Pedagogia della disabilità 2012

Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
Pedagogia della disabilità 2012

Pedagogia della disabilità (2012)- Stanza di collaborazione della classe del corso di Pedagogia della disabilità (tit. O. De Sanctis) a cura di Floriana Briganti


+287
federica pirozzi
Valentina Gaudioso
Teresa Nazzaro
Luisa Ratti
Antonella Pagliaro
domenica moccia
maria formisano
Silvana Marchese 1990
rosa romano
Emilia De Blasio89
ROSA NUVOLETTA
daiana martino
enzacoppola
elenacapobianco
Mena Pace
Teresa Buonanno
antoniodisabato
ERIKA IARNONE
Federica Riccardo
ascione ass
Cozzolino Chiara1987
soleluna
MARIA VITTORIA PIROZZI
Martina Molino
Gisella Santonastaso
Loredana Calise
palmina formato
mariangela manna
Francesca Starita
anna abbate
Annarita Riviergi
daniela oliva
Maria Maestoso
Maresca Socc. Addolorata
marigliano francesca
Melania Moscato
Fiorella Moio
Silvia De Sisto
Denise Di Gennaro
frascogna domenica
angela cuomo
conte claudia
Gervasio Concetta91
luisa formisano
Valentina Morra
silvana marconi
ANNA CARANNANTE
Letizia Panariello
DANILO ROMANO
maria russo
rosa capasso
Angela Scarpato
rosa manno
Angela Ascanio
Gabriella Barecchia
de cicco luisa
Lucilla Graziani
teresa perretta
Elvira Scarpato
Sara Costigliola
milone lucia
Milena Capasso
rosa d'onofrio
Barbara Pepe
Maria Natale
valeria cefariello
RITA MASSA
SerenaMele
Melfi Roberta
Marianna Di Caterino91
Maria Starace91
serenalestingi
Maria Grazia Zingone
Gaetana Cozzolino
Maria Di Caterino92
Luisiana Spinelli
anna piscitelli
Nadia Frascadore
Ilaria Musella
Stefania Scafati
anna flaminio
Ilaria Saviano
Diana Emma
valeria scognamiglio
DI MASO CLAUDIA
Cristina Cardillo Zallo
Marianna Carfora
Valentina Caponigro
Baldascino Francesco
annalisa de flora
Baldascino Concetta
Mario Cavallaccio
Sabrina Campaiola
emma mariniello
ilaria cardinale
lucia lettera
simonamanzoni
maria11
federica sbrescia
giuseppina tramo
Vittoria Camposano
viviana.imparato
Elvira Romano
fabiola lucignano
emiliana della gatta
Alessandra Mavrokefalos
Adele La Porto
Carmela Attanasio
Roberta Bortone
simona micillo
Brunella Casaretti
roberta case
Stefania befà
Fiorella Savino
Daria Casolare
luigia palumbo
Francesca Sommella
Maddalena Pontone
simonaesp
Piccolo Emilia
Miriana Medaglia
Chiara Di Napoli
Anna Pasquariello
Annamaria Bruno
Claudia Carbonaro
Lucia Esposito
michela di bernardo
valeria ottaviano
Anna Carmela Capasso
Luisa Masturzi
elena capasso
alessia maruzzella
mariana scamardella
anastasia manzueto
maria riccardi 90
Russo Livia Maria
Cristina Ambrosio
Marcello De Martino
Laura testa
Antonia Aletta
Antonella Pirozzi
maria pignata
Serena Elia90
Noemi Martuccelli
Iolanda Puca
Serena Vivenzio
Lucia Casaburo
LAURA BUONANNO89
maria giovanna toriello
Giuseppina Chianese
Micaela Crescenzo
Stefania Tufano
peluso cristina
DE STEFANO ANGELA
veronicagiordano
Lùcia Pisapia
Izzo Maria Teresa
Valentina Paolillo
maddalena cacciapuoti
francesca anello
Martina Marotta
Cinzia Guadagno
arianna annunziata
Palma Napolano
Antonella Leonetti
fabiola loffredo
Carmen D'Alessio
carmela clemente
Giulia Marciano
roberta silvestro
raffaella piccolo
antonia petrella
miriam perrella
ida errico
Monica Miele
Federica Marzano
maria.vigna
Marfella Valeria
Lorenza Baratta
Maria Pia Palvelli
iolanda martino
cavagnuolo giuseppina91
maria.lancellotti
Rossella Ascione
SERAFINA CILIENTO
Nunzia D'Amore
Annunziata Langella
Angela Di Marzo
Gallo Luisa
anna gemma buono1
Rita Desiato
FLAVIA AGOSTINO
Chiara Di Mare
Serena Conte
Fabrizia Nosso
serena murolo
Carmela Perillo
Marianna Gallo
Francesca Izzo
Noemi de Martino
Votto Michelina
Ilenia Caiazza
RaffaellaPagano1990
carmela migliaccio
Maria Rosaria Coppola
ilenia medici
Maria Grande
Maria Improta
erica caputo
francypetraglia
Antonia Manguso
Rachele Di Tuccio
Marianna Romano
Marta Iannaccone
francescacella
Danila Cacciapuoti
MAURIELLO JESSICA
PAOLA MUSELLA
Ilaria cozzolino
luciana sollazzo
Adriana De Rosa
rossellamaiorano91
Rita Esposito
Pezzella Vincenza
Carmela Frascarino
Claudia Zuccoli
Flavia Cozzolino
Chiara Verace
giovanna costagliola
daniela picascia
alessandra sorrentino
valeriaminucci
donatella tipaldi
Rossella Palumbo
Antonella Camposano
edvige garofano
rosa corbo
maria rosaria russino
Laura polverino
Roberta Narici
Miryam Polidoro
alessandra sbrizzi
nunzia apicella
simona capasso
Anna Bianco
Imma Saviano
VALERIAILLIANO
TammaroAlessia89
MarySalvati
Irene De Vita
Tommasina Cataldo
Brusini Rosa
filomena mosca
Antonella De Rosa
rosannapetrone
Aiello Raissa
MIRIAM MUSTO
angela32
lucia schiano lomoriello
Cira Toscano
MARTINA MARFE'
Rita Gaita 1990
ASCIONE ANNARITA
Ornella Cangiano
Diana Autiello
giusy armida
Roberta Ingargiola
Giovanna Di Francesco
maria84
mariarescigno91
Eleonora Cardella
francesca de falco
Orsola Cimmino
carmela aversano 88
carmela accurso
Fortuna Di Mauro
Daniela D'urso
Diana Maddalena
eleonora daniele
elisabetta.monto
Melania castoro90
anna di maggio
Fabiola Mangini
Sabrina Vitulano
Antonella Russo
elena.scognamiglio89
Admin
291 partecipanti

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    avatar
    enzacoppola


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 19.03.12
    Età : 34
    Località : marigliano

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  enzacoppola Mar Mag 22, 2012 6:43 pm

    Ben-essere disabili - Felicità
    Felicità: vivere una buona vita.
    Obiettivo degli studiosi è quello di dare una definizione approfondita di " felicità " . La felicità può essere classificata in tre livelli :
    - 1° livello: le persone riflettendo sui momenti vissuti, hanno evidenziato di aver trascorso più momenti felici che di dolore quindi più emozioni positive che negative.
    - 2° livelllo: le persone si sentono soddisfatte e tendono a sommare tutti i momenti positivi senza tener conto di quelli negativi. - 3° livello: le persone realizzano le proprie potenzialità, raggiungono i loro ideali. Gli studiosi dopo aver definito il concetto di felicità, si chiedono se una persona disabile sia capace di ben-essere, di provare gioia, felicità; inoltre in che modo si può promuovere il benessere. Attraverso una serie di ricerche, sono arrivati a definire l'educazione inclusiva come processo che promuove il benessere dei bambini. L'educazione inclusiva è un approccio che si propone di trasformare il sistema educativo in modo da farlo corrispondere alle diversità degli studenti: la diversità sarà sfida e arricchimento per l'ambiente educativo, non più un problema. In una scuola inclusiva, l'insegnamento è pianificato sia secondo le capacità di apprendimento e che le eventuali difficoltà degli studenti; non bisogna rispettare le cadenze di un programma, bensì sostenere l'appredimento. Le scuole inclusive, possono cambiare gli attegiamenti verso la diversità, educando insieme tutti i bambini, perchè essi, con i loro punti di forza e debolezza individuali, con le loro speranze ed aspettative, hanno diritto all'educazione. Il sistema scolastico deve adeguarsi alle necessità di tutti gli studenti. Inoltre, gli studiosi, affrontano il tema dell'educazione alle "Life Skills". Le Life Skills sono le abilità, competenze, che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi della vita quotidiana. Attraverso istruzione e formazione, si può far acquisire quei saperi, abilità e competenze che aiutano un individuo a diventare una persona, un cittadino, di essere partecipe alla vita sociale e capace di assumere ruoli e funzioni in modo autonomo. Anche un disabile ha diritto al benessere, alla felicità, deve poter inseguire un sogno, in quanto il suo obbiettivo non è essere in grado di mangiare, di vestirsi o lavarsi, ma avere delle potenzialità di scegliere autonomamente la vita che vuole vivere.
    avatar
    daiana martino


    Messaggi : 13
    Data di iscrizione : 21.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  daiana martino Mar Mag 22, 2012 7:01 pm

    Solo in questi ultimi anni, anche se non con molta frequenza, sentiamo parlare, ansi pronunciare la parola inclusione. E' importannte prima di tutto puntualizzare (sfatare il mito), sostenere che "l'inclusione" non riguarda solo ed esclusivamente l'ambito scolastico; bensì riguarda anchel'inserimento di una persona nel contesto società, comunità ovvero in tutto il mondo che lo circonda. Anticamente grazie a varie testimonianze, anche se ancora oggi vi è qualche residuo, possiamo affermare che in molti paesi l'educazione era un privelegio per pochi, ovvero per tutti coloro che rientravano in determinati canoni, quindi di conseguenza non era un DIRITTO PER TUTTI. L'educazione non deve effettuare distinzioni in base alla pripria cultura, religione, condizione fisica, status, ma deve dare la possibilità a tutti di apprendere nuove nozioni. Naturalmente se parliamo di educazione inclusiva, favorire l'integrzione è necessario utilizzare dei metodi di insegnamento che rispondono alle differenze individuali e che scaturiscono beneficio all'alunno stesso. Quando parliamo di educazione inclusiva non possiamo non parlare del ridurre gli ostacoli dell'apprendimento e partecipazione, (occuparsi della sua persona, ma questo non è possibile se le progettazioni si limitano dinnanzi a deficit), del trattar in modo equo tutti gli alunni, ridurre la loro esclusione, emarginazione, riconoscere all'alunno stesso il diritto ad essere educato nella propria comunità promuovendo un sostegno reciproco anche per tutti coloro che possiedono menomazioni fisiche. Alle persone con disabilità vengono continuamente negate le proprie opportunità, esaltate le loro mancanze e non le loro potenzialità. All'interno delle scuole nel 2000 con il sostegno del Dipartimento per l'Educazione e il Lavoro si è deciso di pubblicare la prima versione dell'index. L'index è una risosa di sostegno allo sviluppo inclusivo della scuola; l'index a differenza del termine inclusione che spesso in maniera riduttiva vuol favorire l'ascolto dei soggetti con problematiche fisiche e mentali, quindi si occupa dell'inclusione, dell'educazione rivolta a tutti i soggetti. Questo nuovo strumento di ricerca, inserito nelle scuole cerca di migliorare l'ambiente scolastico, i metodi utilizzati cioè utilizzare curriculum differenti per ogni ambito perchè ognuno possiede necessità e abilità diverse, incoraggia l'apprendimento, permette di favorire il rapposto tra gli insegnanti stessi.
    L'index si compone di quattro elementi: 1) concetti chiave (favorisce lo sviluppo inclusivo nelle scuole);
    2) cornice di analisi/quadro di riferimento ( l'organizzazione alla valutazione e allo sviluppo scolastico);
    3) materiali di analisi (analizza tutti gli aspetti della scuola);
    4) processo inclusivo ( assicura che la progettezione e la realizzazione degli stessi progetti siano a loro volta inclusivi).
    In Inghilterra all'interno di varie scuole gli alunni vengono emarginati, esclusi da normali processi educativi perchè hanno una disabilità e di conseguenza vengono etichettati (ignorando i propri diritti o meglio i diritti dell'uomo anche perchè il solo etichettare un soggetto conduce alla diminuzione delle aspettative nie confronti dell'alunno); in molte scuole infatti anche se non sia previsto dalla legge nominano un referente " il coordinatore all'inclusione" per ridurre le barriere dell'apprendimento. Quindi l'index è un sostegno, come un'attività che accresce la capacità da parte della scuola di rispondere alla diversità degli alunni, per questo è fondamentale progettare un metodo secondo la patenzialità dell'allievo. Berry sostiene che l'atteggiamnto di un insegnante può dividersi in: atteggiamento positivo verso l'inclusione ovvero tutti coloro che possiedono fiducia nelle loro abilità personali riguardanti l'istruzione per insegnare ad alunni disabili; ed atteggiamento negativo, meno propenso all'inclusione ovvero la considerazione che gli studenti con disabilità, tolgono tempo e soprattutto influenzano negativamente l'apprendimento di altri studenti. Da vari studi è emerso che le performance di studenti senza disabilità possono subire dei miglioramenti in classi in cui sono presenti bambini con disabilità; è anche vero che un alunno disabile necessita di un aiuto specializzato o meglio di un insegnante che sia in grado di garantire un'istruzione specializzata che non può avvenire durante la routine quotidiana. Infine è importante oltre al riolo che ogni scuola e quindi dei suoi insegnanti è necerrasio che si istauri tra quest'ultimo e la famiglia dell'allievo il dialogo, perchè è alla base di tutto e perchè la famiglia rappresenta ed è il primo luogo dove il bambino apprende, anizia a formarsi .
    ROSA NUVOLETTA
    ROSA NUVOLETTA


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 13.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  ROSA NUVOLETTA Mar Mag 22, 2012 7:03 pm

    Che cos'è la felicità?
    Oggi siamo tutti impegnati nella ricerca della felicità, ma in realtà lo si è da sempre. Molti campi culturali si sono occupati di questo concetto , la filosofia, la religione,il campo educativo per molto anni. Originariamente la felicità era associata alla fortuna , infatti dal termine Eudamonia, che originariamente deriva da " buon demone" , significava appunto avere un buon demone , una buona sorte. Con Socrate, Platone e Aristotele il termine eudamonia si carica di nuovi significati e si inizia ad affermare che l'uomo con le sue scelte e la sua libertà può raggiungere la felicità anche senza l'aiuto della fortuna. La felicità è connessa al termine di compimento della propria vita e non col piacere provato nell'attimo fuggente. Proprio per questo motivo Aristotele collega la felicità all'etica e alla virtù ,intese in senso di attività. Il senso più immediato di felicità sta ne provare sensazioni e gioia o piacere, che sono provocate da un raggiungimento di un obbiettivo desiderato. Nettle a questo proposito ci parla di tre livelli di felicità: il primo che si riferisce alla mia ultima affermazione( felicità collegata al raggiungimento di qualcosa desiderato). Il secondo livello di felicità riguarda le affermazioni fatte dagli individui per quanto riguarda la loro felicità. Quando una persona dice di essere felice non include solo la gioia che può provare in un determinato momento, ma si riferisce alla soddisfazione che prova della propria vita, un appagamento. La felicità di terzo livello riguarda la realizzazione delle proprie potenzialità.
    Ryff ha sostenuto che in ben-essere umano coinvolge più elementi della semplice felicità di secondo livello, che comprende la crescita personale , padronanza del proprio ambiente, la franchezza con se stessi ,piacere e assenza di dolore. Questo concetto di ben-essere psicologico è correlato cpn una felicità più ristretta , ma la correlazione è debole per questo non significa che le persone dotate di un alto livello didi benessere psicologico siano necessariamente felici .
    Diener afferma che felicità e benessere soggettivo sono termini usati in modo intercambiabile con il secondo che rappresenta il termine più scientifico. Benessere soggettivo comprende: una componenete cognitiva che valuta la soddisfazione che si ha della vvita; una componente affettiva suddivisa in presenza di affetto negativo e positivo. Secondo Schafer il benessere significa vivere bene. Sono state proposte diverse strade per arrivare alla felicità : Seligman ci parla di ottimismo e speranza collegate alle sensazioni positive che si possono provare circa al proprio passato e al proprio futuro. e appunto ci parla di "vita piacevole". Peterson e Seligman ci parlano anche di felicità come raggiungimento dello sviluppo dei propri talenti personali che consiste nella fatica e nella dedizione verso essi. (usare le proprie forze al servizio di qualcosa di più grande).
    La felicità da un punto di vista adonistico riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimazione del dolore, mentre dal punto di vista eudamonistico la felicità risulta dall'attuazione del potenziale dell'individuo e dal perseguimento del proprio vero sè (come affermano Ryan e Deci). Questi ultimi inoltre attraverso la teoria dell'autodeterminazione postulano che la felicità e la crescita psicologica sono collegate.
    Secondo Waterman la felicità è massimizzata quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro valori più profondi . Similmente Ryff e Keys identificano 6 aspetti dell'attuazione umana che contribuisce alla felicità: autonomia, crescita personale, autoaccettazione, obbiettivi di vita, padronanza ambientale e relazioni sociali positive. La cosa che accomuna queste varie teorie eudaimoniache è che la felicità risulta dallo sviluppo delle forze e virtù degli individui.
    Un altro concetto da integrare al collegamento di felicità e benessere è integrare la teoria del flusso di Csikszentmihalyi. Il flusso è lo stato di impegno che si verifica quando una persona è impegnata verso qualcosa. Le caratteristiche dello stato del flusso includono un senso di quello che necessariamente deve essere fatto, concentrazione e perdita di cognizione del tempo poichè assorbiti interamente dall'impegno. Questo stato è stato esaminato come possibile strada verso la felicità ed espande il concetto di felicità e benessere al di là dello stato di piacere.
    avatar
    Emilia De Blasio89


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 13.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Ben-Essere Disabili

    Messaggio  Emilia De Blasio89 Mar Mag 22, 2012 7:07 pm

    Anticamente la Felicità era considerata un qualcosa strettamente legata alla fortuna, alla buona sorte. Poi con Socrate Platone ed Aristotele si inizia ad affermare che l’uomo attraverso la sua libertà e le sue scelte può diventare felice a prescindere dalla sorte. Attraverso i diversi usi del termine Felicità Nettle ne ha identificato tre livelli di appartenenza:
    • “Felicità di primo livello” - E’ data da quella Felicità che implica un’emozione o una sensazione di piacere o di gioia. La sensazione è causata dal raggiungimento di uno stato desiderato ma inaspettato.
    • “Felicità di secondo livello” - E’ la Felicità studiata solitamente dagli psicologi, quella Felicità data da persone che facendo un bilancio della oro vita, delle loro esperienze sia positive, sia negative, facendo un paragone con possibili risultati alternativi rendendosi conto di aver vissuto più esperienze positive che negative, e quindi affermano di essere Felici della loro vita, provocando in loro una sensazione di soddisfazione e appagamento.
    • “Felicità di terzo livello” – E’ la Felicità basata sull’ideale Aristotelico del vivere bene.
    La buona vita consiste nell’utilizzare le proprie forze positivamente nel lavoro, nelle relazioni e nel tempo libero trovando un significato ed uno scopo nella propria vita. Il ben-essere considera la soddisfazione delle proprie esigenze ed anche il raggiungimento di funzionamenti che variano a seconda della cultura. Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo è legato al capitale sociale, ovvero, alle capacità che l’individuo stesso ha di organizzarsi ed adattarsi ai contesti grazie a strumenti di mediazione. Ognuno di noi nasce con la capacità di ben-essere. Dal punto di vista educativo ciò significa che tutti noi abbiamo le potenzialità per decidere di essere ciò che vogliamo, ed il ruolo dell’educazione è proprio quello di creare un ambiente che favorisca l’attivazione delle potenzialità di ognuno. Le idee di ben-essere e la sua continua ricerca sono parte della storia naturale dell’uomo, ed è il risultato di diverse componenti, ovvero, fisiche, psichiche, sociali, emozionali e psicologiche.
    Ben-essere disabili Edouard Seguin ,medico francese dell’800, guidò la prima scuola per bambini disabili e fu proprio lui promuovere la visione progressista che anche i bambini con disabilità potessero essere educati ed occupare così il giusto posto all’interno del contesto sociale. Ed anche se il modello scolastico di Seguin si diffuse rapidamente, col tempo l’obbiettivo finale di queste scuole cambiò rapidamente. I ragazzi disabili erano sempre meno seguiti e col tempo le scuole divennero posti dove tenere le persone lontane da una società meno indulgente. Col susseguirsi degli anni grazie all’istituzionalizzazione ed all’inclusione della comunità si sono sviluppati servizi di educazione speciale e di supporto per le famiglie. Sono stati ideati programmi basati sulla comunità che mirano ad incontrare i bisogni materiali degli adulti come ad esempio cure mediche, cibo, lavoro ecc… Questi programmi sono volti a facilitare l’indipendenza e si avvicinano al concetto di determinazione che mira a rendere in grado le persone con disabilità di compiere scelte personali per la loro vita. L’obiettivo non è solo quello di rendere autonome queste persone nel mangiare o nel vestire ma è quello di poter sviluppare al meglio le loro potenzialità per poter vivere la vita che loro stessi scelgono di vivere. Il ruolo dell’educatore non deve essere quello di dover “vivere” al loro posto, questo genera solo una continua insicurezza nelle persone con disabilità, al contrario, il ruolo dell’educatore deve essere quello di favorire la loro condizione di ben-essere grazie all’interpretazione corretta dei propri bisogni, al dare forma ai loro desideri, seguirli continuamente con dei sani progetti, tutte condizioni volte a conseguire un progetto personale di ben-essere sociale e contestualizzato. La qualità della vita è uno degli aspetti fondamentali per il ben-essere ; essa comprende le esperienze di vita esterne ed oggettive vissute dalle persone con disabilità ed i loro livelli di soddisfazione in quelle esperienze. La psicologia positiva ha estrapolato la felicità dalle condizioni di vita studiano il rapporto che le collega, e ne ha dedotto che la felicità sia dovuta all’interazione di entrambi i fattori esterni ed oggettivi. Diversi studi dimostrano che le persone con ritardo mentale a confronto con la popolazione generale sono a più alto rischio di psicopatologie o doppia diagnosi e possono dimostrare mostrare problemi come stereotipie e comportamenti auto-lesionistici. La ricerca si è concentrata sui modi di identificazione e miglioramento dei comportamenti negativi e dei loro sintomi proprio per aiutare le persone con disabilità ad affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita di ogni giorno. In oltre i bambini con ritardo mentale mostrano anche di avere alti livelli di impotenza appresa che cresce con l’età in seguito all’accumulo di esperienze di fallimento ed è oltretutto legata ai sintomi depressivi nei giovani con ritardo mentale. Gli studi sulla motivazione intrinseca e generale , che si riferisce al piacere di che viene dall’usare le proprie risorse e sentirsi competente nel proprio ambiente, sono importanti per aumentare il comportamento e l’apprendimento per i bambini con deficit mentali. L’obiettivo infatti è quello di favorire lo sviluppo di un sentimento di autoefficacia per rendere potenti le persone nella gestione delle loro vite. Per contribuire al ben-essere di queste persone sono stati effettuati anche studi sulle famiglie di bambini con ritardo mentale attraverso i quali si è riscontrato che le madri quando vengono a conoscenza che il figlio che sta per nascere è un bambino disabile attraversano anche stati di shock, disorganizzazione emotiva ma che poi nel momento in cui si adattano al trauma lo stato di disorganizzazione diventa di riorganizzazione. Secondo Gupta e Singhal i genitori di questi bambini passano lunghi periodi di stress a differenza di altri genitori; la famiglia ed i sistemi ambientali influenzano lo sviluppo di un bambino con disabilità come d'altronde è così per tutti gli altri bambini. Un atteggiamento negativo da parte di amici, parenti nei confronti della disabilità del bambino influisce direttamente non solo sul bambino ma anche sullo stato di stress della famiglia, proprio per questo è importante approfondire i modi attraverso i quali i le famiglie sono in grado di gestire lo stress e sviluppare percezioni positive che portano a migliorare la qualità della vita. La pedagogia ed in particolare la pedagogia sociale hanno focalizzato molto la loro attenzione sul ben-essere e la qualità di vita del soggetto occupandosi non solo della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute ed il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale. I casi più evidenti ed adatti che ci consentono di poter dimostrare il ben-essere nella disabilità sono Simona Atzori ed Oscar Pistorius. Essi attraverso la danza e lo sport hanno dimostrato che la condizione di disabile non rappresenta esclusivamente una mancanza anzi, i due hanno trasformato i loro deficit in un punto di forza, che grazie allo sviluppo delle loro potenzialità oggi sono conosciuti in tutto il mondo come artisti e sportivi al 100%. Hanno dimostrato che i veri disabili siamo noi che pur essendo normodotati ci comportiamo per il 70% della nostra giornata come disabili, noi a differenza loro alla prima difficoltà, al primo ostacolo gettiamo le armi e ci arrendiamo, loro invece combattono la loro battaglia uscendone vincitori ogni giorno.
    avatar
    rosa romano


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 14.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  rosa romano Mar Mag 22, 2012 7:22 pm

    Capitolo 1
    Il termine felicità è usato da gran parte delle persone ma forse mai nessuno è riuscito a dare una giusta spiegazione a tale termine. Solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare il concetto di felicità; in particolare il movimento della psicologia positiva ha contribuito a diverse teorie. Innanzitutto, la felicità viene intesa come la gioia o il piacere e qualcosa di più significativo come la soddisfazione o l’appagamento. Il significato originario di questa parola, caratteristico della cultura mitica, era avere un buon demone, una buona sorte ed era espresso dal concetto di “eudaimonia”. Questo termine è spesso considerato analogo al termine felicità e proviene dalla tradizione culturale della Grecia Antica. Invece la radice del termine felicità deriva dal prefisso “fe” da cui deriva fecundus tanto che i latini parlavano di terra feconda quando la stagione era stata fertile. Successivamente con alcuni filosofi come Platone, Aristotele e Socrate, si inizia ad affermare che l’uomo con le sue scelte e la sua libertà può diventare felice.
    Esistono 3 diversi livelli che spiegano il senso della felicità. Il senso più immediato di felicità implica un’emozione o una sensazione; la sensazione non coinvolge molta cognizione ed è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato. Si tratta in questo caso di “felicità di primo livello”. Quando le persone affermano di essere felici di solito non intendono dire che sono piene di gioia ma, dopo aver riflettuto su un bilancio tra piaceri e dolori, tra emozioni positive e emozioni negative, si riferiscono al fatto che per un lungo termine hanno sperimentato più emozioni positive. La “ felicità di secondo livello” comprende anche i processi cognitivi e non viene calcolata semplicemente sommando i momenti positivi e sottraendo quelli negativi. Infine, esiste un senso di felicita più ampio: “felicità di terzo livello” e fa riferimento a una vita in cui la persona realizza le proprie potenzialità. Questo implica esprimere un giudizio su cosa sia vivere bene, si parla a questo punto di benessere umano che coinvolge un insieme di elementi tra i quali crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente, elementi di piacere e assenza di dolore. Le componenti del concetto di benessere psicologico esaminato dalla psicologa Ryff tendono ad essere correlate con una felicità in cui si possono trovare individui dotati di un alto livello di benessere psicologico ma con poca felicità di secondo livello. Si definisce benessere soggettivo l’essenza della qualità della vita. Il benessere soggettivo include una “componente cognitiva” che valuta l’intera soddisfazione di vita e una “componente affettiva” che è suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo.
    I fattori che contribuiscono al benessere sono l’ottimismo, la felicità, l’autodeterminazione (livello individuale) , ma anche il senso di appartenenza, armonia con il proprio ambiente di vita (livello contestuale). Il benessere viene definito vivere bene sia da un punto di vista psicologico, sia spirituale, sia fisico.
    Una buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni, nel tempo libero, bisogna inoltre trovare significato e scopo nella vita.
    Significativi contributi sono stati prodotti dalla psicologia positiva in riferimento al concetto di felicità. Di particolare importanza è la teoria di Seligman della teoria autentica relativamente alla “vita piacevole”, che è quella che massimizza le esperienze piacevoli e positive; alla “buona vita” che si ha quando l’individuo sviluppa le proprie forze in attività da cui trae piacere e di cui è appassionato; infine Seligman parla di “vita significativa”la quale si ha quando gli individui applicano virtù in attività che contribuiscono a un bene come quello di sviluppare amicizie. Altre teorie sulla felicità includono la teoria eudonica, eudamonica e le teorie sviluppate dal movimento della psicologia positiva. Dal punto di vista della teoria eudonica la felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore e si verificano quando le esperienze piacevoli hanno maggior peso di quelle dolorose. Secondo la teoria eudamonica, invece, la felicità risulta dal perseguimento del proprio sé, nel senso che risulta non dal perseguimento del piacere ma dallo sviluppo delle forze e virtù individuali. Un altro contributo derivante dalla psicologia positiva è di integrare la teoria del flusso con i concetti del benessere. Il flusso rappresenta lo stato di impegno, esperienza massima che si realizza quando un individuo è assorbito in una sfida impegnativa e motivante; quindi vi è un intenso sentimento di concentrazione.
    Questo stato impegnativo è stato recentemente esaminato come un possibile sentiero verso la felicità. Ciò è significativo nella prospettiva educativa perché offre una riflessione sul ruolo che gli insegnanti dovrebbero avere nell’educazione dei bambini. Un educatore che crea le condizioni in cui le persone sono in grado di apprendere e di scegliere rende l’apprendimento un esperienza piacevole e fa sì che questa esperienza suscita interesse. L’obiettivo principale nel campo dell’educazione è quello di favorire un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze di vita per essere in grado di adottare comportamenti consapevoli nella direzione della propria felicità. La felicità individuale si realizza nell’ambito dello spazio sociale e implica un processo di interazione tra benessere personale e benessere collettivo quindi viene portata in primo piano il benessere del singolo e lo sviluppo della collettività. Gli esseri umani cercano continuamente di attribuire senso e significato agli eventi, ai comportamenti, agli stati interni e questo significato è funzionale ai valori di riferimento che sono culturalmente costruiti. Inoltre, come sostiene Ghedin, in quanto esseri viventi tendiamo alla complessità da un punto di vista biologico, psicologico e sociale. Egli afferma che l’individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della sua vita attraverso l’acquisizione di informazioni dall’ambiente esterno costruisce il suo corredo culturale.
    Da un punto di vista psicologico seleziona, acquisisce e integra le informazioni ambientali che incontra nel corso della sua vita.
    Dunque come afferma Canevaro il benessere di un individuo è legato al capitale sociale, cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano. Ciò significa che gli individui non sono di per sé svantaggiati ma lo diventano in un ambiente sociale a causa di qualche discrepanza riguardante le regole sociali poiché ognuno di noi ha un suo proprio potenziale che può essere espressivo, pensante, creativo. L’essere umano ha bisogno di sfide, di mettersi alla prova rinforzando così le proprie potenzialità e capacità. Le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono.
    Il desiderio di benessere si trasforma sia sincronicamente, in concomitanza con un episodio in un determinato momento dell’esistenza dell’individuo, sia diacronicamente se il processo al benessere lo si riconduce a una fase più lunga della vita dl soggetto. Quindi il benessere scaturisce dalla risultante dell’integrazione tra il sistema biologico, psichico e sociale.È necessario considerare che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità, questo vale per tutti i membri della società e soprattutto per persone anziani, persone in condizione di disagio, immigrati e disabili. Si cerca di promuovere il benessere delle persone disabili considerandolo una dimensione determinata dalla capacità di autonomia; l’approccio relazionale afferma l’importanza di considerare il benessere non come uno stato individuale ma come un progetto da condividere con gli altri. L’aiuto esterno dell’operatore nei confronti delle persone con disabilità dovrebbe consistere nel facilitare l’accesso alle relazioni sociali.
    È, però difficile capire, nel caso di disabili ciò che è necessario per vivere una vita felice e soddisfacente. La qualità della vita comprende le esperienze di vita esterne vissute da queste persone. Secondo un gruppo di esperti la qualità della vita dei disabili comprenderebbe benessere emozionale, inclusione sociale e diritti. Vari studi si sono basati sul benessere emozionale dei disabili considerandoli in termini di “consumatori” di quantità di beni cioè analizzando la soddisfazione provata rispetto alle condizioni esterne di vita. Alcuni psicologi, attraverso varie ricerche, sostengono che una maggiore disponibilità di denaro hanno poca relazione con la felicità nel complesso. Sintomi di disadattamento o psichiatrici sono tra i maggiori ostacoli al successo in setting inclusivi.
    La ricerca si è quindi focalizzata sui modi di migliorare i comportamenti negativi e i sintomi.La promozione di stati positivi come speranza, ottimismo, gratitudine, potrebbe aiutare le persone con disabilità ad affrontare con maggiore consapevolezza le situazioni della vita di ogni gruppo.L ‘ obiettivo è di favorire lo sviluppo di un sentimento globale di autoefficacia.
    Inoltre sono state anche effettuate delle ricerche sulla famiglia, ovvero sui genitori del bambino disabile e è emerso che la figura materna viene assimilata a una madre che rimpiange la perdita del bambino perfetto e idealizzato con un dolore che si riaccende ad ogni fase dello sviluppo del bambino. Le madri passano anche attraverso stati di shock, disorganizzazione emotiva; entrambi i genitori passano periodi prolungati di stress. Ma come ogni altro bambino la famiglia influenza lo sviluppo del bambino stesso e affinchè questi vive in uno stato di benessere è necessario che i membri della famiglia non abbiano un atteggiamento negativo nei suoi confronti. Dunque è necessario che le famiglie che hanno un bambino con disabilità abbiano percezioni positive che li portano ad avere una migliore qualità della vita familiare. A tal proposito Simona Atzori, nonostante la sua disabilità, riesce ad adattarsi a tutte le cose e ai diversi ambienti che la circondano, nonostante sia nata senza braccia, Simona è una ragazza felice,e questo suo stato di benessere è da attribuire anche e soprattutto alla sua famiglia che l’ha aiutata a diventare ciò che lei oggi è. Esiste un consenso generale che la vita delle persone disabili debba essere migliorata e molti paesi hanno adottato questa visione attraverso politiche ufficiali; in Italia la legge offre alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili. L’obiettivo politico è quello di normalizzare la vita della persona con disabilità e più partecipazione da parte delle persone con disabilità, non solo migliora il loro standard di vita, ma anche il loro benessere soggettivo .
    Un importante riflessione è data dalla professoressa Iavarone ; il suo pensiero è che il diritto a star bene sembra essere divenuto qualcosa di più legittimo, diritto che può essere esercitato quanto più le persone vengono aiutate a far leva sulle proprie potenzialità, ossia aiutandole a sviluppare la capacità di acquisire forza al fine di determinare uno stato di benessere .La pedagogia si occupa non soltanto della vita del soggetto, della sua istruzione e della sua educazione ma ne tutela la sua salute e il suo sviluppo psicosociale.
    Silvana Marchese 1990
    Silvana Marchese 1990


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 33
    Località : caserta

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty cos'è la felicità?

    Messaggio  Silvana Marchese 1990 Mar Mag 22, 2012 7:35 pm

    Cos’è la felicità?
    Il concetto di felicità è un concetto sfuggente, che però compare in ogni tempo e in ogni cultura. Si è incominciato a parlare di felicità sin dall’ antica Grecia, in tempi presocratici, dove essere felici significava avere buona sorte e, in tale contesto, la felicità era strettamente legata alla fortuna. Di seguito Socrate, Platone e Aristotele, con i loro studi e le loro indagini filosofiche, iniziarono ad affermare che l’uomo, con le sue scelte e la sua libertà, può diventare felice anche contro la sorte.
    Aristotele affermava che essere felici non costituisce uno stato assoluto, ma è connesso al portare a compimento l’intera vita, non al piacere che si prova in un attimo. Con il passare dei secoli, si è continuato ad indagare su cosa fosse la felicità, da cosa derivasse tale stato e su come si arrivasse ad essa. Molti tra studiosi, scienziati, psicologi e filosofi hanno cercato di dare la giusta spiegazione ed il giusto significato alla parola felicità.
    Nettle fa una distinzione tra felicità di primo livello e felicità di secondo livello sostenendo che, per felicità di primo livello si intende uno stato immediato di piacere o di gioia derivante da emozioni e sensazioni. Mentre, per felicità di secondo livello si intende uno stato derivato da un bilancio che un soggetto fa della propria vita, riflettendo su piaceri, su dolori o su emozioni positive e negative. In tal caso, si parla di soddisfazione per la propria vita.
    Esiste, poi , un terzo livello di felicità che coincide con l’ideale del vivere bene di Aristotele. Il vivere bene rappresenta il benessere che, secondo la psicologa Carol Ryff, comprende una serie di elementi come la crescita personale, la padronanza del proprio ambiente, la franchezza con se stessi, ma anche il piacere e l’assenza di dolore.
    L’OMS ha definito la salute come una condizione di benessere, fisico, psicologico e sociale. Il benessere è l’essenza della vita. Contribuiscono a tale benessere fattori come l’ottimismo, la felicità, la perseveranza, ma anche il supporto sociale, il senso di appartenenza e l’armonia con il proprio ambiente.
    Seligman parla de “La vita piacevole” proponendo diverse strade conducenti alla felicità che si basano su emozioni positive riguardanti il passato, come la soddisfazione, il futuro, la speranza e l’ottimismo, ed il presente, come piaceri sensoriali ed emozioni momentanee.
    Csikszentmihalyi sostiene il concetto di “flusso” attribuendo la felicità a situazioni ed a momenti in cui siamo impegnati e assorbiti, momenti che ci vedono concentrati nel mettere alla prova le nostre abilità.Le persone sono cosi concentrate su ciò che stanno facendo che solo al termine dell’attività provano sensazioni di orgoglio, di contentezza e di rilassamento.
    Le teorie contemporanee sulla felicità parlano di felicità edonistica e felicità eudaimonica.
    La felicità edonistica riguarda la massimazione dei piaceri e la minimazione del dolore.
    La felicità eudaimonica riguarda la realizzazione del sé reale che, seguendo la teoria di Maslow, è dato dall’identificazione del sé ideale con il sé percepito.
    Le teorie eudaimoniche sostengono che la felicità non derivi solo dal conseguimento del piacere ma anche dallo sviluppo di forze e virtù individuali. Vi è relazione tra benessere dell’individuo e il contesto sociale che lo circonda.
    Canevaro afferma che il benessere è legato alla capacità che l’individuo ha di adattarsi alle strutture e ai contesti che lo circondano. Ciascun individuo deve essere incoraggiato ad usare i propri talenti, i propri punti di forza, a perseguire l’autodeterminazione, attraverso il principio di libertà e responsabilità.
    Il benessere deriva dall’integrazione di fattori biologici, psicologici e sociali.
    Può un disabile avere una buona qualità di vita? e può egli, nella sua situazione di disabilità essere felice?
    Ogni disabile, come tutte le persone normodotate può vivere una buona qualità di vita ed essere felice in quanto si cerca di aiutare queste persone con disabilità ad acquisire una propria autonomia. Il benessere non è uno stato individuale ma un progetto da condividere con gli altri. A livello sociale, vi sono delle associazioni che si occupano della cura di persone disabili, il cui obiettivo, non è unicamente quello di far sì che queste persone siano in grado di mangiare,vestirsi o lavarsi ma, soprattutto, che possano sviluppare le proprie potenzialità e la capacità di realizzare i propri desideri attuando così un progetto di benessere personale e sociale. Questo perché quando si parla di benessere non ci si può riferire solo ad una condizione di benessere fisico o economico, in quanto come sostenuto dalla professoressa M.L. Iavarone il benessere, va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale , multidirezionale e multidirmenzionale.
    È multicomponenziale poiché è dato dell’insieme delle componenti biologiche, psichiche e sociali.
    È multidirezionale poiché cambia in senso verticale, nei diversi cicli della vita ed in senso orizzontale, nei diversi luoghi della vita.
    È multidimensionale perché la sua percezione si trasforma sia sincronicamente, in concomitanza con un episodio particolare vissuto in un determinato momento della vita dell’individuo, sia diacronicamente, quando il processo di tensione al benessere è ricondotto ad un intervallo di tempo più lungo nella vita di un individuo.
    Esempi di disabilità vissuta con una buona qualità di vita,felicità e realizzazione dei propri obiettivi e desideri, e quindi benessere, ci sono dati ad esempio dalle storie di Oscar Pistorius ,Simona Atzori e il prof.re Palladino che con grande forza di volontà e resilienza sono arrivati a superare il traguardo più importante : quello di vivere una vita del tutto “normale”. La disabilità non è un limite ma soltanto un passo in più da compiere per vivere la normalità. Tutti, e in particolare le persone con disabilità, devono solo essere invogliati ad acquisire la forza per poter determinare il proprio stato di benessere. O. Pistorius , S. Atzori e il prof.re Palladino sono riusciti a realizzare i propri obiettivi e devono essere un esempio per tutti, disabili e non!.
    avatar
    maria formisano


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 13.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  maria formisano Mar Mag 22, 2012 7:39 pm

    La felicità , cio’ che essa significa e tutte le vie possibili per raggiungerla, e’ da sempre stato oggetto di discussioni educative, filosofiche e religiose di ogni cultura di ogni tempo. Originariamente concepita come la buona sorte dal termine eudaimonia ,che vuol dire “buon demone” ,in seguito ,come stato da poter raggiungere attraverso le proprie scelte,attraverso l’affermazione della propria liberta’ con l’arrichimento di significati nell’eta’ di Socrate, Platone e Aristotele. La psicologia se ne è occupata cercando strategie per alleviare malattie mentali e patologie. Maslow ha sostenuto che la soddisfazione di bisogni primari come la sicurezza e’ cio’ che condiziona e rende possibile la soddisfazione di bisogni piu’ alti della gerarchia come l’autostima. Il sentirsi pieni di gioia o di un’altra emozione è il primo senso diretto di felicita’ ,quello che Nettle definisce di primo livello. Affermiamo di essere felici se facendo un bilancio tra esperienze negative e positive ci accorgiamo che le ultime prevalgono (felicita’ di secondo livello)o scegliere di vivere alla ricerca della realizzazione delle vere potenzialita’,vivendo in un stato che Aristotele defini’ eudaimonia e Nettle felicita’ di terzo livello.
    L’OMS,Organizzazione Mondiale dellla Sanità, ha indicato ,come condizione di ben-essere fisico, psicologico e sociale, la promozione della salute. Ma tanti sono i fattori che contribuiscono al ben-essere : l’ottimismo, l’autodeterminazione, la perseveranza a livello individuale, il supporto sociale, il senso di appartenenza, l’armonia con il proprio ambiente di vita a livello contestuale. Il ben-essere consiste nel vivere bene sia spiritualmente che fisicamente sia psicologicamante . Ovviamente cio’ vale per tutti in ogni situazione e quindi anche in caso di malattia sia cronica sia temporanea. Seligman elabora una teoria in cui espone diversi modi di raggiungere la felicita’. Una persona puo’ ricercare e massimizzare esperienze che producono emozioni piacevoli conducendo una vita definata da Seligman “piacevole”; impegnarsi in attivita’ in cui è appassionato e da cui trae piacere, la cosiddetta “ buona vita” in cui si sviluppano forze e virtu’(giudizio e conoscenza, coraggio, umanita’, temperanza, trascendenza, proposte in collaborazione con Peterson); scegliere di applicare le proprie forze e i propri talenti in attivita’ volte al bene della comunita’ nella “vita significativa”. Non sempre pero’ siamo consapevoli che cio’ in cui siamo impegnati potrebbe portarci ad essere felici. Puo’ capitare di essere cosi’ concentrati in un attivita’ per noi intrinsecamente motivante da perdere il senso del tempo ,il “flusso” di cui parla Csikszentmihalyi . Secondo Waterman la massima felicita’ sta in una “espressività personale” che consiste nel far coincidere le attivita’ svolte con i valori piu’ profondi con la risultante di una conduzione di vita autentica. Altri aspetti come l’autonomia, la crescita individuale, l’autoaccettazione, gli obbiettivi di vita e le relazioni positive sono considerati importanti da Ryff e Keyes per raggiungerla.
    Tutte teorie diverse ma accomunate dall’inquadratura della felicità da un punto di vista eudaimonico cioè come la risultante dello sviluppo di forze e virtù e non dalla massimizzazione del piacere e minimizzazione del dolore (punto di vista edonistico).
    Ognuno di noi sin dalla nascita possiede la potenzialita’ di poter decidere di essere cio’ che vuole. Ognuno di noi e’ un membro attivo di cambiamento della comunita’ . Cio’ vale soprattutto per persone con disabilita’, minoranze,per soggetti cosiddetti svantaggiati(Delle Fave). Svantaggiati non si nasce ma lo si diventa per le conseguenze svantaggiose in cui ci si viene a trovare a causa degli stereotipi e degli atteggiamenti discriminatori che la società mette in atto di fronte a tutto cio’ che differisce dalla norma. È compito soprattutto educativo quello di creare un ambiente favorevole per lo sviluppo delle potenzialita’ di ognuno, anche per colui che si considera diverso, per sé e per lo sviluppo positivo della societa’ in collaborazione con noi normodotati.
    C’è chi sostiene che sia la fondamentale per la condizione di ben.essere il modo personale di interpretare gli eventi e il modo di reagire agli eventi stessi(approccio topp-down), chi vede nei contesti esterni favorevoli(bottom-up) il predittore dell felicita’.
    A questo punto vorrei ricordare l’emozione provate a lezione quando il prof. Palladino è stato nostro ospite. Esempi di vita come la sua stanno a dimostrare che il sostegno e il supporto morale di chi ci circonda oltre ad una gran voglia di resilienza possono bastare per condurre una vita dignitosa,felice,alla pari con noi normodotati, capace di apportare contributi positivi alla società nonostante la presenza della sua disabilità.
    Recenti studi hanno dimostrato che i bambini con disabilita’ fanno riferimento ai meccanismi di coping dei genitori o di altre figure per loro importanti. Spesso inizialmente la madre vive in uno stato quasi di lutto anche se lo stress che ne deriva non e’ conseguenza inevitabile. Una famiglia capace di cogliere con fermezze tale situazione di difficolta’ e quindi di trasmettere emozioni positive promuove la capacita’ di pensiero e di soluzione dei problemi del bambino disabile. Importante è riuscire a far crescere anche la motivazione intrinseca di soggetti che per il loro ritardo mentale e QI basso si vengono a trovare in situazioni di fallimento di compiti. Il non prestare le giuste attenzione fa’ si’ che il senso di incompentanza e sfiducia nella capacita’ di poter riuscire nei compiti cresca. Obiettivo educativo deve essere quello di favorire lo sviluppo del sentimento di autoefficienza basato sulla possibilita’ di rendere tali persone forti nella gestione della loro vita(Zigler).Secondo la visione tradizionale i bambini disabili erano visti soggetti da inserire in istituzioni con finalita’ caritatevoli. Grazie poi a sforzi di educatori come Seguin,medico francese che nel 1800 condusse la prima scuola per bambini disabili,le istituzioni incominciarono ad adottare una visione progressista secondo la quale anche il bambino disabile poteva essere educato nel modo piu’ appropriato per poi assumere il giusto ruolo nella societa’. Si è iniziato da li’ in poi a capire di non doversi piu’ assicurare solo che tali soggetti siano in grado di vestirsi,lavarsi,mangiare da soli ma di dovergli favorire le circostanze positive per la loro condizione di ben-essere.
    Tanti quindi i fattori esterni oltre che la condizione interiore di ben-essere e le predisposizioni genetiche che possono influenzare la qualita’ della vita delle persone diversamente abili.
    Il governo italiano con la legge 104/_92 ha sancito pari diritti di accesso ai servizi pubblici con le persone non disabili. Con l’intento di una maggiore partecipazione sociale cerca di facilitargli l’ingresso nel mondo del lavoro,all’educazione,e ai trasporti dietro cui si cela il vero scopo ovvero migliorare il loro standard di vita e il loro ben-essere sociale.
    Diffusa è divenuta l’idea,nella nostra società, del star bene come qualcosa di legittimo e facile da raggiungere,diritto esercitato quanto piu’ le si aiuta a far leva sulle proprie forze e potenzialità per poterle mettere in condizione di raggiungere lo sviluppo automo e personale del loro stato di ben-essere.
    avatar
    domenica moccia


    Messaggi : 12
    Data di iscrizione : 16.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty prova finale capitolo 6

    Messaggio  domenica moccia Mar Mag 22, 2012 8:07 pm

    L’educazione inclusiva supporta le diversità tra tutti gli allievi, al centro di questa educazione c’è l’impegno a vedere l’educazione come una cosa fondamentale per lo sviluppo degli individui e delle società.
    L’educazione inclusiva è un processo che comprende la trasformazione di scuole e altri centri di apprendimento per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini con minoranze etniche e linguistiche, affetti da AIDS e con disabilità, e mira ad eliminare l’esclusione che è una conseguenza di atteggiamenti negativi. Quindi l’inclusione è una questione di diritti umani, equità, giustizia sociale e la creazione di una società non discriminatoria, con l’obiettivo di rendere le scuole in grado di essere al servizio di tutti i bambini, in particolare quelli con disabilità.
    La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità segna il cambiamento di pensiero riguardo la disabilità, da una posizione di stato sociale ad una dei diritti umani e riconosce che le barriere sociali e i pregiudizi sono elementi ostacolanti e causa della disabilità.
    Insegnanti, genitori e comunità posso essere considerati supporto dell’inclusione. Un ottimo ambiente di apprendimento per l’inclusione dipende dalle relazioni tra gli insegnanti, genitori, altri studenti e comunità sia nella scuola che fuori. L’obiettivo di tutti gli educatori diventa quello di creare un discorso sulla differenza in cui tutti i bambini abbiano la possibilità di accesso e che vengano considerati per le loro caratteristiche uniche. Inizialmente si credeva che la causa delle difficoltà nell’apprendimento venissero dal bambino, ignorando le influenza ambientali sull’apprendimento.
    Nella società attuale l’istruzione è uno dei principali strumenti per prevenire l’esclusione sociale e per garantire le future opportunità di partecipazione a tutti gli ambiti della vita. Il concetto di educazione inclusiva mette in discussione un’ampia parte del tradizionale modo della scuola di organizzare e svolgere l’insegnamento, per fare tutto questo è necessario il supporto da parte degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, ma anche un supporto da parte delle comunità in cui la scuola si trova ad operare. Gli insegnati dovrebbero avere ben chiari alcuni principi fondamentali per essere in grado di insegnare nell’educazione inclusiva, ovvero conoscere i principi dell’educazione inclusiva e implementarli, individuare gli studenti che hanno bisogno di educazione speciale, conoscere e essere in grado di applicare i metodi e gli approcci nel campo dell’educazione inclusiva e valutare in un ambiente salutare. Una scuola efficace e le caratteristiche degli insegnanti influenzano positivamente gli esiti degli studenti, le caratteristiche della scuola dovrebbero essere: una leadership qualificata, alte aspettative e la cooperazione tra scuola e famiglia, mentre le caratteristiche dell’insegnante dovrebbero essere: l’efficiente uso del tempo, buone relazioni con gli studenti e fornire supporto agli studenti con e senza disabilità.
    Un altro tema importante sul rapporto docente classe è la sensibilità dell’insegnante e la capacità di instaurare relazioni sociali significative tra gli alunni, soprattutto per gli alunni disabili. L’inclusione può essere organizzata in diversi modi e livelli ma è l’insegnante a dove affrontare un’ampia diversità interna alla classe e a dover adattarsi a tutti gli alunni, sia quelli con disabilità sia i più bravi.
    Coinvolgere i genitori nella scuola non solo conduce allo sviluppo di relazioni positive tra casa e scuola, ma rende più probabile che i genitori prendano un interesse attivo nell’educazione dei loro figli. Questo può avere un effetto benefico per i bambini quando vedono i genitori e gli insegnanti cooperare. Tutti i genitori necessitano di informazioni sui loro bambini, essi dovrebbero comprendere quelli che sono gli obiettivi di base della scuola come anche avere informazioni riguardante le politiche della scuola. L’UNESCO suggerisce che se i genitori devono diventare veri partner nell’educazione dei loro figli è essenziale che i genitori siano visti come partecipanti attivi, che possono fornire un valido contributo all’educazione dei loro figli, che diventino parte integrante del processo di presa di decisione. Si noterà che molti genitori sono in grado di aiutare i bambini con specifici compiti a casa, aiutare nella preparazione dei materiali e aiutare gli altri bambini nella classe sotto la supervisione dell’insegnante.
    In questi ultimi anni si sta assistendo ad un crescente interesse nel considerare l’approccio della capability che considera l’educazione fortemente connessa con la libertà umana. Da questo punto di vista l’educazione deve fornire non solo competenze e abilità orientate al mercato del lavoro ma anche abilità di vita, essere in grado di conoscere, agire e vivere insieme in un ambiente sociale. Saito afferma che l’educazione può giocare un ruolo nell’espansione delle capabilities, uno riguarda l’espansione della capacità o abilità di un bambino, l’altro è l’espansione nelle opportunità che ha il bambino.
    La disabilità risulta nella limitazione della capability, più specificamente le menomazioni influenzano i funzionamenti e diventano disabilità sotto alcune condizioni. Ad esempio la dislessia che influenza il perseguimento dei funzionamenti di base come leggere e scrivere e quindi può risultare in una consistente limitazione di funzionamenti e di future capabilities. Quando l’ambiente educativo è appropriatamente costruito per affrontare le modalità di apprendimento di un individuo dislessico la restrizione nei funzionamenti può non diventare una disabilità e quindi non realizzarsi in una restrizione del funzionamento. In virtù di queste considerazioni Terzi ha cercato di analizzare come la considerazione della capability valuta la dislessia, che danneggia le funzioni di lettura e scrittura e un bambino affetto da dislessia è svantaggiato in alcuni aspetti della sua educazione quando viene confrontato con altri bambini non dislessici. Si tratta di uno svantaggio relazionale in riferimento all’organizzazione dei sistemi educativi. In questo modo si afferma che il fornire servizi adeguati nel caso della dislessia, ma anche in riferimento ad altre restrizioni del funzionamento e della compability, diventa una questione di giustizia, considerata in termini non di assistenza ma di eguaglianza di risorse a disposizione.
    In definitiva l’approccio della capability è una struttura di pensiero e non una teoria educativa.
    Per quanto riguarda l’Index per l'Inclusione possiamo dire che è stato messo a punto dal Centre for Studies on Inclusive Education (CSIE), un ente indipendente che nel corso degli anni è diventato un punto di riferimento per la promozione dell'inclusione nel sistema scolastico. L'Index offre una serie di materiali per consentire ad alunni, insegnanti, genitori, dirigenti e amministratori (ma anche ai membri più estesi della comunità locale) di progettare per la propria realtà scolastica un ambiente inclusivo in cui le diversità siano motore per il miglioramento e il progresso della scuola. L'Index promuove uno sviluppo inclusivo per così dire dall'interno perché muove dalle conoscenze, dalle esperienze e dalle rappresentazioni dei suoi attori, e analizza la scuola nella dimensione delle politiche (il progetto complessivo che la guida e l'insieme delle decisioni che mirano al cambiamento), delle pratiche (le attività e i metodi di insegnamento e l'utilizzo proficuo delle risorse disponibili) e in quella fondamentale della cultura (i valori e le convinzioni che la ispirano). Concretamente gli indicatori dell'Index consentono un esame dettagliato della scuola per superare gli ostacoli all'apprendimento e alla partecipazione per favorire la realizzazione di ogni studente e per creare comunità solidali.
    Antonella Pagliaro
    Antonella Pagliaro


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 14.03.12
    Età : 33
    Località : Mondragone

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Antonella Pagliaro Mar Mag 22, 2012 8:51 pm

    Che cos’è la felicità? Una domanda che ci poniamo spesso.. e ognuno di noi tramite la sua esperienza ne da un significato diverso. Chi nella propria vita non è stato almeno una volta felice? Ecco da qui vorrei spiegare secondo la mia opinione il valore e il significato che gli attribuisco a questa bellissima emozione che è LA FELICITà per collegarla al capitolo 1 che ho scelto…”La felicità non è altro che quello stato emotivo di benessere , quella sensazione di appagamento con lo scopo di far star bene se stessi e gli altri”. Questo stato di benessere, soprattutto nella sua forma più intensa - la gioia - non solo viene provato dall'individuo, ma si accompagna da un punto di vista fisiologico. Molte ricerche mettono in luce come essere felici ricada positivamente sul comportamento, sui processi cognitivi, nonché sul benessere generale della persona. Ma chi sono le persone felici? Gli studi che hanno cercato di rispondere a questa domanda evidenziano come la felicità non dipenda tanto da variabili anagrafiche come l'età o il sesso, né in misura rilevante dalla bellezza, ricchezza, salute o cultura. Al contrario sembra che le caratteristiche maggiormente associate alla felicità siano quelle relative alla personalità quali ad esempio estroversione, fiducia in se stessi, sensazione di controllo sulla propria persona e il proprio futuro. In effetti quando le persone sono di buon umore pensano alle cose in modo molto diverso rispetto a quando sono di cattivo umore. Ad esempio, si è trovato che il buon umore porta a descrivere in modo positivo gli eventi sociali a percepirsi come socialmente competenti, a provare sicurezza in se stessi e autostima . Inoltre quando si è felici si tende a valutare più positivamente la propria persona: ci si sente pieni di energia, si considerano meno gravi i propri difetti e si pensa meno alle proprie difficoltà. In ultimo, si è visto che più si è felici più si curano e si allargano i propri interessi sociali e artistici, si pone maggiore attenzione alle questioni politiche generali, ci si sente più inclini ad accettare dei compiti nuovi e stimolanti, anche se difficili. Da questo punto di vista non c'è da stupirsi che uno stato emotivo positivo induca all'ottimismo : infatti, hanno trovato una correlazione diretta tra grado di buonumore e probabilità stimata di eventi positivi. In ogni caso si è anche visto che questo accade solo se la decisione da prendere non comporta dei rischi seri. In presenza di uno stato d'animo positivo, non solo il mondo sembra più colorato e desiderabile e le azioni più facili, ma anche le persone che ci circondano sembrano migliori. E' forse per questo che molti esperimenti rilevano come le persone felici siano più disponibili, generose e altruiste e provochino negli altri una maggior simpatia. In ultimo, per quanto riguarda gli aspetti cognitivi, si è visto che quando si è felici si apprende con più facilità, in misura maggiore e in modo più duraturo e inoltre si è maggiormente più abili nella soluzione dei problemi. Anche un disabile ha diritto alla felicità e al benessere , in quanto il suo obbiettivo non è essere in grado di mangiare, di vestirsi o lavarsi, ma avere delle potenzialità di scegliere autonomamente la vita che vuole vivere. Zigler anch’egli si occupa del benessere dei disabili in quanto sostiene che il bambino col ritardo mentale ha più possibilità di successo rispetto ad un bambino normodotato. Secondo la prof.Iavarone non bisogna fornire risposte ,risolvere problemi non trattarli come coloro chè non hanno la facoltà di decidere e ragionare ma l’educatore deve facilitare il rapporto relazionale e in questo modo si aiuterà il soggetto a interpretare correttamente i propri bisogni, dare forma ai propri desideri e saperli perseguire, da qui si farà in modo di costruire un ben-essere personale e sociale della persona disabile, essi meritano una vita come tutti, di andare a scuola istruendosi e trovare un lavoro in modo che gratifichi il loro essere “persone” e non “handicappati” perchè anche loro meritano di essere felici .
    Luisa Ratti
    Luisa Ratti


    Messaggi : 17
    Data di iscrizione : 13.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Luisa Ratti Mar Mag 22, 2012 8:53 pm

    La felicità ci si presenta come concetto variabile in base al tempo storico e al contesto culturale di riferimento,nonché in relazione ai soggetti chiamati a darne una definizione.
    Nella Grecia presocratica eudaimonia significa avere un buona sorte, la felicità è legata alla fortuna.
    Socrate , Platone, Aristotele caricano l’eudomania dei nuovi significati,quelli che poi sono arrivati fino a noi, si può essere felici anche contro la sorte, l’uomo può scegliere di perseguire la felicità.
    Felicità non è sempre uno stato assoluto, non è solo il piacere che esplode nell’attimo fuggente.Felicità è portare a compimento la propria vita, realizzare le proprie aspettative.
    A tal proposito Nettle distingue tre livelli di felicità:
    • felicità di primo livello: il senso immediato di emozione, sensazione di gioia o piacere che si prova al raggiungimento di uno stato desiderato;
    • felicità di secondo livello: bilancio tra piaceri e dolori,emozioni positive e negative;
    • felicità di terzo livello: una vita in cui la persona prospera e realizza le sue potenzialità.
    Il terzo livello è quello più difficile da quantificare(come si potrebbe del resto riuscire a misurare il vivere bene e la realizzazione personale), e che fa pensare a quel benessere globale di cui ci parla anche l’OMS. L’ICF definisce la salute come una condizione di benessere fisico, psicologico e sociale, lasciando affiorare il concetto che il benessere è un vivere bene a livello olistico anche in presenza di una malattia. Si può affermare che la buona qualità di vita è una costellazione di componenti oggettive e soggettive.
    Il filone della psicologia positiva ha dato contributi significativi al concetto di felicità, ci ha mostrato che essa può essere implementata attraverso tecniche che mettono in discussione i pensieri negativi. Tale psicologia non ignora la sofferenza ma mette in rilievo il concetto di benessere, perchè promuovere una buona salute(fisica, mentale e sociale) può prevenire o alleviare la sofferenza. Seligman e Dykens offrono un interessante spunto di riflessione, definendo la vita buona e la vita significativa.
    La vita buona significa usare le proprie forze in modo proficuo, applicarsi in una attività da cui si trae piacere, e la vita significativa è quella in cui si usano le proprie forze per realizzare qualcosa di più grande che dia significato e scopo alla vita stessa.
    Dare significato alla propria esistenza è questo la via per il ben-essere, e deve davvero valere per tutti.
    Alcune ricerche hanno mostrato che il benessere dipende dalle caratteristiche globali della personalità, le quali influenzano il modo in cui la persona reagisce agli eventi(approccio top-down). Le capacità di base sono genetiche ma l’aspetto positivo è che con un giusto approccio possono essere sostenute e sviluppate.
    L’obiettivo nel campo dell’educazione è quello di favorire l’adozione di un atteggiamento positivo nei confronti delle esperienze della vita, insegnare a gestire le proprie scelte e adottare comportamenti consapevoli in direzione della propria felicità, e poichè ciascuno di noi è una risorsa, un valore aggiunto,nessuno deve essere lasciato indietro ma deve essere messo in grado di sviluppare tutto il “suo” potenziale umano. Appare a tale scopo necessario e nelle persone con disabilità è doveroso, non focalizzare mai l’attenzione sulle mancanze, ricorrendo ad un irresponsabile e nocivo assistenzialismo, ma lavorare per implementare le potenzialità, risvegliare le risorse personali, costruire capacità e capabilities, aumentare motivazione e senso di efficacia. Al fine di perseguire non solo l’autonomia materiale ma la capacità di dare forma ai propri desideri e progetti.
    Il benessere,come sostiene la Professoressa Maria Luisa Iavarone non ha a che fare solo con lo stato fisico o economico,non è solo quantità di risorse ma è uno stato complesso multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale, è qualità di scelte individuali e sociali.
    Stare bene e sentirsi bene questo è ciò che l’educatore deve insegnare (magari dopo averlo imparato, giusto per essere più efficace), come capacità di costruire per se stessi il proprio personale benessere, la propria personale felicità.

    Teresa Nazzaro
    Teresa Nazzaro


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 33
    Località : Montesarchio

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Ben.essere disabili

    Messaggio  Teresa Nazzaro Mar Mag 22, 2012 9:19 pm

    « Beatus nemo dici potest extra veritatem proiectus » « Nessuno lontano dalla verità può dirsi felice. »

    Con questa frase di Seneca, apriamo il discorso riguardante la felicità. La felicità e ciò che rappresenta vivere una buona vita ha rappresentato per molto tempo il punto nevralgico del pensiero filosofico, religioso ed educativo per centinaia di anni. Alcuni studiosi ritengono lo studio sulla felicità, del tutto superficiale rispetto al bisogno di comprendere la sofferenza umana. Cos’ è la felicità? Il concetto è sempre stato molto sfuggente anche se compare in ogni cultura. L’ Eudaimonia originariamente derivava da “ buon demone”, la felicità era avere una buon demone, una buona sorte. La radice della parola felicità deriva dal prefisso “fe”, da cui deriva “fecundus”, “femina” in quanto generante. Poi Socrate e poi Aristotele arricchiranno il significato di eudamonia come l’essenza che fa diventare felici anche contro la sorte. Il senso più immediato e diretto di felicità implica un’emozione o una sensazione, qualcosa come gioia o piacere. Nettle nel 2007 definisce la felicità in tre livelli. Il primo livello è una felicità che è contraddistinta da gioe ed emozioni che durano poco. Il secondo livello non riguarda le sensazioni, ma i giudizi sul bilancio delle sensazioni. Il terzo livello riguarda una felicità ancora più grande, poiché il soggetto nella propria vita prospera o realizza le proprie vere potenzialità. Peterson e Seligman hanno condotto una rassegna di religioni, culture e filosofie per proporre una serie di 6 virtù quali giudizio,conoscenza,coraggio,umanità,giustizia e trascendenza. La buona vita consiste nell’usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni e nel tempo libero. Canevaro nel 2007 afferma che il ben-essere di un individuo è legato al “capitale sociale” cioè all’insieme di capacità che l’individuo ha di organizzarsi ed adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, con i contesti. La Delle Fave afferma che ciascun individuo deve essere visto come un agente attivo di cambiamento e sviluppo della comunità soprattutto per i gruppi cosidetti “svantaggiati” quali persone disabili, anziani, disagiati in ambito pscisociale, immigrati e minoranze. Nettle afferma che se le persone passano tanto tempo a riflettere su cosa voglia dire felicità e ben-essere, allora è un buon motivo per studiarle. Il ben-essere è caratterizzato da diverse componenti :fisiche e psichiche e sociali ed emozionali; lo studio di esso ha come obiettivo l’individuare dei metodi che possano rendere in grado (empowered) gli individui di aumentare il loro livello di ben-essere. La capacità di saper leggere l’ambiente, di interpretare i propri bisogni rappresentano alcune delle condizioni per conseguire un progetto di benessere personale e sociale. Questo perché come sostiene la prof. M.L.Iavarone il ben- essere non può essere assimilato a una generale condizione di ben-essere fisico e economico, ma va definito come uno stato variamente complesso perché multicomponenziale, multi direzionale, multidimensionale.
    L’immagine pubblica generale delle persone con disabilità è che esse abbiano una bassa qualità della vita. Esiste consenso generale che la loro qualità della vita debba essere migliorata e molti paesi hanno adottato questa visione attraverso politiche ufficiali. Ghedin si occupa di quanto la famiglia influisca sulla persona disabile. Vari studi dimostrano che i genitori con figli disabili subiscono forti momenti di stress iniziale che gli consentono di attuare strategie di coping, ovvero strategie per ridurre lo stress e affrontare il problema; pertanto questi familiari hanno una migliore propensione alla risoluzione dei problemi e quindi ad una migliore qualità della vita. Durante il corso svolto in questo semestre abbiamo affrontato parecchi esempi di come la disabilità non rappresenti un problema per molti individui. Ripensando alla Atzori che senza braccia balla, dipinge, corre; a Pistorius che con le flex foot è in grado di camminare e gareggiare alle Olimpiadi; ai volontari dell’U.N.I.Vo.C che svolgono felicemente la propria vita, nonostante siano ciechi. La convinzione che imparare a stare bene possa essere insegnato è merito anche del lavoro di professionisti nel campo quali insegnanti, educatori, operatori socio-assistenziali. Questa pedagogia, definita speciale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, e come la stessa Iavarone dice, che deve occuparsi della sua istruzione ma anche della sua educazione, sempre all’insegna della tutela della salute e dello sviluppo fisico e psicosociale.
    Valentina Gaudioso
    Valentina Gaudioso


    Messaggi : 18
    Data di iscrizione : 16.03.12
    Età : 33
    Località : Napoli

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Esercizio finale - ben-essere disabile

    Messaggio  Valentina Gaudioso Mar Mag 22, 2012 9:58 pm

    1° capitolo: LA FELICITA'
    Da sempre l’umanità è appassionata e ossessionata dal tema della felicità: sin dall’antichità poeti, filosofi, scrittori, persone comuni, insomma ognuno si è trovato a riflettere e in particolar modo cercare di raggiungere questo stato di benessere.
    Molti studiosi hanno tentato di definire questa condizione, alcuni ponendo l’accento sulla componente emozionale, come il sentirsi di buon umore, altri sottolineando l'aspetto interiore e riflessivo, come il considerarsi soddisfatti della propria vita.
    La felicità a volte viene descritta come contentezza, soddisfazione, tranquillità, appagamento, a volte come gioia, piacere, divertimento.Sono quindi diverse le interpretazioni che si possono dare a questa emozione, essenzialmente in base alla modalità per ottenerla.
    La parola felicità, intesa come godimento del bene assoluto, deriva da 'felicitas' [felix-felicis] la cui radice 'fe' significa abbondanza, fertilità, prosperità. Originariamente Eudaimonia, derivava da 'buon demone' ovvero buon demone, buona sorte. Con Socrate, Platone e poi Aristotele: la parola Eudaimonia si avvale di nuovi significati. Si afferma l'uomo con la sua libertà di diventare felice, anche contro la sorte. Tutti noi, dei giorni felici della nostra vita ci accorgiamo solo quando hanno ormai lasciato il posto a giorni infelici: questo perchè la felicità è uno stato d'animo non costante, e soprattutto soggettivo. Che cos'è la felicità? probabilmente le persone sono felici quando ottengono quello che vogliono, oppure quando parlano di felicità, intendono uno stato di sensazioni positive.. la felicità, come dicevo prima, è molto soggettiva, perchè ogniuno di noi ha il suo modo di vedere le cose. L'essere umano ha bisogno di essere stimolato continuamente, quindi dopo che abbiamo ottenuto quello che desideravamo, siamo in continua ricerca di qualcos'altro.
    Nel 2007 Nettle classificò tre diversi livelli di felicità:
    1° livello: E' possibile essere felici di un raggiungimento inaspettato, un evento desiderato e avvenuto.
    2° livello: La felicità è dovuta dal bilanciamento delle sensazioni positive e negative, con prevalenza di emozioni positive.
    3° ed ultimo livello: si può essere felici realizzando la propria personalità e le proprie potenzialità.
    Riguardo la felicità, mi viene in mente il film (storia vera) 'La ricerca della felicità' : il film ci vuole far capire che la felicità va inseguita e ricercata proprio come ha fatto l'attore\protagonista Will Smith nel film. Ho letto anche che negli Stati Uniti d'America, il diritto di perseguire la felicità individuale è inserita addirittura nella propria Costituzione, già da due secoli, proprio perchè la felicità è una cosa di tutti!
    L’organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito la salute come la condizione di ben-essere psicologico,
    fisico e sociale. Molti hanno proposto diverse strade che portano alla felicità:
    Il primo è Seligman che nel 2002 ha affermato: una persona può avere sensazioni positive sia ripensando al passato, sia pendando al fututo con ottimismo. Queste sensazioni positive Seligman le chiama "la vita piacevole";
    Il secondo è Csikszentmihalyi che nel 1990 ha sviluppato il concetto di 'flusso' comprendente i momenti in cui abbiamo senso del controllo, oppure quando siamo concentrati a leggere un libro o quando mettiamo alla prova le nostre abilità come anche cantare.
    La felicità è quello che significa vivere una buona vita: la buona vita consiste nello sfruttare le proprie forze in modo produttivo nel lavoro, nelle relazioni con gli altri e anche nel tempo libero.
    Le teorie contemporanee sulla felicità includono:
    * la teoria edonistico ovvero che la felicità riguarda la massimizzazione dei piaceri e la minimizzazione del dolore e si mette in pratica quando le esperienze piacevoli hanno un'importanza maggiore delle esperienze dolorose.
    * la teoria eudaimonico ossia che la felicità avviene dall’attualizzazione delle capacità della persona e dal perseguimento del proprio vero sé.
    * la teoria sviluppata dalla psicologia positiva è quella di riuscire ad integrare la teoria del 'flusso' di Csikszentmihalyi con i concetti del ben-essere --> è stato definito 'vivere bene' da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico. Canevaro afferma che il ben-essere di un individuo non è legato soltanto al suo stato individuale, ma anche alle capacità che esso ha nel riuscire ad adattarsi e organizzarsi nei diversi contesti che lo circondano. E’ importante considerare il benessere, non come uno stato individuale, ma come un progetto da condividere con gli altri.
    La prof. M.L Iavatone nel 2008 ci ha spiegato che il ben-essere ha diverse direzioni e la percezione muta nel luogo e nel tempo.
    Inoltre dice anche che quando si parla di ben-essere non s'intende quello fisico o economico, ma benessere come stato complesso proprio per il suo carattere globale quindi multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale. La Delle Fave nel 2007 invece affermò che ogni membro della comunità è agente attivo di cambiamento e sviluppo della stessa comunità, anche i membri di gruppi svantaggiati come disabili e anziani. Quest'ultimi non sono svantaggiati di per sè, lo diventano per colpa delle barriere architettoniche che ci circondano. Ogni individuo deve essere spronato a usare e coltivare i propri talenti. Ciascuno di noi nasce unico, non nasceranno mai più persone con lo stesso modo di vedere le cose, di ascoltarle e di pensarle. Siamo irripetibili ecco perchè tutti siamo diversi l'uno dall'altro. Il ruolo dell'educatore in questo caso è quello di rendere l'apprendimento piacevole e facilitare l'attivarsi del potenziale della persona coinvolta.
    Le persone più ricche sono anche più felici? La felicità, non è strettamente legata alla ricchezza economica o alla quantità di beni materiali che una persona possiede, la felicità è connessa soprattutto al ben-essere psicologico e interiore del soggetto. In fondo, non importa veramente quanto denaro guadagneremo o quale posizione sociale riusciremo a raggiungere. Quello che importa è che ciascuno di noi realizzi se stesso, coltivi le proprie passioni, individui progressivamente quelle predisposizioni e quei talenti che lo rendono un individuo unico e irripetibile.
    Le persone disabili, si sentono esclusi e quindi sono meno felici delle altre?? Grazie al medico francese Edouard Seguin, i disabili hanno assunto il giusto ruolo nella società. Nella metà del 1800, egli guidò una scuola per bambini disabili, cosicchè potessero essere educati come tutti gli altri bambini normodotati. Il modello formativo di scuola promosso da Seguin, cambiò obbiettivo e infatti gli alunni non venivano più curati. Con il tempo si cercò di promuovere il ben-essere delle persone disabili, partendo dalla forza dei soggetti, non dalle loro debolezze.
    Qualche tempo fa, i disabili venivano emarginati e separati dal resto della comunità perchè considerati non adeguati, poi con il passar del tempo, perfortuna, si è pensato che fosse arrivato il momento di inserirli nella comunità insieme ai normodotati.
    Seguin capì che la disabilità non era una malattia e che quindi tutti (disabili e non), dovevano avere la stessa educazione. Egli ha elaborato anche un trattamento educativo che abbracciava:
    la conoscenza intellettuale, l’educazione sensoriale, e l’esperienza morale. Séguin ha ritenuto fondamentale la ricerca di informazioni, "per unire l’educazione alla vita delle persone" e l’organizzazione dell’ambiente di vita, cosicchè diventi una spinta in più per una evoluzione cognitivo.
    Pensandoci il prof, Palladino è un'esempio oltre che di resilienza anche di felicità, perchè nonostante ha perso la vista da bambino è un uomo, marito, padre e nonno felice insieme alla sua famiglia.
    Séguin collega infine, la pedagogia speciale alla pedagogia generale e afferma che i problemi posti dall’educazione dei bambini mettono alla prova l’educazione per tutti.
    Anche M.L Iavarone sostiene che la pedagogia speciale, si interessa molto del ben-essere e della qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ed educazione.
    Più avanti sono state fatte ricerche su bambini affetti da ritardo mentale, dove quest'ultimi: nonostante avevano molti sbalzi d’umore e un quoziente intellittivo basso, però avevano una bassa motivazione alle sfide e infine si affidano molto agli altri per risolvere problemi, rispetto ai loro coetanei. Altre ricerche su ricerca madri che alla scoperta di avere un figlio con ritardo mentale entrano in uno status di stress totale con sentimenti di insoddisfazione, per aver generato una creatura diversa dalle proprie aspettative. Però a provocare questo stress, sono i fattori esterni ovvero la società. Al contrario ci sono famiglie che vedono la nascita di un bambino disabile un qualcosa che possa arricchire la propria vita.
    Mi rendo conto come la felicità abbia, quasi nella sua totalità, una componente soggettiva. (come ho appena detto: alcune persone vedono la disabilità come qualcosa di negativo, altre invece come qualcosa di positivo.)
    Ad esempio, per uno sportivo la felicità può essere rappresentata dai trionfi ottenuti nella propria disciplina; E’ comunque un dato di fatto che più una persona vive la propria vita in modo positivo, e in pace con sé; Più poi è probabile che riesca ad avvicinarsi a questo stato d’animo. Insomma, è complicato arrivare ad una risposta concreta. Comunque, per trovare dei punti di contatto tra le varie opinioni, si può affermare che la felicità non dipenda tanto da variabili come la bellezza, la ricchezza, la salute o la cultura, quanto maggiormente dalle caratteristiche soggettive dell’individualità di ognuno, quali la personalità, la determinazione.
    avatar
    federica pirozzi


    Messaggi : 10
    Data di iscrizione : 18.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  federica pirozzi Mar Mag 22, 2012 10:41 pm

    1° capitolo: LA FELICITA'
    Che co'è la FELICITA'? "Felicità" deriva dal latino "felix" che vuol dire soprattutto "ricco", in particolare di beni esteriori. Si distingue da "beatus", relativo allo stato d'animo interiore e che corrisponde maggiormente al significato che il termine ha assunto in generale nella storia della filosofia. In greco questo concetto era reso con "eudemonia", che deriva da eu, "buono" e dàimon, "demone", indicando quindi la buona sorte concessa da una divinità benevola e, in senso traslato, il benessere interiore, lo stare. E’ possibile individuare tre livelli differenti di felicità:
    - Il primo livello è dovuto al raggiungimento,forse inaspettato,di uno stato desiderato.
    - Il secondo livello è dovuto alla riflessione su un bilancio tra emozioni positive ed emozioni negative,con la prevalenza delle prime.
    - Il terzo livello, infine, è dovuto alla realizzazione,da parte del soggetto,delle proprie potenzialità. Tutti i nostri comportamenti mirano al raggiungimento della Felicità. Secondo molti filosofi, la felicità consiste essenzialmente nel piacere legato ai sensi. Questa posizione è in genere legata a una concezione materialistica dell'uomo, per cui egli si risolve interamente nel suo essere fisico, nel corpo. L'anima è strettamente legata al corpo e dunque è mortale. In questa prospettiva, il piacere del corpo equivale alla felicità perché non esiste una dimensione spirituale, né, a maggior ragione, ultraterrena. Nella concezione della felicità come piacere, è necessario distinguere almeno due varianti principali. Da un lato l'edonismo (dal greco hedoné, piacere), secondo il quale il piacere è uno stato positivo da ricercare attivamente, è «un moto lieve dei sensi» da rinnovare continuamente. Dall'altro lato, il piacere viene inteso come serenità d'animo, come assenza di turbamento e di dolore.
    La nozione di “Qualità della Vita” fornisce un contributo per precisare il peso delle malattie e delle disabilità e allo stesso tempo l’efficacia dei trattamenti finalizzati all’incremento della salute e al miglioramento complessivo della vita delle persone. “La Qualità della Vita” non corrisponde ad uno stato raggiunto una volta per tutte ma piuttosto ad un continuum, ad un’asse con due poli: patologia e malessere da una parte, salute e benessere dall’altra. Sicché, una persona difficilmente si troverà all’estremo di uno dei due poli, il compito dei progetti orientati all’incremento del benessere dovrà essere quello di puntare il più possibile all’apice del polo della salute.
    L’importanza del costrutto della Qualità della Vita riguarda sia il livello personale che quello sociale. A livello personale si propone di valutare la padronanza di valori positivi nella vita della persona come ad esempio successo, appagamento, felicità, benessere economico e salute. A livello sociale prende in esame invece i bisogni degli altri e la potenziale discrepanza tra ciò di cui le persone hanno bisogno e ciò di cui effettivamente dispongono.
    La sua importanza consiste nell’essere sia una nozione in grado di sensibilizzare, sia un costrutto sociale che può essere usato come modello generale all’interno del quale cogliere la significatività delle differenze nella vita delle persone.
    Alcune persone sono convinte che denaro, carriera e successo, siano i traguardi che come premio daranno la Felicità e vivono perennemente stressati nella rincorsa di denaro, carriera e successo. Altre persone sono convinte che la Felicità si possa ottenere solo godendo delle forti emozioni che nascono dalle forti sensazioni e per questo vivono perennemente stressati alla ricerca di sempre nuovi e più forti piaceri. Altre persone ancora pensano che la Felicità sia una semplicemente un frutto della fantasia che può esistere solo nelle canzoni, al cinema o nelle poesie e per questo vivono rassegnate in una noiosissima tristezza. Se però cerchi di capire che cosa veramente sia la Felicità scopri che la Felicità è una cosa vera che è già dentro di Te e che oggi, se veramente lo vuoi, puoi imparare a ri-trovare la tua Felicità per vivere felice tutti i giorni. La sola cosa che devi fare, è decidere che vuoi essere felice tutti i giorni.
    Riguardo quindi al concetto di ben-essere nella disabilità ho ritenuto opportuno inserire il laboratorio " DOMOTICA " . “Domotica”, “casa intelligente”, “automazione ambiente”; tutti sinonimi di una stessa scienza che studia particolari sistemi per automatizzare l’abitazione e facilitare di conseguenza l’adempimento di molte azioni che solitamente si svolgono in casa.
    Nata per lo sfizio di qualche facoltoso, oggi la domotica è diventata un’arma indispensabile per quei disabili motori molto gravi che vogliono riappropriarsi della loro autonomia. Fortunatamente la tecnologia mette oggi a disposizione innumerevoli sistemi per controllare l’ambiente domestico, alcuni di essi studiati appositamente per disabili, altri facilmente reperibili sul mercato e ideati per automazioni di processi industriali o per necessità di estetica e design. Vedere disabili FELICI di vivere in una casa così piena di comfort e di cose da fare non mi fa altro che essere felice IO per loro.
    ERIKA IARNONE
    ERIKA IARNONE


    Messaggi : 15
    Data di iscrizione : 13.03.12
    Età : 33
    Località : Napoli

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  ERIKA IARNONE Mer Mag 23, 2012 9:33 am

    BENESSERE NELLA DISABILITA’
    Essere in pace con se stessi - l'essenza del benessere –
    e quindi riuscire a stabilire una perfetta armonia
    tra corpo, mente e spirito non può considerarsi un fattore
    meramente ed esclusivamente legato alla disponibilità economica…
    Ciò che davvero conta, quindi, nel raggiungimento della felicità
    è la salute, l'energia, l'entusiasmo,
    la stabilità emotiva e la tranquillità psicologica.
    Cose che poco hanno di materiale.
    (Deepak Chopra)
    Ecco voglio partire proprio da questo aforisma per trattare nel presente lavoro il tema della felicità e del benessere e capire i loro significati considerando diversi punti di vista. Iniziando dal primo di questi due termini, la felicità è stata il tema principale del dibattito filosofico, religioso ed educativo per centinaia di anni, ma solo di recente le scienze sociali hanno iniziato a dedicarsi allo studio di tale concetto. Per esempio uno dei filoni delle scienze sociali che si è dedicato all’analisi scientifica della felicità, degli aspetti positivi dell’esperienza umana e, dunque, delle situazioni che sono fonte di felicità per gli individui, è la psicologia positiva. Ciò che tutt’ora ci chiediamo è che cosa sia la felicità. Tale concetto, infatti, è presente in ogni cultura: alcune collegano la felicità a qualcosa di estremamente immediato, come la gioia e il piacere, altre, invece, a qualcosa di più durevole come la soddisfazione e l’appagamento. Tuttavia il concetto di felicità non varia soltanto in base alla cultura di un popolo ma anche in base al periodo storico. Infatti il suo significato originario , caratteristico del mondo presocratico, era quello di “fortuna” in quanto “eudaimonia” derivava da “buon demone”, la felicità era, dunque, avere un buon demone, una buona sorte. Contrariamente con Socrate, Platone ed Aristotele si inizia ad affermare che l’uomo soltanto con le sue scelte può diventare felice; dunque la felicità non viene collegata alla fortuna bensì al principio del libero arbitrio. Nettle, uno degli studiosi della psicologia positiva, sostiene che ci sono tre livelli di felicità:
    DI PRIMO LIVELLO: si è felici quando si prova un’emozione o una sensazione, come gioia o piacere. La sensazione scaturisce dal raggiungimento di uno stato desiderato;
    DI SECONDO LIVELLO: si è felici quando, dopo aver paragonato piaceri e dolori, emozioni positive ed emozioni negative, si deduce che, nel lungo termine, si sono presentate più piaceri ed emozioni positive che dolori ed emozioni negative; dunque questo livello include sensazioni di appagamento e soddisfazione;
    DI TERZO LIVELLO: la felicità è equiparata all’ ”eudaimonia”. Con questo termine si intende una vita in cui la persona realizza le proprie potenzialità.
    La psicologa Carol Clyff afferma che il benessere umano non comprende soltanto gli elementi della felicità di secondo grado indicati da Nettle, bensì comprende anche crescita personale, finalità, padronanza del proprio ambiente e sensazioni di piacere ed assenza dal dolore. Ora che ho introdotto anche il concetto di benessere oltre a quello di felicità, approfitto per citare il pensiero della professoressa Iavarone riguardo al medesimo concetto. Ella parla di una “pedagogia del benessere” che consiste nell’insegnare a star bene affinché i soggetti acquistino la capacità di costruire da se stessi il proprio personale benessere favorendo particolari processi di comunicazione tesi a sviluppare l'autonomia delle persone coinvolte. L’ottica privilegiata, nel suo testo “pedagogia del benessere”, è quella educativa. Secondo quest’ultima la formazione al benessere deve consistere in una sensibilizzazione di tutti allo stare bene, basata sull'idea che tutti possiamo imparare a star meglio e che il benessere non e' soltanto una questione di quantità di risorse ma soprattutto di qualità di scelte, individuali e sociali. Secondo la professoressa Iavarone, la pedagogia, e in particolare quella sociale, focalizza l’attenzione sul benessere e sulla qualità della vita del soggetto occupandosi della sua istruzione, della sua educazione e tutelando la sua salute e il suo sviluppo fisico e psicosociale. Ghedin ci propone il concetto di benessere dal punto di vista dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) secondo cui la salute è una condizione di benessere fisico, psicologico e sociale ossia di benessere soggettivo. Quest’ultimo può essere favorito da diversi fattori sia individuali come l’ottimismo, la felicità, la perseveranza e l’autodeterminazione, sia contestuali come il supporto sociale, il senso di appartenenza, armonia con il proprio ambiente di vita. Tra i diversi autori proposti da Ghedin e che si sono interessati al concetto di benessere c’è anche Seligman che ha indicato diverse strade che conducono alla felicità. La prima è quella di provare emozioni positive circa il passato, come la soddisfazione, emozioni positive circa il futuro come la speranza e l’ottimismo ed emozioni positive circa il presente basate sui piaceri momentanei. Un’altra strada verso la felicità è lo stato di “flusso” introdotto dalla psicologia positiva. Il flusso è uno stato di impegno che si verifica quando un individuo è inserito in compiti stimolanti che mettono alla prova le sue capacità. Tale stato comprende la consapevolezza di quello che deve essere fatto, un sentimento di concentrazione e una perdita del senso del tempo e può dar vita ad affetti positivi come orgoglio, contentezza e rilassamento. Questo aspetto mi permette di fare una riflessione su quello che deve essere il giusto ruolo che gli insegnanti devono svolgere nell’educazione dei bambini; infatti il compito dell’educatore non deve essere solo quello di tendere il bambino verso il “flusso”, bensì deve fare in modo che il bambino provi piacere ad apprendere e dunque favorire lo sviluppo di un atteggiamento positivo nei confronti dell’esperienze di vita per poi essere in grado di attuare autonomamente delle scelte in direzione della propria felicità. In aggiunta l’educatore deve condurre il bambino ad utilizzare e potenziare i propri talenti e a perseguire l’autodeterminazione per sviluppare la propria libertà e le proprie responsabilità creando un ambiente stimolante. Ancora un’altra strada verso la felicità è quella di individuare in se stessi delle virtù e delle forze. Peterson e Seligman, a tal proposito, hanno proposto 6 virtù: giudizio e conoscenza, coraggio, umanità, giustizia, temperanza e trascendenza. Continuando ancora con il pensiero dello psicologo positivista, Seligman ha esposto un’importante teoria, quella della felicità autentica. In questa teoria suddivide la vita in tre categorie: la vita piacevole, la buona vita e la vita significativa. La vita piacevole si ha quando gli individui vivono esperienze positive; la buona vita si ha quando gli individui impiegano le loro forze e virtù in attività da cui traggono piacere; la vita significativa si ha quando gli individui impiegano le loro forze e virtù in attività per un bene più grande. Questa distinzione si basa sulla differenza che Seligman sottolinea tra felicità edonistica e felicità eudaimonica. La prima si raggiunge quando le esperienze positive sono in maggior numero rispetto a quelle negative; al contrario la seconda si raggiunge quando l’individuo mette in atto il proprio potenziale perseguendo il proprio sé. Ci sono diversi studiosi che, seguendo i passi di Seligman, hanno postulato delle teorie eudaimoniche sulla felicità. Per esempio Waterman con la teoria dell’espressività personale secondo cui si raggiunge la felicità quando le attività di vita delle persone coincidono con i loro valori; in modo analogo Ryff e Keyes con la teoria dei sei aspetti dell’attualizzazione umana secondo cui ci sono sei aspetti della vita umana che contribuiscono alla felicità come autonomia, crescita personale, auto-accettazione, obiettivi di vita, padronanza ambientale e relazioni positive con gli altri; infine Ryan e Deci con la teoria dell’autodeterminazione secondo cui si raggiunge la felicità solo quando si riesce ad acquisire autonomia e competenze. Da quanto detto si può dedurre che ciò che accomuna queste teorie è il principio eudaimonico secondo cui la felicità è frutto non del perseguimento dei piaceri bensì dell’attualizzazione delle proprie forze e virtù. Oltre agli psicologi citati anche l’economista A.M Sen ha focalizzato l’attenzione sul benessere eudaimonico e, per definire tale costrutto, introduce due concetti: quello di funzionamenti e quello di capabilities. Il primo consiste nell’insieme dei traguardi a cui una persona arriva attraverso attività, ruoli e lo sviluppo dell’identità personale; il secondo consiste nell’insieme dei funzionamenti che una persona possiede nell’ambiente e, quindi, è l’insieme delle possibilità di scelta tra tutti i funzionamenti disponibili. Sen sostiene, dunque, che il benessere si raggiunge perseguendo i funzionamenti che scelgono dalle capabilities che il sistema culturale mette a disposizione. In questa prospettiva risulta principale la relazione tra il benessere individuale e lo sviluppo della collettività; infatti l’interdipendenza tra gli individui e il sistema culturale è insito nella natura umana in quanto essi tendono alla complessità a livello biologico, psicologico e sociale. Questo può essere spiegato sostenendo che tutti gli individui nella loro crescita costruiscono una cultura attraverso l’acquisizione, la selezione e l’integrazione di informazioni che ricevono dall’ambiente esterno. Quindi Sen guarda il benessere soggettivo con una prospettiva più ampia in quanto sostiene che esso non può attuarsi in maniera indipendente dall’interesse della comunità. Altro punto di vista più ampio è quello di Canevaro secondo cui il raggiungimento del benessere soggettivo è legato al “capitale sociale” ossia l’insieme delle capacità dell’individuo di adattarsi al contesto che lo circonda. Da molte analisi che sono state fatte sul benessere Ghedin deduce che esso non è altro che il risultato dell’integrazione tra sistema biologico, psichico e sociale in quanto dipende non solo dal corretto funzionamento biologico ma anche dagli stili di vita, dal contesto, dal lavoro, dal tempo libero, ecc. Ghedin fa riferimento anche a due approcci, differenti per il loro modo di considerare il concetto in esame: l’approccio top-down e l’approccio bottom-up. Il primo fa dipendere il benessere dalle caratteristiche della personalità che influenzano la reazione dell’individuo agli eventi; secondo questo approccio il benessere soggettivo dipende dal modo in cui l’individuo interpreta le circostanze. Il secondo approccio, invece, fa dipendere il benessere soggettivo dall’esperienze positive che l’individuo riesce a conseguire grazie a contesti esterni favorevoli. Fino ad ora Ghedin ci ha proposto tutta una serie di analisi e le conseguenti teorie di diversi autori sul benessere in generale. Tuttavia, nell’ambito del benessere, egli si è interessato in maniera particolare a quello dei disabili. Infatti egli racconta che non molto tempo fa bambini ed adulti disabili venivano accolti nelle istituzioni il cui scopo non era promuovere il loro benessere bensì semplicemente accudirli. Verso la metà dell’Ottocento, poi, qualcosa è cambiato grazie agli sforzi di Seguin, un medico francese che diresse la prima scuola per bambini con disabilità dove fece in modo che questi ultimi non fossero semplicemente accuditi ma educati affinché assumessero un loro ruolo nella società. Il modello di scuola di Seguin si diffuse molto ma, in seguito, fu abbandonato per la considerazione che adottando questo approccio i bambini non venivano curati; si svilupparono, dunque, scuole che non avevano finalità educative ma erano soltanto affidatarie e che, invece di integrare i bambini con disabilità nella società, li allontanavano da quest’ultima. Soltanto con lo scorrere del tempo si è giunti ad attuare delle politiche con finalità di integrazione delle persone con disabilità nella società. Sono stati, infatti, sviluppati servizi di educazione speciale le cui finalità erano quelle di far acquisire abilità di adattamento, autodeterminazione e capacità di compiere scelte personali per la propria vita e dunque renderle autonome. Mi sembra opportuno citare Molinari e D’Addazio che nel loro testo “La nuova scuola secondaria di primo grado”, parlando di disabilità, hanno sostenuto che non bisogna mai definire nessuno per sottrazione cioè le persone non si caratterizzano per ciò che non sanno fare, ma per la loro capacità di sentire, di agire e di pensare nel loro modo specifico e personale. Questo aspetto viene proposto anche da Ghedin il quale sostiene che l’educatore, trovandosi di fronte un bambino o anche un adulto disabile deve partire dalle loro capacità e potenzialità e non dalle loro debolezze. Inoltre la psicologia positiva sostiene che il benessere non è qualcosa di stabile ma qualcosa che è in continuo divenire in quanto ogni individuo tende al riadattamento esistenziale e che anche gli avvenimenti negativi devono essere accolti cercando di estrapolare l’ aspetto positivo di ogni evento. In questo quadro la psicologia positiva si riferisce al fatto che, nonostante le sue condizioni fisiche o mentali di disabilità, una persona può comunque raggiungere il benessere; a questo riguardo Schafer ha sostenuto che il benessere è vivere bene da un punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia che sia temporanea o cronica. Fino a poco tempo fa avrei di sicuro confutato questa affermazione poiché ho sempre collegato la disabilità ad uno stato di insoddisfazione e di infelicità in quanto disagio non solo fisico ma anche affettivo, relazionale e quindi sociale. Tuttavia l’incontro con il signor Palladino, avvenuto durante il corso di Pedagogia della disabilità, ha cambiato del tutto l’orientamento del mio pensiero. Vincenzo Palladino all’età di 13 anni ha perso la vista in seguito ad un incidente ma, nonostante la sua sofferenza, è uscito dalla chiusura in casa ed in se stesso per dedicarsi al sociale, infatti egli, non solo è riuscito a tirar su una famiglia ma addirittura un’associazione che offre assistenza alle persone non vedenti o ipovedenti. Il suo spirito ottimistico è la testimonianza del fatto che, nonostante la sua disabilità, è riuscito a raggiungere il benessere dedicandosi a guidare la sua famiglia e la sua associazione per non vedenti. Negli anni si sono susseguiti differenti filoni di ricerca sul benessere:
    MOVIMENTO DELLA QUALITA’ DELLA VITA: esso si è soffermato sull’analisi della soddisfazione interna che gli individui provano con le esperienze di vita esterne. I ricercatori di questo filone hanno analizzato in maniera particolare il benessere emozionale dei disabili, soffermandosi sulla soddisfazione provata rispetto alle condizioni di vita esterne come il lavoro, gli amici, il luogo dove si vive, ecc. Per contro i ricercatori della psicologia positiva sostengono che il benessere non dipende dalle condizioni ambientali.
    MOVIMENTO DELLA DOPPIA DIAGNOSI: secondo questo filone rispetto alla popolazione generale le persone con ritardo mentale sono più soggette a psicopatologia e doppia diagnosi e possono presentare problemi come stereotipie, comportamenti auto-lesionistici, problemi che costituiscono i maggiori ostacoli in setting sociali come il lavoro o le amicizie. Partendo da questo presupposto la ricerca si è soffermata sull’analisi dei modi di migliorare i comportamenti negativi ed i sintomi e del benessere delle persone con ritardo mentale.
    PERSONALITA’-MOTIVAZIONE E FELICITA’: questo filone di ricerca sostiene che i bambini con ritardo mentale hanno minori aspettative di successo, bassa motivazione alle sfide e si affidano agli altri la soluzione dei problemi. Dunque i ricercatori hanno focalizzato l’attenzione sull’analisi della motivazione intrinseca cioè il piacere che deriva dall’usare le proprie risorse e sentirsi competente nel proprio ambiente. Oltre a questi filoni c’è anche quello della “ricerca sulla famiglia” che non si focalizza sui livelli di stress a cui vanno incontro le famiglie con bambini disabili bensì sui modi in cui le stesse sono coinvolte in situazioni di successo.
    MARIO RIEMMA
    MARIO RIEMMA


    Messaggi : 19
    Data di iscrizione : 12.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Diritto all'educazione, diritto alla vita.

    Messaggio  MARIO RIEMMA Mer Mag 23, 2012 10:49 am


    “Tutti i bambini e i ragazzi del mondo,con i loro punti di forza e debolezza individuali,con le loro speranze e aspettative,hanno diritto all’educazione. Non spetta al sistema educativo decidere chi è adeguato e ne ha il diritto. Pertanto è il sistema scolastico che deve adeguarsi in modo da corrispondere alle necessità di tutti gli studenti. Le scuole inclusive possono cambiare gli atteggiamenti verso la diversità, educando insieme tutti i bambini, formando pertanto le basi per una società giusta e non discriminativa che incoraggi le persone a vivere insieme pacificamente”


    Sono molti gli strumenti internazionali, che in materia di diritto all'istruzione, si preoccupano di garantire a tutti un’adeguata educazione o formazione. Ricordiamo ad esempio l’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei diritti umani, o l’articolo13 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali o l’articolo 28 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia. Nonostante tutto però, a causa di problemi di diversa natura, non sempre si riesce a garantire questa facoltà veramente a tutti. E a venire incontro a questo problema è ciò che viene definita l’Educazione Inclusiva. Quest’ultima può essere definita come quel processo che si propone di trasformare il sistema educativo, le scuole e i centri di apprendimento, per andare incontro alle esigenze di tutti i bambini e alle diversità degli studenti. L’educazione inclusiva quindi mira al bene comune di tutti i soggetti, considerando la loro diversità una risorsa invece che un ostacolo. Il suo obiettivo ultimo è quello di rendere possibile, attraverso la partecipazione di tutti all’apprendimento, l’effettiva adesione alla vita sociale oltre che il raggiungimento del potenziale massimo ad ogni individuo.
    Questo tipo di educazione prevede così cambiamenti e modificazioni nei contenuti, nelle strutture, negli approcci e nelle strategie, supportati da motivazioni sia di carattere educativo in quanto devono essere sviluppati modi di insegnamento che rispondano alle differenze individuali, sia di carattere sociale in quanto si vengono a determinare le basi per una società più giusta e non discriminatoria, sia di carattere economico in quanto è meno costoso sostenere un insegnamento unico che individualizzato.
    Come scrive Fabio Tesser, il terreno su cui bisogna lavorare è quello dell’esperienza, un campo da cui è possibile trarre molte informazioni e spunti educativi, e forse oggi è proprio la negazione di tale possibilità, quella di fare esperienza, a determinare una cattiva educazione.
    Ricordandoci del fatto che è la società a determinare un handicap, in quanto organizzata per venire incontro ai bisogni della maggioranza delle persone normodotate rispetto a una minoranza di persone disabili, l’approccio dell’educazione inclusiva parte da un modello di sociètà che invece comprende le difficoltà e ritiene responsabile un sistema educativo, mal concepito e quindi mal realizzato, di eventuali barriere che potrebbero crearsi tra i bambini e il loro processo formativo. Ma un percorso formativo ben strutturato, da solo non basta a garantire un efficace azione su di esso. E’importante che ci sia anche un ambiente adeguato. E un ottimo ambiente di apprendimento dipende ampiamente anche dalle relazioni tra quelle figure chiave che vengono in supporto dell’inclusione. I principali protagonisti sono quindi i sistemi educativi stessi, gli insegnanti, i genitori, gli alunni e la comunità. Queste figure devono interagire tra loro, devono essere stimolate e preparate affinché possa avere origine un ambiente basato sulla differenza, in cui ogni bambino abbia possibilità di accesso, la possibilità di essere considerato in base alla propria unicità con l’opportunità di apprendere e di agire in una molteplicità di modi che permettano di rispondere sia agli obiettivi personali che ai bisogni individuali. Dal punto di vista strettamente tecnico-curricolare è importante tener presente che i bambini sono comunque diversi tra loro e hanno differenti necessità e abilità. Da qui si rileva l’importanza di avere un’adeguata flessibilità che possa fornire sia la possibilità di adattamento verso i bisogni individuali, sia lo stimolo per gli insegnanti a cercare nuove soluzioni che possano essere in sintonia con i bisogni, le abilità e gli stili di apprendimento di ciascun ragazzo. Proprio gli insegnanti infatti dovrebbero essere ben preparati e aver chiari alcuni principi fondamentali per insegnare nell’educazione inclusiva.
    Dovrebbero conoscere i principi di questo tipo di educazione, saper individuare gli studenti che hanno bisogno di un educazione speciale, conoscere ed essere in grado di applicare metodi e criteri di valutazione opportuni, saper stimolare le capacità degli studenti, saper variare strategie di apprendimento e fornire gli strumenti adeguati. Dovrebbero saper usare al meglio il tempo a disposizione, mantenere buone le relazioni con gli studenti, fornire un feedback positivo oltre che un valido supporto per tutti gli studenti, con o senza disabilità. Ma tutti questi atteggiamenti positivi degli insegnanti verso l’inclusione dipendono anche dalla loro esperienza sul campo. Non bisogna quindi scoraggiarsi o aver paura di non avere le adeguate conoscenze per lavorare con studenti disabili, ma possedere le credenze, le attitudini e le abilità che li renderanno in grado di essere insegnanti sicuri ed efficaci, di studenti con abilità varie e con diversi livelli di apprendimento.
    Fondamentale è anche la collaborazione tra gli insegnanti e favorire così quel processo di co-insegnamento che permette lo svolgimento di un processo formativo più soddisfacente che crea inoltre uno stretto legame tra i docenti, da cui loro stessi apprendono, insegnano e forniscono un reciproco supporto.
    Un’altra figura chiave dell’educazione inclusiva è la famiglia. Coinvolgere i genitori nel processo formativo, oltre a permettere uno sviluppo di relazioni positive tra casa e scuola, fa aumentare l’interesse verso l’educazione per i propri bambini. Per poter co-operare con gli insegnanti, i genitori dovrebbero essere a conoscenza degli obiettivi di base da raggiungere, dei progressi fatti oltre che delle forze e delle debolezze dei discenti. Dovrebbero incontrare altri genitori in modo da diventare ottimi collaboratori e partner nell’educazione, nell’aiuto e nella ricerca dei giusti metodi per l’acquisizione delle specifiche abilità.
    Inoltre ci sono molti genitori il cui lavoro è collegato a quello dell’insegnante e, in quanto preparati sui propri figli e sulle loro necessità, possono essere di notevole supporto agli insegnanti. Emerge quindi la necessità di creare una rete ben costruita e collegata, in modo che tutti i membri coinvolti possano essere in grado di comunicare e interagire, in modo da scambiare risorse (cognitive, emozionali o materiali) e favorire quindi il benessere soggettivo e sociale.
    In questi ultimi anni inoltre si sta assistendo ad un crescente interesse nel considerare il Capability Approach, o approccio alle capacità personali, che considera l’educazione come fortemente connessa alla libertà umana. Una libertà che può essere espressa in termini di capacità o funzionamenti riferiti allo sviluppo personale.
    Durante gli anni ottanta Martha Nussbaum collaborò con l'economista Amartya Sen. Questi si fecero promotori del cosiddetto approccio secondo le capacità ("capability approach") per lo sviluppo economico e sociale, per cui le capacità personali sono viste come parti costitutive dello sviluppo economico, mentre la povertà ne è uno stato di privazione. Ciò contrasta con le tradizionali visioni utilitaristiche, che vedono lo sviluppo puramente in termini di crescita economica, e la povertà come privazione di introiti, orientandosi invece verso una visione orientata all'esterno che cerca di determinare quali principi di base, e conseguentemente quali adeguate misure, possano dare luogo a una vita umana dignitosa. Tali principi sono ritrovati in dieci capacità personali, ovvero reali opportunità basate su circostanze sociali e personali chiamate Life Skills.Il termine di Life Skills viene generalmente riferito ad una gamma di abilità cognitive, emotive e relazionali di base, che consentono alle persone di operare con competenza sia sul piano individuale che su quello sociale. In altre parole, sono abilità e capacità che ci permettono di acquisire un comportamento versatile e positivo, grazie al quale possiamo affrontare efficacemente le richieste e le sfide della vita quotidiana. Le Life Skills sono le competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni. Descritte in questo modo, le competenze sono innumerevoli e la natura e la definizione delle di queste si possono differenziare in base alla cultura e al contesto. Come prima abbiamo detto, il nucleo fondamentale delle Life Skills identificato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è costituito da 10 competenze: Consapevolezza di sé, Senso critico, Gestione delle emozioni, Prendere buone decisioni, Gestione dello stress, Risolvere problemi, Empatia, Comunicazione efficace, Creatività, Relazioni efficaci.
    Un’ altro notevole contributo che viene a favore dell’educazione inclusiva è l’ Index per l’inclusione. Questa risorsa è stata messa a punto dal Centre for Studies on Inclusive Education (CSIE), un ente indipendente che nel corso degli anni è diventato un punto di riferimento per la promozione dell'inclusione nel sistema scolastico. L'Index offre una serie di materiali per consentire ad alunni, insegnanti, genitori, dirigenti e amministratori (ma anche ai membri più estesi della comunità locale) di progettare per la propria realtà scolastica un ambiente inclusivo in cui le diversità siano motore per il miglioramento e il progresso della scuola. L'Index promuove uno sviluppo inclusivo per così dire dall'interno perché muove dalle conoscenze, dalle esperienze e dalle rappresentazioni dei suoi attori, e analizza la scuola nella dimensione delle politiche (il progetto complessivo che la guida e l'insieme delle decisioni che mirano al cambiamento), delle pratiche (le attività e i metodi di insegnamento e l'utilizzo proficuo delle risorse disponibili) e in quella fondamentale della cultura (i valori e le convinzioni che la ispirano). Concretamente gli indicatori dell'Index consentono un esame dettagliato della scuola per superare gli ostacoli all'apprendimento e alla partecipazione per favorire la realizzazione di ogni studente e per creare comunità solidali.

    Da quanto detto emerge che sia giunto il momento di pensare alla promozione del ben-essere soggettivo e sociale anche delle persone con disabilità, cercando di sconfiggere quel paradosso che vede le persone disabili come persone infelici e che non stanno bene. Occorre quindi considerare le debolezze, ma cominciare dalla forza e dalle capacità che esprimono gli individui. E su tali risorse costruire il miglior percorso formativo-educativo che possa rendere reale la costruzione di quel progetto di vita che ad ogn’uno spetta per diritto.
    avatar
    mariaidaferraro


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 12.03.12
    Età : 33
    Località : Napoli

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty ben-essere disabili

    Messaggio  mariaidaferraro Mer Mag 23, 2012 2:00 pm

    1 capitolo la felicità
    Il primo capitolo fornisce una panoramica degli approcci teorici riferiti al ben-essere con particolare riferimento all'analisi di tale dimensione nel contesto della disabilità. Solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato in modo sistematico a studiare il concetto di felicità. Alcuni studiosi delle scienze sociali ritengono che studiare e approfondire la conoscenza delle emozioni positive sia un obiettivo superficiale rispetto alle necessità di comprendere la sofferenza umana e che esiste un ordine di importanza relativamente alle questioni che gli psicologi dovrebbero affrontare. La gerarchia dei bisogni di Maslow ha contribuito a questa scuola di pensiero dal momento che essa stabilisce che il più alto grado di bisogni come l'autostima e l'attualizzazione sono condizionati dalla soddisfazione dei bisogni di ordine più basso come la sopravvivenza, la sicurezza e l'appartenenza. Nonostante le critiche Norrish e Vella-Brodrick hanno recentemente guadagnato strada con l'analisi scientifica della felicità e degli aspetti positivi dell'esperienza umana. In particolare, il movimento della psicologia positiva ha tentato di risolvere questo presunto bias indirizzando l'indagine psicologica verso gli aspetti positivi dell'esperienza umana e delle situazioni che sono fonte di felicità per gli individui.
    Cos'è la felicità?
    il concetto è sfuggente ma ciò non ne altera il valore, il concetto di felicità compare in ogni cultura. Molte lingue distinguono tra qualcosa di estremamente immediato, come la gioia o il piacere, e qualcosa di più durevole e significativo come la soddisfazione o l'appagamento. La radice della parola "felicità" deriva invece dal prefisso indoeuropeo "fe" da cui deriva "fecundus","femina","ferax" tanto che i latini parlavano di terra "felix" quando la stagione era stata fertile. Molti usi del termine della felicità possono essere classificati in uno dei tre sensi che ne comprendono un numero crescente. Adottare una definizione di felicità o un'altra modifica di parecchio ciò che possiamo fare e ciò che portiamo a termine. La psicologa Carol Ryff ha sostenuto che il ben-essere umano coinvolge un insieme di elementi più ampio della semplice felicità di secondo livello. Nettle afferma che quando le persone parlano di felicità generalmente intendono uno stato che comporta sensazioni positive oppure giudizi positivi sulle sensazioni. Seligmar ha proposto diverse strade che conducono alla felicità, in modi differenti. Prima una persona può avere emozioni positive, circa il passato, con la soddisfazione e emozioni positive circa il passato, come la soddisfazione e emozioni positive circa il futuro come speranza e l' ottimismo. Canevaro afferma a questo proposito che il benessere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale autarchica, quanto a quello che qualcuno oggi chiama capitale sociale, cioè all'insieme di capacità che l'individuo ha di organizzarsi e di adattarsi grazie a elementi di mediazione con le strutture che lo circondano, con contesti.Nell'approccio top-down il ben-essere dipende dalle caratteristiche globali della personalità che influenzano il modo in cui una persona reagisce agli eventi. Nell'approccio bottom-up una persona dovrebbe sviluppare una condizione di felicità come conseguenza di esperienze positive accumulate in presenza di contesti esterni favorevoli. La ricerca sulle famiglie di bambini con ritardo mentale ha avuto un orientamento della direzione della psicopatologia. La figura materna in letteratura è stata assimilata ad una madre che rimpiange la perdita del bambino perfetto e idealizzato, con un dolore che si riaccende ad ogni fase dello sviluppo del bambino. Quando invece del "bambino sano e bello" nasce un figlio con disabilità il fatto si trasforma in un evento angosciante e luttuoso. Le madri passano anche attraverso diversi stadi: scock, disorganizzazione emotiva, e poi riorganizzazione, dopo che esse si adattano al trauma di avere un bambino con disabilità. I genitori con una disabilità passano attraverso periodi prolungati di stress rispetto agli altri genitori. Un atteggiamento negativo verso la disabilità da parte dei membri della famiglia, parenti, amici o anche la comunità in cui si trova a vivere, non influisce direttamente sul bambino ma può aggiungersi al già esistente livello di stress della famiglia. Diverse famiglie hanno sviluppato percezioni positive relativamente alla crescita di un bambino con disabilità. E famiglie con un bambino con disabilità possono avere, e in effetti, hanno percezioni positive che li portano ad avere una migliore qualità, della vita familiare, e ad avere l' obiettivo di realizzare il pieno potenziale dei loro figli.Tuttavia nella società occidentale il diritto a star bene sembra essere giustamente divenuto qualcosa di più legittimo e facilmente attingibile; diritto che può essere esercitato quanto più le persone vengono aiutate a ricorrere alle proprie risorse e a fare leva sulle proprie potenzialità ossia aiutandole a sviluppare la capacità si acquisire forza e potere nel determinare il proprio stato di ben-essere. Infatti la pedagogia in particolare la pedagogia speciale ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma anche e soprattutto psicosociale.
    Maria Aprea
    Maria Aprea


    Messaggi : 16
    Data di iscrizione : 13.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Maria Aprea Mar Giu 12, 2012 11:54 am

    CAP.1 BENESSERE NELLA DISABILITA’

    Ho deciso di prender in considerazione il primo capitolo del libro “Ben-essere disabili” riguardante la felicità e questioni legate all’indagine sul benessere, perché credo sia un aspetto che molto spesso viene dato per scontato oppure addirittura alla domanda “cos’è la felicità?” rimaniamo un tantino perplessi prima di rispondere. Per dare un corretto significato a tale parola, sono stati procurati una serie di dibattiti per molti anni. Tuttavia solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiare in modo sistematico il concetto di felicità. Il concetto di felicità compare in ogni cultura ed è considerato in ognuna di essa in modo diverso. Volendo creare un percorso del concetto di felicità e dei vari significati che essa ha assunto, si può partire dal significato più antico che interessa la cultura mitica e il mondo pre-socratico dove la felicità era strettamente legata alla fortuna. In seguito con Socrate, Platone ed Aristotele la parola si carica di nuovi significati e si inizia a sostenere che l’uomo con le sue scelte e con la sua libertà può diventare felice.
    Col tempo il termine continuò ad assumere diversi significati, infatti l’autore Nettle ad esempio definì tre livelli per il concetto di felicità. Nel primo egli sosteneva che la felicità implica un’ emozione o una sensazione, qualcosa come gioia o piacere. La sensazione è provocata dal raggiungimento di uno stato desiderato ovvero che la cosa desiderata è avvenuta. Per quanto riguarda il secondo livello invece la felicità è dovuta dall’appagamento e dalla soddisfazione, questa felicità tuttavia non viene calcolata semplicemente sommando tutti i momenti positivi e sottraendo quelli negativi, quindi riguarda non tanto le sensazioni quanto i giudizi sul bilancio delle sensazioni. Nel terzo ed ultimo livello, si tratta del concetto di felicità in un senso molto ampio, che corrisponde all’ideale aristotelico del vivere bene. Alcune volte però si fa confusione tra i termini felicità e benessere.
    Il benessere ha un valore più scientifico e possiede una componente cognitiva che valuta l’intera soddisfazione di vita e una componente affettiva che è a sua volta suddivisa nella presenza di affetto positivo e nell’assenza di affetto negativo. Il benessere è stato definito “vivere bene” dal punto di vista psicologico, spirituale e fisico, anche in presenza di una malattia.
    Le caratteristiche positive personali come il benessere soggettivo, l’ottimismo, la felicità, sono fattori che contribuiscono al benessere, ma non solo anche usare le proprie forze in modo proficuo nel lavoro, nelle relazioni,sono componenti che permettono di valorizzare la buona, il vivere bene.
    Di particolare importanza in proposito è la teoria di Seligman della felicità autentica relativamente alla vita piacevole e alla buona vita. Infatti egli sostiene che la buona vita si ha quando gli individui sviluppano le loro forze e virtù in attività da cui l’individuo tra piacere e di cui è appassionato. Inoltre in quanto esseri viventi tendiamo alla complessità, come sosteneva Ghedin l’individuo deve prestare attenzione a ciò che lo circonda, egli nasce con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce il suo corredo culturale attraverso l’acquisizione dell’ambiente esterno.
    A questo proposito mi viene da fare riferimento a Canevaro, il quale sosteneva che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale, quanto all’insieme di capacitò che possiede per organizzarsi e adattarsi con le strutture e i contesti che lo circondano. Infatti proprio per questo c’è da dire che ognuno di noi possiede la capacità di benessere, ognuno ha un modo originale di vedere, ascoltare, pensare, tutti abbiamo potenzialità che ci permettono di decidere di essere ciò che vogliamo. Possediamo tutti queste possibilità come abbiamo più volte ripetuto nelle nostre lezioni, anche una persona con disabilità, anziani, persone in condizioni di disagio psicologico, perché gli individui non sono di per sé svantaggiati lo diventano in ambienti in cui la loro condizione comporta conseguenze svantaggiose. L’essere umano ha bisogno di sfide, di mettersi alla prova , di rinforzare le sue potenzialità e capacità. Da ciò si intuisce quindi come sosteneva anche Iavarone che il benessere segue più direzioni e la sua percezione da parte del soggetto cambia sia nei diversi tempi della vita, sia nei suoi diversi luoghi.
    Infatti il benessere non può essere assimilato ad una generale condizione di benessere fisico o economico, ma va definito come uno stato complesso perché multicomponenziale, multidirezionale, multidimensionale.
    In seguito le ricerche si sono spostate anche sull’analisi del concetto di ben-essere e felicità per le persone con disabilità, con l’obiettivo di promuovere capacità, di condurre una buona vita in maniera soddisfacente e stimolata cercando di coltivare ciò che è meglio per se stessi e non considerare la felicità solamente come possedere qualcosa. Col passare degli anni sono state molte le innovazioni che hanno permesso una vita migliore alle persone diversamente abili rendendole persone autonome e tra queste vi è la domotica. Essa è una scienza che si serve dell’innovazione tecnologica e si occupa dell’applicazione di elettronica o informatica per l’organizzazione della vita domestica, tale sistema raccoglie informazioni da vari sensori del tipo: riconoscimento vocale, telecomando ecc… permettendo in questo modo di riuscire a svolgere senza alcun problema qualunque azione si desidera fare in casa propria.
    Spesso l’immagine generalizzata della persona con disabilità è quella di avere una bassa qualità di vita, allora l’obiettivo principale è rendere la loro vita migliore offrendo alle persone disabili gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici, nel mondo del lavoro, nell’educazione e anche nei trasporti per stimolare la partecipazione sociale.
    Quindi lo scopo principale è quello di “normalizzare” le vite delle persone con disabilità.
    La pedagogia e in modo particolare la pedagogia speciale hanno a cuore il benessere e la qualità della vita del soggetto, della sua istruzione, della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo fisico ma soprattutto quello psicosociale. Ciò che è importante è che più partecipazione vi è da parte del soggetto con disabilità migliore è il suo standard di vita ed anche il suo benessere soggettivo, ma spesso come abbiamo visto anche nel laboratorio delle barriere architettoniche vi è una forte disponibilità da parte di queste persone, ma purtroppo ciò che non le aiuta è il malfunzionamento della nostra società e delle strutture che ci circondano.
    Manuela Arienzo
    Manuela Arienzo


    Messaggi : 14
    Data di iscrizione : 13.03.12

    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Manuela Arienzo Mar Giu 12, 2012 11:56 am

    CAP.1 BENESSERE NELLA DISABILITA’
    La felicità è un concetto considerato da ogni cultura fin dai tempi più antichi ma solo recentemente le scienze sociali hanno iniziato a studiarla in maniera più approfondita. Originariamente la felicità era un concetto strettamente legato alla fortuna, essere felici significava avere una buona sorte, tanto che questo concetto è stato mantenuto in alcune lingue moderne ad esempio in tedesco si usa lo stesso termine sia per indicare fortuna che per dire felicità. Successivamente con Socrate, Platone e infine con Aristotele si inizia ad affermare che l’uomo, con le sue scelte e la sua libertà può diventare felice anche contro la sorte.
    Daniel Nettle, autore e docente di psicologia, divide la felicità in vari livelli: la “felicità di primo livello” è data dalla gioia e dal piacere che si provano quando una cosa desiderata è avvenuta, la “felicità di secondo livello” è data dall’appagamento e dalla soddisfazione per aver sperimentato più emozioni positive che negative nel corso della vita, infine la “felicità di terzo livello” è un senso ancora più ampio di felicità che corrisponde all’ideale aristotelico del vivere bene. Un’altra teoria sul concetto di felicità e ben-essere è stata sviluppata da Seligman, egli distingue la vita piacevole, che massimizza le esperienze piacevoli e positive, la buona vita, che si ha quando le persone sviluppano le loro forze in attività da cui trarre piacere, la vita significativa quando invece le persone applicano queste stesse forze in attività che contribuiscono ad un bene più grande.
    Un ulteriore teoria è quella di Headey, la “teoria dell’equilibrio dinamico”, questa afferma che i livelli di felicità rimangono costanti nel corso del tempo e quindi di conseguenza dubita che la felicità di una persona si possa aumentare.
    Il ben-essere cambia nei diversi tempi e nei diversi luoghi, afferma Iavarone, e il suo studio ha come obiettivo quello di individuare dei metodi che possano rendere il livello di ben-essere di un individuo maggiore. Alcuni ricercatori ritengono che l’indice nazionale di ben-essere non deve essere considerato solo in riferimento alla quantità di beni e risorse materiali che il paese possiede ma soprattutto in riferimento al ben-essere psicologico dei cittadini. Canevaro infatti ritiene che il ben-essere di un individuo non è legato alla sua condizione individuale ma a quello che oggi si definisce come “capitale sociale”, ossia alla capacità di adattarsi nei diversi contesti che lo circondano, così come afferma anche Ghedin, il quale sostiene che l’individuo nasce con un corredo genetico e nel corso della vita costruisce il suo corredo culturale attraverso l’acquisizione di informazioni dall’ambiente esterno, per questo motivo è fondamentale analizzare ciò che è possibile, desiderabile e significativo per il singolo e per la comunità, perché permette di prestare attenzione a risorse, punti di forza, processi di crescita e strategie di implementazione delle abilità e capacità in una prospettiva più ampia.
    Nell’ambito della disabilità si cerca di promuovere il ben-essere di queste persone considerandolo strettamente determinato dalla capacità di autonomia. Edouard Seguin, medico francese, promosse la visione che i bambini con disabilità potessero essere appropriatamente educati e assumere quindi il loro ruolo nella società. Questo modello formativo di scuola si diffuse rapidamente ma con il tempo questi istituti diventarono molto meno educativi e invece di favorire il ritorno delle persone nella società, divennero posti per tenerle lontane da una società meno accettante. In seguito venne condiviso il concetto di “normalizzazione” dalle famiglie e dai sostenitori che condussero politiche per l’integrazione delle persone con disabilità nella società.
    Si sono poi sviluppati servizi di educazione speciale e supporto alle famiglie con programmi che vanno incontro ai bisogni materiali degli adulti e programmi di formazione. Iavarone afferma che le condizioni per conseguire un vero ben-essere personale e sociale sono la capacità di interpretare correttamente i propri bisogni, di dare forma ai propri desideri e saperli perseguire, questo perché il ben-essere non può essere assimilato a una condizione di solo ben-essere fisico o economico, ma va definito come uno stato più complesso perché multicomponenziale, multidirezionale e multidimensionale.
    Ci sono state numerose ricerche che hanno contribuito ad indagare le dimensioni di felicità e di ben-essere nella disabilità, che si sono focalizzate in particolare sui soggetti con ritardo mentale.
    Negli anni 70, Zigler, affermò che i bambini con ritardo mentale, rispetto ai loro coetanei, avevano minori aspettative di successo e si affidavano molto di più agli altri che a se stessi per la soluzione dei problemi. Altre ricerche si sono soffermate invece sullo studio della famiglia delle persone con disabilità. Normalmente alla nascita di un figlio sono connesse profonde aspettative di gratificazione personale e sociale, quando invece in una famiglia nasce un figlio con disabilità l’evento diventa angosciante e luttuoso. Mullins ha condotto un’analisi di circa 60 libri scritti da genitori di figli disabili e ha evidenziato che oltre alla presenza di stress emotivo e preoccupazioni, la disabilità dei loro figli ha aggiunto qualcosa nelle loro vite rendendole più ricche di significato. Per migliorare la qualità di vita delle persone disabili, nel Regno Unito è stato emanato il Disability Discrimination Act, un documento che promuove i diritti civili delle persone disabili e ha l’obiettivo di superare la discriminazione, in Italia invece è stata emanata la legge 104/92 per offrire alle persone con disabilità gli stessi diritti di accesso ai servizi pubblici delle persone non disabili, sembra strano ma questa legge esiste, sembra strano perché come abbiamo visto nei filmati del laboratorio “barriere architettoniche” e come abbiamo constatato noi stessi con il laboratorio “esercizio orologio”, molti di questi servizi che dovrebbero aiutare i disabili non funzionano e alcune persone, come abbiamo visto nel video-documentario presentatoci dai membri dell’ U.N.I.VO.C , non sanno nemmeno dell’esistenza di questi servizi. Insomma l’obiettivo politico sarebbe quello di “normalizzare” le vite delle persone con disabilità ad esempio aumentando il livello della loro qualità della vita per portarle più vicine a quello delle persone non disabili perché più partecipazione da parte delle persone con disabilità non solo migliora il loro standard di vita, ma anche il loro ben-essere soggettivo. Vorrei concludere infine con un’affermazione di Iavarone che esprime al meglio l’importanza della pedagogia e il suo più profondo obiettivo “la pedagogia, in particolare la pedagogia speciale, ha a cuore il ben-essere e la qualità della vita del soggetto, occupandosi della sua istruzione ma anche della sua educazione, tutelando la sua salute e il suo sviluppo non solo fisico ma soprattutto psicosociale”.



    Contenuto sponsorizzato


    ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso) - Pagina 12 Empty Re: ben-essere disabili: esercizio finale (chiuso)

    Messaggio  Contenuto sponsorizzato


      La data/ora di oggi è Gio Mag 16, 2024 10:02 pm