio. Ma spesso capita che a farli sentire emarginati sono gli altri, i “normali”. Cosa per me sbagliatissima e inaccettabile. Una nuova definizione che si da al termine disabilità viene data dall’ ICF, “Classificazione Internazionale del funzionamento, della Disabilità e della Salute”. Secondo l’ ICF la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Qui importanti sono: 1.funzioni; 2.strutture corporee; 3.attività e partecipazione; con l’ intento di indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità di coinvolgimento sociale. L’ ICF non classifica solo condizioni di salute,bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute. Gli ambiti in cui può essere utilizzato l’ ICF sono: 1. sanitario; 2.sociale; 3. educativo; 4. ricerca; 5. statistico; 6. politica sociale e sanitaria. La classificazione ICF è organizzata suddividendo le informazioni sulla salute della persona in due parti: Funzionamento e disabilità, che possono essere lette per indicare dei problemi , possono indicare gli aspetti non problematici della salute della persona; Fattori Contestuali, in cui rientrano i fattori ambientali, che influenzano tutte le componenti del funzionamento e della disabilità. Molto importanti secondo il mio parere sono le barriere architettoniche. Come si fa in un paese cosi sviluppato come il nostro, a non assicurare tutti i benefici a queste persone, a non fargli vivere una quotidianità tranquilla e serena come tutti gli altri, a causa di mancate strutture architettoniche adatte a loro. Questo proprio non lo capisco. Potrebbero vivere una vita senza ostacolo proprio come la nostre, ma per delle disattenzioni non può essere così. Si ritiene molto utile, in questo ambito, una riflessione sulle parole disabile e diverso. Disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana; un individuo affetto da disfunzioni motorie e\o cognitive che riguardano anche la sua sfera psicologica;una persona caratterizzata dalla mancanza di una o più abilità oppure dal diverso funzionamento di una o più abilità. L’ individuo disabile, però, possiede anche delle abilità. Per questo motivo si ritiene più corretto parlare di diversamente abili o diversabili. La disabilità può essere: transitoria, permanente, regressiva, progressiva. La classificazione dell’ ICF non può riguardare solo un gruppo di persone ma chiunque viva una condizione di salute in un ambiente che la ostacola. In questo caso la disabilità non si limita soltanto alla malattia ma si identifica con lo stato di salute. Vengono dunque presi in considerazione non solo gli aspetti medici, ma anche gli aspetti sociali, tenendo presente anche il contesto ambientale in cui vive la persona.
    2)Anna Maria Murdaca, è l’ autrice del testo “ Complessità della persona e disabilità”. Questo mira: - alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità; -alla rimodulazione del termine integrazione; -alla ridefinizione di un progetto di vita per le persone con disabilità. Secondo Murdaca bisogna adottare prima di tutto l’ ottica della globalità: una nuova cultura e conoscenza della disabilità, attenta ad analizzare non solo il comportamento del soggetto disabile, ma anche centrata sul riconoscimento della persona in evoluzione e colta, che può essere disorganizzata da errate interazioni tra sistema biologico, psicointellettivo, affettivo, relazionale e sociale. A determinare la condizione di handicap è il contesto sociale, sono gli ostacoli e le barriere fisiche a favorire il processo di esclusione oppure quello di emarginazione. Anche l’ ambiente è importante sulla vita degli individui: la società, la famiglia, il contesto lavorativo, elementi che possono influenzare lo stato di salute, ridurre le nostre capacità di svolgere le mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà. L’ ambiente può essere una barriera o un facilitatore. La ricerca può produrre soluzioni tecnologiche, che migliorando l’ ambiente delle persone, ne diminuiscono la disabilità. L’ integrazione è proprio uno dei problemi che la persona disabile deve affrontare. Esso non è altro che un processo continuo, che ricerca soluzioni, strategie, diritti dei disabili. L’ integrazione viene quindi vista come: accoglienza verso diverse identità, e come condivisione di valori etici. A favorire l’ integrazione vi è: la relazione educativa. La relazione educativa attraversa una serie di tematiche. Relazione madre/ figlio, relazione docente/discente, relazioni mono-direzionali, relazione educatore/educando. Essa è il rapporto tra una persona guida e una persona in difficoltà. Ma è anche uno scambio di emozioni tra due o più persone. Alla base di una relazione educativa vi è la volontà di costruire un rapporto predisponendosi all’ accoglienza, all’ ascolto, lasciando spazio alla libertà dell’ altro e costruendo insieme, un progetto di vita personale e originale. Una situazione del genere è avvenuta anche in aula durante una lezione, attraverso una simulazione tra un educando e un educatore. Si avvertiva molto il feeling tra i due, importante era la funzione dell’educando, che dava libertà e rispetto al suo interlocutore e viceversa. E questo è stato molto bello. L’ educatore deve essere da esempio per l’ educando, è necessario che prenda in considerazione la diversa situazione del soggetto e lo aiuti affinché emergano le sue doti e le sue capacità senza mettere in luce le sue mancanze. Deve essere un rapporto alla pari, senza creare differenze. La relazione educativa è sempre una relazione mediante la quale docente-discente insegnano e apprendono a vicenda. Essa è un occasione di formazione bilaterale; credo che una cosa essenziale sia far capire agli educandi di non essere inferiori agli educatori. Come tutte le realtà umane anche la relazione si regge su alcune motivazioni: -bisogno; -gratificazione; -regole; -condivisione; -preferenza. Nella relazione educativa è contenuta una finalità implicita, educare alla relazione con gli altri, e che le prime relazioni costituiscono un modello per quelle future.
    3)Autori come Remaury, Lipovetsky, Braidotti, si sono interessati della tematica della donna, in particolare al suo bisogno di migliorarsi, di trasformarsi, di raggiungere l’ eterna bellezza. Remaury parla di canoni di bellezza. Sostiene che la donna voglia la perfezione, una perfezione di tipo corporea. Ci troviamo in una società dove tutti sono orientati alla perfezione. Egli sostiene che il corpo esatto è quel corpo dominante nel prototipo di bellezza, mentre il corpo trasfigurato si va a legare all’ immagine della perfezione corporea. Lipovetsky, invece, ci propone l’ immagine di una terza donna che nasconde la sua sottomissione ai modelli dominanti, portandosi ad avere un corpo perfetto. Dice che la donna è impegnata a scegliere l’ eterna bellezza, giovinezza e salute, e con la conquista di questi tre obiettivi riuscirà a raggiungere la perfezione. Egli sostiene che un corpo diventa libero e perfetto quando riesce a tenere lontano le minacce del mondo esterno, come il tempo o la malattia. Rosi Braidotti ci parla della figura materna, la quale subisce una trasformazione corporea quando essa aspetta un bambino. Questa agli occhi degli uomini appare come mostro-madre, e quindi viene riproposto alla donna un nuovo corpo, corpo-macchina, che porta alla nascita di un nuovo corpo. A questo proposito possiamo fare riferimento alle protesi estetiche. Oggi la chirurgia estetica è alla portata di tutti. Essa è importante nella evoluzione della società. Perché si ricorre alla chirurgia estetica? Per insicurezza, perché non si accettano le imperfezioni del proprio corpo. Apportando continui cambiamenti al proprio corpo si va a creare il cosiddetto uomo-tecnologico. Ci sono però persone che ricorrono alle protesi estetiche in seguito a incidenti o malattie, e quindi si ricorre a protesi per migliorare la qualità della vita. Purtroppo però in questa società, in cui ci sono molti mezzi di comunicazione, si da un canone di bellezza eccessivo, come può esserlo quello della magrezza, che molte volte porta le giovani ragazze all’ anoressia.
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    Messaggio  anna piscitelli Ven Mag 18, 2012 12:52 pm

    1) L’Organizzazione Mondiale della Sanità, o OMS, ha elaborato la sua prima classificazione nel 1970, tale classificazione era : ”la classificazione Internazionale delle malattie”, conosciuta come ICD. Questa offre la descrizione di ciascuna patologia, trattando anche delle cause e fornendo per ogni disturbo una descrizione delle caratteristiche cliniche e delle indicazioni diagnostiche. Le diagnosi vengono classificate tramite codici numerici che ne consentono la più facile memorizzazione, ricerca e analisi dei dati. La classificazione ICD col passare degli anni ha subito alcune modifiche, il passaggio fondamentale è quello dalla classificazione ICD ad una più moderna e dettagliata chiamata “ICF”; durante tale cambiamento molte sono state però le modifiche intermedie che sono riuscite a rendere quest’ultima classificazione del tutto innovativa.
    Già nel 1980, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità mette a punto una nuova classificazione internazionale, “l’Internatonal Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps” detta brevemente ICIDH. Questa nuova classificazione si basa su tre fattori principali: la menomazione, la disabilità e lo svantaggio o handicap.
    La menomazione è qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica; caratteristiche della menomazione sono quindi perdite materiali o anormalità che possono essere temporanee, accidentali (possono avvenire in seguito di un incidente), degenerative (possono portare alla disabilità).
    La disabilità è una qualsiasi limitazione o perdita conseguente a menomazione della capacità di compiere normalmente un’attività. La disabilità comunque non è solo deficit o mancanza, ma è una condizione che va oltre la concreta limitazione, che supera quindi le barriere mentali o quelle architettoniche.
    L’handicap è la difficoltà che una persona con disabilità affronta nel relazionarsi col mondo e con gli altri. Caratteristiche dell’handicap sono: il significato di una situazione individuale quando essa si scosta dalla normalità; lo scarto che può essere più o meno ampio tra l’efficienza o lo stato del soggetto, e le aspettative di efficienza e di stato sia del soggetto in questione che del gruppo sociale di cui egli fa parte; le conseguenze che derivano dalla menomazione e dalla disabilità all’interno della società.
    Nel 2001 si giunge infine ad una nuovissima classificazione pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: ICF. La classificazione ICF propone una definizione multidimensionale del concetto di disabilità: la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. L’ICF infatti non classifica solo varie patologie, disordini o traumi, bensì le conseguenze associate alle condizioni di salute.
    Con l’ICF i termini propri delle precedenti classificazioni quali: menomazione, disabilità e handicap, vengono sostituiti da altri termini, rispettivamente: funzioni, strutture corporee e attività e partecipazione, proprio per indicare una maggiore attenzione alle capacità del soggetto.
    Questi termini, infatti, sono sempre stati oggetto di critiche e discussioni, molto hanno fatto riflettere e sempre più spesso ci si è interrogati riguardo il loro più intimo significato; soprattutto utile è la riflessione sui due termini “disabile” e “diverso”. Disabile è una persona impossibilitata a svolgere normali attività, affetta da disfunzioni motorie o cognitive, una persona caratterizzata dalla mancanza di alcune abilità; tale termine dichiara perciò che a un individuo mancano una o più competenze, senza considerare che egli possiede anche delle abilità. È proprio per questo motivo che molto più spesso viene utilizzato il termine “diversità” per indicare chi, oltre che una disabilità, ha anche delle abilità magari diverse dagli altri. La diversità spesso però porta ad una categorizzazione, cioè alla collocazione di certe persone in determinate categorie. In tal modo un individuo viene riconosciuto, più che per la sua personalità, per il suo spirito, per la sua intelligenza, per la caratteristica che lo costringe ad appartenere ad una determinata categoria. Il diverso di solito non sceglie di essere tale, ma è la società ad etichettarlo in questo modo. Tutto ciò che è diverso di solito ci intimorisce e ci spaventa ed è per questo che spesso un disabile, che sia definito con tale termine o con un altro, ci fa paura!

    2) Anna Maria Murdaca è una docente esperta in questioni di disabilità, con il suo testo “complessità della persona e disabilità” mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, ad un nuovo modo di pensare il termine “integrazione”, ad un nuovo progetto di vita sociale per le persone con disabilità.
    L’integrazione è il processo continuo, che mai giunge a compimento, di far acquisire diritti e nuove strategie alle persone disabili, valorizzando al meglio le capacità individuali. Imparare a vivere con una proprio specificità, per accettarsi e ridare senso all’esperienza di vita personale. Considerando comunque il soggetto disabile come un soggetto mutante e differenziato, nasce l’esigenza di riconsiderare il significato del termine “integrazione” ed intenderlo come: accoglienza verso diverse identità; condivisione di valori etici che tengono conto del rapporto dignità-autonomia, identità.
    È importante coniugare l’aspetto educativo con quello didattico, in modo da poter garantire quel diritto a una integrazione piena assicurando iniziative di promozione personale. Vi è la necessità di intendere una nuova integrazione in prospettiva umanistica, guardando quindi alla globalità della persona, considerando ogni capacità nel loro insieme. L’integrazione deve consistere in un azione di sviluppo, interazione, coordinazione…
    Questa nuova cultura della disabilità deve essere attenta a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive, e anche a innalzare la qualità della vita dei soggetti.
    La costruzione dell’identità personale deve avvenire in luoghi specifici, luoghi capaci di sviluppare le potenzialità di ciascuno cercando poi i mezzi più adeguati per rendere la differenza una risorsa e riuscire oltretutto a valorizzarla. Anna Maria Murdaca suggerisce che è proprio il contesto sociale a determinare le più elevate condizioni di handicap, gli ostacoli e le barriere fisiche favoriscono un processo di esclusione o, al contrario, un processo di inclusione. È l’ostacolo infatti che impedisce a una persona disabile di svolgere una particolare attività; lo svantaggio proviene dunque dalla diminuzione o dalla perdita di capacità di conformarsi alle aspettative o alle norme di quell’universo che circonda l’individuo. Con il suo testo poi Anna Maria Murdaca propone di ripensare ad una società con spazi di formazione adeguati a soggetti con disabilità. Sono le politiche inclusive a dover lavorare su cosa si può e si deve fare per riuscire finalmente a dar voce ai disabili, poiché oggi sono ancora molti i limiti imposti da una società che invece sempre più spesso trascura le necessità e i bisogni dei disabili. Questi progetti, per realizzare una nuova società in grado di coinvolgere pienamente le persone disabili, devono far attenzione quindi alla persona, alla socializzazione, alla globalizzazione e all’integrazione. Sono necessari ambienti che rendano gli stessi educatori/insegnanti in grado di affrontare le diversità, le singole capacità e anche le piccole anormalità.
    La relazione educativa è sempre una relazione mediante la quale si apprende e si insegna reciprocamente; tutti i rapporti umani, dunque, sono in qualche modo formativi. L’incontro con un'altra persona ci lascia sempre dei segni, a volte negativi altre volte positivi. Quindi la relazione educativa si configura come uno scambio in cui entrambe le persone coinvolte ricevono e danno qualcosa, è una formazione bilaterale.
    La relazione educativa costituisce la parte più importante della pedagogia, si realizza in diversi luoghi e strutture. Costruire la relazione è un obiettivo di primaria importanza nell’educazione e richiede il tempo e l’impegno di ciascun soggetto preso in causa. Ciò che caratterizza la relazione è la volontà di costruire un rapporto di reciprocità significativo. In ogni relazione è in gioco quindi anche l’affettività della persona. Nella relazione educativa è contenuta una finalità implicita: educare alla relazione con gli altri.

    3) Autori come Remaury, Lipovetsky e Braidotti si sono occupati del corpo dell’uomo, inteso come corpo trasformato e corpo mostruoso. Il corpo trasformato si identifica con quel corpo macchina che intende associare al corpo umano le stesse caratteristiche, appunto, di un macchina in rapporto al suo potenziale produttivo. Remaury nel suo testo “il gentil sesso debole” dice che tutti sono orientati e diretti verso una corsa alla perfezione, il nostro, secondo l’autore, è un triplice obiettivo: giovinezza, bellezza e salute. Soprattutto alle donne è associata l’idea di coltivare la proprio bellezza; il suo miglioramento fisico è dovuto all’adempimento dei suoi bisogni che però sono stati imposti o suggeriti dalla società stessa. La propaganda mediatica infatti suggerisce i canoni della bellezza e della perfezione.
    Un corpo quindi sottomesso alle nuove tecnologie e alla scienza, un corpo che man a mano perde la sua inconfondibile unicità a favore di qualcosa di stereotipato e finto, e che mostra quanto invece poco unici si diventa.
    Il corpo “trasfigurato” è quel corpo che quindi grazie alla tecnologia tende sempre più alla perfezione; il corpo “liberato” è quel corpo che cerca di liberarsi oltre che dalla malattia, dal peso e dal tempo per rimanere il più possibile perfetto. Perfezione che poco ha a che vedere con l’anima di un uomo.
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    Messaggio  michela di bernardo Ven Mag 18, 2012 1:52 pm

    1)L’ OMS è l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche,psichiche,comportamentali delle popolazione al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie. La prima classificazione elaborata dall’ OMS ,”la classificazione internazionale delle malattie” o ICD ,risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie,fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principale caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche;quindi si delinea come una classificazione causale,focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. L’ICD rivela vari limiti di applicazione per questo l’OMS elabora un nuovo tipo di classificazione l’ ICIDH ovvero “la classificazione internazionale delle menomazioni,delle disabilità e degli handicap” il quale non coglie la causa della patologia,ma l’importanza e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di salute delle popolazione. L’ICIDH è caratterizzata da 3 componenti fondamentali :menomazione,la disabilità e lo svantaggio o handicap. Nel quarto incontro avvenuto abbiamo capito quanto le parole sono importanti ed è per questo che prima di parlare bisogna pensare; pensare al vero significato delle parole stesse. Per questo prima di parlare della persona con disabilità non bisogna confondere vari definizioni in quanto le definizioni sono importanti! Menomazione è qualsiasi perdita fisica o anormalità a carico di una struttura o di una funzione psicologica,fisiologica o anatomica;infatti è un danno organico o/e funzionale relativo ad un settore specifico. Disabilità è l’incapacità,conseguente alla menomazione,di svolgere determinate funzioni e di assolvere determinati compiti nel modo e nell’ampiezza considerati importanti per un individuo. Svantaggio o handicap è inteso come difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione. L’ultima classificazione dell’OMS è l’ICF ossia”la classificazione internazionale del funzionamento,della disabilità e della salute” si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento può causare disabilità;quindi analizza la correlazione fra salute e ambiente arrivando alla definizione di disabilità,intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Infatti come suggerisce MURDACA è proprio il cotesto sociale a determinare la condizione di handicap,sono gli ostacoli e le barriere fisiche (mentali e culturali) a favorire processo di esclusione o emarginazione…proprio nel secondo incontro abbiamo visto 3 video che ci dimostravano tutti gli "ostacoli" ovvero delle vere e proprie barriere architettoniche, limitando gli spostamenti di persone con scarsa capacità motoria;quindi di conseguenza si viola un diritto inalienabile:diritto alla libertà e al movimento. Allora tutto questo non è possibile...non va bene Bisogna,a parer mio,impegnarci tutti quanti per far cambiare o migliorare le cose per promuovere UN INTEGRAZIONE sociale,scolastica e lavorativa. Ma per favorire un processo di integrazione sociale non bisogna guardare o assumere un atteggiamento di pietà nei confronti delle persone disabili ma bisogna soffermarci a riflettere che la persona disabile è impossibilitato a compiere le normali attività della vita quotidiana per una mancanza di una o più abilità e dobbiamo considerare la disabilità solo come una condizione fisica e guardare queste persone come tutte altre perché prima di essere disabili sono delle persone! È ovvio che ogni essere umano è diverso da un altro;ma nella vita quotidiana accettiamo in maniera molto fredda e distaccata qualsiasi cosa,pensiero,persona diversa da noi. La diversità è concepita come “non normalità” ed è per questo che il diverso ci fa paura,ci spaventa. Purtroppo il diverso non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società infatti viviamo in società dominata da stereotipi e pregiudizi dove ad esempio si considera una persona diversa una persona che ha un colore di pelle differente dal nostro!credo,che è proprio la diversità a renderci persone uniche e abbiamo avuto la dimostrazioni che esistono delle Persone uniche,eccezionali (Simona Atzori, Oscar Pistorius, prof Palladino,signora Tina)esempi in carne ed ossa di resilienza.
    2) Anna Maria Murdaca è L’autrice del testo”complessità della persona e disabilità”. Questo testo mira a sottolineare la necessità di una nuova cultura e conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione e lo scopo finale è dunque quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Per la realizzazione di questo scopo è necessario che le istituzioni non formali(famiglia) e formali(la scuola) debbano contribuire a sviluppare un processo di inclusione attraverso la relazione educativa. Ci possono essere tanti tipi di relazioni educative perché qualsiasi tipo di esperienza della vita è educativa sia se è un’esperienza negativa sia se è un’esperienza positiva. Per relazione educativa s’intende un rapporto dinamico fondato sulla fiducia,partecipazione,scambio(dare/avere),dialogo,alleanza,condivisione e non contrassegnato da una disparità del potere soprattutto nel caso tra educatore/educando. Sarò una futura educatrice mi dovrò relazionare con tante persone,ovviamente ognuna diversa da un altra,ognuna con le proprie esperienze da raccontare. Il mio arduo compito sarà quello di instaurare una vera e propria relazione educativa cercando di capire nel profondo chi si ha di fronte,le sue problematiche,difficoltà per questo l'educatore deve possedere alcune caratteristiche o competenze importanti come:la capacità di saper ascoltare,di mettersi nei panni degli altri(empatia) e infine deve cercare di non avere dei pregiudizi nei confronti dell' educando,soprattutto l’educatore in carcere per svolgere bene il proprio lavoro deve mettere da parte il proprio pensiero e giudizio su quella determinata persona. Importante nella relazione è anche il legame affettivo perché quest’ ultimo permette alla persona che è in difficoltà ad esempio di fidarsi e poter esprimere liberamente le proprie emozioni.
    3)Remaury sostiene che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione e abbiamo un triplice obiettivo:giovinezza -bellezza- salute . Viviamo in una società in cui più che essere conta apparire,infatti giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che ogni donna vuole possedere (chi più,chi meno) e per questo che le protesi estetiche vengono utilizzate puramente per una finalità estetica(la maggior parte dei casi).Tutte vogliamo a tutti costi apparire belle soprattutto noi ragazze,ci sottoponiamo a modifiche corporali,ci facciamo piercing,tatuaggi. Noto che,ragazze e donne,vogliono trasformare il proprio corpo. Il Continuo controllo della propria immagine,tramite modelli strutturati e impostati dalla società,conduce la donna verso la conquista di un corpo perfetto in quanto prodotto del lavoro su se stessa. Secondo quanto scrive Lipovetsky nel suo libro “La terza donna” ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza basata proprio sulla teoria della maturità positiva della donna:gestire la propria immagine prendendo come punto di riferimento un modello sociale a lei più congeniale. Il limite di questa “teoria” positiva è la convinzione che la donna si identifichi necessariamente in quei determinati modelli. In conclusione, credo, che la bellezza non deve essere per forza sinonimo di perfezione anzi dovremmo trasformare le nostre imperfezioni nei nostri punti forti
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    Messaggio  Marianna Di Caterino91 Ven Mag 18, 2012 2:16 pm

    Esercizio 1)
    La Classificazione internazionale delle malattie (ICD) e' un sistema di classificazione nel quale le malattie e i traumatismi sono ordinati, secondo un criterio statistico, in gruppi tra loro correlati. La prima classificazione elaborata dall’OMS (Organizzazione Mondiale Della Sanità) è la classificazione internazionale delle malattie (ICD 1970) rispondente all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati. Secondo l’ICF (Classificazione Internazionale Del Funzionamento, Della Disabilità e Della Salute) la disabilità è una condizione di salute derivante da un contesto svantaggioso per tanto l’ICF non è più una classificazione delle “conseguenze delle malattie” (menomazioni, disabilità e handicap), ma la rassegna delle “componenti della salute”. La classificazione ICF è organizzata suddividendo le informazioni sulla salute della persona in due parti: Funzionamento e Disabilità. Per Disabile si intende un soggetto avente qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano”. Vi sono soggetti che pur avendo una disabilità e non sentendosi disabili, riescono a compiere qualsiasi tipo di attività. L’Handicap è invece la condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali. Oggi si parla spesso di disabilità e diversità, la diversità porta alla categorizzazione ovvero alla collocazione di alcune persone in determinate categorie. Quindi la condizione di disabilità diviene il fattore identificante l’intera persona la quale non viene riconosciuta nella sua pienezza, ma in uno dei suoi aspetti esistenziali. La disabilità implica spesso difficoltà provocate dalle barriere architettoniche. Oggi, in Italia, le difficoltà che incontrate nella quotidianità una persona disabile sono molte. Una barriera architettonica è un qualunque elemento costruttivo che impedisce o limita gli spostamenti o la fruizione di servizi, a persone disabili, con limitata capacità motoria o sensoriale. Quello che oggi manca in Italia è una reale presa di coscienza di quelli che dovrebbero essere i diritti di cittadinanza di una persona con un handicap. Nella progettazione degli edifici, sia pubblici sia privati, l'abbattimento delle barriere architettoniche viene ancora considerato un fastidioso vincolo in più che si è costretti a rispettare, magari sfiorando i limiti della accettabilità, piuttosto che un atto di civiltà.
    Nel campo della disabilità la tecnologia si presenta sotto forma di protesi grazie alle quali una persona disabile può, nei limiti, svolgere le più semplici attività. Si pensi al famoso caso di Oscar Pistorius un’ atleta paraolimpico costretto all’amputazione degli arti inferiori in tenera età, il quale grazie all’impianto di protesi flex foot in fibra di carbonio è riuscito a vincere la medaglia d’oro alle paraolimpiadi di Pechino nel 2008. Oltre a Pistorius occorre citare Simona Atzori la ballerina senza braccia la quale è diventata anche una pittrice di fama internazionale. Il caso di Simona Atzori invita a riflettere, la sua straordinaria determinazione le ha permesso di raggiungere traguardi prestigiosi, non si è lasciata abbattere dalla sua menomazione, lanciando a tutti noi un forte messaggio: “<<Nonostante tutto, la vita è un’avventura meravigliosa.>>”.

    Esercizio 2 )
    Il testo di Anna Maria Murdaca “Complessità della persona e disabilità” si pone l’obiettivo primario di sottolineare la necessità di una nuova cultura e conoscenza della disabilità, centrata sul riconoscimento della persona come individuo in continua evoluzione. I pregiudizi dettati dalla società comportano l’esclusione e l’emarginazione dell’individuo disabile dal contesto sociale. Per tanto diviene dunque elemento primario “l’ambiente” nel quale viene a determinarsi l’integrazione del soggetto. Dallo studio della Murdaca emerge un’attenta riflessione su quelli che sono i fattori incidenti sulla vita di un soggetto disabile quali la famiglia, la scuola e la stessa società motivo di interazione e contestualizzazione. Tendiamo spesso a considerare il disabile “un diverso” attivando così un processo di discriminazione e di emarginazione. L'essere emarginati comporta una serie di conseguenze che si ripercuotono sull’individuo, si viene esclusi da vantaggi o da opportunità che la vita ci offre, per poi finire in uno status inferiore, una posizione subalterna per cui nella società si conta meno degli altri. Alla base dell'emarginazione tende ad esserci una diversità ovvia e riconoscibile. Colui che viene denominato emarginato viene a non essere conforme alla norma per qualche ragione, perchè malato, perchè ha handicap o di un’altra cultura. Tuttavia sebbene ancorata alla diversità, non ne dipenderebbe direttamente ma sarebbe legata a processi attivati dalla società e dalla vita sociale che allontanerebbero il singolo o gruppi dalla collettività. Insieme ad una crescita economica e sociale, il nostro paese negli ultimi anni ha conosciuto anche terribili realtà di emarginazione. La miseria che riporta a scenari sociali che credevamo superati, è ancora oggi uno dei più grandi problemi. La cronaca pone spesso in evidenza dei casi che dimostrano, se ce ne fosse bisogno, che l'emarginazione e la solitudine di cui soffrono tanti esseri umani è determinata dalla nostra insensibilità, dalla nostra incomprensione, dal nostro egoismo. Le leggi da sole non sono in grado di garantire all'individuo il rispetto della sua dignità. Hanno bisogno della nostra solidarietà, che è un sentimento abbastanza raro. Per fortuna esistono persone le quali non restano indifferenti al problema, vi è un gran numero di cittadini che di fronte al fenomeno dell'emarginazione tenta per quanto possibile di arginare il problema. Per quanto concerne la disabilità occorre guardare alla globalità della persona.
    L’integrazione comprende, per la Murdaca, l’eliminazione delle barriere architettoniche le quali incidono in maniera negativa sulla vita dei diversamente abili. Il processo integrativo è un processo continuo, una continua ricerca di strategie e soluzioni idonee a preservare quelli che sono i diritti dei disabili.
    L'integrazione diviene così costruzione di luoghi di senso nei quali il disabile può trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell'autonomia. Lo scopo finale, dunque, è quello di promuovere una vera integrazione dei disabili nella comunità che li educa e li fa crescere. Perché ciò sia possibile è però necessario un lavoro integrato in grado di coniugare l'aspetto educativo con quello didattico, quello terapeutico con quello riabilitativo e sociale, assicurando iniziative di vera promozione personale e sociale.

    Esercizio 3)
    Viviamo in una società corrosa dal conformismo e da un'ossessiva attenzione verso il corpo e l'aspetto fisico. Dall’analisi del testo di Remaury “Il gentil sesso debole” si evince un’attenta e scrupolosa ricerca sulle rappresentazioni delle femminilità ovvero del dovere, da parte delle donne, di dover coltivare la propria bellezza. Qui si inserisce l’attività e l’onnipresente funzione dei mass-media, incaricati di trasmettere alla società modelli ai quali ispirarsi necessariamente. Ciò spinge la donna a sentirsi obbligata a curare il proprio aspetto e la propria fisicità, alimentando così il bisogno di sentirsi bella. Secondo Remaury la nostra società sembra orientarsi in maniera frenetica verso un modello tripartito formato da giovinezza-bellezza-salute. L'incremento degli interventi di chirurgia estetica non fa che confermare quanto su detto. L'impianto di protesi estetiche viene oggi effettuato non su soggetti con particolari malformazioni ma bensì su soggetti che pur di migliorare il proprio aspetto si sottopongono a costosi ma soprattutto pericolosi interventi chirurgici. La chirurgia plastica ha certamente migliorato la vita di quanti a causa di difetti fisici evidenti, erano costretti a vivere in un corpo indesiderato. Lipovetsky parla invece della “terza donna” sottomessa ai modelli dominanti imposti e strutturati, che nasconde però tale sottomissione orientata verso la consapevolezza dei propri limiti che la portano a percorrere diverse strade possibili per raggiungere un corpo perfetto. La “terza donna” arriva al raggiungimento di una fase positiva della bellezza, che viene a basarsi sulla cognizione dei propri limiti e sull’apparente acquisizione di grazia. Rosi Braidotti nel libro “Madri mostri e macchine” fa un’analisi dei mutamenti indotti dalle bio-tecnologie che hanno radicalmente modificato il discorso e le pratiche della relazione e riproduzione degli umani con la materia corporea. In un contesto sociale alimentato da un carattere immaginario di catastrofe, si incrementano gli interrogativi sull'origine della vita e i poteri della scienza. Viene dunque analizzato il complesso e multiforme rapporto tra madri, mostri e macchine il quale filtra attraverso il corpo e la sua rappresentazione simbolica. Il corpo gravido e quello mostruoso si mescolano nell'immaginario maschile come qualcosa di orribile e meraviglioso, affascinante e mortalmente terribile. Il mostro e la madre, come ampiamente dimostrano il cinema e la letteratura di fantascienza, trasgrediscono i limiti e la forma del modello di corporeità assunto a norma. Il corpo-macchina irrompe in scena rendendo sempre più incerto il confine tra naturale e tecnologico.

    Ilaria Musella
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    Messaggio  Ilaria Musella Ven Mag 18, 2012 3:41 pm

    L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) agenzia specializzata dell'ONU per la salute, è stata fondata il 7 aprile 1948, con sede a Ginevra. L'obiettivo dell'OMS, così come precisato nella relativa costituzione, è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile di salute, definita nella medesima costituzione come condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità.La prima classificazione elaborata dall ‘ OMS è la classificazione Internazionale delle malattie o ICD del 1970. Con essa si risponde all’esigenza di cercare la causa delle malattie, attribuendo ad ogni sindrome e disturbo una descrizione delle caratteristiche cliniche e indicazioni diagnostiche. Le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione , la ricerca e l’analisi dei dati, secondo lo schema eziologia- patologia- manifestazione clinica ( menomazione- disabiltà - handicap).Per risolvere il problema delle definizioni, l’ OMS nel 1980 compie una classificazione internazionale, l’International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps o ICIDH. Si basa su tre fattori: la menomazione, la disabilità e l’handicap (o svantaggio), che verranno sostituiti da : menomazione, abilità e partecipazione.Nel 2001 l’OMS pubblica il manuale di classificazione ICF, nel quale propone la definizione del concetto di disabilità dalla portata innovativa: la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. L’ICF è una classificazione sistematica che descrive le modifiche dello stato di salute di una persona e gli stati ad essa correlata. I termini menomazione, disabilità ed handicap, vengono sostituiti da termini quali funzioni, strutture corporee ed attività e partecipazione,così si poneva maggior attenzione alle capacità del soggetto e alle sue possibilità d coinvolgimento sociale. L’ ICF non classifica solo le patologie, che sono di interessa della ICD, ma anche le conseguenze associate alle condizioni di salute. L’ICF è stato introdotto poiché le informazioni date dalla diagnosi medica, non davano il quadro reale funzionale della persona, cioè quali attività una persona può o non può svolgere. Questa classificazione è ideata per essere usata con persone di qualsiasi età, per descrivere la presenza o l’assenza di menomazione, la disabilità, un disturbo, un trauma. Questo sistema guarda alla persona nella sua interezza, non solo al punto di vista della salute, ma anche nelle relazioni sociali. In questo caso la disabilità non si limita alla malattia, ma si identifica con lo stato di salute. La classificazione ICF è organizzata suddividendo le informazioni sulla salute della persona in due parti: “ Funzionamento e Disabilità” e “ Fattori contestuali”.E’importante contestualizzare le parole diverso e disabile. Il disabile è una persona che è impossibilitata a svolgere le normali attività della vita quotidiana, è affetta da disfunzioni motorie e/o cognitive, inoltre disagi sociali che riscontra il soggetto possono influenzare la sua patologia. Di solito, nei confronti di una persona disabile si tende ad assumere un atteggiamento di pietismo, ciò risulta sbagliato. Diventa un’etichetta, quindi si finisce a parlare di un disabile, un sordo.. invece di un uomo, una donna o un bambino che si trova in difficoltà. Il disabile è un soggetto con disturbi fisici o psichici che spesso scopre il suo disagio confrontandosi con le altre persone, normodotate. Esistono persone che pur essendo disabili non si sentono tali e riescono a compiere qualsiasi attività, come ad esempio Simona Atzori. Il termine disabile però dichiara solamente che ad una persona mancano una o più competenze, senza considerare che egli possiede anche della abilità. Il termine diversamente abile mette in risalto, invece, che ha oltre le dis-abilità, anche della abilità da scoprire, diverse dagli altri. L’idea di riversibilità nasce dall’esigenza di non trascurare il valore della persona nella sua essenziale umanità. La persona disabile è un individuo ed ha una propria identità. La persona con disabilità esprime le proprie abilità in modo differente rispetto alla maggior parte delle persone. Tutto ciò che è diverso e che non si conosce di solito può spaventare, intimidire. Il disabile può farci paura perché è “diverso” da noi, quindi la sua diversità è concepita come non normalità. Il concetto di non normalità è relativo e soggettivo. Non vi è una definizione comune per il termine normale, e quindi non vi è un parametro generale al quale potersi riferire. Ognuno applica un suo criterio per completare tale definizione. La diversità porta alla categorizzazione, cioè si tende a collocare le persone in determinate categorie. Questi meccanismi di esclusione inducono le persone vittime ad interiorizzare sentimenti di inferiorità, che possono portare all’autosvalutazione. Quando pensiamo al diverso immaginiamo un soggetto non simile alla maggior parte delle persone che vivono in una stessa società, e che questa etichetta come tali perché ha schemi mentali, fisici e comportamenti differenti della normalità. Il diverso di solito non sceglie di esserlo ma viene etichettato dalla società. Noi stessi siamo diversi da prima con le esperienze che facciamo. Il sentimento di diversità si accompagna solitamente alla sensazione spiacevole di essere considerato l’altro, di non appartenere al proprio gruppo di riferimento. Il problema non è essere emarginati, ma come le persone ti trattano da tale. Parlare e non essere ascoltati è una delle cose peggiori in assoluto! Un esempio di diversità e come viene vista dagli altri è il film " Indovina chi viene a cena " ( Trama : Anni sessanta: Joanna "Joey" Drayton, una ragazza bianca americana, cresciuta in un'agiata famiglia liberal di San Francisco, si innamora del Dr. Prentice, uno stimato medico afroamericano conosciuto dieci giorni prima alle Hawaii.I due hanno deciso di sposarsi e si recano a San Francisco, dove Joey intende presentare il fidanzato ai propri genitori prima che questi riparta per New York, e poi per la Svizzera, dove lo attende un impegno di lavoro.Joey vorrebbe seguire subito Prentice, ma lui esige prima l'incondizionata approvazione dei genitori di lei alla loro unione.) si nota proprio il rapporto che hanno le persone che hanno con il DIVERSO, ma soprattutto come le persone invece di affrontare un problema, tendono a nascondersi dietro questa parola. Una frase del film che mi ha colpito è stata quella che il Dr. Prentice dice a suo padre : " Ti consideri ancora un uomo di colore, io mi considero ancora un uomo ". Ma è anche vero che ogni individuo è specifico nella sua unicità. Spesso i ragazzi con disabilità sono invisibili. “ La disabilità non è un mondo a parte , ma una parte del mondo .“L’ ICF sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui: gli elementi che possono influenzare lo stato di salute, ridurre le nostre capacità di svolgere le mansioni che ci vengono richieste e porci in difficoltà. L’ambiente, inteso come fattore contestuale determinante nel definire la disabilità, può essere una barriera o un facilitatore. La ricerca può produrre soluzioni tecnologiche che, migliorando l’ambiente, diminuiscono la disabilità. Un esempio di questa tecnologia può essere l’uso della domotica. Con questa nuova "disciplina" si possono abitare case intelligenti, più sicure e confortevoli. Spazi abitativi dove gli impianti elettrico, termoidraulico, telefonico, di sicurezza fanno capo ad un unico sistema che può gestire anche automazioni di porte e finestre. Per una persona con disabilità le apparecchiature tecnologiche non hanno senso se isolate dal contesto della casa. Disporre di sistema unico che possa comprendere tutte le funzioni di comunicazione ed autonomia che la persona necessita, è l'obiettivo della DOMOTICA. Vedere un ragazzo come Andrea che è riuscito ad andare a vivere da solo nonostante le numerose difficoltà grazie all'ausilio di una casa domotica, mi fa vedere numerosi spiragli per il futuro soprattutto qui in Italia dove per le persone in sedia a rotelle è molto difficile vivere. Anche se questo progetto è molto lontano per parecchie persone, spero che presto si diffonda. Il testo Complessità della persona e disabilità di Anna Maria Murdaca, mira alla ricostruzione di una nuova cultura della disabilità, alla rimodulazione del termine integrazione alla comprensione delle reali condizioni di vita,quale ruolo possono assumere i soggetti disabili, quali servizi vengono erogati per le loro esigenze. Secondo l’autrice occorre abbandonare la logica dell’inserimento dell’ inserimento legge 118 del 1971 e dirigersi verso l’inclusione, adottando l’ ottica della globalità. L’obbiettivo principale è quello di valorizzare la persona con il rispetto delle differenze e delle identità, considerazione innovativa nel campo della disabilità. L’integrazione è un processo continuo non un punto di arrivo , una ricerca continua di soluzioni, di strategie idonee a preservare i diritti acquisiti dai disabili, rivoluzionarie solo a parole mentre obsolete nella pratica. Secondo un documento della Miur, l’integrazione è intesa come astratta normalità, bensì al valorizzare al meglio le dotazioni individuali. Non si dovrebbe definire nessuno per sottrazione, valido al massimo per gli oggetti, senza perdere l’umanità perché si tratta di persone , che si caratterizzano per capacità e non per quello che riescono a fare. Quando si parla di disabilità, si parla di persone. Il termine cura è intrinseco all’agire educativo, cura come progressiva emancipazione dei soggetti coinvolti, volta alla realizzazione dell’uomo per ciò che egli è e per ciò che egli può diventare. Si parla così in modo nuovo dell’integrazione. La novità consiste nel non mirare all’ accudimento ma all’emancipazione del soggetto con disabilità, che fa parte del processo di maturazione psicocognitiva, psicoaffettiva e psicosociale che richiede ambienti e contesti attendibili e sostenibili. Occorre costruire una serie di attività atte a rendere significativa la presenza dei disabili attraverso buone prassi didattiche. In particolare si riferisce all’idea che non basta soltanto l’educazione classica, ma l’ idea della fantasia ermeneutica dell’educatore. La relazione educativa è uno spazio ripartivo nel quale il disabile sperimenta con gli educatori una serie di situazioni, di vissuti emotivo-affettivi che vengono elaborati, ricostruiti e integrati nella relazione educativa. Collegare continuamente le esperienze che il soggetto quotidianamente affronta con il suo fare alla biografia emotivo/affettiva e come tale collegamento diventi poi struttura stabile è utile sia per una diagnosi clinica quanto per sottolineare l’importanza degli interventi multidisciplinari. La ricerca è azione empowered vuole portare il disabile verso lo sviluppo della propria identità, della propria autostima. Importante è coniugare l’aspetto educativo con quello didattico. La nuova cultura della disabilità deve essere attenta a cogliere le disfunzioni comportamentali cognitive e innalzare la qualità della vita dei soggetti. La costruzione dell’identità personale deve avvenire in luoghi rassicuranti dove si può sviluppare le potenzialità personali. Rimodulare l’integrazione in prospettiva umanistica significa guardare alla globalità della persona che non può venire scomposta in funzioni che possono essere curate separatamente perdendo la capacità di integrare, di considerare nell’insieme. Bisogna lavorare per progettare spazi in cui il senso è l’unico ponte sul quale il soggetto si declina in forma organica, psicologica e sociale. La Nuova Politica Socio-Educativa consiste in: integrazione, differenzazione e personalizzazione. Il tutto finalizzato a sollecitare nei soggetti disabili lo sviluppo di indipendenza e emancipazione. Valorizzare la modalità di apprendimento deve avvenire con stili cognitivi individuali, in contesti sensibili. La relazione educativa è una relazione mediante la quale educatore-educando insegnano e apprendono a vicenda, ma può estendersi a tutti quei rapporti che vengono ad istaurarsi tra due o più persone. In una buona relazione educativa si devono creare una serie di situazioni che possono mettere a proprio agio il soggetto che si ha di fronte. Creare un rapporto alla pari senza creare differenze, così che il soggetto possa esprimere le proprie idee e confrontarsi con gli altri soggetti senza essere in disagio. Tutti i rapporti umani sono in qualche modo formativi. L’incontro con l’altro segna entrambe le persone, a volte positivamente, a volte negativamente. Ognuno di noi, in ogni età e fase della vita, è stato educatore di qualcun’ altro. Per questo motivo la relazione educativa diventa uno scambio in cui le persone danno e ricevono. Una cosa molto importante sia far capire agli educandi di non essere inferiori agli educatori, gli educandi sono per gli educatori un occasione di maturazione non solo dal punto di vista professionale ma anche di vita. Dare il buon esempio significa diventare anche modello da seguire, un punto di riferimento. E’ la relazione educativa anche l’insieme dei rapporti sociali che si stabiliscono tra l’educatore e coloro i quali educa. Per una persona disabile, l’educatore deve prendere in considerazione la diversa situazione e mettere al tl proposito in atto programmi specifici per far emergere le doti del disabile. Non mettere in luce le sue mancanze ma evidenziare le potenzialità, le dori e le capacità di una persona. Ciò che caratterizza la relazione è la volontà di costruire un rapporto di reciprocità significativo. Ogni relazione in cui è in gioco l’affettività della persona segue delle tappe di sviluppo. Nella relazione educativa è contenuta una finalità implicita, educare alla relazione con gli altri e che le prime relazioni costituiscono un modello per quelle future. Quando si parla di relazione educativa entriamo nella sfera dell’educazione personalizzata e non può costruirsi una relazione educativa senza che ci sia una conoscenza tra due pari. L’educazione personalizzata con la quale si istaura una relazione educativa può avvenire nel momento in cui una delle due parti si pone come stimolo e guida di un processo riflessivo, mentre la seconda parte acquisisce da quella riflessione un criterio personale dal quale sarà capace di capire e valutare la realtà. In aula , durante un laboratorio, abbiamo assistito a due simulazioni di relazione educativa: la prima riguardava il confronto tra un educatore, bambino e genitore; la seconda confronto tra educatore e una ragazza "solitaria". In entrambi i casi si poteva vedere quanto fosse difficile il ruolo dell'educatore, poichè entrare in contatto con l'altro è una cosa molto complicata. Non tutte le persone riescono a comunicare con una persona di cui non si fidano. La prima cosa da fare in un incontro è restituire ciò che la persona dice, cioè ripeterle il suo problema e rassicurarla. Una cosa molto importante è quella di non dare soluzione, siamo educatori, quindi abbiamo un ruolo di accompagnatore nell'ambito sociale. Un problema è quello del tempo: molte persone tendono a non aprirsi all'educatore, a non parlare. Molto importante è il linguaggio, l'approccio che si deve dare a queste persone. "Cambia l'immagine che l'uomo ha di sè e degli altri." Questo è il vero problema. Secondo alcune correnti il modello di perfezione è quello della macchina e quindi il corpo umano viene paragonato ad essa. Se il corpo diventa una macchina potrebbe essere replicato o le sue componenti potrebbero essere sostituite artificialmente. Di solito le modificazioni avvengono per seguire un modello di bellezza, che spesso è suggerito dai mass media. In particolare il corpo femminile per seguire questi prototipi ha subito delle vere e proprie trasformazioni corporee, si pensi ai bustini delle dame dell'ottocento. Eppure si hanno esempi di bellezza non steriotipati nell'arte, come i dipinti di Botero che rappresentano le protagoniste delle opere più importanti in maniera maxi, anche le opere di Picasso sono esempio di bellezza, anche se scompone i vari lineamenti. Io credo che seguire un prototipo datoci dalla società, ma la vera bellezza sta nel proprio modo di essere e nel saper trasmettere la propria bellezza interiori agli altri.Nel testo di Remaury, Il gentil sesso debole, Le immagini del corpo femminile tra cosmetica e salute, si mette in evidenza come la cultura dell’immagine delle donne si confonde con quella della bellezza, che è diventato un nei valori più importanti nella società mass-mediologica. Nella rappresentazione della femminilità, la bellezza è associata all’idea che la donna abbia il dovere di coltivarla. Molte indagini hanno dimostrato che alle persone con un aspetto giudicato attraete, vengono attribuite qualità a volte inesistenti. La propaganda medica suggerisce i canoni della bellezza e della perfezione corporea. Le persone che non si adeguano finiscono con il sentirsi umiliate se non riescono ad entrare in questi canoni. Giovinezza e bellezza sono le caratteristiche che una donna di oggi deve avere se vuole apparire o restare in televisione. Le recenti manipolazioni della materia corporea hanno cambiato totalmente l’idea di corpo. Remaury, nel Il gentil sesso debole, dice che siamo orientati e diretti verso una corsa alla perfezione on un triplice obiettivo: giovinezza-bellezza-salute. Il corpo trasfigurato è legato all’immagine della perfezione corporea. Il corpo esatto compie progressi verso la perfezione grazie alla scienza, ed è il modello dominante. Il corpo liberato lo è dalla malattia, dal peso e dal tempo, obbligatoriamente perfetto. La liberazione de La terza donna celebrata da Lipovetsky nasconde la sua sottomissione dei modelli dominanti imposti: dalla malattia cioè sano, dal peso cioè magro, dal tempo cioè giovane. Per cui questa è obbligata dal sociale a percorrere una delle stradi possibili verso il corpo perfetto. Il controllo della propria immagine conduce la donna verso un corpo realizzato, cioè la conquista di un corpo perfetto, poiché prodotto del lavoro su se stessa . secondo quanto descrive Lipovetsky nel suo libro, La terza donna ha raggiunto una fase positiva della cultura della bellezza, basata sull’apparente acquisizione di grazia. La teoria della maturità positiva della donna la fa sembrare come colei che controlla e gestisce la propria immagine all’interno della variegata offerta dei modelli sociali. Il limite di questa maturità positiva è la convinzione che la donna si identifichi in quei determinati modelli. L’obbiettivo che ci si prefigge è la conquista dell’eterna giovinezza apparente. Nel campo clinico sono aumentati digiuni restrittivi, diete e pratiche di svuotamento del corpo. Come il mostruoso, incarna in qualche modo la morte, la patologia. Tale immagine impone la malattia come un modello estetico. Nei saggi contenuti in Madri mostri e macchine di Rosa Braidotti intendono interrogarsi sulla modalità di iscrizione del corpo femminile nell’orizzonte fluido della discorsività postmoderna. Braidotti critica il divenire donna di Deleuze , caratterizzato da un movimento che permette di sottrarsi ai discorsi dominanti per sfuggire alle identità definite socialmente. Nella prospettiva di Deleuze, il divenire donna è semplicemente divenire altro, non riguarda le donne. Secondo Bradotti è solo il segno di trasformazione in atto e consiglia una asimmetria tra i sessi, riappropriandosi del pensiero della differenza.
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    Messaggio  Maria Maestoso Ven Mag 18, 2012 4:38 pm

    PUNTO 1
    Canevaro nelle “le parole che fanno la differenza” spiega che la scelta delle parole va fatta con ponderazione specialmente per quanto riguarda i simboli. Prima di tutto bisogna specificare che la disabilità non è solo un decifit ma una condizione che va oltre la limitazione. La prima classificazione fatta dall’organizzazione mondiale della sanità (OMS) è la classificazione internazionale delle malattie o ICD che focalizza l’attenzione sulla causa delle malattie, le diagnosi vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, infine avvicina le disabiltà alle patologia cliniche facendone un’enciclopedia. Man mano nel tempo vengono a crearsi nuove classificazioni , infatti l’ OMS ha messo a punto nel 1980 la classificazione internazionale della menomazione, disabilità e handicap cioè ICIDH. Dall’ICD si è arrivati nel 2001 all’ICF “classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute” secondo cui la disabilità è una condizione di salute derivata da un contesto sfavorevole. Con l’IDC i termini menomazione, handicap e disabilità vengono sostituiti con funzioni, strutture corporee , attività e partecipazione. L’ICF non classifica solo condizioni di salute o malattie che sono d’interesse dell’IDC ma le conseguenze associate alle condizioni di salute . L’ICF rappresenta uno strumento importante per gli operatori del campo sanitario, dell’istruzione, dell’economia, del lavoro ecc… Nella maggior parte dei casi quando si parla di disabile si parla anche di diverso, ma non è così. Il disabile è colui che non può svolgere le attività normali di vita quotidiana, una persona con la mancanza di abilità che possono essere motorie o cognitive. Di solito si usa il termine disabile per indicare il “diverso” o colui “svantaggiato”. Non dovrebbe essere così, infatti un individuo può essere considerato anche diversabile cioè oltre ad avere una disabilità ha anche delle abilità diverse degl’alti da scoprire e potenziare. Spesso i ragazzi con disabilità sono invisibili, si pensi anche al fatto delle barriere architettoniche e a tutti i problemi che quotidianamente incontrano. Io come esperienza personale , avendo partecipato al laboratorio SAAD come tutor di Sergio , un ragazzo non vedente ho potuto constatare che anche camminare per strada, anche se Sergio era molto autonomo può comunque essere un problema, perché non ci sono le giuste misure per queste persone con disabilità. Un ‘individuo disabile può essere etichettato come diverso, questo può avvenire soprattutto nei bambini , emarginare il soggetto disabile lasciandolo solo o addirittura prenderlo in giro per “qualcosa” che non ha. A questo proposito c’è una frase del libro di testo che mi ha molto colpito: “ la disabilità non è un mondo a parte ma una parte del mondo”. La disabilità può essere anche una condizione temporanea cioè transitoria, permanente,regressiva o progressiva. Infatti la disabilità può essere anche momentanea dovuta ad u’incidente e può essere curata. Nel caso di handicap non si può parlare di cura ma solo di un intervento per migliorare la vita di una persona visto che è uno stato permanente ed irreversibile. Quindi si evince che il deficit non può essere curato perché non è una malattia, ma uno scompenso o un’imperfezione al contrario di un handicap che può essere aumentato o ridotto.
    PUNTO 2
    Annamaria Murdaca è una docente e autrice competente in questioni che riguardano la persona con disabilità. Secondo l’autrice bisogna abbandonare la logica dell’inserimento della legge 118 del 1971 e dirigersi verso l’inclusione. Nel testo la complessità della persona e disabilità Murdaca fa una ricostruzione di una nuova cultura della disabilità. Infatti per Murdaca l’integrazione è un processo continuo dove c’è la continua ricerca di soluzioni per preservare i diritti del disabile specialmente quello dell’uguaglianza, bisogna valorizzare la persona umana con il rispetto dell’identità. Quando parliamo di cura per il disabile si intende una cura come emancipazione dei soggetti per la realizzazione dell’uomo in quello che è e in quello che può diventare.
    A questo proposito c’è la relazione educativa che è uno spazio ripartivo dove il disabile insieme agl’educatori sperimenta delle situazioni che vengono elaborate e consentono agl’educatori di offrire delle opportunità al disabile. Bisogna lavorare per creare spazi in cui il senso è l’unico ponte dv il soggetto si declina in forma organica cioè il corpo, in forma psicologica cioè la mente e infine in forma sociale cioè la relazione. Infatti la nuova politica socio- educativa consiste in : Integrazione- Differenziazione – Personalizzazione.
    C’è bisogno di creare ambienti di apprendimento dove l’educatore sia preparato ad una ricostruzione dell’intero disabile che di solito viene visto come un frammento.
    PUNTO 3
    Braidotti collega il corpo a qualcosa di immateriale. Durante il corso Women’s Studies presenta il cibo come gioia, come piacere ma anche come disordine alimentare che porta problemi al corpo e anche anoressia e bulimia. Il problema che riscontra Braidotti è che nel mondo si muore o per la troppa fame o per l’eccesso di troppo cibo. Anche i mass media hanno un ruolo in questo campo perché mentre presentano un messaggio che mangiare troppo può portare problemi di obesità allo stesso tempo fanno trasmissioni di cucina dove la maggior parte dei telespettatori cerca di copiare, lo stesso vale per il corpo umano. In tv vengono trasmetti messaggi pubblicitari con corpi perfetti e poi contemporaneamente pubblicità di cibo, snack, che portano a condizioni di sovrappeso.
    Remaury nel “gentil sesso debole” dice che siamo orientati verso una corsa alla perfezione e il nostro obiettivo è giovinezza, bellezza e salute.
    Lipovetsky nel libro “la terza donna” espone la teoria della maturità positiva della donna, cioè colei che controlla e gestisce la propria immagine.

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