Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

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    Milena Capasso


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Verso un’educazione inclusiva

    Messaggio  Milena Capasso Lun Mag 21, 2012 7:41 pm

    Una delle prime nozioni che ho appreso studiando la Pedagogia è che l’educazione è un processo continuo. Pertanto essa va considerata secondo una chiave sistemica che tenga conto della pluralità delle agenzie formative che concorrono alla formazione integrale della persona in qualsiasi fase dell’esistenza.
    L’adozione del modello sistemico per l’analisi e l’interpretazione dei processi formativi implica la necessità di considerare il singolo non più come un elemento isolato ma in costante relazione con la pluralità dei contesti socio-culturali nei quali avviene il processo di formazione M. L. Iavarone – F. Sarracino (a cura di), Le parole chiave della formazione, Tecnodid 2004. Infatti non si può parlare di educazione, di formazione, di apprendimento nel senso più ampio, se non si considera l’individuo in relazione con gli altri e quindi in relazione con le diversità (poiché ognuno di noi è diverso dall’altro proprio come ho sostenuto nel commento a proposito della mappa degli stereotipi). Di tale relazione si occupa l’educazione inclusiva il cui fine ultimo è quello di garantire la partecipazione effettiva dell’individuo nella società e il raggiungimento del suo pieno potenziale a patto che gli vengano fornite opportunità di apprendimento. Quindi la questione dell’inclusione è fondamentalmente una questione di diritti umani, di equità, di giustizia sociale e la creazione di una società non discriminatoria. Se infatti l’integrazione, come rimarcato nel testo l’Index per l’Inclusione, tende a identificare uno stato o una condizione, l’inclusione rappresenta piuttosto un processo, una filosofia dell’accettazione, ossia la capacità di fornire una cornice dentro cui gli alunni — a prescindere da abilità, genere, linguaggio, origine etnica o culturale — possono essere ugualmente valorizzati, trattati con rispetto e forniti di uguali opportunità a scuola.
    Il maggiore impeto per l’educazione inclusiva è stato dato nella conferenza mondiale sui bisogni educativi speciali: accesso e qualità, tenuto a Salamanca nel giugno del 1994. In tale circostanza è stata sottolineata la necessità di creare un sistema di educazione inclusiva in cui le scuole ordinarie siano più inclusive cioè siano in grado di essere al servizio di tutti bambini, in particolare quelli con disabilità.
    Il problema, come suggeriscono gli autori Booth e Ainscow nel testo l’Index per l’Inclusione, risiede nella tradizionale tendenza della scuola a riconoscere e comprendere le situazioni problematiche solo in funzione del loro inquadramento in una particolare categoria: «disabilità», «disturbo del comportamento», «provenienza culturale», «difficoltà di apprendimento». Creare una scuola inclusiva significa fornire un’educazione efficace a tutti i bambini offrendo possibilità e opportunità di un’ampia gamma di metodi di lavoro e trattamento individuale per assicurare che nessun bambino sia escluso dalla socializzazione e dalla partecipazione della scuola. Un curriculum inclusivo indirizza lo sviluppo cognitivo, emozionale, sociale e creativo del bambino. Esso è basato su quattro pilastri dell’educazione: apprendere a conoscere, fare, essere e vivere insieme. E’ importante che il curriculum sia flessibile abbastanza per fornire possibilità per l’adattamento ai bisogni individuali e per stimolare gli insegnanti a cercare soluzioni che possano essere in sintonia con i bisogni, le abilità e gli stili di apprendimento di ciascun ragazzo. Ciò significa che il processo di inclusione dipende molto dalle attitudini degli insegnanti verso gli alunni, in particolare quelli con disabilità, dal come considerano le differenze presenti nel gruppo classe e dalla loro volontà di affrontarle effettivamente. Il percorso formativo dell’insegnante,la disponibilità di supporto, la grandezza della classe sono tutti fattori che influenzano gli atteggiamenti degli insegnanti.
    Anche l’ambiente gioca un ruolo determinante. E’ infatti molto importante focalizzarsi sulla creazione di un ottimo ambiente di apprendimento così che tutti i bambini possano apprendere bene e raggiungere il loro potenziale. Questo comprende metodi di insegnamento centrati sul bambino e lo sviluppo di appropriati materiali e strumenti di apprendimento. Uno degli strumenti che nasce per favorire l’inclusione è l’Index, messo a punto da Booth e Ainscow del Centre for Studies on Inclusive Education, il cui scopo è la realizzazione di un ampio lavoro di ricerca, e le sue domande costituiscono fondamentalmente il punto di partenza per avviare un’estesa raccolta di dati dentro e fuori la scuola. Solo conoscendo a fondo la situazione della scuola e il punto di vista dei diversi stakeholder è possibile infatti avviare quel profondo processo di rinnovamento dell’organizzazione scolastica postulato dagli autori.
    Altro strumento estremamente importante è il Capability Approach sviluppato da A.M. Sen. L’idea che sta alla base dell’approccio della capability è che gli assetti sociali dovrebbero tendere ad espandere le capabilities delle persone, ossia la loro libertà di promuovere i beings e doings a cui essi stessi danno valore. Pertanto noi non possiamo pensare la menomazione e la disabilità come importanti aspetti della diversità umana ma, attraverso tale approccio è possibile una comprensione delle differenze come una funzione dei confronti tra le persone piuttosto che distinzioni sulla base di categorie fisse.
    Il raggiungimento di obiettivi promossi da simili dispositivi, quali appunto l’inclusione, il confronto, la valorizzazione delle capacità individuali, è possibile se il lavoro portato avanti non proviene dal singolo insegnante ma se si crea la collaborazione tra gli insegnanti. Obiettivi condivisi, metodi di insegnamento, progettazione e valutazione sono tra i punti fondamentali di un modello di fornitura del servizio di istruzione che coinvolge l’insegnante curriculare e specializzato in un modello di insegnamento definito co-insegnamento. Questo metodo può rendere la pratica dell’insegnamento più soddisfacente e gli insegnanti formano un legame, insegnano e apprendono l’uno dall’altro, e forniscono reciproco supporto.
    In questo gioco di squadra non può certo mancare il coinvolgimento dei genitori che, se da un lato necessitano di informazioni di base circa i loro bambini e a volte hanno bisogno di informazioni più specifiche o di confronti con altri genitori che hanno obiettivi comuni, dall’altro rappresentano una vera e propria risorsa perché, come suggerisce l’UNESCO, possono fornire un valido contributo all’educazione dei figli, possono diventare parte integrante del processo di presa di decisione, possono essere ascoltati quando parlano dei loro figli, possono rappresentare la forza complementare alle abilità professionali e condividerne le responsabilità. Contatti regolari e buone relazioni tra gli insegnanti della scuola e i genitori possono favorire i progressi educativi del bambino e il ben-essere sociale. Ma, come afferma Allan, le barriere all’inclusione si estendono al di là dei sistemi scolastici e riguardano modi di conoscere, modi di apprendere e modi di lavorare. Tali barriere possono essere, se non eliminate, almeno ridotte se si crea quel sistema da cui sono partita in questa mia analisi, se cioè si stabilisce una collaborazione attiva tra politici, personale scolastico, famiglie e altri stakholder, incluso il coinvolgimento attivo dei membri della comunità locale come i leader politici, i professionisti dell’ambito educativo e i media. Murphy sostiene infatti che: l’evitamento (quando non la diretta ostilità) che spesso i cosiddetti normali manifestano nei confronti di chi è disabile non è la conseguenza naturale del deficit fisico di quest’ultimo, ma piuttosto l’espressione del deficit di carattere e ampiezza di vedute di chi si comporta così. Insomma, è il loro problema, non il nostro. Già… proprio come dice la Atzori: i limiti sono in chi guarda, in chi osserva. Ma lei è un esempio vivente non solo di resilienza ma anche di capacità di valorizzare il proprio essere e le proprie potenzialità dimostrando di rimettere in discussione il concetto di normalità.
    Se allora è necessario creare una rete tra tutte le agenzie formative e tra tutti coloro che in qualche modo concorrono al benessere individuale e a quello sociale, è opportuno che ognuno faccia la propria parte in modo serio e scrupoloso per garantire pari diritti e la costituzione di una società più equa e rispettosa dell’individualità.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  milone lucia Lun Mag 21, 2012 7:43 pm

    Cos’è la felicità?
    Il concetto è sfuggente ma compare in ogni cultura. Molte lingue si distinguono tra qualcosa di estremamente immediato,come la gioia o il piacere e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l’appagamento. Nei tempi antichi la felicità era strettamente legata alla fortuna. Con Socrate, Platone e Aristotele assume nuovi significati e si inizia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice, anche contro la sorte. Essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto ma include una comparazione con l’aspettativa o con ciò che gli altri possiedono. Il senso più immediato e diretto di felicità implica un’emozione o una sensazione (gioia,piacere).
    La sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato, Nettle definisce questo senso di felicità di primo livello; definisce invece di secondo livello la felicità di appagamento e soddisfazione; infine definisce di terzo livello la felicità dovuta al “vivere bene” cioè vivere una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità. La psicologa Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi, quest’insieme comprende crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente, franchezza con sé stessi e elementi di piacere e di assenza di dolore. Nettle afferma che quando le persone parlano di felicità,generalmente intendono uno stato che comporta sensazioni positive oppure giudizi positivi sulle sensazioni. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha indicato la promozione della salute come l’obiettivo principale della medicina e ha definito la salute come una condizione di benessere fisico,psicologico e sociale. La qualità della vita riguarda la soddisfazione per i diversi aspetti della vita e il ben-essere generale, possiamo affermare che il benessere soggettivo è l’essenza della qualità della vita. Spesso i termini felicità e ben-essere soggettivo sono stati usati in modo intercambiabili.
    Benessere soggettivo include:
    1.Una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita;
    2.Una componente affettiva che è a sua volta suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo.
    A livello individuale le caratteristiche personali come il ben-essere soggettivo, l’ottimismo, la felicità,la perseveranza sono fattori che contribuiscono al benessere.
    A livello contestuale il supporto sociale, il senso di appartenenza, armonia con il proprio ambiente di vita sono principali fattori esterni che contribuiscono al benessere. Secondo Waterman la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori, risultanti in un senso di autenticità e vivacità riferita come “espressività personale”. Seguin medico francese che guidò la prima scuola per bambini disabili,promosse la visione progressista che i bambini con disabilità potessero essere propriamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. Ben-essere nei disabili con abilità di adattamento, specialmente comportamenti che facilitano l’indipendenza. Questi programmi di formazione mirano a rendere in grado le persone con disabilità di compiere scelte personali per la loro vita. L’obiettivo non è solo unicamente quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi ma è soprattutto la possibilità di attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Come afferma Iavarone il benessere non può essere assimilato a una condizione generale di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale, multi direzionale, multidimensionale.

    Sara Costigliola
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Dottore che sintomi ha la felicità?

    Messaggio  Sara Costigliola Lun Mag 21, 2012 7:48 pm

    Dottore che sintomi ha la felicità?
    La felicità è presente in ogni cultura, c’è chi sostiene che sia qualcosa di immediato come la gioia e il piacere, oppure che sia qualcosa di più duraturo come l’appagamento e la soddisfazione.
    Essa è diventata studia della psicologia positiva, Nettle la suddivide in 3 livelli:
    1. Felicità di primo livello: sensazione diretta di gioia o piacere;
    2. Felicità di secondo livello: un bilancio tra i piaceri e i dolori e percepire di aver affrontato maggiormente esperienze positive;
    3. Felicità di terzo livello: Una persona riesce a svolgere la propria vita sviluppando le proprie potenzialità.
    La felicità è stata messa anche a confronto con il ben-essere, la psicologa Ryff sostiene che quest’ultimo permette una crescita personale e una padronanza del proprio ambiente. In altre parole il ben-essere comprende sia una componente cognitiva che affettiva. Fattori come l’ottimismo, l’autodeterminazione, la perseveranza permettono al conseguimento del ben-essere, ma con l’aiuto anche del supporto sociale e il senso di appartenenza.
    Il ben-essere, quindi, abbraccia vari ambiti quali psicologico, emozionale, sociale, fisico e psichico. Così lo studio di esso è fondamentale perché permette sicuramente un miglioramento della vita degli individui in modo tale da aumentare il loro livello di ben-essere. Aumentare il livello di ben-essere è sicuramente un’azione positiva che influenzerà certamente anche altri episodi della vita, così da sviluppare anche una prospettiva top-down ovvero la consapevolezza da parte degli individui di poter superare le difficoltà con le loro forze.
    Come sostiene la professoressa Iavarone il ben-essere è un fenomeno complesso perché fa riferimento sia alla sfera biologica-clinica che quella soggettiva-emozionale dello stato di salute del soggetto, inoltre possiede più direzioni ovvero in senso verticale ( nei diversi tempi della vita) e in senso orizzontale ( nei diversi luoghi). Infine il Ben-essere possiede anche più dimensioni oltre che direzioni, esso è sia diacronico, cioè che si riconduce ad un episodio di lunga durata all’interno della vita del soggetto, sia sincronico, cioè che si riconduce ad un episodio particolare.
    C’è un forte legame tra il ben-essere del singolo con lo sviluppo della collettività, secondo Ghedin, questo perché l’essere umano cerca sempre di dare significato e senso a determinati eventi, interazioni sociale comportamenti. Questo accade perché nasciamo con un corredo genetico in cui costruiamo la nostra cultura attraverso i fattori ambientali esterni attraverso la selezione, l’acquisizione e l’integrazione di essi. Per questo motivo è importante prendere in considerazione ciò che è possibile, desiderabile e significativo per il singolo e per la comunità per sviluppare punti di forza e processi di crescita in un ottica complessa.
    Nel campo della disabilità il ben-essere ha sicuramente una maggiore importanza perché permette di costruire in loro stessi una certa autonomia. Un’autonomia che non si limita nelle faccende quotidiane come mangiare, vestirsi, lavarsi, ma che possa permettere loro di sviluppare le loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita come si desidera.
    Ci sono stati svariati filoni di ricerca che si sono interessati al ben-essere disabile ricordiamo Il Movimento della Qualità di vita, Il movimento della doppia diagnosi, Personalità-motivazione e felicità e La ricerca sulla famiglia.
    Le famiglie di bambini disabili non reagiscono allo stesso modo all’arrivo di una disabilità da parte del proprio bambino; tutti ci aspettiamo un bambino”bello e sano”, infatti molte madri o l’intera famiglia quando nasce un figlio disabile affrontano un periodo di forte stress e angoscioso, ma ci sono anche alcune famiglie che hanno accolto la disabilità arricchendo la loro vita. Come in ogni famiglia l’ambiente che circonda il bambino lo influenza inevitabilmente,; nella famiglia con bambino disabile un atteggiamento negativo non influenza direttamente il bambino ma può innalzare il livello di stress dell’intera famiglia. Per questo motivo è importante che le famiglie imparino a gestire lo stress e a sviluppare le percezioni positive così da migliorare il livello di ben-essere non solo del disabile ma dell’intera famiglia.
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    Elvira Scarpato


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Elvira Scarpato Lun Mag 21, 2012 8:17 pm

    La pubblicazione in Italia dell’ Index per l’inclusione rappresenta un evento importante per diverse ragioni; fino agli anni ’80, il sistema scolastico del Regno Unito è stato caratterizzato da una netta separazione tra le scuole ordinarie e quelle speciali, destinate ad accogliere gli alunni che per le loro particolari condizioni venivano ritenuti non adatti alla frequenza degli istituti normali; nel corso del tempo quella che era apparsa come una scelta <<naturale>> di separazione tra due categorie di alunni chiaramente distinguibili(allievi normali e allievi “speciali” )è apparsa sempre meno giustificabile sul piano etico, educativo e relazionale.
    Ma il punto di svolta è avvenuto nel 1978 attraverso la Pubblicazione del “ Rapporto Warnock ”, dove esso per la prima volta introduceva la nozione di bisogni educativi speciali e sollecitava un netto cambiamento di prospettiva delle strategie educative nei confronti degli alunni <<diversi>>, attraverso l’approccio inclusivo basato sull’individuazione di obiettivi educativi comuni a tutti gli alunni, indipendentemente dalle loro abilità. Il rapporto suggeriva la necessità di integrare nelle scuole normali gli alunni che tradizionalmente venivano indirizzati nelle scuole speciali; infatti, da alcune statistiche, si evinceva che in quegli anni il numero di alunni iscritti alle scuole speciali inglesi diminuiva, mentre accresceva il numero di allievi <<speciali>> nelle scuole per alunni normali.
    Cambia scenario nel nostro Paese, che da molto tempo ha saputo imboccare in modo coraggioso la strada dell’abolizione delle scuole speciali e delle classi differenziali: con la legge 517 del 1977 si è concluso il periodo che aveva il passaggio dall’esclusione dei soggetti disabili dal mondo della scuola, al loro inserimento in strutture scolastiche specializzate; a trent’anni di distanza dall’emanazione di questa legge, il panorama che caratterizza complessivamente la scuola italiana è quello di un’<< integrazione a metà>>,ossia di una situazione in cui si registra tuttavia il permanere di numerose difficoltà riguardo ai diversi aspetti dell’attività integrativa nelle scuole, sia per quanto concerne dimissioni strutturali come la formazione degli insegnanti e la disponibilità di docenti opportunatamente formati da inserire sul sostegno.
    Anche in Italia, in questi anni, il vocabolo <<inclusione>>ha iniziato gradualmente a sostituirsi nei documenti e nei discorsi formali e informali, quello tradizionale di <<integrazione>>; l’ educazione inclusiva è un processo che comprende la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini, studenti appartenenti a minoranza linguistiche e etniche, bambini affetti da malattie e bambini con disabilità e difficoltà nell’ apprendimento. Questo tipo di educazione mira ad eliminare l’esclusione che è una conseguenza di atteggiamenti negativi e di una mancanza di risposta alla diversità per etnia, status economico, ecc.
    Come in ogni educazione ci sono delle figure chiave anche qui, infatti, insegnanti, genitori, comunità, autorità della scuola, istituti di formazione e mondo del lavoro sono tra gli attori che possono essere considerate come risorse valutabili a supporto dell’inclusione; l’ educazione inclusiva significa che le scuole forniscono una buona educazione a tutti i bambini indipendente dalle loro abilità diverse. Tutti i bambini saranno considerati con rispetto e assicurate loro uguali opportunità per apprendere insieme, gli insegnati dovrebbero lavorare attivamente per raggiungere i loro obiettivi. dovrebbero avere ben chiari alcuni principi per essere in grado di insegnare nell’educazione inclusiva; includere gli studenti con disabilità e avere la consapevolezza di come interagire con loro, sono caratteristiche importanti di una scuola efficace; è chiaro che il processo di inclusione dipende molto dalle attitudini degli insegnanti verso gli alunni con disabilità.
    Altra figura importante, anzi fondamentale per un’educazione inclusiva efficace sono le famiglie; di relazioni positive tra casa e scuola, ma anche più probabile che i genitori prendano un interesse attivo nell’educazione dei loro bambini. Questo può avere un effetto benefico per i bambini quando vedono i9 genitori e gli insegnanti co-operare ,non è mai troppo tardi per coinvolgere i genitori, infatti l’ UNESCO suggerisce che se i genitori devono diventare veri partner nell’educazione dei loro figli, è necessario che siano visti come partecipanti attivi, che possono fornire un valido contributo all’educazione dei loro figli, i genitori diventano parte integrante del processo di presa di decisione , ecc.
    Struttura di pensiero molto importante è l’ ’approccio alla capability considera l’educazione come fortemente connessa alla libertà umana ,infatti benefici e i risultati dell’educazione sono visti come multidimensionali e sono misurati attraverso raggiungimenti sostanziali nella libertà; l’educazione deve fornire non solo competenze e abilità orientate al mercato del lavoro, ma anche abilità di vita
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    teresa perretta


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  teresa perretta Lun Mag 21, 2012 8:23 pm

    Cosa s’intenda per felicità e per ben-essere è da sempre stato oggetto di riflessione. Nettle distingue tre livelli di felicità: la “felicità di primo livello” consiste semplicemente nel provare emozioni o sensazioni transitorie, come gioia o piacere, dovute al raggiungimento di uno stato desiderato; la “felicità di secondo livello”, invece, equivale al sentirsi soddisfatto della propria vita; infine, la “felicità di terzo livello” implica condurre una vita in cui le proprie vere potenzialità vengono realizzate.
    Schafer, invece, sostiene che il ben-essere derivi sia da caratteristiche positive personali come l’ottimismo, la perseveranza e l’autodeterminazione, sia da fattori esterni come l’armonia con il proprio ambiente di vita, il senso di appartenenza e il supporto sociale; infatti, definisce il ben-essere “vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica”.
    Un altro psicologo, Seligman, all’interno della sua “teoria della felicità autentica”, distingue la “vita piacevole” dalla “buona vita” e dalla “vita significativa”, che considera come strade che conducono in modo diverso alla felicità; la “vita piacevole” consiste nel massimizzare le emozioni piacevoli e positive, emozioni che possono riferirsi al passato (come la soddisfazione), al futuro (come la speranza e l’ottimismo) o al presente (come piaceri sensoriali o emozioni momentanee). La “buona vita”, invece, implica l’individuazione e lo sviluppo dei propri talenti e delle proprie forze in attività da cui si trae piacere e di cui si è appassionati; infine, la “vita significativa” consiste nell’usare le proprie forze e le proprie virtù al servizio di qualcosa di più grande, trovare significato e scopo alla vita.
    Secondo Waterman, invece, la felicità si identifica con la coincidenza delle proprie attività di vita con i propri più profondi valori; mentre secondo Riff e Keyes, contribuiscono alla felicità aspetti come l’autonomia, l’autoaccettazione, la padronanza dell’ambiente, relazioni positive con gli altri, la crescita personale e il porsi degli obiettivi di vita.
    Ciò che accomuna tutte queste teorie è la convinzione che la felicità autentica non derivi dal perseguimento del piacere, ma dallo sviluppo delle forze e delle virtù individuali.
    In particolare, Ghedin afferma che bisogna far leva sulle risorse e sulla crescita delle abilità e capacità tenendo conto del rapporto di reciproca influenza tra il ben-essere del singolo e lo sviluppo della collettività; ciascun individuo, infatti, rappresenta un agente attivo di sviluppo della società e da ciò non vengono escluse le persone con disabilità, soprattutto perché tali individui non sono di per sé svantaggiati, ma lo diventano in un contesto sociale o culturale in cui la loro condizione comporti conseguenze svantaggiose.
    Come per ogni altro individuo, le persone con disabilità hanno la capacità di ben-essere e un proprio potenziale irripetibile di possibilità e di limiti e vanno pertanto incoraggiate a scoprire e coltivare i propri talenti e punti di forza allo scopo di fargli raggiungere l’autodeterminazione e l’indipendenza, anche attraverso l’esercizio della libertà e della responsabilità. Tutto ciò costituisce il compito dell’educatore che deve favorire l’adozione, da parte dell’individuo, di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita affinchè diventi capace di attingere alle proprie potenzialità e capacità di scelta per condurre una vita stimolante e soddisfacente, ma soprattutto una vita che sia quella che egli sceglie di vivere. E’ così che è possibile promuovere il ben-essere delle persone disabili, strettamente determinato dalla capacità di autonomia.
    Di conseguenza, come sostiene la prof Iavarone, il “ben-essere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale.” Quindi, sebbene sia la cosa giusta da fare in una società equa, migliorare le condizioni oggettive o esterne della qualità della vita delle persone con disabilità non conduce necessariamente tali persone ad uno stato durevole di felicità.
    Come qualunque persona normodotata, le persone disabili hanno il diritto di essere felici e tale diritto può essere esercitato solo aiutandole a sviluppare un sentimento di autoefficacia, fondato su una reale capacità di ricorrere alle proprie risorse nel determinare la propria vita e il proprio stato di ben-essere; perciò, sta a professionisti come insegnanti, educatori e operatori socio-assistenziali, aiutare queste persone. La felicità è un diritto di tutti!
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Lucilla Graziani Lun Mag 21, 2012 8:31 pm

    La felicità sta nel gusto e non nelle cose:si è felici perche si ha cio che ci piace e non perche si ha cio che gli altri trovano piacevoli ‘F.De la Rochefoucault’.Questa citazione ci riporta al fatto che la felicità è uno stato d animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri bisogni. L'uomo fin dalla sua comparsa ricerca questo stato di benessere. A noi è stato detto che La felicità è quell'insieme di emozioni e sensazioni del corpo e dell'intelletto che procurano benessere e gioia in un momento più o meno lungo della nostra vita. Se l'uomo è felice, subentra anche la soddisfazione e l'appagamento,ma in realta,cos’è veramente la felicita?Il tema della felicità è stato alla base del dibattito filosofico,religioso ed educatio per miglia di anni.La felicita compare in ogni cultura.Per alcuni è data dalla gioia o dal piacere,qualcosa di estremamente immediato,per altri invece è qualcosa di piu duratuto,come la soddisfazione o l appagamento.la ghedin ci mostra come con il passare del tempo,il significato di questa parola si evolve e arricchisce,infatti nel 1 capitolo di ben essere disabili,tratta del concetto di felicità e benessere, arrivando alla conclusione che la felicità non deriva necessariamente da un corpo perfetto ma è collegata agli aspetti interni di ogni singolo individuo,a quello che prova quest ultimo, alla sua relazione con il mondo che lo circonda.Originariamente la felicita proveniva dall avere un buon demone,cioè avere una buona sorte,legata esclusivamente ad un concetto di fortuna.Poi Socrate,Platone e Aristotele,alla parola felicità hanno dato dei significati piu profondi,e si inzia ad affermare che l uomo con le sue scelte e la sua libertà puo diventare felice ,anche contro la sorte.oltre ai sofisti,ci sono molti studiosi che si sono accinti a studiare il concetto di felicità. Tra questi troviamo Nettle,che ci dice che la felicità puo essere di 3 livelli. La felicità di primo livello:senso piu immediato e diretto,implica un emozione o una sensazione,quale gioia o piacere.molto probabilmente la sensazione viene dal fatto che è stato raggiunto cio che si desiderava.La felicita di secondo livello, è data dal bilancio tra i piaceri e i dolori,emozioni negative e positive,percependo che la loro vita è stata acompagnata piu da emozioni positive che negative .La felicita di terzo livello, intesa come ideale aristotelico del vivere bene,dove la persona realizza le proprie potenzialità.la psicologa Ryff invece,afferma che il benessere va ben oltre il senso di felicita,ma coinvolge anche altri elementi come la crescita personale, la padronanza del proprio ambiente, la franchezza con se stessi.Tra gli altri studiosi, ritroviamo Seligman ,che ci propone 2 percorsi che ci conducono alla felicità e Csikszentmihalyi. Il primo è legato alle emozioni positive che riguardano il nostro passato, mentre il secondo percorso rappresenta le emozioni positive che viviamo nel presente,una vita piacevole e piena di gioie e soddisfazioni. mentre Csikszentmihalyi ci introduce il concetto di flusso. Il flusso include tutti i vari momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti e interessanti,quei momenti che ci fanno perdere la sensazione del tempo. nel periodo di flusso c’è una mancanza di emozioni positive, ma solo alla fine si hanno emozioni che possono portare alla felicità, come ad esempio l’orgoglio o la contentezza. La felicità può essere vista sotto molti punti di vista,ma in particolar modo sotto 2 piu importanti,quello edonistico e eudemonico. La felicità edonistica non è altro che una maggioranza di esperienze positive rispetto a quelle negative, mentre la felicità eudemonica è quella dettata dall’attuazione delle potenzialità dell’individuo,cioè che riguarda il funzionamento della persona stessa. A.M. Sen a questo proposito, definisce il benessere come risultati di Funzionamenti e Capabilities. I funzionamenti sono i traguardi raggiunti dalla persona, mentre dei capabilities ne fanno parte tutti i funzionamenti al quale il soggetto ricorre all’interno della sua società.si puo affermare di conseguenza che il benessere del singolo è legato alla collettività. ll benessere è un idea soggettiva,visto che si basa sulla realizzazione delle proprie esigenze e sulle possibilità che l’ambiente esterno affinche queste si possano realizzare. A questo proposito Canevaro afferma che il benessere del singolo è legato alla sua capacità di organizzarsi con tutti i contesti che lo circondono. Felicità significa anche riuscire a vivere bene,da un punto di vista psicologico spirituale e fisico,ma soprattutto anche in presenza di una malattia. Il ben essere quindi non dipende solamente dal corretto funzionamento di organi,di muscoli o arti, ma anche dagli stati di vita, del tempo libero , della condizione dell’ambiente che ci circonda e dai vari contesti in cui viviamo. Le disabilita è vero che sono delle complicazioni della vita.ma questo non significa che portino un’infelicità che dura tutta la vita. E’ una parte di una persona, non l’insieme. Non a caso nel 1980, il medico francese,Edouard Seguin ,guidò le prime scuole per bambini disabili,affermando che i bambini con disabilità potessero essere educati e che potessero assumere il loro giusto ruolo nella società. Ma in seguito,col tempo,questo obiettivo venne dimenticato e queste scuole,che avevano il compito di far integrare ed aiutare queste persone nelle società,divennero occasioni per tenerle lontane dalla società.Pero poi in seguito al concetto di “normalizzazione”,queste istituzioni furono chiuse e nacquero alcuni servizi di educazione speciale,che davano il giusto supporto alle famiglie,con programmi mirati a promuovere il benessere nelle persone disabili. L’obiettivo finale non è quello di far si che queste persone siano capaci di mangiare,vestirsi o lavarsi da sole,ma che sviluppino a pieno le loro potenzialità per vivere la vita che essi scelgono di vivere. Qualche anno dopo,Edegerton afferma che per lui migliorare le condizioni di vita delle persone disabili è la cosa più giusta da fare in una società equa.Il piu delle volte si da piu peso ad alleviare i problemi delle persone con disabilit,piuttosto che a dare un supporto morale,a promuovere stati positivi che invece li aiuterebbero ad affrontare le situazioni della vita di ogni giorno.Negli anni settanta ,Zigler scoprì che i bambini con ritardo mentale non solo avevano un basso quoziente intellettivo ma avevano,rispetto ai loro compagni, minore aspettative di successo,bassa motivazione alle sfide ed una maggior tendenza ad affidarsi all’altro. Tutto questo non era altro che un continuo accumulo di esperienze di fallimento,legato a sintomi depressivi,che portava anche ad una minore motivazione nell’usare le proprie potenzialità. L'obiettivo infatti è quello di promuovere questi stati positivi,cosi da favorire lo sviluppo di un sentimento di autoefficacia ,cosi da potere rendere piu forti le persone nella vita di tutti i giorni. Invece,riguardante la ricerca sulla famiglia,quando a delle persone nasce un figlio con disabilità,l esperienza avviene come un evento angosciante. Le madri ,dopo essersi adattati al trauma di avere un bambino con disabilità,passano attraversano fasi di shock e stress.Spesso pero ,la disabilità del loro figli,aggiunge alle loro vite delle esperienze piu significative,rendendole piu profonde. La famiglia soprattutto ,ma anche la società,influenzano molto lo sviluppo di un bambino con disabilità,hanno un ruolo fondamentale nella loro vita.Questo mi fa pensare ai casi di Simona Atzori e Andrea,entrami i genitori sono andati ben oltre la loro disabilità,ma con coraggio e amore li hanno appoggiatia realizzare cio che erano i loro sogni:Simona,una grande artista :pittrice,danzatrice, e Andrea che è un giovane su una sedia a rotella,che ha coronato il suo sogno di andare a vivere da solo.Entrambi grazie all appoggio dei loro genitori oggi vivono una vita ‘normale’ come tutti noi ,sono stati per loro una forza,una marcia in piu su cui hanno potuto contare.
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    Messaggio  de cicco luisa Lun Mag 21, 2012 8:45 pm

    La felicità è un concetto che molto spesso riusciamo solo a spiegare attraverso gli stati’ animo, infatti dare un significato letterale a questa parola ci risulta spesso limitativo e poco preciso. Tutte le culture hanno espresso un fatto proprio il concetto di felicità. Alcuni ritengono che essa sia un qualcosa di estremamente immediato e durevole, altre invece sostengono che essa si difficile da conquistare e passeggera.
    Proprio questa incertezza sul significato della parola Felicità ha portato a classificarla in tre diverse maniere:
    >Il primo livello di questa classificazione distingue la felicità proprio nel momento in cui un soggetto raggiunge una meta da lui ambita;
    >Il secondo livello di classificazione invece è il momento in cui il soggetto tira le somme delle sue emozioni facendo prevalere le sensazioni positive rispetto a quelle negative;
    >La terza classificazione, invece, non si può spiegare senza compiere un attenta analisi su quello che si intende sul vivere e lo stare bene e in che modo si raggiunga tale stato.
    Una teoria basata sull’equilibrio, infatti, afferma che i summenzionati livelli di felicità rimangono costanti nel corso del tempo, nonostante i cambiamenti delle circostanze di vita di un individuo.
    L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha definito la salute come una condizione di ben-essere psico-fisico e sociale. Ben-essere vuol dire “vivere bene” da un punti di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia. Molto spesso i termini ben-essere soggettivo e felicità vengono tuttora usati come sinonimi, trascurando proprio il fatto che il ben-essere soggettivo comprende sia una componente cognitiva che una affettiva. La “buona vita” consiste nello spendere le proprie forze nel modo migliore possibile nelle relazioni, nel lavoro e nel tempo libero, questo significato che attribuiamo a tale parola infatti proviene dalla “teoria della felicità autentica” di Seligman, il quale propone anche diverse vie per confluire nella felicità. La pedagogia del benessere si regge infatti proprio sul convincimento che "imparare a star bene" possa essere insegnato, cioè far acquisire ai soggetti la capacità di costruire da se stessi e intorno a se stessi il proprio personale stato di benessere favorendo particolari processi di comunicazione tesi a sviluppare l'autonomia e delle persone coinvolte. Un esempio e un precursore di tale teoria è stato un medico francese, Edouard Seguin alla metà dell’ottocento, quando promosse, in una delle prime scuole per bambini disabili, una visione progressista ovvero, che i bambini con disabilità potessero essere educati e man mano fatti entrare appieno nella vita di tutti i giorni, e quindi potevano assumere il loro giusto ruolo all’interno della società.
    Ad interessarsi del benessere dei disabili è stata anche una professoressa associata del settore scientifico-disciplinare di Pedagogia Generale e sociale, Maria Luisa Iavarone. Essa, infatti, si occupa nello specifico dei modelli pedagogici e didattici della formazione con particolare attenzione alla formazione degli educatori e degli insegnanti. Nell’ultimo periodo si è interessata ai problemi attinenti alla professionalità educativa nei diversi ambiti psicologici sociali e sanitari. Il tema principale della sua ricerca è appunto la pedagogia del benessere, la quale viene vista come una nuova frontiera del lavoro educativo, messa in pratica per riuscire a risolvere quel bisogno visto come desiderio che andrà a valorizzare la conoscenza e la dimensione emotiva ed esistenziale del soggetto in temi individuali e collettivi. Questa pedagogia del benessere, si basa appunto sul convincimento che imparare a stare bene e a vivere bene con se stessi possa essere insegnato, affinchè i soggetti facciano propria la capacità di costruire da se stessi il proprio personale benessere, favorendo cosi processi di interazione e comunicazione che servono per sviluppare l’autonomia delle persone.
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    Gabriella Barecchia


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    Messaggio  Gabriella Barecchia Lun Mag 21, 2012 8:52 pm

    Sin dall’antichità e nelle diverse culture si è avuto molto da dire riguardo la felicità, ritenuta da alcuni come piacere e gioia immediati, mentre da altri come soddisfazione o appagamento. Nella cultura mitica e pre-socratica si pensava che essere felici significasse avere buona sorte, significato adottato poi dalle lingue anglosassoni. Con Socrate, Platone e Aristotele, l’eudaimonia risulta avere significati sempre maggiori, fino ad arrivare alla convinzione che l’uomo per essere felice , necessitava della sua libertà e di scegliere ciò che secondo lui era giusto anche contro la sorte. Nettle classifica la felicità in tre livelli:
    • Felicità di primo livello: quando la cosa desiderata è accaduta, quindi la sensazione è immediata e transitoria, questo tipo di felicità può essere misurata in modo oggettivo e tutto ciò che le persone pensano a riguardo è indiscutibile;
    • Felicità di secondo livello: quando c’è soddisfazione o ci si accontenta del risultato positivo rispetto al negativo;
    • Felicità di terzo livello: quando vengono messe in atto le proprie potenzialità, non può essere misurabile facilmente e implica esprimere un giudizio sulla realizzazione del bene.
    Inoltre Nettle afferma che quando le persone parlano di felicità, intendono il più delle volte, descrivere un insieme di sensazioni positive. Quando invece la definizione include altri valori umani, diventa incoerente. Spesso la felicità viene confusa con il ben-essere soggettivo che riguarda una componente cognitiva che prende in considerazione tutte le soddisfazioni dell’individuo e una componente affettiva che è suddivisa in affetto positivo e negativo. In una posizione individuale il ben-essere soggettivo, insieme all’ottimismo e la felicità contribuisce al ben-essere; mentre in una posizione di contesto sociale, l’armonia con il proprio ambiente di vita e i fattori esterni contribuiscono al ben-essere. Ben-essere significa quindi vivere bene sotto aspetti psicologici, spirituali e fisici.
    La psicologia positiva si è spesso interrogata sul perché della felicità delle persone. A tal proposito Seligman ha esposto varie teorie:
    • Emozioni positive riguardo il passato: soddisfazione;
    • Emozioni positive riguardo il presente: piaceri sensoriali o emozioni momentanee;
    • Emozioni positive riguardo il futuro: speranza e ottimismo;
    • Individuazione di talenti personali.

    Secondo Csikszentmihàlyi, esiste una forma di felicità che passa attraverso esperienze che ci prendono completamente e che mettono alla prova le nostre abilità, racchiuse in un flusso privo di emozioni positive.
    Peterson e Seligman hanno proposto una serie di sei virtù: giudizio e conoscenza, coraggio, umanità, giustizia, temperanza, trascendenza. Inotre Seligman afferma che la felicità autentica deriva dal piacere nel fare un qualcosa di utile per gli altri. In particolare Seligman riconduce la felicità alla vita piacevole che massimizza le esperienze positive.
    Le teorie contemporanee sulla felicità riguardano quella eudonica ed eudamonica. Dal punto di vista eudonico, la felicità riguarda il punto massimo del piacere che ha la meglio sulle esperienze dolorose, mentre dal punto di vista eudamonico, è vincolata dalla positività dell’individuo. Anche Ryff e Keyes, hanno evidenziato sei aspetti riconducibili alla felicità: autonomia, crescita personale, auto accettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale, relazioni positive con gli altri. Ciascun individuo deve, quindi, essere incoraggiato a seguire le proprie scelte di libertà che lo porteranno poi ad un livello di responsabilità e autonomia. Da un punto di vista educativo, quindi, tutti possiamo decidere di essere ciò che vogliamo e il ruolo dell’educatore è proprio quello di creare un ambiente accomodante per farsì che questo avvenga. Infatti, da qualche anno a questa parte, sono stati finalmente riconosciuti anche i diritti di persone affette da disabilità, che per lungo tempo sono stati emarginati dal contesto sociale in cui vivevano. Si è tuttavia considerata la possibilità di far interagire queste persone con il mondo esterno per determinare il loro stato di ben-essere. Bisogna quindi partire dalla forza dei soggetti e non dalle loro debolezze, per far sì che anche essi potessero accedere a scelte di vita soddisfacenti. L’aiuto esterno dell’educatore, dovrebbe quindi, facilitare la relazione e la capacità di saper interpretare i propri bisogni, dar forma ai propri desideri e saperli raggiungere.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Angela Ascanio Lun Mag 21, 2012 8:54 pm

    Scelgo di discutere sul primo capitolo del testo Ben-essere disabili di E. Ghiedin perché credo fermamente come afferma Aristotele,filosofo greco,che -la felicità è il significato e lo scopo della vita, l’obiettivo ed il fine ultimo dell’esistenza umana”.
    Sin dall’antichità gli uomini infatti hanno sempre discusso sul tema della felicità. La felicità, dunque, è qualcosa di primario e di primordiale, qualcosa di elementare,che nasce con l’uomo, e, come tale, è costitutivo della natura umana e ineliminabile dall’esistenza dell’uomo. Questo è il primo punto che è importante cogliere. La felicità è un’esperienza che fa parte, in maniera fatale , del vivere e dell’essere nel mondo. Essa è un argomento che ha da sempre solleticato la fantasia di filosofi, poeti ,cantautori e incuriosito studiosi e scienziati.Ha costituito l’essenziale del dibattito filosofico,religioso ed educativo per centinai di anni. La questione della felicità ha una lunga storia,si può dire che nasca con la filosofia,quando ad Atene, tra V e IV secolo a.C., intorno alla figura di Socrate si sviluppa il dibattito sul quale sia il modo migliore di vivere. Tutti i filosofi antichi si cimentarono con il problema della eudaimonia (il nome greco della felicità), considerandola il fine ultimo della vita, l’oggetto del desiderio di tutti gli uomini. I pensatori antichi cercavano di allontanare una visione tragica dell’esistenza, secondo cui il destino degli uomini è affidato al caso, alla fortuna, al gioco delle passioni umane o al capriccio degli dei. Controllo della ragione sulle passioni, stabilità psicologica e autonomia rispetto al mondo e ai falsi beni (ricchezza, successo, potere) costituiscono il modello base della saggezza antica, entro cui la felicità può essere pensata come risultato dell’esercizio della virtù. Nel cultura mitica e nel mondo pre-socratico quindi la felicità era intrinsecamente associata alla fortuna,alla buona sorte;con Socrate e i suoi discepoli,Platone e Aristotele,il vocabolo eudaimonia si potenzia di nuovi significati e si comincia a dimostrare che l’uomo con le sue scelte quindi con la sua libertà può diventare felice anche contro la sorte. Il concetto di felicità lo troviamo presente in ogni cultura e in ogni tempo ma solo ultimamente è diventato materia di studio delle scienze sociali. Dopo tanto tempo dedicato a studiare le sofferenze umane,le malattie mentali e malfunzionamenti, gli psicologi hanno scoperto la felicità e lo studio degli aspetti positivi dell’esperienza umana. In specifico di tale studio si è interessata la psicologia positiva,che si occupa dello studio del benessere personale e di privilegiare l’analisi dei fattori che favoriscono lo sviluppo e la realizzazione delle potenzialità individuali. La psicologia positiva ha tentato di scoprire cosa genera la felicità,quali situazioni sono fonte di felicita per gli individui. Lo psicologo Daniel Nettle, autore di uno interessante volume sulla felicità,distingue tre livelli di felicità: un primo livello, in cui la felicità indica un’emozione o una sensazione improvvisa e transitoria di gioia o di piacere; un secondo livello, in cui la felicità sta a esprimere la consapevolezza di uno stato generale di benessere e di soddisfazione ovvero derivante da un giudizio sul bilancio delle sensazioni; un terzo livello, infine, in cui la felicità esprime la coscienza di una condizione di vita complessiva caratterizzata dalla realizzazione delle potenzialità e delle aspirazioni dell’individuo. È opportuno far notare che, mentre nel primo caso la felicità scaturisce da un’emozione, nel secondo caso essa è il prodotto di un bilancio delle emozioni e delle sensazioni ovvero di un atto riflesso e nel terzo caso,infine,è esclusivamente il frutto di un esercizio fondato sul ragionamento e di un’attività riflessiva.
    Grandi contributi per la psicologia positiva ci sono stati dati da M. Seligman che dopo anni di studi e di ricerche, pubblica un vero e proprio manuale per ritrovare la felicità. Secondo Seligman se la psicologia ha compreso le cause che rendono infelici le persone e le aiuta ad essere meno infelici è possibile comprendere anche che cosa rende felici le persone e studiare quindi delle tecniche e dei comportamenti che possono consentire l’umanità di vivere in un vero benessere che sia appagante e duraturo. Dal punto di vista di Seligman ci sono tre modi per vivere felici,vivere una vita piacevole: la vita dell’edonista,chi fa del piacere lo scopo della propria vita;vivere una vita buona :la vita di chi è in grado di fare bene in tutto ciò che intraprende; vivere una vita piena di significato: la vita di chi dedica le proprie qualità,le proprie forze e virtù al servizio degli altri. Un’altra strada per la costruzione della felicità ci viene proposta da C. Peterson. Secondo Peterson coltivando determinati punti di forza come,il coraggio, l’umanità,la conoscenza, la temperanza, si possono migliorare l’umore e il comportamento con effetti positivi sulla vita personale ed individuale.
    Ma in che cosa consiste, propriamente, la felicità? Gli antichi non intendevano la felicità come l’appagamento dei propri desideri e delle proprie inclinazioni ma la facevano coincidere con il bene, ovvero con l’etica e la morale: per la maggior parte delle etiche antiche essere giusti e perseguire il bene più alto coincideva con l’essere felici. Al contrario, nell’epoca moderna la felicità perde questo carattere e questa connotazione morale, divenendo qualcosa di esclusivamente personale, legato all’individualità e alla personale soddisfazione di inclinazioni e desideri.
    Il termine felicità viene spesso accostato a benessere,più specificamente a benessere soggettivo, quest’ultimo include sia una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita,sia una componente affettiva. Il benessere è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano, infatti viene definito come il “vivere bene da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica”.Comunemente il benessere viene percepito come una condizione di armonia tra uomo e l’ambiente che lo circonda,visto come il risultato di un processo di adattamento. A questo proposito ricordiamo Canevaro che afferma che il benessere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ,ma dipende dal “capitale sociale”,ovvero l’insieme delle capacità che l’individuo ha di organizzarsi e adattarsi,grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano,con i contesti. Dunque il benessere di un individuo dipende dalla capacità di quest’ultimo di adattarsi a tutto ciò che lo circonda. A proposito di ciò,l’autrice E. Ghedin, afferma che ognuno di noi ha la capacità di benessere e quindi di felicità: ognuno ha un suo modo di vedere, agire, di vivere,ognuno è diverso dall’altro, ognuno ha il potenziale, la possibilità di decidere di essere ciò che vuole, di costruirsi e vivere il benessere e nel benessere. Un ruolo fondamentale spetta all’educazione che è quello di permettere l’attivarsi di questo potenziale,attraverso la formazione di un ambiente in cui le persone siano in grado di muoversi in direzione di uno sviluppo positivo. E’ indispensabile quindi che gli educatori si impegnano nel raggiungimento di tale obiettivo. A questo proposito, M. Luisa Iavarone, professoressa di pedagogia, sostiene che,la formazione al benessere deve consistere, in una sensibilizzazione di tutti al benessere, basata sull'idea che tutti possiamo imparare a star meglio e che il benessere non è soltanto una questione di quantità di risorse ma soprattutto di qualità di scelte, individuali e sociali. Bisogna quindi in ambito educativo , “imparare ad imparare a star bene”,vivendo, sempre di più e sempre con maggiore consapevolezza la dimensione soggettiva della propria vita. Oggetto di nostro interesse è chiarire che le persone con disabilità sono capaci di benessere. Il teso di E. Ghedin infatti, prova a rispondere ad alcuni interrogativi quali: Le persone che vivono una condizione di disabilità sono capaci di ben-essere ? È possibile che provino per la loro vita sentimenti quali felicità, gioia e ottimismo? È possibile, e se sì, in che modo promuovere il ben-essere anche per chi si trova in difficoltà?. Disabilità e felicità,temi centrali di questo saggi,due voci che sono sempre meno in contatto. Il bene-essere disabile è strettamente collegato alla capacità autonoma di tale persona. L’obbiettivo non è solo quello di far si che le persone disabili siano in grado di essere indipendenti,mangiare ,vestirsi o lavarsi ma sviluppare al massimo le proprie potenzialità e l’abilità di scegliere la vita che essi scelgono di vivere. In conclusione non posso non parlare della casa intelligente realizzata con impianti e prodotti domotici.La domotica, una scienza che studia come integrare le tecnologie e i sistemi presenti nelle case per aumentare il confort e migliorare l'impatto sull'ambiente della nostra vita domestica. Grazie alla domotica si rendono possibili abitazioni adatte a persone disabili o ad anziani riducendo il loro handicap. Questa casa abbatte le barriere architettoniche casalinghe,permettendo cosi di migliorare lo stile di vita di persone con handicap,puntando soprattutto all'autonomia vivendo praticamente la loro vita quotidiana in casa senza impedimenti. Ricordo con gioia il video mostrato in aula:un disabile di nome Andrea,costretto a vivere su una sedia a rotelle,poteva senza l'aiuto di nessuno,svolgere tantissime funzioni grazie a un semplicissimo telecomando,grazie alla tecnologia... una tecnologia amica, una tecnologia che non atrofizza i sensi ma che riesce a rendere più indipendenti le persone con disabilità a renderli più felici, la domotica!!



    lab:”Lo scafandro e la farfalla”
    “Lo scafandro e la farfalla" è per me uno dei film più belli che abbia mai visto. Bellissimo ma allo stesso tempo agghiacciante,una vera e propria esperienza che colpisce e coinvolge tutti in modo profondo
    Questo film è tratto dal libro autobiografico di Jean-Dominique Bauby, direttore di “Elle” che nel 1995 fu colpito da una peculiare forma di ictus che gli provocò la cosiddetta sindrome locked-in, patologia che lo rende prigioniero del proprio corpo,immobile, ma perfettamente lucido. Il nocciolo del film è la storia vera di un uomo che viene inaspettatamente colpito da un ictus mentre era in auto con uno dei suoi figli,in seguito rimane totalmente paralizzato e perde l'uso della parola oltre a quello dell'occhio destro,gli resta solo il sinistro per poter lentamente riprendere contatto con il mondo. Bauby è imprigionato paradossalmente all’interno del proprio corpo come se fosse in uno scafandro, senza che siano compromessi gli aspetti mentali e cognitivi. L'occhio del protagonista diventa la soglia che permette al esamine scafandro del suo corpo di liberare la farfalla del pensiero e dell’immaginazione fantasiosa.
    Dopo una grande demoralizzazione, un totale abbandono che lo fa crollare in una enorme disperazione,gradualmente il protagonista esce dall'autocommiserazione, specialmente grazie alla sua fervida immaginazione e alla sua vasta memoria. Recupera la voglia di vivere, apprezzando sensazioni, sentimenti, dandosi all’emozioni, che cerca di trasmettere a tutti coloro che gli sono a fianco. Riesce,quindi, a far fuoriuscire la farfalla dallo scafandro utilizzando l'unica parte del suo corpo non paralizzata, la palpebra dell'occhio sinistro. Con un’ entusiasmante forza di volontà ,imparò una tecnica che gli permise di comunicare e di stabilire dei solidi rapporti affettivi con le persone che cercano di aiutarlo. Da qui la decisione di scrivere un libro sulla sua drammatica ma meravigliosa esperienza. Ciò che si può notare particolarmente è il cambiamento della personalità di Bauby da prima a dopo l’incidente.Baubyprecedentemente all’incidente era un giornalista affermato, ambizioso, orgoglioso, amava la bella vita, le donne, il suo lavoro e trascurava la moglie ed i figli. Praticamente faceva la vita mondana ,la vita delle feste,dei ricevimenti e soprattutto della superficialità dove ci si basa tutto sull’ apparenza. Dopo l'incidente, la sua personalità,tutta la sua vita cambia radicalmente, attraverso i suoi ricordi rivive momenti della sua vita e ripensa a tutto ciò che non ha fatto e non ha dato soprattutto a tutto l’amore e il tempo che non ha donato per la sua famiglia. Il protagonista successivamente all’incidente rinasce,abbiamo un nuovo Jean-Dominique Bauby,un individuo che comincia a non fermarsi all’apparenza ma ad andare oltre quello che vede,comincia a vedere con il cuore e non con i suoi occhi,riesce quindi a cogliere aspetti che prima non considerava. A fare da sfondo al film è la resilienza,argomento fondamentale del nostro corso. Il protagonista infatti resiste agli urti improvvisi della vita,senza rompersi ma reagendo,attivando le sue risorse fondamentali,la memoria e l'immaginazione, che lo aiutano ad affrontare e superare la situazioni drammatica della disabilità. Ed è così che inizia un percorso che lo porta a mutare il suo atteggiamento “da soggetto passivo ad attivo”. Le persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare un nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti. Bauby infatti scrive un libro nonostante il suo handicap. Quindi accetta la sua situazione ma non in negativo bensì imparando da suo disagio. Una scena che mi colpisce ogni volta che vedo questo film, è la scena in cuii due tecnici montano il telefono nella stanza,parlano solo con l'ortofonista senza considerare Bauby quasi come se non ci fosse,osservare questa scena mi fa riflettere molto,mi fa comprendere che spesso le persone con disabilità sono invisibili davanti ai nostri occhi,non vengono considerati come delle persone,come cittadini a pieno titolo e tutto questo solo per la nostra superficialità e la nostra ignoranza. In attinenza a questo non posso non citare A. Maria Murdaca che promuove una vera integrazione dei disabili nella comunità,invita a tutti a guardare la persona con disabilita nella sua globalità valorizzare quindi la sua personalità e la sua identità ,bisogna inoltre pensare secondo Murdaca ad una nuova società in cui il disabile possa inserirsi e formarsi come ogni essere umano, non pensare quindi il disabile come soggetto passivo che suscita pietismo ma come cittadino a pieno titolo! Per questo è molto importante la nascita di una nuova cultura e nuova conoscenza della disabilità centrata sul riconoscimento della persona come soggetto in continua evoluzione.
    Ogni personaggi del film ho un ruolo importante e ognuno mi ha colpito in un determinato modo,in specifico il trio di donne che hanno reso possibile la stesura del libro , Henriette , foniatra, Marie fisioterapista, e Claude ,ingaggiata dalla casa editrice dell'uomo. Queste donne ognuno in suo modo hanno contribuito a far rinascere il protagonista a non farlo demoralizzare ma a farlo rafforzare;credono in lui e nei suoi miglioramenti.
    Chiudo sottolineando che il messaggio del film, a mio avviso, è ben racchiuso in una favolosa frase di Bauby: “Ero cieco e sordo o mi serviva necessariamente la luce di un'infermità per vedere la mia vera natura”.
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    Messaggio  rosa manno Lun Mag 21, 2012 9:46 pm

    Molti tra filosofi e psicologi nel corso dei secoli si sono interrogati su una questione che sembra non avere però una definizione valida in maniera assoluta : “Cos’è la felicità?”
    Questo concetto compare in tutte le culture, molte di queste attuano una distinzione tra i momenti di gioia o piacere, e quelli di soddisfazione o appagamento, i primi estremamente immediati e implicano una sensazione o un’emozione, i secondi più durevoli e significativi .
    Spesso vengono usati in maniera intercambiale i termini felicità e ben-essere soggettivo, il secondo ha una validità più scentifica perché comprende sia le componenti cognitive che valutano le soddisfazione di tutta la vita, sia componenti affettive, e i fattori che contribuiscono al raggiungimento di questo stadio sono varie, l’ottimismo, la felicità, la perseveranza e l’autodeterminazione.
    Tanti gli studiosi che si sono dedicati alla concettualizzazione della felicità, molto significative le teorie più moderne della psicologia positiva, in particolare la teoria della felicità autentica di Seligman secondo il quale la felicità può essere raggiunta tramite diverse strade e i risultati ottenuti possono essere :
    -la vita piacevole quella che massimizza le esperienze piacevoli e positive;
    -la buona vita si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù in attività da cui l’individuo tra piacere e di cui è appassionato;
    -la vita significativa si ha quando gli individui applicano le loro forze e virtù in attività che contribuiscono a servire la comunità.
    Le teorie contemporanee sulla felicità includono la teoria eudonica e la teoria eudamonica. La felicità da un punto di vista edonistico riguarda la massimizzazione dei piaceri e minimizzazione del dolore e si verifica quando le esperienze piacevoli e le gratificazioni sensoriali hanno maggior peso delle esperienze dolorose. La felicità da un punto di vista eudaimonico invece risulta dall’attualizzazione del potenziale dell’individuo e dal perseguimento del proprio vero sé , la felicità risulta quindi non dal perseguimento del piacere ma dallo sviluppo delle forze e virtù individuali.
    CONTESTO
    Il ben-essere dell’individuo non può essere scisso dallo sviluppo della collettività. Gli uomini nascono già in possesso di un proprio corredo genetico e nel corso della vita sviluppano il loro corredo culturale attraverso i collegamenti con il mondo esterno. Canevaro afferma a questo proposito che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ,ma alla sua capacità di organizzarsi e di adattarsi ai contesti. Seguendo queste teorie si può affermare che ogni uomo nascendo ha la capacità di ben-essere, guardando sempre in questa prospettiva tutti abbiamo le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo, ed è ruolo dell’educazione permettere la creazione di ambienti in cui i soggetti siano indirizzati verso uno sviluppo positivo. Il ben-essere è il risultato dell’ integrazione tra fattori biologici, psichici e sociali.
    BEN-ESSERE DISABILI
    Fino a non molto tempo fa molti bambini e adulti disabili vivevano in degli istituti che non si preoccupavano di favorire l’ inserimento di queste persone nelle società, ma piuttosto li teneva lontani da queste che li accettavano sempre meno. Fu intorno agli anni Cinquanta che le cose cominciarono a cambiare e nacque negli individui l’idea di sostenere l’integrazione sociale delle persone con disabilità, prendono vita così anche dei programmi di formazione tutti con lo stesso scopo di favorire la capacità di autonomia, insomma PROMUOVERE IL BEN-ESSERE DELLE PERSONE DISABILI. Con questo non si intende offrire semplicemente un’assistenza caritatevole assicurandosi che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi e lavarsi, può capitare che questo infatti aiuti solo apparentemente il soggetto e che con il passar del tempo può provocare la nascita di un senso di inadeguatezza e debolezza. Perché come afferma la prof. Iavarone il ben-essere non può essere ricondotto solamente ad una sensazione di ben-essere fisico ed economico, ma essendo uno stato multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale deve promuovere lo sviluppo delle competenze relazionali , e comunicative, ma anche di sapersi adattare all’ambiente e di saper dar forma e nome ai propri desideri .
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    Angela Scarpato


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    Messaggio  Angela Scarpato Lun Mag 21, 2012 10:43 pm

    Tra i due capitoli proposti per questo esercizio ho scelto il 6°, perché l’ho trovato molto interessante è molto vicino agli argomenti affrontati durante il corso, questo capitolo tratta dell’educazione inclusiva e dei vari aspetti che questa comporta. L’educazione inclusiva, da un punto di vista internazionale viene sempre di più compresa come una riforma che supporta e dà il benvenuto alla diversità tra gli alunni,presupposto fondamentale è l’educazione per tutti, quindi non un privilegio per pochi,ma come un diritto uguale per tutti. Infatti l’educazione è un fattore cruciale nello sviluppo personale e sociale e uno dei principali mezzi disponibili per perseguire una più serena forma di sviluppo umano e quindi di ridurre la povertà, l’esclusione e l’ignoranza. L’impiego dell’educazione inclusiva comprende la trasformazione delle scuole e di altri centri di apprendimento per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini; ad esempio bambini appartenenti a minoranze etniche e linguistiche,bambini affetti da aids oppure bambini con disabilità, per questo l’ educazione inclusiva non rappresenta una questione di poca rilevanza anzi essa è di centrale importanza per il raggiungimento di un’educazione di alta qualità per coloro che apprendono e per promuovere lo sviluppo di una società più inclusiva, essenziale per raggiungere l’equità sociale. Una delle novità introdotta dall’educazione inclusiva è caratterizzata dall’approccio nei confronti della disabilità e di come questa viene compresa. Infatti il modello tradizionale vede la disabilità come una tragedia personale che limita le capacità della persona disabile, inoltre è responsabilità del disabile stesso di cercare di affrontare il mondo che lo circonda, un mondo costruito da non disabili per non disabili e quindi pieno di barriere architettoniche. Mentre questa nuovo approccio sposta l’attenzione dalla tragedia personale verso l’ambiente sociale in cui le persone disabili vivono,se una persona con disabilità ad esempio non riesce ad accedere al trasporto pubblico non è semplicemente a causa di una menomazione, piuttosto è a causa del fatto che il trasporto pubblico non è costruito per essere accessibile a tutti. In generale perche le società sono organizzate per incontrare i bisogni della maggioranza delle persone (non disabili ) rispetto alla minoranza delle persone (disabili ). Quindi adottando questo approccio nei confronti della disabilità l’educazione inclusiva dichiara che se i bambini con menomazioni trovano difficoltà ad esempio nel sistema educativo o trovano difficoltà nel comprendere parti del curriculum, sono le caratteristiche del sistema stesso che creano difficoltà all’apprendimento per questi bambini, e quindi bisognerebbe capire ed eliminare le barriere che ostacolano l’apprendimento. Da questo emerge che quattro sono gli elementi chiave che tendono a caratterizzare l’inclusione: 1)L’inclusione è un processo 2)L’inclusione ha che vedere con l’identificazione e la rimozione delle barriere 3)L’inclusione riguarda la presenza,la partecipazione e il successo di tutti gli studenti 4)L’inclusione pone particolare attenzione a quei studenti che possono essere a rischio di marginalizzazione,esclusione o insuccesso scolastico. A supportare quest’inclusione ci sono essenzialmente tre figure fondamentali: - I sistemi educativi - Gli insegnanti e l’ambiente di apprendimento – Le famiglie. I sistemi educativi con orientamento inclusivo dovrebbero offrire un’ampia gamma di metodi di lavoro e trattamento individuale per assicurare che nessuno sia escluso. Un curriculum inclusivo indirizza lo sviluppo cognitivo,emozionale, creativo e sociale del bambino tiene inoltre in considerazione il genere, l’identità culturale e il retaggio linguistico. Infatti molti curriculum offrono ai bambini di apprendere le stesse cose attraverso gli stessi tempi, metodi e mezzi senza tener in considerazione che ogni bambino ha abilità differenti. Quindi è importante che il curriculum sia abbastanza flessibile affinché si possa adattare ai bisogni individuali e che quindi gli insegnanti possano cercare soluzioni che siano in sintonia con i bisogni, le abilità e gli stili di apprendimento di ciascun ragazzo. Importante è anche focalizzarsi sulla creazione di un ottimo ambiente di apprendimento, per questo si necessità una gestione efficace da parte del dirigente scolastico che è impegnato a incontrare i bisogni di tutti i bambini e non solo, ma andando anche incontro ai bisogni del corpo docente creando cosi un rapporto di supporto e collaborazione stesso rapporto che si dovrebbe instaurare con le famiglie. A questo punto possiamo riferirci all’INDEX per l’inclusione. Esso è lo strumento destinato alle scuole che hanno come obiettivo quello di rendere la scuola per tutti. Nell’INDEX l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti i bambini con BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI. Offre una serie di materiali per consentire ad alunni, insegnanti e genitori di progettare per la propria realtà scolastica un ambiente inclusivo, dove le diversità siano il motore per il miglioramento e il progresso della scuola. Consente un esame dettagliato della scuola per superare gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione per favorire la realizzazione di ogni studente e per creare comunità solidali. L’obbiettivo quindi di aumentare l’istruzione ha trasformato la pratica dell’educazione da un esperienza solitaria a una in cui l’insegnante curriculare e quello specializzato sono reciprocamente coinvolti e la collaborazione risulta l’aspetto fondamentale,si tratta quindi di co – insegnamento. Di fondamentale importanza all’interno di questa visione è lo sviluppo di un capability approach. L’approccio della capability ha un forte significato in ambito educativo poiché considera l’educazione come un mezzo per la libertà umana. L’essere educato significa non solo sviluppare competenze ed abilità per immettersi nel campo del lavoro, ma significa inoltre essere in grado di poter espandere, al di fuori dell’ambiente scolastico, altre capabilities. Infatti presa coscienza delle sue capacità il bambino riesce a diventare autonomo, ciò ci permette di pensare che il bambino con disabilità, se ha ricevuto la giusta educazione può riuscire ad andare oltre le sue menomazioni . Quindi credo che il capability approach sia un approccio fondamentale per favorire ancora di più l’inclusione.
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    rosa capasso


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    Messaggio  rosa capasso Lun Mag 21, 2012 10:53 pm

    Abbiamo parlato tanto di disabilità e delle loro difficoltà nell’integrarsi all’interno della società.Per questo ho voluto scegliere il 6 capitolo di ben-essere disabili. Ora ci soffermiamo sull’educazione e sul ben-essere del soggetto disabile,al riguardo tratteremo l’educazione inclusiva e le figure chiavi a supporto di essa. L’educazione inclusiva è un processo che comprende la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini e a fornire opportunità di apprendimento per tutti i giovani e anche gli adulti.Essa mira ad eliminare l’esclusione che è una conseguenza di atteggiamenti negativi e di una mancanza di risposta alla diversità per etnia,status economico, classe sociale, e mira al perseguimento di un equità sociale e a far si che un individuo partecipi attivamente ed effettivamente all’interno della società e nel raggiungimento del suo pieno potenziale. Maggior impeto per l’educazione inclusiva è stato dato nella conferenza mondiale sui bisogni educativi speciali, con la conclusione che l’educazione dei bisogni speciali deve far parte di una strategia educativa in quanto le scuole con un orientamento inclusivo sono i mezzi per combattere le discriminazioni e l’importanza che l’educazione sia per tutti.A supporto dell’inclusione ci sono 3 figure chiavi:
    -Sistemi educativi
    E’ fondamentale per l’inclusione un ambiente in cui c’è relazione e coperazione tra insegnanti, famiglie e comunità. Per arrivare ad un educazione efficace e ad una società inclusiva bisogna dare importanza alla cura e all’educazione precoce in infanzia, ciò è importante per raggiungere tale obiettivo. L’istruzione è uno dei principali strumenti per prevenire l’esclusione sociale.La scuola inclusiva deve assicurare l’inclusione dei bambini,di tutti i bambini anche coloro che presentano disabilità, per questo bisogna adottare un curriculum che sia flessibile adattandosi ai bisogni individuali di ciascun individuo
    . -Gli insegnanti e l’ambiente di apprendimento
    Mi soffermo un po’ di più su questo tema,in quanto ritengo che l’insegnante sia una delle figure più importanti per realizzare una società inclusiva.
    Il processo di inclusione dipende molto dalle attitudini degli insegnanti verso gli alunni con disabilità da come considerano e come affrontano le differenze presenti in classe. Gli insegnanti in quanto non si sentono pronti e specializzati per affrontare delle differenze ,cercheranno di assicurarsi che qualcuno si prenda cura di loro(insegnanti di sostegno). Questa visione riguarda la convinzione che i bambini disabili tolgano tempo a chi non ha difficoltà.Ma alcuni autori come Ainscow sostengono che i ragazzi disabili migliorano la loro performance scolastica rispetto a quei bambini che sono inclusi in scuole speciali. Gli insegnanti devono possedere le credenze,le attitudini, le abilità e le disposizioni che li renderanno in grado di essere insegnanti sicuri ed efficaci di studenti con abilità varie e diverse come i disabili,devono conoscere il sistema di educazione speciale e le caratteristiche della disabilità per meglio rapportarsi. Non dimentichiamoci che ogni bambino è portatore di una storia che la porta in ogni attività. Ad affrontare l’analisi del benessere in rapporto alla disabilità vi è Engerston. Ogni azione connessa al benessere soggettivo è considerata in termini sociali. Un’attività diventa benessere se intesa come attività situata in una comunità .C’è bisogno ,per una scuola efficace,di una transizione dalla scuola alla famiglia, che ci sia un legame e che gli insegnanti si rapportino linguisticamente con loro in maniera adeguata in base al loro livello. Come ho precedentemente detto è essenziale un curriculum flessibile non standard ,bisogna aumentare il tempo disponibile, il docente deve migliorare professionalmente, incoraggiare e rendere attivi i bambini anche attraverso l’uso di ausili come il computer. E’ molto importante il rapporto che si crea tra docente-classe e la capacità dell’insegnate di instaurare delle relazioni che siano educative e significative. Ogni approccio tra due persone è una relazione, essa è educativa in quanto i protagonisti di una relazione devono essere portatori di significati, valori, deve essere un arricchimento da entrambe le parti. Noi, che saremo futuri educatori , con la speranza che questa figura possa essere riconosciuta un giorno , abbiamo un peso nelle relazione. Ogni momento della nostra vita ci troviamo a far parte delle relazioni e all’interno di essa dobbiamo rispettare l’altro, rispettare le sue idee ,non contrastarle,e se sbagliate fargli capire dove ha sbagliato. Da educatori dobbiamo accompagnare per mano l’altro;dobbiamo arricchirci di loro.Da qualsiasi tipo di relazioni noi ci portiamo qualcosa. Ogni relazione ti arricchisce.Da educatori dobbiamo guardare,rispettare e aiutare l’altro a sviluppare le sue capacità,non soffermandoci sulle sue peculiarità. Dobbiamo motivare,incentivare l’alunno non appiattirlo rendendolo passivo attraverso,la sola,trasmissione di nozioni. L’educatore deve diventare un punto di riferimento, un esempio. Quindi, la relazione educativa è il confronto tra l’educatore e l’individuo da educare,è l’incontro con l’altro , deve essere uno scambio alla pari,senza creare delle differenze.
    È fondamentale,laddove emerge il bisogno di aiuto,una collaborazione tra insegnanti; quest ultimo concetto prende il nome di co-insegnamento.
    -Le famiglie
    Un ruolo importante viene svolto anche dai genitori dell’individuo speciale o qualsiasi esso sia.Ogni genitore per il proprio figlio desidera il meglio soprattutto per coloro che hanno un figlio disabile,i quali vengono elusi dalla comunità. È fondamentale che i genitori e gli insegnanti co-operano tra di loro,questo può avere un effetto benefico per i bambini. Poiché i genitori possono fornire un contributo all’educazione dei propri figli anche aiutandoli con compiti a casa o nella preparazione dei materiali in classe.I bambini imparano meglio nelle scuole in cui ci sono buone relazioni sociali. Ci sono anche delle figure professionali,che laddove l’insegnante lo richiedesse, danno un supporto come: i logopedisti, fisioterapista ecc.
    Il CAPABILITY APPROACH in educazione
    L’approccio della capability considera l’educazione come fortemente connessa con la libertà umana. L’educazione deve fornire abilità di vita e opzioni di vita in termini di essere in grado di conoscere agire e vivere insieme in un ambiente sociale. Colui che parla dell’educazione come espansione della capabilities è Saito, il quale sostiene che ci sono due aspetti delle capabilities: uno riguarda l’espansione della capacità o abilità di un bambino e l’altro è l’espansione nelle opportunità che il bambino ha. L’educazione rende il bambino autonomo,capace di creare un nuovo set di capabilities a cui il bambino può attingere. La disabilità risulta una delle limitazioni del capability ed è relazionale alle menomazioni,ossia le menomazioni influenzano i funzionamenti e possono diventare disabilità.,ma non sempre la disabilità possiede la menomazione è importante anche avere un ambiente educativo in grado di affrontare delle diversità, ad esempio un bambino dislessico è ricettivo all’ambiente quindi la restrizione potenziale nei funzionamenti può non diventare disabilità.
    Il modello della capability pone attenzione all’aspetto relazionale , cioè di come il bambino interagisce con il suo ambiente scolastico.
    In riferimento all’inclusione allego qui di seguito un documento fondamentale che emana delle proposte per lo sviluppo inclusivo della scuola L’idea di integrazione muove infatti dalla premessa che è necessario fare spazio all’alunno disabile all’interno del contesto scolastico.Tale documento è l’Index. Nell’Index l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti i bambini e ragazzi, con Bisogni Educativi Speciali e con apprendimento normale. L’Index offre un percorso che sostiene l’autoanalisi e il miglioramento delle scuole, e si fonda sulle rappresentazioni del gruppo docente, del Consiglio di istituto, dei dirigenti, degli alunni e delle famiglie, nonché delle comunità presenti sul territorio. Il percorso implica un esame dettagliato di come possano essere superati gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di ogni alunno. L’Index è un modo per migliorare l’ambiente scolastico sulla base dei valori inclusivi. Non è solo una possibile alternativa per migliorare le acquisizioni sul piano scolastico, ma anche un metodo perché ciò avvenga attraverso
    la costruzione di relazioni coooperative e il miglioramento dell’ambiente di insegnamento e apprendimento. L’Index può sostenere lo sviluppo inclusivo delle scuole in quanto porta l’attenzione ai valori e alle condizioni dell’insegnamento e dell’apprendimento. Incoraggia una visione dell’apprendimento in cui i bambini e i ragazzi siano attivamente coinvolti, integrando ciò che viene insegnato con la loro propria esperienza. Le scuole hanno trovato nel materiale dell’Index un aiuto per identificare alcuni orientamenti per il loro sviluppo che altrimenti sarebbero stati probabilmente trascurati, e i modi per metterli in pratica.
    I concetti chiave dell’Index sono «inclusione», «ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione», «risorse per sostenere l’apprendimento e la partecipazione» e «sostegno alla diversità».
    Inclusione implica il cambiamento: è un percorso verso la crescita illimitata degli apprendimenti e della partecipazione di tutti gli alunni, un ideale cui le scuole possono aspirare ma che non potrà mai realizzarsi compiutamente.
    L’inclusione nell’educazione implica:
    • valorizzare in modo equo tutti gli alunni e il gruppo docente;• accrescere la partecipazione degli alunni ,e ridurre la loro esclusione• ridurre gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni,non solo delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali; Gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione possono impedire l’accesso alla scuola, o limitare la partecipazione alle attività.
    • apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all’accesso e alla partecipazione
    di particolari alunni, attuando cambiamenti che portino beneficio a tutti gli alunni;
    • vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno all’apprendimento,piuttosto che come problemi da superare;• riconoscere il diritto degli alunni ad essere educati nella propria comunità.• migliorare la scuola sia in funzione del gruppo docente che degli alunni;• enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere valori, oltre che nel migliorare i risultati educativi;• promuovere il sostegno reciproco tra scuola e comunità;• riconoscere che l’inclusione nella scuola è un aspetto dell’inclusione nella società più in generale.
    Booth e Ainscow sottolineano: «inclusione implica il cambiamento: è un percorso verso la crescita
    della partecipazione di tutti gli alunni, un ideale cui le scuole possono aspirare ma che non potrà mai realizzarsi compiutamente».
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    maria russo


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    Messaggio  maria russo Lun Mag 21, 2012 11:15 pm

    Capitolo 1.
    Un gruppo musicale cantava,”che sapore ha la felicità?” eh...bella domanda!Nelle culture contemporanee,le persone stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici,anche se solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico tale concetto.
    Alcuni studiosi delle scienze sociali come Seligman, ritengono che studiare e approfondire la conoscenza delle emozioni positive,sia un obiettivo superficiale rispetto alla necessità di comprendere la sofferenza umana.
    La gerarchia dei bisogni di Maslow,ha contribuito a questa scuola di pensiero dal momento che essa stabilisce che il più alto grado di bisogni come l'autostima e l'attualizzazione sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni presenti in un livello più basso coma la sopravvivenza,la sicurezza e l'appartenenza. Ciò implica che i bisogni di ordine inferiore nella gerarchia dovrebbero avere la precedenza sui bisogni di ordine superiore.
    Sarebbe molto più facile risolvere l'enigma della Sfinge che comprendere il vero significato della parola “FELICITà”.
    Molte lingue distinguono tra qualcosa di estremamente immediato,come la gioia o il piacere,e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l'appagamento.Il significato originario,caratteristico della cultura mitica e del mondo pre-socratico,è quello di “eudaimonia”,parola che derivava da “buon demone”,ovvero la felicità era avere un buon demone,una buona sorte.
    Molti usi del termine felicità possono essere classificati in uno dei tre sensi che ne comprendono un numero crescente.Il senso più immediato e diretto di felicità implica un'emozione o una sensazione,qualcosa come gioia o piacere,e la sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato.Nettle definisce questo senso di felicità,”felicità di primo livello”.Quando le persone affermano di essere felici della loro vita,di solito non intendono dire che sono letteralmente piene di gioia, ma piuttosto che dopo aver riflettuto sul bilancio tra piaceri e dolori,percepiscono che nel lungo termine hanno sperimentato più piaceri o emozioni positive che negative.
    Riguarda non tanto le sensazioni quanto i giudizi sul bilancio delle sensazioni.I suoi sinonimi sono i termini come “appagamento e “soddisfazione”,ed è una felicità definita di “secondo livello”.
    Esiste poi un senso di felicità ancora più ampio ovvero “l'eudaimonia”,con la quale si intende una vita in cui la persona realizza le proprie vere potenzialità,e rappresenta la “felicità di terzo livello”.
    La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità di secondo livello.Questo insieme comprende crescita personale,finalità,padronanza del proprio ambiente e franchezza con se stessi.
    Il ben-essere considera la soddisfazione delle proprie esigenze e anche il conseguimento di funzionamenti che variano anche considerando la cultura di riferimento.In questo caso allora viene portata in primo piano la relazione tra ben-essere del singolo e sviluppo della collettività.
    In questo caso allora viene portata in primo piano la relazione tra ben-essere del singolo e sviluppo della collettività.Gli essere umani cercano continuamente di attribuire senso e significato agli eventi,ai comportamenti,agli stati interni e alle intenzioni sociali e tale significato è funzionale alle nostre categorie e valori di riferimento che sono culturalmente costruiti.
    A tal proposito Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione autarchica,quanto al “capitale sociale”,ovvero all'insieme di capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano,con i contesti.
    La Della Fave afferma che è fondamentale che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità,e questo vale per TUTTI I MEMBRI DELLA COMUNITà e soprattutto per i cosidetti gruppi svantaggiati:persone con disabilità,anziani,persone in condizioni di disagio psicosociale,immigrati,minoranze.Se quanto detto è vero,allora gli individui non sono di per sé svantaggiati,ma lo diventano in un ambiente sociale o culturale in cui la lorOgni essere umano infatti nasce con qualcosa di nuovo,qualcosa di mai esistito prima ed è per questo che ognuno ha un suo proprio potenziale irripetibile di possibilità e di limiti.
    Inizialmente la preoccupazione maggiore per coloro che si occupavano di disabilità non era quello di promuovere il ben-essere delle persone disabili intesa come la possibilità di vivere esperienze e situazioni cui l'individuo attribuisce valore positivo.
    Fino a poco tempo fa,infatti,molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli.Invece di favorire il ritorno delle persone nella società,le istituzioni divennero posti per tenere le persone lontane da una società meno indulgente e accettante.In seguito il concetto di “normalizzazione” divenne ampiamente condiviso dalle famiglie e dai sostenitori,conducendo a politiche che integravano le persone con disabilità nella società.
    Tali sforzi hanno sfociato poi nelle spinte contemporanee per le chiusure delle istituzioni,l'autodeterminazione e la completa inclusione,ed è in questa direzione che si cerca di promuovere il benessere delle persone disabili.L'obiettivo è quello di renderli in grado di poter attingere alle loro potenzialità e capacità do scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere.
    Il ben-essere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico o economico,ma va definito come uno stato variamente complesso perchè multicomponenziale e multidimensionale,come afferma la prof.Iavarone.o condizione comporti conseguenze svantaggiose,a causa di qualche discrepanza rispetto alle aspettative e alle regole sociali.Prova pratica e concreta di questa conquista di autonomia,è data dalla domotica che è la scienza interdisciplinare che si occupa dello studio delle tecnologie atte a migliorare la qualità della vita nella casa e più in generale, negli ambienti antropizzati.
    Durante il corso abbiamo assistito alla visione di alcuni video riguardanti persone con disabilità che vivono in casa domotiche,e le loro parole,la felicità che traspariva dai loro occhi nel potersi sentire individui autonomi ed indipendenti,mi ha colpito molto.
    Penso che non ci sia cosa più importante per un uomo che la DIGNITà!La dignità di sentirsi utile,autosufficiente,padrone della propria vita e in primis della propria casa, senza dover dipendere da terzi e sentirsi tutti i minuti della giornata degli occhi di compassione sulle spalle.
    La domotica rappresenta un chiaro e preciso esempio di “tecnologia che funziona!”,è una grande rivincita sulle barriere architettoniche che però ancora troppo prepotentemente ledono la libertà di queste persone. Abbiamo vinto solo una battaglia,la guerra è lunga!C'è ancora molto,molto e molto ancora da fare!MA IO CI CREDO!!!!
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    DANILO ROMANO


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    Messaggio  DANILO ROMANO Mar Mag 22, 2012 5:32 am

    Non mi sono mai soffermato a riflettere sul concetto di felicità, su cosa significasse davvero, forse perché quante volte ho provato questa sensazione mi dimenticavo di ogni altra cosa al mondo, pensando solo alla letizia intensa.
    Fino ad oggi la felicità la intendevo come vivere la vita senza pensieri (almeno in quel momento) restare bene con se stesso e gli altri. Ma questo è solo una minima parte del termine felicità, perché come accennavo è stata oggetto di studio di molti studiosi, dove hanno tratto tante teorie da essa e si sono concentrati nel dare addirittura un metodo per diventare felici.
    Alcuni di questi studiosi ritengono che studiare proprio queste emozioni positive sia una perdita di tempo in quanto dovrebbero concentrarsi di più sulla sofferenza umana, ovvero, sulle emozioni negative e capirne il perché di tali emozioni, curandole. Altri, invece, credevano che questa prospettiva tradizionale psicologica negativa portasse al disprezzo di quei valori o aspetti positivi del funzionamento umano. E proprio su quest’ultimo pensiero che ha scosso un grande successo l’analisi scientifica della felicità e degli aspetti positivi dell’esperienza umana.
    In molte culture la felicità viene vista come qualcosa di immediata (gioia,piacere) ma anche come qualcosa di durevole (soddisfazione,appagamento) con la sola differenza che mentre nella prima sono momenti di intensa gioia, nella seconda lo stato di gioia è duraturo e si identifica come uno stato felice,l’essere felice.
    Per capire di più circa la felicità e i suoi effetti su di noi dobbiamo comprendere cos’è la felicità, partendo dalle origini della parola.
    Nel periodo pre-socratico e nella cultura mitica, tale concetto significava”buon demone”,la felicità era avere quindi, un buon demone, una buona sorte
    Con Socrate, Platone e Aristotele, l’eudaimonia si carica di significati nuovi e si inizia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e con le sue libertà può diventare felice, anche contro la sorte. Secondo la teoria di Nittle la felicità è suddivisa in tre livelli. Il primo livello di felicità è dovuto all’adempimento della cosa desiderata. Nel secondo livello si riflette sul bilancio tra emozioni positive e emozioni negative dove le prime hanno la prevalenza sulle ultime. Il terzo e ultimo livello di felicità definibile come l’ideale aristotelico del vivere bene, si intende la persona che realizza le proprie vere potenzialità (eudaimonia). La felicità dal punto di vista edonistico è la massimizzazione dei piacere e la minimizzazione del dolore, mentre dal punto di vista eudaimonico risulta dall’attualizzazione del proprio potenziale;la cosa che accomuna entrambi i punti di vista è che la felicità risulta non dal perseguimento del piacere ma dallo sviluppo delle forze e delle virtù. La psicologia di Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi che comprendono la crescita personale , la padronanza del proprio ambiente e anche il piacere e l’assenza del dolore. Per la professoressa M.L. Iavarone afferma che,il ben-essere segue più direzioni,dove può essere percepita da parte del soggetto diversamente per tempi e luoghi. Essa possiede più dimensioni in quando il desiderio di ben-essere si trasforma sia sincronicamente,in concomitanza con un episodio particolare in un determinato momento dell’esistenza di un individuo,sia diacronicamente se il processo di tensione al ben-essere lo si riconosce a una fase o a un intervallo di tempo più lungo della vita di un soggetto. Il ben-essere quindi, scaturisce dalla risultante dell’integrazione tra i sistemi biologico,psicologico,sociale;esso infatti non dipende solo dal corretto funzionamento di organi e di apparati vitali,ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro,dal tempo libero,dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti. Va precisato però che felicità e ben-essere non devono assolutamente essere confusi, anche perché il termine ben-essere ha una valenza più scientifica. Il ben-essere soggettivo comprende: una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita e una componente affettiva che è suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo. Il ben-essere si è definito come vivere bene psicologicamente,spiritualmente e fisicamente,mentre la felicità come suddetta la si può provare dopo il raggiungimento di qualcosa tanto attesa. La psicologia positiva afferma che l’indice di ben-essere non dovrebbe essere considerato solo in riferimento alla qualità di beni che si possiedono ma soprattutto in riferimento al ben-essere psicologico,al contesto relazionale e ai rapporti che si costruiscono tra loro. Lo stesso Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione spirituale ma all’insieme di capacità che il soggetto ha di organizzarsi e di adattarsi grazie alle strutture che lo circondano. La delle fave sostiene che ogni individuo deve contribuire al cambiamento e allo sviluppo della comunità e questo vale per tutti i membri della società anche quelli più svantaggiati(persone con disabilità ,anziani ecc.),Con questo egli vuole dire che gli individui non sono svantaggiati ma è il contesto sociale a recare questo svantaggio a tali individui e resta a loro costruire il proprio ben-essere e viverlo,poichè ognuno di noi ha delle potenzialità ,differenti dagli altri sin dalla nascita,che permette loro di decidere quello che vogliono essere realmente nella vita. Tali potenzialità mi ricordano: l’Atzori e Pistorius entrambi sempre pronti a far emergere le loro potenzialità per adattarsi alla aspettative e alle norme sociali, creando il loro ben-essere e vivendo la vita fino a fondo. Più che una condizione stabile il ben-essere rappresenta una costruzione variabile fatta di tappe intermedie e di modificazioni in una costante tensione al cambiamento e al riadattamento esistenziale. Il compito dell’educazione è quello di salvaguardare e sviluppare ,attraverso degli ambienti facilitanti, tale potenzialità. Proprio parlando di ambienti educativi che nell ‘800 Edouard Seguin,un medico francese guido la prima scuola per bambini disabili. Egli pensava che tali bambini potevano essere educati ,per poi introdurli nella società. Il suo modello formativo di scuola si diffuse rapidamente ma successivamente,attraverso varie vicissitudini,gli obiettivi di queste scuole cambiarono in peggio(gli studenti non venivano curati,le scuole divennero meno educative e affidatarie),dove poi invece di integrare le persone nella società ,ci si tendeva ad allontanarle dalla società stessa.
    Recentemente,invece,si sono affermati servizi di educazione speciale, che offrono supporto alle famiglie ,con programmi specifici che mirano non solo a destinare bisogni materiali(cibo,lavoro,cure ,ecc.)ma anche a fornire loro il concetto di autodeterminazione,che permetteva ai disabili a fare scelte personali. Molto importante è l’aiuto esterno dell’operatore che si pone come una guida alle loro esigenze . Al tal proposito mi rimembra l’argomento della demotica,che grazie al progresso della tecnologia ha permesso di dare “almeno nelle case”la propria autonomia ai disabili rendendoli più liberi di agire,senza alcun ausilio familiare o altro. Come Andrea Ferrari che con la sua casa demotica, ha acquisito finalmente la propria autonomia,la propria liberta e quindi anche il ben-essere necessario. In Olanda vi è molta agevolazione da parte dei disabili rispetto al resto del mondo,che sembra sminuire la qualità di vita di quest’ultimi,offrendo loro solo barriere architettoniche. La professoressa infatti,ci ha raccontato circa della sua esperienza bellissima fatta all’Eden in Olanda e dei vari vantaggi che i soggetti disabili avevano. Diversamente invece è il nostro paese che nonostante gli sviluppi sembra non incrementare i vantaggi tecnologici e i servizi pubblici(nonostante vi è la legge 104/92) per il disabile,disorientandolo. Che serve essere una nazione che ha tante leggi sui disabili per poi non utilizzarne alcune?Se tali norme sono invisibili pur essendoci,ovvero,scritte ma non applicate dal governo è come non esistessero.Io spero solo che la nostra nazione,ma anche le altri nazioni prendano sul serio l’obiettivo politico di “NORMALIZZARE”le vite delle persone con disabilita,migliorando la loro vita e il loro ben-essere soggettivo.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty capitolo 1 : ben-essere nella disabilità

    Messaggio  Letizia Panariello Mar Mag 22, 2012 7:05 am

    Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'animo nostro.(Epicuro, Lettera a Meneceo, IV-III sec. a.e.c.).
    Da sempre l’uomo è alla ricerca della felicità e da sempre essa è intesa come un concetto sfuggente che spesso varia a secondo della cultura d’appartenenza. C’è chi la intende un qualcosa di immediato come la gioia o il piacere e chi , invece, un qualcosa di significativo e durevole.
    Nell’epoca pre-socratica essere felici significava essere un “buon demone” inteso come essere in buona coscienza e in buona sorte . Con il passare del tempo e con l’avvento di Socrate , Platone e Aristotale si comincia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice e ciò può accadere anche contro la sorte. Sappiamo che essere felici non costituisce sempre uno stato assoluto, ma include una comparazione con ciò che gli altri possiedono e con l’avere sempre di più. La felicità , infatti, è connessa al portare al compimento l’intera vita e sul suo stato si sono condotte numerose ricerche e studi. Nelle società contemporanee le persone compiono numerosi sforzi per cercare molteplici e nuovi metodi per il raggiungimento della felicità.
    Nettle nel 2007 definisce tre livelli di felicità, che si differenziano tra di loro :
    ● Il primo, avviene quando il soggetto prova gioia o piacere raggiungendo uno stato da lui desiderato.
    ● Il secondo avviene , invece, quando il soggetto percepisce, dopo aver creato un bilancio tra le gioie e i dolori provati, che le emozioni positive nell’arco della sua esistenza sono state maggiori rispetto a quelle negative.
    ● Il terzo livello, è quello più complesso e ampio , infatti racchiude l’idea aristotelica di vivere bene, ossia di realizzare le vere potenzialità.
    In linea di massima si può dire che la felicità di primo e secondo livello possono essere misurate in modo oggettivo , mentre la situazione cambia con quella di terzo livello che non può essere misurata altrettanto facilmente .
    L’’OMS (organizzazione mondiale della sanità) ha affermato che la condizione di salute deve essere intesa come l’ insieme del ben-essere fisico, psichico e sociale. Il ben-essere soggettivo include: una componente cognitiva la quale ha il compito di valutare l’intera vita, e una affettiva, che a sua volta è suddivisa in assenza di affetto negativo e presenza di quello positivo. Il ben-essere dunque è stato definito come il “vivere bene” sia da un punto di vista psicologico-spirituale che fisico, e ciò deve avvenire anche in presenza di una malattia, sia che sia momentanea che permanente. Esso dipende non solo dal corretto funzionamento degli apparati vitali , ma dagli stili di vita , di lavoro, dal tempo libero, e dalla condizione dell’ambiente. Dalla psicologia positiva viene considerato non come uno stato individuale che interessa solo il singolo , bensì come un progetto da condividere con il gruppo. Seligman in collaborazione di Peterson ha ideato delle strade alternative che conducono alla felicità ricercando i talenti personali e le forze. Quest’ultime debbano essere usate in maniera proficua nel lavoro, nelle relazioni e nel tempo libero e conducono alla buona vita. La vita significativa, invece, richiede che le proprie forze siano al servizio di qualcosa più grande. In ultimo abbiamo la vita piacevole , che tende a massimizza le esperienze piacevoli e positive. Altre prospettive recenti sulla felicità sono stata ideate con un punto di vista eudaimonico. In tali teorie il punto centrale risiede nel fatto che la felicità risulta non dal perseguimento del piacere ma dallo sviluppo delle forze e delle virtù individuali. Il flusso è inteso come lo stato di impegno che si verifica quando un individuo è coinvolto in una sfida impegnativa e intrinsecamente motivata. Tale stato di impegno è stato considerato come una possibile strada verso la felicità e punto focale nella relazione educativa , la quale deve favorire l’adozione di atteggiamenti positivi nell’analizzare le varie esperienze di vita. Canevaro propone una sua teoria sul ben-essere dicendo che questo non è legato alla sua condizione individuale ma al “capitale sociale” , ossia all’insieme di quelle capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi. Da Delle Fave in tale prospettiva il soggetto è considerato come agente attivo di cambiamento e di sviluppo della comunità e ciò vale per tutti i membri compresi i disabili, gli anziani, le persone in condizioni di disagio psicosociale. In una prospettiva educativa questo significa che tutti abbiamo le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo. E il ruolo dell’educazione è quello di concedere l’attivarsi di questo potenziale attraverso la formazione di un ambiente facilitante. Secondo la teoria dell’equilibrio dinamico, anche se avvengono dei cambiamenti , nella vita dell’individuo, i livelli di felicità rimangono sempre costanti nel tempo. L’equilibrio dinamico avviene in proporzione alla capacità dell’individuo , di adattarsi. Il processo di adattamento prende il nome di “controllo omeostatico”.
    Il concetto di ben-essere come abbiamo mostrato fin’ ora è molto ampio e dai ricercatori esso viene studiato anche in relazione al mondo della disabilità. Seguin mosse la visione che i bambini con disabilità potessero essere come tutti gli altri per rivestire poi un ruolo nella società. Il modello educativo di Seguin inizialmente viene condiviso e diffuso, poi dalle scuola vennero attuati dei cambiamenti che miravano a nuovi obiettivi : diventare meno educativa e più affidataria. Quindi invece , di favorire l’inserimento nella società , il disabile viene tenuto nell’isolamento. In seguito con il concetto di “normalizzazione” le scuole e gli altri centri specializzati per l’accoglienza dei disabili divennero i sostenitori delle famiglie e viene attuato il processo di istituzionalizzazione e di inclusione nella comunità. I programmi diffusi si avvicinano anche al concetto di autodeterminazione che aiuta a considerare le persone con disabilità come soggetti capaci di scegliere per la propria vita autonomamente
    Numerose ricerche sono state condotte anche sui bambini con ritardo mentale e sulla prima agenzia educativa nella quale essi cresco: cioè la famiglia. Purtroppo la ricerca ha mostrato che quando invece, di un bambino sano e bello ne nasce uno con disabilità , non sempre la situazione viene accettata con serenità , ma l’evento viene vissuto con angoscia. Le madri passano anche attraverso stati di shock e stress. Quest’ultimo può anche non essere una conseguenza dell’avere un figlio disabile. Mullins ha condotto un’analisi in circa 60 libri scritti da genitori di figli disabili, viene messo in risalto che avere un figlio disabile comporta la presenza di stress emotivo e preoccupazioni prolungate e maggiori rispetto agli altri genitori , ma nello stesso tempo anche un arricchimento delle vite. La famiglia e anche i sistemi ambientali influenzano lo sviluppo di un bambino con disabilità. Nell’ambito della disabilità la ricerca sulla famiglia si interessa a valutare i diversi e molteplici effetti a cui la famiglia stessa deve far fronte, come ad esempio lo stress. La ricerca dovrebbe focalizzarsi ora , anche su come le famiglie raggiungono le diverse situazioni di successo. Purtroppo l’immagine pubblica ha l’idea che le persone con disabilità abbiano una bassa qualità della vita che dovrebbe essere migliorata, tale idea nasce forse dal fatto che continuamente si realizza che esistono pochi e malfunzionanti servizi messi a disposizione dei disabili. Un esempio possono essere la presenza di barriere architettoniche che dovrebbero essere abolite. Nonostante ciò possiamo anche affermare che il governo cerca di migliorare la loro condizione, favorendo l’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro, dell’educazione e la partecipazione e il coinvolgimento di tutto il sociale. Ulteriori progressi sono stati svolti anche dalle tecnologie , che hanno permesso la realizzazione di una casa domotica. Dalla ricerca si evidenzia anche che le persone disabili dalla nascita risultano più felici di quelle che lo sono diventate. Seconda la prf . Iavarone , la pedagogia del benessere è intesa come strumento capace di trasmettere l’idea che si possa "IMPARARE A STAR BENE , insegnando ai soggetti che si possono acquisire la capacità di costruire in maniera autonoma il proprio personale ben-essere. Questo deve avvenire anche attraverso l’attuazione di processi di comunicazione, che hanno come scopo quello di favorire particolari processi comunicativi che vertono all’autonomia dei soggetti coinvolti. Quindi tutti possono imparare a star meglio e comprendere che il ben-essere non è soltanto una questione di quantità di risorse , ma soprattutto di qualità di scelte , individuali e sociali. Il ben-essere per la Iavarone è multicomponenziale e multidirezionale.
    Saggi e filosofi si interrogano da secoli sui modi in cui la felicità possa essere raggiunta e su quali caratteristiche debba contenere per essere considerata tale Secondo me la felicità individuale è data dalla realizzazione dell’obiettivo principale dell'uomo. In un Paese importante , come gli Stati Uniti d'America, vi è il diritto di perseguire la felicità individuale addirittura nella propria Costituzione ,e tale diritto fu inserito già due secoli fa. Nell’attuale società della materializzazione Il denaro, il sesso, il potere, il successo vengono considerati, dalla maggioranza delle persone, come obiettivi desiderabili. Per raggiungere tali obiettivi siamo disposti a stravolgere completamente le nostre vite attraverso lotte spietate, e sottoponendoci quasi sempre a stress, angosce, invidie e gelosie, che finiscono per minare la serenità personale e dei rapporti sociali. Dato che questi obiettivi vogliono essere realizzati da tutti sono spesso difficili da raggiungere e la loro mancata realizzazione ci rende vittime quasi sempre di frustrazioni, depressioni, senso di vuoto e assenza di significato. Personalmente ritengo che danaro e successo siano obiettivi desiderabili, e va anche bene se l’uomo si impegni per il loro raggiungimento ma quest’ultimo non deve finire con l'imporci rinunce e sacrifici troppo grandi. Credo che l'uomo saggio debba distogliersi, almeno in parte, dalle felicità e dai piaceri troppo forti e concentrarsi, invece, sui piccoli piaceri, quelle piccole gioie che, oggi negligentemente trascurate, riempiono però l'animo di serenità e di soddisfazione. E tale proposito non posso che ricordarmi del celebre detto popolare : “ chi si accontenta gode!” che purtroppo sembrerebbe andare contro i messaggi inviati dalle agenzie commerciali e dai media che continuamente propongono vite felici .Se in questo momento dovessi pensare ad un esempio di persona che cerca di vivere la sua vita , guardandola con occhi felici, non riesco a non pensare alla Atzori. Lei si che avrebbe tutte le motivazioni per essere negativa nei confronti della vita, e invece è sempre pronta a sorriderle.

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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty capitolo sei! EDUCAZIONE INCLUSIVA!

    Messaggio  ANNA CARANNANTE Mar Mag 22, 2012 7:20 am

    L'apprendimento permanente è diventato una necessità per tutti i cittadini .Abbiamo bisogno di sviluppare le nostre capacità e competenze in tutto l' arco della vita , non solo per la nostra soddisfazione personale ma per partecipare attivamente alla vita sociale .Ciò può avvenire solo se all' interno della scuola, e delle altre agenzie formative, vi è un' educazione inclusiva. Per educazione inclusiva si intende quel processo che comprende la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini studenti appartenenti a minoranze etniche e linguistiche, popolazioni rurali, bambini affetti da AIDS e HIV e bambini con disabilità e difficoltà nell' apprendimento e a fornire opportunità di apprendimento per tutti i giovani e anche gli adulti .L'obiettivo di tale educazione è quello di eliminare l' esclusione sociale , essa infatti è strettamente legata alla qualità della democrazia che vogliamo realizzare ,alla partecipazione e alla coesione sociale che vogliamo ottenere .Fino ad oggi i sistemi educativi hanno spesso generato delle forme di esclusione ,perchè tendevano ad escludere la diversità ,facendo si che la diversità convergesse verso un' unica cultura .In tali termini ,più di inclusione si parla di assimilazione tesa a portare l' altro ad adattarsi ai modelli precostituiti .Infatti ciò l' abbiamo potuto notare anche nella discussione fatta in classe sulla questione di Pistorius.La maggior parte dei ragazzi riteneva che Pistorius doveva gareggiare nelle para olimpiadi ,perchè, avendo le flex -foot ,aveva un vantaggio rispetto agli altri. Per quanto mi riguarda ,questa scelta non è frutto di una mente educata all' inclusione .Infatti ,in questo modo, si creano categorie e si aumenta il divario tra i normo dotati e i disabili, questi ultimi perdono l' opportunità di potersi esprimere attraverso il gioco .Pistorius non ha fatto altro che esprimere le sue abilità, e mostrare il suo valore al mondo intero , attraverso un' opportunità che non è data a tutti .Quindi è necessario che la scuola, fornisca una buona educazione a tutti i bambini indipendentemente dalle loro abilità diverse .Questo richiede insegnanti ,genitori ,comunità ,autorità e istituti di formazione preparati per tale educazione .Gli insegnati devono essere specializzati ,competenti , capaci di individuare gli studenti bisognosi di un' educazione speciale di stimolare le loro abilità , e predisponendoli a compiti di qualità, variando le strategie di apprendimento .Un bravo insegnate deve utilizzare il tempo in maniera efficiente e avere buone relazioni con gli studenti, affinchè ottenga un alto tasso di successo dagli allievi, indipendentemente dalle loro differenti abilità . Soprattutto deve essere in grado di valutare la risposta del bambino all' intervento educativo attuato. L' inclusione degli alunni disabili dipende dalle attitudini degli insegnanti ,da come considerano le differenze presenti nel gruppo classe e dalla loro volontà di affrontarle .Alcuni insegnanti ritengono che l' attenzione data agli studenti con disabilità toglie tempo da dedicare agli studenti che non hanno nessuna disabilità .Per tanto essi sono del parere che questi debbano essere affidati a docenti specializzati. In questo modo non accettano l' idea che l'istruzione di tutti gli alunni è parte integrante del loro lavoro da organizzare in forme di differenziazione speciale. Si è dimostrato che formando gli alunni con disabilità e quelli normodotati , si ritrovano in una classe integrata e con un insegnante che è disposto al lavoro di integrazione traggono giovamento gli uni dagli altri. Un insegnante che ha atteggiamenti positivi nei confronti di tale educazione ha anche più fiducia nelle proprie capacità personali ed è capace di comprendere i contesti politici , sociali e storici della disabilità, e sarà disposta ad apprendere sempre nuove tecniche e il funzionamento di nuovi ausili, sapendo in questo modo affrontare l’ itera gamma della disabilità ,eliminando condizioni di handicap . Infatti in aula il professore Paladino ha affermato che c’è necessità nelle scuole di insegnanti che sappiano la scrittura braille , in quanto le scuole specializzate per ciechi n Italia stanno chiudendo. Inoltre un insegnante che vorrà attuare un’ educazione inclusiva Saprà creare un curriculum inclusivo, che tiene in considerazione il genere ,l' identità culturale e il retaggio linguistico, ponendosi come finalità lo sviluppo cognitivo, emozionale ,sociale e creativo del bambino. La progettazione di questo curriculum avviene attraverso il co-insegnamento che coinvolge l' insegnante curricolare e l' insegnante specializzato nella progettazione , implementazione ,valutazione e coordinamento dei programmi educativi di alcuni o tutti gli studenti di una classe .Queste due figure quando collaborano forniscono differenti aree di esperienza ,che fuse correttamente, possono apportare notevoli miglioramenti negli alunni .E' importante anche coinvolgere i genitori nell' attività scolastica , in quanto non solo si sviluppa una relazione positiva tra casa e scuola ma rende i genitori più interessati e attivi nell' educare i loro bambini .La co-operazione tra genitori e insegnanti ha un effetto positivo sulla formazione del fanciullo .Pertanto rutti i genitori necessitano informazioni di base circa i loro bambini:
    comprendere gli obiettivi di base della scuola e avere informazioni circa la politica della scuola .Essi dovrebbero anche essere informati del progresso ,delle forze e debolezze del figlio secondo la visione scolastica. I genitori devono apprezzare i consigli dati ,necessari per creare continuità tra scuola e famiglia e per prendere decisioni future nella vita del proprio figlio. E da questa relazione collaborativa tra scuola e famiglia che il bambino apprenderà con facilità e otterrà risultati migliori. Oltre a insegnati preparati e a relazioni collaborative tra famiglia e scuola , l ' educazione deve considerare l' approccio della capability. Tale approccio tiene conto della libertà umana che si esprime attraverso lo sviluppo di tutte le capacità umane .Quindi l' educazione deve fornire non solo competenze e abilità orientate al mercato del lavoro, ma anche abilità di vita, formando un soggetto capace di conoscere , agire e vivere con gli altri in un ambiente sociale. Secondo Saito l' educazione gioca un ruolo importante nell' espansioni delle capacità ,abilità e delle opportunità che il bambino ha. E in questo modo tale educazione porta alla scoperta di se stessi e delle proprie capacità sconosciute . Ma questo discorso sarà differente per il disabile , In quanto le abilità sono limitate a causa di menomazioni . Su questa questione si è esposto Terzi , analizzando come la considerazione delle capablity valuta la menomazione in relazione all' educazione , e prende in esame la dislessia. Concludendo che la valutazione della capability mette in luce la disabilità come ineguaglianza quando viene confrontata con l’ assenza di disabilità o come un tipo di differenze che, nel limitare i funzionamenti deve essere considerata e superata per una questione di giustizia umana .E per non cadere nell’ errore di valutare il soggetto per le sue mancanze si è introdotto ,nelle scuole, l’ INDEX per l’ inclusione . Si tratta di uno strumento che propone alle scuole un modo di fare autovalutazione sul tema dell’ inclusione e , sulla base dei punti di forza e della criticità emersa di strategie per migliorarsi .Garantendo la piena partecipazione e il massimo sviluppo possibile di tutti gli allievi, compresi quelli con disabilità. Infatti per gli allievi disabili l’ integrazione deve promuovere strategie per portare l’ alunno a essere quanto più possibile simile agli altri .Il suo successo viene misurato a partire dal grado di normalizzazione raggiunta dall’ alunno , ponendo la normalità come modello di riferimento . Ciò significa negare le differenze in nome di un ideale di uniformità e offrire opportunità ai soggetti “speciali” ,intervenendo attraverso una serie di interventi di modifica che si susseguono all’ interno del sistema scolastico senza però mai mettere in discussione il paradigma della normalizzazione. Per esempio , se un disabile non riesce a seguire il normale programma di matematica, non bisogna affermare che il soggetto non è in grado di apprendere la matematica, ma bisogna adattare il programma all’ alunno affìnchè possa raggiungere gli obbiettivi comuni. E per questo L’educazione inclusiva è un diritto universale. Essa richiede delle misure politiche in grado di garantire un’educazione di qualità per tutti i cittadini. Inoltre l’educazione inclusiva implica che tutte le risorse necessarie (ad esempio quelle finanziarie, umane, educative, tecniche e tecnologiche) siano fornite a tutti i centri educativi in modo da renderli capaci di rispondere e di assicurare il successo scolastico di tutti i discenti, indipendentemente dalla loro condizione personale, economica, sociale, culturale, geografica oppure dalla loro appartenenza ad un gruppo etnico. Un’attenzione particolare dovrebbe essere prestata al genere, prendendo in considerazione le discriminazioni subite dalle ragazze e dalle donne con disabilità .L’educazione inclusiva deve garantire qualità, equità ed eccellenza in conformità a principi quali le pari opportunità, la non-discriminazione e l’accesso universale. Tutti questi principi sono complementari e inseparabili. E solo in questo modo si può attuare una scuola di tutti e di ciascuno.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  silvana marconi Mar Mag 22, 2012 8:28 am


    La domanda più ardua che pone il libro “ben-essere disabile” è Che cos’è la felicità?. Freddamente mi viene di rispondere che deriva dalla parola indoeuropeo “fe” e dal latino “ferax”. Ma in realtà è ben altro. La felicità prima di tutto è libertà, la libertà di portare a compimento tutti i traguardi che un essere umano si pone nella vita. Le cause che portano un soggetto ad essere felice sono studiate da millenni. Aristotele poneva come causa della felicità la capacità e la volontà di fondere azione e attività formando una connessione tra etica e virtù. Mentre il concetto di felicità di Nettle è la sensazione provata al raggiungimento di uno stato desiderato, denominata “felicità di primo livello”. La “felicità di secondo livello” è quando la percezione di emozioni positive sono maggiori di quelle negative, mentre la “felicità di terzo livello” è quando un essere umano sfrutta a pieno le proprie potenzialità. Chi ha proposto di tracciare diversi percorsi verso la felicità è Seligman. Uno di questi percorsi è l’individuazione di talenti o forze. Da evidenziare di Seligman è la sua teoria della felicità autentica che si proietta verso la vita piacevole, alla buona vita e soprattutto alla vita significativa. La prima è quella che esalta le esperienze piacevoli e positive, la buona vita invece è quando l’individuo si concentra sviluppando la propria forza in attività di cui è fortemente appassionato traendone piacere, infine la vita significativa è quando, le forze e le virtù contribuiscono a un bene più grande sviluppando amicizie o per avvantaggiare la comunità. Nella psicologia positiva sviluppata la teoria eudonica cioè, quando la felicità rappresenta la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione dei dolori in sintesi i piaceri hanno la meglio sui dolori, a mio pare tale tesi è un po’ figlia di Nettle. La felicità da un punto di vista eudaimonico invece è il perseguimento del proprio vero sé. Nel campo dell’educazione l’obbiettivo da raggiungere è stimolare un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita in modo da poter essere in grado di gestire le proprio scelte e di avere una padronanza dei propri comportamenti e quindi di essere felici. L’economista A.M. Sen, definisce la felicità attraverso concetti di functioning e capabilities. Tali concetti consistono nei risultati e nei traguardi che un essere umano raggiunge. Mentre le capacità non altro che il potenziale di una persona dispone nell’ambiente. Canevaro afferma che il benessere di un individuo deriva dal capitale sociale, in sintesi, l’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elementi di mediazione con tutto quello che lo circonda. È un dovere dell’educatore sostenere che ognuno di noi è in possesso di un corredo completo per ottenere la felicità e di decidere di essere ciò che vogliamo. Approfondire la conoscenza del benessere non significa ignorare la sofferenza umana ma la previene attraverso una campagna vera e propria della buona salute, crescendo soprattutto psicologicamente. Seguin diceva che i bambini con disabilità andrebbero indirizzati verso l’assunzione di un loro ruolo preciso nella società. Mentre Ghedin sosteneva che inizialmente l’educatore non si preoccupava di promuovere il benessere delle persone disabili. Il benessere delle persone disabili passa attraverso il supporto delle famiglie e insistendo più sulla comunità che sul singolo. Il progetto che porta al benessere deve assolutamente passare ad un progetto dinamico da condividere con gli altri. La tesi sostenuta da Iavarone e di allontanare l’attenzione al benessere fisico ed economico, ma sostenere un benessere, multidimensionale, multi direzionale e multicomponenziale. Iavarone sostiene che la pedagogia fortunatamente ha un cuore e sostiene il soggetto indirizzandolo verso l’istruzione e della sua educazione, occupandosi non solo della salute ma soprattutto ad un sostegno psicosociale. Le ricerche attuate per misurare le dimensioni della felicità e il benessere nella disabilità con l’obbiettivo di condurre l’individuo alla buona vita sono tanti. Di recente alcuni studi hanno analizzato il piacere provato dai disabili rispetto alle condizioni esterne di vita, dove si vive, il lavoro e le amicizie. La ricerca ha evidenziato il fatto che non sempre migliorando gli indici oggettivi o esterni porti l’individuo verso una felicità duratura. Un ulteriore approfondimento si è focalizzato sui i modi di identificare e quindi migliorare i comportamenti negativi e i sintomi. Queste continue ricerche dovrebbero portare ad aiutare le persone con disabilità ad affrontare con consapevolezza quello che presenta la vita di tutti i giorni. Altri studi si sono interessati a migliore l’apprendimento di un bambino con deficit intellettivo. Ma la questione importante che gli studi dovrebbero sempre comprendere questioni relative al benessere, ad un adattamento alla vita e soprattutto alla felicità e rendendo l’individuo interessato ad una autosufficienti nelle gestione della loro vita. In fine è stata attuato un ricerca che interessa le famiglie dei bambini con ritardo mentale. La nascita di un bambino con disabilità è un evento angosciante drammatico. Secondo Dykeus le neomamme dei bambini disabili, passano veri e propri stadi di shock, disorganizzazione emotiva e dopo un periodo di limbo ad una riorganizzazione adattandosi al trauma che porta la nascita di un bambino disabile. Mullis e Lazarus hanno dimostrato che la nascita di un figlio disabile per alcune madri è risultato un arricchimento per la loro esistenza. Anche il più lieve miglioramento del proprio figlio, il più esile traguardo raggiunto se pur a fatica sprigiona in loro un felicità e un gioia enorme trasmettendola pari pari anche al bambino. Infatti vari studi non hanno riscontrato differenze tra persone disabile e normododati sulla percezione e la valutazione delle soddisfazioni della vita, tale tesi vale anche per la frustrazione e l’umore. Molto interessante è la ricerca condotta da Uppal. Tale ricerca sostiene che persone disabili dalla nascita sono più felici delle persone diventate disabili successivamente ad essa. Fortunatamente vivere in occidente significa essere sostenuti a condurre una vita felice

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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Ben-essere nella disabilità

    Messaggio  Valentina Morra Mar Mag 22, 2012 8:40 am

    L’OMS afferma che lo stato di salute è la condizione di benessere fisico, psicologico e sociale, se manca anche uno solo di questo significa che non si è in perfetta salute e quindi non si può essere in uno stato di felicità.
    Quest’ultimo è un argomento su cui diverse scienze iniziano ad interessarsi. Già con Maslow si ha una sorta di piramide della felicità, dove alla base ci sono i bisogni primari e man mano che si sale ci sono bisogni meno fondamentali a confronto coi precedenti, si avvicina per certi versi al concetto espresso da Ghedin, il quale sostiene che l’uomo tende alla complessità e che quindi raggiunto il primo bisogno essenziale passi al secondo, al terzo e poi via ad altri via via più complessi; sta a dire che l’uomo va alla ricerca prima dei bisogni principali ed una volta raggiunti si protrai per altri bisogni in modo tale da ottenere sempre un senso di soddisfazione per ciò che si ottiene e quindi senso di felicità.
    Essendo la felicità un emozione è assai complesso definirla, tanto che alcuni l’hanno suddivisa in stadi/livelli, sinceramente la classificazione credo che possa avere senso solamente per scopi teorici, credo che la felicità è un emozione che si prova in un dato momento, ma la coscienza di averla prova avviene in un secondo momento, nel momento in cui ricordiamo l’accaduto e sul volto si stampa il sorriso istintivo-involontario che non si riesce a frenare; c’è da ricordare che come ogni sentimento e/o emozione la felicità può avere diverse ed infiniti gradi di intensità con cui la si prova, dalla semplice gioia che dura pochi istanti come il gustare un gelato, o alla felicità persistente nel tempo come il giorno della mia futura laurea, il giorno in cui diverrò, o meglio inizierò, ad essere un’educatrice; anche il testo afferma che la felicità “costante” sia dovuta al compimento “sensato” della propria vita, io aggiungerei o parte di essa ( si prenda in considerazione l’esempio sopra detto della laurea).
    Parlando sempre della strada teorica della felicità, sembra che alcuni studiosi siano matematici visto il loro discorso filologico-matematico sembra come se la felicità sia il risultato di semplici calcoli, ovvero, tenendo conto di tutti i momenti positivi e negativi, il risultato della “sottrazione” va ad indicare se si può affermare o meno di essere felice nella nostra vita, oltre alla “sottrazione” viene conteggiato anche l’aspettativa del soggetto al momento positivo/negativo (quasi fosse un fattore K). Sono molteplici le teorie su cui è possibile raggiungere la felicità, altri, credono che per riuscire a misurare lo stato di benessere della popolazione non bisogni vedere lo stato degli oggetti materiali che possiede una nazione ma bisogna vedere il grado di malcontento della popolazione, ammesso che ci sia, Iavarone per esempio suddivide il benessere in uno schema aziendale ovvero suddiviso orizzontalmente e verticalmente dove lo stato di benessere varia, orizzontalmente in base ai luoghi dove si trova l’individuo e verticalmente si riferisce all’età del soggetto, tuttavia essa non considera solo luogo e tempo come fattori da mutare affinchè si trovi lo stato di benessere, ma anzi, crede che questo stato sia multidirezionale, multidimensionale e multicomponeziale poiché il soggetto deve elaborare una serie di informazioni tali da permettergli di compiere scelte e agire di conseguenza, alcuni, ancora, credono che bisogni tenere presente tutti i momenti positivi passati in mente e mettere in discussione quelli negativi, altri, invece, credono che bisogni provare costantemente gioie passeggere tali da rendere felice in modo relativamente costante, altri ancora credono che tramite il raggiungimento di un obiettivo o il superamento di una sfida ci si senta realizzati e quindi persista lo stato di felicità; quest’ultima teoria, come suggerisce il testo e con esso concordo pienamente, credo che possa essere un valido metodo di insegnamento, in modo tale che gli insegnanti stimolino gli alunni e quest’ultimi si interessino solo della “sfida” da superare e quindi sentirsi gratificati e felici; tuttavia questo discorso è molto relativo poiché la società di oggi offre ogni piacere e non appena lo si riceve, il senso di ricerca del piacere svanisce istantaneamente. Per considerare lo stato di benessere dei disabili ovviamente il discorso subisce delle variazioni, soprattutto se si parla di disabili psichici o con problematiche neurologiche. Inizialmente, al contrario di come si potesse pensare, le prime scuole per disabili puntavano al reintegro sociale e lavorativo, in un secondo momento, invece, sono divenute vere e proprie “galere” dove i disabili venivano rinchiusi ed allontanati dalla società; solamente negl’ultimi anni si è rientrati nell’ottica del reintegro sociale e lavorativo.
    I cannoni di felicità dei disabili differisce da quello dei normodotati, l’ambiente viene visto sotto un ottica differente, per i normodotati l’ambiente non è “limitativo” mentre per i disabili si, escludendo gli ambienti domotici che eliminano ogni problema o quasi.
    Secondo alcuni studi anche nel caso in cui l’ambiente fosse modificato lo stato di felicità di questi soggetti non avrebbe variazioni significative, sicuramente il reintegro sociale conta molto, vedi il caso Atzori, dove, in riferimento al laboratori, stesso lei affermava: "Posso dire che il mio segreto è stato quello di crederci sempre fino in fondo e di non smettere mai di sognare fino a quando anche gli altri hanno iniziato a sognare con me e la realtà ha preso il posto dei miei sogni" quasi come per affermare che nel momento in cui ebbe il sostegno morale lei fosse riuscita a superare qui limiti e volare oltre ogni immaginazione ed essere serena e felice con se stessa e della sua vita.
    Essendo comunque una tematica scientifica nuova la “felicità” ovviamente molte informazioni non si conoscono ne si conoscono le intensità di emozioni e sentimenti che provino i soggetti affetti da patologie psichiatriche e neurologiche, forse con lo studio delle “vie della felicità” si scoprirà come rendere felice la popolazione mondiale.
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    luisa formisano


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    Messaggio  luisa formisano Mar Mag 22, 2012 9:19 am

    Da sempre l’ uomo va alla ricerca di felicità oggi ancor di più poiché i tempi e le condizioni in cui l’uomo vive sono ancora più difficili del solito. Al concetto di felicità sono stati attribuiti diversi significati: secondo la cultura mitica e mondo presocratico si riteneva che la felicità era legata al fatto di avere un buon demone, alla fortuna infatti EUDAIMONIA significava buon demone; con socrate platone e Aristotele nasce l’ idea dell’ uomo che con le sue scelte e con le sue azioni può essere felice anche contro la sorte. Al termine felicità vengono attribuiti 3 sensi: la felicità di primo livello vista come qualcosa di immediato come gioia e piacere; la felicità di secondo livello come appagamento e soddisfazione della propria vita ed infine il senso di felicità più ampio che Aristotele definisce l’ eudaimonia. L’ OMS ha stabilito che la promozione della salute è l’ obiettivo principale della medicina e che la salute riguarda il benessere fisico, psicologico e sociale della persona. Il benessere soggettivo include una componente cognitiva che valuta la soddisfazione di vita e la componente affettiva suddivisa in affetto negativo e positivo. Dal punto di vista individuale i fattori che contribuiscono al benessere sono ottimismo, felicità, perseveranza; al livello contestuale invece i fattori che contribuiscono al benessere sono supporto sociale , senso di appartenenza, armonia con il proprio ambiente. SELIGMAN afferma che la vita piacevole è quella che massimizza esperienze positive e piacevoli. La vita significativa si ha quando gli individui applicano forze e virtù in attività che contribuiscono a un bene più grande come servire la comunità. WATERMAN afferma che la felicità si ottiene quando le attività delle persone coincidono con i loro più profondi valori cioè quella che lui chiama “espressività personale” in questo credo anche io sulla base di alcune esperienze di vita mostratemi dalla docente in aula quale quella della ATZORI che mi ha molto segnata cioè quella di una donna che nonostante non abbia l’ uso delle braccia riesca a realizzare ciò che lei più ama come danzare ed è impressionante il fatto che vedendola danzare non traspare la sua disabilità ma la sua originalità e unicità nel farlo. L’ obiettivo prioritario nel campo dell’ educazione è quello di favorire l’ adozione di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria felicità. Per quanto riguarda il benessere nell’ ambito della disabilità sono pienamente d’ accordo con DELLE FAVE che afferma che bisogna considerare ciascun individuo come agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità soprattutto i cosidetti gruppi di svantaggiati ovvero le persone con disabilità. Gli individui non sono di per sé svantaggiati infatti è l’ anbiente sociale nel quale essi vivono a creare condizioni di svantaggio se tali individui presentano discrepanze con la normalità e le regole sociali. Importante è sottolineare che ognuno di noi ha la capacità di benessere , tutti nascono con qualcosa di nuovo e mai esistito prima. In ambito educativo ciò significa che ciascun uomo ha la possibilità di decidere di essere ciò che vuole e il ruolo dell’ educazione è quello di attivare questo potenziale attraverso la creazione di un ambiente facilitante in cui tutti hanno la possibilità di coevolvere insieme in direzione positiva. Il benessere è qualcosa di complesso ed è la risultante tra i sistemi biologici, psichici e sociali; esso dipende infatti non solo dal corretto funzionamento di organi e parti vitali , ma soprattutto dagli stili di vita ,di lavoro, del tempo libero ,dalle condizioni dell’ ambiente. Ad occuparsi dei bambini con disabilità fu un medico francese SEGUIN il quale era convinto che questi bambini potessero essere educati ed acquisire un ruolo nella società. Ma con il tempo le scuole abbandonarono questo nobile obiettivo cioè invece di inserirle in società le istituzioni divennero posti per tenere lontane dalla comunità queste persone con il concetto di “normalizzazione” condiviso da famiglie ed educatori nacquero politiche che miravano ad integrare le persone con disabilità in società e educarle. Tale filone di pensiero l’ ho ritrovato anche nell’ associazione AUTISM AID ONLUS la quale ci è stata presentata da alcuni suoi membri durante un laboratorio in aula che ci hanno spiegato cosa è l’ autismo ,quali sono le problematiche incontrate da questi bambini . il loro intento è quello di educare i bambini ma soprattutto aiutarli a comunicare e relazionarsi con gli altri per acquisire un ruolo in società ,per non essere esclusi ed isolati. Il benessere non è individuale ma è un fattore dinamico da condividere con gli altri . l’ obiettivo principale per quanto riguarda la disabilità non è aiutare le persone a mangiare, bere ma di attingere alle potenzialità e capacità di scelte per vivere la vita che queste persone scelgono di vivere. Il benessere non è riferito solo ad una condizione di stabilità fisica ed economica ma come sottolinea il professore IAVARONE esso è uno stato complesso multicomponenziale, multidirezionale, multidirezipnale. Inoltre IAVARONE afferma che la pedagogia sociale ha a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto occupandosi non solo della sua istruzione ma anche della sua educazione, salute ,sviluppo non solo fisico ma anche psicosociale.
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    Messaggio  Gervasio Concetta91 Mar Mag 22, 2012 9:41 am

    La Felicità è stato ed è ancor ora uno dei temi più discussi in ambito religioso, educativo e filosofico.
    Molti, infatti, cercano di capire cosa sia la felicità e come possa essere raggiunta da ciascun individuo.
    Ma in realtà non esiste un concetto assoluto di FELICITA’, visto che compare in molte culture ,ognuna delle quali la concepisce in maniera diversa.
    Nell’antica Grecia si parlava di “Eudemonia”, ovvero di un buon demone che si portava con se,un demone della buona sorte; Quindi il concetto di felicità era strettamente connesso a quello di fortuna.
    Con Socrate, Platone e Aristotele la si inizia ad intendere come la portata a compimento di qualcosa che durava per tutta la vita e non per un solo attimo.
    Si parla poi di felicità di tre livelli di cui il primo che la presenta come la comparsa di un’emozione o sensazione, il secondo in termini di appagamento e soddisfazione e infine il terzo ,di stampo aristotelico, in cui la si considera come quel modo con cui l’uomo riesce a realizzare le sue potenzialità e a vivere bene.
    Di qui si presenta l’importanza di un altro concetto, ovvero quello di ben-essere.
    L’OMS, definisce la salute di ogni singolo uomo come l’insieme del benessere fisico, psicologico e sociale.
    Dal punto di vista della psicologia ,l’uomo da molta importanza al benessere e quindi anche se è concepito come un fatto rozzo e categoriale è giusto focalizzare le proprie attenzioni e ricerche su questa tematica.
    Di qui nascono spontanee una serie di domande come :
    In che condizione nasce il benessere? è sinonimo di felicità’? si è più felici oggi di ieri o dell’anno scorso?
    i ricchi sono più felici dei poveri? E i ritardati mentali rispetto ai “normali”?
    In realtà da alcune ricerche ci si è resi conto che il benessere è una condizione positiva che il soggetto riesce a vivere e a godersi nel momento in cui riesce a raggiungere un suo obiettivo, a conquistarsi ciò che ha sempre desiderato.
    Ma dipende anche dalle dimensioni del soggetto stesso, visto che il benessere si trasforma in senso sincronico e diacronico, comprendendo sia quei momenti brevi di vita che quelli di intensità più lunga .
    Quindi tiene conto e varia a seconda delle componenti biologiche-sociali e psicologiche.
    Di qui si presentano una serie di teorie come quella di Riff ,noto psicologo, che considera il benessere come il raggiungimento di alcuni elementi come la crescita personale, il piacere e l’ambiente.
    Peterson e Seligman ,aderenti alle idee della psicologia positivista, sono convinti di giungere ad una forma di benessere attraverso l’individualizzazione di talenti e punti di forza in ogni contestp per ciascun individuo.
    Canevaro che riconosce il benessere come un qualcosa di strettamente legato non solo al soggetto inteso come singolo ma anche al “ capitale sociale” quindi appartenente ad una comunità in cui dovrà adattarsi .
    Delle Fave che riconosce tutti i soggetti anche coloro che vengono socialmente emarginati come i disabili come unici e irripetibili.
    Infine Seguin che durante la seconda metà dell’800 si occupò dei bambini disabili inserendoli all’interno di una scuola convinto del fatto che anche questi potessero essere educati e assumere un giusto ruolo nella società come un qualsiasi altro soggetto.
    Ma in realtà col passar del tempo queste scuole divennero più affidatarie e meno educative e tendevano a collocarsi in zone isolate andando così a precludere agli stessi disabili la possibilità di poter far parte di una comunità. Ma col processo di Normalizzazione sostenuto in particolare dalle famiglie si riuscì a creare una vera e propria politica d’integrazione dei disabili nella società.
    Sono poi nati alcuni filoni di ricerca che hanno dato un proprio contributo nel ricercare una condizione di benessere e felicità nei disabili .
    Tra questi si ricorda il “ movimento della qualità della vita” che ha come obiettivo quello di analizzare la soddisfazione interna piuttosto che esterna .
    Questo comprende vari caratteri come le relazioni interpersonali,benessere materiale ed emozionale ,riconoscendo quest’ultimo come più vicino alla felicità.
    Il “Movimento della doppia diagnosi” che si basa sull’idea che la felicità è molto di più del semplice fatto di ritrovarsi lontano dai dolori o preoccupazioni , focalizzandosi in particolare sull’alleviare i problemi in persone con disabilità.
    La “ricerca sulla Famiglia” invece che tiene conto delle dinamiche che nascono all’interno di una famiglia con bambini disabili e spesso si constata che le madri tendono a rimpiangere il figlio perfetto con un dolore che si presenta ad ogni fase evolutiva del proprio bambino.
    In realtà comportamenti del genere non giovano al bambino che spesso si rifà a meccanismi di coping dei componenti della famiglia e tantomeno a loro stessi perché atteggiamenti negativi di questo tipo possono influire anche sul già presente livello di stress della famiglia.
    Per questo risulta necessario un intervento educativo che possa migliorare le condizioni di questi e a vivere la cosa diversamente.


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    Messaggio  conte claudia Mar Mag 22, 2012 9:42 am

    Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita poichè da esse traiamo gli stimoli che muovono le nostre giornate,l'uomo però e soprattutto alla ricerca di emozioni che lo facciano stare bene e lo appaghino,quella che noi tutti chiamiamo "felicità".
    Saggi e filosofi si interrogano da secoli sui modi in cui la felicità possa essere raggiunta e soprattutto su come poter definire questa condizione,sicuramente buona parte di loro ha posto l'accento sulla componente emozionale che risulta essere di rilevante importanza per il raggiungimento della suddetta condizione.
    Ma allora noi tutti ci chiederemo:che cos'è la felicità?
    Sicuramente è un concetto presente in ogni cultura che varia col variare della concezione del mondo e della vita,per alcuni è qualcosa di immediato come gioia e piacere,per altri invece è qualcosa di più durevole come soddisfazione e appagamento;vi sono due teorie sulla felicità:
    TEORIA EUDONICA= riguarda la massimizzazione del piacere e la minimizzazione del dolore;
    TEORIA EUDAMONICA= felicità intesa come attualizzazione del potenziale dell'individuo,sviluppo delle proprie forze e virtù.
    Il benesser umano invece,secondo Carol Ryff,coinvolge diversi elementi tra cui crescita personale,padronanza del proprio ambiente,franchezza con sè stessi,piacere e assenza di dolore;Schafer dice che il benessere include una componente cognitiva e una affettiva:ottimismo,felicità,autodeterminazione,supporto sociale,armonia col proprio e ambiente di vita e senso di appartenenza sono fattori interni ed esterni che contribuiscono al raggiungimento del benessere inteso come "vivere bene psicologicamente,spiritualmente e fisicamente anche in presenza di una malattia".
    Elisabetta Ghedin pensa sia fondamentale analizzare ciò che è signficativo e desiderabile per l'individuo per poter prestare attenzione a risorse,punti di forza e crescita in un'ampia prospettiva dato che l'individuo nasce con un corredo genetico costruendo però nel corso della vita un corredo culturale grazie all'acquisizione di informazioni dall'ambiente esterno;come afferma la Delle Fave,bisogna considerare ciascun individuo come un agente di cambiamento e sviluppo della comunità,anche e soprattutto per gruppi svantaggiati tra cui disabili,anziani,
    minoranze,immigrati e persone con disagi psicosociali.
    Ciascun individuo ha le potenzialità per decidere di essere ciò che desidera,il ruolo dell'educazione è appunto quello di permettere che si attivi questo potenziale creando un ambiente "facilitatore" indirizzato verso uno sviluppo positivo e non contrariamente un ambiente che gli crei degli svantaggi.
    Tempo a dietro i bambini e gli adulti disabili venivano assistiti nelle istituzione con finalità caritatevoli,grazie a Seguin(medico francese)si aprì la prima scuola per bambini disabili poichè si capì che essi possono essere ben educati per quindi assumere un giusto ruolo nella società;nel corso del tempo questo modello di scuola cambiò diventando più affidatario che educativo,le istituzioni divennero quindi posti per tenere le persone lontane dalla società favorendo segregazione, sovraffollamento e abbandono.
    Recentemente è avvenuta invece l'inclusione nelle comunità,si sono sviluppati servizi di educazione speciale e di supporto alle famiglie,si è cercato di rendere in grado le persone con disabilità di compiere scelte personali per la loro vita e di promuovere il loro benessere.
    Come sostiene la psicologia positiva è importante considerare il benessere non come uno stato individuale ma come un progetto da condividere con gli altri,anche gli avvenimenti negativi devono essere accolti cercando di scovarvi degli aspetti positivi;l'obiettivo è cercare di far sì che le persone con disabilità siano in grado di mangiare,vestirsi, lavarsi e che possano sfruttare le loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che esse stesse scelgono di vivere.
    Oggi la ricerca si sta spostando verso l'analisi del concetto di benessere e felicità per le persone disabili
    cercando di promuovere la propria capacità di condurre una "buona vita",il "Movimento della Qualità della vita"
    ad esempio ha l'obiettivo di analizzare la soddisfazione interna degli individui e individua alcune dimensioni chiave della qualità della vita come benessere emozionale, materiale ,fisico,inclusione sociale e relazioni interpersonali ;il benessere emozionale sembra essere quello più vicino alla felicità.
    Il Movimento della doppia diagnosi afferma invece che le perosne con ritardo mentale sono a rischio di psicopatologia o doppia diagnosi (ritardo mentale) e possono mostrare problemi come comportamenti auto -lesionistici,la ricerca si focalizza quindi sui modi di identificare e migliorare questi comportamenti negativi promuovendo stati positivi come speranza,gratitudine e felicità che potrebbero aiutare le persone disabili ad affrontare meglio la vita di tutti i giorni.
    Come ben sappiamo alla nascita di un figlio sono sempre legate aspettative positive,quando invece nasce un figlio con disabilità tutto si trasforma in un evento angosciante caratterizzato da schock,stress seguiti poi da un adattamento a questo "trauma",secondo Mullins però buona parte dei genitori in questione ritengono che l'avere un figlio disabile abbia arricchito le loro vite di significato e amore.
    La famiglia e l'ambiente influenzano ampiamente lo sviluppo di un bambino con disabilità per questo un atteggiamento negativo verso loro da parte della famiglia,parenti,amici,comunità può aggiungersi al livello di stress della famiglia e allo sviluppo del bambino stesso;come sostenuto dalla Prof. Iavarone,la pedagogia ha a cuore il benessere e la felicità di ogni individuo,occupandosi della sua istruzione ed educazione e tutelando la sua salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale.
    "La felicità è un diritto" come cita la Costituzione americana al quale ciascun individuo indipendentemente dalla propria condizione può e deve aspirare,essa non ha limiti nè confini appartiene a tutti e a nessuno,possiamo trovarla dentro ogni nostra idea,dentro gli occhi delle persone che ci sorridono o nel profondo del nostro cuore!
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    Messaggio  angela cuomo Mar Mag 22, 2012 9:44 am

    Cos’è la felicità?
    Ad occuparsi della felicità sono stati tanti studiosi non solo del passato. In questo elaborato cercherò di mettere in risalto alcuni aspetti che ci spiegano cosa essa sia. Aristotele, Platone e Socrate si sono occupati di felicità sostenendo che si raggiunge nella vita anche vivendo situazioni tristi. Per alcuni la felicità si raggiunge solo quando terminiamo il nostro percorso di vita. Secondo Nettle possiamo determinare tre livelli di classificazione della felicità. In un primo livello la felicità si ottiene quando si raggiunge ciò che si desidera; un altro invece si ottiene dopo aver attuato un secondo livello che è dato dal bilancio positivo e negativo delle emozioni. Il terzo livello si attua determinando un giudizio su cosa sia vivere bene in che modo ciò si realizza. Alla parola felicità non si possiamo dare una definizione oggettiva. Seligman con la teoria della felicità autentica sostiene che si può parlare di felicità solo se si conduce una vita piacevole. La vita piacevole si ha quando una persona prova felicità la quale è basata su emozioni positive. Sulla felicità sono state elaborate tante teorie che si possono dividere in teoria eudonica ed eudamonica. La teoria eudonica afferma che la felicità riguarda la massimizzazione del piacere e nella minimizzazione del dolore, mentre la teoria eudamonica predilige la messa in atto delle proprie potenzialità e il raggiungimento del proprio sé. Waterman sostiene che la felicità è massimizzata quando si manifesta una coincidenza con attività di vita delle persone e i loro valori. Waterman con il contributo di Ryff e Keys mettono in risalto gli aspetti che contribuiscono alla felicità, cioè l’autonomia, crescita personale e relazioni positive con altri. Ryan e Deci sostengono che la felicità e la crescita psicologica sono collegate nel raggiungimento dell’autonomia e delle competenze. Altrettanto importante è la teoria del flusso che si ha quando un individuo è assorto nello svolgere un’ azione. Nell ambito dell’educazione l’obiettivo principale è di promuovere atteggiamenti positivi affinché raggiunga la felicità.
    Il benessere invece non è legato alla condizione individuale di autarchia sia a quello che chiamiamo capitale sociale cioè dell’insieme delle capacità che l’individuo ha di organizzare grazie ad elementi di mediazione con le strutture che lo circondano. Gli individui non sono svantaggiati lo diventano in un ambiente sociale o culturale in cui la loro condizione comporta conseguenze svantaggiose a causa di discrepanze rispetto alle aspettative e alle regole sociali. Questo perché ogni individuo deve usare efficacemente i propri talenti e punti di forza e a coltivare attività che forniscono esperienze ottimali volti all’autodeterminazione attraverso l’esercizio delle libertà e delle responsabilità. Questo perché ogni persona ha la potenzialità di decidere di essere ciò che vogliamo questo può avvenire solo e soltanto la creazione di un ambiente facilitante in cui gli attori coinvolti possono collaborare nella direzione di uno sviluppo positivo. Il concetto di benessere è da opporsi anche ai bambini disabili poiché anche loro possono raggiungere questo stato e avere un ruolo nella società, infatti, il medico Seguin istituì le cosiddette scuole per disabili nelle quali essi potranno essere educati adeguatamente. Successivamente vennero sviluppati servizi di educazione speciale per supportare le famiglie facendo in modo che si promuove l’autodeterminazione rendendo così le persone disabili capaci di fare scelte personali per la loro vita. Il momento della qualità della vita nello svolgere alcune ricerche è finito a sostenere che la felicità per le persone disabili non comprende solo a compiere scelte personali per la loro vita ma è dato da quello che è il benessere emozionale, relazioni interpersonali , benessere materiale, autodeterminazione inclusione sociale e diritti. Essi si sono in particolare soffermati su quello che è il benessere emozionale che è più vicino alla felicità. Questi ricercatori si sono soffermati sulle misurazioni quantitative chiedendosi quanto fossero soddisfatte le persone come consumatori di lavoro, residenze. Soffermandosi meno sulla felicità, l’impegno, e il benessere di questi consumatori .Su questo non sono d’accordo i ricercatori della psicologia positiva i quali sostengono che la disponibilità di Denaro non è in relazione con la felicità di una persona. La psicologia positiva parte dal considerare che la felicità e il benessere non si sostanziano in assenza di preoccupazione o psicopatologie bensì, questi ricercatori si sono soffermati sull’ alleviare i problemi in persone con disabilità e non nel promuovere stati positivi.
    Il disabile spesso viene definito come una persona forte, speciale, eccezionale, coraggiosa …ma mai persona felice. Ovviamente non è vero che il disabile non è felice anzi lo è più di un persona definita “normale” e di questo ce ne sono state da testimonianza il signor Palladino e la signora Tina che nonostante le loro disabilità vivevano una condizione di felicità apprezzando la vita nella sua semplicità senza abbattersi ma lottare fino alla fine osservando la bellezza delle cose nelle piccolezze. E’ vero la disabilità toglie qualcosa fisicamente ma accresce interiormente cambiando la vita dell’individuo in maniera positiva. Per me è stato meraviglioso poter sentire la loro voce e la loro forza che mi spinge sempre più ad apprezzare la vita e ad ammirarla perché di loro porto nel cuore il loro sorriso e la loro grinta che è come una fiamma che ogni giorno arde sempre più.



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    Messaggio  frascogna domenica Mar Mag 22, 2012 9:48 am

    1)Ho voluto dedicarmi al primo capitolo del libro “ben-essere disabile” perchè mi è piaciuto l'argomento trattato. Questo libro nasce dall'incontro di due tematiche: disabilità e felicità considerate alla luce del capability approach. Molti sono gli interrogativi a cui proviamo a rispondere come alla domanda cos'è la felicità? Io non credo che ci sia risposta almeno qui sulla Terra, perchè diciamolo chi è può dire di essere veramente felice? La felicità è qualcosa di irrazionale a cui l'uomo è in continua ricerca. Il concetto di felicità è presente in ogni cultura e varia. Alcuni la intendono come qualcosa di immediato come un piacere o la gioia,altri la intendono come un appagamento,un gradimento o una soddisfazione più duratura. Anticamente si parlava di Eudaimonia dove la felicità veniva associata alla buona sorte, alla fortuna. Ghedin ci ha illustrato di come questo termine ha cambiato significato con Aristotele, Platone e Socrate e si inizia a parlare di un uomo che è in grado di raggiungere la felicità e di diventare felice, anche contro la sorte. Essa è diventata oggetto di studio della psicologia positiva, Nettle la suddivide in 3 livelli:
    1. Felicità di primo livello: sensazione diretta di gioia o piacere;
    2. Felicità di secondo livello: un bilancio tra i piaceri e i dolori e percepire di aver affrontato maggiormente esperienze positive;
    3. Felicità di terzo livello: Una persona riesce a svolgere la propria vita sviluppando le proprie potenzialità.
    La felicità è stata messa a confronto con il ben-essere, la psicologa Ryff sostiene che il ben-essere permette un accettazione di sé,padronanza ambientale, crescita personale e scopi nella vita.
    Soffermandoci al significato del testo “ben-essere disabili” bisogna partire dalla nascita della prima scuola per i disabili, che avvenne nel 1800, guidata da Edouard Seguin, che aveva come scopo quello di educare i bambini disabili e di sviluppare le loro capacità e istruirli come tutte le persone normodotate però questo tipo di scuola durò poco siccome gli studenti venivano poco curati,considerandoli diversi e allontanandoli dalla società, queste istituzioni diventarono dei luoghi dove tenerli chiusi i cosiddetti “manicomi”.Fortunatamente alla fine degli anni settanta con la chiusura di queste istituzioni si diffusero delle politiche che miravano alla NORMALIZZAZIONE delle persone disabili e iniziano a diffondersi associazioni e istituzioni che danno supporto alle famiglie e anche servizi di educazione speciale che offrono ai disabili di prendere decisioni riguardo la loro vita.
    La prof. M.L. Iavarone sostiene che il ben-essere non può essere assimilato ad una generale condizione di benessere fisico o economico ma va definito come uno stato complesso perchè multidirezionale, multicompenenziale e multidimensionale. Il ben-essere nel campo della disabilità è molto importante perchè permette di costruire nei vari individui una certa autonomia, un autonomia che non si limita al mangiare, vestirsi e lavarsi ma che possa permettere loro di sviluppare le loro potenzialità e le loro scelte.
    La domanda è le persone con disabilità sono capaci di provare benessere? Provino felicità anche essendo disabili?
    Ne sono di grande esempio Pistorius e l Atzori che anche le date sofferenze sono felici Pistorius grazie alla scienza che ha sviluppato delle particolari protesi per le sue gambe ha realizzato il suo sogno, l' Atzori in assenza di braccia nonostante le difficoltà che ci sono state non si è fermata nell'andare avanti è felice di essere cosi com'è.
    Un altro aspetto importante a favore dei disabile è la DOMOTICA una tecnica innovativa che si sta evolvendo nella nostra società che permette al disabile di vivere normalmente facendo faccende quotidiane con piccoli gesti.
    Voglio concludere nel dire che la felicità viene vista in tanti modi per le persone credono che denaro,carriera e successo sono traguardi che daranno la felicità,altri credono che solo godendo forti emozioni è felicità questi sono solo attimi felici e come dice Aristotele “la felicità è l ultimo scopo della vita umana”
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Denise Di Gennaro Mar Mag 22, 2012 10:17 am

    6) L'obiettivo principale dell'educazione inclusiva è l'impegno a vedere l'educazione come basilare per lo sviluppo degli individui e delle società. Inoltre l'educazione inclusiva è un processo che include la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento, tutto ciò per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini, studenti che appartengono a minoranze etniche e linguistiche, malattie e disabilità e difficoltà di apprendimento. Continuando a provvedere pari opportunità per tutti, compresi gli adulti. Essa mira ad eliminare l'esclusione, esaltando l'inclusione. Essa deve essere vista come un diritto per tutti. L'educazione inclusiva indica che le scuole forniscono una buona educazione a tutti i bambini indipendentemente dalle loro abilità diverse. Per quanto riguarda gli insegnanti, essi dovrebbero avere ben chiari alcuni elementi principali, per poi essere in grado di insegnare nell'educazione inclusiva. Questi elementi sono:conoscere i principi dell'educazione inclusiva e realizzarli, specificare gli studenti che hanno bisogno di educazione speciale, quindi essere in grado di applicare i metodi e le strategie nel campo dell'educazione inclusiva e valutare in un ambiente sano. Inoltre gli insegnanti che hanno atteggiamenti positivi, hanno anche fiducia nelle loro competenze personali, per insegnare agli allievi con disabilità e per concludere, utilizzano risoluzioni efficaci di insegnamento, credendo che le strategie siano efficaci. Viceversa, gli insegnanti con atteggiamenti meno disponibili verso l'inclusione, si preoccupano di incontrare e assestare le necessità di tutti gli studenti nella classe e si preoccupano anche, se la presenza di allievi disabili, influirà in modo negativi sull'apprendimento di altri studenti. Nell'educazione inclusiva, un'altra figura importante è la famiglia. Coinvolgere i genitori nella scuola non solo conduce allo sviluppo di relazioni positive tra casa e scuola, ma rende anche più probabile che la famiglia produce un interesse attivo nell'educazione dei loro figli. Le ricerche svolte, mostrano che i genitori possono essere buoni collaboratori nel favorire i loro bimbi ad acquisire specifiche abilità. Ci sono molte persone, il cui lavoro è collegato a quello dell'insegnante e di conseguenza, possono essere di supporto agli insegnanti:professionisti che sono specializzati nel lavoro con bambini, i quali hanno problemi di vista, udito, logopedisti, fisioterapisti ed altri. L'approccio della capability considera l'educazione come fortemente connessa con la libertà umana. Quest'ultima, può essere spiegata in termini di capabilities umane e funzionamenti tutti riferiti a dimensioni dello sviluppo umano. In sintesi, l'educazione deve munire non solo a competenze e abilità, indirizzate al mercato del lavoro, ma anche abilità di vita e alternative di vita in termini di, essere in grado di conoscere, agire e vivere insieme in un ambiente sociale. L'index per l'inclusione è stato messo a punto dal Centre for Studies on Inclusive Education, un ente che nel corso del tempo, è diventato un punto di riferimento per la promozione dell'inclusione nel sistema scolastico. L'index offre, una serie di materiali per consentire ad alunni, insegnanti, genitori e dirigenti scolastici, di progettare per la propria realtà scolastica, un ambiente inclusivo in cui le diversità siano "cause" per il miglioramento e il progresso della scuola. Concretamente, gli indicatori dell'index consentono un esame dettagliato della scuola per superare gli ostacoli all'apprendimento e alla partecipazione, per favorire la realizzazione di ogni studente e anche per creare comunità solidali. Durante le lezioni svolte in classe, abbiamo parlato diverse volte del tema dell'inclusione. Abbiamo fatto anche una simulazione dei gruppi cittadini ed emarginati, raccontando come ci siamo sentite.
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    Silvia De Sisto


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 10 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Silvia De Sisto Mar Mag 22, 2012 10:26 am

    La felicità e vivere una buona vita stanno alla base del dibattito filosofico, religioso ed educativo. Che cos’è la felicità? È una domanda che compare in ogni cultura. Molte lingue distinguono tra qualcosa di immediato, come la gioia o il piacere, e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione e l’appagamento. La parola felicità deriva dal prefisso fe, da cui deriva fencundus, femina, ferax. Alcuni fanno riferimento alla parola eudaimonia che deriva da buon demone e così la felicità era avere una buona sorte. Per Nettle la felicità ha tre livelli: il primo livello riguarda il raggiungimento di uno stato desiderato; il secondo livello riguarda la riflessione sul bilancio tra piaceri e dolori, tra emozioni positive ed emozioni negative e nel rendersi conto che hanno sperimentato più piaceri o emozioni positive che negative; il terzo livello riguarda la realizzazione delle proprie potenzialità. Secondo la psicologa Carol Ryff il ben-essere umano coinvolge crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente e franchezza con se stessi. A questo proposito l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Per Seligman una persona può avere emozioni positive circa il passato, come la soddisfazione, e emozioni positive circa il futuro come la speranza e l’ottimismo. Un altro modo per arrivare alla felicità è di individuare il talento personale e la forza. La buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo efficace nel lavoro, nelle relazioni e nel tempo libero. Delle teorie contemporanee fanno parte la teoria eudonica ( riguarda la felicità come massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore), la teoria eudamonica (la felicità come attualizzazione del potenziale dell’individuo e perseguimento del proprio se), le teorie della psicologia positivista(una di queste teorie è la teoria del flusso, che è lo stato di impegno, felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante). L’obiettivo primario nel campo dell’educazione è quello di favorire un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli per la propria felicità. Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo è legato al capitale sociale, cioè alla capacità che ognuno ha di organizzarsi e di adattarsi utilizzando elementi di mediazione con le strutture e i contesti che lo circondano. La Delle Fave afferma che ognuno è portatore di cambiamento e di sviluppo della comunità e decide di essere ciò che vuole. Il ruolo fondamentale è quello dell’educazione che deve promuovere un ambiente in cui tutti devono collaborare per ottenere cambiamenti positivi. Il ben-essere riguarda varie componenti (fisiche, psichiche, sociali, emozionali e psicologiche) e dipende dagli stili di vita. Il ben-essere ha scopo di prevenire la malattia con una buona salute, resilienza e crescita psicologica. Occorre trovare diverse strade per poter aumentare lo stato di ben-essere. In passato i bambini e gli adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni caritatevole. Nella metà del 1800 Edouard Seguin diresse la prima scuola per bambini disabili con lo scopo di educarli e fargli assumere un ruolo nella società. Con il tempo, lo scopo delle istituzioni fu di allontanare le persone dalla società. Negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso le istituzioni erano in pessime condizioni: isolate, meno educative e questo causò l’abbandono. L’educatore, partendo dalle forze e non dalle debolezze, deve aiutarlo a relazionarsi. L’educatore non deve esclusivamente far sì che i disabili siano in grado di mangiare, vestirsi, lavarsi, ma possano trarre alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che scelgono di vivere. Il concetto di ben-essere non è più individuale ma collettivo, è da condividere con gli altri. Vari filoni della ricerca hanno contribuito a indagare le dimensioni di felicità e ben-essere nella disabilità:
    - Il movimento della qualità della vita comprende le esperienze di vita esterne e oggettive vissute dai disabili nelle relazioni interpersonali, ben-essere materiale, autodeterminazione, inclusione sociale e diritti;
    - Il movimento della doppia diagnosi nel quale la ricerca si è focalizzata sui modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi. I sentimenti di speranza, gratitudine e felicità potrebbero aiutare le persone con disabilità ad affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita di tutti i giorni;
    - Personalità - motivazione e felicità, Zigler afferma che i bambini con ritardo mentale non solo avevano un basso QI, ma avevano minori aspettative di successo, bassa motivazione alle sfide e si affidavano molto di più agli altri invece che a se stessi per risolvere i problemi. La motivazione estrinseca che si riferisce al piacere di usare le proprie forze è importantissima per aumentare il comportamento e l’apprendimento;
    - La ricerca sulla famiglia, la madre soffre per il figlio, prova dolore, angoscia e stress perché non riescono ad accettare la situazione in cui vivono.
    L’obiettivo politico è quello di normalizzare la vita delle persone con disabilità attraverso l’accesso al lavoro, all’educazione, ai trasporti e alla partecipazione sociale. Iavarone afferma che la pedagogia speciale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche psicosociale.
    Nel laboratorio disabilità abbiamo incontrato molte persone disabili che dimostravano tutta la loro serenità. Come , per esempio, Simona Atzori, che nonostante la sua disabilità è riuscita a raggiungere risultati ragguardevoli nel campo della danza e della pittura. La sua gioia di vivere, la sua serenità, la sua allegria le hanno consentito di ignorare limitazioni che in altre persone costringono alla quasi totale immobilità. Un altro esempio è Oscar Pystorius, che all’età di undici mesi subisce un intervento di amputazione di ambedue le gambe. Questa menomazione gli impedirà di imparare a camminare come una persona normale. Tuttavia, oggi, egli è divenuto un atleta eccezionale, che grazie a delle protesi in fibra di carbonio e ad una forza interiore, è arrivato a competere con grandi risultati anche con atleti normodotati. Infine, abbiamo incontrato il prof. Palladino, non vedente, che ci ha raccontato come la perdita della vista a soli tredici anni non gli ha fatto perdere la voglia di vivere e di essere felice.

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