Wikipedia: la felicità è lo stato d’animo(emozione) positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. Mi fermo, e mi domando…quindi si è felici solo se si è capaci di realizzare i nostri desideri? E se ne realizzeremo dieci su mille? Guardare negli occhi le persone che si amano non è sinonimo di felicità? Guardare incantati il cielo sereno dopo una tempesta, svegliarsi al mattino e sapere che c’è tua mamma ad augurarti il buongiorno, ricevere un messaggio da un’amica lontana, sentirsi orgogliosi dopo aver aiutato una persona in difficoltà, non è felicità questa??? La felicità non può essere spiegata attraverso una definizione specifica ed universale, la felicità a mio parere è ciò che contraddistingue un uomo da un altro uomo. E allora come si risponde a questo interrogativo??? COS’è LA FELICITà? Tale concetto compare in ogni cultura, ha rappresentato da sempre la base del dibattito filosofico ,religioso ed educativo. Molte lingue la distinguono come un qualcosa di immediato(gioia, piacere), altre come un qualcosa di più durevole e significativo(soddisfazione, appagamento). Eudaimonia originariamente derivava da “buon demone”, secondo la cultura mitica la felicità era strettamente legata alla fortuna, nelle moderne lingue anglosassone, significa sia fortuna che felicità(tedesco:” gluck”;Inglese:happines…accadere, capitare), addirittura i latini parlavano di terra “felix” quando la stagione era fertile. Con Socrate, Platone e Aristotele la parola eudaimonia si è arricchita di nuovi significati, l’uomo può essere felice con la sua libertà e continuare ad esserlo anche contro la sorte. Per Aristotele in particolare la felicità era strettamente collegata all’etica, alla virtù, quest’ultima espressione per dimostrare” il sapere fare cose d’eccellenza”. Recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico il concetto di felicità, alcuni studiosi hanno avvertito la necessità di comprendere la sofferenza umana. Maslow : ha contribuito a questa ricerca con la gerarchia dei bisogni, stabilendo che il più alto grado di bisogni come l’autostima sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni di ordine più basso come la sopravvivenza. L’implicazione quindi è che i bisogni di ordine inferiore dovrebbero precedere quelli di ordine superiore della gerarchia. La felicità può essere classificata in base a tre sensi:
1.Immediato:più diretto alla felicità, sensazioni transitorie, provocate dal raggiungimento di uno stato desiderato che non coinvolge molta cognizione. Può essere misurato in modo oggettivo, ciò che le persone riferiscono sulla loro felicità è indiscutibile. Nettle definisce questo senso di felicità “felicità di primo livello”.
2.Felicità di secondo livello: i differenti livelli di paragone che persone diverse utilizzano nei loro giudizi potrebbero diventare un fattore di confusione, ma i resoconti di felicità fatti su se stessi sono ancora i dati di fatto principali e appropriati per uno studio scientifico.
3.La felicità di terzo livello non si può misurare facilmente, affinchè si valuti è necessario esprimere un giudizio su che cosa sia vivere bene e in che misura lo si realizzi nella propria vita.
L’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha indicato come obiettivo centrale della medicina la promozione della salute, definendola come una condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale. Il ben-essere include in sé una componente cognitiva e un’altra affettiva, e in generale è stato definito un “vivere bene” anche in presenza di una malattia temporanea o cronica. Seligman ha proposto diverse strade che conducono alla felicità: percorrendo una via basata su emozioni positive” (la vita piacevole” ) o dirigendosi verso la strada che individua talenti personali e forze. Seligman ha offerto un forte contributo alla psicologia positiva con la teoria della felicità autentica relativamente alla vita piacevole, alla buona vita, e alla vita che integra e si costruisce sulle concezioni eudaimonica ed edonica della felicità. Da un punto di vista edonistico ci riferiamo alla massimizzazione dei piaceri e alla minimizzazione del dolore, invece dal punto di vista eudaimonico ci riferiamo all’attualizzazione del potenziale dell’individuo e del perseguimento del proprio vero sé. Diverse sono le teorie che concordano con il punto di vista eudaimonico, ritendendo che la felicità è data dallo sviluppo delle forze e virtù individuali. Ad esempio secondo Waterman è massimizzata quando le attività coincidono con i valori più profondi delle persone; per Ryff e Keyes la identificano con l’autonomia, la crescita personale, l’autoaccettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale e con le relazioni positive con gli altri. Inoltre sviluppato da Csikszentmìhàlyi è il concetto di flusso, che corrsiponde allo stato di impegno, felicità ottimale e esperienza massima che si verifica quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante. Questo aspetto è molto significativo e vede nella figura dell’educatore, il soggetto che crea le condizioni adatte che rendono la persona capace di scegliere di apprendere, rendendo così l’apprendimento un’esperienza piacevole, iniziando a leggere il mondo con curiosità ed interesse. Il benessere considera la soddisfazione delle proprie esigenze valutando la cultura di riferimento, è importante in questo caso fare riferimento a Ghedin con l’idea che gli esseri viventi tendono alla complessità da un punto di vista biologico, psicologico e sociale, acquisendo e integrando le informazioni che gli provengono continuamente dall’ambiente. Per questo motivo diventa fondamentale l’analisi di ciò che è possibile, desiderabile e significativo per il singolo e la comunità. Canevaro afferma a questo proposito che il ben-essere di un individuo non è legato solo alla sfera del singolo, dell’individuale ma anche a quella che qualcuno chiamerebbe capitale sociale. Inoltre, la Delle Fave afferma che in prospettiva eudaimonica è importante considerare che l’individuo venga visto come un agente attivo al cambiamento e allo sviluppo della comunità, e ciò deve valere per tutti i cittadini, per persone con disabilità, anziani, immigrati, minoranze persone in condizioni di disagio psicosociale. Da un punto di vista educativo ciò significa dare a tutti la possibilità di decidere di essere. Come già sottolineato in precedenza, solo recentemente si sono attivate tali ricerche concependo che l’idea di ben-essere e la sua ricerca fanno parte degli esseri umani e in quanto tale merita una giusta attenzione scientifica. Gli uomini si caratterizzano anche per la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti dell’ambiente(controllo omeostatico). Il benessere:
- segue più direzioni, in senso verticale(tempi), orizzontale(luoghi);
- possiede più dimensioni trasformandosi sia sincronicamente che diacronicamente;
-è il risultato dell’integrazione tra sistema biologico, psichico, sociale dipendendo non solo dal funzionamento di organi e di apparati vitale ma anche da stili di vita e di lavoro, dal tempo libero, dalla condizione e dalla qualità dei contesti e dell’ambiente;
-non ignora la sofferenza umana ma la previene e la allevia attraverso la promozione di una buona salute, resilienza e crescita psicologica.
E per quanto riguarda il benessere per disabili??Edouard Seguin, medico francese per la prima volta nel 1800 guidò la prima scuola per bambini disabili, promuovendo un modello formativo che si diffuse rapidamente, adottando una visione progressista affermò che i bambini con disabilità potessero essere educati e assumere il loro giusto ruolo all’interno della società. Per la psicologia positiva soprattutto in questi casi considera il benessere come un progetto dinamico da condividere con gli altri, riconoscendo l’aspetto relazionale come punto strategico insostituibile. Lo scopo deve essere quello di estrapolare le potenzialità, le capacità, le doti delle persone con disabilità, ed è in questo che dovrebbe essere utile l’aiuto dell’operatore. Mangiare, vestirsi, lavarsi sono sì aiuti utili ma da soli aumenterebbero un’immagine di inadeguatezza e debolezza. Sono stati diversi i filoni che hanno contribuito nella ricerca della felicità e del benessere nella disabilità.
Il movimento della qualità della vita: recentemente un team internazionale di esperti ha identificato alcune dimensioni della qualità della vita, e dai dati sembra emergere che il benessere emozionale sembra quello più vicino alla felicità. Lyubomirky, Sheldon,e Schkade hanno evidenziato che circa il 10% della varianza della felicità nella popolazione generale è dovuta a condizioni di vita esterna, con il 50% determinata da una condizione genetica e il 40% da attività intenzionale che aumentano o diminuiscono la felicità.
Il movimento della doppia diagnosi: in confronto alla popolazione generale, le persone con ritardo mentale sono a più alto rischio di psicopatologia o doppia diagnosi .Circa il 40% di essi ha problemi clinicamente significativi, sintomi di disadattamento o psichiatrici sono i maggiori ostacoli in setting inclusivi dove le persone con ritardo mentale vivono, si divertono ,lavorano.
Personalità motivazione e felicità: negli anni Settanta del secolo scorso, Zigler sostenne che i bambini con ritardo mentale non solo avevano un QI basso ma avevano anche una personalità distintiva che derivava dai loro aumentati indici di esperienze di fallimento, avevano minori aspettative di successo ,bassa motivazione alle sfide e si affidavano più all’aiuto degli altri che a loro stessi. Le questioni relative al benessere in questo caso dovrebbero favorire più che l’apprendimento scolastico, un sentimento globale di autoefficacia, capaci di renderli attivi e potenti nella gestione della propria esistenza.
La ricerca sulla famiglia: essa effettuata sulle famiglie di bambini con ritardi mentale hanno avuto un orientamento nella direzione della psicopatologia. Le madri che attraversano diversi stadi dallo shock e dalla disorganizzazione emotiva per non avere un figlio perfetto e idealizzato, alla riorganizzazione. Mullins ha condotto un’analisi su circa 60 libri i cui autori erano i genitori di figli disabili che hanno messo in evidenza la presenza dello stress emotivo e delle preoccupazioni, ma sono emersi molti di loro che hanno sostenuto quanto la presenza dei loro figli abbiano arricchite le loro vite di significato. In riferimento è di grande importanza mostrare una particolare attenzione sulla famiglia e sui sistemi ambientali che influenzano lo sviluppo di un bambino con difficoltà. Un qualsiasi atteggiamento negativo non influirebbe direttamente sul bambino ma si aggiungerebbe al già esistente livello di stress della famiglia.
Secondo alcuni studi, come quello condotto da Cameron, non sono state riscontrate differenze tra 190 persone disabili e 195 normodotate sulle valutazioni della soddisfazione di vita, frustrazione e umore. Altri risultati inoltre hanno confermato che le persone disabili alla nascita dimostrano di essere più felici rispetto alle persone che lo sono diventate nel corso del tempo.
Secondo la prof Iavarone la pedagogia in modo particolare la pedagogia speciale, ha come principale obiettivo il benessere e la qualità della vita del soggetto con l’aiuto di diversi esperti come educatori, operatori, insegnanti, e di occuparsi non solo di istruzione ma anche dell’educazione, tutelando salute e sviluppo non solo fisico ma soprattutto psicosociale.
A mio parere la ricerca della felicità è un diritto per tutti. Tutte le Costituzioni ne parlano, i film e la letteratura la raccontano, ma poi effettivamente che ruolo ricopre nella nostra vita? L’art 3 della Costituzione recita: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Ancora la Legge 104/92 si impone di offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone con disabilità. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, questi limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Quanta “carta parla”??? E i diritti sono realmente riconosciuti???Le barriere architettoniche sono state definitivamente rimosse??? Diversi sono stati gli incontri durante il corso con persone con disabilità, dal prof Palladino ai membri dell’ U.N.I.Vo.C, ai video visionati in aula (ad esempio la giornata di un disabile in una città come Milano)…e sono tante le problematiche emerse, sono tanti gli ostacoli che limitano e rendono difficili le vite di queste persone. Tutto a mio parere parte dall’alto per poi ramificarsi fino ai più piccoli. Ricordo un episodio che ci raccontò un ospite dell’U.N.I.Vo.C, un ragazzo non vedente finì contro ad un cartellone pubblicitario ad altezza uomo(circa un metro ), e ad avercelo fissato lì, in quel modo, a quell’altezza era stato proprio un’ente a cui avevano esposto problemi simili qualche settimana prima. Di fronte a tanto menefreghismo, abbiamo avuto la fortuna di incontrare uomini forti, con la voglia di vivere, con dignità e umiltà fanno sentire le loro voci in un mondo troppo preso da se stesso, e la cosa per me è già stato motivo di felicità. Non sono capace di dire, “per me la felicità è”………Ma posso dire che durante quest’esperienza mi sono sentita molte volte felice…Mi sono sentita invasa da un senso di felicità di fronte al sorriso di Simona Atzori, di fronte alla forza di Pistorius: CHE IO POSSA VINCERE, SE NON RIUSCISSI,CHE IO POSSA PROVARCI CON TUTTE LE MIE FORZE. Ho toccato la felicità con mano, quando a parlarci è stato il prof Palladino ed ha donato ad ognuno di noi uno sguardo col suo cuore: I NON VEDENTI NON SOGNANO MAI IL BUIO…Sono tante le parole che vorrei scrivere, ma non vorrei risultare banale o ripetitiva…mi concedo un’ultima cosa…IO SARò FELICE OGNI VOLTA CHE PENSERò A QUESTA RICCA E UNICA ESPERIENZA. …La felicità per me, è tutto ciò che mi fa battere il cuore a mille, ma dopo un po’ mi porta un forte senso di malinconia, al pensiero che quell’attimo, quella sensazione, quel momento è destinato a finire.