Come ben sappiamo il concetto di inclusione,ha acquistato una grande importanza negli ultimi anni,vedendo nell’educazione, il grimaldello per porre un limite alla diversità e all’esclusione. Il termine inclusione,infatti, non fa riferimento solo ai casi di disabilità, ma anche a tutti quei casi che fanno riferimento all’emarginazione culturale, sociale, etnica, religiosa ecc…. Includere, quindi, significa creare un’educazione che miri ad eliminare le esclusioni e le differenze tra persone, in quanto questa è un diritto di tutti e non un privilegio per pochi. L’inclusione, non è un fine, ma è lo scopo per raggiungere il fine della creazione di una società non discriminatoria. In tale ambito, importante, è la conferenza di Salamanca del ’94, dove si affermava che ”un sistema di educazione inclusivo,può svilupparsi solo se le scuole,come altri centri di apprendimento, diventino più inclusivi, prendendo in considerazione tanto la necessità dei poveri, degli svantaggiati, dei bambini – anche con disabilità – quanto quelli degli adulti coinvolti.”
L’inclusione, si basa su quattro punti importanti:
1. L’inclusione come processo: una continua ricerca dei migliori metodi da attuare per rispondere alla diversità. Trovato un metodo adatto, non bisogna fermarsi ad esso, ma bisogna continuare a cercare, ad andare avanti, perché ogni persona è diversa e ogni contesto è diverso e in continuo cambiamento.
2. L’inclusione come identificazione e riduzione di barriere: barriere, come affermato nella precedente prova intercorso, sia materiali che mentali e che portano il soggetto a non identificarsi con la società, ma a sentirsi un mostro, da escludere ed emarginare.
3. L’inclusione come presenza - quanto i bambini sono effettivamente presenti nel loro processo integrativo ed educativo– partecipazione e successo – le conseguenza dell’apprendimento –
4. L’inclusione come attenzione a gruppi di studenti che possono essere a rischio di marginalizzazione, esclusione o insuccesso scolastico.
Tra i quattro punti sopra elencati, il 4° è quello che, a mio avviso (senza togliere niente agli altri), racchiude quella che è l’educazione all’inclusione, perchè prende in considerazione il monitoraggio di quei ragazzi che sono più a rischio, così da intraprendere nuovi percorsi per far in modo che questi partecipino con successo al processo educativo.
L’inclusione, però, oltre a considerare questi vasti aspetti, si occupa del diverso modo di comprendere la disabilità. Si è spostata, infatti, l’attenzione da quella che era la menomazione del soggetto che gli impediva di svolgere determinate attività e che lo portava ad essere qualificato come disabile, all’ambiente sociale che spesso tende ad escludere queste persone – tema già trattato nel momento in cui abbiamo parlato dell’ICF e del suo prendere in considerazione, all’interno della classificazione, non solo le malattie, ma anche i contesti sfavorevoli; inoltre abbiamo trattato tale argomento grazie ai video visti in classe e ne abbiamo discusso in numerosi commenti dove il contesto non includeva queste persone nella vita quotidiana, perché non forniva loro le necessarie cure e attenzioni, negando, quindi, delle opportunità ad una persona con disabilità. Queste opportunità negate, però, non le osserviamo solo nei mancati ausili, ma anche nella mancata fiducia che si ha verso queste persone, nel mondo del lavoro,dove si tende a vedere le necessità della maggioranza e non della “minoranza” e nel mondo scolastico dove si tende a vedere quelle che sono le necessità del gruppo escludendo il singolo soggetto-
All’interno di questo vasto discorso, non dobbiamo dimenticare che l’inclusione si basa su alcune figure chiave che sono:
gli insegnanti:
l’educazione inclusiva, consiste nel dare una buona educazione a tutti i bambini, indipendentemente dalle loro abilità diverse. Ciò, però, porta gli insegnanti a dover avere determinate attitudini che spesso sono totalmente assenti. Molti di loro, infatti, non si aprono benevolmente all’educazione inclusiva, facendo diventare così, l’inclusione un qualcosa di estremamente difficile. L’esempio lampante di ciò, è visibile nel momento in cui un insegnante considera un ragazzo diversamente abile come una “palla al piede”, come colui che ritarda l’apprendimento degli altri ragazzi, senza capire che se solo si aprisse di più all’altra persona, se solo cercasse di aiutarla, di capire quali strategie adottare andando anche oltre i curricola ministeriali, allora, si verrebbe a creare una vera educazione all’inclusione, dove il ragazzo non si sentirebbe escluso dal gruppo classe, ma si sentirebbe parte di quest’ultimo. Ciò però non è facile che avvenga, perchè molte volte gli insegnanti non hanno le competenze adatte ad affrontare un caso simile, o comunque, nel caso in cui queste competenze dovessero essere presenti, si pensa a finire il programma in tempo a svantaggio di colui che “non è come gli altri”. A tal proposito bisogna evidenziare che lo scopo fondamentale è proprio quello di evitare l’emarginazione. Ciò si può attuare affiancando all’insegnate della classe, quello che è un insegnante specializzato, che collabora con egli e che è in grado di attuare programmi e metodi e di personalizzare i ritmi del soggetto avente disabilità. Ma a cosa serve questo affiancamento o co-insegnamento? Serve a non far sentire solo l’insegnate nell’affrontare una situazione di disabilità e ad aiutarlo ad attuare l’integrazione, perché sarà affiancato da insegnati specializzati nella valutazione e progettazione di programmi adatti e nel sostegno agli insegnanti. Ciò, porta a rendere la pratica dell’insegnamento più soddisfacente. Ma in cosa consiste il co-insegnamento? Consiste nel far in modo che il ragazzo affetto da disabilità, svolga lo stesso programma degli altri ragazzi, solo con ritmi diversi e con qualche aiuto in più.
La famiglia:
la famiglia come ben sappiamo è il primo nucleo con cui il ragazzo viene a contatto e molto spesso nei casi di disabilità, la famiglia non sa come comportarsi, portando, quindi, il soggetto all’annullamento della resilienza che è in lui. In questo contesto, importante è la collaborazione scuola-famiglia o se vogliamo istituzioni-famiglia affinchè questa sia sempre partecipe della vita del ragazzo e non venga mai lasciata sola in un momento così delicato della vita familiare. Un genitore, infatti, non può essere chiamato solo nel momento in cui ci sono dei problemi, ma deve essere chiamato continuamente, affinchè nasca un continuum tra scuola, istituzioni e famiglia, che deve essere messa al corrente anche dei successi del bambino, così che la fiducia dei genitori nel bambino e nelle sue capacità cresca sempre di più. Così facendo, si favoriscono i processi educativi del bambino. Questa comunicazione, avviene o può avvenire in diversi modi, ad esempio con delle consultazioni, cioè prima che il bimbo inizi la scuola e durante l’anno si cercano, tramite vari metodi, le visioni dei genitori; appunti scuola – famiglia dove sia i genitori che gli insegnanti scrivono su una specie di diario quelli che sono i comportamenti significativi del bambino, al contrario, più dettagliati, invece, sono i rapporti scritti. Da quello che possiamo notare,quindi, ci sono molti metodi per mettere in comunicazione la scuola, gli insegnati e la famiglia, spesso esclusa e non considerata nel processo educativo del bambino.
Capability approach:
il cosiddetto “approccio secondo le capacità” , fu formulato da Martha Nussbaum e prende in considerazione i benefici e i risultati dell’educazione che sono visti come multidimensionali e sono mirati al raggiungimento della libertà, concetto fondamentale nel momento in cui si parla di capacità del bambino (il concetto di libertà, ad esempio, fu oggetto di laboratorio nel momento in cui parlammo di domotica,cioè quella tecnologia che porta all’emancipazione del ragazzo, però “esternamente”; “internamente” questa emancipazione deve avvenire grazie all’educazione, alla scuola e alla famiglia).L’educazione gioca un ruolo importante nello sviluppo delle capabilites, cioè delle capacità e abilità del bambino. La disabilità, infatti, risulta una limitazione delle capacità del bambino, quando alla fine non è per niente una limitazione, ma semplicemente la messa in evidenza di altre capacità. L’educazione ha lo scopo di fornire agli individui i mezzi per interpretare le cose che succedono, per partecipare e per socializzare. La possibilità di un bambino di convertire le risorse in capability, dipende anche dal contesto in cui vive, infatti, le opportunità che possiede sono legate ai propri genitori e al funzionamento della società. L’educazione ha un ruolo importante e deve consistere in un processo che dà una maggiore autonomia ai bambini e che gli permetta di interpretare la vita e di attribuirle un senso e un valore. Il progetto che scaturisce da ciò, ha come finalità,quindi, quello di una scuola inclusiva, che sia capace di educare gli alunni senza la necessità di categorizzarli ed etichettarli.
Quanto detto fino a questo momento, può essere sintetizzato in una sola frase, ovvero, “ l’index per l’inclusione”, che si riferisce all’educazione di tutti i bambini e ragazzi sia con “bisogni educativi speciali” sia con apprendimento normale. Questo offre il miglioramento delle scuole e si fonda sulle rappresentazioni del gruppo docente, del consiglio d’istituto, degli alunni e delle famiglie. Lo scopo è quello di fornire un esame dettagliato di come si possono superare gli ostacoli al fine di far apprendere e partecipare il bambino. Incoraggia, quindi una visione dell’apprendimento in cui i bambini e i ragazzi siano coinvolti. I concetti chiave di questo sono:
• Inclusione: con questo termine si vuole indicare una scuola in continuo movimento. Codesto indica il cambiamento verso la crescita degli apprendimenti e della partecipazione di tutti gli alunni, cioè collaborare attraverso esperienze di apprendimento condivise. Ridurre, quindi, l’esclusione. Ciò può avvenire solo occupandosi dell’interezza della persona; della globalità della persona, come la definiva la Murdaca, una persona a tutto tondo e non con determinati aspetti da considerare, escludendone altri.
• Ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione: questo termine, viene utilizzato per focalizzare l’attenzione su ciò che occorre fare per migliorare l’educazione di ogni allievo, siano essi disabili o normodotati. Questi ostacoli all’apprendimento, infatti, possono impedire l’accesso alla scuole o limitare la partecipazione alle attività.
• Risorse per sostenere l’apprendimento e la partecipazione: in genere per sostenere l’apprendimento, le risorse sono sempre maggiori rispetto a quelle che vengono usate. Per risorse però non si intende solo compensi in denaro, ma anche quelle che sono le risorse umane – alunni,insegnanti,famiglie – in particolare gli alunni, le cui capacità si sostenere il compagno o di orientare il loro apprendimento sono scarsamente utilizzate. All’interno della scuola, quindi, c’è una ricchezza di conoscenze la cui partecipazione è limitata. L’index in questo campo, aiuta ad attingere da tutti questi saperi, che non sono presi in considerazione, per dar vita ad uno sviluppo personale.
• Sostegno alla diversità: l’index assume una nozione più ampia di sostegno interpretandolo come “ogni attività che accresce le capacità da parte della scuola di rispondere alla diversità degli alunni”. Fornire un sostegno individuale, rappresenta solo una parte dello sforzo di cui parla l’index. Fornire sostegno, infatti, significa anche solo ricordarsi di tutti gli alunni presenti in aula e prendersi cura di loro progettando qualcosa per la partecipazione di tutti. Il coinvolgimento, quindi, del gruppo docenti è importante per mantenere una forte connessione tra sostegno individuale e di gruppo nelle attività curricolari.
Alla fine di tutto ciò una domanda che sorge spontanea, o che può sorgere è: “ma a cosa serve l’index? “ Serve a contribuire alla promozione dell’inclusione tramite la cooperazione tra tutte le persone coinvolte nell’attività scolastica. Il processo educativo, infatti, non deve essere visto come un processo meccanico, ma come frutto della connessione tra valori, emozioni e azioni.
In conclusione,a mio parere, l’inclusione è il modo in cui le società devono tenere conto delle persone che prima erano escluse e devono riuscire a riformulare le politiche dell’intera società, tenendo conto che oggi ci sono nuovi attori, nuovi soggetti e nuovi cittadini. Questo progetto è piuttosto complesso perché,come affermato prima, inclusione significa trasformazione. L’educazione deve essere uno dei temi importanti di emancipazione, perché, l’inclusione scolastica non è unicamente a beneficio delle persone con disabilità ma anche degli altri alunni, che possono avere modelli che arricchiscono il rapporto tra capacità diverse e modelli di comportamento. Il compito della scuola non è di insegnare soltanto una serie di materie ma anche comportamenti, rapporti sociali e relazioni nell’ambito della diversità.
Volevo concludere con una frase per me molto significativa che Padre Oreste ha pronunciato ieri alla messa dei bambini e che racchiude il senso più profondo dell’accoglienza e dell’inclusione: “in una famiglia povera una mamma vuole bene alla figlia, in una famiglia ricca la mamma vuole bene alla figlia. C’è differenza tra queste due famiglie? No, in entrambe c’è l’amore della mamma per la figlia. Ci avviene perché SOLO L’AMORE E’ IN GRADO DI ANNULLARE TUTTE LE DIFFERENZE”