Parliamo di relazione educativa sia nell’ambito scolastico,tenendo in considerazione il complesso legame che si forma tra docente e discente,ma anche nell’ambito familiare,considerando invece il rapporto madre/figlio. Indubbiamente,in tutti i casi,si tratta di una relazione basata sulla reciprocità,poiché avviene uno scambio dove si da ma si riceve anche qualcosa,ma basata anche sul confronto che si viene a creare tra l’educatore e l’individuo da educare in una relazione che costituisca e rafforzi il rapporto in modo costante,grazie ad un comportamento basato sul rispetto e la parità. La relazione educativa comporta anche uno scambio di emozioni tra due o più persone,disposte ad ascoltarsi e a fidarsi l’una dell’altra ma anche uno scambio di conoscenze culturali e didattiche come accade nell’ambito scolastico in cui il docente ha il compito di creare un clima sereno,aiutando l’alunno ad intervenire e a confrontarsi con gli altri,con il rispetto e la stima per le sue opinioni. Inoltre,va detto che la relazione educativa non è facile da instaurare ma si costruisce con il tempo e con molta pazienza. Riguardo i setting attuati in classe,posso dire che mi è piaciuto molto l atteggiamento presentato da entrambe le educatrici che si sono dimostrate amorevoli,comprensive,disposte all’ascolto,cercando così di abbattere quel muro che si può riscontrare in una qualsiasi relazione iniziale e cercando,in questo modo,di far superare l’imbarazzo e la timidezza di coloro che hanno delle difficoltà,ma hanno anche il coraggio di chiedere AIUTO che è,forse,una delle cose più complicate da fare nella vita.
Facendo,infine,riferimento alla simulazione attuata in classe posso dire che la mia posizione era quella di cittadina all’interno della città. Stare seduta nel mio banco,avendo la possibilità di godere dei molteplici privilegi offerti dalla nostra città immaginaria,avente come sindaco la Professoressa,mi ha permesso di provare un duplice sentimento: da un lato la gioia di sentirmi cittadina degna della città,ma dall’altro lato la tristezza nel vedere tante ragazze emarginate ed escluse,a causa di una loro particolare caratteristica fisica,e non ascoltate da nessuno,nonostante parlassero. Forse,troppo spesso,finiamo col far prevalere il sentimento dell’indifferenza precludendoci,in questo modo,tante possibili conoscenze che ci permettano di avere un’apertura mentale,di essere disposti a metterci sempre in gioco e,soprattutto che ci aiutino ad essere ben predisposti verso tutti…senza alcuna differenza!
Credo che le parole usate da Anna Frank nel suo diario facciamo emergere il suo messaggio di speranza e il suo desiderio di tornare a vedere le cose al proprio posto…che l’essere nato EBREO non significhi,necessariamente,essere nato con una colpa e,per questo,costretto all’emarginazione:
“È davvero meraviglioso che io non abbia lasciato perdere tutti i miei ideali perché sembrano assurdi e impossibili da realizzare.
Eppure me li tengo stretti perché, malgrado tutto, credo ancora che la gente sia veramente buona di cuore.
Semplicemente non posso fondare le mie speranze sulla confusione, sulla miseria e sulla morte.
Vedo il mondo che si trasforma gradualmente in una terra inospitale; sento avvicinarsi il tuono che distruggerà anche noi; posso percepire le sofferenze di milioni di persone; ma, se guardo il cielo lassù, penso che tutto tornerà al suo posto, che anche questa crudeltà avrà fine e che ritorneranno la pace e la tranquillità.”