Pedagogia della disabilità 2012

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Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

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    rosa corbo


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  rosa corbo Mer Mag 16, 2012 2:05 pm

    Il tema della felicità appassiona da sempre l’umanità :scrittori, poeti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. Ma cos’è la Felicità? Il concetto è sfuggente e compare in ogni cultura. All’inizio la felicità era avere un buon demone, una buona sorte e in quel contesto la felicità era strettamente legata alla fortuna. Ma poi con Socrate, poi con Platone e infine con Aristotele la parola si carica di nuovi significati, e si inizia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice, anche contro la sorte. Pertanto essere felici non sempre costituisce uno stato assoluto infatti è connessa al portare a compimento l’intera vita, non con il piacere che si trova nell’attimo fuggente. Per questo in Aristotele la felicità è strettamente connessa all’etica e alle virtù, intese non tanto in senso moralistico ma di azione, di attività. Molti usi del termine “felicità” possono essere classificati in uno dei tre sensi:
    - nel primo momento la sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato e non coinvolge molta cognizione, a parte il riconoscimento del fatto che la cosa desiderata è avvenuta.
    - -nel secondo momento riguarda il bilancio delle sensazioni, tra emozioni positive ed emozioni negative con il superamento di quelle positive
    - Nel terzo modello sta nel verificare le proprie capacità e potenzialità.
    La psicologa Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampi della semplice felicità di secondo livello. Le componenti espresso dalla Ryff tendono ad essere correlate con una felicità più ristretta, ma le correlazioni sono piuttosto deboli, il che significa che si possono trovare individui di un alto livello di ben-essere psicologico ma con poca felicità di secondo livello e viceversa. Spesso i termini felicità e benessere soggettivo sono stati usati in modo errati. Il ben-essere è stat definito “vivere bene”, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia che sia temporanea. Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità, in modi differenti. Primo, una persona può avere emozioni positive circa il passato e emozioni positive circa il futuro. Una persona può provare felicità basata in modo predominante su emozioni positive che Seligman chiama “la vita piacevole”. Un’altra strada verso la felicità è di individuare talenti personali e forze. Le teorie sulla felicità includono la teoria eudonica, la teoria eudamonica, le teorie sviluppate dal movimento della psicologa positiva. La felicità da un punto di vista edonistico riguarda il piacere e il dolore e si veirfica quando le esperienze piacevoli e le gratificazioni sensoriali hanno maggior peso delle esperienze dolorose. Al contrario, la felicità da un punto di vista eudaimonico risulta dall’attualizzazione del potenziale dell’individuo e dal perseguimento del proprio vero sé. Gli studiosi in questo ambito riconoscono l’importanza di esaminare i costrutti positivi e stanno facendo progressi verso questo studio scientifico. L’obiettivo nel campo dell’educazione è quello di favorire l’adozione di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria felicità. Secondo Ghedin in quanto esseri umani tendiamo alla complessità da un punto di vista biologico, psicologico e sociale. L’individuo nasce infatti con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce il corredo culturale e proprio per questo diventa fondamentale analizzare ciò che è possibile , desiderabile e significativo per il singolo e per la comunità. Canevaro afferma che il ben-essere è legato all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elemnti di mediazione con le strutture che lo circondano la Delle Fave afferma che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e vale per le persone disabili, anziani etc… Ciascun individuo deve essere incoraggiato a seguire il proprio percorso di complessità e condivisione; ognuno di noi nascendo ha la capacità di ben-essere; ognuno ha un suo modo origina ledi vedere e ascoltare le cose. Da una prospettiva educativa questo significa che tutti abbiamo le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo e ognuno di noi ha la capacità di ben-essere. Il ben-essere si sostanzia di diverse componenti:fisiche e psichiche e sociali. Segue più direzioni e la sua percezione, da parte del soggetto cambia sia in senso verticale nei diversi tempi della vita e sia in senso orizzontale nei suoi diversi luoghi. Il ben-essere possiede più dimensioni in quanto il desiderio si trasforma sia sincronicamente e sia dia cronicamente se il processo di tensione al ben-essere lo si riconduce a una fase o ad un intervallo più lungo della vita del soggetto. Inoltre la felicità non è strettamente associata con la ricchezza o i beni materiali.
    Non molto tempo fa molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti con finalità caricate oli. La crescita di queste istituzioni è dovuto a Seguin in quanto promosse la visione progressista che i bambini con disabilità potessero essere educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. Il modello proposto da Seguin di diffuse rapidamente ma nel corso del tempo queste scuole cambiarono il loro obiettivo e le scuole divennero meno educative e più affidatarie. In seguito il concetto di “normalizzazione” divenne ampiamente condiviso dalle famiglie conducendo a politiche che integravano le persone con disabilità nella società. Allo steso tempo si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie. In questa direzione si cerca di promuovere il benessere delle persone disabili considerandolo una dimensione determinata dalla capacità di autonomia. L’obiettivo non è solo quello di far si che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi ma soprattutto possono attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere. L’aiuto esterno dell’operatore dovrebbe consistere nel facilitare l’accesso all’impalcatura relazionale sulla quale l’aiuto mutuale o l’aiuto meno strutturato dalle reti primarie può svilupparsi. E’ importante inoltre stare insieme alle persone disabili e non farlo sentire diverso dagli altri. E concludo dicendo che per me loro non sono diversi, non sono uguali a noi ma bensì sono migliori, speciali e lo dico perché sono stata e sto in contatto con persone disabili.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty BEN-ESSERE DISABILI, cap 1

    Messaggio  edvige garofano Mer Mag 16, 2012 2:24 pm

    Crescendo impari che la felicità non e’ quella delle grandi cose.
    Non e’ quella che si insegue a vent’anni, quando, come gladiatori si combatte il mondo per uscirne vittoriosi…
    la felicità non e’ quella che affanosamente si insegue credendo che l’amore sia tutto o niente,. ..
    non e’ quella delle emozioni forti che fanno il “botto” e che esplodono fuori con tuoni spettacolari…
    la felicità non e’ quella di grattacieli da scalare, di sfide da vincere mettendosi continuamente alla prova.
    Crescendo impari che la felicità e’ fatta di cose piccole ma preziose…
    …e impari che il profumo del caffe’ al mattino e’ un piccolo rituale di felicità, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro dai colori che scaldano il cuore, che bastano gli aromi di una cucina, la poesia dei pittori della felicità, che basta il muso del tuo gatto o del tuo cane per sentire una felicità lieve.
    E impari che la felicità e’ fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi,
    e impari che un campo di girasoli sa illuminarti il volto, che il profumo della primavera ti sveglia dall’inverno, e che sederti a leggere all’ombra di un albero rilassa e libera i pensieri.
    E impari che l’amore e’ fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore,
    e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi, sfornellare in cucina, leggere una poesia, scrivere su un libro o guardare una foto per annullare il tempo e le distanze ed essere con chi ami.
    E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici.
    E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi.
    E impari che tenere in braccio un bimbo e’ una deliziosa felicità.
    E impari che i regali più grandi sono quelli che parlano delle persone che ami…
    E impari che c’e’ felicità anche in quella urgenza di scrivere su un foglio i tuoi pensieri, che c’e’ qualcosa di amaramente felice anche nella malinconia.
    E impari che nonostante le tue difese,
    nonostante il tuo volere o il tuo destino,
    in ogni gabbiano che vola c’e’ nel cuore un piccolo-grande
    Jonathan Livingston.
    E impari quanto sia bella e grandiosa la semplicità.
    Fabio Volo, da “Il Volo del Mattino”

    Per me, questa poesia, è da riallacciare a molti dei temi trattati sia nel primo capitolo, sia nelle lezioni, perchè ci fa capire come la felicità non sia per pochi, non sia solo per i normodotati, ma anzi, è proprio per quelle persone che sanno godere della vita, e noi sappiamo bene che chi più apprezza la vita sono i disabili, ne abbiamo avuti esempi significativi dagli ospiti intervenuti in aula. Di felicità si parla fin dall’antichità, Aristotele ad esempio afferma che l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice; ma importante è soffermarsi sulla psicologia positiva che ha tentato di indirizzare l’indagine verso gli aspetti positivi dell’esperienza umana e delle situazioni che sono fonte di felicità per gli individui. Non abbiamo una vera e propria definizione di felicità, anche se apparentemente sul vocabolario esiste, poiché ciò che può rendere felice me, non può esserlo per un altro, il concetto è molto soggettivo, ma è presente in ogni cultura. Abbiamo una felicità di primo livello, in cui le persone affermano di essere felici della loro vita; una di secondo livello in cui sono appagati o soddisfatti; e una di terzo livello in cui si realizzano le proprie potenzialità. La psicologia positiva si chiede inoltre che cosa permetta alle persone di fare bene, essere felici e soddisfatti: Seligman, ad esempio, nel 2002 ha proposto diverse strade per raggiungere la felicità, tra cui quella forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati o assorbiti e nel “flusso” che è contrassegnato da una mancanza di emozioni positive. Il ben-essere si compone di varie caratteristiche fisiche, psichiche, sociali, emozionali e psicologiche, quindi il ben-essere segue più direzioni e la sua percezione cambia sia nello scorrere della vita, sia nei diversi luoghi della vita stessa. Secondo Iavarone, la pedagogia del benessere si regge sul convincimento che “imparare a star bene” possa essere insegnato affinchè i soggetti acquistino la capacità di costruire da se stessi il proprio personale benessere. Punto centrale del suo lavoro è il riferimento educativo in quanto ritiene possibile una formazione al benessere legata ad una sensibilizzazione del benessere stesso, a partire dalle figure professioni che dovrebbero farlo apprendere. Questo negli anni passati non era possibile: bambini affetti da disabilità erano in scuole “speciali” spesso lontane dalla città, era come se venissero esclusi dalla vita sociale perché diversi, ma col passare del tempo si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie, altro tema fondante del ben-essere per i disabili. La figura materna ad esempio è vista come una madre che rimpiange la perdita del bambino perfetto con un dolore che cresce ad ogni successiva fase di sviluppo del bambino, e l’evento viene trasformato in angosciante e luttuoso, ma non essere accettati per primi dalla propria famiglia, cosa comporta nella vita del ragazzo disabile? Non accettazione di se stesso, perché mai nessuno ha fatto crescere in lui autostima o voglia di vivere ed essere felici, in quanto fin da piccolo è stato “abbandonato”.
    “E impari che la felicità e’ fatta di emozioni in punta di piedi, di piccole esplosioni che in sordina allargano il cuore, che le stelle ti possono commuovere e il sole far brillare gli occhi”, questa fase mi ricorda molto la signora Tina, anche lei ha usato parole simili: “voi ragazzi fate tutto di fretta e credete di stare bene, ma intanto perdete il suono del canto di un uccello, i fiori crescere, il sole stesso, ed è questo che vi fa apprezzare la vita, non ciò che credete voi sia la felicità”.
    “E impari che l’amore e’ fatto di sensazioni delicate, di piccole scintille allo stomaco, di presenze vicine anche se lontane, e impari che il tempo si dilata e che quei 5 minuti sono preziosi e lunghi più di tante ore”, mi ricorda il professor Palladino che mentre ci raccontava della sua vita teneva stretto per mano la moglie, innamorato di lei come il primo giorno, e lui non poteva ammirare la sua bellezza, non poteva dirle quel vestito ti dona, ma sa amarla più di ogni altra cosa, sa amarla veramente, sa renderla felice con le vere cose della vita, e lui è felice, come se non gli mancasse nulla, anche se è un non vedente, ma la sua vita è stata piena di soddisfazioni di se stesso e della sua famiglia, delle sue figlie, è stato felice nonostante la sua disabilità.
    “e impari che basta chiudere gli occhi, accendere i sensi”: la simulazione dei foulards, esperienza magnifica e triste allo stesso tempo, perché ti catapulta in quel mondo che pensiamo non ci possa mai appartenere e abbiamo paura, paura di perdere quelle cose per noi banali, come un tramonto, o come la pioggia, o come un girasole…
    “E impari che sentire una voce al telefono, ricevere un messaggio inaspettato, sono piccolo attimi felici”: Lo scafandro e la farfalla, la scena del padre che telefono al figlio in ospedale e che piange perché “ oddio una conversazione così non posso reggerla! Lui è mio figlio, e non può rispondermi, mi manchi! “
    “E impari ad avere, nel cassetto e nel cuore, sogni piccoli ma preziosi” : Pistorius, Atzori, la resilienza, la signora Tina quando il marito le ha detto “ tu i tuoi figli non li vedi più se non lotti”.
    Per concludere, rileggendo il mio intervento, noto che ho impressi esempi di felicità derivanti da persone disabili, e non da normodotati, com’è possibile? E io? Io sono felice? Sono felice delle piccole cose o del banale? Posso affermare di essere felice della mia vita? Forse è presto per dirlo perché a 20 anni non si è sicuri di niente, ma mi ritengo felice dentro di me, per tutto quello che ho passato, per le lotte vissute da sola, per me e per la mia famiglia, per me e la mia squadra per la perdita del mio mister, suicidatosi, sono cose queste che ti segnano e che ti fanno notare come molte persone purtroppo piangono per una collanina non ricevuta, io non piango più, perché dopo aver provato il dolore delle perdite non hai più la forza di piangere, grazie per il corso, mi ha reso migliore.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Antonella Camposano Mer Mag 16, 2012 3:08 pm

    Ho scelto ed ho deciso di scegliere il primo capitolo, perché sinceramente sono curiosa di conoscere cos’è la felicità e se si differenzia dal benessere, ma soprattutto per i “disabili” cos’è la felicità ed il benessere.
    Il primo capitolo si intitola proprio cosi “Ben – essere nella disabilità”.
    Diversi dibattiti ci sono stati di tipo filosofico, psicologico, educativo e sociale proprio per cercare di definire quella domanda che tutti noi oggi giorno un po’ ci facciamo spesso e che non sempre sappiamo rispondervi: Cos’è la felicità? Ogni cultura così come si differenzia dalle altre per :religioni,miti etc, si differenzia dalle altre anche per dare un significato al termine felicità; ogni cultura la intende in modo diverso. C’è chi intende la felicità come senso di gioia, chi invece come senso di appagamento. Proprio Aristotele affermava che l’uomo poteva essere felice con la sua libertà. La felicità è connessa al portare a termine e a compimento la propria vita, non con il piacere che si trova nell’attimo fuggente. Per gli psicologi invece la felicità non viene intesa come un momento di vita pieno di gioia, ma per loro le persone affermano di essere felici, perché ammettono che nella loro vita hanno vissuto più momenti positivi piuttosto che negativi. La psicologa RYFF ha sostenuto che il benessere umano coinvolge un insieme di elementi: (crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente e franchezza con se stessi). La definizione proposta di benessere è questa: una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita; e anche: una componente affettiva che è a sua volta suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo. Il ben – essere è stato anche definito il “vivere bene” da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico. La buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni, nel tempo libero; Seligman afferma che per essere felici è importante trovare degli scopi ed un significato alla propria vita. La felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore , cioè quando le esperienze positive e piacevoli sono maggiori rispetto a quelle dolorose e spiacevoli. Nettle afferma che se le persone passano molto del loro tempo libero a chiedersi cos’è la felicità, cos’è il benessere e a porsi altre e tantissime domande che riguardano queste tematiche egli sostiene che allora devono essere studiate, confrontate, approfondite. La nostra società è ricca di piaceri che velocemente diventano effimeri, l’uomo ha bisogno di mettersi alla prova, di rinforzare le proprie capacità. In altri casi la felicità è espressa in termini di un confronto tra la situazione attuale della felicità e il riferimento ad una situazione che è o migliore o peggiore dell’altra. Il ben – essere si sostanzia di diverse componenti: fisiche, psichiche, sociali, emozionali e psicologiche. In quanto fenomeno complessivo, fa riferimento sia alla valutazione biologico – clinica delle condizioni fisiche dell’individuo sia all’autopercezione soggettivo – emozionale dello stato di salute da parte del soggetto. Il ben – essere dipende non solo dal corretto funzionamento di organi e di apparati vitali, ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti. Il ben – essere soggettivo è fondamentale, se facessimo una domanda a persone diverse vedremo che ognuna di loro ha una diversa definizione di ben – essere, ad esempio per me il benessere è la salute fisica e mentale di tutta la mia famiglia per mio fratello potrebbe essere l’acquisto di un motorino, per ogni persone c’è un ben – essere da definire. Ma per i disabili cos’è il benessere? Nell’800 Edouard Seguin, guidò la prima scuola per bambini disabili per cercare di farli sentire parte integrante della società. Ma purtroppo con il passar del tempo si notava che in queste scuole furono cambiati gli obiettivi. Gli studenti che non venivano curati, le scuole divennero molto meno educative e più affidatarie. Molte istituzioni erano isolate pur di tenere queste persone lontane dalla società. Si inizia a muovere così il ben – essere delle persone disabili: “completa autonomia”; ma l’obiettivo non è solo e unicamente di far sì che queste persone sappiano: lavarsi, vestirsi, mangiare da soli, ma anche sviluppare le proprie capacità, la propria potenzialità, creatività, il saper risolvere i problemi da soli. Oggi fortunatamente esistono molte tecnologie per disabili che gli permettono di vivere una vita più facile ed essere più indipendente, un esempio per far vivere bene una persona con disabilità è una casa cosiddetta: Domotica, oppure le agevolazioni per una persona su una sedia a rotelle quando esce per strada.
    Sono molto d’accordo con quanto ha affermato Iavarone: il benessere non può essere considerato come una generale condizone fisica o economica, ma va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale, multi direzionale, multidimensionale.
    Rossella Palumbo
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Esisterà quel giorno di felicità!?

    Messaggio  Rossella Palumbo Mer Mag 16, 2012 3:38 pm

    Parla del benessere, della felicità della soddisfazione rifacendoti agli autori e alle questioni proposte da Ghedin soffermandoti sul benessere per le persone con disabilità. Svolgi il tuo lavoro ricollegandoti ai lavori della prof. M.L. Iavarone e ad uno o più forum che hai svolto.

    Ci sono stati diversi dibattiti sui concetti di benessere, felicità e soddisfazione, che la Ghedin ha analizzato ponendoli in relazione tra loro. Riguardo la felicità, viene fatta una prima distinzione tra qualcosa di immediato e qualcosa di più durevole. Alla felicità data da qualcosa di immediato, Nettle riconosce la “felicità di primo livello”. Il “secondo livello” concerne i giudizi sul bilancio delle sensazioni, ossia un resoconto tra piaceri e dolori della vita, e l'individuo si rende conto di essere felice per aver vissuto più emozioni positive. La “felicità di terzo livello” è rappresentata dalla realizzazione delle proprie potenzialità, ovvero l'eudaimonia aristotelica. Anche la Ryff si ricollega un po' a quest'ultimo concetto, indicando sei aspetti che contribuiscono alla felicità: autonomia, crescita personale, auto-accettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale e relazioni positive. Da qui sorge spontaneo interrogarsi su cosa permette alle persone di essere felici. Seligman propone diverse strade per il conseguimento della felicità: soddisfazione, speranza e ottimismo. Di un ulteriore forma di felicità parla Csikszentmihalyi che sviluppa il concetto di flusso, in cui vengono messe alla prova le nostre abilità grazie a compiti stimolanti (es. scrivere, leggere, completare un puzzle, ecc). Le persone sono così concentrate in una determinata attività, da perdere consapevolezza del loro stato emotivo. In ogni caso qualsiasi forma di felicità, e in qualunque modo la si raggiunga, provoca benessere. Esso considera la soddisfazione delle proprie esigenze, mettendo in primo piano il rapporto tra il singolo e la collettività. La Delle Fave considera fondamentale che tutti nascano con la capacità di benessere e che siano agenti attivi di cambiamento, anche e soprattutto coloro che vengono definiti gruppi svantaggiati: persone con disabilità, anziani, immigrati, ecc. Ne consegue, dunque, che tutti hanno le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliono. Secondo la Iavarone, il benessere si manifesta sia nei diversi “tempi” di vita sia nei diversi luoghi. Inoltre, il benessere possiede più dimensioni, in quanto può mutare sia sincronicamente (per un episodio avvenuto in un determinato momento della vita) sia diacronicamente (se il benessere è dato da un arco di tempo più lungo nella vita). Maggiore attenzione viene dedicata al benessere dei disabili. L'obiettivo è quello di incentivare l'autodeterminazione per far si che le persone con disabilità possano compiere scelte riguardanti la propria vita al pari di chiunque altro. Sempre la Ivarone individua, nella capacità di saper leggere l'ambiente, un presupposto per perseguire i propri desideri con una sana progettualità. E questo, se vogliamo, è riconducibile un po' alla domotica, ossia lo studio delle tecnologie volte a migliorare le qualita della vita e della sicurezza in casa. Abbiamo visto il caso di Andrea Ferrari che vive da solo in una casa domotica e ha così la possibilità di vivere in maniera autonoma e soddisfacente; in questo caso la tecnologia va a potenziare un limite e a migliorare le capacità presenti in quel determinato individuo. Le ricerche che sono state svolte hanno indagato le dimensioni di felicità e benessere nella disabilità. La qualità della vita comprende le esperienze di vita esterne e oggettive, quindi le relazioni interpersonali, l'inclusione sociale, il benessere emozionale, ecc. Alcuni studiosi hanno focalizzato l'attenzione sull'alleviare i problemi delle persone con disabilità, in particolare con ritardo mentale. Essi sono maggiormente svantaggiati in circostanze inclusive, come i luoghi dove vivono, lavorano e si divertono. Tale ricerca, volta nella strada giusta, potrebbe essere motivo di recupero di quelle persone colpite dal fenomeno dell'emarginazione. Il laboratorio svolto durante il corso ha evidenziato come sia la società e il pregiudizio a indurre a tale fenomeno. Come ho già detto nel mio intervento a riguardo: tutti noi che facciamo parte di questa società dovremmo impegnarci un pò di più a riflettere sui sentimenti degli altri, a non voltare la faccia quando vediamo qualcuno subire e a non puntare il dito così tanto spesso come facciamo, perchè solo così potrà esserci quel tenue barlume di speranza per rimuovere tutte le emarginazioni che non fanno altro che produrre disagio e sofferenza. Un altro filone di ricerca si è concentrato sulla motivazione generale dei bambini con ritardo mentale. Questi ultimi, in confronto agli altri bambini, tendono ad avere, non solo un basso quozionte intellettivo, ma anche minori aspettative di successo e bassa motivazione nelle sfide. Un esempio possono essere i casi di autismo, ossia quei bambini che hanno una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo neurobiologico e manifestatasi nei primi tre anni di vita. Gli ospiti che abbiamo avuto durante il corso hanno citato "L'autismo si cura con le persone". Questo per ribadire che non si tratta di una malattia. TUTTI, senza esclusioni, facciamo parte dell'umanità. Bisognerebbe guardare ai disabili, non come persone con mancanze e, che quindi, hanno una bassa qualità di vita, ma considerare che sono proprio loro, i portatori di disabilità, i resilienti, ad arricchire le nostre vite. Tutti hanno diritto al benessere, proprio come tutti abbiamo il diritto di vivere questa grandiosa avventura ...la vita.
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    donatella tipaldi


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty La più grande e vera disabilità é l'indifferenza.... Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze!

    Messaggio  donatella tipaldi Mer Mag 16, 2012 3:57 pm

    “le scuole inclusive possono cambiare gli atteggiamenti verso la diversità,
    Educando insieme tutti i bambini,
    Formando pertanto le basi per una società giusta e non discriminativa
    Che incoraggi le persone a vivere insieme pacificamente”


    Ho scelto di introdurre il mio pensiero con questa citazione perché credo e spero di rendere più più chiaro il motivo per il quale ho scelto di dedicarmi a tale tema, ovvero al capitolo 6 del libro di testo “Ben-essere disabili” .
    È un argomento che trovo importante e fondamentale, soprattutto oggi che ci troviamo a vivere in un mondo dove nonostante il progresso scientifico, tecnologico, e dove la visione accettata è che il diritto all’educazione sia un diritto inalienabile di tutti,si contano ancora 77milioni di bambini e giovani disabili non scolarizzati nel mondo e oltre 781milioni di adulti analfabeti… e tutto questo rispecchia lo stato di degrado, di mancanza di rispetto, di stima nei confronti del prossimo!
    Infatti, l’approccio inclusivo dell’educazione si afferma soprattutto attraverso la promozione di una società che sia in grado di rispettare la dignità di ogni uomo, a prescindere dalla nazionalità, dalla cultura, dal credo, dal sesso.
    L’educazione inclusiva ha come presupposto l’educazione PER TUTTI, perché un’educazione che è inclusiva apporta benefici non solo agli studenti disabili, ma alla società tutta!
    Numerosi sono i documenti che fungono da colonna portante a tale tema. Come la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, i documenti redatti a seguito delle conferenze organizzate dal’UNESCO (1990,1994), e dal Forum mondiale per l’educazione(Dakar 2000).
    L’educazione inclusiva rappresenta, per me, il, filo conduttore di tutto il nostro percorso di studio affrontato con la docente.
    I principi sui quali si basa l’EDUCAZIONE INCLUSIVA prevedono che:
    • La diversità arricchisce e rende più forte ogni comunità
    • Ogni diversa modalità di apprendimento di qualsiasi studente e ogni risultato raggiunto deve essere ugualmente valutato, rispettato e lodato dalla comunità
    • Ad ogni studente deve venir data la possibilità di realizzare il proprio potenziale, tenendo conto dei bisogni e delle esigenze individuali
    • Il sostegno deve essere garantito e completamente finanziato lungo tutto il percorso educativo
    • Ogni studente ha bisogno di amicizia e aiuto dai suoi coetanei
    • Tutti i bambini e tutti i ragazzi devono venire educati insieme, senza distinzioni, nelle loro comunità locali
    • L’educazione inclusiva è incompatibile con misure separatorie sia all’interno che all’esterno del normale percorso educativo
    Infatti, in una scuola inclusiva l’alunno è coinvolto attivamente in un processo che mette in relazione le conoscenze formali con quelle personali ed esperienziali.
    Ma esistono ancora oggi degli ostacoli che non consentono la piena realizzazione dell’educazione inclusiva….per esempio:
    • Il “disabilismo”, che crea barriere sistemiche attitudinali, ambientali e finanziarie all’inclusione degli studenti disabili nei percorsi educativi normali
    • L’impatto negativo delle politiche pubbliche che non promuovono attivamente l’inclusione
    • Le buone prassi di educazione inclusiva non sono condivise a livello di politiche nazionali, infatti c’è discontinuità tra pratica e politica
    • Mancanza di dati e statistiche quantitative e qualitative per supportare i benefici ampi dell’educazione inclusiva
    • La formazione degli insegnanti ha un approccio medicalizzato, non un approccio basato sul modello sociale di disabilità
    • La paura degli insegnanti di cambiare i metodi di insegnamento: ci si aspetta dagli studenti che si conformino a metodi di insegnamento tradizionali
    • La tradizionale competizione nelle scuole svantaggia molti studenti disabili  
    Per ovviare tale situazione che crea disagi, credo che sia necessario far riferimento ed adottare alcune fasi, come ad esempio:  
    • Una politica e leggi nazionali strategiche a supporto del diritto all’educazione inclusiva che assicurano cambiamenti nelle politiche e nella prassi a livello regionale, locale o cittadino.
    • Un sistema educativo in cui non vi siano scuole separate per gli studenti disabili (scuole speciali),che assicura che le scuole inclusive lavorino sulla loro capacità di includere una gamma ampia di studenti, compresi quelli con bisogni educativi speciali
    • Gli edifici scolastici devono essere totalmente accessibili per gli studenti disabili
    • Le scuole adottano un approccio basato sul modello sociale di disabilità nella progettazione dell’educazione inclusiva
    • Le scuole seguono un curriculum ampio e flessibile che incoraggia la collaborazione piuttosto che la competizione
    • La formazione degli insegnanti è focalizzata su metodi di insegnamento inclusivi così che gli insegnanti si sentano sicuri nel sostenere il processo di apprendimento di un gruppo di studenti ampio e diversificato.
    • Una certificazione delle competenze acquisite potrebbe essere un facilitatore, se inserito in un contesto valutativo ampio e flessibile
    • Gli studenti disabili hanno diritto di venire aiutati ad apprendere e ad accedere alle attività extra curriculari
    • Il ruolo dell’insegnante di sostegno sia nelle scuole primarie che secondare può migliorare l’inclusione perché può facilitare l’amicizia e la costruzione di legami con altri studenti. E’ importante che sia disponibile una buona formazione per gli insegnanti, così che comprendano che il loro ruolo non è quello di agire come una barriera ma di facilitare l’inclusione.
    A tal proposito, risulta fondamentale l’INDEX for INCLUSION : una proposta realizzata da T. Boat e M. Ainscow per il centro studi per l’educazione inclusiva che rappresenta lo strumento destinato alle istituzioni scolastiche che mirano alla trasformazione della loro cultura e delle loro pratiche per arrivare ad essere delle scuole per tutti. E’ una risorsa di sostegno allo sviluppo, è un documento completo che aiuta ad individuare i vari passi necessari per progredire nel cammino verso l’inclusione scolastica.
    Il termine “inclusione” è stato spesso riduttivamente associato ad alunni che presentano problemi fisici o mentali, o che abbiano Bisogni Educativi Speciali.
    Nell’Index,invece, l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti i bambini e ragazzi, con bisogni educativi speciali e con apprendimento normale. Infatti, indica un modo per migliorare l’ambiente scolastico in virtù di valori inclusivi.
    Altrettanto importante è l’approccio delle capability spiegato nel saggio dell'economista Amartya Sen,che offre un framework(struttura di supporto) teorico generale, collocando la definizione di disabilità all’interno del più ampio spettro dello sviluppo umano e del rafforzamento delle libertà. Questo modello,sposta il focus dalle specificità della situazione della disabilità (nel caso dell’ICF
    le funzioni corporee, le attività e la partecipazione) alla ricerca dell’uguaglianza in termini di possibilità e scelte. In questo senso, quindi, questo approccio è connesso ad una teoria di giustizia (Sen, 2006; Nussbaum, 2006). In altre parole, “La persona con disabilità attraverso un approccio di teoria della giustizia
    orientato alle capability - sia che la disabilità provenga da problemi fisici, mentali o da restrizioni imposte dalla società - riceve immediate attenzioni con politiche sociali che non avrebbe avuto attraverso altri approcci.


    …la vera disabilità è quella dell’anima che non comprende…
    Quella dell’occhio che non vede sentimenti…
    Quella dell’orecchio che non sente le richieste d’aiuto…
    Solitamente il vero disabile è colui che additando gli altri, ignora di esserlo.


    Ultima modifica di donatella tipaldi il Mer Mag 16, 2012 4:55 pm - modificato 1 volta.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  valeriaminucci Mer Mag 16, 2012 4:26 pm

    Tra i due capitoli proposti ho deciso di scegliere il 6° dove si affronta il tema dell’INCLUSIONE. Questo termine da un punto di vista internazionale viene compreso come una riforma che supporta e da il benvenuto alle diversità tra tutti gli allievi. L’educazione è una risorsa indispensabile e deve essere vista come un diritto per tutti, si verifica in molti contesti , sia formali che informali, nelle famiglie e nella comunità più ampia. L’educazione inclusiva è un processo che comprende la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini, studenti appartenenti a minoranze etniche e linguistiche, bambini con disabilità e difficoltà nell’apprendimento. Questo tipo di educazione è fondamentale per l’equità sociale ed è un elemento costitutivo dell’apprendimento per tutta la vita, per questo è importante che tutti i bambini abbiano accesso all’inclusione. Il maggiore impeto per l’educazione inclusiva è stato dato nella conferenza mondiale sui bisogni educativi speciali : accesso e qualità, tenuta a Salamanca nel 1994: veniva richiesto di rendere le scuole in grado di essere al servizio di tutti i bambini, in particolare quelli con disabilità. La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ha lo scopo di promuovere, proteggere e assicurare il pieno e giusto godimento dei diritti umani delle persone con disabilità. Ciò segna il cambiamento di pensiero riguardo la disabilità da una posizione di stato sociale ad una dei diritti umani, riconosce che le barriere sociali e pregiudizi siano elementi ostacolanti a causa di disabilità. Gli Stati Parti riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità. L’approccio dell’educazione inclusiva è caratterizzato da un cambiamento del modo in cui la disabilità viene compresa. Il modello tradizionale di disabilità si è focalizzato sulle menomazioni della persona disabile e ha spiegato le difficoltà che incontrava nel corso della vita in termini di quelle menomazioni. Il modello medico di disabilità vede questa come una tragedia personale che limita la capacità della persona disabile a partecipare nella società. E’ responsabilità del disabile inoltre cercare di affrontare il modo che ha di fronte, un mondo fatto da non disabili per incontrare i bisogni dei non disabili. Le persone disabili per cercare di vedere riconosciuti i propri diritti per una completa partecipazione, è stato formulato un nuovo modello sociale di disabilità. L’attenzione ora si sposta dalla tragedia personale dell’individuo verso l’ambiente sociale dove le persone disabili vivono il quale agisce per escluderli dalla completa partecipazione. Basti pensare alle “barriere architettoniche” di esse se ne sono occupate anche le Iene in una loro puntata. Le barriere architettoniche sono quegli ostacoli che rendono difficile la vita di una persona con delle difficoltà. Ciò che per noi può risultare semplice e normale come il fare una passeggiata con amici per loro non lo è in quanto incontrano costantemente ostacoli come: macchine parcheggiate davanti agli scivoli per le carrozzine, nelle metropolitane prendo come esempio quella di Milano che abbiamo visto nel video delle Iene che i montascale non funzionano. Ciò che colpisce è la superficialità nei confronti di questi evidenti disagi che vanno ad incidere sulle condizioni di vita di persone con disabilità. Ma gli ostacoli sono presenti anche nella nostra casa come il gradino nel bagno, molte volte nei palazzi dove viviamo non ci sono ascensori o montascale. Anche la nostra quotidianità come il prendere un treno super affollato per loro è un problema. Ecco che la società dovrebbe rendere la vita di queste persone il più normale possibile. Se qualcuno ha difficoltà ad accedere al trasporto pubblico, o a qualunque altro aspetto del mondo sociale non è perché ha una menomazione fisica o sensoriale. La causa è dovuta al fatto che il trasporto pubblico non è costruito per essere sufficientemente accessibile, perché le società sono organizzate per i bisogni della maggioranza di persone non disabili rispetto alla minoranza delle persone disabili. L’educazione inclusiva parte dal presupposto che bisogna comprendere le difficoltà educative, i bambini con menomazioni possono avere delle difficoltà anche nel sistema educativo. Spesso il sistema educativo è disegnato male, nel senso che ritroviamo: insegnanti poco formati, mezzi inappropriati di istruzione, edifici inaccessibili che creano “barriere” per questi bambini. Una soluzione è quella di comprendere quali sono le barriere all’apprendimento e sviluppare nelle scuole delle risorse per rimuoverle. Le figure che possono favorire l’inclusione sono: insegnanti, genitori, istituti di formazione, autorità della scuola. Un ottimo ambiente di apprendimento per l’inclusione dipende dalle relazioni tra insegnanti, genitori, altri studenti. Un inclusione efficace comprende l’implementazione sia nella scuola che fuori di essa, ma questa simbiosi tra scuola e società raramente avviene. Per quanto riguarda l’inclusione data dalle relazioni che si creano con educatori, insegnanti, possiamo fare riferimento alla “relazione educativa” che rappresenta un obiettivo educativo di primaria importanza e ciò che la caratterizza è la volontà di costruire un legame con l’altro. Esempi di relazione educativa sono stati sperimentati anche da noi in aula nel corso di una lezione. Erano stati creati due setting diversi nel primo vi era l’interazione tra una madre e l’educatrice, nell’altro l’interazione tra una nostra collega e l’educatrice. Quando parliamo di scuola inclusiva ci riferiamo a una scuola che dovrebbe offrire possibilità e opportunità di un’ampia gamma di metodi di lavoro per assicurare che nessun bambino sia escluso dalla socializzazione e partecipazione nella scuola. Per fare questo è necessario il supporto degli insegnanti, dirigenti scolastici e della comunità dove la scuola si trova. A questo punto possiamo riferirci all’INDEX per l’inclusione. Esso è lo strumento destinato alle scuole che hanno come obiettivo quello di rendere la scuola per tutti. Nell’INDEX l’inclusione si riferisce all’educazione di tutti i bambini con BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI. Offre una serie di materiali per consentire ad alunni, insegnanti e genitori di progettare per la propria realtà scolastica un ambiente inclusivo, dove le diversità siano il motore per il miglioramento e il progresso della scuola. Consente un esame dettagliato della scuola per superare gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione per favorire la realizzazione di ogni studente e per creare comunità solidali. Gli insegnanti dovrebbero avere ben chiari alcuni principi fondamentali per essere in grado di insegnare nell’educazione inclusiva. Il processo di inclusione dipende molto dalle attitudini degli insegnanti verso gli alunni con disabilità. E’ importante focalizzarsi sulla creazione di un ottimo ambiente di apprendimento così che i bambini possano apprendere bene e raggiungere il loro potenziale. Insegnare agli alunni disabili in classi comuni comporta una modifica al curriculum standard. Questi alunni possono richiedere un maggiore tempo didattico o altri metodi di insegnamento e conoscenze professionali. L’insegnante deve sensibilizzare l’instaurare relazioni sociali significative tra gli alunni, per quelli disabili, le interazioni con i normodotati sono importanti. Quando l’alunno disabile ha bisogno di un insegnamento specifico entra in gioco l’insegnante di sostegno. Altra figura chiave per l’integrazione è la famiglia. I sogni di un genitore di un bambino normodotato e di un bambino disabile sono simili. Il desiderio dei genitori di ragazzi disabili comprende anche il vederli inclusi ed accettati dalla società. Tutti i genitori necessitano di informazioni circa i loro bambini. Da una ricerca risulta che i genitori possono essere collaboratori importanti per aiutare i loro bambini ad acquisire specifiche abilità. Contatti regolari tra insegnanti e genitori possono favorire i progressi educativi del bambino. Altro elemento è il Capability Approach questo considera l’educazione connessa con la libertà umana. I benefici e i risultati dell’educazione sono visti come multidimensionali e sono misurati attraverso raggiungimenti sostanziali nella libertà. Il modello della Capability guarda l’aspetto relazionale di come il bambino interagisce con il suo ambiente scolastico e come egli converta le risorse in funzionamenti e al tempo stesso considera come l’ambiente è costruito. L’approccio della Capability è una struttura di pensiero non una teoria educativa. E’ un dovere dei governi e delle comunità ridurre le barriere che impediscono l’inclusione sociale.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  alessandra sorrentino Mer Mag 16, 2012 7:02 pm

    Ho deciso di trattare gli argomenti del 1° capitolo ben-essere disabili. Alla domanda cos'è la felicità? La felicità è quello che significa vivere una buona vita. Il concetto di felicità compare in ogni cultura. Molte lingue distinguono tra qualcosa di estremamente immediato,come la gioia o il piacere,e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l'appagamento. La felicità possiamo intenderla anche con il termine Eudaimonia che originariamente derivava da "buon demone";la felicità era avere un buon demone,una buona sorte.
    Il termine felicità può essere suddiviso in tre livelli. Il primo livello è quello più immediato e diretto;implica un'emozione o una sensazione,qualcosa come gioia o piacere. Tali sensazioni sono transitorie e presentano una fenomenologia chiara e particolare. La sensazione è provocata dal raggiungimento di qualcosa che si è sempre desiderato,ma non coinvolge molta cognizione a parte il riconoscimento del fatto che la cosa desiderata è avvenuta. Quando le persone affermano di essere felici della loro vita,intendono dire che dopo aver riflettuto tra piaceri e dolori,tra emozioni positive e negative,percepiscono che nel lungo termine hanno sperimentato più piaceri o emozioni positive che negative. Questa felicità è di secondo livello.
    Esiste poi un senso di felicità ancora più ampio. L'ideale aristotelico del vivere bene,infatti,l'Eudaimonia si intende una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità. Questa è la felicita di terzo livello.
    Spesso si fa confusione con i termini felicità e ben-essere. Il ben-essere include una componente cognitiva che valuta l'intera soddisfazione di vita e una componente affettiva che è a sua volta suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell'essenza di affetto negativo. Il ben-essere quindi non dipende solo dallo stare bene fisicamente,ma anche dagli stili di vita,dal tempo libero,dal lavoro e dall'ambiente.
    Un contributo fondamentale al ben-essere eudaimonico proviene dall'economista A.M. Sen il quale definisce il ben-essere attraverso i concetti di functiomings(funzionamenti) e capabilities. I funzionamenti consistono nei risultati e nei traguardi che una persona di fatto consegue,sotto forma di attività,ruoli e sviluppo dell'identità personale. Le capabilities invece sono l'insieme di funzionamenti di cui la persona dispone nell'ambiente. Esse riflettono il grado di libertà,autonomia e controllo di cui l'individuo gode nel proprio contesto di vita.
    Nel 2007 Canevaro afferma a questo proposito che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale,ma all'insieme di capacità che l'individuo stesso ha nell'organizzarsi e di adattarsi,grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano.
    Nell'800 Edouard Seguin,medico francese guidò la prima scuola per bambini disabili per far si che anche loro potessero essere educati e quindi assumere il loro ruolo nella società. Il modello formativo di scuola promosso da Seguin si diffuse molto rapidamente,ma nel corso del tempo queste scuole cambiarono drasticamente il loro obiettivo. Gli studenti non venivano educati,le scuole divennero molto meno educative e più affidatarie. Dopo tanti anni queste istituzioni sono state chiuse e c'è stata una completa inclusione con servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie. Il ben-essere delle persone disabili deve essere considerato come raggiungimento della piena autonomia,basti pensare alle case domotiche alle protesi estetiche ecc.. (Lab.Domotica) La domotica è la scienza che si occupa dello studio delle tecnologie atte a migliorare la qualità della vita nella casa. Queste tecnologie,rendono più facile la vita dei disabili permettendo loro di vivere agevolmente la propria quotidianità. Spero che la domotica venga sempre più incentivata in modo tale da rendere non solo più "tecnologiche" le nostre dimore,ma per agevolare il compito dei disabili nello svolgimento delle loro funzioni quotidiane come ad esempio:accendere la luce,aprire una finestra ecc.
    Inoltre Iavarone afferma che il ben-essere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico o economico,ma va definito come uno stato variamente complesso perchè multicomponenziale,multidirezionale,multidimensionale.
    La pedagogia,infatti,e in particolare la pedagogia speciale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto,occupandosi della sua istituzione ma anche della sua educazione,tutelando la salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  daniela picascia Mer Mag 16, 2012 7:05 pm

    Tra i due capitoli ho scelto il primo perché l’argomento trattato mi ha colpita particolarmente.
    Che cos’è la felicità? Crescendo impari che la felicità e’ fatta di cose piccole ma preziose… Nessuno è in grado di dare una risposta ben precisa, il concetto di felicità compare in ogni cultura. Molto spesso viene visto come qualcosa di immediato che provoca piacere è qualcosa di più durevole e significativo che prova appagamento. Socrate, Platone e Aristotele affermavano che l’uomo attraverso le sue scelte e la propria libertà poteva essere felice. L’OMS ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Il ben-essere quindi è il vivere bene da un punto di vista sociale e fisico anche in presenza di malattie temporanee o croniche. La buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo.
    Secondo Ghedin l’individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della sua vita costruisce il suo corredo culturale attraverso l’acquisizione di informazioni dall’ambiente esterno. La nostra società offre tanti piaceri che col tempo diventano effimeri, l’uomo ha bisogno di sfide, di mettersi alla prova, di poter potenziare le proprie capacità, la mente interpreta e organizza le esperienze, le filtra e le seleziona organizzandole. Molto tempo fa le persone con disabilità non venivano assistiti dalle istituzioni , intorno al 1800 fu creata la prima scuola per disabili che aveva un ruolo più che educativo fungeva da affidatario. Il ben-essere non era più visto come uno stato individuale ma un qualcosa da condividere insieme agli altri. Il ben-essere emozionale è quello che porta facilmente alla felicità. Zingler sostenne che i bambini con ritardo mentale non hanno un basso QI rispetto ai loro compagni di classe. Le madri dei bambini disabili attraversano vari stadi: shock, disorganizzazione emotiva, riorganizzazione e adattamento. Un atteggiamento negativo verso la disabilità da parte della società influisce non direttamente sul bambino ma si aggiunge al già esistente livello di stress della famiglia. La convinzione di imparare a stare bene possa essere insegnato viene perseguita attraverso la figura di professionisti che garantiscono cura, sostegno e aiuto. Infine concludo con una citazione che mi è capitata di leggere poco tempo fa è che mi è piaciuta in modo particolare:
    “Se vogliamo essere felici, possiamo esserlo adesso, perché la chiave della felicità è nascosta dentro di noi. Essa non dipende dagli avvenimenti che ci capitano ma dal modo in cui li percepiamo e li affrontiamo.”
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    giovanna costagliola


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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  giovanna costagliola Mer Mag 16, 2012 8:21 pm

    Risposta per quanto riguarda il sesto capitolo
    L'educazione inclusiva è un processo che comprende la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini, studenti appartenenti a minoranze etniche e linguistiche, bambini affetti da AIDS e HIV e bambini con disabilità e difficoltà nell'apprendimento e a fornire opportunità di apprendimento per tutti i giovani e anche gli adulti. Suo obiettivo è eliminare l'esclusione. Con tale educazione tutti i bambini saranno considerati con rispetto e assicurare loro uguali opportunità per apprendere insieme. Chi fa parte di tale progetto di inclusione sono gli insegnanti che devono avere ben chiari alcuni principi fondamentali quali individuare gli studenti che hanno bisogno di educazione speciale, conoscere e essere in grado di applicare metodi nel campo dell'educazione . Includere gli studenti con disabilità e di saper interagire con loro sono caratteristiche importanti di una scuola efficace. Gli insegnanti efficaci stimolano le abilità degli studenti predisponendo compiti di qualità, fornendo agli studenti le opportunità per scegliere i loro compiti. Una scuola efficace e le caratteristiche degli insegnanti influenzano positivamente gli esiti degli studenti in una classe inclusiva. Il modo in cui gli insegnanti insegnano è di importanza cruciale devono essere sicuri che ciascun bambino comprenda le istruzioni e le modalità attese di lavoro. Gli insegnanti come pure i dirigenti scolastici devono avere la possibilità di riflettere sulla loro pratica e influenzare i metodi e le strategie usate nelle loro classi e scuole. E' chiaro che il processo di inclusione dipende molto dalle attitudini degli insegnanti verso gli alunni con disabilità, dal come considerano le differenze presenti nel gruppo-classe e dalla loro volontà di affrontarle. Altro aspetto importante è la creazione di un ottimo ambiente di apprendimento così che tutti i bambini possono apprendere bene e raggiungere il loro potenziale. Questo comprende metodi di insegnamento centrati sul bambino. Le attività che rendono le scuole più efficaci includono attività di preparazione della scuola che facilitano la transizione dalla famiglia alla scuola per i bambini dell'infanzia, formazione degli insegnanti su tecniche centrate sui bambini, assegnare i migliori insegnanti ai primi gradi di scuola per assicurare un solido fondamento nell'alfabetizzazione, risolvere la questione dei bambini a rischio di fallimento. Le scuole dovrebbero fornire ai bambini la conoscenza e le abilità necessarie per rimanere in salute e proteggere essi stessi dal rischio di sfruttamento .Le attività che producono questo includono: un 'educazione basata sull'igiene e investimento in servizi sanitari , scuole e comunità.
    In questo progetto sono inclusi anche i genitori che l'unico loro desiderio è che i loro figli siano felici e il loro sogno è di assicurare che il proprio figlio diventi indipendente. I sogni di genitori di figli con disabilità sono simili. Coinvolgere i genitori su ampia basa nella scuola non solo conduce allo sviluppo di relazioni positive tra scuola e casa ma anche rende più probabile che i genitori prendano un interesse attivo nell'educazione dei loro bambini. Questo può avere un effetto benefico per i bambini quando vedono i genitori e gli insegnanti co-operare. Sfortunatamente alcune scuole non sembrano adottare questa politica e tale approccio non risulta vantaggioso al bambino e può portare sentimenti di paura e frustrazione. Tutti i genitori dovrebbero comprendere quelli che sono gli obiettivi di base delle scuole e dovrebbero essere informati del progresso fatto dal loro bimbo. I genitori devono essere considerati partner poichè visti come partecipanti attivi e parte integrante del processo di presa di decisione. Infine i bambini imparano meglio nelle scuole in cui ci sono buone relazioni sociali.
    L'educazione dunque deve cercare di rendere indipendente il bambino e mirare alla libertà umana di ciò se ne occupa anche il Capability Approach. L’educazione è importante nell’approccio della capability sia per ragioni intrinseche che strumentali. Saito afferma che l’educazione può giocare un ruolo nell’espansione nelle capabilities. Sotto il termine espansione possiamo discutere due aspetti delle capabilities: uno riguarda l’espansione delle capacità o abilità di un bambino l’altro è l’espansione nelle opportunità che il bambino ha, un esempio molto semplice è che Lisa impara matematica e come risultato ella ha maggiori opportunità per diventare una matematica. Tuttavia l’approccio della capability è una struttura di pensiero e non una teoria educativa; esso apre la strada ad un modello innovativo e utile per riesaminare l’educazione inclusiva e l’educazione più in generale. Come confermato e specificato nell’ambito dell’educazione sono presenti insegnanti, famiglie e vari progetti per valorizzate l’insegnamento e l’apprendimento dei bambini. Uno dei progetti su cui poter focalizzare la nostra attenzione è l’index per l’inclusione diventato punto di riferimento per la promozione dell’inclusione nel sistema scolastico. L’index offre una serie di materiali per consentire ad alunni, insegnanti, genitori etc… di progettare per la propria realtà un’ambiente inclusivo in cui le diversità siano motore per il miglioramento e il progresso della scuola. Esso promuove uno sviluppo inclusivo dall’interno perché muove dalla conoscenze, dalle esperienze e analizza la scuola nella dimensione delle politiche, delle partiche e della cultura. Per concludere gli indicatori dell’index consentono un’ esame dettagliato della scuola per superare gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione per favorire la realizzazione di ogni studente e per creare comunità solidali.
    Chiara Verace
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    Messaggio  Chiara Verace Mer Mag 16, 2012 8:27 pm

    Penso che prima di tutto essere in buona salute, vi rende felici, ma funziona anche nell’altro modo. Secondo me è molto meno probabile che un uomo felice si ammali che non uno infelice. [Bertrand Russell ]

    Ho cercato alcuni aforismi, che potessero evidenziare il tema della felicità, ma poi mi sono soffermata su questo. Subito mi ha colpito, perché credo racchiuda il tema trattato da E. Ghedin , nel primo capitolo” Ben-essere nella disabilità”. La Ghedin infatti tratta del concetto di felicità, benessere, soddisfazione rifacendosi anche a molte teorie e ricerche di alcuni studiosi, arrivando però alla conclusione che la felicità non deriva necessariamente da un corpo perfetto, da una vita piena di beni materiali ecc, ma al contrario la felicità e il sentimento di benessere sono strettamente collegati agli aspetti interni di ogni singolo individuo, e alla relazione di quest’ultimo con l’ambiente che lo circonda. Possiamo dire che in questo capitolo, la Ghedin fa un excursus storico sul tema della felicità. Il suo studio, parte dal concetto di felicità nelle varie culture. Molte lingue infatti distinguono la felicità tra un sentimento immediato e un sentimento più durevole,anche a distanza di tempo. Inoltre inizialmente la felicità era intesa come un “risultato” dovuto alla buona sorte, a un buon demone ( eudemonia) , in seguito con Socrate, Platone e Aristotele si è arrivati all’idea che l’uomo attraverso le sue scelte può diventare felice, anche andando contro la sorte. Vediamo quindi, che con ciò si sviluppa l’idea che la felicità non è collegata solo a un qualcosa di immediato, ma deriva dal riuscire a portare a compimento l’intera vita. Per questo motivo lo stesso Aristotele ritiene che la felicità è strettamente legata alla virtù di ogni uomo,e cioè riuscire a fare cose in modo eccellente. A rafforzare questa idea si può ricollegare l’aforisma di Seneca: La vera felicità risiede nella virtù. Esistono poi molti studiosi che si sono occupati del concetto di felicità. Tra questi ricordiamo Nettle, che distingue la felicità in un sentimento di 1°, 2° e 3° livello. La felicità di 1° livello rappresenta il raggiungimento di uno stato immediato di gioia, mentre la felicità di 2° livello è data da un bilancio a lungo termine tra i piaceri e i dolori della propria vita. Infine la felicità di 3° livello è data dalla realizzazione delle proprie potenzialità. La Ghedin tratta anche dell’OMS, che come abbiamo visto anche a lezione, definisce la salute di ciascun individuo come il risultato di un benessere fisico, psicologico e sociale. Per questo si può concludere che il benessere è dato dalla qualità della vita di ciascuna persona. Tra gli altri studiosi, Seligman ha proposto due strade che possono portare alla felicità. La prima strada è collegata alle emozioni positive che riguardano il passato di ognuno di noi, mentre la seconda strada rappresenta le emozioni positive nel presente, e quindi rappresenta una vita piacevole. Molto importante è anche l’idea di Csikszentmihalyi che introduce il concetto di flusso. Il flusso comprende tutti quei momenti in cui siamo concentrati su compiti cosi stimolanti,al punto tale che perdiamo la sensazione del tempo. Durante il periodo di flusso vi è una mancanza di emozioni positive, ma solo alla fine ritornando alla consapevolezza si possono presentare varie emozioni che possono portare alla felicità, quali orgoglio, contentezza e rilassamento. La felicità può essere vista da 2 punti di vista: edonistico e eudemonico. La felicità edonistica è data da una maggioranza di esperienze positive rispetto a quelle negative, mentre la felicità eudemonica è data dall’attuazione delle potenzialità dell’individuo e quindi riguarda il funzionamento della persona. La Ghedin poi, ci fa notare che si può integrare al concetto di Flusso, quello di benessere. Il risultato sarà quello di un impegno positivo, una sfida impegnativa ma allo stesso tempo motivante e rinforzante. Il risultato di questa integrazione quindi, potrebbe essere visto in una prospettiva educativa. Sarebbe utile che gli insegnanti utilizzassero il “flusso” nell’educazione in modo tale da rendere ciascuna esperienza degli alunni, positiva ed educativa. Come abbiamo visto anche durante alcune lezioni, è fondamentale la relazione educativa. Questa però non deve essere vista solo come un trasferimento di conoscenze, come un semplice imparare, ma come ci sottolinea la Ghedin, una relazione educativa che permetta agli alunni di apprendere in tutte le circostanze, rendendoli sempre più consapevoli delle loro capacità. Abbiamo visto le differenze tra la felicità intesa in senso edonistico e eudemonico. In particolar modo A.M. Sen , rifacendosi alla felicità eudemonica , definisce il benessere come risultati di Funzionamenti e Capabilities. I funzionamenti sono i risultati e i traguardi ottenuti dal soggetto, mentre le capabilities sono tutti quei funzionamenti che il soggetto dispone all’interno della società in cui vive. Da ciò quindi, si può arrivare all’idea di un benessere strettamente collegato alle funzionalità della cultura di riferimento, e di conseguenza il benessere soggettivo è strettamente collegato alla collettività. L’individuo infatti, durante la sua crescita, sviluppa un corredo culturale, attraverso l’acquisizione di sempre nuove informazioni. A questo proposito, è impossibile non citare l’idea di Canevaro e di Delle Fave. Con Canevaro infatti, viene introdotto il tema del Capitale Sociale, e cioè tutte quelle capacità che l’individuo può organizzarsi grazie alle strutture che lo circondano. Mi è molto piaciuta poi, l’idea di Antonella Delle Fave, la quale ritiene che è importante considerare ogni individuo come agente attivo della società. In particolar modo i soggetti svantaggiati, devono essere considerati parte attiva della società tanto quanto le persone definite “normali”. Come ci fa riflettere la Delle Fave, le persone non sono di per sé svantaggiate, ma lo diventano nel momento in cui, la società non è pronta ad accoglierli e quindi ad accettarli. Credo che questo sia un po’ l’intero scopo della pedagogia della disabilità, e cioè cercare di arrivare a una nuova idea di disabilità, non più come “caratteristica” da escludere, ma al contrario da integrare al massimo nella società. Inoltre il compito dell’educazione, è anche quello di far capire a ciascun individuo che è unico ed irripetibile, e per questo ognuno ha il diritto di scegliere cosa e chi vuole essere nella vita futura. Il benessere del soggetto inoltre cambia sia in senso verticale ( nel tempo), sia in senso orizzontale ( nei diversi luoghi), quindi spesso il benessere si collega ad alcuni avvenimenti della nostra vita personale. E’ importante ricordare che tutto questo è sempre strettamente collegato all’ambiente che ci circonda. Lo studio e la ricerca del concetto di benessere sta diventando sempre più accentuato al punto tale che alcuni studiosi ritengono che questo studio possa portare a dei vantaggi anche alle generazioni future. Questo perché scoprire che la felicità non è collegata al benessere materiale e fisico, comporta una ridefinizione di benessere personale e generale, in particolar modo nell’ambito della Nazione. Si potrebbe ri-definire una Nazione non dalle ricchezze o dai beni materiali che possiede, ma magari dalle relazioni che ci sono all’interno della popolazione, le varie condivisioni a livello pubblico, la partecipazione e l’attività di tutta la popolazione. Non sempre però si è avuto uno studio approfondito del tema del benessere, in particolar modo del benessere per i disabili. Nella metà dell’800, un medico francese Edouard Seguin, fu il primo a fondare una scuola per bambini disabili, con lo scopo di educarli nel modo giusto, per renderli cosi parte attiva della società. Nonostante gli sforzi di Seguin, col tempo, queste scuole divennero solo degli istituti dove le persone con disabilità venivano allontanate e abbandonate. Solo in seguito con il concetto di “normalizzazione” si è avuto un cambiamento, grazie anche all’adesione delle famiglie delle persone disabili, che promuovevano una completa integrazione delle persone con disabilità, nella società. Solo cosi si è cominciato a promuovere il tema del benessere anche per le persone con disabilità,considerando cosi il benessere non come stato individuale ma come caratteristica dell’individuo in relazione agli altri soggetti. Per questo è fondamentale ricordare che per sviluppare un benessere individuale, è necessario partire dalle abilità del soggetto, e non dalle difficoltà . Potremmo ricollegarci cosi all’idea di A. M. Murdaca: “ Non si deve definire nessuno per sottrazione”. L’obiettivo generale quindi, non deve essere solo quello di rendere le persone disabili autonome nel mangiare, nel vestirsi ecc, ma è soprattutto quello di potenziare le loro capacità, per renderli liberi di scegliere la vita che vogliono vivere. A quest’idea è collegato il pensiero di Iavarone, che appunto definisce il benessere non solo come una condizione fisica ed economica positiva, ma come uno stato multicomponenziale e multidimensionale. Diversi sono i filoni di ricerca sul benessere, nell’ambito della disabilità. Il “movimento della qualità della vita” ritiene che i fattori esterni non necessariamente migliorino il benessere della persona,che quindi è dato dalla relazione tra aspetti interni ed esterni. Vi è poi un movimento che ritiene che il benessere sia collegato all’ambito psicologico e infine vi è la ricerca sulla famiglia. In questa ricerca si focalizza l’attenzione sulle famiglie di bambini disabili, i quali spesso hanno poca autostima in se stessi. Questo è dovuto anche allo stress che molte volte subiscono le famiglie e che automaticamente viene interiorizzato dagli stessi bambini. Per questo si parla di Coping, inteso come quel comportamento di reazione a situazioni stressanti, in questo caso nell’ambito familiare. Alcuni studiosi ritengono che un azione di coping positiva possa migliorare, le percezioni del bambino disabile, che riesce meglio a fronteggiare le situazioni difficili. Un esempio di coping positivo, è sicuramente la storia di Simona Atzori e del prof. Palladino, che nonostante i loro deficit, non si sono scoraggiati ma anzi hanno lottato per ritornare alla loro vita quotidiana. Lo sviluppo e il miglioramento di questi due esempi di resilienza, è stato sicuramente incentivato dalle loro famiglie. Lo stesso prof. Palladino durante il nostro incontro ci ha raccontato della sua “svolta” anche grazie alla moglie, ai figli e alla loro voglia di combattere insieme a lui. Grazie alla sua testimonianza, abbiamo compreso che avere alle spalle una famiglia che nonostante le difficoltà, cerca di superarle trovando degli aspetti positivi,non può far altro che migliorare la condizione del disabile stesso e cosi, migliora automaticamente anche la sua sensazione di benessere. Inoltre è idea generale che le persone disabili abbiano una bassa qualità della vita, da recenti studi però si è scoperto che questo non è vero, in quanto mettendo a confronto persone con e senza deficit, non sono state riscontrate significative differenze per quanto riguarda la soddisfazione di vita. Nonostante tutte queste ricerche restano ancora molte domande senza risposta, ma nonostante queste “incertezze” la pedagogia della disabilità ha come obiettivo il benessere e la qualità della vita delle persone,cercando sempre di tutelare la salute e lo sviluppo fisico e psicosociale degli individui.
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    Messaggio  Flavia Cozzolino Mer Mag 16, 2012 8:54 pm

    Wikipedia: la felicità è lo stato d’animo(emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. Mi fermo, e mi domando…quindi si è felici solo se si è capaci di realizzare i nostri desideri? E se ne realizzeremo dieci su mille? Guardare negli occhi le persone che si amano non è sinonimo di felicità? Guardare incantati il cielo sereno dopo una tempesta, svegliarsi al mattino e sapere che c’è tua mamma ad augurarti il buongiorno, ricevere un messaggio da un’amica lontana, sentirsi orgogliosi dopo aver aiutato una persona in difficoltà, non è felicità questa??? La felicità non può essere spiegata attraverso una definizione specifica ed universale, la felicità a mio parere è ciò che contraddistingue un uomo da un altro uomo. E allora come si risponde a questo interrogativo??? COS’è LA FELICITà? Tale concetto compare in ogni cultura, ha rappresentato da sempre la base del dibattito filosofico ,religioso ed educativo. Molte lingue la distinguono come un qualcosa di immediato(gioia, piacere), altre come un qualcosa di più durevole e significativo(soddisfazione, appagamento). Eudaimonia originariamente derivava da “buon demone”, secondo la cultura mitica la felicità era strettamente legata alla fortuna, nelle moderne lingue anglosassone, significa sia fortuna che felicità(tedesco:” gluck”;Inglese:happines…accadere, capitare), addirittura i latini parlavano di terra “felix” quando la stagione era fertile. Con Socrate, Platone e Aristotele la parola eudaimonia si è arricchita di nuovi significati, l’uomo può essere felice con la sua libertà e continuare ad esserlo anche contro la sorte. Per Aristotele in particolare la felicità era strettamente collegata all’etica, alla virtù, quest’ultima espressione per dimostrare” il sapere fare cose d’eccellenza”. Recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico il concetto di felicità, alcuni studiosi hanno avvertito la necessità di comprendere la sofferenza umana. Maslow : ha contribuito a questa ricerca con la gerarchia dei bisogni, stabilendo che il più alto grado di bisogni come l’autostima sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni di ordine più basso come la sopravvivenza. L’implicazione quindi è che i bisogni di ordine inferiore dovrebbero precedere quelli di ordine superiore della gerarchia. La felicità può essere classificata in base a tre sensi:
    1.Immediato:più diretto alla felicità, sensazioni transitorie, provocate dal raggiungimento di uno stato desiderato che non coinvolge molta cognizione. Può essere misurato in modo oggettivo, ciò che le persone riferiscono sulla loro felicità è indiscutibile. Nettle definisce questo senso di felicità “felicità di primo livello”.
    2.Felicità di secondo livello: i differenti livelli di paragone che persone diverse utilizzano nei loro giudizi potrebbero diventare un fattore di confusione, ma i resoconti di felicità fatti su se stessi sono ancora i dati di fatto principali e appropriati per uno studio scientifico.
    3.La felicità di terzo livello non si può misurare facilmente, affinchè si valuti è necessario esprimere un giudizio su che cosa sia vivere bene e in che misura lo si realizzi nella propria vita.
    L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha indicato come obiettivo centrale della medicina la promozione della salute, definendola come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Il ben-essere include in sé una componente cognitiva e un’altra affettiva, e in generale è stato definito un “vivere bene” anche in presenza di una malattia temporanea o cronica. Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità: percorrendo una via basata su emozioni positive” (la vita piacevole” ) o dirigendosi verso la strada che individua talenti personali e forze. Seligman ha offerto un forte contributo alla psicologia positiva con la teoria della felicità autentica relativamente alla vita piacevole, alla buona vita, e alla vita che integra e si costruisce sulle concezioni eudaimonica ed edonica della felicità. Da un punto di vista edonistico ci riferiamo alla massimizzazione dei piaceri e alla minimizzazione del dolore, invece dal punto di vista eudaimonico ci riferiamo all’attualizzazione del potenziale dell’individuo e del perseguimento del proprio vero sé. Diverse sono le teorie che concordano con il punto di vista eudaimonico, ritendendo che la felicità è data dallo sviluppo delle forze e virtù individuali. Ad esempio secondo Waterman è massimizzata quando le attività coincidono con i valori più profondi delle persone; per Ryff e Keyes la identificano con l’autonomia, la crescita personale, l’autoaccettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale e con le relazioni positive con gli altri. Inoltre sviluppato da Csikszentmìhàlyi è il concetto di flusso, che corrsiponde allo stato di impegno, felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante. Questo aspetto è molto significativo e vede nella figura dell’educatore, il soggetto che crea le condizioni adatte che rendono la persona capace di scegliere di apprendere, rendendo così l’apprendimento un’esperienza piacevole, iniziando a leggere il mondo con curiosità ed interesse. Il benessere considera la soddisfazione delle proprie esigenze valutando la cultura di riferimento, è importante in questo caso fare riferimento a Ghedin con l’idea che gli esseri viventi tendono alla complessità da un punto di vista biologico, psicologico e sociale, acquisendo e integrando le informazioni che gli provengono continuamente dall’ambiente. Per questo motivo diventa fondamentale l’analisi di ciò che è possibile, desiderabile e significativo per il singolo e la comunità. Canevaro afferma a questo proposito che il ben-essere di un individuo non è legato solo alla sfera del singolo, dell’individuale ma anche a quella che qualcuno chiamerebbe capitale sociale. Inoltre, la Delle Fave afferma che in prospettiva eudaimonica è importante considerare che l’individuo venga visto come un agente attivo al cambiamento e allo sviluppo della comunità, e ciò deve valere per tutti i cittadini, per persone con disabilità, anziani, immigrati, minoranze persone in condizioni di disagio psicosociale. Da un punto di vista educativo ciò significa dare a tutti la possibilità di decidere di essere. Come già sottolineato in precedenza, solo recentemente si sono attivate tali ricerche concependo che l’idea di ben-essere e la sua ricerca fanno parte degli esseri umani e in quanto tale merita una giusta attenzione scientifica. Gli uomini si caratterizzano anche per la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti dell’ambiente(controllo omeostatico). Il benessere:
    - segue più direzioni, in senso verticale(tempi), orizzontale(luoghi);
    - possiede più dimensioni trasformandosi sia sincronicamente che diacronicamente;
    -è il risultato dell’integrazione tra sistema biologico, psichico, sociale dipendendo non solo dal funzionamento di organi e di apparati vitale ma anche da stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dalla condizione e dalla qualità dei contesti e dell’ambiente;
    -non ignora la sofferenza umana ma la previene e la allevia attraverso la promozione di una buona salute, resilienza e crescita psicologica.
    E per quanto riguarda il benessere per disabili??Edouard Seguin, medico francese per la prima volta nel 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili, promuovendo un modello formativo che si diffuse rapidamente, adottando una visione progressista affermò che i bambini con disabilità potessero essere educati e assumere il loro giusto ruolo all’interno della società. Per la psicologia positiva soprattutto in questi casi considera il benessere come un progetto dinamico da condividere con gli altri, riconoscendo l’aspetto relazionale come punto strategico insostituibile. Lo scopo deve essere quello di estrapolare le potenzialità, le capacità, le doti delle persone con disabilità, ed è in questo che dovrebbe essere utile l’aiuto dell’operatore. Mangiare, vestirsi, lavarsi sono sì aiuti utili ma da soli aumenterebbero un’immagine di inadeguatezza e debolezza. Sono stati diversi i filoni che hanno contribuito nella ricerca della felicità e del benessere nella disabilità.
    Il movimento della qualità della vita: recentemente un team internazionale di esperti ha identificato alcune dimensioni della qualità della vita, e dai dati sembra emergere che il benessere emozionale sembra quello più vicino alla felicità. Lyubomirky, Sheldon,e Schkade hanno evidenziato che circa il 10% della varianza della felicità nella popolazione generale è dovuta a condizioni di vita esterna, con il 50% determinata da una condizione genetica e il 40% da attività intenzionale che aumentano o diminuiscono la felicità.
    Il movimento della doppia diagnosi: in confronto alla popolazione generale, le persone con ritardo mentale sono a più alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi .Circa il 40% di essi ha problemi clinicamente significativi, sintomi di disadattamento o psichiatrici sono i maggiori ostacoli in setting inclusivi dove le persone con ritardo mentale vivono, si divertono ,lavorano.
    Personalità motivazione e felicità: negli anni Settanta del secolo scorso, Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale non solo avevano un QI basso ma avevano anche una personalità distintiva che derivava dai loro aumentati indici di esperienze di fallimento, avevano minori aspettative di successo ,bassa motivazione alle sfide e si affidavano più all’aiuto degli altri che a loro stessi. Le questioni relative al benessere in questo caso dovrebbero favorire più che l’apprendimento scolastico, un sentimento globale di autoefficacia, capaci di renderli attivi e potenti nella gestione della propria esistenza.
    La ricerca sulla famiglia: essa effettuata sulle famiglie di bambini con ritardi mentale hanno avuto un orientamento nella direzione della psicopatologia. Le madri che attraversano diversi stadi dallo shock e dalla disorganizzazione emotiva per non avere un figlio perfetto e idealizzato, alla riorganizzazione. Mullins ha condotto un’analisi su circa 60 libri i cui autori erano i genitori di figli disabili che hanno messo in evidenza la presenza dello stress emotivo e delle preoccupazioni, ma sono emersi molti di loro che hanno sostenuto quanto la presenza dei loro figli abbiano arricchite le loro vite di significato. In riferimento è di grande importanza mostrare una particolare attenzione sulla famiglia e sui sistemi ambientali che influenzano lo sviluppo di un bambino con difficoltà. Un qualsiasi atteggiamento negativo non influirebbe direttamente sul bambino ma si aggiungerebbe al già esistente livello di stress della famiglia.
    Secondo alcuni studi, come quello condotto da Cameron, non sono state riscontrate differenze tra 190 persone disabili e 195 normodotate sulle valutazioni della soddisfazione di vita, frustrazione e umore. Altri risultati inoltre hanno confermato che le persone disabili alla nascita dimostrano di essere più felici rispetto alle persone che lo sono diventate nel corso del tempo.
    Secondo la prof Iavarone la pedagogia in modo particolare la pedagogia speciale, ha come principale obiettivo il benessere e la qualità della vita del soggetto con l’aiuto di diversi esperti come educatori, operatori, insegnanti, e di occuparsi non solo di istruzione ma anche dell’educazione, tutelando salute e sviluppo non solo fisico ma soprattutto psicosociale.
    A mio parere la ricerca della felicità è un diritto per tutti. Tutte le Costituzioni ne parlano, i film e la letteratura la raccontano, ma poi effettivamente che ruolo ricopre nella nostra vita? L’art 3 della Costituzione recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Ancora la Legge 104/92 si impone di offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone con disabilità. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, questi limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quanta “carta parla”??? E i diritti sono realmente riconosciuti???Le barriere architettoniche sono state definitivamente rimosse??? Diversi sono stati gli incontri durante il corso con persone con disabilità, dal prof Palladino ai membri dell’ U.N.I.Vo.C, ai video visionati in aula (ad esempio la giornata di un disabile in una città come Milano)…e sono tante le problematiche emerse, sono tanti gli ostacoli che limitano e rendono difficili le vite di queste persone. Tutto a mio parere parte dall’alto per poi ramificarsi fino ai più piccoli. Ricordo un episodio che ci raccontò un ospite dell’U.N.I.Vo.C, un ragazzo non vedente finì contro ad un cartellone pubblicitario ad altezza uomo(circa un metro ), e ad avercelo fissato lì, in quel modo, a quell’altezza era stato proprio un’ente a cui avevano esposto problemi simili qualche settimana prima. Di fronte a tanto menefreghismo, abbiamo avuto la fortuna di incontrare uomini forti, con la voglia di vivere, con dignità e umiltà fanno sentire le loro voci in un mondo troppo preso da se stesso, e la cosa per me è già stato motivo di felicità. Non sono capace di dire, “per me la felicità è”………Ma posso dire che durante quest’esperienza mi sono sentita molte volte felice…Mi sono sentita invasa da un senso di felicità di fronte al sorriso di Simona Atzori, di fronte alla forza di Pistorius: CHE IO POSSA VINCERE, SE NON RIUSCISSI,CHE IO POSSA PROVARCI CON TUTTE LE MIE FORZE. Ho toccato la felicità con mano, quando a parlarci è stato il prof Palladino ed ha donato ad ognuno di noi uno sguardo col suo cuore: I NON VEDENTI NON SOGNANO MAI IL BUIO…Sono tante le parole che vorrei scrivere, ma non vorrei risultare banale o ripetitiva…mi concedo un’ultima cosa…IO SARò FELICE OGNI VOLTA CHE PENSERò A QUESTA RICCA E UNICA ESPERIENZA. …La felicità per me, è tutto ciò che mi fa battere il cuore a mille, ma dopo un po’ mi porta un forte senso di malinconia, al pensiero che quell’attimo, quella sensazione, quel momento è destinato a finire.
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    Messaggio  Claudia Zuccoli Mer Mag 16, 2012 9:02 pm

    1 capitolo ben-essere nella disabilità.
    Cos’è la felicità? Solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico il concetto di felicità, questo concetto compare in ogni cultura .Si può trattare di qualcosa di estremamente immediato, come la gioia o il piacere, oppure di più durevole e significativo.
    Eudaimonia deriva da “buon demone” cioè la felicità era avere un buon demone, una buona sorte, quindi il concetto di felicità era semplicemente legata alla casualità. Mentre con Socrate ,Platone e Aristotele si inizia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e la sua libertà può diventare felice anche contro la sorte.; per questo motivo si parla di felicità come virtù connessa all’etica.
    Nettle definisce tre livelli di felicità:
    1)Felicità di primo livello: implica emozioni o sensazioni , un qualcosa come gioia e sapere. ; può essere misurata in modo oggettivo . Ciò che le persone riferiscono soggettivamente sulla loro felicità è indiscutibile ,se affermano di provare gioia lo si deve ritenere vero.
    2)Felicità di secondo livello: implica appagamento e soddisfazione come risultato del bilancio tra emozioni positive e negative; sperimentando che la vita delle persone , è stata accompagnata per la maggior parte da emozioni positive piuttosto che negative.
    3) Felicità di terzo livello: Eudaimonia, come la piena realizzazione delle proprie potenzialità nell’arco della vita.
    L’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) ha definito la salute come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Spesso i termini ben-essere soggettivo e felicità sono stati usati come sinonimi, non tenendo conto del fatto che il ben-essere soggettivo include sia una componente cognitiva ,che valuta l’intera soddisfazione di vita, che una affettiva, suddivisa nella presenza di affetto positivo con assenza di affetto negativo. Shafer definisce il Ben- essere come “vivere bene” da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica. La “buona vita” consiste nello spendere le proprie forze, nel modo migliore possibile, nelle relazioni , nel lavoro e nel tempo libero. Importante è la teoria di Seligman, la “teoria della felicità autentica” ,il quale propone anche diverse strade che conducono alla felicità.
    Le teorie contemporanee sulla felicità includono:
    1) la teoria eudonica= felicità come massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore, e si verifica quando le esperienze piacevoli e le gratificazioni sensoriali hanno maggior peso delle esperienze dolorose.
    2)la teoria eudaimonica =felicità come attivazione del proprio potenziale, e dal perseguimento del proprio vero sé.
    3) le teorie sviluppate dal movimento della psicologia positiva=felicità come espressività personale e perseguimento dell’autonomia.
    WATERMAR dice che la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori, risultando autentici e vivaci. Invece RYAN E DECI con la loro teoria dell’autodeterminazione pensavano che la felicità e la crescita psicologica sono collegate al perseguimento dell’autonomia, della competenza e dei bisogni associati. Ma ciò che accomuna le teorie eudaimoniche è la tesi che la felicità risulta non dal perseguimento del piacere ma dallo sviluppo delle forze e virtù individuali.
    Canevaro parla del benessere di un individuo che è legato al capitale sociale, cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi con le strutture e i contesti in cui si muove. Ognuno di noi nasce con qualcosa di nuovo, mai esistito, ognuno di noi ha un suo modo originale di vedere, ascoltare, toccare, gustare e pensare.
    Ricordiamo anche la Teoria dell’equilibrio dinamico che afferma che, i livelli di felicità rimangono costanti nel tempo, nonostante i cambiamenti nelle circostanze di vita dell’individuo. L’equilibrio dinamico si riferisce alla tendenza dell’uomo di adattarsi al cambiamento chiamato “controllo omeostatico”. Il benessere dipende dunque non soltanto dalle componenti fisiche ,sociali e emozionali, dal tempo libero, ma anche dalle condizioni ambientali e lavorative.
    la prof. Iavarone afferma che il ben-essere non può essere assimilato ad una generale condizione di ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale , multidirezionale, multidimenzionale. La Prof. sostiene che il ben-essere possiede più dimensioni in quanto il desiderio di ben-essere si trasforma sia sincronicamente, in concomitanza con un episodio particolare in un determinato momento dell’esistenza di un individuo, sia diacronicamente, se il processo di tensione al ben-essere lo si riconduce a una fase o a un intervallo di tempo più lungo della vita di un soggetto. Il ben-essere quindi, scaturisce dalla risultante dell’integrazione tra i sistemi biologico, psichico, sociale; esso dipende non solo dal corretto funzionamento di organi e di apparati vitali, ma soprattutto dagli stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dalla condizione dell’ambiente e dalle qualità umane dei contesti.
    Sono stati molti gli studiosi che hanno effettuato ricerche sullo stato di benessere. Negli anni settanta del secolo scorso Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale rispetto ai loro coetanei normodotati, avevano minori aspettative di successo, bassa motivazione alle sfide e si affidavano molto di più agli altri invece che a se stessi per la soluzione di problemi. Un'altra ricerca è stata effettuata anche su ruolo dei genitori. La figura materna, è stata individuata come colei che rimpiange la perdita di un bambino perfetto. Alla nascita del bambino sono connesse profonde aspettative, e quando queste aspettative non vengono soddisfatte perché al posto di un bambino infatti “sano e bello”, ci si trova davanti ad un bambino con disabilità, la nascita si trasforma in un evento angosciante e luttuoso.
    Mullins ha condotto un’analisi di circa 60 libri scritti da genitori di figli disabili, e ha messo in evidenza la presenza di stress emotivo , angoscia e preoccupazioni, ma ha anche concluso che, per la maggior parte degli autori, la disabilità dei loro figli ha aggiunto qualcosa alle loro vite rendendole anche più ricche di significato. Senza dubbio, crescere un figlio disabile comporta una serie di difficoltà obiettive, e ciò richiede un grandissimo impegno. E’ importante infatti stargli accanto facendogli percepire tutto l’amore e il sostegno possibile, senza fargli avvertire la sua diversità. Solo cosi gli si potrà permettere di sfruttare al massimo le sue potenzialità.
    Questo concetto mi richiama alla mente l’esperienza di vita della signora Tina , che ci ha raccontato la sua triste esperienza. Mi ha colpito il modo in cui è riuscita a superare tutto proprio grazie al supporto del marito e dei figli, elementi indispensabili, perché la famiglia è la miglior medicina per qualsiasi malattia, e mi ricorda anche il prof Palladino, il quale ci ha raccontato la sua storia insieme alla sua famiglia, che all' età di tredici anni a causa di un incidente ha perso la vista, e che nonostante tutto non si è chiuso in se stesso isolandosi come spesso accade, ma ha reagito, infatti la sua vita è concentrata a fare del bene e ad aiutare le persone che hanno il suo stesso handicap .Una delle cose importanti che ci ha riferito e suggerito, è stata che nel momento in cui ci troviamo di fronte a un bambino che ha queste problematiche non dobbiamo assolutamente mostrare alcun pietismo, ma bisogna spronarlo nella sua progettualità di vita sia nello studio che nel rispetto delle regole per il suo completo inserimento nella vita sociale e lavorativa futura.
    Mi colpi molto anche l’incontro con l' associazione di volontariato UNIVOC (Unione Nazionale Italiana Volontari Pro Ciechi), un’ associazione che cerca di alleviare le problematiche e le difficoltà di cui sono vittime i non vedenti, mettendo a loro disposizione dei volontari. Essi si dedicano soprattutto agli anziani ,e il loro obiettivo è quello di trasmettere loro maggiore sicurezza per non farli sentire dipendenti dagli altri.
    Si dedicano ad organizzare percorsi formativi rivolti a bambini e ragazzi minorati dalla vista e in difficoltà di orientamento, permettendo loro l’accessibilità all’arte.
    Penso sia bello pensare che ci sono persone che sono disposte a mettere in gioco la propria vita dedicandola a migliorare l’esistenza di altre persone, ma che nello stesso tempo ,lavorando su se stessi ,in questo dare e avere colgono il senso più profondo di essere uomini.

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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Carmela Frascarino Mer Mag 16, 2012 9:04 pm

    La felicità è quello che significa "vivere una buona vita".Nelle culture contemporanee le persone stanno cercando metodi e modi soddisfacenti sempre più utili per diventare felici,e quindi vivere una buona vita.Tuttavia solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare il vero concetto di felicità.Tra tutte le scienze sociali,la psicologia è tradizionalmente una professione del tutto curativa che si è centrata sul cercare di alleviare le malattie mentali,patoligie e malfunzionamenti.Alcuni studiosi delle scienze sociali ritengono che studiare la conoscenza delle emozioni positive sia un obiettivo superficiale rispetto alla necessità di comprendere la sofferenza umana.In tal caso il movimento della psicologia positiva ha tentato di trovare una soluzione a questo problema, indirizzando l'indagine psicologica verso gli aspetti positivi dell'esperienza umana e delle situazioni che sono fonte di felicità per gli individui.
    Ma che cos'e realmente la felicità?
    Si deve dire che il concetto di "felicità" compare in qulasiasi cultura,in modo diverso."Eudaimonia"derivava da "un buon demone"la felicità era avere un buon demone,una buona sorte.In quel contesto la felicità era strettamente legata alla fortuna.Con Socrate,Platone e infine Aristotele la parola eudaimonia si carica di significati nuovi,e si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e con la sua libertà può essere felice,anche se va contro la sua sorte.La felicità infatti è connessa al portare al compimento l'intera vita ,non con il piacere che si prova nell'attimo fuggente.Per questo Aristotele dice che la felicità è strettamente legata,e quindi connessa ,all'etica e alle virtù intese non tanto in senso moralistico,ma di azione,di attività.
    Molti usi del termine felicità si possono classificare in sensi.Il senso più immediato e diretto di felicità implica un'emozione o una sensazione,qualcosa come la gioia o il piacere.La sensazione è provata dal raggiungimento di uno stato desiderato,infatti Nettle definisce questo senso di felicità "felicità di 1° livello".Quando le persone affermano di essere felici della loro vita,di solito non intendono dire che sono letteralmente piene di gioia,o che provano piacere per tutto il tempo.Esse intendono dire,dopo aver riflettuto tra tutti i piaceri e dolori,tra tutte le emozioni positive e negative,percepiscono che nel lungo tempo hanno sperimentato e vissuto più piaceri o emozioni positive piuttosto che quelle negative.
    Esiste poi un senso di felicità ancora più ampio.L'ideale aristotelico del vivere bene,l'eudaimonia che viene spesso tradotta con "felicità".
    L'organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha indicato la promozione della salute come l'obiettivo della medicina,e ha definito la salute come una condizione di benessere fisico,psicologico e sociale.
    Il ben-essere è stato definito "vivere bene"da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico,anche in presenza di una malattia che sia temporanea o permanente.
    Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità.La prima,una persona può avere emozioni positive circa il suo passato,come la soddisfazione, e emozioni positive circa il futuro, come la speranza e l'ottimismo.La seconda,esiste una felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati nel "flusso".Il concetto di "flusso"comprende quei momenti in cui siamo concentrati in compiti stimolanti che mettono alla prova le nostre abilità.Dopo l'azione essi possono cimentarsi in affetti positivi quali l'orgoglio e il rilassamento.
    Una buona vita consiste nell'usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro,nelle relazioni e nel tempo libero.Seligman ritiene che la vita piacevole è quella che si basa sulle esperienze piacevoli e positive.La buona vita si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù in attività da cui l'individuo trae piacere e di cui è appasionato,o che queste attività contribuiscono a un bene più grande come l'amicizia o servire la comunità.
    Waterman ritiene che la felicità è massimizzata quando l'attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori.
    Facendo riferimento all'azione educativa è necessario che il ruolo dell'insegnante abbia come l'obiettivo quello di favorire l'adozione di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli diretti verso la propria felicità.
    Si dice che,in quanto,esseri viventi tendiamo alla complessità.L'individuo nasce infatti in una sorta di corredo genetico e nel corso della vita costruisce il suo corredo culturale attraverso l'acquisizione d'informazioni dall'ambiente esterno.Canevaro,dice che il ben-essere di un individuo sta nel CAPITALE SOCIALE,ovvero all'insieme di capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi con tutto ciò che lo circonda nell'ambiente esterno.
    Gli individui non sono di per sè svantaggiosi ma lo diventano in un ambiente sociale o culturale in cui la loro condizione comporta conseguenze svantaggiose.E' il caso delle barriere architettoniche che un disabile deve riscontrare ogni qualvolta esce di casa e si reca al centro della sua città,dove si manifesta lo scarso operato delle strutture proposte dallo Stato per il benessere dei cittadini.E' necessario che ciascun individuo sia incoraggiato a seguire il suo percorso di complessità senza discriminarlo o ignorarlo.Da una prospettiva educativa,tutti abbiamo delle pontenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo e il ruolo dell'educazione è quello di permettere l'attivarsi di questo potenziale attraverso la creazione di un ambiente "facilitante".Per essere felici infatti l'essere umano ha bisogno di mettersi alla prova,di rinforzare le proprie potenzialità e capacità nell'ambiente.
    Seguin promosse la visione progressista che i bambini con disabilità potessero essere educati e quindi assumere un giusto ruolo nella società.Sono stati indirizzati dei programmi che si avvicinano al concetto di autodeterminazione che mira a rendere in grado le persone con disabilità di compiere scelte personali per la loro vita.Ecco che in questa direzione si cerca di promuovere il benessere delle persone disabili.In realtà oggi la ricerca si sta spostando anche sull'analisi del concetto di ben-essere e felicità per le persone con disabilità con l'obiettivo di promuovere capacità di condurre una "buona vita",vivere vite stimolanti e soddisfacenti proprio come tutti noi esseri normali.E' il caso della tecnologia che con la sua evoluzione ha dato origine alla DOMOTICA,ovvero una tecnica innovativa per le strutture degli interni di casa,che permette di vivere in comodità e sicurezza nella propria abitazione,permettendo ad una persona con disabilità di muoversi in maniera autonoma senza richiedere continuamente aiuto.
    L'immagine pubblica attuale però risulta essere scadente perchè la qualità della vita di un disabile è del tutto bassa.Esiste però un consenso generale che deve essere attuato per far sì che la qualità della vita venga migliorata,e molti paesi hanno già adottato questa visione;come è il caso del Regno Unito con DISABILITY DISCRIMINATION ACT attraverso cui si offre alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili.
    L'obiettivo politico deve essere quello di "normalizzare"le vite delle persone con disabilità,permettendo così non solo di migliorare lo stardand di vita, ma anche il loro ben-essere soggettivo.
    Concludendo,la prof.Iavarone afferma che la pedagogia,in particolare quella sociale,ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto,e si occupa della sua istruzione ma anche della sua educazione,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche psicosociale.Bisogna a tal proposito garantire dei buoni educatori nelle istruzioni della società che abbiano come obiettivo principale quello di offrire e tramandare il sapere,ma soprattutto regalare quel sorriso che dovrà essere il seme di una buona qualità di vita,quindi di ben-essere,che arrivi alla felicità perchè ESSERE FELICI E'UN DIRITTO DI TUTTI!
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    Messaggio  Pezzella Vincenza Mer Mag 16, 2012 9:59 pm

    Il tema della felicità appassiona da sempre l’umanità.
    Ognuno di noi tenta,nel suo piccolo,di capire che cos’è la felicità e come raggiungere questo stato di grazia.
    Ma che cos’è la felicità?
    La felicità è lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti i proprio desideri. La felicità e quello che significa avere una buona vita ha rappresentato la base del dibattito filosofico,religioso ed educativo per molti anni.
    Il concetto di felicità compare in ogni cultura. Molte lingue distinguono tra qualcosa di immediato,come la gioia e il piacere, e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l’appagamento.
    In altre culture la si può intendere come EUDAIMONIA che significa buon demone,felicità significava avere un buon demone e una buona sorte. Quindi la felicità è legata alla fortuna.
    L’autrice del libro,la Ghedin afferma che con Socrate,poi con Platone e infine con Aristotele la parola eudaimonia si carica di nuovi significati e si inizia ad affermare che l‘uomo con le sue scelte e la sua libertà puo diventare felice,anche contro la sorte.
    Si possono individuare tre livelli di felicità:
    •Nettle definisce FELICITA' DI PRIMO LIVELLO che implica un emozione o una sensazione come il piacere e la gioia. La sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato;
    •La FELICITA DI SECONDO LIVELLO si riferisce al fatto che dopo aver riflettuto su un bilancio tra piaceri e dolori,le persone percepiscono che hanno sperimentato più piaceri o emozioni positive che negative;
    •Nella FELICITA’ DI TERZO LIVELLO il termine eudaimonia si riferisce alla vita in cui la persona realizza le proprie potenzialità.
    Canevaro afferma che il benessere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ma a quello che oggi viene definito “capitale sociale” cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano,con i contesti.
    L’obiettivo principale nel campo dell’ educazione è quello di favorire l’adozione di un comportamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e di adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria felicità.
    Iavarone afferma che il benessere segue più direzioni e la sua percezione cambia sia in senso verticale,nei diversi tempi della vita e sia in senso orizzontale,nei suoi diversi luoghi. Il benessere possiede piu dimensioni in quanto il desiderio di benessere si trasforma sia sincronicamente ,in concomitanza con un episodio particolare in un determinato momento dell’esistenza di un individuo,sia diacronicamente se il processo di tensione al benessere lo riconduce a una fase o a un intervallo di tempo piu lungo della vita di un soggetto.
    Il benessere quindi scaturisce dall’integrazione tra i sistemi biologici,psichico,sociale;esso infatti dipende non solo dal corretto funzionamento di organi e apparati vitali,ma soprattutto degli stili di vita e di lavoro,del tempo libero,della condizione dell’ambiente e delle qualità umane dei contesti.
    Lo studio del benessere ha importanti implicazioni per la vita degli individui. L’obiettivo e quello di individuare i metodi che possono rendere in grado gli individui di aumentare il loro livello di benessere.
    La preoccupazione maggiore di coloro che si occupano di disabilità è stata sempre quella di riuscire a promuovere il ben-essere delle persone disabili integrandoli al meglio nella società.
    Non molto tempo fa,molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritevoli. Queste istituzioni,in parte,sono cresciute dagli sforzi di Edouard Seguin,un medico francese,che nella metà dell'800 guidò la prima scuola per bambini disabili. Egli sostiene che i bambini disabili possono essere educatiti e quindi assumere il loro giusto posto all’interno della società. Il suo modello di scuola si diffuse rapidamente,ma con il passare del tempo la scuola cambiò obiettivi.Con la costatazione che gli studenti non venivano curati,le scuole divennero molto meno educative e inefficienti.
    Ma recentemente si sono sviluppati servizi di educazione ,cercando cosi di far fronte ai problemi emersi nelle scuole e di promuovere il benessere delle persone disabili. L’obiettivo non è solo quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi, lavarsi, ma e soprattutto, possiamo attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgono di vivere.
    Sono stati molti i filoni di ricerca che hanno contribuito a indagare le dimensioni felicità:
    •IL MOVIMENTO DELLA QUALITA’ DELLA VITA che ha come obiettivo l’analisi della soddisfazione interna,piuttosto che esterna. Recentemente un team internazionale di esperti ha identificato alcune dimensioni chiave della qualita di vita.Essa comprenderebbe: ben-essere emozionale,relazioni interpersonali,benessere meteriale,fisico,inclusione sociale e diritti.
    •IL MOVIMENTO DELLA DOPPIA DIAGNOSI :i ricercatori si sono focalizzati sull’alleviare i problemi in persone con disabilità e nel promuore stati positivi.
    •PERSONALITA’-MOTIVAZIONE E FELICITA’ Negli anni settanta del secolo scorso Zigler scoprì che i bambini con ritardo mentale rispetto ai loro compagni della stessa età,avevano migliori aspettative di successo, bassa motivazione alle sfide e si affidavano molto di più agli altri invece che a se stessi per la soluzione di problemi.
    •LA RICERCA SULLA FAMIGLIA : La figura materna, è stata individuata come colei che rimpiange la perdita di un bambino perfetto. Alla nascita del bambino sono connesse profonde aspettative di gratificazione personale e sociale.
    Quando invece del bambino "sano e bello"nasce un figlio con disabilità tutto diventa angoscioso e luttuoso.Ma ci sono anche madri,come afferma Mullins, che dalla disabilità dei loro figli hanno aggiunto qualcosa alle loro vite rendendole anche più ricche di significato.
    La pedagogia ,e in particolare la pedagogia sociale,ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto,occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione,tutelando la sua salute e il suo sviluppo sia fisico che psicosociale.
    La felicità e il benessere è un diritto che spetta a tutte le personee!
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty Ben-essere nella disabilità

    Messaggio  Rita Esposito Gio Mag 17, 2012 7:32 am

    La felicità è quello stato d' animo che da sempre, persone di ogni età, religione e cultura hanno cercato di provare nel corso della propria vita. Recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare il concetto di felicità e con l' aiuto della psicologia si sta cercando di alleviare malattie mentali, patologie e malfunzionamenti proprio con la felicità. Nonostante le critiche, questo studio si sta facendo strada, in particolare la psicologia positiva che fa attenzione agli aspetti positivi dell' esperienza umana e alle situazioni che generano felicità. Quest' ultima però non è un qualcosa di scientifico, di oggettivo, infatti ognuno gli attribuisce un significato, un valore che può essere immediato e temporaneo o più duraturo. Tre dei grandi pilastri della filosofia, Socrate, Platone ed Aristotele affermano che l' uomo, con le sue scelte e le sue azioni, può diventare felice anche in situazioni inizialmente avverse. Il termine felicità, come abbiamo detto, viene usato con valori differenti e Nettle ci aiuta a distinguere 3 livelli di felicità. Quella di primo livello corrisponde al raggiungimento di uno stato desiderato,il quale non coinvolge la cognizione eccetto per il riconoscimento che ciò che si desiderava è avvenuto. La felicità di secondo livello invece consiste nel bilancio tra piaceri e dolori, dal quale le persone, dopo una lunga riflessione ,concludono di aver sperimentato più emozioni positive che negative. Infine il terzo livello di felicità si verifica quando una persona ,nel corso della sua vita, ha sviluppato le proprie vere potenzialità. Ovviamente anche se non è possibile misurare a pieno la veridicità di uno stato di felicità, dato la sua soggettività, bisogna ritenerlo vero e considerarlo un dato di fatto. Spesso viene fatta confusione tra felicità e ben- essere soggettivo, ma quest ultimo, a differenza della felicità, possiede una componente cognitiva che valuta l' intera soddisfazione di vita, oltre che alla componente affettiva, la quale si divide tra la presenza di affetto positivo e assenza di affetto negativo. Il ben-essere è stato definito da Schafer un " vivere bene da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico, nonostante la presenza di una malattia che può essere temporanea o cronica ".Un altro contributo alla psicologia è stato dato da Seligman, il quale ha proposto diverse strade che conducono alla felicità; le persone hanno emozioni positive,circa il passato o il futuro ed è possibile aumentarle attraverso tecniche che sollecitano gratitudine, comprensione e messa in discussione dei pensieri negativi. Un' altra strada da poter percorrere è la ' vita piacevole', ossia basando la vita solo su emozioni positive. Di uguale importanza è il flusso, che corrisponde a quei momenti in cui siamo concentrati su qualcosa che mette alla prova le nostre abilità, ad esempio quando leggiamo, scriviamo o completiamo un puzzle. Un ulteriore strada con destinazione felicità è quella di individuare talenti personali e forze. A questo proposito Peterson e Seligman ritengono che la buona vita consiste nell' usare le nostre forze in modo proficuo, in ogni settore della vita e inoltre per dare un vero senso ad essa ,bisogna mettere queste forze al cospetto di qualcosa di più grande. E' importante fare la differenza tra la teoria eudonica e quella eudamonica, infatti quest' ultima è data dall' attualizzazione del potenziale dell' individuo e dal perseguimento del proprio vero sé, mentre la teoria eudonica riguarda la massimazione dei piaceri e minimizzazione del dolore e si verifica quando le esperienze piacevoli e le gratificazioni sensoriali hanno maggiore peso delle esperienze dolorose. Io personalmente concordo con Waterman, Ryff e Keyes e quindi con la teoria eudamonica, in quanto sostengono che la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori, ossia quando si ha un' espressività personale. A questa massimizzazione contribuiscono ( come hanno detto giustamente Ryff e Keyes) : autonomia, crescita personale, autoaccettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale e relazioni positive con gli altri; proprio su questi ultimi due punti si basa principalmente il ben-essere, in quanto ogni individuo costruisce il suo bagaglio culturale attraverso l' acquisizione di informazioni provenienti dall' ambiente esterno. Proprio per questo motivo è importante capire ciò che è possibile e significativo per il singolo e per la sua comunità, affinché si presti attenzione alle risorse, ai punti di forza e ai processi di crescita per non scindere questo legame di interdipendenza. A tal proposito Delle Fave afferma che ogni soggetto deve essere considerato un agente attivo della comunità, comprese le fasce deboli ( diversamente abili, anziani, immigranti ecc..)in quanto non sono gli individui ad essere svantaggiati, ma lo diventano se stanno in un ambiente che gli crea, appunto, svantaggio. Tutti abbiamo le potenzialità ed è compito dell' educazione permettere l' attivazione di tale potenziale, attraverso lo sviluppo di un ambiente ' facilitante' . Tutti, anche le persone con disabilità hanno diritto al ben-essere, nonostante questo però fino a non molto tempo fa, sia i bambini che gli adulti diversamente abili venivano assistiti nelle istituzioni con finalità cautelari. Solo dopo gli anni ' 60 e in seguito alla condivisione del concetto di normalizzazione ,da parte delle famiglie e dei sostenitori, si ebbe l' inclusione di queste persone nella comunità. Iniziarono a svilupparsi i servizi di educazione speciale e programmi che miravano ai bisogni concreti, all' autodeterminazione e a rendere in grado i diversamente abili di compiere scelte, risolvere problemi e farsi carico delle proprie azioni e compiti; insomma di vivere la vita che essi hanno scelto. N on dobbiamo provare sentimenti di pietà o carità verso queste persone, non bisogna emarginarli ma occorre dare loto gli strumenti per vivere bene. Per comprendere meglio questo concetto è utile ricordare il famoso proverbio " dagli un pesce e lo ciberai per un giorno, insegnagli a pescare e lo ciberai per tutta la vita". A teal proposito mi viene anche in mente una frase del professor Palladino, il quale disse che dovevamo portare queste persone all' università e non lasciarle agli angoli delle strade. Questa frase mi è rimasta impressa insieme alla persona che l' ha pronunciata; un uomo che convive da tanti anni con la sua disabilità, un uomo che sicuramente avrà sofferto per la perdita della vista, ma che nonostante tutto riesce ad essere felice e a stare bene. A dire la verità , dal momento che l ho conosciuto, quando mi trovo in una situazione difficile penso a lui e in me si accende la voglia di superare quell' ostacolo che ovviamente non è imponente come il suo. Ritornando al ben-essere delle persone con disabilità, ad affrontare questo tema sono stati molti filoni ciascuno dei quali ha portato dei contributi. Uno di questi è il movimento della qualità della vita che ha coe obiettivo l' analisi delle soddisfazioni interne delle persone con disabilità e quindi permette di studiare la loro felicità. I ricercatori, nel campo della qualità della vita, hanno misurato quantitativamente la felicità di queste persone, chiedendo proprio quanto esse siano soddisfatte in quanto consumatori dei servizi, ritenendo quindi che un consumatore di servizi soddisfatto sia felice. La psicologia positivista non concorda con tale teoria e conclude che la felicità è data dall' interazione tra fattori esterni e interni, poiché è stato dimostrato che le persone negative e malinconiche circa la loro vita lo erano sia con fattori esterni positivi sia negativi. Un altro filone ad essersi occupato del ben-essere dei diversamente abili è il movimento della doppia diagnosi, che si occupa soprattutto delle persone con ritardo mentale, in quanto esse sono a più alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi ( ritardo mentale e disordini psichiatrici ); per questo motivo la ricerca ha focalizzato la sua attenzione sui modi di identificare e migliorare i comportamenti negativi e i sintomi, oltre a capire come queste persone possano provare sentimenti di speranza, gratitudine e felicità, in quanto proprio questi, insieme con l' attenuazione dei sintomi negativi potrebbero aiutare le persone con disabilità ad affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita quotidiana. Sempre in riferimento ai bambini con ritardo mentale, Zigler negli anni ' 70 sostenne che i bambini con questa patologia oltre ad avere un basso quoziente intellettivo, avevano anche stili motivazionali bassi e alti livelli di impotenza dovuti in parte alle numerose esperienze di fallimento. L' obiettivo dello studio sulla motivazione dovrebbe essere quello di recare ben-essere e adattamento alla vita, alla felicità e quindi favorire lo sviluppo di un sentimento di autoefficacia che non sia relativo solo al settore cognitivo ma ad ogni aspetto della vita. I primi a dover cercare di dare aiuto ai bambini con disabilità sono i genitori, il nucleo familiare. Su quest' aspetto sono state condotte delle ricerche che hanno dimostrato di come lo stress non sia necessariamente una conseguenza dell' avere un figlio diversamente abile. Mullins ha condotto un' analisi su alcuni libri scritti da genitori di figli con disabilità e ha messo in evidenza la presenza di stress emotivo e di preoccupazioni, ma ha anche sottolineato di come per la maggior parte di questi genitori, la disabilità dei loro figli ha aggiunto qualcosa alle loro vite, rendendole anche più ricche di significato. I genitori di bambini diversamente abili passano attraverso periodi prolungati di stress, rispetto agli altri genitori, ma come per ogni altro bambino normodotato,la famiglia e l' ambiente esterno influenzano lo sviluppo del soggetto. Proprio per questo motivo è importante approfondire i modi attraverso cui, tali famiglie sono in grado di gestire lo stress e sviluppare percezioni positive atte a portare una migliore qualità di vita. Questo è un obiettivo posto anche dalla politica, che precisamente mira a ' normalizzare' la vita delle persone con disabilità, in quanto ciò porterebbe implicitamente ad una maggiore partecipazione delle persone con disabilità nella società e di conseguenza ad un miglioramento del loro standard di vita e del loro benessere soggettivo. Durante le lezioni abbiamo avuto come ospiti persone con disabilità tra cui il, già sopra citato, professor Palladino, alcuni membri dell' U.N.I.VO.C. ( Unione Nazionale Italiana Volontari pro Ciechi ) e la signora Tina, la quale è rimasta paralizzata ad un lato del corpo in seguito ad un intervento andato male. Nessuna di queste persone è nata con la propria attuale patologia e questo è stato il primo ostacolo che hanno dovuto superare poiché è più difficile affrontare una disabilità dopo aver vissuto da persona normodotata, piuttosto che nascere con una disabilità. Nonostante tutto, ognuno di loro ci ha lasciato qualcosa che può essere un' emozione o un insegnamento, ma tutti ci hanno mostrato di come sia realmente possibile vivere bene con la propria disabilità e ritengo che le loro testimonianze siano la definizione più idonea del ben-essere disabili.
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    Messaggio  rossellamaiorano91 Gio Mag 17, 2012 8:04 am


    Tra i due capitoli proposti,ho preferio il 1 cap...ho scelto questo perchè mi incuriosiva tanto,in me ho pensato"bhe ora scoprirò davvero cos'è la FELICITA?!!...Questo tema è stato messo in discussione da molti autori come Socrate,Platone,Aristotele.Spesso si confonde la felictà con la GIOIA O IL PIACERE.Per quanto riguarda la FELICITà si possono raggiungere vari livelli.SI intende per FELICITà DI PRIMO LIVELLO un’ emozione o una sensazione immediata,tali sensazioni sono transitorie e sono provocate dal raggiungimento di uno stato desiderato.FELICITA DI SECONDO LIVELLO non riguardano le sensazioni ma le soddisfazioni avvenute nella propria vita in pratica questo tipo di livello si calcola sommando tutti i momenti positivi ed eliminando quelle negativi. Invece l’ultimo livello è quello della FELICITA DI TERZO LIVELLO rappresentato dall’ideale Aristotelico DEL VIVERE BENE.L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che la condizione di salute è determinata da un benessere fisico ,psicologico e sociale.Dunque Ben-essere significa “vivere bene da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico” anche in presenza di malattia.Varie sono le strade per rincorrere la FELICITA si può essere felici ricordando eventi del passato come momenti di soddisfazione,si può essere felici per il periodo di vita che si sta trascorrendo e si può essere felici individuando in se stessi dei talenti,delle forze.L’essere FELICI comporta cosi a svolgere una vita piacevole e significativa.Il ben-essere è di tipo INDIVIDUALE MA SI PARLA ANCHE DI BEN-ESSERE COLLETIVO,poiché l’ essere umano è in continua relazione con il prossimo cercando cosi di attribuire un senso a tutto ciò che fanno.Canevaro infatti afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ma bensì al CAPITALE SOCIALE,cioè all’insieme delle capacità date da tutti i cittadini.Ogni essere umano infatti nasce con qualcosa di NUOVO,DI ORIGINALE,QUALCOSA DI MAI ESISTITO PRIMA.Inizialmente la preoccupazione maggiore per coloro che si occupavano di disabilità non era sicuramente quella di promuovere il ben-essere delle persone disabili,infatti bambini e adulti con disabilità ricevevano assistenze scadenti.Bisogna arrivare alla realizzazzione del ben-essere partendo dalla FORZA che i soggetti presi in causa esprimono piuttosto che dalle loro debolezze,gli esempi di FORZA sono sicuramente SIMONA ATZURI e OSCAR PISTORIUS…sono chiaramente delle persone che vivono la vita grazie alle loro potenzialità,e non pensano a ciò che non hanno.Una mia sensazione di FELICITA l ho provata proprio guardando a lezione quei video in cui Simona faceva vedere con molta calma e speniseratezza come si può continuare a vivere una vita normale nonostante un’ assenza.Ha fatto dei suoi piedi le sue braccia,piedi che le permettono di mangiare,pettinarsi e soprattutto danzare e pitturare le sue due grandi passioni.
    L’obiettivo non è solo e unicamente quello di far si che queste persone siano in grado si mangiare,vestirsi,lavarsi,ma è soprattutto quello di fare delle loro potenzialità la scelta di vivere la vita senza problemi.Una vita senza problemi indubbiamente è garantita dalla DOMOTICA una casa come un sogno.Una casa a misura del disabile ove potrà svolgere cose che prima non poteva o fare o farle con minor fatica.Davvero essenziale è l’aiuto dell’operatore che deve progettare un percorso di ben-essere personale e sociale.Numerosi sono i filoni che si sono preoccpati della condizione di ben-essere in campo della disabilità.
    Numerose sono state le ricerche sulle famiglie di bambini con ritardi mentali,la figura materna soffre per la perdita di un figlio perfetto e vive momenti di dolore in ogni fase di sviluppo del proprio figlio.Alla nascita la madre vive sensazione di gratitudine ma quando poi la situazione degenera e invece di un bambino sano e bello nasce un figlio con disabilita si trasforma in un evento angosciante.Le madri sono attraversano dei momenti difficili di stress.La FELICITA è un dovere di tutti e come tale DEVE ESSERE GARANTITA A TUTTI.

    La vita
    La vita è un'opportunità, coglila.
    La vita è bellezza, ammirala.
    La vita è beatitudine, assaporala.
    La vita è un sogno, fanne una realtà.
    La vita è una sfida, affrontala.
    La vita è un dovere, compilo.
    La vita è un gioco, giocalo.
    La vita è preziosa, abbine cura.
    La vita è ricchezza, conservala.
    La vita è amore, godine.
    La vita è un mistero, scoprilo.
    La vita è promessa, adempila.
    La vita è tristezza, superala.
    La vita è un inno, cantalo.
    La vita è una lotta, accettala.
    La vita è un'avventura, rischiala.
    La vita è felicità, meritala.
    La vita è la vita, difendila.

    Adriana De Rosa
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty BEN-ESSERE DISABILI:META POSSIBILE!

    Messaggio  Adriana De Rosa Gio Mag 17, 2012 8:15 am

    Felicità,ben-essere,soddisfazione sono parole sempre più d'uso comune ma poco ci si sofferma sul senso e sul vero significato di questi termini.Alcuni studiosi delle scienze sociali ritengono che approfondire la conoscenza di emozioni positive sia superfluo rispetto al bisogno di comprendere la sofferenza umana;nonostante ciò, il movimento della psicologia positiva ha rivolto i propri studi verso gli aspetti positivi dell'esperienza umana interrogandosi su cosa sia la ''felicità''.Si parla di qualcosa di immediato come la gioia e il piacere,o al contrario di qualcosa che sia più durevole come la soddisfazione e l'appagamento.Diversi sono,appunto,i significati attribuiti alla ''felicità'' nel corso del tempo;inizialmente infatti,Eudainomia derivava da ''buon demone,la felicità era cioè legata alla fortuna.Solo con Aristotele questa parola si riveste di nuovi significati,e cioè si inizia a credere che sia l'uomo con il suo libero arbitrio a scegliere di diventare felice,contrastando la sorte.Nettle parla di tre livelli di felicità:la gioia e il piacere,che sono sensazioni tanto immediate quanto transitorie,contraddistinguono la felicità di primo livello;soddisfazione e appagamento,che si provano nel fare un bilancio tra emozioni positive e negative fanno parte della felicità di secondo livello;c'è poi un terzo livello di felicità ancora più ampio,che coincide con l'ideale aristotelico del vivere bene,con cui si intende una vita in cui le persone realizzino le proprie vere potenzialità.A proposito del ben-essere la psicologa Carol Ryff sostiene che questo non coinvolge solo la felicità di primo e secondo livello bensì anche la crescita personale,la padronanza del proprio ambiente e le proprie finalità.Il ben-essere insomma è stato definito da Schafer come il vivere bene da un punto di vista psicologico,spirituale e fisico anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica.Per Seligman,inoltre,il ben-essere coincide con la vita piacevole intesa come quella in cui sono massimizzate le esperienze piacevoli,in cui gli individui sviluppano le proprie virtù in attività al servizio della comunità.Vi sono teorie che parlano di felicità edonistica in cui si ha la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione dei dolori,e di felicità eudaimonica che consiste nell’attualizzazione del potenziale dell’individuo.Se è pur vero che il ben-essere considera la soddisfazione delle proprie esigenze, lo è altrettanto l’idea di Canevaro secondo la quale il ben-essere di una persona è anche legato al ‘’capitale sociale’’cioè alla capacità di adattarsi al contesto.Anche in merito alla disabilità è cambiato il concetto di ben-essere;non molto tempo fa infatti,i bambini e gli adulti con disabilità venivano assistiti solo con finalità caritatevoli,l’obiettivo era esclusivamente accudirli.Solo successivamente si è compreso quanto fosse invece necessario,al fine di perseguire il ben-essere nelle persone con disabilità, potenziare le loro capacità,sviluppando in loro l’autonomia;aiutarli a relazionarsi con gli altri,ad integrarsi nella società diventandone parte integrante.Al fine di raggiungere un ben-essere personale e sociale,necessario è insegnare loro ad interpretare i propri bisogni e desideri e a saperli perseguire,in quanto come sostiene Iavarone il ben-essere è una condizione multicomponenziale,multidirezionale e multidimensionale.Le persone con disabilità possono,quindi,ambire e raggiungere uno stato di ben-ssere,sempre che sia anche la stessa società a facilitargli il percorso;possono anch’essi,sentirsi utili per la società avendo un ruolo in essa.Un esempio vivente di tutto ciò è Vincenzo Palladino,un uomo diventato non vedente in seguito all’esplosione di un ordigno durante la Seconda Guerra Mondiale.E’ l’emblema del coraggio:non si è arreso nonostante la sua disabilità,ha trovato la forza di uscire fuori dalla sofferenza per mettersi al servizio di chi ne aveva più bisogno di lui,sentendosi così utile alla comunità.
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    luciana sollazzo


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    Messaggio  luciana sollazzo Gio Mag 17, 2012 9:32 am

    Se andiamo indietro nel tempo possiamo notare che l'obiettivo, la meta che ogni persona voleva raggiungere era la felicità. La felicità significa vivere una buona vita,è quel stato d'animo che ci fa capire di aver soddisfatto ogni nostro desiderio.La percezione della felicità cambia in cultura in cultura.La felicità come uno stato emotivo transitorio e fugace e la felicità durevole e significativo.Nel mondo greco l'Eudaimonia significava aver un buon demone, cioè una buona sorte; un legame tra felicità e fortuna. Ma con Socrate, Aristotele, Platone l'eudaimonia significa la capacità dell'uomo di raggiungere la felicità anche contro il destino e la sorte con le proprie scelte, grazie al possesso di virtù ed etica; che permetta all'uomo di poter raggiungere lo stato desiderato.Oltre la Grecia, altri popoli hanno espresso la loro considerazione di felicità: in tedesco gluck significa sia felicità che fortuna, in Inghilterra happiness significa qualcosa che sta per accadere avvenire; e la nostra parola "felicità" deriva dal prefisso indoeuropeo fe, fecundus, cioè fecondo generante.Tuttavia solo recentemente anche le scienze sociali si sono interessate a studiare il concetto di felicità.Nettle ha definito felicità dividendoli in 3 stati:da uno stato di emozioni e sensazione di felicità ad uno stato in cui essa permette di poter soddisfare ogni nostra potenzialità.Come nota la psicologa Carol Ryff ci possono essere persona felice ma con un basso benessere soggettivo o viceversa.Spesso i 2 termini vengono usati allo stesso modo. Benessere include sia componente cognitiva consapevolezza del proprio stato e sia componente emotiva cioè emozioni sia positivi ma anche negative.Benessere quindi considera la soddisfazione dei propri interessi e esigenze ,questo come si capisce può e viene solo soddisfatto nel ambito sociale in cui l'individuo interagisce. Per Canevaro benessere è strettamente collegato con il benessere sociale, cioè all'insieme di capacità usate dall'individuo per adattarsi al contesto sociale. Ciò significa educare l'individuo ad essere ciò che vogliono e soprattutto permettere di creare un ambiente favorevole per co-evolvere insieme in un sviluppo positivo.L'evoluzione simultanea dei sistemi biologici, sociale ,psichico permette un interazione positiva dei propri stili di vita , del proprio tempo libero, dell'ambiente in cui vivere.A questo punto c'è da farsi una domanda: Le persone che vivono in condizione di disabilità possono essere felici? possono raggiungere uno stadio di benessere?L'OMS ha appunto definito salute come benessere fisico, psicologico e sociale e l'ICF ha posto per primo il presupposto teorico sull'indagine del benessere anche a persone con disabilità.Se prima il benessere non veniva considerata alle persone con disabilità ora l'obiettivo comune è quello di prevenire e alleviare la sofferenza attraverso la promozione di una buona salute,resilienza e soddisfazione personale.Il primo passo in avanti in questo senso è stato quello di Seguin , che diresse la prima scuola per bambini disabili,occasioni in cui permettesse di educarli anche ad un loro futuro ruolo sociale.Essi infatti non devono essere considerati cittadini di seconda serie o venire esclusi ,isolati, ma partire da una concezione che il benessere deve essere raggiunto da tutti, da ogni persona.Raggiungere un benessere significa aver quella volontà di essere autonomi,autosufficienti con la convinzioni di poterlo essere; come Simona Atzori, Oscar Pistorius e altri disabili che affrontano ogni giorno quelle barriere sociali.
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    Ilaria cozzolino


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    Messaggio  Ilaria cozzolino Gio Mag 17, 2012 10:20 am

    Nelle culture contemporanee le persone stanno cercando metodi sempre più utili per diventare felici. Solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato in modo sistematico a studiare il concetto di felicità. Alcuni studiosi della scienze sociali ritengono che studiare e approfondire la conoscenza delle emozioni positive sia un obiettivo superficiale rispetto alla necessità di comprendere la sofferenza umana. La gerarchia dei bisogni di Maslow ha contribuito a questa scuola di pensiero del momento che essa stabilisce che il più alto grado di bisogni sia l’autostima. Il concetto di felicità compare in ogni cultura, bisogna prestare attenzione al fatto che, mentre può esserci molta gioia in uno stato di felicità, non si deve essere sempre gioiosi perché lo stato più duraturo si possa considerare uno stato felice. La radice della parola felicità deriva invece dal prefisso indoeuropeo “fe” da cui deriva “fecundus”, “femina”, “ferax”, tanto che i latini parlavano di terra “felix” quando la stagione era stata fertile. Con Socrate, poi con Platone e infine con Aristotele, la parola eudomania si carica di significati nuovi, e si inizia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felicità, anche contro la sorte. La felicità è connessa al portare a compimento l’intera vità, non con il piacere che si prova nell’attimo fuggente. Per questo in Aristotele la felicità è strettamente connessa all’etica e alle virtù, intese non tanto in senso moralistico, ma di azione, di attività. Il senso più immediato e diretto di felicità implica un’emozione o una sensazione, qualcosa come gioia o piacere. La sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato e non coinvolge molta cognizione a parte il riconoscimento del fatto che la cosa desiderata è avvenuta. Nettle definisce questo senso di felicità “felicità di primo livello”. Quando le persone affermano di essere felici della propria vita, di solito non intendono dire che provano piacere per tutto il tempo. Esse intendono che dopo aver riflettuto sul bilancio tra piaceri e dolori, tra emozioni positive e emozioni negative, percepiscono che nel lungo termine hanno sperimentato più piaceri o emozioni negative che positive. Tale forma di felicità non viene calcolata semplicemente sommando tutti i momenti positivi e sottraendo quelli negativi. Esiste poi un senso di felicità più ancora più ampia. L’ideale aristotelico del vivere bene, l’eudoimonia viene spesso tradotto con “felicità”. Per eudoimonia si intende una vita in cui le persone prosperano o realizzano le proprie vere potenzialità. Questo significato di felicità rappresenta la “felicità del terzo livello”, quest’ultima non si può misurare altrettanto facilmente e valutarla implica esprimere un giudizio su che cosa sia vivere bene e in che misura la si realizza nella propria vita. Seligam ha proposto diverse strade che conducono alla felicità in modi differenti. Primo una persona può avere emozioni positive circa il passato come le soddisfazioni e emozioni positive circa il futuro come la speranza e l’ottimismo. Le emozioni positive nel presente sono basate sui piaceri sensoriali o emozioni momentanee, come mangiare un gelato che Selligam chiama “la vita piacevole”. Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale, quanto a quello che qualcuno oggi chiama “capitali sociali” cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adottarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, i contesti. La preoccupazione maggiore inizialmente per coloro che si occupavano di disabilità non era certo di promuovere il benessere delle persone disabili con possibilità di vivere esperienze e situazioni cui l’individuo attribuisce valore positivo. Non molto tempo fa molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istruzioni con caritatevoli. In parte queste istituzioni sono cresciute dagli sforzi di Seguin, un medico francese che nella metà del 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili. Lui promosse la visione progressista che i bambini con disabilità potessero essere appropriatamente educati e quindi assumere il loro giusto ruolo nella società. Il modello di scuola si diffuse rapidamente, ma nel corso del tempo queste scuole cambiarono drasticamente il loro obiettivo. Si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie, e programmi basati sulla comunità che mirano a incontrare i bisogni materiali degli adulti (cure mediche,cibo,vestiario,lavoro). L’obiettivo non è solo e unicamente quello di far si che queste persone sono in grado di mangiare,vestirsi,lavarsi ma soprattutto possano attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita. La Prof. Iavarone afferma che la pedagogia,in particolare quella sociale,ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto,occupandosi della sua istruzione ed educazione,tutelando la salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale,quindi bisogna formare diversi professionisti che sappiano gestire relazioni di cura,sostegno e aiuto perché tutti abbiamo il diritto di star bene ed essere felici. Uno dei simboli della felicità e la ballerina Simona Aztori sono rimasta colpita da tutta quella forza, ogni cosa che fa truccarsi, ballare lo fà sempre con il sorriso. Questo ci fà pensare che niente e impossibile anzi siamo proprio noi a creare dei limiti. Lei rappresenta l'espressione della resilienza cioè una persona che resiste all'avversità, una persona vincente nonostante una situazione avversa. Un altro simbolo della felicità è il prof. Palladino una persona molto allegra nonostante la sua condizione. Ci ha raccontato la sua storia con tanti figli e nipoti e l'amore per sua moglie, in seguito ad un incidente in età adolescenziale ha perso l'uso della vista. Ci ha inoltre raccontato una storia di due persone una non vedente e l'altra vedente che si sono incontrate e alla fine si sono sposate e hanno avuto dei figli, inoltre è lui che si prende cura della moglie dandogli le medicine e leggendo con la sacra scrittura il Braille.Del suo intervento mi ha colpito la sua forza e determinazione per ogni cosa che fà anche quella più semplice non si demoralizza mai è sempre ottimista nonostante la sua situazione
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    PAOLA MUSELLA


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    Messaggio  PAOLA MUSELLA Gio Mag 17, 2012 1:27 pm

    Una delle domande che NOI esseri umani non ci poniamo volentieri”:è se siamo veramente felici”,perché distratti o addirittura la temiamo.
    La felicità è quel guardare sereno la propria vita e sentire che non manca nulla.
    Non si può essere sempre felici, nella vita ci sono anche sofferenze,delusioni e spesso ci sono sogni non realizzati.
    Infatti secondo Sartorius la condizione che permette a qualsiasi essere umano di raggiungere uno stato di felicita”totale” è il benessere soggettivo che rappresenta l’essenza della qualità di vita di ogni individuo.
    Purtroppo la nostra cultura ha scambiato la felicità con il divertimento,con le piccole gioie che derivano dal possesso o dall’essere apprezzati dagli altri,con l’orgoglio di poter dire:”io sono questo o quest’altro”.
    In questo modo ci costringiamo a un’interminabile attività di caccia e conquista.
    Spesso ci sottoponiamo a interventi di chirurgia estetica per assomigliare a qualcun altro,ci sforziamo di rendere al meglio in attività che non ci interessano pur di essere alla moda.
    Una corsa verso l’infelicità;l’unica cosa che si rafforza è la nostra abitudine a giudicare noi stessi,la nostra incapacità di lasciarsi vivere tutte le nostre emozioni.
    Cresciamo in un mondo in cui,se non ti dai da fare,se non appari vincente,se non punti alla realizzazione,sei un fallito.
    Quindi tutte le volte che perseguiamo l’ideale che abbiamo in mente,noi stiamo inesorabilmente incamminandoci verso il nostro malessere. Ciò che bisogna imparare è:osservare semplicemente la nostra “interiorità”così,gli ideali spariranno e con essi tutto il malessere che ci portano.
    Per essere felici l’uomo deve accogliere giorno dopo giorno il proprio fango senza alcun giudizio,come la spiaggia aspetta l’onda del mare piccola o grande che essa sia. Soltanto in questo modo così spontaneo e naturale,l’uomo potrà ritenersi soddisfatto di aver inseguito senza progetti i propri obiettivi desiderati.
    Ogni essere umano per essere felice nella vita ha bisogno di sfide,di mettersi alla prova,di rinforzare le proprie potenzialità e capacità. Se infatti ci rifacciamo al pensiero citato da “Della Fave”,egli afferma è fondamentale considerare che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale per i cosiddetti gruppi svantaggiati:persone con disabilità,anziani,persone in condizioni di disagio psicosociale ed immigrati.
    Nella metà del 1800 un noto medico francese Eduard Seguin, guidò la prima scuola per bambini disabili; egli promosse la visione progressista che i bambini con disabilità potessero essere educati e assumere il loro giusto ruolo nella società.
    Ognuno,quindi, dovrà essere incoraggiato a perseguire l’autodeterminazione attraverso l’esercizio della libertà e della responsabilità. Solo in questo modo soprattutto questi soggetti potranno sentirsi realizzati interiormente e fisicamente.
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    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 3 Empty LE DIVERSE INQUADRATURE DELLA “FELICITA’”

    Messaggio  MAURIELLO JESSICA Gio Mag 17, 2012 2:25 pm


    “Se definiamo l’amore il desiderio genuino di saper felice un altro, ne consegue che ciascuno di noi in realtà ama se stesso: tutti noi desideriamo sinceramente la nostra felicità. Per raggiungere il nostro pieno potenziale umano, dobbiamo riuscire a bilanciare l’esigenza di intimità e unione con il senso di autonomia, ovvero con quel bisogno di rivolgere l’attenzione verso noi stessi che è parte integrante della nostra evoluzione di individui.”
    Per definire il mio concetto di “FELICITà” ho voluto utilizzare due celebri frasi tratte dal libro “L’Arte della Felicità” di Dalai Lama la cui lettura di alcune pagine mi ha veramente colpito;tuttavia,è chiaro che una definizione precisa di questo concetto non la si potrà mai avere ragion per cui nei secoli esso è stato oggetto di numerose interpretazioni molto legate al contesto storico in cui si animava la ricerca per la sua definizione.
    Il valore della ” FELICITà” appartiene ad ogni cultura pur essendo dalla decifrazione enigmatica.
    Molte lingue operano una distinzione tra ciò che è immediato ,come la gioia o il piacere,e qualcosa di più durevole come l’appagamento.
    Ripercorrendo la storia di questo concetto ,possiamo ben constatare come già fosse presente nell’antica Grecia dove il termine Eudaimonia,nel periodo pre-socratico, derivava da “buon demone” cioè “buona sorte”;in questo contesto la felicità era strettamente legata alla fortuna e questo originario significato è ancora presente nelle lingue anglosassoni come il tedesco. In seguito, nell’accezione utilizzata da Aristotele nell’ Etica Nicomachea,indica un processo di interazione e mutua influenza tra ben-essere personale e ben-essere collettivo,ragion per cui la felicità personale si realizza nello spazio sociale;questa parola ,quindi,prima con Socrate, poi con Platone e infine con Aristotele è legata alle libere scelte dell’uomo alle quali è legata la sua “FELICITà”.
    La radice della parola “FELICITà” deriva ,invece, dal prefisso indoeuropeo “fe” da cui deriva “fecundus”, “femina”, “ferax” tanto che i latini parlavano di “terra felix” quando la stagione era stata fertile.
    Partendo dal presupposto che la “FELICITà”e quello che significa vivere una buona vita rappresenta da centinaia di anni la base del dibattito filosofico,religioso ed educativo,nelle culture temporanee le persone stanno cercando degli espedienti sempre più utili per essere felici.
    La psicologia tradizionalmente si è focalizzata sul cercare di alleviare le malattie mentali; Maslow, attraverso la gerarchia dei bisogni,stabilisce che il più alto grado di bisogni,come l’autostima e l’attualizzazione sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni di ordine più basso come la sopravvivenza,la sicurezza e l’appartenenza. In modo particolare, il movimento della POSITIVE PSYCOLOGY ha indirizzato l’indagine psicologica verso gli aspetti positivi del’esperienza umana
    In periodi molto più recenti Nettle opera una distinzione tra “felicità di primo livello”, “felicità di secondo livello” e un senso di “felicità più ampio”; nel primo caso quando una afferma di essere felice nella propria vita non significa che prova piacere per tutto il tempo ma semplicemente che , dopo aver fatto un bilancio tra piaceri e dolori,tra situazioni positive e negative,percepisce che nel lungo termine ha sperimentato più sensazioni positive piuttosto che negative;nel secondo caso la felicità ha come sinonimi appagamento e soddisfazione e comprende processi cognitivi più complessi quali il paragone con possibili risultati alternativi;nel terzo caso misurare la felicità non è semplice e valutarla implica esprimere un giudizio su che cosa sia vivere bene e in che misura lo si realizzi nella propria vita.
    La psicologa Carol Ryff ha sostenuto,invece, che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi come crescita personale,finalità,padronanza del proprio ambiente e franchezza con se stessi , cosi come gli elementi di piacere e di assenza di dolore più ampio della semplice felicità di secondo livello.
    L’ OMS ha indicato la promozione della salute come l’obbiettivo principale della medicina e ha definito la salute come condizione di ben-essere fisico ,psicologico e sociale. Sartorius ha definito la qualità della vita come la costellazione delle componenti oggettive e soggettive del ben-essere dell’individuo affermando,inoltre, che il ben-essere soggettivo include:
    -una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita;
    -una componente affettiva che è a sua volta suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo.
    A livello contestuale,inoltre,assume grande importanza l’armonia con il proprio ambiente di vita.
    Seligman afferma che una persona può avere emozioni positive verso il passato,come la soddisfazione,e emozioni positive circa il futuro come la speranza e l’ottimismo e parla di “vita piacevole”. Inoltre esiste una forma di felicità che passa attraverso esperienze in cui noi siamo impegnati o nel “flusso”.Il concetto di “flusso” comprende quei momenti in cui siamo concentrati su compiti stimolanti che esattamente mettono alla prova le nostre abilità,riceviamo feedback, abbiamo senso del controllo,emozioni limitate e perdiamo traccia del tempo.
    Watterman afferma che la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro più profondi valori,che risultano in un senso di autenticità e vivacità definita “espressività personale”.
    Gli esseri viventi cercano di attribuire senso, significato agli eventi,comportamenti,agli stati interni e intenzioni sociali il cui significato è funzionale alle nostre categorie e ai valori di riferimento,poiché l’individuo nasce con un corrredo genetico, culturale specifici in relazione alla realtà sociale di appartenenza.
    Canevaro a questo proposito afferma che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale autarchica ma a ciò che si definisce “capitale sociale”,cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie all’influenza dei fattori ambientali che lo circondano, poiché dal punto di vista educativo tutti abbiamo la potenzialità di decidere di essere ciò che vogliamo come afferma La Delle Fave.
    Iavarone sostiene che il ben-essere segue più direzioni e la sua percezione,da parte del soggetto,cambia sia in senso verticale(nai dversi “tempi”della vita) che in senso orizzontale(nei diversi “luoghi”). Il ben-essere possiede più dimensioni poiché il suo desiderio si trasforma sia sincronicamente che dia cronicamente;ne consegue che il ben-essere scaturisce dall’integrazione tra i sistemi biologico,psichico e sociale.
    Approfondire la conoscenza sul ben-essere non ignora la sofferenza umana ma tenta di prevenire e alleviare la sofferenza attraverso resilienza ,crescita psicologica;a questo proposito spontaneamente sento il desiderio di far riferimento a due esempi di resilienza che abbiamo incontrato nel nostro percorso insieme che ha protagonisti l’ Atzori che nell’intervista di cui abbiamo preso visione dice che “i veri imiti esistono in chi ci guarda e non si sente di averne” e diventa uno dei simboli di forza perchè si trasforma in un angelo senza braccia che con le sue sensibili ali danza ,pittura e riempie cosi la propria vita di colori e PIstorius il giovane che combatte affinché venga ammesso a gare per normodotati anche se lui normodotato non è poiché al posto delle gambe utilizza le fleet foot.
    Sempre secondo quanto sostiene Iavarone il ben-essere non è uno stato individuale ma un progetto dinamico da condividere con gli altri ed è costituta da tappe intermedie e di modificazioni in una costante tensione al cambiamento e al riadattamento esistenziale;dunque,nel caso di disabili,cosi come accade per tutti gli altri uomini,è necessario costruire partendo dai soggetti e dalla forza che esprimono,dalle loro potenzialità piuttosto che dalle loro debolezze o deficit poiché non basta insegnargli a mangiare,a bere, a vestirsi risolvendo i loro problemi ma aiutarli ad intraprendere relazioni personali,a sviluppare la capacità di scelta e critica,ad aiutarli a comprendere quali siano le loro aspirazioni e i loro sogni e soprattutto credere in loro e non sottovalutarli mai.
    Nel libro e, in modo particolare, in questo paragrafo si fa riferimento a ricerche su soggetti con ritardo mentale. Dopo numerose ricerche si è giunti ad affermare che il ben-essere emozionale è quello più vicino alla felicità e i ricercatori nel campo della qualità della vita hanno paradossalmente fatto un grande lavoro di misurazione quantitativa ,chiedendo quanto soddisfacente fosse per le persone sentirsi consumatori di lavoro ,residenze e altri servizi;Diener, Oishi e Lucas sono giunti ,dunque , alla conclusione che una maggiore disponibilità di denaro o di altre circostanze di vita sono ben poca cosa in relazione con la felicità complessiva.
    La psicologia positiva ritiene che la felicità e il ben-essere siano molto di più che la semplice assenza di preoccupazione o psicopatologia e che le persone con ritardo mentale pur essendo a più alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi, sono vulnerabili agli stessi disordini dell’umore, malattie psichiatriche e difficoltà di adattamento incontrate dalla popolazione in generale.
    Non molto tempo fa, purtroppo, molti bambini e adulti con disabilità venivano assistiti nelle istituzioni con finalità caritatevoli in virtù di ciò che aveva affermato Seguin, un medico francese che nella metà del 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili ma con la constatazione che queste strutture invece di favorire il ritorno del soggetto nella società l ‘allontanavano da essa. Negli anni Cinquanta e Sessanta divenne ampiamente condiviso dalle famiglie il concetto di “normalizzazione” e in seguito ci si è mostrati interessati anche nell’offrire un supporto tecnico e psicologico alle famiglie con un figlio disabile. In letteratura la figura materna è stata assimilata ad una madre che rimpiange la perdita del bambino perfetto e idealizzato,con un dolore che si riaccende ad ogni fase dello sviluppo del bambino. Quando in una famiglia nasce un bambino con disabilità il fatto si trasforma in un evento traumatico , angoscioso e luttuoso. Le madri passano attraverso stadi di shock,disorganizzazione emotiva e riorganizzazione , dopo essersi adattate al trauma. Essi ,rispetto agli altri genitori,passano attraverso periodi prolungati di stress ed è importante che vivano in un ambiente familiare ,sociale che accetti e rispetti quella specifica disabilità. Ciò che si dovrebbe fare è andare oltre questi fattori stressanti e pensare ad un modo per aiutare queste famiglie ad essere coinvolte in diverse situazioni di successo.
    Negli anni Settanta del secolo scorso Zigler che i bambini con ritardo mentale non avevano solo un “basso QI”, ma avevano anche una personalità distintiva e stili motivazionali che parzialmente derivavano dai loro aumentati indici di esperienze fallimentari e avevano minori aspettativa di successo,bassa motivazione alle sfide e per risolvere i problemi si affidavano molto più agli altri che a se stessi .Per spronarli è necessario che si creda in loro cosi come ha fatto un professore nel film SI Può FARE. Solo credendo nelle loro potenzialità e ascoltando i loro progetti è riuscito a rendere felici ragazzi etichettati come malati di mente dandogli la possibilità di amare nuovamente la vita e superare parte dei loro problemi. E’ compito,dunque,della pedagogia speciale assicurare ben-essere è una buona qualità della vita al soggetto ,occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione,tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale come afferma Iavarone.

    Felicità è accarezzare un cucciolo caldo caldo
    Felicità è accarezzare un cucciolo caldo caldo
    Felicità è una persona simpatica alla porta
    Felicità è stare con gli amici
    Felicità è un golfino tutto pelo
    Felicità è il singhiozzo… dopo che è passato
    Felicità è diciotto colori tutti diversi
    Felicità è una cosa per uno e una cosa per un altro
    Felicità è dormire nel proprio letto
    Felicità è un lumino nel buio…
    (Charles M. Schulz)

    Con questi splendidi versi ,cosi come ho iniziato il commento scrivendo le mie riflessioni rifacendomi ad un libro stupendo,allo stesso modo ciclicamente ho voluto concludere il mio intervento su questa tematica cosi affascinante poiché è possibile osservarla da varie inquadrature e ,in questo modo,coglierne molteplici aspetti.

    Danila Cacciapuoti
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    Messaggio  Danila Cacciapuoti Gio Mag 17, 2012 2:50 pm

    La felicità da circa centinaia di anni rappresenta un dibattito filosofico, religioso ed educativo.
    Ma che cos’è la felicità?
    Nel mondo pre-socratico la felicità era legata alla buona sorte (Eudaimonia).
    La radice della parola “felicità” deriva dal prefisso “fe” , da cui deriva “femina”(in quanto generante).
    Il termine felicità secondo Nettle può essere classificato in 3 sensi:
    Felicità di primo livello: il senso più immediato e diretto di felicità. Si tratta di una sensazione provocata dal raggiiungimento di uno stato desiderato.
    Felicità di secondo livello: è la felicità che non riguarda la sensazione, ma un bilancio tra piaceri e dolori.
    Felicità di terzo livello: è una felicità che intende la vita in cui la persona realizza le proprie potenzialità.

    L’OMS ha indicato la promozione della salute come l’obiettivo principare della medicina, e ha definito la salute come una condizione di ben-essere finisco, psicologico e sociale.
    Il ben-essere è stato definito vivere bene.
    I termini felicità e ben-essere soggettivo sono stati usati in modo intercambiabili ma:
    il ben-essere soggettivo include una componente cognitiva, che valuta la soddisfazione nella vita, e una componente affettiva.
    E la felicità, il senso di appartentenza ecc. sono fattori che contribuiscono al ben-essere.

    La psicologia positiva si è soffermata sul quesito: che cosa ci rende felici?
    Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità. Una persona può avere emozioni come la soddisfazione, la speranza e l’ottimismo o anche emozioni momentanee, basate sui piaceri sensoriali.
    Un’altra strada verso la felicità è usare le proprie forze nel lavoro, nelle relazioni, e nel tempo libero.

    La Delle Fave afferma che è fondamentale considerare che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità e questo vale per tutti i membri della comunità e soprattutto per i cosiddetti gruppi svantaggiati.
    Le persone non sono di per sé svantaggiate ma lo diventano all’interno dell’ambiente sociale e culturale in cui vivono.
    Prendiamo come esempio la vita di Simona Atzori, la ballerina che è sprovvista degli arti superiori.
    Lei non si è mai sentita limitata nella sua vita, fa tutto ciò che fa una persona “normale” e per questo motivo anche la società che la circonda non dovrebbe vedere in lei un limite.
    Tutti gli individui devono essere incoraggiati a seguire un percorso di crescita e responsabilità. Da una prospettiva educativa questo significa che tutti abbiamo le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo e l’educatore deve permettere di attivare il potenziale attraverso la creazione di un “ambiente facilitante”

    Ma le persone con ritardo mentale sono felici quanto gli altri?

    Il ben-essere fa riferimento sia alle condizioni fisiche dell’individuo, sia al suo stato di salute e l’obiettivo dello studio del ben-essere è quello di capire in che modo si può aumentare il grado di felicità negli individui.
    Approfondire la conoscenza sul ben-essere tenta di prevenire e alleviare la sofferenza attraverso la promozione di una buona salute, resilienza e crescita psicologica.

    I ricercatori nel campo della psicologia positiva e dell’economia ritengono che il ben-essere non deve essere considerato in relazione alla quantità di beni e risorse materiali di un Paese, ma in riferimonto al ben-essere psicologico e sociale dei cittadini.

    Dunque il paese dovrebbe mettere a disposizioni strutture e istituti in grado di garantire l’educazione e l’integrazione di tutte le persone che vivono in quel Paese, comprese le persone con disabilità, che hanno bisogno di maggior attenzione.

    A metà dell’800 un medico francesce Edouard Seguin, guidò la prima scuola per bambini disabili.
    Seguin sosteneva che i bambini con disabilità potessero essere educati e assumendo un giusto ruolo nella società, ma rapidamente le condizioni della scuola cambiarono. Da scuole educative, gli istituti divennero istituzioni affidatarie collocate ai margini della società.
    Negli anni ’50 e ’60 le istituzioni erano caratterizzate da sovraffollamento e totale abbandono a loro stesse, per questo motivono furono chiuse.
    Negli anni successivi poi si sono sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie.

    Ma nonostante la situazione rispetto agli anni 60 sia cambiata, siamo ancora testimoni di maltrattamenti e abbandoni all’interno di alcune strutture che dovrebbero essere d’aiuto alla formazione di persone con difficoltà. Bisogna credere, però che si tratta di casi sporadici, perché dei corretti programmi di educazione, anche per gli adulti, permettono l’adattamento e l’indipendenza all’interno della società.
    Programmi che mirano a rendere in grado le persone di compiere scelte personali per la loro vita, e autosufficienti a compiere tutte le azioni necessarie.
    Fortunatamente oggi di questi programmi se ne occupa anche la tecnologia: con la costruzione di una casa domotica, il disabile è automaticamente autonomo dei suoi movimenti, poiché sono gli strumenti tecnologici a permettergli ciò.
    O ancora le strutture architettoniche costruite per le strade di una città: come le linee guida che sono d’aiuto per un non vedente, i montascale per i disabili con l’ausilio della sedia a rotelle e molti altri che dovrebbero funzionare alla perfezione per permettere una totale autonomia alle persone con disabilità.

    L’obiettivo non è solo quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare, vestirsi ecc. ma possano attingere alle loro potenzialità e capacità di scelta per vivere la vita che essi scelgano di vivere.
    Pistorius , ad esempio, voleva gareggiare con i normodotati alle Olimpiadi di Pechino. Si tratta di un caso in cui un “diversabile” non è un semplice ragazzo, ma uno sportivo. La sua scelta di vita è correre!
    Per Iavarone il ben-essere va definito come uno stato complesso perché multidimensionale.Possiede più dimensioni in quanto si trasforma in un determinato momento della vita di un individuo se accadono eventi precisi o se ci sono tensioni.

    Ora c’è un elenco di filoni di ricerca che hanno contribuito il ben-essere.
    Il movimento della qualità della vita in cui i fattori ambientali hanno poco a che vedere con la felicità complessiva.
    Il movimento della doppia diagnosi in cui i ricercatori si sono focalizzati sull’alleviare i problemi in persone con disabilità. Aiutare le persone disabili ad affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita di ogni giorno.
    Personalità-motivazione e felicità, l’obiettivo è favorire lo sviluppo dell’autoefficacia in tutti fondato sulla possibilità di rendere potenti le persone nella gestione delle loro vite.
    La ricerca sulla famiglia in cui si studiano i comprartamenti dei genitori.
    I genitori di bambini con una disabilità passano attraverso periodi prolungati di stress rispetto ad altri genitori. La famiglia e l’ambiente influenzano sullo sviluppo del bambino.
    L’immagine pubblica delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita.
    La loro qualità della vita deve essere migliorata.
    Durante il corso abbiamo potuto notare concretamente la presenza di varie associazioni per i disabili presenti nel nostro territorio contribuiscono al miglioramento della vita dei disabili (Univoc,Autism Onlus,..). Queste associazioni puntano a rendere la felicità accessibile per tutti.


    Ultima modifica di Danila Cacciapuoti il Gio Mag 17, 2012 3:15 pm - modificato 1 volta.
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    Messaggio  francescacella Gio Mag 17, 2012 2:56 pm

    1) Per centinaia di anni è stato vivace l dibattito filosofico, religioso, ma soprattutto educativo, riguardo il concetto di “felicità” e il vivere bene. Oggi come oggi non si fa altro che cercare la felicità, un qualsiasi modo che ci renda felici. Ma poniamoci la domanda più importante: cos’è la felicità? Perché tutti la cercano? Questo concetto è molto sfuggente ma ha un valore inalterato, si usa in ogni cultura. Si distingue tra qualcosa di immediato, come la gioia, il piacere, e qualcosa di più durevole e significativo, come la soddisfazione e l’appagamento, e non sono altro che uno stadio della felicità.
    È importante parlare di “Eudaimonia” che vuol dire “buon demone”, che mira a significare che la felicità è un buon demone, avere una buona sorte, strettamente legata alla fortuna. Con Socrate, Platone e poi anche Aristotele, il termine Eudaimonia acquisisce nuovi significati, e l’uomo può divenire felice grazie alle sue scelte e con la sua libertà andando contro alla sorte. Inoltre felicità vuol dire anche portare a termine tutto il ciclo della vita, non solo con gioie e piaceri che si provano nell’attimo fuggente.
    Molti usi del termine felicità possono essere classificati in uno dei tre sensi che ne comprendono un numero crescente. Il senso più diretto implica un’emozione o una sensazione (gioia o piacere). La sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato e per Nettle questo senso di felicità è definito “felicità di primo livello”. Quando le persone si definiscono felici della loro vita, non si riferiscono solo a gioie e piaceri ma anche a situazioni e avvenimenti negativi, perché dopo aver riflettuto si accorgono di aver trascorso più istanti piacevoli che spiacevoli. Questa viene chiamata “felicità di secondo livello”. Per eudaimonia si intende una vita in cui la persona prospera o realizza le proprie potenzialità. Questa è indicata come “felicità di terzo livello”.
    Parliamo ora del ben-essere; è stato definito da Shaffer “vivere bene, da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica”. Un'altra strada verso la felicità è individuare talenti personali e forze. Rilevante è la teoria sulla felicità di Seligman , felicità autentica relativa alla vita piacevole, alla buona vita, e alla vita significativa che integra e costruisce sulle concezioni eudaimonia ed edonica della felicità. Le teorie contemporanee sulla felicità includono la teoria eudonica e la teoria eudaimonica. Per quanto riguarda il punto di vista edonistico, la felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore e si verifica quando le esperienze piacevoli e le gratificazioni sensoriali hanno un influsso superiore rispetto alle esperienze dolorose. Mentre dal punto di vista eudaimonico, la felicità risulta dall’attualizzazione del potenziale dell’individuo e dal perseguimento del vero sé. Importante nel campo dell’educazione è quello di acquisire un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di gestire le proprie scelte e per essere consapevoli della strada da intraprendere verso la felicità.
    “L’individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce il suo corredo culturale attraverso l’acquisizione di informazione dell’ambiente esterno” questo è ciò che sostiene Elisabetta Ghedin, una delle autrici più importanti che riflettono il concetto di “ben-essere”. Altri autori come Canevaro, affermano che il benessere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ma a quello che viene chiamata “capitale sociale” cioè l’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi ed adattarsi in base al contesto in cui si trova. Della Fave afferma che è fondamentale considerare che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e di sviluppo delle comunità, e soprattutto tenere presenti dei “gruppi svantaggiati” ovvero le persone con disabilità. Ognuno di noi nasce come persona e quindi tutti uguali in quanto tali; ognuno di noi nasce con delle proprie capacità ed ognuno di noi merita di essere felice!
    È importante tener presente la riflessione della professoressa Iavarone riguardo il ben-essere; ritiene che possiede più di una dimensione in quanto il desiderio di ben-essere si trasforma sia sincronicamente in concomitanza con un episodio particolare in un momento dell’esistenza di un individuo e sia diacronicamente se il processo di tensione al ben-essere lo si riconduce a una fase della vita di un soggetto. Ritornando al ben-essere per le persone con disabilità, dobbiamo a Seguin la nascita della prima scuola per i bambini disabili. Egli ritenne e sostenne che i bambini disabiliti potessero essere educati e quindi anche loro potessero assumere un ruolo nella società. Si cerca di promuovere il benessere delle persone disabili, considerandolo una dimensione strettamente determinata dalla capacità di autonomia. Nonostante ciò c’è da dire che lo stato di benessere di una persona dipende anche dall’aspetto relazionale che si ha nei confronti della vita e dai rapporti che si costruiscono e coltivano. È importante che la società aiuto ogni individuo a sentirsi libero e spensierato, autonomo e soprattutto deve aiutare il soggetto a vivere la vita che esso sceglie. La prof. Iavarone dice anche che non si può riassumere lo stato di ben-essere come una condizione d benessere fisico o economico; possiamo affermare che nelle società occidentali il diritto di essere felici e di star bene è diventato legittimo, ed è divenuto un diritto che può essere esercitato quando le persone vengono aiutate a determinare il proprio stato di ben-essere.
    Per quanto riguarda le persone con disabilità, la felicità per loro è anche quella di non incontrare ostacoli nella vita quotidiana, di non essere considerati inferiori, di trovare il loro posto nella società e vivere serenamente senza esser visto con occhi di tristezza. Per rendere felice queste persone basterebbe veramente poco.
    Marta Iannaccone
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    Messaggio  Marta Iannaccone Gio Mag 17, 2012 3:07 pm

    Capitolo 1.
    Trattando il tema della felicità si va ad andare a sondare un territorio impervio,misterioso. Sul senso della felicità,sulla sua definizioni si è ancora molto titubanti,non si riesce bene a darne una definizione precisa,dunque alla domanda “Cos’è la felicità?” non è stata data ancora una risposta definitiva,e forse non sarà mai possibile rispondere al quesito. Certo è che questo argomento ha da sempre avuto grande fascino sull’essere umano tanto da essere oggetto di numerose speculazioni filosofiche dove ognuno ha cercato di esprimere la propria idea di felicità seguendo quella che in fin dei conti era la propria visione e concezione del mondo. La nozione di felicità la ritroviamo in tutte le culture,ed è in molte lingue che troviamo una distinzione importante tra un qualcosa che dà un piacere immediato che identifichiamo come piacere,gioia e qualcosa poi di più profondo,di più durevole e qui parliamo della soddisfazione e dell’appagamento. Originariamente si utilizzava il termine “Eudaimonia” che significava “buon demone”,buona sorte,riconducendo quindi il concetto di felicità nell’avere una buona fortuna. Di questo significato originario abbiamo testimonianza in molte lingue straniere come ad esempio il tedesco con la parola “glueck” che letteralmente significa “fortuna”.Analizzando invece la parola italiana “felicità” vediamo che deriva dal latino “fecundus” ,”ferax” infatti i latini definivano una terra “felix” quando la stagione era stata fertile. Arriviamo poi ai filosofi greci in particolare Socrate,Platone e Aristotele ed è qui che vediamo una trasformazione della parola che si carica di nuovi significati. Si inizia a diffondere il pensiero che l’uomo diventi felice nel momento in cui possa da solo fare le sue scelte ed essere un uomo libero. Vediamo che è un concetto nuovo rispetto alla precedente idea della felicità come un qualcosa legato alla sorte,qui il concetto è totalmente slegato dalla sorte,infatti,la felicità non è più identificata con il godimento dell’attimo fuggente,non si ritrova più nella strada del famoso “carpe diem”,ma è connessa al portare a compimento la propria vita. Lo studioso Nettle parla di due livelli di felicità: “La felicità di primo livello” che consiste in un senso di gioia che deriva da un appagamento,dal raggiungimento di qualcosa di desiderato ed è in genere uno stato piuttosto transitorio che con il passar del tempo tende a svanire. Abbiamo poi una “felicità di secondo livello”,dove più che parlare di gioia,parliamo di qualcosa di più profondo,come già detto sopra,ovvero la soddisfazione,l’appagamento. Questo secondo livello di felicità è quello studiato dalla psicologia ed il soggetto affermando di essere felice non intende dire che ogni singolo momento della sua vita sia stato perfetto,ma intende dire che facendo un bilancio,si ritiene soddisfatto della sua vita e che quindi le emozioni positive hanno avuto il sopravvento su quelle negative. Quindi qui parliamo appunto di SODDISFAZIONE,di passare in rassegna i momenti della propria vita e fare una sorta di bilancio,cosa che quindi risulta essere più duratura di una semplice sensazione di gioia provata in una particolare circostanza. Si parla infine di una “felicità di terzo livello” dove riprendiamo l’antico concetto aristotelico e lo riportiamo in vita, affermando che per felicità si intende una vita in cui la persona riesce a realizzare le sue potenzialità. E proprio su quest’ultimo punto che vorrei costruire il mio pensiero sul ben-essere e sulla disabilità. La prima domanda da porsi anche in questo caso è “Che cos’è il benessere?”
    Da ben-essere cioè vivere bene,esistere bene,è un aspetto molto complesso che coinvolge tutti gli aspetti della vita dell’uomo. Da un’idea originaria di benessere come semplice assenza di patologie,ad uno stato più complesso che investe vari campi,ha infatti,una componente cognitiva che valuta la soddisfazione sulla propria vita;una componente affettiva che si suddivide in presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo;la troviamo anche in un livello soggettivo perché le predisposizioni personali sono importanti nel contribuire al benessere del soggetto,ad esempio elementi come l’ottimismo,la perseveranza ecc. svolgono un importante ruolo. Infine troviamo un livello che si riferisce al contesto di vita,nei rapporti sociali,nel senso di appartenenza ecc. perché oltre ai fattori interni,vi sono anche dei fattori esterni che possono contribuire al benessere. Quindi benessere che abbraccia diversi ambiti: psicologico,spirituale e fisico. Allora come riportare tutto questo discorso alla realtà della disabilità?Inizialmente il problema della disabilità non era connesso con il concetto di benessere,non troppo tempo fa infatti,persone disabili venivano trattate in istituti particolari e non si parlava molto della loro integrazione in società. Nel 1800 Il medico francese Seguin ebbe l’innovativa idea di educare questi soggetti per poi fargli trovare il loro posto all’interno della società,ma purtroppo con il passar del tempo lo scopo di quelle scuole deviò il suo percorso approdando verso altri scopi. Le scuole non svolgevano il loro compito educativo e divennero più che altro delle scuole affidatarie,divennero posti dove tenere questi disabili lontani dalla società e non integrati in essa come si professava inizialmente. Vigevano l’abbandono,l’isolamento che perdurò per molto tempo fino al secolo scorso,negli anni Cinquanta e Sessanta. Fortunatamente però vi fu una ripresa con la nascita del concetto di “normalizzazione” che è sfociata poi nella volontà di includere queste persone all’interno della società. Oggi,anche qui in Italia,abbiamo molte leggi,abbiamo la legge 104/92 che afferma che si riconoscono ai disabili gli stessi diritti dei cosiddetti normodotati,eppure abbiamo visto di come molto spesso il benessere di questi soggetti disabili sia solo una bella favola scritta nella Costituzione. Abbiamo detto che per benessere,ma anche per felicità infondo, intendiamo il vivere la propria vita potendo essere autonomi,liberi,ma nonostante le leggi,molto spesso secondo me,non diamo l’opportunità a queste persone diversamente abili di poter sviluppare il loro potenziale,vengono di fatto bloccati dalla società che per me è il loro vero handicap.
    Marianna Romano
    Marianna Romano


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    Messaggio  Marianna Romano Gio Mag 17, 2012 3:10 pm

    [b]L’importanza che ha guadagnato il concetto di educazione inclusiva è recente. Essa va incontro alle esigenze di tutti i bambini e mira ad eliminare l’esclusione per perseguire l’equità sociale. Promuovere l’inclusione significa stimolare la discussione,incoraggiare atteggiamenti positivi e migliorare modelli educativi e sociali in modo da fronteggiare le nuove richieste in educazione. Quattro sono gli elementi chiave che caratterizzano il concetto di inclusione:
    1)L’INCLUSIONE E’UN PROCESSO
    2)L’INCLUSIONE HA A CHE VEDERE CON L’IDENTIFICAZIONE E LA RIMOZIONE DELLE BARRIERE
    3)L’INCLUSIONE RIGUARDA LA PRESENZA,LA PERTECIPAZIONE E IL SUCCESSO DI TUTTI GLI STUDENTI
    4)L’INCLUSIONE COMPRENDE UNA PARTICOLARE ATTENZIONE A QUEI GRUPPI DI STUDENTI CHE POSSONO ESSERE A RISCHIO DI MARGINALIZZAZIONE,ESCLUSIONE O INSUCCESSO SCOLASTICO.
    Le figure fondamentali a supporto dell’inclusione sono essenzialmente tre:
    -I sistemi educativi inclusivi
    -Gli insegnati e l’ambiente di apprendimento
    -Le famiglie
    I sistemi educativi con orientamento inclusivo dovrebbero offrire un’ampia gamma di metodi di lavoro e trattamento individuale per assicurare che nessun bambino sia escluso dalla socializzazione e dalla partecipazione nella scuola. Un curriculum inclusivo indirizza lo sviluppo cognitivo,emozionale,sociale e creativo del bambino e tiene in considerazione il genere,l’identità culturale e il retaggio linguistico. Molti curricola offrono ai bambini di apprendere le stesse cose,nello stesso tempo e attraverso gli stessi metodi e mezzi, tralasciando che ogni bambino ha abilità e necessità differenti .E’ importante che il curriculum sia abbastanza flessibile affinché possa fornire possibilità di adattamento ai bisogni individuali e possa stimolare gli insegnanti a cercare soluzioni che creino sintonia con i bisogni,le abilità e gli stili di apprendimento di ciascun ragazzo. L’educazione inclusiva è un processo crescente e gli insegnanti dovrebbero lavorare attivamente per raggiungere i suoi obiettivi. Essi devono essere sicuri che ogni bambino comprenda le istruzioni e le modalità di lavoro e creare un ambiente di apprendimento in modo che ciascun bambino raggiunga il proprio potenziale. Nel rapporto docente-classe è importante la sensibilità dell’insegnante e la sua capacità di istaurare relazioni significative tra gli alunni.
    Uno dei più grandi ostacoli presenti nelle classi delle scuole europee è il trattamento delle differenze. In questo caso la collaborazione tra insegnati è fondamentale. Il co-insegnamento facilita questo rapporto e aumenta l’eguaglianza di istruzione tra gli studenti con disabilità nelle classi. Questo modello di insegnamento coinvolge l’insegnate curricolare e l’insegnante specializzato (ha funzione di sostegno per studenti con disabilità e migliora la capacità della scuola di superarle barriere per l’apprendimento) nella progettazione dei programmi educativi per gli studenti di una classe. L’obiettivo del co-insegnamento è l’aiuto reciproco che i due insegnanti possono ricavare fondendo insieme le loro esperienze. Un ruolo non di poco rilievo è ricoperto dalle famiglie. Coinvolgere i genitori nella scuola significa sviluppare relazioni positive tra casa e scuola e fare in modo che i genitori si interessino attivamente all’educazione dei loro figli. I contatti tra insegnanti e genitori favoriscono i progressi educativi del bambino.
    Negli ultimi anni sta aumentando sempre di più l’interesse verso il significato della CAPABILITY APPROACH in ambito educativo. Quest’ultima considera l’educazione come fortemente connessa con la libertà umana e guarda l’interazione che il bambino istaura con l’ambiente scolastico. Tale approccio vede lo sviluppo come un processo di espansione delle capacità e delle opportunità reali delle persone affinché ciascuno possa scegliere una vita a cui attribuisce valore. Questo richiede agli enti pubblici e alle persone coinvolte un cambiamento culturale importante,in quanto le persone con disabilità,le loro famiglie,le associazioni non saranno più dei destinatari passivi di politiche e servizi ma soggetti attivi al cambiamento. Un altro strumento che favorisce l’educazione inclusiva è l’INDEX.
    L'Index per l'inclusione è stato messo a punto dal Centre for Studies on Inclusive Education (CSIE), un ente indipendente che nel corso degli anni è diventato un punto di riferimento per la promozione dell'inclusione nel sistema scolastico. L'Index offre una serie di materiali per consentire ad alunni, insegnanti, genitori, dirigenti e amministratori (ma anche ai membri più estesi della comunità locale) di progettare per la propria realtà scolastica un ambiente inclusivo in cui le diversità siano motore per il miglioramento e il progresso della scuola. L'Index promuove uno sviluppo inclusivo per così dire dall'interno perché muove dalle conoscenze, dalle esperienze e dalle rappresentazioni dei suoi attori, e analizza la scuola nella dimensione delle politiche (il progetto complessivo che la guida e l'insieme delle decisioni che mirano al cambiamento), delle pratiche (le attività e i metodi di insegnamento e l'utilizzo proficuo delle risorse disponibili) e in quella fondamentale della cultura (i valori e le convinzioni che la ispirano). Concretamente gli indicatori dell'Index consentono un esame dettagliato della scuola per superare gli ostacoli all'apprendimento e alla partecipazione per favorire la realizzazione di ogni studente e per creare comunità solidali.


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